Guè ritorna con Madreperla

Il miglior album di Guè, in cui il rapper si mette a nudo, mostrandoci le sue fragilità e le sue paure- Voto UVM: 5/5

 

Il re è tornato! Guè, dopo tredici mesi dal precedente album Guesus, è ritornato sulle scene col suo decimo lavoro da solista: Madreperla. Definito già da molti critici musicali come come uno dei migliori album dell’ex membro dei Club Dogo.

Guè non ha bisogno di presentazioni, essendo uno dei migliori artisti presenti al momento sulla scena musicale italiana, che con i suoi testi “accattivanti” ci porta dentro al suo mondo. Il rapper milanese con la sua arte ogni volta ci fa vedere una nuova parte di sè.

Un disco che non si lega ai canoni del consumismo e al mondo dei social. Quello di Guè è un lavoro autentico, un inno per generazioni. Madrepaerla, prodotto da Bassi Maestro non può che essere una certezza! Ormai i due lavorano insieme da anni; sono una coppia che funziona, come possiamo ascoltare in questo ultimo capolavoro.

“Dal punto di vista artistico, passionale e culturale è perfetto. Ci siamo divertiti tantissimo a farlo, non abbiamo avuto limiti e ci siamo espressi al meglio in quanto cultori della cosa. Ci fa sentire molto 2003, è un disco super hip hop che però non vuole essere una martellata sull’anima. È fatto da due pro, io mi sono misurato finalmente con quello che volevo”. (Guè su Madreperla)

Il rapper milanese Guè (Cosimo Fini). Fonte: lecconotizie.

Dentro l’album

Nel bar luci gialle, Blade Runner
Sono quasi alla tua bocca, a due spanne
Mentre ti parlo, ti guardo, ti mordi il labbro

Un ritorno stile old school, in cui Guè ci regala 12 tracce, tra cui sette featuring con nove grandi artisti, da Napoleone a Paky, che hanno fatto letteralmente impazzire il mondo dei social. Specialmente quello con Anna & Sfera Ebbasta in COOKIES N’ CREAM, pezzo interessante e coinvolgente.

  1. PREFISSI
  2. TUTA MAPHIA (feat. Paky)
  3. MI HAI CAPITO O NO?
  4. COOKIES N’ CREAM (feat. Anna & Sfera Ebbasta)
  5. NEED U 2NITE (feat. Massimo Pericolo)
  6. LÉON (THE PROFESSIONAL)
  7. FREE (feat. Marracash & Rkomi)
  8. MOLLAMI PT.2
  9. LONTANO DAI GUAI (feat. Mahmood)
  10. CHIUDI GLI OCCHI (co-prodotto da Shablo)
  11. DA 1K IN SU (feat. Benny The Butcher)
  12. CAPA TOSTA (feat. Napoleone)

Traccia dopo traccia, Guè ci porta in un mondo diverso e ogni canzone ha la capacità di catturare a pieno l’ascoltatore. Testi interessanti che spaziano dall’amore alla solitudine. Non c’è alcun bisogno di mettere in pausa o di saltare da una traccia all’altra: mettetevi comodi, andate a correre, prendete la macchina o fate una passeggiata e ascoltate l’album tutto d’un fiato. In meno di 40 minuti, Cosimo Fini (questo il vero nome di Guè) ci regala 12 storie diverse fra di loro. Uno dei brani più interessanti è Lontano da Guai, con la voce unica di Mahoomod. Probabilmente una delle canzoni più intime dell’album! Qua, il rapper si confessa, mostrandoci tutte le sue debolezze: l’amore per sua figlia e il dolore per la scomparsa del padre.

Non te la prendere se ti ho messo in attesa
Continui a credere, sia la solita scusa
Lontano dal cash, dai guai
Non fare mai lo sbaglio di buttare anni

Il lancio di Madreperla

Nessuno si sarebbe aspettato questa nuova chicca da parte del rapper milanese. Immaginate di entrare sui social e di trovare un video in cui il mitico Jerry Calà, che interpreta il direttore di un hotel, accompagna noi “utenti” su e giù all’interno del residence. Nelle corso del video possiamo intravedere i personaggi più importanti della scena rap italiana che faranno parte di Madreperla, e ultimo ma non meno importante si arriva a Guè. Un modo simpatico e originale per annunciare il nuovo album, diventato subito virale in pochissime ore.

La copertina dell’album

Se le canzoni sono un capolavoro, per la copertina Guè non ce l’ha proprio fatta. Nella cover vediamo il re del rap dentro la galleria di Milano. Lui al centro col suo solito sguardo beffardo che da sempre lo contraddistingue e dietro due ragazze con vestiti succinti, pronte a soddisfare ogni bisogno del loro “pappone”. Una copertina che non ha niente a che fare con l’arte a differenza della cover di Flop, disco di Salmo. Quest’ultima ritrae niente di meno che l’opera de L’angelo Caduto del pittore francese Alexander Cabanel.

Nonostante ciò, Guè non ci ha delusi e con Madreperla ha scritto una lettera d’amore per tutti noi e per i suoi cari.

 

Alessia Orsa

Jean Monnet “EU CREW”: aperte le iscrizioni al bando

Nell’ambito del progetto Jean Monnet, dal titolo “EU CREW – European Citizenship and Rule of Law: Promoting our European way of life” sono aperte le iscrizioni per un corso che approfondirà importanti tematiche come la migrazione, lo stato di diritto, la cittadinanza europea e la sicurezza interna. 

Eu Crew, come si svolgerà? A chi è rivolto?

Gli incontri si terranno presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Giuridiche dalle 15.00 alle 19.00 dei giorni riportati in allegato. Complessivamente il corso sarà svolto il 56 ore divise tra lezioni, workshop e seminari. Agli studenti che parteciperanno ad almeno l’80% del monte orario dovranno sostenere un Test, verranno riconosciuti 9 CFU. In ogni caso a ogni partecipante sarà rilasciato un attestato di partecipazione. Il corso è aperto a tutti: studenti di triennale, magistrale e a ciclo unico, ai dottorandi, ai borsisti e assegnisti di ricerca dell’Ateneo e non solo. Chiunque sia interessato alle tematiche trattate potrà partecipare!

Per poter poter partecipare,  è necessario compilare il modulo di iscrizione disponibile qui entro e non oltre il 10 febbraio 2022 alle ore 18.00

Presentazione e contenuti

L’insegnamento sarà organizzato in maniera multidisciplinare affrontando diversi aspetti che compongono il quadro dell’odierno processo di integrazione europea.

I  quattordici seminari, da quattro 4 ore ciascuno, si concentreranno ognuno su un ambito e una tematica specifica, tra cui: sfide e prospettive per l’Unione Europe o acquisizione e perdita della cittadinanza europea. Oppure, ancora protezione dei diritti umani o delle vittime dei reati. Verranno affrontate tematiche come la condizione di accoglienza dei richiedenti sulla protezione internazionale ed il ruolo di quest’ultima. A coordinare le attività didattiche sarà il prof. Michele Messina. Durante i moduli saranno invitati a relazionare docenti di altri atenei esperti nel settore in oggetto.

Per poter prendere visione della calendarizzazione delle lezioni, clicca qui.

Le attività didattiche risultano assegnate ai proff.: Lina Pannella; Anna Pitrone; Alberto Marchese; Grazia Vitale; Francesca Perrini; Victor Luis Gutierrez Castillo (Universidad de Jaén); Francesco Martinez; Michele Messina; Giulia Colavecchio; Emanuele La Rosa.

Per maggiori informazioni, clicca qui.

Alex Rozzato

 

 

 

 

Messina Music Contest: un’opportunità per le giovani promesse!

Si svolgerà a Messina presso il Palacultura, venerdì 20 gennaio dalle ore 21:00, il Messina Music Contest, un concorso musicale promosso dall’associazione giovanile Crescendo incubatore di idee composta da circa trenta ragazzi tra i 18 e i 24 anni. Essi sono stati già protagonisti in città organizzando, in collaborazione con l’Università degli studi di Messina, gli UniMe Games nel mese di ottobre. Il progetto, che è stato già lanciato sui social nel mese di novembre, si propone come un’occasione per i giovani artisti in gara di mettersi in mostra e la vincitrice o il vincitore avrà la possibilità di incidere un brano presso la sala di registrazione Atomizer Studio di Joe Nevix, dj e produttore messinese, e sarà intervistato in radio per UniVersoMe! Oltre alle esibizioni canore e musicali, ci sarà spazio per alcune forme di intrattenimento comico.

Gli artisti in gara e la giuria

In questa edizione del Messina Music Contest, saranno 12 gli artisti in gara, divisi tra cantanti, band e strumentisti:

Domenico Ieni
Gli AstriOpposti
Laura Celi
Ludò
I Taurus Void
Giuseppe Lo Presti
Ester Falzea
Skilla
Arianna Nicita
Paolo Muscarà
Fabio Porcino
Alex Fazio

A dar loro i voti sarà la giuria, composta da Floriana Sicari, soprano e docente di Arte scenica al Conservatorio di Messina “Arcangelo Corelli”; Paride Acacia e Sarah Lanza, docenti dell’Accademia “On-stage”; Nino Pipitò, DJ e producer, e Teresa Impollonia, direttrice di Radio Zenith Messina. Durante l’evento, gli artisti verranno intervistati da alcuni dei nostri collaboratori del giornale e della radio.

Da noi di UniVersoMe, un grosso in bocca al lupo a tutti i partecipanti!

 

          Federico Ferrara

Cina, crisi porta crisi: popolazione in calo (per la prima volta dopo 60 anni)

La Cina è nota per essere, forse ancora per poco, la Nazione più popolosa del Mondo. Detiene il primato grazie ai suoi 1 miliardo e 426 milioni abitanti ed è in “esiguo” vantaggio rispetto all’India, che con 14 milioni di persone in meno potrebbe presto scavalcarla. A far ipotizzare il cambio di posizioni è una notizia, neanche troppo straniante: la popolazione nella Terra del Dragone è per la prima volta in calo dal 1961.

Cerchiamo di capire il motivo della crisi, la sua misura attuale e la misura della sua proiezione.

Cina, a cosa è dovuta la contrazione demografica?

È probabile che vi sia più di una causale all’origine del cambio di rotta. I fattori considerati sono specialmente tre: c‘è chi, per spiegare il fenomeno, fa principalmente riferimento alla depressione economica; chi alla collaterale emergenza sanitaria; chi, infine, riconduce il perché agli effetti tardivi della politica abbandonata del “figlio unico”. È plausibile che la verità, come altri ancora sostengono, risulti dalla combinazione di più motivazioni.

L’incidenza del Covid-19

Di certo, il Sars-Cov-2 in Cina è stato (ed è) un potente agente funereo. Più che altrove. Il Paese asiatico è la patria del virus, l’incubatrice che per prima ne ha fertilizzato e sofferto l’incidenza. Il suo governo, tra l’altro, con poco buon senso, senza poter guardare ad esempi, ne ha mal gestito la propagazione.

Il vaccino Sinovac, prodotto e distribuito in valenza autarchica, sembra aver guarnito ben poco gli asiatici. Le ferree restrizioni, praticate a oltranza dalla fine del 2019 sino a poco tempo fa, hanno sì ridotto al minimo il numero di contagi, ma non hanno permesso l’immunizzazione naturale della popolazione.

Ed ecco che il leader cinese Xi Jinping si troverà a fare i conti con la situazione disastrosa ed, eventualmente, a rispondere delle conseguenze.

Sars-Cov-2
Sars-Cov-2. Fonte: 3M Science. Applied to Life.

Disastro economico-sanitario-demografico

L’amministrazione cinese ha spesso occultato o disordinato i dati sull’andamento della pandemia nel proprio Stato. Tuttavia, stime occidentali adducono che si dovrebbero calcolare nei milioni le vittime da Sars-Cov-2 dall’inizio della pandemia.

Come già scritto: una bassa percentuale della popolazione dispone di una protezione contro l’agente patogeno a causa dell’inefficienza del vaccino e dell’eccessiva politica “di chiusura”. Ora, quindi, la sanità è al collasso. Gli ospedali sono affollati oltremisura, i mezzi di contenimento scarseggiano, la sicurezza sanitaria svanisce nel valore di un’utopia.

Dal punto di vista finanziario… Durante il lungo periodo di filosofia “zero Covid”, quasi tutte le classi di lavoratori hanno sofferto le restrizioni di libertà. Nel momento attuale, in cui, in teoria, si sarebbe dovuta rilevare una ripresa, la forza lavoro sta subendo la frusta del Sars-Cov-2.

In definitiva: moltissimi deceduti hanno provocato un decremento nella popolazione; l’instabilità monetaria dissuade le famiglie dall’idea di allargarsi.

La politica del “figlio unico” come elemento

Introdotta nel 1979 per rallentare la crescita della popolazione, la politica “un solo figlio” è stata abbandonata nel 2016 e parallelamente sono stati introdotti incentivi a sostegno delle famiglie con due figli.

C’è ancora chi ritiene che le conseguenze di tale misura siano visibili solo oggi, a distanza di sette anni, e che in concorso con gli altri elementi abbiano dato origine al deficit demografico.

Cina, il crollo: nel presente e nel futuro

Secondo l’ufficio di statistica di Pechino, citato dal Sole 24 ore, la Cina avrebbe concluso il 2022 con 850mila abitanti in meno e sarebbe entrata “in un’era di crescita negativa della popolazione“. Sarebbe in aumento il tasso di mortalità, poiché i decessi avrebbero superato per la prima volta le nascite. Si individuano 7,37 morti ogni mille abitanti, diversamente dai 7,18 dell’anno precedente.

A detta di un studio, condotto delle Nazioni Unite, curato dal Dipartimento degli Affari Sociali ed Economici, l’India supererà la Cina nel 2023 diventando il Paese più popoloso del mondo. 

Il Presidente cinese, affrontando di petto la previsione, aveva già dichiarato lo scorso ottobre di voler adottare «una strategia nazionale pro-attiva» per incalzare il processo di natalità.

Gabriele Nostro

 

 

Gina Lollobrigida, addio!

Gina Lollobrigida ci lascia alla veneranda età di 95 anni. Nata nella periferia di Roma, classe 1927, icona di un mondo perduto ed ormai ben lontano dalla nostra realtà. All’anagrafe Luigia Lollobrigida fu attrice, cantante, scultrice e negli ultimi anni persino fotografa. Espressione di un’Italia diversa, più corale e più vera, il mondo del cinema piange una star di calibro internazionale. 

“Nel cinema dei giorni nostri c’è meno sentimento. Ci sono delle storie che vanno avanti in un insieme di futurismo assoluto, che io quando le vedo, cambio canale. Nel cinema italiano, quando era il numero uno nel mondo, ed era quello che fortunatamente ho fatto io, c’era più sentimento, la gente si vedeva un film e si immedesimava, piangeva e si emozionava. Nei film c’era un qualcosa che toccava il nostro sentimento.”

Gina Lollobrigida / Dove tutto iniziò

Una donna che, durante gli anni difficili del post guerra, è stata capace di reinventarsi. Tutto inizia nel 1947 a soli 20 anni dove, nel concorso di bellezza Miss Roma si classifica seconda. La competizione verrà vinta da Lucia Bosè. L’arrivare seconda, per la Lollobrigida però, si rivelò un importantissimo trampolino di lancio. Infatti, le diede visibilità e le permise di potersi classificare terza a Miss Italia nel medesimo anno. In poco tempo, quasi da zero, riuscì a diventare una star che il mondo ci invidierà per sempre. Ha lavorato al fianco di moltissimi fuoriclasse come Vittorio Gassman, Alberto Sordi, Claudia Cardinale e Frank Sinatra.

Tra i suoi primi successi, Campane a martello del 1949 di Luigi Zampa ed Achtung! Banditi! del 1951 di Carlo Lizzani. Conquistò il pubblico con Altri tempi di Alessandro Blasetti, dove nell’episodio de Il processo di Frine venne coniato proprio per lei da De Sica il neologismo di “maggiorata fisica”. La popolarità la otterrà con il film “Pane, amore e fantasia” , commedia italiana del 1953 diretta da Luigi Comencini, recitando accanto a Vittorio De Sica, ove verrà soprannominata la “Bersagliera“.

Una carriera piena di successo

Negli anni ’50 durante il periodo del neorealismo cinematografico, Gina Lollobrigida, soprannominata La Lollo dalla stampa italiana, diventò protagonista di produzioni hollywoodiane. Tra le pellicole più importanti, nel 1953 “Il tesoro dell’Africa” di John Houston, nel 1954 “Il maestro di Don Giovanni” di Milton Krims, con Errol Flynn e l’anno successivo prese parte a “La donna più bella del mondo” con la regia di Robert Z. Leonard, in coppia con l’attore, regista e poi amico Vittorio Gassman, diventando una sex symbol ante litteram.

Ha recitato in più di 60 film e ha lavorato con i più grandi attori di quegli anni da Marcello Mastroianni a Yul Brynner, da Sean Connery e Rock Hudson. Durante gli anni ’70 decise di allontanarsi dal mondo del cinema per dedicarsi alla fotografia, pubblicando più di cinque libri sulle sue foto. Nel corso della sua proficua carriera vinse ben sette David di Donatello. Durante gli anni ’70 sarà celebre anche il suo ruolo di Fata Turchina in “Le avventure di Pinocchio” diretto sempre da Luigi Comencini.

Gina Lollobrigida
Gina Lollobrigida nei panni della fata turchina. Fonte: Picryl.com

 

Gina Lollobrigida, senza alcun dubbio, è stata una delle attrici più rinomate, ammirate e famose del mondo intero, al pari della sua rivale storica per bellezza, talento e fama nei set e nella vita, Sophia Loren. Un successo che inizia dalla periferia romana per arrivare oltre oceano dove continuerà a splendere per sempre la sua stella sulla Walk Of Fame.

Gli ultimi anni

Diva eclettica, carismatica e piena di charme, Gina Lollobrigida fu un grande esempio per la sua generazione, ad oggi decimata. Negli ultimi anni si era ritirata a vita privata dopo una lunga carriera passata sul grande e sul piccolo schermo. Nonostante alcuni problemi in sede giudiziaria di natura civile e qualche incidente domestico negli anni scorsi, ebbe una vecchiaia più o meno serena. Non sono note eventuali complicazioni da un punto di vista di salute né le dinamiche o le circostanze in cui la 95enne si è spenta. Quel che sicuramente permane è il suo talento e la sua professionalità.

Sono stati molti i messaggi di cordoglio, provenienti da personalità italiane e non, nei confronti della dipartita della Lollo. Addio Gina! Che la terra ti sia lieve.

Marta Ferrato

Giorgia Fichera

L’Accademia Peloritana dei Pericolanti

Nel primo trentennio del XVIII secolo, in tutta Europa aleggiava un forte desiderio di rinascita, di una rinnovata ansia di riforme.

Sentimenti diffusi anche a Messina che, dopo la pesante repressione spagnola, venne dichiarata “muerta civilmente” e privata delle sue istituzioni: l’università e il Senato.

E’ in seno a questa nuova situazione storico-sociale che nacquero numerosi nuovi centri culturali come L’Accademia Peloritana dei Pericolanti, l’unica che continua a vivere ancora oggi.

Andiamo quindi a ripercorre le tappe di questo cenacolo culturale, dividendolo in due parti, in questo partendo dalle origini fino alla fine dell’ottocento.

Origines

Nel ‘700, l’Università degli Studi di Messina fu soppressa in seguito alla rivolta antispagnola (1674-1678) che colpì la città di Messina e parte della provincia.

L’attività culturale della città non si fermò e cominciarono numerose iniziative tra cui l’Accademia di Teologia Morale e l’Accademia degli Accorti, seppure di breve durata.

Un gruppo di studiosi più numeroso e vario era quello dei Periclitantes, nobili cittadini interessati

a riunire i buoni ingegni di Messina nel…fine di cooperare all’incremento degli studi non solo letterari…ma anche scientifici

Si riunivano due volte al mese per discutere sopra le massime di letteratura, filosofia, storia, matematica, giurisprudenza e varie altre materie

Nel 1727, il messinese Paolo Aglioti (dottore di diritto e studioso di antiquaria) scrisse a Ludovico Antonio Muratori affinché venissero associati all’Accademia dei Dissonanti di Modena. Dopo un lungo carteggio tra i due, nel febbraio del 1728, Muratori scrisse ad Aglioti

che si sarebbe fatta in breve l’aggregazione di codesta Accademia alla nostra”

L’anno successivo fu fondata la Periclitantes Peloritana Regia Academia con approvazione del governo locale.

Il 22 ottobre, l’accademia si riunì a Palazzo Reale per la prima volta e lo stesso viceré Conte di Sàstago, diede il permesso di future riunioni presso lo stesso, ma la sede dell’accademia fu spostata presso il Palazzo della Loggia dei Mercanti.

Accademia Peloritana dei Pericolanti
Sala dell’Accademia Peloritana dei Pericolanti. Fonte: http://unimemagazine.unime.it/

Seconda metà del’700

Con l’epidemia di peste del 1743, l’accademia perse 63 membri, tra cui il fondatore, costringendo la sospensione delle attività per ben 3 anni.

Nel ventennio successivo, con il nuovo pro segretario Andrea Gallo, l’accademia torno in auge e nel 1766 ricevette la richiesta di aggregazione da parte dei Calatini di Caltagirone.

Il terremoto del 1783 impose una nuova battuta d’arresto da cui l’accademia si riprese lentamente.

Solo quasi 10 anni dopo, riuscì ad ottenere dal re Ferdinando III di Borbone, una rendita annua a carico del Tesoro dello Stato, grazie alla quale avviò la pubblicazione di un Giornale di Letteratura, scienza ed arti e bandì concorsi tra gli accademici.

800: Il processo di unificazione istituzionale

Il percorso ottocentesco dell’accademia va a fondersi con quello dell’Università, evidenziando lo stretto rapporto tra le due più significative istituzioni culturali messinesi.

Sin dal 1838, ovvero l’anno della rifondazione borbonica dell’Università, emerse la volontà di ripristinare quegli antichi legami tra la Città, l’Ateneo e le varie accademie, anche se in quegli anni l’unica ad essere rimasta in vita era proprio quella dei Periclitantes.

Nel 1846, la stessa Accademia lasciava le sale Municipali per trasferirsi in una struttura attigua alla Regia Università. Ancora più tardi, nel 1884, la sede cambiò nuovamente per essere trasferita in un ampio locale dell’attuale “Rettorato”, donato proprio dall’università.

Nel 1848, il cenacolo culturale seguiva le sorti dell’Ateneo che veniva richiuso anche se per poco più di due anni.

Lo stretto legame tra le istituzioni, testimoniata dal gran numero di soci all’interno del corpo docente universitario, finì per divenire il centro di elaborazione e diffusione del sentimento antiborbonico.

                                        Prospetto antico dell’Università degli Studi di Messina. Fonte: unime.it

Dall’Unificazione d’Italia alla fine del secolo

L’unificazione nazionale portò una nuova vitalità nel panorama culturale della città, infatti, alle riviste giuridiche si affiancavano le prime pubblicazioni dell’Accademia.

Grazie all’impegno del Segretario Generale Antonio Catara-Lettieri, fu pubblicato il Giornale di Scienze, Lettere e Belle Arti della Reale Accademia Peloritana, al quale, per la prima volta, collaborarono sia i soci ordinari che i corrispondenti.

Appare di fondamentale rilievo, che verso la fine del XIX secolo, le maggiori cariche di governo delle due maggiori istituzioni culturali cittadine coincidessero.

Nel  1889, il magnifico rettore Giuseppe Oliva venne eletto Presidente dell’Accademia Peloritana dei Pericolanti, carica che avrebbe ricoperto per più di dieci anni.

Gaetano Aspa

Fonti: http://www.accademiapeloritana.it/

Ginny&Georgia 2: tra dramedy e mystery crime

Gli aggettivi che userei per descrivere la serie sono: accattivante e sagace, un po’ come Georgia Miller. Tematiche sentite e ben analizzate. Forse, solo qualche frame lento in qualche buco di trama. Voto UVM: 4/5

 

A distanza di quasi due anni dalla prima stagione, debutta sulla piattaforma Netflix la seconda stagione di Ginny&Georgia a partire dal 5 Gennaio 2023.

La serie ideata da Sarah Lampert narra le vicende di una ragazza madre, Georgia e della figlia, Ginny. Composta anche dal figlio minore, Austin, la loro è una famiglia decisamente “sui generis”. I tre, infatti, nascondono molti scheletri nell’armadio potenzialmente pronti ad uscire allo scoperto.

La serie TV di dieci episodi, della durata di un’ora ciascuno, scandisce i ritmi delle dinamiche dell’esuberante Georgia Miller (Brianne Nicole Howey) e dell’adolescente sedicenne Ginny Miller (Antonia Gentry) che prova a confrontarsi con i primi amori adolescenziali, con le prime delusioni ma soprattutto con l’ansia e la preoccupazione per alcuni segreti della madre.

Ginny&Georgia / Tutto quello che c’è da sapere

Non è tutto oro ciò che luccica e questo, la serie, lo conferma pienamente episodio dopo episodio. La bella e dannata Georgia, che agli occhi dei telespettatori appare perfetta e sensuale come una Barbie, in realtà nasconde una personalità altalenante e non sempre forte. Complice sicuramente l’essere ragazza-madre e l’aver tentato di proteggere la figlia in ogni modo possibile ed immaginabile. Bella e carismatica, è riuscita a convolare a nozze con il sindaco di Wellsubry. Ma come reagirà Paul (Scott Porter) di fronte ai segreti taciuti dalla futura moglie? Basterà l’amore a superare le divergenze morali?

Ginny, invece, ha da sempre sofferto il carattere gioioso, socievole e carismatico della madre. Lei, da sempre più matura e saggia di Georgia, è decisamente più introversa e i suoi unici obiettivi adolescenziali sono quelli di costruire legami duraturi nel tempo. Non sempre, infatti, ha avuto la possibilità di farlo, a causa dei continue fughe organizzate da Georgia per scappare da tutto e tutti nei momenti di difficoltà. Nonostante ami alla follia la madre, vorrebbe che fosse più sincera con lei e che smettesse sempre di proteggerla. Ma l’amore di un genitore si sa, a volte, è cieco.

Ginny&Georgia
Ginny & Georgia: rispettivamente interpretate da Antonia Gentry e Brianne Howey. Distribuzione: Netflix. Fonte: CinemaSerieTV.it

G&G / Il genere della serie e le tematiche

La serie, che dal dramedy si sposta al mystery crime, affronta tematiche importanti, tutt’altro che leggere, e fondamentali soprattutto per i giovani in età adolescenziale. G&G parla dell’importanza di ricercare di se stessi, del proprio orientamento sessuale e delle varie disabilità, come il mutismo. Un certo rilievo assumono anche argomentazioni più delicate come l’autolesionismo, la terapia, le malattie terminali e la figura, potremmo dire “salvifica”, dello psicologo.

Fanno da contorno alle dinamiche-madre figlia di Ginny&Georgia, oltre al fratellastro Austin (Diesel La Torraca), che a soli nove anni dimostra piena consapevolezza e maturità, anche i due ex uomini di Georgia. Il padre di Ginny, Zion, alle prese con una relazione dopo moltissimi anni di viaggi di lavoro. Ma non è finita qui, poiché a metà stagione, a complicare equilibri già del tutto precari ci penserà Gil Timmins, il padre biologico di Austin, interpretato da Aaron Ashmore. 

Ad aiutare Ginny a superare giornate difficili ci saranno le amiche Maxine (Sara Waisglass) ed Abby, l’amore di Marcus (Felix Mallard)  e il sostegno di Joe (Raymond Ablack), il suo datore di lavoro.

l plot twist del finale di stagione

Senza fare nessun spoiler, il finale di stagione di Ginny&Georgia lascia presagire, stando anche alle parole dell’ideatrice Sarah Lampert una terza stagione, che indicativamente potrebbe debuttare sempre su Netflix a fine 2024. Nella prima settimana di gennaio la serie statunitense è entrata di diritto nella classifica globale con 180,47 milioni di ore visualizzate, diventando così il titolo più visto sulla piattaforma del 2023.

Le domande alle quali ancora non sussiste una risposta sono molte. L’amore trionferà? Come proseguirà la storia d’amore tra Marcus e Ginny? La verità verrà a galla? Cosa ne sarà di Ginny e Austin?
Tutte domande che, con moltissima probabilità, troveranno risposta nella terza e (forse) ultima stagione.

Ti ho convinto a guardarla? Se non l’hai ancora vista e sei arrivat* fin qui, cosa aspetti? Ecco il trailer!

 

Giorgia Fichera

Il buco dell’ozono si sta chiudendo: un successo per la scienza e la politica internazionale

Nel corso degli ultimi anni l’attenzione mediatica sui temi ambientali è aumentata esponenzialmente. Grazie all’azione di numerose organizzazioni di attivisti e all’apporto della comunità scientifica anche una dimensione spesso sorda ai temi più sensibili come quella politica è scesa a patti con la realtà. Da anni i governi di (quasi) tutto il mondo collaborano stringendo accordi e operando secondo una linea comune per affrontare quelle che sono divenute problematiche non più delle singole nazioni ma di tutta l’umanità.

E il buco dell’ozono, simbolo e spesso primo argomento nelle discussioni sul cambiamento climatico, è stato il primo fenomeno ad essere oggetto di una mobilitazione serie e concreta. Un’azione che ora sembra avere portato i suoi frutti.

 

L’assottigliamento degli strati di ozono

Risalgono al 1982 i primi studi sul fenomeno del buco nell’ozono ma è del 1985, ad opera di Joseph Charles Farman e dei suoi collaboratori, la scoperta del progressivo assottigliamento degli strati di ozono sopra le regioni polari. Una deteriorazione, in particolare nella regione antartica, causata dalla produzione e dal consumo dei clorofluorocarburi (CFC), gas emessi dalle attività quotidiane dell’uomo, soprattutto nei paesi più industrializzati. e presenti all’interno dei circuiti frigoriferi, nelle bombolette spray, ecc.

 

Il buco dell’ozono, fonte: wired.it

 

Perché la presenza dell’ozono nell’atmosfera è così importante

L’ozono funziona come un filtro che protegge la superfice terrestre dalle radiazioni ultraviolette provenienti dal Sole. Nello strato dell’atmosfera in cui è maggiormente presente, e denominato per l’appunto Ozonosfera, assorbe il 100% dei raggi uvc, il 90% dei raggi uvb e le radiazioni ultraviolette più cariche di energia nonché più pericolose per la nostra vita. Lascia invece passare le radiazioni uva a bassa energia indispensabili per il funzionamento dell’ecosistema. Con la riduzione dello strato dell’Ozonosfera anche le radiazioni con maggiore quantità di energia possono raggiungere la crosta terrestre nuocendo gravemente alla salute di chi rimane esposto (piante, animali o umani). Un’esposizione continuata a queste radiazioni può causare alterazioni al DNA e RNA, danni a livello oculare e un aumento di melanomi e tumori della pelle.

 

L’azione politica a difesa dello strato di ozono

Sollecitati dalla comunità scientifica e allertati dalla gravità di una non immediata risposta gli Stati hanno firmato il protocollo di Montreal nel settembre 1987: un trattato internazionale volto a ridurre la produzione e l’uso di quelle sostanze che minacciano lo strato di ozono (i gas CFC o clorofluorocarburi) e monitorare la produzione e il consumo di circa 100 sostanze chimiche artificiali. La loro graduale riduzione ha comportato un notevole recupero dello strato protettivo di ozono e la diminuzione dell’esposizione terrestre ai dannosi raggi ultravioletti del sole principalmente nella zona antartica.

 

 

Il successo del Protocollo di Montreal e la richiusura del buco

Tornando quindi ai giorni nostri una delle prime notizie del 2023 è quindi che il buco dell’ozono si sta definitivamente richiudendo e si stima che entro il 2040 sarà totalmente chiuso. E’ quanto emerge in un nuovo rapporto dell’Onu, riportato dal quotidiano britannico The Guardian.

Possiamo dichiarare di essere su una buona strada,

fanno presente le Nazioni Unite nel report pubblicato dal Segretariato del programma ambientale che si concentra proprio sull’ozono.

“L’impatto del Protocollo di Montreal sulla mitigazione dei cambiamenti climatici non può essere sottolineato oltre” ha dichiarato Meg Seki, segretario esecutivo del Segretariato per l’ozono del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente (UNEP).

“L’azione sull’ozono costituisce un precedente per l’azione sul clima. Il nostro successo nell’eliminare gradualmente le sostanze chimiche che danneggiano l’ozono ci mostra cosa si può e si deve fare – con urgenza – per abbandonare i combustibili fossili, ridurre i gas serra e quindi limitare l’aumento della temperatura” è quanto dichiarato dal Segretario generale dell’Organizzazione meteorologica mondiale Petteri Taalas.

L’ennesimo commento positivo è stato fatto anche da Antonio Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, sul suo profilo Twitter:

Per quanto riguarda lo strato sull’Antartide bisognerà attendere il 2066.

Gli aspetti positivi. Quali insegnamenti trarre dalla richiusura del buco nell’ozono

Mario Tozzi, geologo e divulgatore scientifico, interrogato su quali sono gli aspetti positivi dell’intera vicenda si esprime così: “Ce ne sono due, uno concreto e l’altro simbolico. Quello concreto è che avremo una diminuzione dei casi di tumore della pelle, che erano aumentati moltissimo soprattutto nell’emisfero australe, e registreremo meno estinzioni di anfibi, che sono gli animali con l’epidermide più delicata. Un’altra conseguenza simbolica ma importante è che questo è stato un problema transnazionale determinato dalle nostre attività produttive che non ha avuto confini per definizione, esattamente come il clima, su cui c’è una grande resistenza a fare cambiamenti. È stato confermato da scienziati che nel 1995 vinsero il Premio Nobel proprio per aver scoperto il meccanismo dell’impoverimento dello stato dell’ozono e che ha trovato soluzione in un accordo internazionale però coatto, cioè obbligato, in cui ci sono controlli. E qui c’è la differenza col cambiamento climatico perché nel 2015 si è deciso a Parigi di fare un accordo internazionale su base volontaria in cui nessuno controlla niente”.

Federica Lizzio

Messina tra arte e indifferenza: la Palazzina Grill

Percorrendo la SS 114 verso l’Orientale Sicula, al confine tra la zona di Minissale e Contesse, possiamo ammirare la maestosa Palazzina Grill, ubicata a lato monte del grande giardino, prima zona di accesso all’immobile.

Il giovane rampollo Federico Grill

Un pezzo di storia ottocentesca, la Palazzina Grill  costruita dal giovane borghese Federico Grill nato a Augsburg di Baviera che negli anni della sua giovinezza decise di trasferirsi a Messina.

 

Messina a fine '800. Fonte: Pinterest
Bivio Corso Garibaldi e Porta Real Basso nella Messina di fine ‘800. Fonte: Pinterest

 

Catturato da così tanta magnificenza, che da sempre ha contraddistinto la nostra città ma che con il tempo è caduta nell’oblio della memoria cittadina, Federico Grill appena giunto in città viene accolto dal nobile ricco Giovanni Walser che lo nomina contabile e amministratore del suo patrimonio.

Alla morte di Walser, Federico scopre di essere l’erede universale di tutti i beni di appartenenza al Sir Walser.

Investito da una grande eredità, il giovane Grill inaugura una nuova stagione della propria vita; difatti in un primo momento si prodiga in affari economici e commerciali attenzionando i meno abbienti, per poi catapultarsi nell’arte ed eventi culturali messinesi.

L’origine del nome

Riconoscendo Messina città dalla grande capacità turistica, commerciale ed economica Federico Grill decide di intraprendere un inaspettato progetto architettonico, nasce così quella che fu battezzata Palazzina Grill, dal suo ideatore.

Eppure questo risulta essere un nome ingannevole per quella che fu tutto tranne che una Palazzina.

Costruita come rudere, impreziosito da facciate in stile barocco, pensata come dependance di un uomo nobile e adibita come un luogo di ritrovo, descritta dagli anziani della città come una Casa del tè, oggi approda nell’essere una grande pattumiera per i passanti dal poco senso civico.

 

L'elegante facciata. Fonte: GazzettadelSud
Dettaglio dell’elegante facciata di Palazzo Grill. Fonte: GazzettadelSud

 

Sopravvissuta al terremoto del 1908, che vide la distruzione di una grande percentuale del territorio messinese, la Palazzina Grill al suo esterno conserva lo stesso stile architettonico utilizzato da Falconieri per il Teatro Vittorio Emanuele e l’omonima fontana, mentre al suo interno troviamo ciò che rimane di preziose opere d’arte con le quali Grill impreziosì la sua tea house: dipinti scampati dalle mani vandaliche dei più feroci con l’obiettivo di depredare la città.

Tutto questo splendore, dopo la morte del nobile Grill, subisce un declino senza pari tanto che la stessa Palazzina finì con l’essere adattata come pollaio nel pieno centro cittadino.

Un disinteresse accentuato dalla funesta inciviltà di chi non sa valorizzare le bellezze del proprio territorio.

Messina ha bisogno di chi l’ama!

Ad un secolo e mezzo di distanza, troviamo affisso nella facciata della Palazzina Grill il cartello vendesi.

L’immobile si estende per 60 metri quadri su più livelli, un terrazzino  di 18 metri quadri e un giardino di 35 metri quadri nei quali possiamo ammirare una facciata barocca nelle sue eleganti decorazioni.

 

Stato di abbandono della Palazzina Grill. Fonte: GazzettadelSud

 

A nulla è servito il vincolo della Soprintendenza dei Beni culturali nel salvaguardare il gioiello ottocentesco ormai destinato ad essere una  discarica che si estende per tutta l’area esterna alla quale si aggiunge anche il devastamento e il saccheggio delle opere che costellavano l’interno; scomparse finestre e addirittura i prestigiosi dipinti di Giacomo Conti.

Un bene culturale, un opera architettonica, un gioiello ottocentesco ignorato dai cittadini e dimenticato anche dal suo erede in successione residente a Milano, ha confermato ancora una volta che non è necessario progettare nuove opere per risanare Messina, ciò che serve è avere un cuore che batte di passione per la propria città.

 

Elena Zappia

 

 

 

Fonti:

https://www.letteraemme.it/perche-i-luoghi-di-messina-si-chiamano-cosi-minissale/

https://www.tremedia.it/la-palazzina-grill-gioiello-ottocentesco-scampato-al-terremoto-trasformato-in-discarica-video/

https://www.immobiliare.it/annunci/74217170/

The Pale Blue Eye – I delitti di West Point

Un film thriller che non convince mai del tutto, configurandosi ormai ai piatti standard Netflix – Voto UVM: 3/5

 

Anno nuovo uscite nuove! Il catalogo Netflix si arricchisce di una nuova pellicola uscita nelle sale americane e disponibile in streaming dal 6 gennaio di quest’anno.

Stiamo parlando della tanto attesa pellicola The Pale Blue Eye – I delitti di West Point, diretta da Scott Cooper e adattamento dell’omonimo romanzo del 2003 scritto da Louis Bayard. Un cast stellare e un co-protagonista davvero gigantesco, ma basterà tutto questo a rendere questo film eccezionale? Scopriamolo insieme!

The Plot

Il film ha come protagonista il detective August Landor (interpretato dallo straordinario Christian Bale), un uomo dal carattere schivo e misterioso, ma dalle grandi abilità che lo portano ad essere scelto dagli alti ranghi dell’accademia militare di West Point, nel 1830, per risolvere uno strano delitto. Spinto dal suo talento e da metodi al di fuori dall’ordinario, si muove alla ricerca della verità, scontrandosi però con la scarsa collaborazione della stessa accademia.

In suo aiuto arriva un giovane quanto brillante cadetto Edgar Allan Poe (Harry Melling) che si rivela un preziosissimo compagno di indagini, dimostrando lo stesso tormento interiore e uno spiccato amore per gli enigmi quasi al suo pari.

Gli omicidi continuano e s’intrecciano, il mistero va via via infittendosi, portando lo spettatore ad arrovellarsi il cervello per indovinare il colpevole e soprattutto, cosa spinga l’omicida a commettere tali delitti. Il duo comincia quindi un’intricata caccia all’assassino, portandoli ad affrontare insieme i propri drammi personali e la perenne sensazione di essere costantemente emarginati da tutto e tutti.

                             

(Trailer italiano di The Pale Blue Eye – I Delitti di West Point)

Edgar Allan Poe può bastare a salvare tutto?

Il film si presenta con l’intenzione di essere un giallo intellettuale (a tratti ci riesce pure) dai toni noir, con ambientazioni gotiche e dai tratti più psicologici che visivi.

Il primo, alla base di tutto, è un grande e grosso, oserei dire gigantesco problema.

Ovviamente, il problema, è lo stesso Edgar Allan Poe (ormai infilato ovunque a caso, basti vedere la recente serie Mercoledì): la presenza del leggendario scrittore, porta a scemare ogni tensione sul suo destino, sgonfiando, e di non di poco, il potenziale lato thriller della vicenda che, come ogni film degno di questo genere, dovrebbe portare lo spettatore a viverlo tra stati di tensione, angoscia e paranoia. L’effetto finale della presenza del personaggio di Poe riduce la pellicola a mero giochino intellettuale, all’interpretazione degli indizi attraverso lunghi e barbosissimi dialoghi tra lui e Landor.

Il secondo problema è presentato dall’intreccio narrativo scialbo e meccanico (molto lontano dai film d’eccellenza come La vera storia di Jack Lo Squartatore – From Hell del 2001 diretto dai fratelli Hughes), che non concede nemmeno il tempo per approfondire emotivamente altri personaggi oltre i due protagonisti che, anche loro, restano come appena sommersi nelle profondità della psiche.

August Landor (Christian Bale e Edgar Allan Poe (Harry Melling) in una scena del film. Distribuzione: Netflix

Tra regista atipico e cast stellare

Il film vede il ritorno di una coppia scoppiettante Scott Cooper e Christian Bale, che già avevano lavorato insieme con il western Hostiles e il thriller Il Fuoco della vendetta.

Cooper è uno dei registi più atipici del panorama moderno, da sempre interessato a parlarci della lotta dell’individuo contro sé stesso, in una produzione dominata dalla sensazione di isolamento, del tutto scevra da ogni ottimismo ma soprattutto una visione della società come dittatura della ferocia e della prepotenza.

Christian Bale si dimostra uno degli attori più versatili, passando nella sua lunga carriera da personaggi dalla personalità e dalla psiche turbata (come in American Psyco e L’uomo senza sonno) a diventare l’eroe di cui Gotham ha bisogno (la trilogia di Batman di C. Nolan). Anche in questo film nulla da dire, con Bale si va sul sicuro.

Vera rivelazione è Harry Melling (il cugino Dudley di Harry Potter per capirci) che dà il volto a Edgar Allan Poe e lo fa bene, incarnando gli albori dell’inquietudine che saranno il motore della produzione di Poe.

Il resto del cast è ricchissimo e soprattutto affollato, con gente del calibro di Gillian AndersonCharlotte Gainsbourg o Toby Jones che devono sgomitare per farsi notare.

Spettacolare è la fotografia di Masanobu Takayanagi, ben curata dal punto di vista estetico attraverso una rievocazione storica di un certo spessore, ma anche elegante e forte, che tende a valorizzare l’intima regia di Cooper.

Conclusioni

Più che di un thriller vero e proprio, The Pale Blue Eye – I delitti di West Point, si presenta come un divertissement quasi letterario, che a tratti funziona e a tratti no. Stupefacente la fotografia, l’interpretazione magistrale degli attori, nonostante questo, il  film possiede tutti i difetti di un film fatto per le piattaforme.

Lodevole l’idea di voler omaggiare uno dei più grandi scrittori della storia come Edgar Allan Poe, ma allo stesso tempo bisogna fare i conti con la grandezza dell’omaggiato in questione e non ridurlo all’ennesimo “investigatore del mistero” come ultimamente piace a Netflix.

 

Gaetano Aspa