La strage del pane: la vigliaccheria della guerra attraverso la fame

Correva l’anno 1944, era il 19 ottobre e la Sicilia aveva fame. Palermo aveva fame. Le sue figlie e figli chiedevano pane e pasta per potersi sfamare.

La strage del pane: il coltello nella piaga dei popoli dilaniati

Palermo era stata violentata dai bombardamenti alleati, il centro storico era inagibile, migliaia di sfollati vivevano d’espedienti per sopravvivere al quotidiano. Il disagio era in ogni angolo. Le promesse di venti anni di fascismo si erano risolte in: miseria, morte, fame e distruzione.

Secondo la storia ufficiale, il 1943 fu l’anno della fine della guerra per gli italiani del sud Italia.

La narrazione portata avanti, la descrizione di violenze risparmiate al sud grazie all’armistizio, descrivendo le genti del sud come liberati e posti immediatamente sotto la tutela delle truppe fedeli al Re d’Italia, non corrisponde al vero. In realtà, il piombo, per i siciliani, non finì nel 1943. E a parlar col piombo ai siciliani fu lo stesso esercito regio italiano, che quei cittadini avrebbe dovuto scortare e proteggere.

Fonte: https://palermo.anpi.it/2015/10/20/la-strage-di-via-maqueda-19-ottobre-1944-19-ottobre-2015/

 

Antefatti della prima vergogna dell’Italia liberata

Il 19 ottobre 1944, a Palermo, una folla spontanea di circa tremila cittadini provenienti da tutte le classi sociali e dai settori lavorativi più disparati si radunò spontaneamente, per protestare contro il caro vita, che aveva reso impossibile vivere. La folla chiedeva a gran voce pane e pasta per potersi sfamare.

Le persone marciarono disarmate verso la prefettura, che aveva sede in via Maqueda.

Tuttavia non vennero ricevute, il prefetto non era neanche presente in sede.

La folla sfogò la propria disperazione e frustrazione facendo baccano, battendo con pietre e bastoni sulle saracinesche, come per esorcizzare una fame che non passava e non poteva passare.

Era il grido degli impotenti, il pianto dei disperati. Il suono del malessere era la triste colonna sonora della vergogna dell’umanità, ovvero quel fenomeno chiamato guerra.

Il fascismo non è solo un ideologia. Il fascimo è l’espressione politica del modus operandi dei militari

Il viceprefetto, che si trovava all’interno della struttura, allarmato dal baccano, chiamò l’esercito, temendo un assalto alla prefettura. I soldati del regio esercito italiano arrivarono e furono accolti con il lancio di alcuni sassi.

Il popolo aveva fame, e lo Stato rispondeva inviando uomini armati. La rabbia è un sentimento umano, e il popolo era arrabbiato.

La fame non è un capriccio, non è un vezzo, è una necessità e scongiurarla è il dovere di ogni governo. E quel 19 ottobre 1944, lo Stato (ex fascista) non rispose distribuendo sacchi di farina, ma regalando colpi di fucile e bombe a mano.

L’esercito italiano, arrivato davanti la prefettura di Palermo, aprì immediatamente il fuoco, provocando la morte di 24 civili, tra cui anche donne e bambini, e oltre 158 feriti.

La prima strage di Stato dell’Italia Liberata avvenì a Palermo, nel modo più vile. L’esercito italiano si macchiava d’infamia all’infuori della Repubblicà di Salò, e lo faceva sparando sui propri cittadini, disarmati, rei di domandare il pane.

Il fascismo era stato dichiarato decaduto nel Sud Italia, ma non era decaduto nel cuore di chi rappresentava lo Stato.

Questa vile pagina d’Italia verrà insabiata dalla storeografia ufficiale, e la prima targa e commemorazione ufficiale della strage del pane verrà posta a Palermo solo nel 1994.

Fonte: https://www.patriaindipendente.it/cittadinanza-attiva/palermo-la-strage-del-pane-e-un-silenzio-lungo-80-anni/

Da Palermo a Gaza

La vergogna e la vigliaccheria, insite nel braccio di chi veste una divisa e spara su civili innocenti che hanno solo fame, non è una pagina relegata al solo passato degli orrori della Seconda guerra mondiale, su cui scrivo oggi. Questa vigliaccheria sta avvenendo tutt’ora e quotidianamanete, in scala maggiore e ancora più subdolamente.

La strage del pane è avvenunta il 19 ottobre 1944  a Palermo. Ma a Gaza, oggi, nel 2025, l’esercito israeliano sta compiendo stragi del pane in maniera sistematica, causando centinaia di morti tra la gente affamata che si reca ai centri di distribuzione del cibo. Centri costruiti e designati dagli stessi israeliani con la complicità americana.

Dopo aver affamato due milioni di persone per venti mesi, imponendo il blocco totale di cibo e acqua su Gaza, l’esercito israeliano ha progettato dei centri di distribuzione di beni di prima necessità che, però, sotto l’indifferenza del mondo, si sono trasformati in poligoni di tiro dove soldati israeliani sparano senza rimorso su sagome umane.

Uno squid game reale.

Come detto dalle stesse autorità israeliane, i palestinesi sono ”animali umani’. Dunque, tutto è permesso.

I nostri governi sono complici. Complici del silenzio e dell’immobilismo. Si nascondono dietro banali dichiarazioni, mentre a livello istituzionale continuano a collaborare con uno Stato che si dichiara democratico mentre continua impunemente a commettere deliberate stragi del pane.

La storia ce ne chiederà conto, e a pagarlo saremo tutti noi.

 

Cristina Cassar Scalia racconta la sua Sicilia: l’intervista

Lo scorso 25 giugno  l’Aula Magna dell’Università di Messina ha accolto l’amatissima scrittrice siciliana Cristina Cassar Scalia, che ha presentato il suo ultimo romanzo giallo Delitto di benvenuto. Un’indagine di Scipione MacchiavelliL’incontro è stato moderato da Daniela Bonazinga della libreria Bonazinga e da Massimiliano Cavaleri, giornalista e direttore artistico del Marefestival Salina Premio TroisiDopo i saluti istituzionali della Magnifica Rettrice Giovanna Spatari, è stato conferito alla scrittrice il Premio Massimo Troisi 2025 per la sezione Scrittori. 

 

Cristina Cassar Scalia si racconta

Laureata in Medicina e Chirurgia, medico oftalmologo e con la grande passione per la scrittura. Cristina Cassar Scalia presenta il suo nuovo personaggio, Scipione Macchiavelli, un uomo della “dolce vita” romana, poco esperto di delitti ma che si farà amare. Nel 2018 con “Sabbia Nera” sceglie il romanzo giallo, raccontando la storia di Vanina Guarrasi, da cui è tratta la famosa serie in onda su Canale 5 Vanina-Un vicequestore a Catania. 

Abbiamo intervistato la scrittrice siciliana, che tra mistero, descrizione suggestiva di una Noto degli anni ’60 e anche un po’ di ironia ci racconta come è nato il suo ultimo capolavoro e il suo rapporto con la sua (nostra) accogliente isola.

 

Elisa Guarnera

Confini

Cosa sono i confini?

Questa domanda mi è balenata più volte nella mente, nell’ultima settimana.

Conosco la risposta, o, almeno, ho sempre creduto di saperla.

Prima di questo Taobuk, infatti, li immaginavo come limiti, solidi e invalicabili. Per una persona come me, poi, decisa e irremovibile per quanto riguarda gli spazi personali, avevano anche un ché di sacrosanto.

Non è un concetto del tutto sbagliato. È un bene trovare la propria dimensione e stabilire dei paletti – morali – oltre cui non far spingere chi ci circonda. Ma finisce di esserlo nel momento in cui i confini si fanno muri, più che porte.

Le porte si possono aprire, chiudere e accostare. E presuppongono una volontà: quella di oltrepassarle.

I muri, invece, ci ingabbiano e isolano, impedendoci di vedere aldilà della loro altezza.

Territoriali, ideologici, sociali, psicologici… I confini sono un prodotto umano, intangibili e temporanei.

Qualunque sia la loro natura, questa quindicesima edizione del Taobuk ci ha insegnato quanto sia necessario varcarli.

In modo da conoscere. Gli altri, il mondo e, soprattutto, noi stessi.

Solitudine

Peter CameronFonte: UVM © Taobuk 2025
Peter Cameron
Fonte: UVM © Taobuk 2025

«Molto spesso, il concetto di solitudine viene confuso con il sentirsi soli. Devo dirvi, io amo molto la solitudine e trascorrere del tempo da solo. Ma mi ci sento davvero quando sono in mezzo alle persone»

così ha esordito Peter Cameron, autore di “Un giorno tutto questo dolore ti sarà utile”, durante il suo intervento del 21 giugno, “La letteratura luogo di empatia”.

Tale constatazione ha acceso un interruttore dentro il mio petto. Ho annuito alle sue parole, più che concorde. Vi sfido ad affermare di non aver provato lo stesso almeno una volta nella vostra vita.

Nel mio caso, temo che quella sensazione, più che solitudine, fosse riconducibile alla paura di vedermi ignorata, e quindi di essere incompresa e rifiutata.

Ricordo bene il silenzio che pareva circondarmi in quelle situazioni, e il rombo assordante del mio cuore che andava a riempirlo. Sembrava che mi fosse stato consegnato uno spartito diverso rispetto a quello degli altri, e che, suonandolo, avessi fatto una grande gaffe.

La solitudine, però, non è il mostro incombente dell’insicurezza, né, tantomeno, la mancanza di reciprocità. E come Peter, anche io l’ho amata e continuo a farlo.

C’è del positivo nel suo vuoto, nell’assenza di corrispondenze, quasi fosse uno spazio bianco che può essere colmato, in cui far proliferare a ruota libera i propri pensieri.

In questo senso, la solitudine dovrebbe essere accolta, perché è in essa che accogliamo proprio noi stessi, permettendoci di riflettere e ascoltare il nostro flusso.

Il confine fra solitudine e sentirsi soli, per me, risiede qui: nella natura di quel silenzio.

Luce

Susanna TamaroFonte: UVM © Taobuk 2025
Susanna Tamaro
Fonte: UVM © Taobuk 2025

«L’umanità aspira a riconciliare il mondo: attraverso la scrittura»

Questo quanto è stato detto da Susanna Tamaro, una delle autrici più emblematiche del panorama letterario contemporaneo.

Secondo la sua visione, la scrittura abbatterebbe i confini in quanto porta l’uomo nella profondità del suo cuore. Un cuore metà luce, metà ombra.

È il valore salvifico della parola a impedire che l’oscurità umana – che esiste e non può essere negata – prevalga.

Conosciamo benissimo il ruolo che i libri, come veicoli di principi, hanno rivestito nella nostra storia. Non è un caso, infatti, che più volte, in passato, siano stati condannati, banditi e distrutti. Sono uno strumento potente, un ponte fra le civiltà. Garantiscono una conoscenza plurale che consente di rimuovere i filtri precostituiti che abbiamo assimilato e che ci sono stati imposti, per poter così vedere il mondo in maniera più chiara, critica. Nella sua vera – o quantomeno, verosimile – essenza.

La letteratura, quindi, non solo illumina, ma è generatrice di libertà.

Ne è conferma l’esperienza di un ragazzo iracheno, che la scrittrice ha portato alla nostra attenzione.

Letti nel mercato di Bagdad, sono stati proprio i libri di Susanna a ispirare la sua fuga, e a donargli la forza di abbandonare una terra buia per approdare in prospettive di vita migliori.

Odio

Massimo RecalcatiFonte: UVM © Taobuk 2025
Massimo Recalcati
Fonte: UVM © Taobuk 2025

«L’odio è sempre una negazione del dialogo, o può essere, talvolta, un appello estremo a essere visti, ascoltati e riconosciuti? Esiste una funzione utile e trasformativa dell’odio?»

È stata la domanda che ho posto a Massimo Recalcati, durante la nostra intervista.

Sebbene la sua risposta («L’odio è una spinta ad annientare l’altro. Non c’è mai un punto di appagamento in esso») abbia le sue più che assodate e lecite motivazioni, mi sento, almeno in parte, di non condividerla.

D’altronde, come scriveva Jung:

«Tutto ciò che ci irrita negli altri, può portarci a capire noi stessi».

E se il conflitto che proiettiamo all’esterno non è altro che interiore, mi chiedo se, allora, veramente non ci sia in esso del positivo.

L’odio non è mai la giusta strada percorribile, ma fermarsi a ricercarne le origini potrebbe essere un punto di partenza da cui cominciare a guardarci dentro e, magari, risolverci.

Vuoto

Amélie NothombFonte: UVM © Taobuk 2025
Amélie Nothomb
Fonte: UVM © Taobuk 2025

«La bellezza si nutre di mancanza»

ha sostenuto Amélie Nothomb, quando, il 22 giugno, ha incontrato il suo pubblico nell’evento “Dove i confini si dissolvono e il significato emerge”.

La nota scrittrice belga faceva riferimento all’ambito artistico e, nello specifico, a quello europeo. Un’arte che, in contrapposizione all’estetica orientale, risulta essere satura, ricca di elementi.

Una complessità che celerebbe una intrinseca paura: quella del vuoto.

Così come nell’arte, anche nella vita di tutti i giorni ci riempiremmo di impegni frenetici e irrinunciabili, perché timorosi di uno sprazzo libero che, se improficuo, non avrebbe alcun valore.

In un mondo in corsa, dove tutto è calcolabile, razionale, temporalizzabile e orientato al guadagno, dovremmo arrestarci e riconciliarci con la lentezza, una vacuità che, seppur tale, potrebbe solo giovare.

Benessere

Vittoria LombardoFonte: UVM © Taobuk 2025, Confini
Vittoria Lombardo
Fonte: UVM © Taobuk 2025

Anche nel male c’è una punta di bene. E, talvolta, è vitale riuscire a rintracciarlo.

Quando soffri di una patologia aggressiva e potenzialmente invalidante o mortale, è difficile rimanere ottimisti. Come si potrebbe, concretamente, esserlo?

In soccorso, in tali situazioni, giunge Victoria’s cells, un progetto che coniuga arte e scienza per fornire a chi è in difficoltà una nuova prospettiva da cui guardare la malattia.

«Un metodo per veicolare il benessere, inteso come, soprattutto, studio del bello»

ha spiegato la sua creatrice, Vittoria Lombardo, nel dialogo “Oltre i confini del visibile”.

«Attraverso analogie evocative tra il mondo cellulare e la realtà», si legge sul suo sito, i pazienti verrebbero condotti in un percorso che, non solo punta alla conoscenza circa gli aspetti clinici della propria condizione, ma anche alla sua accettazione.

 

Aspettando Taobuk 2025: Confini

Come ogni anno, Taormina si prepara ad ospitare il TaoBuk (Taormina International Book Festival), arrivato alla sua XV edizione. Dal 18 al 23 giugno, i suggestivi spazi della città faranno da cornice a un ricco programma di eventi, che vedrà alternarsi numerosissimi ospiti tra scrittori, artisti, attori e protagonisti dell’attuale panorama culturale nazionale e internazionale.

Il tema

Nel corso degli anni, il Taobuk ha sempre svolto il ruolo di portavoce di argomenti cruciali che incidono profondamente sulla nostra società, declinandoli in varie aree tematiche ed incentivando il confronto.

La XV edizione del festival si incentra su un tema attuale e trasversale: “Confini”.

Una riflessione sull’etimologia della parola Confine (Cum-Finis), suggerisce un’implicazione che costituisce la base del vasto tema: il confine non è solo ciò che divide, ma anche ciò che unisce.

Articolato in sette aree tematiche, dunque, il festival intende svolgere un’ analisi approfondita ed interdisciplinare sulla complessità del concetto di confine, inteso non solamente come barriera fisica o geografica, quanto più come confine interiore, culturale, identitario.

La prima direttrice tematica del festival prende avvio proprio da “Cum-Finis”.

Limes è Limite”: contrariamente, indica il confine come chiusura.

Il festival celebra Calvino e il suo Metodo con l’area tematica “La relazione tra Umanesimo e Tecnologia, nel segno di Calvino”, in collaborazione con l’Università degli Studi di Messina.

In assenza di gravità: oltre i confini, l’infinito” offre una riflessione attraverso la filosofia, la psicanalisi e la spiritualità.

Sulla soglia: l’Universale oltre il tempo attraverso le arti” affronta il ruolo dell’arte nel superamento dei confini.

Transiti” esplora il presente tra umanità e natura.

Infine, “Sconfinamenti” si occupa dei nuovi “confini” per la giustizia nazionale ed internazionale, delle nuove sfide del contesto digitale e di riflessioni sul Femminile.

Il programma

Numerosissime sono le attività organizzate durante le giornate del festival e dislocate nelle splendide location della città di Taormina.

Il calendario varia tra dibattiti, presentazioni, mostre e prevede oltre duecento ospiti nazionali ed internazionali. Tra gli eventi e gli ospiti più attesi:

19 giugno

  • Generazione Ribelle”, dove si rompono i confini di bellezza. Con l’intervento di artisti, esperti ed attivisti, il dibattito sarà incentrato sulla figura femminile e sui confini della società sulla bellezza.
  • Le lezioni americane e i confini tra umanità e tecnologia. Leggerezza”, in omaggio di Italo Calvino, esplora il ruolo della scrittura nel contesto di sviluppo tecnologico.
  • I molteplici strati della narrazione”, conversazione con Emanuele Trevi.

20 giugno

  • L’arte è libertà. Oltre confini e divisioni”, dialogo con il celebre artista ed attivista Ai Weiwei sul ruolo dell’arte per abbattere i confini.
  • Scrivere per frantumare i confini”, con la scrittrice Zadie Smith.
  • Conferimento del Premio Strega per la Saggistica, prima edizione, con ospite Anne Applebaum, vincitrice del Premio Strega Saggistica Internazionale.

21 giugno

  • La letteratura luogo di empatia”, con Peter Cameron, vincitore del Taobuk Award for Literary Excellence.
  • Riconciliare il mondo”, con la scrittrice italiana di rilievo internazionale Susanna Tamaro.
  • Attesissima la Serata di Gala e la cerimonia di consegna dei Taobuk Award.

22 giugno

  • Dove i confini si dissolvono e il significato emerge”, dialogo con la scrittrice Amélie Nothomb.
  • Cinema, attivismo e visione sociale”, incontro con Whoopi Goldberd, premio Oscar e icona del cinema e della televisione, nota per il suo impegno nella difesa dei diritti civili.
  • Il cinema tra visione e narrazione”, conversazione con il regista premio Oscar Gabriele Salvadores, sulla capacità del cinema di attraversare i confini.

23 giugno

  • Conferimento del Premio Wilhelm Von Gloeden.
  • Visioni in scena: il metodo Livermore”, in cui il noto regista teatrale e operistico italiano Davide Livermore presenta il suo metodo di direzione scenica.
  • Illuminiamo il futuro”, che assegnerà il Premio Save The Children e proietterà il documentario “Fuori dai margini”.

Conferenza di Messina e Taormina

In occasione del Settantesimo anniversario della Conferenza di Messina e Taormina, le prime tre giornate del festival ospiteranno le celebrazioni. L’evento non intende solo commemorare un momento storico, ma rilanciare i valori europeisti della Conferenza. Per tale motivo, sono stati invitati i rappresentanti delle Istituzioni europee e i Ministri degli Esteri degli Stati membri dell’Unione Europea, dei Paesi candidati e potenziali candidati.

  • Per il 18 giugno sono previsti: incontro inaugurale, cerimonia ufficiale e inaugurazione di una mostra con materiali d’archivio, fotografie e documenti. Seguono, in serata, l’evento di gala e il Concerto dell’Orchestra Sinfonica Siciliana;
  • Per il 19 giugno, in programma la sessione ministeriale, seguita da incontri, panel tematici e interventi sulle sfide europee: difesa comune, Mediterraneo, relazioni transatlantiche, la visione dei Padri dell’Europa;
  • Il 20 giugno sarà la giornata conclusiva, con ulteriori panel su integrazione politica, in riferimento ai rapporti con gli Stati Uniti.

Conclusioni

La XV edizione del Taobuk, con un programma ricco di incontri, premi internazionali e riflessioni sul tema dei “Confini”, si preannuncia un evento culturale imperdibile.

Noi di UniVersoMe siamo lieti di rinnovare la partecipazione al festival e di portarvi con noi nel cuore dell’ evento!

Farm Cultural Park: la street art da nuova vita al territorio

Street art in Sicilia

Negli ultimi decenni, l’evoluzione dell’arte ha profondamente cambiato il paesaggio della nostra isola. I territori siciliani sono diventati un esempio di rinascita attraverso la street art, grazie a vari progetti di trasformazione urbana.
Numerosi artisti, locali e internazionali, hanno apportato il loro contributo, permettendo non solo una trasformazione urbana, ma anche e soprattutto una rivitalizzazione economica, sociale e cultuale.

In Sicilia, accanto al suo ricchissimo patrimonio artistico, che affonda le radici nella sua storia di dominazioni e accoglienza di culture diverse, e si riflette nelle testimonianze architettoniche di tutte le epoche (dai templi greci alle chiese barocche) stanno nascendo nuove realtà che lo arricchiscono ulteriormente, fondendo tradizione e innovazione in un continuo processo di trasformazione.

Esempi notevoli di questa evoluzione sono “Fiumara d’Arte” e il “Cretto di Gibellina”.

Farm Cultural Park

 

Farm Cultural Park (Favara, AG): esempio di street art in Sicilia https://www.artinresidence.it/it/properties/farm-cultural-park/
Farm Cultural Park (Favara, AG): esempio di street art in Sicilia
Fonte: https://www.artinresidence.it/it/properties/farm-cultural-park/

Uno dei progetti più significativi è il Farm Cultural Park, a Favara, provincia di Agrigento. Il piccolo comune, che come molti altri dell’entroterra siculo stava affrontando una profonda crisi demografica, riuscì a rinascere dalle sue ceneri grazie ad una coppia di imprenditori, Andrea Bartoli e Florinda Saieva, che investirono nell’ambizioso progetto di rendere Favara un centro artistico, attraente soprattutto per i giovani. Nel 2010 nasce, quindi, Farm Cultural Park, un’iniziativa di riqualificazione urbana che unisce arte, cultura e comunità.

Attraverso la ristrutturazione di edifici abbandonati del centro storico e l’allestimento di opere ed installazioni, il comune diventa un centro artistico a 360°, in grado di attrarre artisti internazionali e visitatori da tutto il mondo.

Farm Cultural Parkhttps://www.google.com/url?sa=i&url=https%3A%2F%2Fwww.vita.it%2Fstorie-e-persone%2Fa-favara-larte-di-farm-cultural-park-ha-reinventato-la-citta%2F&psig=AOvVaw34RNKWanguMvpd6CSZA0t8&ust=1742055974262000&source=images&cd=vfe&opi=89978449&ved=0CBgQjhxqFwoTCLDup8j-iYwDFQAAAAAdAAAAABAd
Farm Cultural Park
Fonte: https://www.google.com/url?sa=i&url=https%3A%2F%2Fwww.vita.it%2Fstorie-e-persone%2Fa-favara-larte-di-farm-cultural-park-ha-reinventato-la-citta%2F&psig=AOvVaw34RNKWanguMvpd6CSZA0t8&ust=1742055974262000&source=images&cd=vfe&opi=89978449&ved=0CBgQjhxqFwoTCLDup8j-iYwDFQAAAAAdAAAAABAd

Turismo e sviluppo

Farm Cultural Park ospita, ogni anno, numerosi eventi come festival, workshop ed attività educative, creando un ambiente dinamico e vivace.

L’arte urbana ha svolto un ruolo fondamentale nel rafforzare l’identità culturale delle comunità locali, promuovendo la partecipazione attiva dei cittadini e la riappropriazione degli spazi pubblici.

Il turismo, che si è sviluppato in seguito alle numerose iniziative intraprese, porta benefici economici su tutto il territorio. Inoltre, per limitare le conseguenze negative sull’ambiente, il comune adotta politiche rivolte alla sostenibilità.

Questo progetto ha dimostrato come l’arte possa essere un potente strumento di trasformazione sociale, capace di innescare processi virtuosi di sviluppo sostenibile e inclusivo.

In conclusione, il progetto di rivitalizzazione di Favara è diventato un importante esempio replicabile da tanti altri comuni e riconosciuto a livello internazionale.

Farm Cultural Parkhttps://www.google.com/url?sa=i&url=https%3A%2F%2Fwww.loquis.com%2Fit%2Floquis%2F2762056%2FFarm%2BCultural%2BPark%2BFavara&psig=AOvVaw34RNKWanguMvpd6CSZA0t8&ust=1742055974262000&source=images&cd=vfe&opi=89978449&ved=0CBgQjhxqFwoTCLDup8j-iYwDFQAAAAAdAAAAABAr
Farm Cultural Park
Fonte: https://www.google.com/url?sa=i&url=https%3A%2F%2Fwww.loquis.com%2Fit%2Floquis%2F2762056%2FFarm%2BCultural%2BPark%2BFavara&psig=AOvVaw34RNKWanguMvpd6CSZA0t8&ust=1742055974262000&source=images&cd=vfe&opi=89978449&ved=0CBgQjhxqFwoTCLDup8j-iYwDFQAAAAAdAAAAABAr

Fonti:

https://www.farmculturalpark.com/

“Imparare da Favara. Radici culturali e prospettive di una rigenerazione urbana di successo”. Pier Paolo Zampieri

Antonella Sauta

Messina e Reggio Calabria: l’altra sponda dell’anima

Messina e Reggio Calabria, così lontane, ma così vicine. Come le labbra di due amanti che stanno per baciarsi, ma si ritraggono per mancanza di coraggio.
Forse sarebbe innaturale dire che ci amiamo, ma sicuramente sbagliato dire che ci odiamo. Messinesi e Reggini. Buddaci e Sciacquatrippa. Diversi, ma simili.
Lo Stretto ci unisce, e da sempre diamo vita a una particolare convivenza. C’è chi fa la spola per lavoro o, come noi universitari, per studio. E tra uno sfottò e l’altro, capiamo quanto ci somigliamo.

SICILIANI E CALABRESI? CERTAMENTE, PERÒ…

Aldilà della poetica sul così lontani, così vicini, la realtà è chiara: Messina appartiene alla Sicilia, Reggio alla Calabria. Un legame storico che ci restituisce fierezza ed orgoglio, ma oggi sembra più un recinto soffocante.
Messina, dal terremoto in poi, è rimasta all’ombra di Palermo e Catania. Ma ciò che fa più male è vedere l’ipocrisia di una Sicilia che tanto celebra i messinesi di successo (vedi Nino Frassica a Sanremo), per poi bollarli, una volta tornati a casa, come buddaci o finti siciliani.
Reggio, invece, soffre le scelte di una politica regionale che ha spesso favorito Catanzaro e Cosenza, a suo discapito. Emblematica è la vicenda dello Scippo del Capoluogo (una ferita ancora aperta), così come la forzatura del tracciato cosentino dell’A3, rivelatosi dannoso per tutta la Calabria.
Siamo figli di terre che non ci hanno mai riconosciuto appieno, e, a volte, sembrano persino respingerci. E quando dalla tua famiglia, il luogo che dovrebbe proteggerti, arrivano schiaffi e umiliazioni, inizi a chiederti se il tuo posto sia altrove.

L’DENTITÀ STRETTESE

Qualche tempo fa, nella pagina social Lo Stretto Indispensabile, la reggina Mariarita Sciarrone pubblicava questo post:

Quando mi chiedevano la mia provenienza, – in riferimento al periodo del soggiorno romano – non mi davano il tempo di prendere fiato che mi precedevano: siciliana, sei siciliana […] Mi ci sono voluti anni per capire quanto io fossi tanto calabrese quanto siciliana. E quando l’ho capito, a chi mi chiedeva di dove fossi, avrei voluto rispondere: dello Stretto. Sono una strettese […] Quella parola ha iniziato a suonarmi familiare, giusta, identitaria.”

Il termine strettese non è un’espressione abituale, e sembrerebbe più adatta ad un romanzo fantasy. Tuttavia, custodisce un fondo di verità.
Messinesi e reggini hanno intrecciato le loro storie, creando una solida integrazione che supera persino il mare.

La cadenza dialettale è molto simile, così come gli usi e i costumi. C’è una condivisione di servizi e strutture che permette a un messinese di utilizzare l’aeroporto Tito Minniti, così come a un reggino di studiare ad Unime.

E si potrebbero fare molti altri esempi. Oltre a tutto questo, c’è lo Stretto, simbolo millenario che, paradossalmente, ha sempre unito le città. Sin da piccoli, veniamo allevati dalla sua brezza, che ci accompagna per il resto della vita. Entriamo in simbiosi con quel meraviglioso specchio di mare, creando un legame così forte e personale, che risulterebbe difficile da comprendere persino ai nostri corregionali.
Alla luce di ciò, l’idea di un’identità strettese non sembra poi così assurda. Chiaramente non implica una fantasiosa quanto buffa secessione da Sicilia e Calabria, ma perlomeno spiegherebbe la nostra etichetta di siciliani e calabresi diversi.

IL DERBY DELLO STRETTO

Il Derby dello Stretto è il fenomeno socioculturale che più di tutti testimonia l’unicità di Messina e Reggio Calabria. Infatti, Il termine derby si usa per descrivere una partita giocata fra due squadre della stessa città, o al massimo, della stessa regione. Eppure, anche in questo facciamo eccezione.
Messina – Reggina rappresenta il match per eccellenza: in palio non ci sono solo i tre punti, ma il dominio dello Stretto. Vincere equivale a poter sfottere i rivali per settimane.

Cori come Reggino dimmi che si sente o Buddace Alè, vengo da te, dimostrano che le manifestazioni di affetto non mancano. E come non citare il famoso sfottò Vi invidiamo il panorama, che da mera provocazione sportiva, negli anni è diventata una battuta d’uso comune.

Ogni occasione è buona per punzecchiarsi a vicenda, segno di quanta passione, curiosità e coinvolgimento (sia in chiave critica che ammirativa) ci siano verso la fazione opposta.
Ma il tempo passa inesorabile, e l’ultimo Derby dello Stretto risale ormai a quasi nove anni fa. Era il dicembre del 2016, quando il Messina si impose per 2 a 0 al Franco Scoglio.

La mancanza del derby ha creato un vuoto, come se entrambi avessimo lasciato un pezzo di noi dall’altra parte.
Nel frattempo, gli sfottò vengono sferrati a distanza, ma le tifoserie attendono solo di scontrarsi, pronte a colorare lo Stretto di giallorosso o amaranto.

Sono tante le cose che abbiamo in comune. E sempre come due amanti, continueremo a provocarci, perché ognuno conserva un frammento dell’altro.

Forse per questo vivremo tormentati, in continua lotta con un destino beffardo: prima c’ ha diviso col mare, poi riuniti nel terremoto del 1908. Un patto di sangue che sancisce come solo insieme si possa rinascere.

Intanto, a Roma discutono del Ponte. Noi rispondiamo con una cartolina:

Con affetto, Messinesi e Reggini. Da sempre… i Padroni dello Stretto.

Giovanni Gentile Patti

Ni cummini quantu a Giufà

In ogni angolo della Sicilia si parla dello sciocco Giufà e delle sue peripezie da credulone.

Un grande personaggio che intratteneva grandi e piccini, prima che il mondo dei cartoni animati e dei social facesse sfumare l’arte del cantastorie e delle tradizioni popolari.

In pochi sanno che Giufà non è soltanto un personaggio popolare della tradizione siciliana, ma anche uno di quella spagnola e soprattutto araba.

L’etimologia del nome 

Si pensa che Giufà provenga dall’arabo, ma a darci qualche informazione in più è l’origine del suo nome.

Una cosa è certa, l’etimologia racchiude le qualità del personaggio.

Dal Nuovo vocabolario siciliano, si evidenzia che comunemente il nome Giufà derivi dal nome Giovanni; tuttavia, a

Nasreddin Khoja Fonte: Wikipedia

 

noi piacciono le storie e siamo andati ad indagare la “vera” etimologia del nome, animati dal desiderio di scovare un significato più goliardico, e così è stato.

Gioieni Giuseppe, nella sua opera interamente dedicata all’etimologia delle parole siciliane, sostiene che il nome derivi dallo spagnolo Ciufà, che indica la burla, lo scherno. Difatti, la tradizione ci tramanda racconti di gesta comiche.

Per altri Giufà non è un personaggio di fantasia inventato dalle mamme per intrattenere i più piccoli, ma in realtà è Nasreddin Khoja, un personaggio storico del XI secolo realmente esistito in Turchia.

 

In letteratura

Se per l’etimologia del suo nome, non vi è alcun dubbio, Giufà è lo sciocco del villaggio, qualche incertezza sussiste circa la sua apparizione letteraria.

Alcuni collocano la sua prima testimonianza scritta nel XVII secolo per mano di due poeti siciliani, Venerandu Ganci e Mamo da Cianciana, che inauguravano un nuovo personaggio da aggiungere alla letteratura umanista tipica di Boccaccio.

Giuseppe Pitrè – Fonte: l’identità di Clio

Altri sostengono che la prima apparizione del personaggio nella letteratura  avvenne grazie allo studioso delle tradizioni popolari, etnologo, medico e scrittore Giuseppe Pitrè intorno al 1845. Calvino, proprio in occasione della trasposizione del personaggio tipico della tradizione orale, disse : «al centro del costume di raccontar fiabe è la persona – eccezionale in ogni villaggio o borgo – della novellatrice o del novellatore, con un suo stile, un suo fascino. Ed è attraverso questa persona che si mutua il sempre rinnovato legame della fiaba atemporale col mondo dei suoi ascoltatori, con la Storia».

È curioso scoprire che diversi scrittori del Novecento hanno trasportato Giufà nelle loro opere.

Italo Calvino, recuperò il nome per soprannominare Gurdulù, lo scemo del villaggio, nella sua opera Il cavaliere inesistente; Leonardo Sciacca intitola un’opera Giufà e il cardinale.

Nelle storie che vedono protagonista Giufà, coesistono l’eroe e l’antieroe, impersonificati in scenari di ironia e beffa, sarcasmo e benevolenza, con temi attuali che invogliano alla critica verso il potere sociale.

Maldestro ma furbo, essere paragonati a Giufà può essere utilizzato in senso positivo, ma anche in senso negativo. Solitamente in Sicilia si usano tra i modi di dire “fari u Giufà” e “ni cummina quantu a Giufà”.

Il personaggio nella tradizione siciliana

Vediamo insieme le sfaccettature di questo personaggio, che si adatta ad ogni contesto culturale.

In Sicilia, il paragone con il personaggio di Giufà serve ad indicare chi è privo di furbizia e in preda ai più disparati malfattori.

Difatti, le storie che ruotano attorno al personaggio di Giufà lo ritraggono vittima di furti avvenuti con estrema facilità.

La trama della storia che fece la sua prima comparsa nell’opera di Pitrè prende spunto da consuetudini bucoliche nella Palermo del tempo, quando briganti e malfattori invogliavano i ragazzi a scambi di prelibatezze, sottratte furtivamente dalle dispense di casa, con promesse mai mantenute.

D’altronde, Giufà è il tipico fanciullo di campagna poco istruito che si esprime in modi di dire, racconti tramandati dalla madre e vive alla giornata in modo ingenuo, cacciandosi sempre nei guai.

Nella tradizione reggina

Nella tradizione reggina troviamo una piccola eccezione al Giufà siciliano, pur rimanendo nel background di un fanciullo sciocco. In questa versione, Giufà, al momento opportuno, si difende dagli attacchi, impersonando i caratteri della tradizione giudaico-spagnola del ragazzetto sciocco ma furbo, che si adatta alla circostanza in cui si trova.

Insieme a Giangurgolo e alle storie di Fata Morgana, diventa un volto amatissimo dal popolo calabrese.

Nella tradizione giudaico-spagnola

Nella tradizione giudaico-spagnola, viene presentato come un personaggio dal carattere ambivalente, passando dal non saper acquistare neanche da mangiare al nutrire chi avesse fame, ed è anche il ribelle che si prende a cuore le questioni sociali.

Il Giufà della tradizione giudaico-spagnola è un cavallo il cui valore si vede a lunga corsa.

Essere Giufà

Giufà è anche il titolo di un ciclo di racconti tragicomici interminabili e autoconclusivi. È sicuramente un personaggio del Novecento pensato come comico ma estremamente riflessivo.

È un personaggio che si ama per le sue sciocchezze e ingenuità, e ci sorprende per le sue risposte secche e furbe. Per questo vogliamo lasciarvi con due brevi storie che racchiudono il senso del “sii nu Giufà”:

Il barbiere maldestro

Giufà andò da un nuovo barbiere per radersi i capelli.

Il barbiere, non avendo molta pratica ed avendo una mano malferma, ad ogni taglio gli procurava una ferita che veniva prontamente saturata con un batuffolo di cotone. Ben presto una prima metà del capo di Giufà fu ricoperta da tanti batuffoli per evitare la fuoriuscita di sangue.

Quando il barbiere prese a radere l’altra metà della testa, Giufà gli chiese sarcasticamente: “Visto che già metà della mia testa l’hai seminata a cotone, cosa pensi di coltivare nell’altra parte?”.

 Giufà e i ceci

Giufà e i tre ceci
Giufà e i tre ceci
Fonte: colapisci.it

Un giorno la madre di Giufà andando a Messa raccomandò al figlio di mettere due ceci in pentola a bollire in modo tale che quando tornava sarebbero stati pronti.

Dopo un poco che la madre era uscita Giufà eseguì l’ordine ricevuto. Quando la madre tornò trovò la pentola che borbottava sul fuoco ma quando alzò il coperchio si accorse che dentro l’acqua i ceci non c’erano.

Infuriata, rimproverò aspramente il figlio per non averla ascoltata ma Giufà si difese dicendo: “Ho fatto più di quanto mi hai detto, ho messo in pentola ben tre ceci invece di due! Poi per controllare la cottura ho assaggiato il primo, per vedere come era di sale ho mangiato il secondo ed infine per vedere se era ancora duro ho mangiato il terzo! Per questo sono finiti!”. La madre, allora, esasperata, cominciò a picchiarlo con un cucchiaio di legno sulle gambe senza aggiungere altro.

 Elena Zappia

Fonti

https://it.wikipedia.org/wiki/Giuf%C3%A0

https://www.treccani.it/enciclopedia/giufa_%28Enciclopedia-Italiana%29/

https://www.tempostretto.it/news/cultura-giuf-eroe-siciliano.html

https://www.e-genius.it/Trinakria/sicilianelcuore.info/tradizioni/index.php?content=giufa

https://www.sololibri.net/Storie-di-Giufa-origine-varianti-riscontri.html

https://www.experiences.it/archives/7324

Marefestival Salina: dove cinema e cultura sono di casa

Nel punto dove la cultura si fonde con la bellezza estatica mediterranea, tra spiagge paradisiache e panorami mozzafiato, Salina si fa cornice per uno degli eventi più speciali dell’estate: il Marefestival

Tredici anni di Marefestival

Il Festival, giunto alla XIII edizione, si svolgerà dal 14 al 16 giugno presso il comune di Malfa, anticipato da una serata-anteprima il 13 giugno, sulla terrazza del porto turistico Capo d’Orlando marina, con la partecipazione di Cucinotta, Bouchet, Inaudi e Azzollini.

Durante questa serata, sarà proiettato il film Gli agnelli possono pascolare in pace. Il programma sarà ulteriormente arricchito dalla presentazione del romanzo storico Il grano nero dello sceneggiatore e scrittore Ignazio Rosato, con un dialogo tra Rosato e Fabio Agnello, inviato de Le Iene.

Il Premio Troisi è organizzato dai giornalisti Massimiliano Cavaleri, direttore artistico, e Patrizia Casale, direttrice organizzativa, in collaborazione con Francesco Cappello, Giovanni Pontillo e Nadia La Malfa. La scenografia e l’immagine sono curate da Tina Berenato.

Come ogni anno, la madrina d’eccezione sarà la bravissima attrice siciliana Mariagrazia Cucinotta, la cui storia è legata a Salina e a Troisi, per il suo ruolo nel film il Postino, dove interpretava Beatrice, la musa di Mario (il personaggio di Troisi).

 

Massimo Troisi e Mariagrazia Cucinotta in una scena del film il Postino. Fonte: Cinema amore mio (facebook)

Premio Troisi

 

Voi volete dire allora che il mondo intero è la metafora di qualcosa?

 

Il Premio Troisi, assegnato dal Marefestival Salina, onora figure di spicco del cinema, dello spettacolo e della cultura. Insieme al Festival, questo premio è diventato un tributo significativo, ricco di valore culturale e personale, celebrando le carriere degli artisti.

Nel ricordo di Massimo Troisi, attore straordinario e persona eccezionale, che ha saputo esprimere con semplicità e genialità i  piccoli e grandi problemi  esistenziali, affermandosi come uno dei grandi maestri del cinema italiano.

L’isola di Salina e il film Il Postino, quest’anno particolarmente nel 30° anniversario, rappresentano l’eredità cinematografica di Troisi e il momento della sua definitiva affermazione internazionale.

Ai già 82 premi consegnati in questi ultimi dodici anni, si aggiungono i protagonisti di questa XIII edizione del Festival nelle varie categorie:

Attrici: Barbara Bouchet, Carla Signoris, Francesca Inaudi

Attori: Francesco Pannofino, Alessio Boni, Sergio Friscia

Cantautori: Mario Incudine e Alberto Urso

 Comici: Uccio De Santis

 Produttori: Corrado Azzolini.

 

Marefestival X UniME

Inoltre, quest’anno, è stata stipulata una convenzione per uno stage con l’Associazione “Prima Sicilia” al fine di coinvolgere gli studenti dell’Università di Messina nelle fasi di preparazione e nelle attività del Festival, che si terrà dal 13 al 17 giugno (alla fine della pagina troverete il link per la candidatura).

Gli studenti potranno partecipare a diverse attività, tra cui:

  • Comunicazione, promozione e ufficio stampa
  • Segreteria organizzativa e produzione
  • Direzione artistica

Questa esperienza permetterà agli studenti di acquisire rapidamente competenze specifiche in vari campi, lavorando a stretto contatto con professionisti e personalità di spicco non solo del mondo del cinema. 

 

Gaetano Aspa

 

https://www.unime.it/notizie/marefestival-salina-2024-possibilita-di-stage-studenti-unime

 

Allarme in Sicilia: la siccità continua a peggiorare

La Sicilia sta attraversando un gravissimo periodo di siccità, per il quale la Regione ha dichiarato lo stato d’emergenza. Le piogge della seconda metà del 2023 e degli ultimi mesi sono state molto scarse e non hanno permesso un sufficiente riempimento degli invasi in molte aree della regione.

Le reti di fornitura idrica hanno già annunciato nuovi razionamenti che riguarderanno più di un milione di abitanti dell’isola: è interessato quasi un centinaio di comuni delle province di Palermo, Trapani, Enna, Caltanissetta, Messina, Catania e Agrigento. La Sicilia rappresenta infatti una delle poche zone rosse secondo l’European Drought Observatory: altre aree analoghe si trovano in Marocco, Algeria e sulla costa orientale spagnola.

In estrema difficoltà sono soprattutto il settore agricolo e zootecnico. Il riempimento degli invasi dell’isola, secondo l’Autorità di Bacino del Distretto Idrogeografico di Sicilia, è inferiore del 30% rispetto all’anno scorso, il cui dato era già di per sé scoraggiante. Gli agricoltori hanno difficoltà ad irrigare le colture, mentre gli allevatori accusano la sofferenza degli animali a causa della mancanza di foraggio verde e scorte di fieno, danneggiate dalle anomale precipitazioni della scorsa primavera. I primi razionamenti sono iniziati nella provincia di Palermo, quando l’invaso Fanaco ha raggiunto un riempimento pari a un decimo del totale. Successivamente, sono stati coinvolte altre cinque province dell’isola.

(Flickr)

I dati delle piogge

Secondo il SIAS, il Servizio Informativo Agrometereologico Siciliano, la seconda metà del 2023 è stata la meno piovosa rispetto ai medesimi periodi dal 1921. In particolar modo il dato di ottobre è fra i più preoccupanti, poiché le precipitazioni cumulative sono state inferiori del 93% rispetto alla media 2002-2022.

Nonostante nel 2023 siano stati calcolati circa 600mm di precipitazioni cumulative, non dissimili dalla media degli scorsi anni, le forti asimmetrie pluviometriche non hanno garantito un buon riempimento di dighe e laghi artificiali. Circa un terzo della pioggia dello scorso anno è infatti caduta nel solo periodo maggio-giugno. Quando le precipitazioni si concentrano su un’unità di tempo così piccola, il terreno non riesce ad assorbire efficientemente l’acqua, né riescono a riempirsi gli invasi, i quali hanno bisogno di un’alimentazione costante e graduale. L’acqua finisce quindi per disperdersi, correndo veloce verso il mare o causando alluvioni. Le forti piogge, inoltre, danneggiano gravemente colture e riserve di fieno da destinare agli allevamenti.

Questi modelli anomali di precipitazioni, insieme al rialzo termico di questo inverno, sono sempre più frequenti a causa degli effetti dei cambiamenti climatici. A questi si sommano le gravi carenze strutturali della rete idrica siciliana, le cui perdite si aggirano intorno al 50%. Inoltre l’isola, come il resto del Sud Italia, è fra le meno fornite di impianti in grado di filtrare le acque reflue da riutilizzare nell’irrigazione.

(Flickr)

I pericoli dell’estate

Il continuo permanere del terreno in stato siccitoso espone a un maggior rischio di incendi, a causa della presenza di vegetazione secca infiammabile. A ciò contribuiscono inoltre le alte temperature estive degli ultimi anni. L’agenzia Copernicus ha rilasciato lo scorso Gennaio un’immagine satellitare molto esplicativa della situazione.

L’estate scorsa la Sicilia è stata già protagonista di vastissimi roghi che anche quest’anno minacceranno la sicurezza ambientale della regione. Da Roma, tuttavia, non è arrivato il benestare per la definizione di quegli incendi come “calamità naturale”, che avrebbe dato al governo regionale maggiori poteri amministrativi nella gestione della crisi. La giunta Schifani ha comunque dichiarato lo stato d’emergenza per la siccità, potendo così nominare Leonardo Santoro, tuttora presidente dell’Autorità di Bacino, come incaricato nella gestione della crisi. Sono stati poi stanziati circa 150 milioni di euro per gli interventi più urgenti, ma è chiaro che la soluzione al problema richiederà una gestione nel lungo termine con impegno di tutti gli enti territoriali. Serviranno nuovi laghi artificiali, ammodernamento della rete idrica e riutilizzo delle acque reflue.

La crisi climatica non cede infatti il suo passo, e sembra essere ancora più aggressiva nel bacino del Mediterraneo. Ci costringe a ripensare il nostro territorio, che cambia in maniera molto veloce ed espone tutte le nostre fragilità.

(Flickr)

Francesco D’Anna

“Roma città libera”: XXIX Edizione della Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie

Giovedì 21 marzo, ricorrerà la XXIX Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. “Ricordo” e “Impegno” sono parole simbolo, valori su cui questa giornata si fonda, perché non vi sia rassegnazione dopo la tristezza, ma voglia di cambiamento e di resilienza. L’evento principale a livello nazionale, quest’anno, si svolgerà a Roma.

L’evento nazionale e principale per il 21 marzo 2024, si svolgerà a Roma (fonte: www.libera.it)

La ventinovesima edizione

«Il 21 marzo è Memoria, memoria di tutte le vittime innocenti delle mafie. Persone, rese vittime dalla violenza mafiosa, che rappresentano storie, scelte e impegno. Lo stesso impegno che viene portato avanti dalle centinaia di familiari che camminano con Libera e che ne costituiscono il nucleo più profondo ed essenziale, nella continua ricerca di verità e giustizia.».

Queste sono alcune parole scritte sul proprio sito ufficiale da Libera, l’associazione contro le mafie, fondatrice della Giornata in ricordo delle vittime di mafia.

Dopo la calda giornata estiva in cui, quasi trent’anni fa, avvenne l’incontro tra Don Luigi Ciotti e la madre di Antonino Montinarocaposcorta del giudice Falcone – si decise di dar seguito alla commemorazione delle vittime, perché il loro ricordo possa ispirare legalità.

Venne così istituita la Giornata e ideata la formula ricorrente delle celebrazioni, dalla lettura di un elenco con nomi di persone innocenti uccise dalla mafia, ai momenti di riflessione e di condivisione di testimonianze di familiari di quest’ultime. Si scelse, inoltre, proprio il 21 marzo, equinozio di primavera, per trovare nel parallelismo con la rinascita della natura dopo l’inverno, l’augurio di una rinascita nella legalità.

Visto l’enorme movimento che ormai coinvolge associazioni, scuole, enti e organismi locali e nazionali, e l’impatto che ne consegue sulle coscienze dei cittadini, lo Stato ha riconosciuto ufficialmente la Giornata con la legge n.20 dell’8 marzo 2017.

Alla vigilia del trentennale, Libera ribadisce le motivazioni dietro la causa, che si rinnova ogni anno, e ha spiegato, in un comunicato ufficiale, la scelta di Roma per l’evento nazionale.

“Roma città libera” oltre che aperta

«Consci della forza criminali e forti della ricchezza di questi percorsi di alternativa, saremo a Roma per riaccendere i riflettori sulla presenza della criminalità organizzata nella Capitale e nel Lazio e per combattere la pericolosa e sempre più dilagante normalizzazione dei fenomeni mafiosi e corruttivi. Cammineremo, come ogni anno, al fianco dei familiari delle vittime innocenti, per sostenere le loro istanze di giustizia e verità, per rinnovare la memoria collettiva e manifestare insieme a loro il nostro impegno per il bene comune. […]

A ottant’anni dalla liberazione dell’occupazione nazi-fascista, oggi Roma deve nuovamente aprirsi e liberarsi.».

Un percorso che coinvolgerà migliaia di partecipanti. Roma, scelta come simbolo di questo 21 marzo, sarà lo specchio, in piccolo, di ciò che avverrà contemporaneamente in tutta Italia. Nelle altre città italiane, infatti, si svolgeranno cortei e celebrazioni locali coordinati dalle delegazioni di Libera. Ovunque la lettura dei nomi delle vittime e l’approfondimento su tematiche specifiche e testimonianze di familiari di chi ha perso la vita per mano della criminalità organizzata.

Libera ha diffuso il programma dell’evento a Roma, tramite i propri canali ufficiali. Di seguito riportiamo alcune informazioni principali:

  • 8.30 Ritrovo e concentramento in piazza Esquilino;
  • 9.00 Partenza del corteo;
  • 10.30 Arrivo del corteo al Circo Massimo e a seguire saluti di Roberto Montà presidente di Avviso Pubblico;
  • 10:45 Lettura dei nomi delle vittime delle mafie dal palco (oltre 1000 nomi);
  • h 11.45 Intervento conclusivo di Luigi Ciotti;
  • Dalle 14.30 alle 17.00 Seminari di approfondimento.

Anche lì dove il senso di appartenenza a qualcosa di più grande sembra essersi affievolito più che mai, Libera riesce – come abbiamo visto negli anni – a riunire e creare una barriera fatta di verità e giustizia, muovendo cortei affollatissimi e che rinnovano la memoria, dove la mafia ha tentato di cancellare con la violenza.

Quest’anno, dunque, il ritorno del palcoscenico principale di Libera nella Capitale, avviene dopo la prima volta nel 1996. L’intento è quello di far convergere un’attenzione in più sulla città eterna, il cuore dell’Italia, dove varie criminalità organizzate si sono sviluppate e si nutrono del tessuto sociale.

Roma città libera”, titolo scelto per l’evento nazionale, è uno slogan che riecheggia il capolavoro cinematograficoRoma città aperta”. L’augurio tramite questa scelta è quello che la capitale possa trovare ancora la libertà, ribellandosi ancora a un’altra morsa avvelenata, dopo quella del nazi-fascismo.

Oltre la mafia tradizionalmente conosciuta, nel contesto romano vi sono criminalità organizzate autoctone e straniere in espansione, che spingono perché la dinamica mafiosa si insinui e pervada il tessuto sociale, fino a confondere i confini tra sano e marcio, tra legalità e illegalità.

Che Roma diventi simbolo di un’Italia rinnovata nei sani principi delle donne e degli uomini di giustizia.

 

Rita Bonaccurso