La nascita della scrittura. Tra Oriente ed Occidente

Quando l’essere umano concepì l’idea di gestire il territorio circostante più che sfruttarlo – ovvero quando egli sperimentò le prime tecniche di produzione agricola e di allevamento, a discapito delle tecniche di caccia e raccolta –, col tempo, raggiunse una sufficienza alimentare che permise ad una parte della società di dedicarsi ad altre attività, prima impensabili.

Chi, prima, occupava tutta la giornata con pericolose battute di caccia, adesso, se non coltivava i campi o badava agli animali, si occupava di fabbricare utensili e ceramiche, di gestire la comunità sempre più numerosa oppure entrava in contatto con gli dèi.

Nacquero, così, le prime civiltà.

Queste innovazioni contribuirono alla nascita delle prima grandi comunità dell’uomo. Eppure, se dovessimo metterle a paragone con un’altra, grande innovazione avvenuta qualche secolo dopo, ci renderemmo conto di quanto esse non siano, del resto, gli unici inneschi della civiltà umana.

Solchi nell’argilla

È parere concorde, tra gli studiosi, ritenere che la nascita della scrittura sia avvenuta nel Vicino Oriente Antico intorno al 3500 a.C. e che sia direttamente collegata alla sovrapproduzione alimentare che, innescando un aumento demografico, comportò la nascita di vari settori specializzati e di nuovi prodotti. Ne consegue il crearsi di nuove relazioni di interscambio tra queste comunità, anche molto distanti da loro.

L’evoluzione di questi rapporti socioeconomici, che noi comunemente chiamiamo commercio, produsse la necessità, per le comunità, di un mezzo che, oltre a facilitare le operazioni di calcolo delle sovrabbondanze, potesse registrare entrate ed uscite nelle relazioni commerciali. Fu, così, ideata la scrittura.

Ad un primo utilizzo di sigilli per garantire l’inviolato contenuto di lettere e magazzini, equivalenti ad una firma e rappresentanti scene di vita quotidiana, si passò ben presto ad incidere segni su una cretula (un pezzo globulare di argilla, posto sull’apertura del contenitore), che divennero col tempo sempre più complessi.

Questo nuovo mezzo richiedeva una conoscenza e una preparazione piuttosto elevata, posseduta da pochi membri della comunità. Pertanto, di pari passo alla scrittura, nacque anche la casta di coloro i quali erano gli unici a conoscerne i segreti: gli scribi. Questi funzionari, oltre ad annotare i rendiconti economici della comunità, iniziarono anche ad essere adoperati dal sovrano per scrivere missive da inviare ai subordinati e lettere ai propri pari.

La scrittura, in breve tempo, divenne pilastro fondante della società umana.

Questo è, per lo meno, il caso dell’Occidente.

Evoluzione della scrittura cuneiforme. Da Pastena, 2009.

E prese carta e penna

Quasi la totalità dei fenomeni umani si evolve e si distribuisce, nel mondo, per irradiamento. La lavorazione del ferro, nata nel Vicino Oriente Antico, a partire dal X-IX sec. raggiunse la Grecia, mentre il sistema di scrittura alfabetico, invenzione tipica delle comunità siro-fenicie del Levante, fu adottato, poi, dalle stesse popolazioni greche con cui i Fenici intrattenevano rapporti commerciali.

Qualsiasi meccanismo, innovazione tecnologica, cambiamento nasce per poi diffondersi in una traiettoria più o meno ampia di movimento. Eppure, esistono dei fenomeni che non sono vincolati dal meccanismo dell’irradiamento.

Pratiche come la produzione ceramica, la navigazione, la stessa agricoltura e, per finire, la scrittura sono delle attività antropiche molto complesse le cui zone aborigene sono inesistenti, proprio perché nacquero più o meno contemporaneamente in divere parti del mondo.

Per l’ultimo caso, nostro argomento in analisi, la scrittura nacque indistintamente sia in Occidente, nel Vicino Oriente Antico, sia nell’Estremo Oriente, in Cina. È interessante notare come l’emersione di questo fenomeno sia stato del tutto naturale ed indipendente, come se fosse parte del nostro patrimonio genetico.

Non ci fu nessun ipotetico contatto tra le popolazioni della Mesopotamia e quelle della Cina, eppure la scrittura nacque in entrambi i posti, seppur in tempi e per motivi diversi.

I segni del “Cielo”

Inventata nel corso del XIII sec. a.C., la scrittura cinese si sviluppò come supporto oracolare, estraniandosi, dunque, dal tipico utilizzo amministrativo mesopotamico. Sono simboli incisi su carapaci di tartarughe e scapole bovine, utilizzati dagli sciamani per avvicinare il mondo spirituale.

La scrittura, in Cina, si sviluppò con le stesse modalità con cui si svilupparono la scrittura maya, egizia e mesopotamica. Furono collegati a delle immagini dei suoni. I foni, o suoni, divennero parole. Successivamente, per poter indicare concetti più astratti, i Cinesi incominciarono ad utilizzare dei caratteri per indicare anche altri foni che suonassero simili, a mo’ di rebus.

In tal modo, una moltitudine di caratteri perse il suo significato originario, finendo per diventare  “impalcature” lessicali. I caratteri utilizzati dalla dinastia Shang, ovvero la prima dinastia “cinese” ad utilizzare – per quanto ne sappiamo – la scrittura, sono del tutto diversi da quelli usati oggi nelle città di Pechino, Shanghai e Hong Kong. Essi, infatti, erano utilizzati per fissare e, forse, intensificare i riti cultuali.

La scrittura era un potente amplificatore delle capacità spiritiche dell’oracolo o dello sciamano locale. Proprio per la loro complessità, la scrittura cinese si offre, nella sua fase embrionale, alle abilità di pochi elementi a corte, padroni di questa nuova “arte”.

Ci vorranno diversi secoli perché la scrittura sia effettivamente utilizzata in ambito amministrativo e diplomatico. La scrittura cinese nasce circa 2.200 anni dopo quella mesopotamica e viene adoperata dalle cancellerie cinesi solo quando Roma inizia la sua espansione nel Mar Mediterraneo.

Evoluzione della scrittura cinese antica.

Le diverse esigenze degli abitanti della Mesopotamia e della città di Anyang (sito delle prime testimonianze di scrittura cinese) costituirono due punti di partenza diversi verso la stessa meta, uno strumento che potesse semplificare le mansioni più complesse per le società del periodo, il commercio e la divinazione.

Pertanto, a profonde differenze si alternano interessanti analogie. che sembrano essere presenti in tutte le scritture del mondo. La nascita della scrittura è, difatti, sempre uguale nelle sue modalità.

 

Fonti:
Mario Liverani, Antico Oriente: storia, società, economia. Laterza, 2009.
Federico Giusfredi, Il Vicino Oriente antico: breve storia dalle origini alla caduta di Babilonia. Carrocci, 2020.
Kai Vogelsang, Cina: una storia millenaria. Einaudi, 2017

https://www.treccani.it/enciclopedia/la-nascita-e-l-evoluzione-della-scrittura_(Storia-della-civilt%C3%A0-europea-a-cura-di-Umberto-Eco)/

Guerra ucraina: le due potenze ai conti con i “proiettili all’uranio impoverito”

La guerra in Ucraina procede e l’Occidente, determinato, protrae i suoi aiuti a Kiev. Il Regno Unito, in particolare, ha deciso per l’invio di un nuovo, letale tipo di equipaggiamento: i proiettili all’uranio impoverito. Vediamo ora le loro caratteristiche, quindi perché possono essere parecchio incisivi e pericolosi, tanto per chi li utilizza quanto per chi ne subisce l’impiego.

Le ambiguità dei proiettili “speciali”

Riporta le informazioni L’Indipendente. Il 20 marzo, durante un’audizione alla Camera dei Lord, la baronessa Annabel Goldie, viceministra della Difesa, ha dichiarato:

Assieme a uno squadrone di carri armati pesanti da combattimento Challenger 2 manderemo anche le relative munizioni, inclusi proiettili perforanti che contengono uranio impoverito poiché altamente efficaci per neutralizzare tank e blindati moderni russi

Un annuncio importante per tutto il mondo, che dal conflitto sovietico è preso in causa. Scioccante per chi conosce la natura di questi mezzi, provocante forse più sgomento che gioia. Perché c’è una cosa che la baronessa ha omesso; cioè che l’impatto delle pallottole genera la diffusione di microparticelle di uranio, sì impoverito, ma diversamente radioattivo, per le persone e le cose circostanti gli spari.

La storia dei proiettili all’uranio impoverito

La storia vede i proiettili all’uranio impoverito protagonisti degli assalti occidentali in Iraq, in Kuwait e nei Balcani. E fu proprio all’epoca dei fatti, nel 2001, che Carla del Ponte, allora procuratrice capo del Tribunale Penale Internazionale per l’ex Jugoslavia, definì “crimine di guerra” l’utilizzo di quegli strumenti.

Invece oggi? Per il motivo succitato, il dibattito internazionale sulla fruizione delle armi all’uranio impoverito è più che mai vivo, e queste munizioni non sono ancora state messe al bando. Solo un ristretto numero di paesi, tra cui il Regno Unito, impiega questi mezzi senza considerare i danni ambientali e fisici che possono generare.

D’altronde, pochi studi riescono efficacemente a dimostrare il legame consequenziale tra proiettili e malattie da essi scaturite; perché pochi studi sono stati condotti in merito e la correlazione non è semplice da dimostrare. Dulcis in fundo: non esistono trattati restrittivi a proposito.

Proiettili. Fonte: PxHere

La notizia incattivisce il Cremlino

Alla luce di quanto scritto, si spiegano le reazioni di Putin e del suo ministro della Difesa Sergei Shoigu alle parole della Goldie. «La Russia sarà costretta a reagire alle forniture occidentali di munizioni all’uranio» ha affermato il Presidente, mentre il membro del governo ha definito oramai «a pochi passi» lo scontro nucleare.

Tutto questo è avvenuto nel momento in cui il Capo del Cremlino e il Presidente cinese Xi Jinping si trovavano a Mosca per un dialogo, bigotto, su “negoziati e piani per la pace”. Un dialogo basato su dodici punti redatti dall’amministrazione di Jinping.

I dodici obiettivi di Xi Jinping

Di seguito elencati i dodici obiettivi, qui concentrati in brevi frasi, contenuti nel piano “per la pace” del Presidente Xi Jinping:

  1. Rispettare la sovranità di tutti i paesi.
  2. Abbandonare la mentalità della guerra fredda.
  3. Cessare le ostilità.
  4. Riprendere i colloqui di pace.
  5. Risolvere la crisi umanitaria.
  6. Protezione dei civili e dei prigionieri di guerra (POW).
  7. Mantenere sicure le centrali nucleari.
  8. Riduzione dei rischi strategici.
  9. Facilitare le esportazioni di grano.
  10. Stop alle sanzioni unilaterali.
  11. Mantenere stabili le catene industriali e di approvvigionamento.
  12. Promuovere la ricostruzione postbellica.

Gabriele Nostro

USA, dubbi amari e tensioni sui “palloni-spia” cinesi

USA e Cina hanno ravvivato le tensioni reciproche. Le insolite “escursioni” di due “palloni-spia” di provenienza asiatica sul territorio statunitense, e nelle sue prossimità, hanno schiuso dubbi piuttosto amari. Per quale motivo degli strumenti d’analisi bellica hanno sorvolato i cieli americani? Perché il loro passaggio è stato così manifesto e spudorato? Che tutto sia propedeutico alla valutazione di uno sconfinamento cinese verso Taiwan? Di seguito una panoramica delle vicende con i loro dettagli controversi.

USA, il percorso dei “palloni-spia”

Riporta le informazioni Rainews. Il Pentagono ha annunciato di aver notato un primo “pallone-spia” (pallone aerostatico) sorvolare gli Stati Uniti lo scorso martedì, e che da allora ne ha monitorato gli spostamenti. Il suddetto oggetto avrebbe percorso le isole Aleutine (in Alaska), il Canada e infine il Montana.

Dato che in quest’ultimo spazio il governo statunitense possiede alcune delle sue centrali nucleari e dato che lo strumento è apparso attrezzato per raccogliere informazioni di genere militare, la presenza è stata immediatamente indagata con sospetto dalla parte violata. Così anche il Presidente Joe Biden si è interessato direttamente della questione.

Un secondo “pallone-spia” è stato ravvisato un giorno più tardi nei cieli sudamericani. Di questo si è detto che non fosse diretto verso il territorio statunitense, ma solo in transito su quello latinoamericano.

Pallone-spia
Pallone-spia. Fonte: Corriere della sera

Le (dure) reazioni di Washington

Il Presidente, apprese le notizie, ha richiesto l’abbattimento dei due palloni con veemenza. A primo impatto, valutando pericolosa la mossa, la Difesa ha deciso di attendere: i detriti dei palloni avrebbero potuto danneggiare i civili a terra. Il primo pallone è stato quindi distrutto una volta giunto sulle vie dell’Oceano Atlantico e ora i sui resti sono sotto l’analisi di alcuni esperti; il secondo pallone scorrazza ancora integro.

Parallelamente, il segretario di Stato americano Antony Blinken ha deciso di rinviare la sua visita in Cina, prevista per ieri. Blinken ha posto una peso sulla questione affermando che la priorità fosse «allontanare il pallone-spia dai cieli Usa». Successivamente ha comunque rassicurato di aver rimandato il bilaterale a un momento in cui vi sarebbero state «le condizioni per una visita».

Il messaggio dell’amministrazione Biden è stato perentorio: nessuno crede che la sonda cinese sia stata inviata in buona fede.

La difesa-offesa di Pechino

La Cina si è dapprincipio difesa facendo trapelare che il presunto «pallone spia» avvistato fosse in verità un «aeromobile civile» usato per «ricerche meteorologiche e scientifiche». A detta del ministero degli Esteri di Pechino, tale “aeromobile civile” sarebbe giunto nell’estremo occidente a causa di forti venti imprevisti. Per questo, il ministero ha subito dichiarato rammaricazione «per il suo ingresso involontario nello spazio aereo statunitense per cause di forza maggiore».

Dopo le (dure) reazioni di Washington, però, anche Pechino ha scelto di cambiare il registro del dialogo.

La Cina ha alzato i toni, esprimendo «la sua forte insoddisfazione e protesta contro l’abbattimento del suo dirigibile civile senza pilota». Poi aggiungendo, tramite una nota del ministero degli Esteri, che la parte americana avrebbe insistito «nell’usare la forza, ovviamente reagendo in modo eccessivo e violando gravemente la prassi internazionale» malgrado non ci fossero i requisiti di pericolo e l’affermato “uso civile del dirigibile.

Ora la Cina «salvaguarderà risolutamente diritti e interessi legittimi delle società interessate, riservandosi il diritto di effettuare ulteriori reazioni necessarie». Una sigla guerrigliera che apre a scoraggianti scenari.

Bandiera della Cina
Bandiera della Cina. Fonte: Cina in Italia

USA e Cina, gli elementi di contesa

Il principale tema di tensione tra USA e Cina è probabilmente la questione dell’isola di Taiwan.
Gli equilibri hanno subito un brutto colpo lo scorso agosto, con la visita di Nancy Pelosi all’isola, attraverso cui gli USA hanno confermato il sostegno all’idea d’indipendenza taiwanese.

La visita è stata giudicata da Pechino come «una grave violazione della sovranità e dell’integrità territoriale della Cina», e ha portato a crescenti tensioni militari nei pressi di Taiwan.

Altro motivo rilevante di disputa è il rapporto indefinito che la Cina ha con la Russia. La plurivocità di Pechino infastidisce notevolmente l’alleanza Nato.

A fronte di tutto ciò, si può pensare che la Cina voglia scandagliare l’arsenale USA per avere migliore contezza del suo potenziale militare, o che voglia punzecchiare la Federazione per cambiare, inasprendoli, i rapporti. Un passo falso di Biden potrebbe diventare un espediente azionante Jinping, e chissà se addirittura l’occasione per aggredire una regione ideologicamente contesa.

 

Gabriele Nostro

Cina, crisi porta crisi: popolazione in calo (per la prima volta dopo 60 anni)

La Cina è nota per essere, forse ancora per poco, la Nazione più popolosa del Mondo. Detiene il primato grazie ai suoi 1 miliardo e 426 milioni abitanti ed è in “esiguo” vantaggio rispetto all’India, che con 14 milioni di persone in meno potrebbe presto scavalcarla. A far ipotizzare il cambio di posizioni è una notizia, neanche troppo straniante: la popolazione nella Terra del Dragone è per la prima volta in calo dal 1961.

Cerchiamo di capire il motivo della crisi, la sua misura attuale e la misura della sua proiezione.

Cina, a cosa è dovuta la contrazione demografica?

È probabile che vi sia più di una causale all’origine del cambio di rotta. I fattori considerati sono specialmente tre: c‘è chi, per spiegare il fenomeno, fa principalmente riferimento alla depressione economica; chi alla collaterale emergenza sanitaria; chi, infine, riconduce il perché agli effetti tardivi della politica abbandonata del “figlio unico”. È plausibile che la verità, come altri ancora sostengono, risulti dalla combinazione di più motivazioni.

L’incidenza del Covid-19

Di certo, il Sars-Cov-2 in Cina è stato (ed è) un potente agente funereo. Più che altrove. Il Paese asiatico è la patria del virus, l’incubatrice che per prima ne ha fertilizzato e sofferto l’incidenza. Il suo governo, tra l’altro, con poco buon senso, senza poter guardare ad esempi, ne ha mal gestito la propagazione.

Il vaccino Sinovac, prodotto e distribuito in valenza autarchica, sembra aver guarnito ben poco gli asiatici. Le ferree restrizioni, praticate a oltranza dalla fine del 2019 sino a poco tempo fa, hanno sì ridotto al minimo il numero di contagi, ma non hanno permesso l’immunizzazione naturale della popolazione.

Ed ecco che il leader cinese Xi Jinping si troverà a fare i conti con la situazione disastrosa ed, eventualmente, a rispondere delle conseguenze.

Sars-Cov-2
Sars-Cov-2. Fonte: 3M Science. Applied to Life.

Disastro economico-sanitario-demografico

L’amministrazione cinese ha spesso occultato o disordinato i dati sull’andamento della pandemia nel proprio Stato. Tuttavia, stime occidentali adducono che si dovrebbero calcolare nei milioni le vittime da Sars-Cov-2 dall’inizio della pandemia.

Come già scritto: una bassa percentuale della popolazione dispone di una protezione contro l’agente patogeno a causa dell’inefficienza del vaccino e dell’eccessiva politica “di chiusura”. Ora, quindi, la sanità è al collasso. Gli ospedali sono affollati oltremisura, i mezzi di contenimento scarseggiano, la sicurezza sanitaria svanisce nel valore di un’utopia.

Dal punto di vista finanziario… Durante il lungo periodo di filosofia “zero Covid”, quasi tutte le classi di lavoratori hanno sofferto le restrizioni di libertà. Nel momento attuale, in cui, in teoria, si sarebbe dovuta rilevare una ripresa, la forza lavoro sta subendo la frusta del Sars-Cov-2.

In definitiva: moltissimi deceduti hanno provocato un decremento nella popolazione; l’instabilità monetaria dissuade le famiglie dall’idea di allargarsi.

La politica del “figlio unico” come elemento

Introdotta nel 1979 per rallentare la crescita della popolazione, la politica “un solo figlio” è stata abbandonata nel 2016 e parallelamente sono stati introdotti incentivi a sostegno delle famiglie con due figli.

C’è ancora chi ritiene che le conseguenze di tale misura siano visibili solo oggi, a distanza di sette anni, e che in concorso con gli altri elementi abbiano dato origine al deficit demografico.

Cina, il crollo: nel presente e nel futuro

Secondo l’ufficio di statistica di Pechino, citato dal Sole 24 ore, la Cina avrebbe concluso il 2022 con 850mila abitanti in meno e sarebbe entrata “in un’era di crescita negativa della popolazione“. Sarebbe in aumento il tasso di mortalità, poiché i decessi avrebbero superato per la prima volta le nascite. Si individuano 7,37 morti ogni mille abitanti, diversamente dai 7,18 dell’anno precedente.

A detta di un studio, condotto delle Nazioni Unite, curato dal Dipartimento degli Affari Sociali ed Economici, l’India supererà la Cina nel 2023 diventando il Paese più popoloso del mondo. 

Il Presidente cinese, affrontando di petto la previsione, aveva già dichiarato lo scorso ottobre di voler adottare «una strategia nazionale pro-attiva» per incalzare il processo di natalità.

Gabriele Nostro

 

 

In Cina esplode la rabbia contro la politica zero Covid. Su Twitter il governo tenta la censura

Durante lo scorso fine settimana, in svariate città della Cina sono andate in scena una serie di proteste contro le restrizioni Covid, causando un’ondata a livello nazionale che non si vedeva dai moti pro-democrazia del 1989. A catalizzare la rabbia pubblica un incendio mortale (10 vittime) a Urumqi, la capitale della regione dello Xinjiang, dopo che molti hanno accusato le restrizioni sanitarie di aver reso impossibili le operazioni di soccorso.

Fonte: Wired Italia

È il culmine dell’insoddisfazione pubblica in costante crescita negli ultimi mesi nel Paese asiatico, uno degli ultimi al mondo ad applicare una rigida politica “zero covid”, che implica confinamenti continui e test molecolari quasi quotidiani della popolazione. Ma le manifestazioni di questo fine settimana hanno anche fatto emergere domande di maggiori libertà politiche, addirittura di dimissioni del presidente Xi Jinping, appena riconfermato alla testa del paese per un terzo mandato.

Slogan di protesta in tutta la Cina

Dopo l’incendio, la protesta scoppia prima sui social poi nelle strade: il 27 novembre una folla di manifestanti, rispondendo ad appelli sui social network, aveva espresso la sua rabbia principalmente a Pechino e Shanghai, prendendo alla sprovvista le forze dell’ordine. Tra gli slogan gridati all’unisono: “Basta test covid, abbiamo fame!”, “Xi Jinping, dimettiti! Pcc (Partito comunista cinese), fatti da parte!”, “No ai confinamenti, vogliamo la libertà”. Lo stesso giorno si sono svolte diverse manifestazioni a Wuhan (dove quasi tre anni fa è stato confermato il primo caso al mondo di Covid-19), a Canton, a Chengdu e a Hong Kong. Nella città meridionale di Hangzhou, due giorni fa le autorità hanno arrestato diverse persone bloccando un raduno sul nascere.

Fonte: Ansa

Nei giorni scorsi sono stati fermati anche alcuni giornalisti: domenica un cronista della Reuters, trattenuto per breve tempo prima di essere rilasciato, quindi Ed Lawrence, della Bbc. Un fatto “scioccante e inaccettabile” ha sottolineato il premier britannico Rishi Sunak. Per questa vicenda, ieri l’ambasciatore cinese a Londra è stato convocato dal Foreign Office. Nel frattempo, le proteste si sono estese anche davanti alle ambasciate cinesi di Londra, Parigi e Tokyo, oltre che alle università negli Stati Uniti e in Europa.

Il rigido controllo delle autorità cinesi sull’informazione e le restrizioni sanitarie sui viaggi all’interno del paese complicano la verifica del numero totale di manifestanti. Ma una sollevazione così estesa è rarissima in Cina, tenendo conto della repressione attiva contro tutte le forme di opposizione al governo: ciò fa credere che la mobilitazione è stata probabilmente la più grande dai disordini pro-democrazia del 1989. Tuttavia, “ci sono alcune differenze” tra le proteste in Cina di questi giorni e i fatti di Tiananmen del giugno 1989, quando le Forze di sicurezza cinesi hanno massacrato migliaia di studenti e cittadini che dall’iconica piazza della capitale chiedevano libertà e democrazia nel Paese. È il commento ad AsiaNews di Wei Jingshou, il “padre della democrazia” del colosso asiatico, attualmente in esilio negli Stati Uniti.

La rivolta dei fogli bianchi

La pagina bianca è diventata un elemento iconico del movimento di protesta, che molti ora chiamano «protesta del foglio bianco» o «protesta A4». Durante le varie manifestazioni, infatti, sono state viste parecchie persone esibire in mano un foglio di carta bianco, simbolo di tutte le cose che in Cina non si possono dire.

In un video virale – risalente a sabato, secondo quanto riferito – un uomo non identificato ha portato via uno di quei fogli di carta dopo che una donna dell’Università di Nanchino lo aveva sollevato. In un altro video di quella notte, dozzine di altri studenti sono state viste nel campus con in mano pezzi di carta bianca, in piedi in silenzio. Scene simili si sono verificate anche in altre grandi città durante il fine settimana.

Basta zero Covid

Il sito della Bbc riporta un prospetto delle conseguenze nefaste che la politica zero Covid portata avanti dal governo cinese ha comportato nell’ultimo anno. Oltre all’incendio di Urumqi sopra menzionato, all’inizio di questo mese, una famiglia di Zhengzhou ha detto che il loro bambino è morto dopo che un’ambulanza è stata ritardata a causa delle restrizioni di Covid. Lo scorso settembre, ai residenti di Chengdu è stato impedito di lasciare le loro case durante un terremoto di magnitudo 6,6 che ha ucciso 65 persone. A ottobre, un padre ha riferito che la figlia di 14 anni ha sviluppato la febbre durante la quarantena nella provincia di Henan ed è morta dopo non aver ricevuto cure adeguate in un centro di quarantena. Durante il lockdown di Shanghai ad aprile, le persone si sono lamentate della mancanza di cibo e delle difficili condizioni in cui versano gli anziani, portati con la forza nei centri di quarantena.

“Le persone hanno raggiunto un punto di saturazione dato che non ci sono direzioni chiare sulla via per porre fine alla politica zero covid”, spiega all’Afp Alfred Wu Muluan, esperto di politica cinese all’Università nazionale di Singapore. “Il partito ha sottovalutato la rabbia della popolazione”, aggiunge.

In foto Mi Feng, portavoce e vice direttore del Dipartimento della comunicazione della Commissione sanitaria nazionale cinese. Fonte: italian.cri.cn

Il portavoce della Commissione sanitaria nazionale Mi Feng ha affermato che i governi dovrebbero “rispondere e risolvere le ragionevoli richieste delle masse” in modo tempestivo. Alla domanda se il governo centrale stia riconsiderando le sue politiche anti-Covid, Mi ha replicato che le autorità “hanno studiato e adattato le misure di contenimento della pandemia per proteggere al massimo l’interesse delle persone e limitare il più possibile l’impatto sulle persone stesse“.
Ma nonostante la replica evasiva di Mi Feng, all’inizio del mese la Cina ha annunciato 20 misure intese a semplificare i controlli sanitari e di prevenzione del Covid-19 e a correggere le “misure politiche eccessive” intraprese dalle autorità locali, sotto le costanti pressioni di Pechino per tenere sotto controllo il numero di casi di infezione nei propri territori.

Una valanga di spam come censura

Le proteste degli ultimi giorni – apertamente antigovernative e schierate contro il presidente Xi Jinping – sono molto insolite in Cina, dove il dissenso viene sistematicamente soppresso. Ed è per questo che, oltre a utilizzare gli agenti per stroncare sul nascere ulteriori manifestazioni, dal 28 novembre la censura delle autorità cinesi lavora per cancellare ogni traccia dell’ondata di proteste dei giorni precedenti: decine di milioni di post sui social sono stati filtrati, mentre lo Stanford Internet Observatory ha notato un aumento di “tweet spam” che mostrano contenuti porno, annunci di escort e giochi d’azzardo e che stanno oscurando la protesta dei cinesi. Secondo l’Osservatorio, oltre il 95% dei tweet contenenti il termine di ricerca “Pechino” provengono da account spam che diffondono questo tipo di informazioni.

Non a caso Twitter è balzata improvvisamente tra le app più scaricate in Cina: in seguito alla censura del governo, molti cittadini hanno usato le Vpn per accedere ai servizi Internet e ai social media come Twitter e Telegram per organizzare le proteste. Ma l’elevato volume di spam rende più difficile trovare informazioni legittime e utili sulle proteste e ha anche un impatto sugli utenti al di fuori della Cina che stanno cercando di ottenere informazioni sul campo riguardo gli eventi. Anche i media hanno sostituito le notizie sul Covid con articoli sui Mondiali e sui risultati delle missioni spaziali della Cina.

https://twitter.com/WallStreetSilv/status/1597862999812734976

Per non parlare dei social network cinesi, dove tutte le informazioni riguardanti le manifestazioni del fine settimana sembrano già essere sparite.
Ad esempio, sulla piattaforma Weibo (una sorta di Twitter cinese) le ricerche “fiume Liangma” e “via Urumqi”, due dei luoghi di protesta del giorno precedente, non davano alcun risultato legato alla mobilitazione. Persino i video che mostravano gli studenti cantare e manifestare in altre città sono scomparsi dalla piattaforma WeChat: sono stati rimpiazzati da messaggi che avvertivano che il post era stata segnalato come contenuto sensibile contrario al regolamento.

A coronare il tutto, la pubblicazione di un articolo sul Quotidiano del popolo – il più diffuso e autorevole giornale della Cina – che mette in guardia contro la “paralisi” e la “stanchezza” di fronte alla politica zero covid, senza tuttavia accennarne un termine. D’altronde, come George Orwell insegna, la parola ha un enorme potere nella delimitazione dei confini del pensiero delle masse.

Gaia Cautela

Xi Jinping verso il suo terzo mandato: le sue dichiarazioni al Congresso Nazionale del Partito Comunista

Dal 16 al 22 ottobre il segretario generale Xi Jinping ha presieduto il 20° Congresso Nazionale del partito Comunista cinese (PCC), tenutosi nella Grande Sala del Popolo a Pechino. L’ershida, attesa da tutti i media cinesi e mondiali, ha ancora una volta dato prova della forza e del potere politico che il segretario generale ha accumulato durante i suoi anni di mandato. 

Cos’è il Congresso Nazionale del partito comunista 

Considerato come uno degli eventi politici più importanti ed attesi nel territorio cinese, il Congresso si tiene ogni cinque anni, della durata di circa una settimana, e riunisce ben 2.300 membri rappresentativi dei quasi 97 milioni di iscritti del partito comunista, chiamati delegati 

Di questi delegati, circa 400 fanno parte del Comitato Centrale del Partito, la più alta autorità istituzionale cinese, del quale poi saranno chiamati ad eleggere il Segretario Generale del Partito, che a sua volta eleggerà il cosiddetto Politburo, l’ufficio politico del Partito Comunista Cinese. 

La Grande Sala del popolo di Pechino durante il 20° Congresso Nazionale del Partito Comunista cinese. Fonte: rainews.it

Xi come “nucleo” del partito 

Dalla sua elezione nel 2012 come Segretario Generale del Partito Comunista e Presidente della Commissione Militare Centrale, Xi Jinping ha cercato sempre di più di consolidare la sua autorità e accrescere il suo potere individuale, portando così il Congresso Nazionale del PCC tenutosi nel 2018 a fare la prima sostanziale modifica sul limite di due mandati.  

Fatto sta, l’intento di Xi era chiaro: la mancata nomina di un suo successore aveva già fatto presagire l’ipotesi di un terzo mandato, per poi essere stata confermata davanti ai media nazionali e internazionali il 23 ottobre, al termine del Congresso del Partito Comunista. 

Nel discorso d’insediamento dichiara:  

“La Cina continuerà ad aprirsi, perché nessuno può chiudersi. Il percorso davanti a noi è arduo, ma raggiungeremo la destinazione”

Ha poi presentato la lista dei sei membri eletti nel Comitato permanente del Comitato Centrale, tutti uomini molto vicini e fedeli di Xi. Come numero due troviamo il nome di Qiang Li, segretario del partito comunista di Shangai, che ha destato qualche polemica a causa delle politiche “zero-covid” fallimentari che ha portato la città in lockdown per due mesi nel 2022. 

I riferimenti alla figura di Mao Tse-tung, il presidente più longevo della Cina rimasto al potere dal 1949 al 1976, non tardano ad arrivare. Nonostante questo possa essere addirittura un azzardo, è innegabile affermare che Xi abbia intenzione di accentrare tutto il potere e l’influenza politica intorno alla figura del “leader del popolo”, termine usato per la prima volta da Mao, in un processo sempre più irreversibile di una istituzionalizzazione del pensiero di Xi e della conseguente “leaderizzazione” del partito comunista. 

Questo ha portato all’approvazione degli emendamenti alla costituzione, dei “Due Stabilimenti” e delle “Due Salvaguardie”, che ha sancito Xi Jinping come il nucleo del partito. 

Xi Jinping avvia il suo storico terzo mandato il 23 ottobre 2022. Fonte: faz.net

Dalla politica Zero covid all’economia

Il discorso d’apertura del Congresso, della durata di circa due ore, si basa su argomenti di attualità, come la lotta al covid, in cui ribadisce l’intento di proseguire ancora per tanto tempo con le politiche “Zero Covid”, a discapito delle proteste sollevate dai cittadini cinesi che sono scesi in piazza a Shenzhen contro la misura contenitiva fra le più rigide. Al grido di “Togliete il lockdown”, la contestazione si è diffusa anche nei distretti di Xinzhou e Huaqiangbei, in seguito alla rilevazione di 10 infetti su una popolazione di oltre 18 milione di abitanti.  

Fra gli altri successi del partito, Xi cita anche la campagna anticorruzione, che ha permesso di eliminare i gravi pericoli latenti all’interno del partito, lo Stato e l’esercito”, l’istituzione di programmi di salute, promettendo un miglioramento del sistema sanitario pubblico, l’avanzamento nelle politiche ambientali, su cui rassicura che il Paese si attiverà per la transizione ecologica e nella lotta contro il cambiamento climatico, per poi parlare di uso pulito ed efficiente del carbone. 

Anche se l’economia cinese ha registrato un boom negli ultimi decenni, a causa del covid e della crisi della guerra russa in Ucraina, il segretario generale ha ribadito anche che “lo sviluppo economico è la priorità”, dichiarando: 

“[La Cina] ha grande resilienza e potenziale. I suoi solidi fondamentali non cambieranno e rimarrà su una traiettoria positiva nel lungo periodo. Saremo risoluti nell’approfondire la riforma e l’apertura su tutta la linea e nel perseguire uno sviluppo di alta qualità”

 

La posizione su Hong Kong e Taiwan

Si è menzionato come da prassi il discorso su Hong Kong e Taiwan: se per il primo si è rivelato molto più stringente, per il secondo ha toccato la questione con una certa prudenza.  

Su Hong Kong ha ribadito che l’amministrazione della regione indipendente ha trovato una stabilità, grazie alla concretizzazione e all’affermarsi di un governo portato avanti da patrioti. Al di fuori di ciò, conferma l’intenzione di reprimere senza sé e senza ma qualsiasi principio di protesta volta a destabilizzare Hong Kong per colpire la Cina.  

Riferendosi alle regioni indipendenti di Macao e Hong Kong, vengono definite dallo stesso Xi Jinping “un Paese, due sistemi” proprio per sottolineare il modello che tiene in rapporto le due città e Pechino.  

Non è dello stesso avviso per Taiwan, il quale si è fermamente opposto, da sempre, affermando che la “riunificazione” di Taiwan alla Cina si farà, impegnandosi in un’operazione pacifica, senza però voler rinunciare all’uso della forza e si riserva di utilizzare “tutti i mezzi” che ha a disposizione. 

Il presidente del Partito democratico di Hong Kong, Wu Chi-wai, mentre viene portato via a forza dal Consiglio legislativo della città. Fonte: ansa.it

L’ex presidente scortato fuori 

Poco prima del voto all’unanimità per il sostegno al segretario generale Xi Jinping, l’ex Presidente della Cina, il suo mandato durato 10 anni dal 2003 al 2013, Hu Jintao viene portato fuori dalla Grande Sala dove si è tenuto il Congresso da due presenti, di cui uno dei due pare sia il vicedirettore dell’Ufficio Generale del Comitato Centrale del Partito. Seduto a sinistra di Xi, viene invitato dapprima a lasciare l’auditorium, per poi prenderlo quasi di forza e fatto scortare fuori. Hu dapprima sembra confuso, chiede anche spiegazioni al premier Li Keqiang, ma dopo una breve conversazioni, l’ex presidente lascia l’aula sotto l’indifferenza di tutti i presenti, tranne che per la reazione di uno dei sette membri del Comitato permanente del Politburo Li Zhanshu, cercando prontamente di aiutare ma viene trattenuto da Wang Huning, altro membro del Comitato. 

Il motivo di questo gesto non è ancora molto chiaro, ma a rompere il silenzio ci pensa il post dal profilo Twitter della testata giornalistica cinese Xinhua, che spiega: 

“Dal momento che non si sentiva bene durante la seduta, il suo staff, per motivi di salute, lo ha accompagnato in una stanza accanto alla sede della riunione per un periodo di riposo. Ora sta molto meglio.”

Victoria Calvo

Robot Melma: il nuovo materiale dalle proprietà innovative

Dalla Cina arriva il Robot Melma che promette di rivoluzionare la biomedicina attraverso l’utilizzo di un nuovo materiale. La nuova scoperta promette applicazioni in aree del corpo difficili da raggiungere e, di conseguenza, un notevole salto avanti nella ricerca medica e non solo.

Fonte: bgr.com

Indice dei contenuti

Cos’è e da cosa è costituito?

Come funziona

Possibili utilizzi

Quali sono i progetti e gli utilizzi futuri?

 

Cos’è e da cosa è costituito?

Dallo studio portato avanti dal Prof. Li Zhang e colleghi dell’Università cinese di Hong Kong, nasce un “robot morbido“, simile a uno slime, in grado di superare i limiti dei predecessori. Gli studiosi, previa considerazione e studio di progetti esistenti per verificare i limiti di molecole simili (esistevano già robot elastici in grado di manipolare oggetti e robot a base di fluidi  per di navigare in spazi ristretti), hanno creato uno slime con proprietà miste. Lo strumento è composto da particelle magnetiche al neodimio mescolate con borace e alcol polivinilico, un aggregato con proprietà viscoelastiche che si comporta come un liquido o un solido a seconda della forza che gli viene applicata (un tipico fluido newtoniano).

Come funziona

Lo slime viene controllato da magneti esterni che sfruttando le forze elettromagnetiche (forza che un corpo esercita su un altro a causa della presenza di cariche elettriche), generano un campo magnetico determinando così i suoi movimenti, potendosi allungare, accorciare e attorcigliare su se stesso.

Fonte: corriere.it

Utilizzi

Permette di inglobare e recuperare piccoli oggetti penetrati erroneamente nel corpo umano essendo in grado di attraversare canali superiori a 1.5mm di diametro. Infatti il team lo ha testato in vari scenari, come l’incapsulamento di una batteria in un modello di stomaco e, più in generale, la compressione e il movimento attraverso fessure di dimensioni millimetriche.
È anche un buon conduttore elettrico, per questo potrebbe essere utilizzato per “saldare” due terminali che si sono staccati, raggiungendoli all’interno dello strumento.

Fonte: www.smartworld.it

Quali sono i progetti e gli utilizzi futuri?

Il prototipo realizzato risulta al momento essere tossico a causa delle particelle ferromagnetiche. Tuttavia i ricercatori stanno già lavorando sulla versione 2.0 provando a ricoprirlo con uno strato protettivo di silice per isolarlo. Gli utilizzi futuri riguarderanno sia la biomedicina (rimozione di corpi estranei, trasporto di farmaci nel tratto gastrointestinale nel sito specifico) ma anche la tecnologia del futuro (riparazione di componenti elettroniche).
In futuro il team della CUHK prevede di voler cambiare il colore del loro robot, rendendolo più vivace e riconoscibile.

Livio Milazzo

Bibliografia

L’incredibile robot di «slime magnetico» che si muoverà dentro il corpo umano per recuperare oggetti- Corriere.it

Sembra Venom, ma è un robot fatto di melma magnetica che potrebbe salvarti la vita – greenMe

La melma cinese che può salvare la vita: afferra oggetti e guarisce da sola. Ecco come funziona (leggo.it)

La “melma magnetica robot” che potrebbe aiutare a recuperare gli oggetti inghiottiti | SmartWorld

Cina: i fallimenti della strategia “zero Covid”, città in lockdown e qualità della vita in calo

L’aumento dei contagi da 130mila a oltre un milione in soli due mesi non ferma la Cina dal portare avanti la strategia “zero Covid”. Con questa il paese spera di diminuire, se non azzerare, i casi da Covid-19. La variante Omicron si è però rivelata in grado di superare i rigidi lockdown e le altre misure restrittive attuate, come dimostra il caso di Shangai.

Cosa comportano i lockdown?

La Cina conta attualmente 46 città in lockdown totale o parziale nel tentativo di combattere la variante Omicron, che risulta essere più contagiosa, ma meno aggressiva. Sembra che negli ultimi giorni i contagi siano in calo, ma le misure restrittive si sono rivelate dannose per le condizioni economiche del paese, e soprattutto hanno provocato enormi disagi alla popolazione, la quale continua ad avere una qualità della vita sempre peggiore. Le persone sono costrette a stare in casa con misure quasi detentive, i beni di prima necessità e non hanno prezzi triplicati andando comunque a ruba nei supermercati e i porti in cui avvengono le esportazioni si trovano in difficoltà.

Chi subisce un trattamento peggiore sono sicuramente coloro che risultano positivi agli screening di massa effettuati ogni giorno: trascinati a forza in ambienti appositi molto affollati, i positivi sono costretti a vivere per giorni in scarse condizioni igieniche e ambienti rumorosi.

                                             Strade quasi deserte (fonte: china-files.com)

 

Le misure restrittive di Pechino

La capitale teme di divenire la “nuova Shangai”. Per evitarlo sta attuando delle strette su metro e bus, chiudendo più di 40 stazioni della metropolitana e 158 linee di autobus, la maggior parte delle quali facenti parte del distretto di Chaoyang, l’epicentro del focolaio. I ristoranti si limitano all’asporto, le scuole non riapriranno prima dell’11 maggio, chiudono centri commerciali e hotel mentre musei e parchi hanno una capienza limitata al 50%. Per accedere alla maggioranza dei luoghi pubblici è richiesto un tampone con esito negativo. Intanto viene riaperto l’ospedale di Xiaotangshan nel caso in cui ci dovesse essere un aumento dei casi. Notizie positive, invece, per quanto riguarda la quarantena che deve rispettare chi viene dall’estero: non si tratta più di 14 giorni, ma di 10, seguiti da un’altra settimana di auto-monitoraggio a casa. 

                                       Stazioni chiuse a Pechino (fonte: rainews.it)

Perchè la Cina si ritrova ad affrontare questa situazione?

La Cina ha utilizzato una politica sanitaria repressiva sin dal primo lockdown a Wuhan, attuato circa due mesi dopo il primo contagio. La stessa politica era stata presa ad esempio da altri paesi nel mondo, come l’Italia. Inizialmente, non avendo conoscenza di cosa stesse accadendo, le misure restrittive rappresentate dai lockdown sembravano la via migliore da percorrere. Lo sbaglio della Cina è stato però quello di non aver mai cambiato la sua strategia:

“se un virus pandemico dilaga, l’unica cosa che si può attuare, tecnicamente, è una politica di mitigazione.”

Queste le parole del dott. Lopalco, epidemiologo e professore di Igiene alla Facoltà di Medicina dell’Università del Salento. Bisogna dunque cercare di tenere basso il numero dei contagi e raggiungere una sorta di equilibrio con il virus, fino ad arrivare ad un’immunità di gregge. Si dimostra sbagliato il lockdown forzato che comporta la limitazione di molti diritti, soprattutto con l’arrivo di Omicron che è stata in grado di superare anche queste barriere. 

La scelta del vaccino non ha certamente aiutato: alla maggior parte della popolazione sono stati somministrati i vaccini sviluppati dalle aziende Sinvac e Sinopharm, contenenti una versione inattivata del primo ceppo di Sars-Co-2 isolato a Wuhan. Questi farmaci non hanno la stessa qualità di Pfizer e Moderna in termini di efficacia e il rischio di complicazioni in caso di contagio rimane alto. 

A tutto ciò si aggiunge la scarsa adesione della popolazione alla dose di richiamo: solo il 20% degli anziani l’ha ricevuta. In assenza di un’immunità che un vaccino efficace avrebbe dovuto portare e a fronte di misure contenitive pressoché sbagliate, la Cina si ritrova ad affrontare un virus che circola come ad inizio pandemia.

Eleonora Bonarrigo

 

Un patto tra la Cina e le Isole Salomone preoccupa gli Stati che si affacciano sul Pacifico

Negli ultimi anni tra Pechino e Honiara vi è stato un avvicinamento consolidatosi ora dalla scelta delle Isole Salomone di stabilire relazioni diplomatiche ufficiali con la Cina, interrompendo quelle con Taiwan. Il governo delle Isole Salomone ha più volte smentito, ma, martedì 19 aprile, è stato siglato un patto con la Cina, che verrà ratificato nel mese di maggio. L’accordo prevede la creazione di una base cinese nel piccolo Stato per motivi di sicurezza.

I ministri degli Esteri cinese e delle Isole Salomone (fonte: zazoom.it)

Molti abitanti delle isole contrari all’avvicinamento a Pechino

Alla fine del 2021, negozi di proprietà cinese a Honiara, la capitale delle Isole, erano stati vandalizzati e bruciati, mentre cresceva già concretamente l’influenza cinese e un conseguente malcontento tra la popolazione locale.

Lo scorso novembre vi sono state anche delle vere e proprie rivolte, durate tre giorni, che coinvolsero circa 800mila abitanti, contrari all’avvicinamento alla Cina: oltre alla rabbia nei confronti del governo dovuta alle difficoltà economiche aggravate dalla pandemia, vi è la storica rivalità tra gli abitanti dell’isola più popolosa del Paese, Malaita, e quelli di Guadalcanal, dove si trova la capitale amministrativa.

Viste le tensioni, il governo locale chiese successivamente aiuto all’Australia, ma anche a Fiji, Papua Nuova Guinea e Nuova Zelanda, le quali schierarono delle forze di pace. Poi, però, il mese scorso, è trapelata la notizia di una bozza dell’accordo ora raggiunto, a distanza di soli quattro mesi dalle sommosse.

Dunque, molti cittadini sono stati sin dall’inizio contrari alla scelta del primo ministro di stringere legami più stretti con Pechino, dopo aver bruscamente interrotto le relazioni di lunga data con Taiwan. Sembra, così, una scelta non condivisa da molti e più basata su un interesse specifico della capitale Honiara.

Prima di tale firma, la Cina ha combattuto diplomaticamente contro l’opposizione dell’Australia, distante 1500 km dall’arcipelago, e degli Usa. Canberra e Washington avevano provato a ostacolare l’accordo, ma senza successo. La preoccupazione nella scena internazionale scaturisce per la conseguente militarizzazione di un’area per molto tempo innocua al livello delle rivalità mondiali.

Più che un accordo per la sicurezza?

«I ministri degli esteri della Cina e delle Isole Salomone hanno recentemente firmato un accordo quadro sulla cooperazione in materia di sicurezza» ha dichiarato martedì scorso un diplomatico cinese, Wang Wenbin, alla stampa.

Ha definito questa che è stata siglata “una normale cooperazione tra due Paesi sovrani e indipendenti“, aggiungendo che l’accordo sosterrà la “stabilità a lungo termine” delle Isole Salomone.

Il diplomatico cinese Wang Wenbin (fonte: globaltimes.cn)

Le Isole non sono nuove, effettivamente, a momenti di instabilità, avuti in diverse occasioni, per motivi socio-economici e migratori, avuti soprattutto tra il 1998 ed il 2000. A un certo punto, è stato necessario richiedere la presenza di una Missione di Assistenza Regionale (Ramsi), che fu guidata proprio dall’Australia, per ben sedici anni, tra il 2003 ed il 2019.

Però, pare inevitabile notare che l’interesse della Cina sull’arcipelago vada ben oltre che la semplice assistenza nel raggiungimento di una sicurezza e stabilità interna maggiori. Proprio successivamente ai rapporti tra Taiwan e Isole Salomone, la Cina ha iniziato a potenziare i rapporti economici con quest’ultime, aumentando investimenti e coinvolgendole nei progetti legati alla Nuova Via della Seta.

Da alcune analisi, è evidente il dominio cinese ormai sostanzioso in tutti i settori dell’economia delle Isole e della crescente influenza anche sul governo. Inoltre, la Cina reputa indispensabili questi investimenti per dare uno scossone alla propria ripresa dalla pandemia da Covid.

La preoccupazione degli altri Stati

Non deve sorprendere il forte impegno a dissuadere Honiara a formalizzare il patto con Pechino. Esiste, infatti, un’alleanza strategica informale tra Australia, Giappone, India e Stati Uniti, detta “Quad” nata con lo scopo di arginare l’espansionismo cinese nella regione dell’Asia-Pacifico.

Nelle ultime settimane, l’Australia e gli Stati Uniti avevano infatti intensificato gli sforzi diplomatici per dissuadere le Isole Salomone dall’avvicinarsi alla Cina:

«Crediamo che la firma di un tale accordo rischierebbe di aumentare la destabilizzazione nelle Isole Salomone e di creare un precedente preoccupante per tutta la regione delle isole del Pacifico» ha detto lunedì scorso il diplomatico statunitense Ned Price.

L’amministrazione Biden e il governo australiano avevano anche provato a far qualcosa mobilitando figure politiche e diplomatiche di spicco, senza che ciò abbia portato a risultati. Si era unito al malcontento il primo ministro neozelandese, Jacinda Ardern, che aveva affermato non essere necessario un accordo per la sicurezza delle Isole Salomone, dichiarandosi quindi preoccupata per la conseguente militarizzazione del Pacifico che ne deriva.

Gli Stati Uniti, a febbraio, avevano annunciato la riapertura di un’ambasciata nelle Isole Salomone dopo ventinove anni di non rapporti.

Ora, come ribadito dal consigliere per la sicurezza Jake Sullivan, gli Usa faranno molta attenzione erisponderanno di conseguenza” a un eventuale installazione permanente di una presenza militare “de facto” cinese nelle Isole. Questa la linea che vuole intraprendere la Casa Bianca, resa nota dopo che una delegazione statunitense si è recata nell’arcipelago del Pacifico, per incontrarne il primo ministro.

Già nel 2018, la stampa australiana aveva rivelato a un possibile interesse della Cina a costruire una base militare nelle Isole Vanuato, situate a 1500 miglia dalla costa nord-orientale dell’Australia, in un’area a lungo ritenuta immune alle rivalità tra grandi potenze, anche se la notizia poi non ebbe immediatamente seguito.

Bisogna, inoltre, ricordare un dettaglio assolutamente non trascurabile: la Cina si oppone a qualsiasi riconoscimento dell’identità indipendente di Taiwan, ritenendola parte del proprio territorio. Ora dovrebbe risultare più chiaro il motivo della preoccupazione per questo patto. La “guerra diplomatica” per la supremazia nel Pacifico è già in atto e prevede mosse e contromosse da parte dei contendenti.

 

 

Rita Bonaccurso

Shanghai, 25 milioni di persone tornano in lockdown. Il malcontento degli abitanti

Dopo due anni di pandemia e l’arrivo dei primi, seppur flebili, bagliori di speranza sull’essere prossimi al lasciarsi alle spalle uno dei più tristi e scombussolanti capitoli della storia moderna, tornare a parlare di lockdown è difficile. A fine marzo, il governo di Pechino ha reputato necessario tornare ad attuare tale misura nella città di Shanghai, in seguito a un esponenziale aumento dei contagi dalla variante Omicron.

25 milioni di persone in lockdown (fonte: ilmattino.it)

 

Il lockdown è entrato in vigore il 28 marzo. Era stato pensato per essere articolato in due diverse fasi: dal 28 marzo all’1 aprile per i distretti ad est del fiume che attraversa la città (il fiume Huangpu); dall’1 al 5 aprile per i distretti ad ovest. Tale predisposizione, secondo la previsione iniziale, avrebbe dovuto permettere di tenere sotto controllo la nuova ondata di contagi, evitando la totale paralisi della città.

Invece, oggi, in quello che è uno dei più importanti hub commerciali e finanziari della Cina si sta attuando, di fatto, la più grande chiusura dai tempi di Wuhan.

 

Record di contagi

Negli scorsi giorni il governo ha deciso di estendere le restrizioni all’intera città. Una misura drastica, ma necessaria per far fronte al picco di contagi registratosi lunedì 4 aprile, quando sugli account ufficiali della città erano stati segnalati 13.146 asintomatici e 268 nuovi positivi sintomatici.

Tamponi a tappetto in tutta la città (fonte: ilmessaggero.it)

Numeri in realtà in linea con altre esperienze nel panorama internazionale, ma che sono stati ritenuti sufficienti per far scattare l’allarme da Pechino.

«Attualmente, i nuovi casi locali di Covid confermati e le persone infette che sono asintomatiche stanno crescendo rapidamente e la trasmissione comunitaria in alcune aree non è ancora arginata – ha detto Mi Feng, portavoce della Commissione Nazionale della Sanità – il numero di infezioni rimane a un livello elevato e la situazione di prevenzione e controllo è seria e complessa.».

Nelle ultime 24 ore, la Cina ha annunciato un record di 20.472 infezioni, anche se 19.089 sono asintomatici, la maggior parte delle quali, l’80%, proprio a Shanghai, la città più grande del Paese e centro finanziario. Ora, ci si sta preparando per aprire un gigantesco ospedale da campo da 40mila posti. Fonti da Pechino, inoltre, riferiscono che altre città sono state mobilitate per accogliere fino a 60 mila pazienti evacuati da Shanghai.

 

Le proteste degli abitanti per le nuove misure di contenimento

Dopo le chiusure selettive, il passaggio al lockdown totale e l’inasprimento delle misure anti-contagio, stanno facendo montare la rabbia dei cittadini. Molte le problematiche nei centri per quarantena, affollati e con problemi di igiene, oltre alle difficoltà a reperire cibo o medicinali per tutti i cittadini.

Le lamentele si sono acuite per la decisione di separare i bambini positivi dalle proprie famiglie. Sono scoppiate delle proteste, finché, alla fine, è stata modificata la disposizione e ora ai genitori è permesso stare insieme ai propri piccoli in isolamento, previa firma di un documento in cui ci si assumono i rischi e ci si impegna a seguire le regole rigide delle strutture.

Però, il malcontento generale non si placa. La gestione nella megalopoli di oltre 25 milioni di abitanti si è dimostrata più complessa del previsto per le autorità locali. Una dirigente del Centro di prevenzione del distretto di Pudong ha detto: «la gestione politica del coronavirus ci sta facendo impazzire».

Nella città, le strutture per l’isolamento non bastano più. Per questo motivo si stanno intraprendendo i lavori per convertire il grande dormitorio Covid National Exhibition and Convention Center in un ospedale da campo da 40mila posti letto.

Foto di una tenda presso un posto di lavoro (fonte: informazione.it)

Molte persone sono costrette a trascorrere la quarantena presso la propria attività lavorativa, dormendo in sacchi a pelo e tende da campeggio, come testimoniano le foto che compaiono sui social network.

 

Le possibili ripercussioni sulla leadership di Xi Jinping

Il ritorno alla normalità per la megalopoli era stato previsto per l’inizio di aprile, ma la situazione ha spinto le autorità a riaffermare il regime restrittivo. Si avvicina il Congresso nazionale del Partito comunista cinese (Pcc), evento politico che determinerà la nuova leadership politica per il Paese.

Le conseguenze dell’inasprimento dell’epidemia potrebbero essere usate dai rivali del presidente Xi Jinping per contrastare la sua carica.  Il lockdown totale di Shanghai conferma che il governo cinese non ha portato il Paese veramente oltre l’emergenza della pandemia, nonostante le rigide misure di prevenzione e controllo attuate dal 2019 a oggi.

Shanghai non è l’unico grande focolaio attualmente presente in Cina: ci sono altri casi problematici, tra cui quello della provincia di Jilin, ma sicuramente è il più importante sul piano geopolitico. Shangai, che come enuncia il suo stesso nome, città “sul mare”, si trova in prossimità del delta del fiume Yangtze, terzo corso d’acqua più lungo al mondo e arteria idrica più importante della Cina, e intorno al suo delta si concentra oltre il 20% del Pil nazionale cinese.

Inoltre, la città rappresenta un teatro fondamentale per le lotte di potere intestine al Paese. Il suo porto è il più grande del mondo per flusso di merci ed è luogo di riferimento della cerchia politica intorno all’ex presidente cinese, Jiang Zemin, detta “gang di Shanghai” e rivale di quella dello Zhejiang, guidata da Xi.

A partire dal 2013, l’attuale presidente ha primeggiato all’interno del Pcc e delle Forze armate; ha posizionato i suoi fedelissimi nei centri nevralgici del Paese, anche a Shanghai, dove il capo di partito è Li Qiang.

Ad oggi, Pechino ha tolto il posto ad alcuni funzionari locali per non aver contenuto correttamente l’epidemia, ma l’incarico di Li non è stato ancora messo in discussione, ma non è escluso che, l’aggravarsi della situazione e le conseguenti difficoltà economiche possano ripercuotersi irrimediabilmente.

 

Rita Bonaccurso