Arrestato a Malpensa truffatore ricercato in tutto il mondo

La polizia di Milano ha arrestato all’aeroporto di Malpensa un uomo italo-australiano di quarantatré anni, ricercato a livello internazionale da oltre tre anni, subito dopo il suo arrivo su un volo proveniente da Singapore. L’uomo sfuggito alla giustizia per un lungo periodo, si trovava sotto il mirino delle autorità di diversi paesi, che avevano emesso un mandato di arresto internazionale per il suo coinvolgimento in attività criminali di rilevante portata.

Le accuse

Il mandato di arresto, emesso da una corte distrettuale del North Carolina, accusava l’uomo di far parte di un’organizzazione criminale transnazionale dedita alla frode telematica, al riciclaggio di denaro e alla compromissione di sistemi elettronici.

Secondo le indagini, l’uomo avrebbe avuto un ruolo fondamentale in una rete che ha sfruttato sofisticate tecniche informatiche per compiere attacchi mirati a danneggiare sistemi di pagamento e reti bancarie. E sarebbe riuscito così a generare profitti illeciti per un ammontare che si aggira intorno ai 31 milioni di dollari, ovvero circa 28,5 milioni di euro.

Il momento dell’arresto

Le autorità statunitensi, in collaborazione con quelle europee, avevano intensificato le ricerche in tutto il mondo per rintracciare il fuggitivo. Fondamentale l’aiuto di una cooperazione internazionale che ha permesso di seguire le sue tracce fino al momento dell’arresto. L’operazione ha avuto luogo in un momento particolarmente delicato,  il sospettato stava cercando di rientrare in Europa, probabilmente per sfuggire ulteriori indagini o per pianificare nuove attività illecite.

Al momento del suo arresto, l’uomo, oltre a essere in possesso di una documentazione che confermava la sua identità e i legami con il crimine transnazionale, aveva con sé diverse migliaia di euro in contante. ( Un fatto che ha sollevato ulteriori sospetti circa la provenienza illecita dei fondi.)

Inoltre, gli agenti hanno trovato alcuni dispositivi informatici, che potrebbero contenere prove fondamentali per il proseguimento delle indagini, carte di credito che non erano registrate a suo nome e due orologi di straordinario valore, il cui possesso potrebbe essere legato a guadagni illeciti derivanti dalle attività criminali di cui è accusato.

Attualmente, il quarantatreenne si trova recluso nel carcere di Busto Arsizio, a disposizione delle autorità italiane. È in attesa che vengano completate tutte le formalità legate al suo processo di estradizione verso gli Stati Uniti, dove dovrà rispondere delle accuse mosse nei suoi confronti. Le forze dell’ordine italiane stanno collaborando strettamente con gli investigatori statunitensi per assicurarsi che l’estradizione avvenga senza intoppi e che il sospettato venga messo nelle mani della giustizia americana per affrontare il suo processo.

Ruolo decisivo: la sinergia tra le agenzie investigative

Questa operazione di polizia non rappresenta un caso isolato, ma fa parte di una strategia più ampia di collaborazione internazionale tra le forze dell’ordine, in particolare per quanto riguarda la lotta contro il crimine informatico. Già lo scorso luglio, grazie a questa stessa rete di cooperazione, un altro cyber-criminale latitante  era stato arrestato in Italia. Questo evidenzia quanto sia fondamentale la sinergia tra le agenzie investigative, con la Polizia di Stato italiana e l’FBI che hanno intensificato le loro attività congiunte per smantellare organizzazioni criminali globali.

fonte : Flickr

Il successo di queste operazioni è frutto di una cooperazione strutturata che si è ulteriormente rafforzata negli ultimi anni. Il personale specializzato delle due agenzie è ormai accreditato presso le rispettive sedi centrali, lavorando a stretto contatto per contrastare i crimini informatici e le frodi finanziarie che attraversano i confini nazionali. Grazie a questo scambio di informazioni, competenze e risorse, le indagini possono essere più rapide ed efficaci. E permettono alle forze dell’ordine di intervenire con tempestività in situazioni di alta complessità, come quella in cui si trovava il quarantatreenne arrestato.

L’arresto dell’uomo rappresenta una vittoria significativa per le forze dell’ordine, non solo perché interrompe il flusso di denaro illecito, ma anche perché dimostra la crescente capacità delle autorità di collaborare a livello internazionale per combattere i crimini informatici. I quali ,oggi, rappresentano una delle minacce più gravi per l’economia globale. Dunque il sospettato affronterà l’estradizione verso gli Stati Uniti, dove risponderà alle accuse in tribunale.

Caterina Martino

Francia, un poliziotto ha ucciso un 17enne. Parigi in rivolta

Nahel era un adolescente che lavorava come pizza-boy e giocava a rugby; frequentava un college vicino alla sua residenza, con l’obiettivo di diventare elettricista.

Non è solo un tema statunitense quello che ha portato migliaia di francesi in piazza per contestare le forze dell’ordine, dopo l’uccisione del 17enne di origini nord-africane Nahel M. La tragedia è avvenuta mercoledì mattina verso le 8 e 15, a Nanterre, un sobborgo ad ovest di Parigi. Il giovane è stato colpito da un proiettile all’altezza del cuore, sparato da un poliziotto di 38 anni, durante un controllo mentre era alla guida.

La prima versione fornita dai poliziotti parla di un colpo partito per legittima difesa, visto che Nahel stava per travolgerli con la Mercedes gialla di cui era alla guida. Questa versione è stata smentita da un video circolato molto in questi giorni, nel quale si vedono i due poliziotti impegnati in una discussione apparentemente animata con il 17enne, (visto che uno dei due gli punta un’arma da fuoco da distanza ravvicinata) e dal quale appare palese che i due non fossero nella traiettoria della macchina.

La contestazione per l’omicidio si è tramutata in violenza, in molte città francesi

Ieri pomeriggio a Nanterre si è svolta una marcia pacifica con a capo la madre di Nahel, con l’obiettivo di ottenere giustizia. Tuttavia, questo episodio ha riportato a galla il difficile e conflittuale rapporto che c’è tra le forze dell’ordine francesi e gli abitanti delle periferie, che si sentono segretati dai prosperi centri urbani del Paese. L’avvocato della madre di Nahel, Yassine Bouzrou, ai microfoni della BBC ha denunciato la presenza di un sistema giudiziario e di una legge che protegge i poliziotti e che crea una cultura di impunità. A proposito di questa legge si è pronunciato il vice segretario generale del sindacato di Unsad-police, Thierry Clair, il quale ha sottolineato che sarà un’indagine a stabilire se l’uso dell’arma da fuoco sia stato legittimo o meno:

In alcuni casi, le forze dell’ordine sono legittimate all’uso delle armi. Una scriminante è il principio di proporzionalità tra il pericolo reale e la reazione delle forze dell’ordine. La fattispecie che ha portato all’incidente, ovvero un fermo di un veicolo con il conducente che si rifiuta di collaborare con gli agenti e che parte con il mezzo, rientrerebbe tra le situazioni in cui l’uso delle armi è legittimo.

Nel frattempo, il poliziotto che ha premuto il grilletto è stato accusato di omicidio volontario e posto in detenzione provvisoria nella capitale. La scorsa notte, molte città francesi sono piombate nel caos con un totale di 667 arresti, 307 dei quali si è verificato nella regione di Parigi, dove è avvenuta la tregedia.

L’Onu: la Francia affronti il razzismo nelle forze dell’ordine

Sulla questione si è pronunciata Ravina Shamdasani, portavoce dell’ufficio dell’alto commissario delle nazioni unite per i diritti umani, che durante la regolare conferenza stampa delle Nazioni Unite a Ginevra ha sottolineato l’importanza di questo momento perchè concede l’opportunità di affrontare seriamente il problema del razzismo e della discriminazione razziale tra le forze dell’ordine. Nel frattempo, il Presidente della Repubblica francese Macron ha affermato di essere pronto ad adottare misure di polizia “senza taboo” per contrastare gli attuali disordini civili.

Giuseppe Calì