La tradizione di scambiarsi i doni non è solo un’abitudine moderna legata al consumismo natalizio: è un comportamento profondamente umano, tanto da essere presente in tutte le culture del mondo, con radici risalenti a millenni di anni fa.
Il paradosso: dalla condivisione all’esclusività
Perché rinunciare a qualcosa per darla a qualcun altro?
I numerosi studi antropologici, che da secoli riflettono su questo tema, evidenziano la natura sociale che si cela dietro questo gesto: il dono ha la capacità di creare e amplificare solidi legami tra individui, oltre che di sviluppare valori personali, come la gentilezza, la condivisione e l’altruismo.
Nella cultura contemporanea, non esiste Natale senza scambio di regali, senza abbondanti pranzi e senza festose decorazioni.
Se da un lato le tradizioni hanno l’obiettivo di creare atmosfere autentiche, dall’altro lato non possiamo non considerare l’inevitabile impatto sull’economia e sul contesto sociale attuale: secondo tale prospettiva, la “società del consumismo” avrebbe perso i valori di generosità e condivisione tipici del Natale, sostituiti dalla semplice apparenza.
È innegabile l’inversione di tendenza: da una festa che promuove l’inclusione – il calore delle relazioni autentiche e la condivisione di momenti semplici– a un rituale progressivamente dominato dalla logica del consumo, basata sull’esclusività, lo status e il possesso.
Cosi, mentre la dimensione simbolica viene sempre più oscurata, lo scambio dei doni si riduce a una semplice prova di capacità di spesa. Ne deriva una profonda contraddizione: una festa basata sull’unione rischia di alimentare divisioni e disuguaglianze sociali.
Alcuni dati
Un’indagine sui consumi di Natale 2025, realizzata da Confcommercio in collaborazione con Format Research, mostra che quasi 9 italiani su 10 spenderanno circa 300 euro per i doni natalizi, mentre la spesa media per famiglia destinata ai festeggiamenti dell’intero periodo natalizio si attesta a circa 964 euro, secondo Unimpresa.
Un ruolo fondamentale in questo contesto ha la comunicazione: il “marketing natalizio” – insieme di strategie che le aziende adottano per promuovere e vendere prodotti durante la stagione natalizia – assume sempre maggiore rilevanza. Tuttavia, non si tratta di un fenomeno recente, bensì di un lungo percorso che parte dagli Stati Uniti già nel XIX secolo.
Il marketing natalizio si propone di risvegliare desideri e emozioni attraverso lo storytelling, basandosi sulla teoria secondo cui, durante le festività, il cuore prevalga sulla mente. Ed ecco, allora, tutti i richiami alla casa e alla famiglia, alla nostalgia dell’essere bambini, alla scoperta delle piccole cose.
Un esperimento condotto da Rob Walker e Joshua Glenn mostra come lo storytelling abbia il potere di moltiplicare il valore di un bene attraverso l’associazione a storie evocative e emozioni fino al 2.706%.
Come mostrato da uno studio condotto da Pringle e Field, le campagne di marketing natalizio basate su forti leve emotive possono aumentare la risposta pubblicitaria fino al 140% rispetto a messaggi puramente informativi.
In un’epoca dominata dalla FOMO, il susseguirsi di promozioni e pubblicità alimenta un’ansia performativa che svuota il Natale del suo vero significato e lo sostituisce con “devo acquistare il regalo giusto” e “devo organizzare l’esperienza migliore”.
Cosa cerchiamo davvero a Natale?
Durante le feste, dietro la frenesia degli acquisti, nascondiamo un bisogno profondo di ritrovare una dimensione di semplicità e autenticità che, spesso, la vita quotidiana tende a offuscare. Così, dietro l’oggetto del dono, assume importanza l’esperienza emotiva che esso simboleggia.
Tuttavia, il periodo natalizio è caratterizzato da sensazioni che difficilmente possono essere compensate con qualcosa di materiale:
- Il desiderio di appartenenza: il Natale persiste nell’immaginario collettivo come un aggregatore sociale, dunque il principale bisogno che avvertiamo durante questo periodo è proprio quello di sentirci parte di un gruppo. Nell’epoca del digitale e delle relazioni superficiali, il calore dei rapporti autentici diventa la più grande delle necessità umane.
- Il rifugio nella nostalgia: in un contesto così familiare come quello natalizio, riaffiorano i “ricordi idealizzati” dei momenti spensierati e innocenti dell’infanzia.
- La ricerca della semplicità: la felicità sta nei piccoli gesti quotidiani che si trasformano in esperienze autentiche, attraverso cui la vita ordinaria diventa straordinaria.
Ecco, allora, che anche lo scambio di doni nasconde una dimensione nettamente più profonda: l’attesa, il pensiero che va oltre il gesto, la gratificazione emotiva di donare e non solo di ricevere.
Quando le feste non saranno vissute come una gara a chi “ha di più”, quando il desiderio supererà il valore materiale, si potrà tornare alla vera essenza del Natale, un Natale che privilegia l’inclusività rispetto all’esclusività, e l’autenticità rispetto all’apparenza.
Fonti:
https://www.ebsco.com/research-starters/marketing/christmas-marketing
Antonella Sauta