Il Messina Opera Film Festival è alle porte: tra i numerosi e attesissimi appuntamenti spicca, il prossimo 6 dicembre, Resta Diva, omaggio a Maria Callas. Non una semplice voce, ma una rivoluzionaria dell’opera, capace di trasformare la scena lirica e di imporsi come icona assoluta dell’età mediatica, tanto che la sua immagine ha superato i confini dei palcoscenici per entrare nell’immaginario collettivo.
Una storia di affetto e mancanze
Di origine greca e nata negli Stati Uniti nel 1923, Maria Anna Cecilia Sofia Kalogeropoulos – conosciuta universalmente come Maria Callas – rappresenta, ancora oggi, una delle più celebri icone del Novecento.
La separazione dei genitori, gli inclinati rapporti con la madre e i costanti paragoni con la sorella maggiore furono determinanti nell’educazione di Maria. Ne conseguì un’estenuante e continua ricerca della perfezione, non tanto guidata dal desiderio di fama, quanto più dalla necessità affettiva. Il bisogno di essere accettata accompagnerà la Callas per tutta la vita e lungo la sua affascinante, discussa carriera.
Tornata in Grecia nel 1937 e ammessa al Conservatorio di Atene, mostrò una grande disciplina nello studio, guidata dal celebre soprano Elvira de Hidalgo, che ne intuì lo straordinario talento. In quegli anni si sviluppò la personalità artistica che avrebbe reso Maria Callas un’icona immortale.
Da Maria a Callas: la “Divina”
Non fu né la Grecia né l’America a consacrare il “mito Callas” sullo scenario internazionale, ma bensì l’Italia, patria dell’Opera, attribuendole l’appellativo “Divina”.
Il successo globale che ne derivò non fu soltanto frutto del suo talento canoro: Maria riuscì a rendere protagonista del palcoscenico la sua fragilità, mostrandosi come un’artista totale con un magnetismo fuori dal comune, in grado di portare l’opera oltre la tecnica, verso la verità emotiva.
Questa fu solo la prima di una lunga serie di rivoluzioni che l’artista mise in atto: prima di Callas, il soprano lirico era riconosciuto esclusivamente per il virtuosismo vocale. Maria rovescia questo paradigma e riporta l’attenzione sull’interpretazione teatrale, restituendo all’opera la sua natura drammatica originaria.
Numerosi critici attribuiscono a lei “la rinascita moderna del belcanto”. Difatti, fu protagonista del ritorno sul palcoscenico internazionale di importanti – e quasi dimenticate – opere ottocentesche.

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Non solo soprano: icona dell’età mediatica
Ma il mito Callas non si ferma ai teatri. Si tratta della prima diva lirica dell’età mediatica, una figura in grado di superare i confini del suo ruolo per imprimersi nella cultura pop: sotto i riflettori non si trovò soltanto il suo talento, ma la sua vita privata e, soprattutto, la sua immagine.
Al centro dell’attenzione finirono i suoi rapporti affettivi, segnati da un profondo vuoto emotivo originato nell’infanzia.
Il matrimonio con Giovanni Battista Meneghini rappresento per Maria uno spiraglio di stabilità: l’uomo fu per lei guida e sostegno durante la prima fase del suo straordinario successo. Col tempo però, quel porto sicuro divenne limite per la giovane e intraprendente artista che aveva acquisito consapevolezza e desiderio di emancipazione.
L’incontro con Aristotele Onassis nel 1957 rappresentò un’importante svolta: nacque un legame passionale e travolgente, tanto che Callas sacrificò matrimonio, carriera e stabilità per seguire ciò che credeva fosse l’amore della sua vita. La realtà si mostrò più crudele: l’uomo non diede mai lo stesso valore al rapporto che, difatti, fu segnato da contrasti, tradimenti e disillusioni, culminando nel matrimonio di Onassis con un’altra donna: l’ex first lady Jacqueline Kennedy.
Per Maria fu una ferita irreversibile, che la lasciò totalmente sola.
In seguito, la Divina instaurò importanti collaborazioni con il soprano e tenore Giuseppe Di Stefano. Tale sodalizio artistico si trasformerà in una relazione sentimentale, anch’essa, tuttavia, discussa e travagliata.
La forza e la fragilità
Tuttavia, dietro la grandezza dell’icona, si celava una profonda fragilità che, lentamente, avrebbe finito per intaccarne forza e voce. La ferita dell’infanzia, accentuata dal peso del mito che le si costruì intorno, si amplificò man mano che la fama cresceva. Maria, intrappolata nel ruolo dell’artista impeccabile, nascondeva un vuoto che, col tempo, finì per travolgerla.
Ogni trionfo diventava un confine da superare.
Ma i rapporti sentimentali crollano e anche la voce inizia a vacillare. La sua identità, per anni fondata sul binomio essere amata attraverso l’arte e amare nella vita, si indebolisce.
Callas iniziò a ritirarsi dalle scene, ma non smise di essere un’ icona pop, anzi, il suo mito si alimentò ulteriormente grazie alla sua capacità di mostrare forza e fragilità, luci e ombre, di una vita tormentata quanto vera.
In questo senso, Maria Callas diviene donna che parla alle donne: rivendicando carriera e autonomia, trasformando vulnerabilità in potere, affermandosi come protagonista indiscussa della scena.
Durante gli ultimi anni visse in volontario isolamento a Parigi, lontana da quella luce scenica che per decenni l’aveva definita.
Muore nel 1977 a Parigi, a soli 53 anni. La causa ufficiale risulta essere un arresto cardiaco, ma molti sostengono che sia frutto di un lento e doloroso declino. la fine di una vita consumata dall’arte, dalla passione e da un’intensità emotiva che nessun corpo può sostenere a lungo.

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L’eredità pop di Callas
La scomparsa dell’artista non ha arrestato la diffusione del suo mito. La sua voce e la sua immagine hanno continuato a risuonare oltre i teatri d’opera, trasformandola in un’icona pop capace di attraversare generazioni.
Pier Paolo Pasolini la rende Medea nel film girato nel 1969. Qui la Callas non canta: da voce diventa corpo, diventa immagine.
Non si trattò soltanto di una collaborazione artistica. Callas riconobbe in Pasolini qualcuno capace di dare forma simbolica alla sua interiorità, proprio negli anni segnati dal declino vocale e dalla profonda delusione affettiva.
Di lei Pasolini disse: “Nessun dubbio avevo, né potevo avere, sulla sua potenza di attrice.”
Il film “Medea” contribuì in modo decisivo a plasmare la rappresentazione della “Divina” oltre il palcoscenico teatrale, verso un’immaginario culturale che continua ad essere tramandato sino ad oggi.
Infatti, la sua figura è stata oggetto di continue rielaborazioni nel cinema, nella moda, nelle arti visive e nella cultura pop, rinnovandosi proprio quest’anno con il film “Maria” di Pablo Larraìn, in cui viene interpretata da Angelina Jolie.
il film “Maria” intende dare una nuova interpretazione alle sue fragilità, evidenziando come queste si siano trasformate nella sua più grande forza. Hollywood lascia così un chiaro segnale: il mito Callas non appartiene al passato, ma continua ad essere fonte di ispirazione per le generazioni presenti e future.
Fonti:
https://www.enciclopediadelledonne.it/edd.nsf/biografie/maria-callas
https://www.cittapasolini.com/post/cronaca-riprese-del-film-pasolini-medea-maria-callas-sul-set
Antonella Sauta