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Van Gogh – Sulla Soglia dell’Eternità

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Sono stati tanti i registi che ispirati dal folle genio di Vincent Van Gogh ne hanno proiettato la vita e le opere sul grande schermo.

Questa volta a farsi carico della responsabilità di rappresentare al meglio l’arte del visionario pittore è stato Julian Schnabel; lo statunitense regista, trascorsi vent’anni dal suo esordio (un biopic sull’artista Basquiat), torna nuovamente a parlar d’arte.

Van Gogh – Sulla Soglia dell’Eternità verte sugli ultimi anni della vita del pittore, concentrandosi sulla sua figura di uomo, sul rapporto viscerale che lo lega al fratello Theo, su quello con l’amico e collega Paul Gauguin (Oscar Isaac), concludendosi con la tragica morte.

Il film si apre con Vincent, interpretato da un eccellente Willem Dafoe, che ormai stanco ed esasperato dalla vita nella capitale francese, proprio su consiglio del suddetto amico, decide di trasferirsi a sud della Francia, nella città di Arles.  Ed è qui che, lontano dal grigiore di Parigi, Vincent si darà alla libera ricerca di quella luce e di quel calore che ispireranno sempre i suoi dipinti.

Il film è pervaso interamente da un malinconico sentimento di bonaria rassegnazione. L’artista sa che la sua arte è destinata al successo, ma è inconsciamente consapevole che, finché sarà in vita, mai questo successo gli verrà riconosciuto. Tutto ciò che nella sua vita è stato è un cammino che porterà i posteri a poter godere della sua immensa arte. Grazie ad un saggio uso dei filtri che se nei momenti di crisi e sconforto, sono freddi, cupi, nei momenti di gioia sono colorati e luminosi, è facile per lo spettatore immedesimarsi in quelle atmosfere e nei sentimenti dello stesso Vincent.

Funzionali a questo proposito anche l’ottima sceneggiatura e l’ottima regia che, senza sbavatura alcuna, riescono pienamente a trasportarci in un visionario mondo pittorico. Doveroso citare quindi le speciali musiche per violino e pianoforte composte da Tatiana Lisovkaia che seguono i variabili stati d’animo del tormentato pittore, e sono ora concitate, movimentate, ora pacate e mistiche. Willem Dafoe con la sua bravura, la sua straordinaria mimica, riesce a interpretare perfettamente il dolore e il dramma del pittore, emozionando e commuovendo. Quest’opera non ha nulla da invidiare ai suoi predecessori; raggiunge pienamente il suo intento di raccontare in maniera innovativa e quasi sperimentale la travagliata vita di Van Gogh, pittore e uomo complesso, nonché l’immensa grandezza della sua arte.

Benedetta Sisinni