Haiti: una crisi che non sembra vedere una fine

La fuga del criminale Jimmy Chérizier, avvenuta ieri a seguito di una operazione poliziesca, è simbolo di una sempre più acuta crisi del piccolo Stato caraibico di Haiti, il paese più povero del Centro America. Bisogna però rifarsi agli eventi precedenti, per capire il motivo di tale contesto critico.

Il terremoto e l’epidemia di colera del 2010

Il 12 gennaio 2010, il piccolo Paese caraibico fu colpito da un forte terremoto di magnitudo 7.0. I danni causati alle infrastrutture resero difficile stabilire delle stime precise all’inizio, anche a causa della forte povertà della popolazione. Successivamente, grazie anche all’arrivo degli aiuti umanitari, si stimò che 230.000 persone persero la vita. Risultò però che quattro milioni di abitanti erano rimasti colpiti o feriti, e che gran parte degli edifici furono rasi al suolo o danneggiati. A peggiorare le cose, pochi mesi dopo il Paese fu colpito da una forte epidemia di colera, che si scoprì essere stata causata dagli scarti provenienti da una base ONU nepalese. Il bilancio fu di circa 800.000 contagiati, con quasi 10,000 morti. Questi due eventi contribuirono a portare lo Stato in una forte crisi economica e sociale.
macerie terremoto

La crisi politica e sociale del 2021

Nel 2018 il Paese fu colpito da una serie di proteste che chiedevano le dimissioni del presidente Jovenel Moise, che aveva preso il posto del dimissionario Michel Martelly nel 2017. Nel 2021 lo stesso Moise venne assassinato, e Haiti ripiombò in una nuova crisi politica. A tale evento seguì anche un nuovo terremoto, che portò a più di 2000 morti e ad ulteriori danni al Paese. Ben presto, varie gang criminali videro il vuoto di potere come un’occasione per estendere il loro potere. La capitale haitiana Port-au-Prince diventò teatro di vere e proprie guerre tra i vari clan, che iniziarono anche a scontrarsi con lo Stato.

Nuove proteste e cambiamenti politici

Nel 2022 l’aumento dei prezzi della benzina portò a ulteriori proteste da parte della popolazione nei confronti del governo. La carica del primo ministro era stata assegnata ad Ariel Henry, ma nonostante ciò i crimini da parte delle gang criminali aumentarono. Nel 2023 la percentuale di rapimenti da parte di tali gang raggiunse il 72%, con le vittime che erano spesso membri altolocati della società, quali dottori o avvocati, conseguentemente, molta gente fu costretta a fuggire dal Paese. Nel marzo del 2024, durante una visita in Kenya da parte di Henry, le gang bloccarono il suo rientro ad Haiti, e di conseguenza lui decise di rassegnare le dimissioni. Successivamente, il 25 aprile, si viene a creare il Consiglio presidenziale di transizione, creato per cercare di gestire la difficile situazione delle bande armate.
bandiera dello Stato di Haiti

La situazione politica attuale

Il Consiglio presidenziale di transizione, salito al potere il 25 aprile, ha cercato di mettere ordine nel quadro politico haitiano. Il 3 giugno viene nominato come primo ministro Garry Conille, che aveva ricoperto già tale funzione tra il 2011 e il 2012. La situazione che deve fronteggiare è piuttosto critica: nonostante l’arrivo di una missione multinazionale, guidata dal Kenya, a supporto della polizia haitiana, le bande armate controllano più dell’80% del paese. Tra le bande armate più importanti vi è l’Alleanza del G9, guidata da Jimmy Chérizier. In risposta a questi gruppi, è in costante aumento il numero di gruppi armati autodifensivi, i Bwa Kale, che contrastano le varie bande armate presenti nel Paese.
polizia che cerca di risolvere un caso

La destituzione di Conille

Nonostante alcuni segnali di stabilità, due eventi sembrano aver riportato paura e tensioni all’interno di un Paese già martoriato dalla violenza e dall’odio. L’11 novembre, a seguito di forti tensioni tra il Consiglio presidenziale di transizione e Conille, in carica da appena cinque mesi, egli viene destituito. Il Consiglio voleva destituire vari ministri, contro la volontà del premier, che ha definito la sua destituzione “illegale”. Sempre lo stesso giorno, al suo posto il Consiglio ha scelto l’uomo d’affari Alix Didier Fils-Aimè, che ha promesso di impegnarsi nell’indire nuove elezioni, già posticipate da diversi anni.


La fuga di Chérizier e conclusione

Nonostante i buoni propositi di indire il prima possibile delle elezioni, i problemi del Paese, ossia povertà e violenza, rimangono. A peggiorare la situazione è la fuga di Jimmy Chérizier, detto Barbecue, capo dell’Alleanza del G9. Egli infatti è riuscito a fuggire nel corso di un’operazione della polizia haitiana, nella quale sono morti due capi della gang Viv Ansanm. Se non si riesce a stabilizzare questo Paese, già dilaniato da calamità naturali e malattie, il rischio è di trovarci davanti uno Stato fantasma, senza alcuna possibilità di ripresa per il suo popolo.

Samuele Di Meo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

UNIME contro la Violenza sulle donne

Lunedì 25 novembre, dalle ore 9 alle ore 13, sarà presente nell’atrio del Rettorato UNIME un punto informativo sulla violenza psicologica di genere dedicato agli studenti universitari. L’evento, curato dal C.e.r.i.p. Unime, si colloca assieme ad altri organizzati dall’Ateneo e dal ‘AOU “G. Martino” per celebrare la Giornata contro la violenza sulle donne.

WORKSHOP FORMATIVO UNIME: IL PROGRAMMA DELLA GIORNATA

UNIME
Locandina dell’evento. Fonte: unime.it

L’evento, però, non è limitato solo al punto informativo. Presso l’Aula Cannizzaro UNIME si terrà un workshop formativo a partire dalle ore 10:30 (con replica alle 12:00). L’incontro verrà aperto dai saluti della Magnifica Rettrice, prof.ssa Giovanna Spatari, e continuerà con quattro importanti interventi. A cura della prof.ssa Carmela Mento e della dott.ssa Clara Lombardo si parlerà del “Riconoscimento precoce dei segni di violenza psicologica nelle coppie”, essenziale per prevenire danni emotivi e promuovere relazioni sane. Successivamente si parlerà della “Relazione genitori-figli: modelli di accudimento funzionali e disfunzionali”, a cura della prof.sse Francesca Liga e Maria Cristina Gugliandolo, fondamentale per conoscere e comprendere lo sviluppo emotivo, psicologico e sociale dei bambini.

COME SEGUIRE L’EVENTO

L’evento rappresenta un’opportunità per gli studenti universitari di riconoscere precocemente i segni di violenza nelle coppie e comprendere i modelli di accudimento funzionali e disfunzionali, ma anche imparare ad evitare di entrare o rimanere in relazioni violente. Coloro che volessero seguire il workshop da remoto potranno farlo su piattaforma teams al seguente link.

Logo Teams, fonte: unime.it

 

Antonino Nicolò

La legge che difende le donne da chi non è capace di amarle

Il 25 novembre è la giornata internazionale dedicata a combattere la violenza contro le donne.

L’evento storico scatenante fu il 25 novembre del 1960; tre donne attiviste politiche, furono dapprima torturate e poi strangolate dagli agenti del Servizio di informazione militare (SIM) per ordine del dittatore della Repubblica Domenicana Trujillo.

Da quel giorno ha avuto inizio una irrefrenabile corsa alla conquista di una tutela effettiva.

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con una risoluzione 54/134 del 1999, ha sancito il 25 novembre quale giornata dedicata all’eliminazione della violenza contro le donne.

I dati registrati circa i casi -tristemente sempre più in aumento- di donne vittime di violenza non lasciano spazio ad incertezze.

Il progetto EVA e il Codice Rosso

Nel 2017 il Capo della Polizia di Stato Gabrielli ha presentato a Torino il “Progetto EVA”, al fine di gestire in modo rigoroso e operante gli interventi di polizia sulla violenza di genere, dal controllo territoriale alla fase delicata di approccio alle vittime, con il fine di monitorare gli eventi, reperire e registrare più informazioni possibili così da favorire l’operato futuro delle autorità legislative.

Da lì a poco nel 2019 si è registrato il primo intervento normativo significativo in materia di violenza di genere con la legge 19 luglio 2019, n. 69, il c.d. “Codice Rosso”, che ha ampliato l’ambito applicativo di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere.

La legge ha inciso notevolmente in ambito di diritto penale sostanziale e processuale, introducendo quattro nuovi reati:

-Art. 387-bis. Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa,

-Art. 558-bis. Costrizione o induzione al matrimonio,

-Art. 583-quinquies. Deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso,

-Art. 612-ter. Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti.

La legge, così emanata, si occupa anche della forbice edittale tra un minimo e un massimo di pena incidendo -considerevolmente- all’inasprimento delle sanzioni già previste dal nostro Codice penale in materia di maltrattamenti contro familiari e conviventi, stalking e violenza sessuale.

Ulteriore peculiarità introdotta dal “Codice Rosso” è l’imminente trasmissione, anche in forma orale, dell’acquisizione della notizia reato dalla polizia giudiziaria al Pubblico Ministero.

Le scarpette rosse, simbolo della giornata contro la violenza sulle donne – Fonte: ilrestodelcarlino.it

Donne, violenza e lockdown

Nonostante il repentino intervento normativo, certamente la situazione epidemiologica che ha colpito il nostro Paese, negli ultimi due anni, non ha di certo giocato a favore delle donne esposte a violenza domestica, soprattutto a seguito di un lockdown forzato e di una situazione economica drasticamente mutata.

Dai dati ISTAT emerge, addirittura, che nel 2020, in piena pandemia, si è registrato un picco di chiamate al numero di pubblica utilità 1522 contro la violenza sulle donne e lo stalking ed anche delle vittime (12.942 chiamate e 5606vittime) in confronto al calo delle chiamate e richieste di aiuto via chat nel secondo trimestre 2021.

Il Governo in azione

Tutto ciò ha sollecitato l’animo della Ministra per le pari opportunità e la famiglia della Repubblica Italiana Elena Bonetti, che ha ufficializzato la proposta del Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne 2021-2023, presentato in CDM due  settimane fa, per stabilire un maggiore impegno parlamentare e giuridico così da evitare il fenomeno “della vittimizzazione secondaria”.

I seminari dell’Università degli Studi di Messina

Alla coesiva chiamata di sensibilizzazione contro la violenza di genere, con l’obiettivo di responsabilizzare i giovani ad acuire lo sguardo al dolore di una donna in preda agli atti violenti di un partner e, soprattutto, facendosi portavoce di tutte quelle donne, giovani ragazze e studentesse, anche messinesi (Lorena Quaranta, Alessandra Musarra, Alessandra Zorzin, Anna Cupelloni, Angelica Salis, Vanessa Zappalà…), distrutte da un amore sordo ed egoista, risponde l’Università degli studi di Messina che non rimane estranea al fenomeno ha promosso, dal 22 al 26 novembre, un ciclo di seminari intitolato “Mai più scuse”, nel quale si sono trattati, tra i vari temi, la tutela sanitaria e giudiziaria, la violenza domestica, quella sui luoghi di lavoro, la comunicazione non violenta e l’identificazione delle vittime di violenza.

L’aula magna (con in prima fila il “posto occupato” e lasciato simbolicamente libero per ricordare tutte le donne vittime di violenza) ha ospitato il secondo focus interdisciplinare, organizzato dall’Ateneo in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Un punto alla violenza

È il momento di dire BASTA e mettere un punto alla violenza.

Basta a questa sofferenza, basta a questa dipendenza affettiva, basta a questo amore egoico.

Non è amore chi ti umilia con la brutalità delle parole, non è amore chi ti fa sentire abbandonata inutile e indifesa con la sola forza dello sguardo, non è amore chi ti massacra di botte e poi ti cerca scusa, non è amore chi ti sminuisce per innalzare il suo ego.

Chi ti ama non ti distrugge!

L’amore è paziente, è benevolo; l’amore non invidia; l’amore non si vanta, non si gonfia, non si comporta in modo sconveniente, non cerca il proprio interesse, non s’inasprisce, non addebita il male”. (Paolo di Tarso)

 

Elena Zappia

 

Fonti:

https://www.wired.it/attualita/politica/2020/11/25/giornata-contro-violenza-donne-storia-sorelle/

http://documenti.camera.it/_dati/leg17/lavori/stampati/pdf/17PDL0003400.pdf

https://www.dire.it/08-03-2019/306453-video-8-marzo-elina-chauvet-le-mie-scarpe-rosse-hanno-preso-a-calci-i-tabu/

https://questure.poliziadistato.it/it/Bari/articolo/14375942a4098d6fd957175329

https://www.diritto.it/il-codice-rosso-tra-novita-e-critiche/

https://www.altalex.com/documents/leggi/2019/07/26/codice-rosso

https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01107220.pdf

https://www.istat.it/it/archivio/262039

https://www.dire.it/22-11-2021/687474-violenza-sulle-donne-bonetti-presenta-le-misure-del-governo-in-aumento-vittime-e-denunce/

https://www.unime.it/it/informa/notizie/ciclo-di-seminari-%E2%80%9Cmai-pi%C3%B9-scuse%E2%80%9D-focus-interdisciplinare-sulla-violenza-di-genere

 

 

 

Russia, la denuncia dell’ONG: diffuse foto di torture e stupri nelle carceri russe

In Russia la fuga di notizie per la diffusione di foto e video contenenti atti violenti, ha generato il terrore provocando forti reazioni da parte dell’opinione pubblica internazionale. Ad intervenire per primo è stato il Comitato Investigativo russo che ha avviato un’inchiesta, insieme all’indagine condotta dal Servizio Federale delle Prigioni (FSIN).

Le vittime di stupro nelle carceri –Fonte:internazionale.it

La Gulagu.net, un’importante ONG russa, afferma di aver ottenuto migliaia di video che mostrano maltrattamenti verso i detenuti. Trapelano scenari di tortura e stupro, adoperate da diverse guardie carceriere di altrettanti vari istituti di detenzione del Paese. Il fondatore dell’ONG, Vladimir Osečkin, ha dichiarato di possedere più di 40 gigabyte di immagini video che mostrano le crudeltà.

Il contenuto dei file

Le foto ritraggono carcerati picchiati, con mani e piedi legati, trascinati nudi tra i corridoi dei penitenziari e sodomizzati con dei bastoni, o violentati dagli agenti. Queste pratiche venivano effettuate presso l’OTB-1, ospedale del carcere di Saratov nella regione del Volga (Russia).

La denuncia da parte del Gulagu ad inizio di quest’anno è avvenuta sia grazie all’autenticazione delle fotografie, sia per il racconto di altri prigionieri che hanno riportato di aver subito gli stessi episodi.

Stupri e torture contro i detenuti –Fonte:ilfattoquotidiano.it

Sarebbe stato girato il 18 febbraio del 2020 un video in cui figurava un uomo ammanettato e messo ai piedi di un letto mentre era vittima di uno stupro. La diffusione poi dall’ONG attraverso un canale Telegram, rappresenta solo un esempio delle migliaia di video che essa vanta di possedere e che provengono da un ex detenuto che si trovava proprio a Saratov.

La denuncia dei video

Gulagu.net –Fonte:chernayakobra.ru

La circolazione clandestina dei video dagli archivi del servizio carcerario russo è stata raccontata dallo stesso Osečkin, in un’intervista nel corso del podcast “Cosa è successo” del giornale online Meduza. Egli afferma che i dati sono stati forniti da un giovane programmatore bielorusso di nome Sergej che dal 2016 al 2021 ha lavorato all’OTB-1 di Saratov, facente parte del sistema carcerario russo (FSIN).

Una volta libero lo “snowden bielorusso” ha consegnato una copia del materiale agli attivisti di Gulagu.net, ed ha chiesto asilo politico in Francia.

L’organizzazione ha così fatto circolare online alcuni frammenti di video, sollecitando contemporaneamente le autorità della necessità di attuare riforme.

Chi è Sergej?

Nel 2013 Sergej viene arrestato da due agenti dell’FSB (Servizi segreti interni), a seguito del ritrovamento nella sua vettura di sei chili di stupefacenti e condannato a nove anni di carcere duro.

Nel 2015 viene quindi trasferito alla IK-10 di Saratov temporaneamente e dopo pochi giorni, l’amministrazione carceraria essendo a conoscenza delle sue abilità informatiche, lo trasferisce nell’OTB-1 di Saratov. Questa era una struttura che ospitava malati di tubercolosi e così seguendo un meccanismo ben rodato, i medici del carcere IK-10 dichiarano che Sergej è potenzialmente malato di tubercolosi e dispongono il suo trasferimento verso il malfamato OTB-1.

Sergej –Fonte:france24.com

Per cinque anni si occupa delle videoregistrazioni delle torture, facendo copie da consegnare ai membri dei servizi segreti e dell’amministrazione carceraria e per sfuggire alle torture fisiche, decide di subire incommensurabili supplizi psicologici, entrando in contatto ogni giorno con video aventi ad oggetto ogni genere di violenza.

Fu interrogato dallo stesso Vladimir Osečkin sul perché, a fine pena, abbia deciso di collaborare con Gulagu.net per portare alla luce questi fatti. Egli dichiarò che a parer suo, questa si presenta come l’unica associazione che non ha paura di enunciare la verità, presentandosi come la sola a poter portare il necessario peso alla riforma del sistema carcerario.

La sistematicità delle torture

La sistematicità di tali azioni all’interno dell’intero sistema carcerario, dalla Russia centrale all’estremo oriente, ha perciò ricevuto una risonanza mediatica sempre più ampia, provando forti reazioni internazionali.

L’apertura di sette indagini da parte del Comitato Investigativo, a seguito della violazione degli articoli 132  “Azioni violente di carattere sessuale” e 286 “Abuso di potere tramite la violenza o minaccia di violenza” del Codice Penale, mostrano come fine essenziale quello di condannare gli esecutori dei supplizi e che prevedevano estorsioni e ricatti attraverso le videoregistrazioni delle violenze.

Torture nelle carceri –Fonte:amnesty.it

Il difensore dei diritti umani e politico, Andrej Babuškin, ha poi affermato in una diretta al canale televisivo Dožd, che lo sviluppo di tale sistema è stato possibile grazie all’inadeguata formazione dell’amministrazione carceraria. Ciò si è manifestato a seguito del clima di repressione diffuso nel paese, ed a un usuale odio verso i criminali. Il sistema di supervisione affidato alle Commissioni Pubbliche di Sorveglianza, prevede una composizione interna costituita da non specialisti, che andrebbe perciò modificato, dando un ruolo centrale alle associazioni per la difesa dei diritti umani e in particolare dei prigionieri.

Le accuse alle autorità russe

Secondo alcune testimonianze traspare l’ipocrisia delle autorità, le quali attuano una presa di distanza dalle atrocità create dai generali FSIN e FSB, usate per piegare la volontà dei detenuti. Nei video si vedono questi agenti attuare stupri e altre violenze per promuovere la cooperazione e l’acquiescenza dei detenuti.

L’organizzazione per le comunicazioni ed emittente radiofonica fondata dal Congresso degli Stati Uniti, la RFE/RL, fa comprendere come gli stessi carcerati diventano vittime della macchina della tortura se firmano false testimonianze preparate dagli investigatori.

Video delle torture in Russia –Fonte:bbc.com

Si legge dunque tra le righe la grave assenza dell’intervento del Governo, che non sta facendo abbastanza per condurre un’indagine efficace.

Le sei carceri nel mirino

Secondo l’ONG le violenze, gli stupri e le intimidazioni provengono da sei regioni russe situate nelle regioni di Saratov, Vladimir, Irkutsk, Belgorod, TransBaikal e Kamchatka.

Queste saranno altresì notificate alle Nazioni Unite e al Consiglio d’Europa (CdE), cioè a quell’organizzazione internazionale il cui scopo è promuovere la democrazia, i diritti umani, l’identità culturale europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali in Europa.

Consiglio d’Europa –Fonte:coe.int

Nell’intervento apportato dal portavoce di Putin, Dmitry Peskov, si afferma che

“Se l’autenticità di questi materiali è confermata, sarà motivo per avviare una seria indagine. È necessario risolverlo rapidamente ma con calma e stabilire l’autenticità.”

Si comprende pertanto la necessaria urgenza di svecchiamento dell’intero sistema carcerario e di quei servizi segreti, quali l’FSB, affinché l’azione delle stesse sia compatibile con il rispetto dei diritti fondamentali dell’individuo.

Giovanna Sgarlata

Vittimizzazione secondaria: la Corte europea dei diritti dell’uomo condanna l’Italia per non avere tutelato una vittima di stupro

L’Italia non ha rispettato la “dignità della ragazza vittima di violenza”. È quanto si legge nella sentenza  emessa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e datata 27 maggio. I fatti a cui quest’ultima si riferisce sono quelli relativi al cosiddetto “stupro di Fortezza da Basso”. Ma ad essere condannati non sono stati i ragazzi materialmente autori della violenza bensì le motivazioni adoperate dai giudici della Corte d’Appello di Firenze. Questi, si legge nella sentenza, hanno usato “linguaggi e argomenti ricchi di pregiudizi sul ruolo delle donne che esistono nella società italiana e che possono costituire un ostacolo alla tutela effettiva dei diritti delle vittime di violenza di genere”.

La vicenda di Fortezza da Basso

La sera del 26 luglio del 2008 a Firenze, in una macchina parcheggiata all’esterno della Fortezza da Basso viene consumata una violenza sessuale di gruppo ai danni di una ragazza allora appena 22enne. La denuncia viene presentata quattro giorni dopo e coinvolge sette ragazzi di età compresa tra i 20 e i 25 anni. Successivamente agli accertamenti medici dovuti e le corrispettive indagini, gli imputati vengono arrestati. A questi toccano un mese di carcere e più di due mesi ai domiciliari. Il processo durerà poco meno di cinque anni e si concluderà, nel gennaio del 2013, con una sentenza di condanna per sei dei sette ragazzi.

 

I fatti come presentati nella sentenza di primo grado, fonte: ilpost

 

I sei ragazzi vengono dunque condannati in primo grado a quattro anni e sei mesi di reclusione per violenza sessuale di gruppo aggravata dal fatto che la vittima fosse in quel momento incapace di intendere e di volere poiché ubriaca. I difensori degli imputati, però, ricorrono in appello e qui la Corte d’Appello di Firenze, nel marzo del 2015, rovescia completamente la sentenza in primo grado: i sei vengono infatti assolti in formula piena poiché “il fatto non sussiste”. 

Le motivazioni della sentenza della Corte d’Appello di Firenze

La sentenza non mancò di suscitare le proteste e l’indignazione da parte dell’opinione pubblica, specialmente ove si consideri che i termini per l’impugnazione scaddero senza che la Procura generale di Firenze ricorresse in Cassazione. La sentenza divenne quindi definitiva. A finire nell’occhio del ciclone furono le motivazioni addotte dai giudici fiorentini che vennero pubblicate dopo il 18 luglio dello stesso anno, dopo cioè la scadenza del termine di impugnazione. Dalle quattro pagine delle motivazioni si evince come i giudici avessero ritenuto dubbia la credibilità della ragazza. Dubbi derivanti dalle contraddizioni, nella ricostruzione dei fatti, provenienti dalla ragazza stessa ma soprattutto dallo stile di vita della stessa. La ragazza, si legge, non sarebbe stata in uno stato di inferiorità psichica essendo “un soggetto femminile fragile, ma al tempo stesso disinibito, creativo, in grado gestire la propria (bi)sessualità, di avere rapporti fisici occasionali, di cui nel contempo non era convinta”. Per quanto il fatto fosse “increscioso”, per i giudici la denuncia della ragazza è stato un tentativo, un modo, per cancellare quello che lei stessa reputava un “suo discutibile momento di debolezza e fragilità” testimoniato dal fatto che l’iniziativa di gruppo non fosse stata da lei “ostacolata”. Una motivazione che è stata definita dal difensore della ragazza come “pregna di giudizi morali” poiché focalizzata sullo stile di vita della ragazza definito a sua volta come “non lineare”. La giovane avrebbe infatti avuto più di un rapporto occasionale, oltre che un rapporto di convivenza e uno omossessuale. Comportamenti che avrebbe dato adito ai ragazzi di pensare che ella fosse consenziente.

Manifestanti in piazza a sostegno dei diritti delle donne, fonte: ilpost

Il ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo

Esauriti i ricorsi interni, la ragazza, assistita dai suoi legali, ha fatto ricorso alla Corte di Strasburgo. Ad essere imputati stavolta però non erano i ragazzi, innocenti per la giustizia italiana, ma i giudici stessi. E ad oggi, dopo 6 anni dalla sentenza della Corte d’Appello di Firenze, si arriva a una svolta quanto mai storica. La Corte Europea ha condannato l’Italia per non avere tutelato la donna dalla cosiddetta “vittimizzazione secondaria”. Cioè nell’aver trasferito parte, se non totalmente, la responsabilità della violenza subita, su chi ne è stata vittima. In particolare la sentenza della Corte d’Appello di Firenze ha violato l’articolo 8 della CEDU (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo). L’articolo in questione tutela il diritto al rispetto della vita privata a familiare. Il linguaggio e le argomentazioni adoperate nella stessa sono infatti carichi di “pregiudizi sul ruolo delle donne esistenti nella società italiana”. In particolare sono stati definiti “deplorevoli” e “ingiustificati” i riferimenti alla bisessualità della donna, la sua vita sessuale e la definizione della stessa come “vita non lineare”. Inoltre, oltre ad avere violato l’articolo 8 della CEDU, la sentenza della Corte d’Appello di Firenze è in contrasto anche con l’articolo 54 della Convenzione di Istanbul ove si legge che in qualsiasi procedimento civile o penale vada sempre garantito il fatto che le prove relative agli antecedenti sessuali e alla condotta della vittima devono essere “ammissibili unicamente quando sono pertinenti e necessarie”.

L’Italia sarà dunque costretta a risarcire 12 mila euro alla ragazza per danni morali, oltre a 1.600 euro per le spese legali. Una magra consolazione che si spera però possa costituire un precedente da cui, da ora in avanti, i giudici italiani imparino a tenersi a debita distanza da qualsiasi valutazione frutto di luoghi comuni e bigottismo.

Filippo Giletto

Giorni di fuoco fra Israele e Hamas: i timori di un nuovo conflitto. Ecco cosa sta succedendo

Venti di guerra in Medio Oriente: durante la notte tra ieri e oggi vi è stato un massiccio raid aereo sulla Striscia di Gaza da parte di Israele a seguito del lancio di razzi su Gerusalemme da parte di Hamas (l‘organizzazione palestinese di carattere politico e paramilitare considerata di natura terroristica).

Secondo il ministero della Salute di Hamas a Gaza, nei bombardamenti israeliani sulla Striscia sarebbero state uccise 24 persone, di cui nove bambini; altri 700 palestinesi sono stati feriti negli scontri a Gerusalemme. Secondo l’esercito israeliano, nel bombardamento sono stati colpiti 8 militanti di Hamas.

“Hamas ha varcato la linea rossa e pagherà un duro prezzo “, ha dichiarato Benjamin Netanyahu, primo ministro israeliano.

Le violenze di questi giorni sono considerate le peggiori dai tempi dell’ultima guerra combattuta fra gruppi armati palestinesi e Israele, nel 2014. Alcuni osservatori temono già che nei prossimi giorni le tensioni possano trasformarsi in un vero e proprio nuovo conflitto.

(fonte: la Regione)

 Le origini del conflitto

Una escalation di sangue e paura ha caratterizzato la Giornata internazionale di Gerusalemme, anniversario della conquista della città nel 1967 da parte delle truppe israeliane.

La situazione a Gerusalemme è cominciata a precipitare dal 10 maggio quando, secondo la polizia, migliaia di palestinesi asserragliati sulla Spianata delle Moschee hanno cominciato una fitta sassaiola e lancio di oggetti contro gli agenti in tenuta antisommossa.

La spianata delle Moschee è un sito religioso situato nella città Vecchia di Gerusalemme che, a causa della sua importanza per l’Ebraismo, il Cristianesimo e l’Islam, è uno dei luoghi religiosi più contesi al mondo. La spianata è caratterizzata da tre imponenti edifici risalenti al periodo omayyade: la moschea al-Aqsa, la cupola della Roccia e la cupola della Catena.

Per cercare di placare le tensioni, le autorità israeliane hanno deciso di impedire l’ingresso sulla Spianata ai fedeli ebrei – per i quali è denominato Monte del Tempio – in occasione del Jerusalem Day, durante il quale la polizia israeliana ha usato anche granate stordenti all’interno della moschea di al Aqsa.

Ad alimentare le proteste la minaccia di sfratto nei confronti di quattro famiglie palestinesi dal quartiere di Sheikh Jarrah a Gerusalemme Est. La sentenza della Corte Suprema israeliana sul caso, attesa per la mattina del 10 maggio, è stata rinviata su richiesta del procuratore generale Avichai Mandelblit.

Lo scontro è però ufficialmente degenerato lunedì pomeriggio alle 18 locali (le 17 italiane), quando è scaduto l’ultimatum di Hamas che chiedeva a Israele di ritirare le truppe dalla Spianata delle Moschee.

Al mancato ritiro delle truppe israeliane sono risuonate le sirene di allarme e sono stati lanciati una trentina di razzi su Gerusalemme. In totale, secondo Israele, sono stati lanciati circa 150 razzi contro le città israeliane.

Il portavoce dell’ala militare di Hamas, brigate Ezzedin al-Kassam, ha rivendicato il lancio alla voce di “Gerusalemme occupata”, mentre le Brigate al-Quds, l’ala militare del gruppo terroristico della Jihad islamica, ha rivendicato il lancio verso Sderot. “Si è trattato di una risposta – ha dichiarato – all’aggressione e ai crimini contro la Città Santa e alle prevaricazioni contro il nostro popolo nel rione di Sheikh Jarrah e nella moschea al-Aqsa”

Questo ha scatenato la reazione israeliana portando ad un intenso bombardamento sulla striscia di Gaza, territorio governato di fatto dal gruppo politico-terrorista Hamas. Poco prima di avviare il secondo giro di bombardamenti sulla Striscia di Gaza, il governo israeliano di Benjamin Netanyahu aveva detto che i gruppi armati palestinesi avevano superato la «linea rossa», lanciando razzi contro Gerusalemme, e aveva promesso ritorsioni.

(fonte: ilMessaggero)

È stata avviata un’operazione militare chiamata “Guardiano delle Mura”; il portavoce delle forze armate israeliane (Idf), Hidai Zilberman, ha dichiarato: “Il lancio di razzi contro Gerusalemme è un fatto rilevante che non può passare sotto silenzio. Tutte le opzioni suono sul tavolo, compresa un’operazione di terra“. Ha poi precisato che i bombardamenti aerei contro obiettivi di Hamas sulla Striscia di Gaza dureranno “diversi giorni” e che non si esclude una “ripresa degli omicidi mirati contro i vertici dell’organizzazione palestinese”

Questo invece è il messaggio che il braccio armato di Hamas ha rivolto a Israele, minacciando nuove azioni se continueranno i raid aerei israeliani sulla Striscia di Gaza: “Gerusalemme ci ha chiamato e noi abbiamo risposto alla sua chiamata. Se voi continueremo, lo faremo anche noi”.

Gli effetti del lancio

Gerusalemme brucia, in un’esplosione di violenza che non si vedeva da anni. L’immagine simbolo è quella del vasto incendio che si è sviluppato nel tardo pomeriggio sulla Spianata delle Moschee nei pressi della moschea di al-Aqsa. Secondo quanto riferisce la televisione israeliana Channel 12, alcuni fedeli musulmani volevano lanciare fuochi d’artificio contro i militari israeliani di stanza sul luogo sacro, quando un pezzo di legno, probabilmente un albero, ha preso fuoco facendo propagare le fiamme.

In serata Tel Aviv e varie altre cittadine limitrofe hanno aperto i rifugi pubblici antimissile a causa dello scontro con Gaza e delle possibilità dell’arrivo di razzi. La decisione è stata presa alla luce delle recenti istruzioni dell’esercito che ha inoltre annunciato la “chiusura totale” del valico di Kerem Shalom- un passaggio fondamentale per le merci dirette a Gaza-, bloccando anche l’ingresso degli aiuti umanitari, in risposta al persistere degli attacchi con razzi dall’enclave palestinese sul suo territorio.

https://www.youtube.com/watch?v=U3b2qjAzZxk

Centinaia i manifestanti palestinesi feriti, oltre 200 portati in ospedale e 21 agenti colpiti. L’escalation di violenze ha allertato il mondo intero ed ha suscitato le dure condanne da parte araba.

Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, si è detto preoccupato “per le continue violenze nella Gerusalemme Est occupata, nonché per i possibili sgomberi di famiglie palestinesi dalle loro case nei quartieri di Sheikh Jarrah e Silwan“. Su Twitter, il diplomatico ha anche definito ”totalmente inaccettabile” il lancio di razzi dalla Striscia di Gaza verso Israele.

Più tardi è intervenuto anche l’Alto rappresentante Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell: “Il significativo aumento di violenza” in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza e a Gerusalemme Est “deve essere fermato immediatamente”

Gli Stati Uniti hanno bloccato una dichiarazione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite di condanna della situazione a Gerusalemme, durante la riunione di emergenza nella sede dell’Onu a New York. Nonostante il sostegno di 14 dei 15 membri del Consiglio di sicurezza, gli Stati Uniti hanno chiesto tempo per valutare la bozza e alla fine hanno deciso di non appoggiare l’iniziativa.

La Casa Bianca ha comunque espresso “seria preoccupazione” per le violenze, e ha definito “inaccettabile” il lancio di razzi contro Gerusalemme. Di fronte ai timori internazionali, il governo israeliano avrebbe esortato gli Stati Uniti a non intervenire nella crisi.

Grave preoccupazione condivisa anche dal presidente turco Erdogan che ha annunciato: “la Turchia farà tutto ciò che è in suo potere per mobilitare il mondo intero, e soprattutto il mondo islamico, per fermare il terrorismo e l’occupazione di Israele”.

Una situazione che sembra al collasso da secoli e che sembra peggiorare giorno dopo giorno.

Manuel De Vita

Nudes: “Non ho calcolato le conseguenze”

“Nudes” descrive con grazia una delle insidie dell’adolescenza 4.0 – Voto UVM: 4/5

Vuoi fare un brutto scherzo a un’amica? Questo è l’invito che un gruppo Telegram, nato a fine ottobre e arrivato in poco tempo a più di 10mila membri, rivolge ai suoi utenti affinché condividano materiale pornografico e dati di contatto di loro conoscenti.

Questo è il revenge porn: la divulgazione d’immagini e/o video sessualmente espliciti senza il consenso del soggetto ritratto. Indipendentemente dalle motivazioni – che possono andare dalla vendetta verso l’ex partner al ricatto- si tratta di una violenza fisica a tutti gli effetti, amplificata dall’umiliazione pubblica che ne consegue. Ad oggi, sebbene la costante e allarmante crescita, solo alcuni Paesi (tra cui l’Italia) hanno introdotto una specifica normativa per la repressione del reato.

La serie tv Nudes

Dal 20 aprile, in esclusiva su RaiPlay, è disponibile la prima serie tv italiana che affronta il tema del revenge porn. Adattamento dell’omonimo teen drama norvegese, Nudes (prodotta da Bim Produzione e Rai Fiction) racconta le vite di tre adolescenti diversi sconvolte dalla diffusione online di immagini e video della loro intimità e del conseguente tentativo di riprendere in mano la situazione. I dieci episodi, diretti da Laura Luchetti, sono ambientati nell’hinterland bolognese ma mancano di chiari riferimenti alla città emiliana, quasi a voler sottolineare come il fenomeno abbia portata globale.

Gazzelle e copertina dell’album “OK”.

Perfetta, perché tanto discreta quanto incisiva, è poi la colonna sonora Un po’ come noi. Undicesima traccia dell’album intitolato OK di Gazzelle, conferma la capacità del cantautore di coniugare le sonorità melodiche a temi mai banali, come l’amore e i patemi quotidiani.  

Nuda come una foglia in un giorno di pioggia
Mentre scende la sera o mentre mangi una mela
E pensi “questa vita è una galera”

La trama e i personaggi

Che cosa succederebbe se vedessi la ragazza che ti piace appartarsi con un altro dopo aver rifiutato proprio uno come te? E se vedessi la tua migliore amica preferire la compagnia di un ragazzo alla tua? E se un ragazzo, più volte, ti chiedesse di fargli vedere quanto sei bella?

I protagonisti:Sofia (Fotinì Peluso),  Ada (Anna Agio) e Vittorio (Nicolas Maupas)

Vittorio (Nicolas Maupas) ha diciotto anni e tutte le carte in tavola per essere un “vincente”: dall’aspetto carismatico al supporto dei fedeli amici e della fidanzata Costanza (Giulia Sangiorgi). La sua vita perfetta però cambia quando è invitato a comparire in questura perché, durante una festa, avrebbe postato online un video pornografico ritraente l’allora minorenne Marta (Geneme Tonini).

Sofia (Fotinì Peluso) ha sedici anni e, incoraggiata da nuove amicizie, si allontana dalla sua comfort-zone e dalla storica compagna di arrampicata Emilia (Anna Signoroldi). Durante una festa, realizza il sogno di fare l’amore per la prima volta con Tommi (Giovanni Maini), il ragazzo per il quale ha una cotta. Il sogno si trasforma in un incubo quando, la mattina seguente, scopre che qualcuno li ha filmati e ha diffuso in rete il video.

Ada (Anna Agio) ha quattrodici anni e, a differenza delle coetanee e della migliore amica Claudia (Alice Lazzarato), non è ancora pronta a diventare una donna. Per gioco e per sentirsi meno sola, s’iscrive a un sito d’incontri, dove attira subito l’attenzione di Mirko che le chiede di inviargli delle foto intime. Poco tempo dopo, uno sconosciuto la informa che le sue foto circolano nel Web e si offre di risolvere la questione senza coinvolgere i suoi genitori.

Un “grillo parlante” ma non giudicante

Nudes racconta quel momento di passaggio, dall’infanzia all’età adulta, in cui tutto cambia e in cui una scelta apparentemente banale può avere delle conseguenze imprevedibili. Descrive abilmente quel limbo tra bene e male, tra vendetta, curiosità e purezza, tra scatti d’ira e pianti sotto la doccia che tutti gli adolescenti, di ogni dove e tempo, vivono.

I protagonisti di Nudes

Entra con delicatezza, seppur spesso in modo troppo repentino e semplificatorio, nelle vite dei ragazzi della Generazione Z, costretti a crescere in una società brutale e irruenta com’è quella odierna. Mostra l’emotività dei nostri ragazzi che, per quanto facciano il possibile per sembrare già “grandi”, rimangono esseri ancora fragili in perenne equilibrio tra ciò che dovrebbero (a detta degli adulti) e ciò che vorrebbero fare.

Tuttavia non c’è paternalismo perché mostra senza mai giudicare. La serie, infatti, esplora la realtà moderna con l’obiettivo non tanto di demonizzare le nuove tecnologie o la società ricca d’insidie bensì di aprire gli occhi, a ragazzi e adulti, sui rischi connessi a un’adolescenza vissuta in simbiosi con uno smartphone in una realtà in cui il pericolo è dietro l’angolo, ma ove basta veramente poco per “dormire sereni”. Lascia intravedere, inoltre, l’esistenza di strumenti legislativi di tutela per le vittime, anche se nella serie (purtroppo) non si arriva mai a fare giustizia se non per il pentimento spontaneo dei protagonisti.

Condividete le emozioni, non le foto

La frase «Non ho calcolato le conseguenze», che uno dei protagonisti pronuncia in Nudes, non è una giustificazione. Lo sappiamo tutti, dai tempi della scuola: a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria.  Nel caso del revenge porn, le conseguenze possono essere davvero drammatiche…

Lotta al revenge porn

Come ti sentiresti se il tuo migliore amico raccontasse a tutti un tuo segreto? Tradito? Umiliato? Ingenuo? Adesso immagina che il tuo “amico” lo racconti su un social network o ai tuoi familiari… Ecco, adesso, come ti senti? La regola è semplice: se crei o ricevi del materiale intimo o sessualmente esplicito, non sei autorizzato a condividerlo con altri. Mai. Condividete le emozioni, non le foto!

Angelica Terranova

Per Willy, contro ogni forma di violenza!

Si terrà sabato 19 settembre 2020 alle 17 presso Piazza Unione Europea, il SIT-IN per Willy Monteiro, contro ogni forma di violenza.

“Non possiamo girarci dall’altra parte quando nella nostra società un ragazzo viene pestato e ucciso dalla cultura della forza e della violenza. Vogliamo unirci per evidenziare un’emergenza reale di questo paese: quella culturale e sociale. Dobbiamo contrastare la narrazione aggressiva e violenta che proviene da certe organizzazioni e certi partiti politici, per cui gli assassini di Willy simpatizzano, che alimentano le tensioni sociali. Non è possibile che oggi un ragazzo non debba sentirsi al sicuro a causa di questi continui episodi.
Per questo ci diamo appuntamento a Piazza Unione Europea in una piazza non violenta, per non dimenticare il sorriso di una giovane vita, strappata da un gruppo di violenti e per chiedere a gran voce giustizia per Willy”. Queste le parole dei promotori della manifestazione Damiano Di Giovanni, Tonino Cafeo, Angelo Marano Rossi e Stefania Russo.

Si raccomanda il rispetto delle disposizioni di sicurezza e prevenzione dell’infezione da Covid-19: l’uso della mascherina e il distanziamento interpersonale di almeno un metro per tutta la durata della manifestazione.

SIT-IN SOLIDALE “ENOUGH IS ENOUGH” Messina per George Floyd

SIT-IN SOLIDALE “ENOUGH IS ENOUGH”

Si terrà domenica 7 giugno 2020 presso Piazza Unione Europea a Messina, con inizio alle 17:45, la manifestazione commemorativa e solidale in memoria di George Floyd e di ogni vittima di abuso di potere.

Il 25 Maggio 2020 muore a Minneapolis, Minnesota, George Floyd, cittadino afroamericano di 46 anni, padre di due figli, e disoccupato a seguito dell’emergenza da COVID-19. Il video del suo omicidio, diventato subito virale, mostra per 8 minuti e 46 secondi il ginocchio di Derek Chauvin, Ufficiale del dipartimento di polizia di Minneapolis con già 18 precedenti denunce a suo carico, sul collo di Floyd che, come si sente dire più volte dallo stesso, non riesce a respirare. L’omicidio si svolge sotto la completa indifferenza dell’agente Tou Thao. L’ingiustizia perpetratasi scatena inevitabilmente un effetto domino, in pochi giorni gli interi Stati Uniti si rivoltano nelle strade invocando una giustizia che sia tale ed autentica. La presidenza di Donald Trump si piazza lontana dalla tragedia umana e distante dall’affermare le vere responsabilità della vicenda: gli abusi razziali sono una costante del sistema sociale americano, e non solo. Come comunità umana non possiamo tacere di fronte a tale abominio e sentiamo di affermare con forza il principio già condiviso dalla carta dell’indipendenza americana stessa, e mai realmente osservato, cioè che “Noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali”. Questa è una occasione, anche per noi che osserviamo le proteste oltreoceano, per ridiscutere il valore della nostra umanità e per affrontare le piaghe sociali del razzismo e degli abusi di potere presenti anche in Italia.

Cosa fare

Per manifestare in sicurezza:

  • Indossare la mascherina;
  • Sedersi posizionandosi 1,5 m di distanza da chi si ha vicino;
  • Lasciare pulito lo spazio occupato;

Inoltre, gli organizzatori consigliano di:

  • Condividere la propria arte per dare ulteriore voce e forma alla protesta e alle sue ragioni. Si potrà, quindi, portare uno strumento musicale, una foto, una canzone, un dipinto, una poesia o qualsiasi altra forma d’arte correlata al tema della manifestazione;
  • Utilizzare l’hashtag #BLACKLIVESMATTERITALY per condividere immagini, foto e notizie del sit-in sui social;

Cosa NON fare:

Affinché possiamo essere solidali e alleati, cosa NON fare:

  • Pitturare le mani e la faccia di nero;
  • Scrivere “I can’t breathe” sulla mascherina (i suprematisti bianchi lo stanno facendo per screditare il senso delle proteste);

L’intera manifestazione sarà portata avanti pacificamente.

Qui il Link dell’evento Facebook.

Cristina Geraci

Intervista ad Angela Bottari: l’ex deputata messinese che contribuì a cambiare l’Italia

Qualche giorno fa, abbiamo avuto l’onore, da redazione di cultura locale, di discutere delle tematiche delle quali si è occupata l‘ex deputata messinese Angela Maria Bottari, tra il 1976 e il 1987, nelle fila del Partito Comunista. Piuttosto che descrivere la sua biografia, abbiamo preferito parlare direttamente con Angela, che è stata disponibilissima a rispondere a tutte le nostre domande e curiosità. Ne è venuto fuori un dibattito che ha toccato tutti i punti salienti della sua esperienza parlamentare: dalla rivoluzionaria legge sulla violenza sessuale, alle battaglie per i diritti delle donne e dei minori, fino all’introduzione del reato di associazione a delinquere di stampo mafioso. Vi riportiamo i tantissimi spunti di riflessione che questa grande personalità messinese ci ha offerto nel corso della nostra chiacchierata via web.

Angela Maria Bottari, deputata dal 1976 al 1987 – Fonte: legislature.camera.it

Mario: Tra i tanti suoi contributi quello più celebre riguarda il reato di violenza sessuale. Abbiamo notato un cambio di passo decisivo a cavallo tra VII-VIII legislatura e IX, con la scelta rivoluzionaria di includere il reato di violenza sessuale nel titolo che punisce i delitti contro la persona. Quali sono state le motivazioni che hanno portato a questa scelta?

Vi dico subito: sarei stata convinta fin dal primo momento di presentare una proposta di legge che già trasferiva nei delitti contro la persona la violenza sessuale, eliminandola dal titolo riguardante la morale pubblica e il buon costume. Ma nel mio partito si riteneva che un cambiamento di rottura portasse all’irrigidimento della Democrazia Cristiana, allora partito di maggioranza. Avevano ragione, tant’è che la legge si bloccò. Ma la proposta di legge era ormai delineata e non mi potevo tirare indietro: c’era stato un movimento di donne, di operatori del diritto, perché questa era una legge che – seppur non approvata – faceva sì che il Paese modificasse la percezione della violenza sulle donne. Le leggi o nascono da un forte dibattito all’interno del Paese oppure sono elemento di cambiamento della società, questa fece entrambe le cose. Quando nel 1983, da relatrice, capii che la proposta di legge non sarebbe passata con questa modifica radicale, mi dimisi e bloccai l’iter della legge, della quale io stessa fui prima firmataria.

Emanuele: Confrontando la sua proposta con la legge in materia analoga del ’96, attualmente in vigore, ci è sembrato che i due testi coincidano in moltissimi punti: anche se, come ha raccontato, i tempi non erano maturi per questo cambiamento, quest’ultimo si è comunque realizzato diversi anni dopo ed il suo contributo è stato determinante.

La legge approvata nel ’96 è molto simile all’ultimo progetto di legge della quale fui presentatrice. Tutta la mia battaglia verteva intorno all’unificazione dei reati, cioè la congiunzione carnale (il cosiddetto “stupro violento”) e gli atti di libidine violenti (quegli atti sessuali in cui non avviene il congiungimento carnale) in un unico reato, ossia quello di violenza sessuale. In verità, nella legge del ’96 c’è un punto che non considero positivo: questa introduce un elemento che ci fa ricascare in quel dualismo, perché afferma che la pena è diminuita quando il reato è di lieve entità. Nella violenza sessuale non ci può essere un reato di maggiore entità o di lieve entità; era questo che ci aveva spinto ad unificare i due reati. L’aver introdotto una gradualità nella violenza sessuale è stato un piccolo passo indietro e ad oggi scopriamo che nelle aule di tribunale fornisce alibi ai difensori dei violentatori. Insomma, questo passaggio “fa rientrare dalla finestra quello che abbiamo buttato via dalla porta”.

Volantino di un movimento delle donne sulla violenza sessuale (anni ’80) – Fonte: herstory.it

 

Cristina: Lei ha collaborato alla stesura di altre leggi, in particolare quelle riguardanti l’emancipazione femminile. Qual è stato l’atteggiamento delle altre deputate? C’è stata una collaborazione trasversale?

Ci sono state delle leggi, come la legge per l’interruzione di gravidanza, in cui l’impegno è stato corale, da parte di uomini e di donne. La legge sull’aborto è stata denominata “sull’interruzione di gravidanza e per la tutela della maternità” per non urtare la sensibilità di un Paese come il nostro abbastanza complesso. Questa legge ha coinvolto non solo la commissione giustizia di cui facevo parte (l’aborto, per chi lo praticava e per chi lo subiva, prima era punito dal codice penale) ma anche la commissione sanità, per ovvi motivi, e la commissione affari costituzionali, poiché riguardava il grande dibattito – sul quale ci confrontiamo ancora oggi – su quando comincia la vita. Ma vorrei porre alla vostra attenzione una contraddizione: la legge sull’aborto è una legge che avrebbe dovuto avere più difficoltà nell’essere approvata rispetto a quella sulla violenza sessuale. Però, paradossalmente, venne approvata (anche se poi fu sottoposta a referendum) in tempi più rapidi: probabilmente perché affermava una pratica largamente diffusa ed accettata, che coinvolgeva un ingente numero di donne. Questo lo dico come elemento di riflessione: evidentemente ci sono leggi che vengono considerate più destabilizzanti di altre in quanto alterano rapporti di potere consolidati tra uomo e donna, come appunto quella sulla violenza sessuale.

Camera dei Deputati (anni ’80) – Fonte: storia.camera.it

E: Mi piacerebbe parlare anche della legge Rognoni-La Torre del 1982, che introdusse la fattispecie di reato di associazione a delinquere di stampo mafioso (articolo 416 bis del codice penale). Qual è la proposta di legge della quale è più orgogliosa? Potrebbe essere proprio questa?

Mi fai una domanda molto complicata. Di questa legge non solo sono stata firmataria, ma sono stata anche nel comitato ristretto che se ne è occupato. La legge Rognoni-La Torre fu approvata dopo l’uccisione dell’on. Pio La Torre, grande protagonista della stessa. Se dovessi dire – da siciliana – sul terreno emozionale quale ho apprezzato di più, la legge Rognoni-La Torre mi coinvolge molto per il lavoro che feci nel comitato ristretto, per gli effetti positivi che poi ha avuto nel Paese per combattere la criminalità organizzata e perché per essa Pio La Torre aveva sacrificato la sua vita.

Pio La Torre, deputato dal 1972 al 30 aprile 1982, giorno del suo assassinio ad opera di Cosa Nostra – Fonte: remocontro.it

Poichè dal mio gruppo parlamentare mi è stato richiesto di occuparmi dei diritti delle donne, però, è chiaro che tutti i progetti di legge inerenti mi hanno coinvolta maggiormente. La legge sulla violenza sessuale si intreccia con la mia vita, anche se è state approvata quando ormai non ero più in Parlamento. Molte parlamentari si impegnarono raggiungendo un’unità d’intenti tra schieramenti politici completamente opposti. Ricordo che nel 1996, dopo l’approvazione della legge, mi chiamarono, e il venerdì di Repubblica ci dedicò una copertina: a me che ero considerata la “mamma della legge”, e alle on. Finocchiaro e Mussolini, protagoniste dell’approvazione. Tre donne raffigurate con le mani incrociate: rimarrà un ricordo indelebile. Però, anche altre due leggi furono importanti per me. La prima è quella sulle transessuali, che consentiva il cambiamento di sesso. Mi rese molto felice che una minoranza potesse avere il diritto di ritrovare anche nel corpo la propria identità. Sono stata protagonista anche della riforma della legge sulle adozioni dei minori, che trovai rivoluzionaria: ci fu un vero e proprio ribaltamento della prospettiva legislativa. Si passò dal desiderio di coloro che non avevano figli di diventare genitori, a mettere al centro il bambino e il suo diritto di avere una famiglia. Devo dire che ci sono state delle leggi (sulla tutela delle donne lavoratrici, tutela della maternità, legge di parità) che hanno avuto un iter più facile, perché evidentemente toccavano temi che tutte le donne presenti in parlamento, al di là del loro modo di pensare e schieramento politico, ritenevano giusti. Talvolta su questi temi invece abbiamo dovuto fare battaglie nei confronti dei colleghi uomini, perché dire che si hanno gli stessi diritti e doveri nel lavoro spesso fa venir meno qualche privilegio.

Tina Anselmi, storica figura della Democrazia Cristina, fu un chiaro esempio di come anche forze politiche diverse possono lottare per interessi comuni. Fonte: La Stampa.
Tina Anselmi, storica figura della Democrazia Cristiana, fu un chiaro esempio di come anche forze politiche diverse possono lottare per interessi comuni – Fonte: La Stampa

 

Salvatore: Da recenti statistiche, l’Italia risulta essere un Paese in cui la donna viene concepita ancora come una figura ancorata al passato. Mentre in altri paesi europei oggi la situazione appare sensibilmente diversa. Secondo lei quali sono i fattori che portano l’Italia a rimanere ancora un paese conservatore sulle questioni di genere? E quali sono le modifiche culturali e politiche delle quali necessitiamo?

Indagine riportata dal Corriere della Sera – Fonte: Ipsos indagine per il Laboratorio Futuro

 

Ritengo che 50 anni fa un’indagine di questa natura avrebbe fatto emergere un’arretratezza maggiore. I paesi del nord Europa hanno sviluppato una positiva politica di genere anche in virtù di una cosa: le norme antidiscriminatorie (nessun sesso in quei paesi poteva superare il 60% nelle istituzioni) che hanno dato risultati eclatanti. Queste norme hanno salvaguardato le donne e consentito che potessero mostrare – nell’esercizio effettivo del potere decisionale – tutte le proprie capacità, come avevano fatto gli uomini. Andando oltre questo primo dato, io di solito dico una frase: spesso le donne sono le nemiche delle donne. Non considerare le norme antidiscriminatorie una risorsa per arrivare a una democrazia effettiva in Italia è un errore gravissimo da parte loro, in quanto impedisce di cambiare gli stereotipi della società. Quando saremo al 50% nei luoghi in cui si esercita il potere, allora potremo dire che non abbiamo più bisogno delle norme antidiscriminatorie; fino a quel momento dobbiamo non solo volerle ma favorirle. Inoltre, spesso si sviluppa tra donne un atteggiamento ostile nei confronti di quelle che conquistano posizioni di leadership, quando invece bisognerebbe fare rete unendosi. Andiamo all’ultimo punto: l’Italia è un paese cresciuto in una cultura cattolica, non sempre avanzata. Sì, la Chiesa ha sempre parlato della dignità della donna, del rispetto che l’uomo deve darle, in quanto madre e come perno della vita familiare. Oggi non è più così nella Chiesa: si afferma una visione della donna più dinamica ed aderente alla realtà, anche grazie al Papa attuale, che sulle donne dice cose notevolissime che dovremmo, credenti e non credenti, ascoltare. La religione, anche quando non praticata, nella formazione ha delle conseguenze.

Tuttavia, credo che la più grande rivoluzione del ‘900 sia la rivoluzione femminile perché ha portato a una modifica reale della percezione della vita e del mondo. La mia generazione pensava che eravamo arrivate, che avevamo conquistato tutto; e ci siamo sedute. Oggi le nuove generazioni devono comprendere che non bisogna mai sedersi, ma essere vigili e continuare. Nessuna conquista avviene una volta per tutte, la devi sempre difendere: e al primo campanello d’allarme devi reagire, perché altrimenti ci sarà l’involuzione.

M: In un momento come questo, soprattutto tra i giovani, è diffuso un sentimento di sfiducia nei confronti della politica. Secondo lei come sarebbe possibile rivalorizzare questa nobile ed indispensabile arte?

Innanzitutto la politica negli anni non ha sempre dato buona prova di sé creando una disaffezione dei giovani nei suoi confronti. È cambiato il contesto nel quale tanti giovani, hanno lottato in passato: tante generazioni si sono formate nelle battaglie internazionali; anche adesso accadono altri fatti drammatici (ad esempio in Medio Oriente), però negli anni la politica ha trascurato spesso queste tematiche, così come ha avuto disattenzione verso la scuola che è invece fondamentale nel rapporto società-giovani. Si è affermata una società consumistica, con poca attenzione all’ambientalismo, tema che solo recentemente è tornato a galla. Abbiamo educato giovani generazioni male, in qualche modo perché ci siamo diseducati anche noi. La politica dovrebbe recuperare nuovamente il proprio ruolo: contribuire a far crescere la società e dare buon esempio. Voglio lanciare un messaggio: credo che bisognerebbe andare verso un’alleanza tra giovani generazioni, periodo momentaneo della vita, e il genere,le donne, caratteristica permanente. Sarebbe opportuno che la condizione di difficoltà affrontata dalle donne – ricollegabile a tutte le questioni di genere – fosse affrontata dalle nuove generazioni, un’alleanza tra queste due realtà conseguirebbe ottimi risultati. Certo, i tempi sono cambiati. Ma i protagonisti non possiamo essere noi, dobbiamo fare qualche passo indietro e far venir fuori il potenziale dei giovani, perché solo così cambieremo la società. Mi viene in mente l’inizio della mia esperienza: ricordo che quando mossi i primi passi in politica, da studentessa universitaria, capii che noi studenti avevamo grandi potenzialità se stavamo uniti. Quando fui eletta parlamentare (1976) ci fu un’ondata di giovani donne (passammo al 16%) in un parlamento maschile, un elemento di rottura. Ma il primo anno non fu affatto facile: ho dovuto studiare il doppio degli altri, avevo studiato lettere e feci parte della commissione giustizia per occuparmi di diritti. Non so come i deputati oggi facciano il loro lavoro, ma posso dire che per me è stata un’esperienza pesante. Alla terza legislatura, quando ho ritenuto di avere completato la mia esperienza, ho chiesto di non fare più la parlamentare perché ormai lo sapevo fare, quindi potevo passare a fare altro. Ricordate: se non si studia si diventa praticoni della politica, non politici.

Manifestazione del movimento studentesco (Messina 1968) – Fonte: stampalibera.it

 

E: Quello che vedo spesso è che l’essere eletti come parlamentari viene visto come un punto di arrivo, non come un punto di inizio e di studio, tutto il contrario di quello che – giustamente – ha sottolineato.

Bisogna domandarsi sempre perché si fa politica: fai politica perché ti piace, ma anche perché vuoi contribuire a modificare in meglio le condizioni di vita delle persone. Non puoi fare politica pensando che tutto inizi con te e finisca con te: puoi avere le tue soddisfazioni, ma sapendo che le tue ambizioni devono comunque collocarsi in una cornice molto più ampia, devono coincidere con interessi generali, non solo con i tuoi. Concludo con una nota sull’associazionismo: è questa la nuova forma di fare politica, avvicina i giovani ad essa.

E:Abbiamo notato che nelle task force (nazionali e regionali) solo il 20% è composto da donne; nel comitato tecnico-scientifico ci sono solo uomini. Cosa ne pensa?

Non è concepibile che nel mondo della ricerca le figure femminili – sebbene siano anche particolarmente presenti e preparate – vengono escluse sempre – o quasi – dai ruoli veramente importanti. Lo ritengo inconcepibile prima di tutto per la scienza, in secondo luogo per la democrazia e infine per una parità di diritti e di doveri. Persino delle scoperte delle donne parlano quasi ed esclusivamente gli uomini. Io credo che questi non siano fatti meramente formali: la forma è sostanza.

Concludo con una riflessione sulla scuola: abbiamo un personale docente non motivato, sottopagato, bisogna riqualificarlo e rimotivarlo. Sapete cosa mi auguro? Che essere stati chiusi in casa per tanto tempo, ci abbia dato modo di riflettere, per poter costruire una società migliore, ridisegnando i rapporti economici ed interpersonali: questa pandemia sta facendo venire fuori tutte le diseguaglianze. Ci sarà chi metterà forse per settimane di seguito la stessa mascherina chirurgica e chi ne avrà di tutti i tipi, chi può sostenere la didattica online e chi non ha nemmeno un computer in casa. Se cogliamo l’occasione che fa emergere queste contraddizioni per cambiare questo mondo – se dovessimo riuscire a cambiarlo – forse saremo tutti più felici.

Emanuele Chiara, Cristina Lucà, Salvatore Nucera, Mario Antonio Spiritosanto

Immagine di copertina: LetteraEmme