Covid: dall’11 febbraio inizia una nuova fase con lo stop all’obbligo di mascherina all’aperto

Da ieri, 11 Febbraio, abolito l’obbligo di mascherine all’aperto e riaperte le discoteche. Questa la prima tappa di un percorso  delineato dal governo che dovrebbe terminare entro la data del 15 giugno prossimo, quando scadrà l’obbligo vaccinale per gli over 50.

Da ieri, 11 febbraio, stop alle mascherine all’aperto, tranne che in caso di assembramento (fonte: triesteallnews.it)

Via le mascherine all’aperto, ma attenzione agli assembramenti

Inizia una nuova fase, che parte proprio dall’abolizione della mascherina all’aperto. Bisognerà, però, sempre portarle con sé e metterle in caso di assembramenti o situazioni dove non sia possibile stare a distanza dalle altre persone.

I dati sulla pandemia sono finalmente confortanti. Sembra che, nonostante le drammatiche cifre raggiunte durante questi mesi, la situazione epidemiologica stia migliorando davvero. Però, per ora, come consigliato dagli esperti è giusto guardare con ottimismo agli attuali miglioramenti, seppur ancora timidi.

Il vaccino è stata la nostra più grande arma contro questo virus e continuerà ad esserlo ancora, infatti si pensa a un richiamo annuale. Il nostro organismo sarebbe pronto a convivere con la malattia, senza che questa, costituisca nella maggior parte dei casi, un pericolo insormontabile. Quindi sarebbe giunto il momento di voltare pagina, seppur con cautela.

«Siamo verso l’uscita ma dobbiamo avere cautela, continuare con i comportamenti prudenti» ha dichiarato il ministro Roberto Speranza.

Questa decisione è carica anche di significato simbolico, testimonia una virata concreta verso la fine delle restrizioni. L’introduzione delle mascherine all’aperto è una misura che era stata deliberata con il decreto del 13 ottobre del 2020, dall’allora premier Giuseppe Conte.

L’obbligo di indossare le mascherine al chiuso, invece, rimarrà ancora fino al 31 marzo, data in cui è stata fissata la fine dello stato di emergenza.

Il testo del provvedimento enuncia:

«Fino al 31 marzo 2022 è fatto obbligo sull’intero territorio nazionale di indossare i dispositivi di protezione delle vie respiratorie nei luoghi al chiuso diversi dalle abitazioni private».

Rimangono, comunque, esenti dall’obbligo: i bambini di età inferiore ai sei anni; le persone con patologie o disabilità incompatibili con l’uso della mascherina, nonché le persone che devono comunicare con un disabile che e non possono fare uso del dispositivo; tutte le persone mentre svolgono attività sportiva.

«Oggi finalmente lanciamo via l’obbligo delle mascherine all’aperto nell’attesa di farlo presto anche al chiuso. Gli ospedali non sono più in affanno per il Covid e si vede una luce all’orizzonte sempre più forte. Torniamo alla vita che abbiamo sempre fatto prima del Covid.».

Bassetti invita all’ottimismo (fonte: profilo Instagram ufficiale di Matteo Bassetti)

Queste le parole del direttore della Clinica di Malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, Matteo Bassetti, scritte sui suoi profili social, in merito alla disposizione del governo. Ha pubblicato una foto che lo ritrae come forse non ci saremmo facilmente aspettati: lo si vede, infatti, lanciare in aria proprio una mascherina, accompagnata da altre parole: «Finiamola di pensare alla positività Covid come l’anticamera del patibolo». L’infettivologo ha infatti ricordato ancora una volta il grande aiuto che ci hanno dato i vaccini: «Hanno depotenziato gli effetti gravi di questo virus. Bisogna tornare a uscire a cena, a viaggiare, a divertirsi, a ballare e a pensare al futuro in maniera positiva. Viva la vita!».

 

In Campania l’obbligo resta

Il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, è contrario a questa disposizione. Lo ha dichiarato in una diretta, nella stessa giornata di ieri.

Quando si passeggia in una strada commerciale, come si fa a distinguere l’assembramento dal non assembramento? È più semplice indossarla, visto che è obbligatoria sui mezzi di trasporto, nei locali al chiuso e nei negozi. Quindi, è preferibile fare un gesto di prudenza ancora per qualche settimana, saltare un po’ il periodo di Carnevale e mantenerci tranquilli per evitare di far riaccendere il contagio.

De Luca, dunque, ha predisposto un allungamento dell’obbligo delle mascherine all’aperto, di ancora una settimana. La preoccupazione nasce dal fatto che la Campania è la regione con maggiore densità di popolazione e gli assembramenti possono essere molto più frequenti che altrove, rischiando di pregiudicare il miglioramento della situazione.

 

Ripartono le discoteche e si lavora sulle capienze, anche per gli impianti sportivi

L’altra importante novità riguarda le discoteche. A lungo si è discusso sul ritorno in pista e finalmente è arrivato il momento. Ieri, 11 febbraio, insieme alla disposizione sulle mascherine è arrivato il momento della riapertura delle piste da ballo. Dopo numerose lamentele da parte dei proprietari delle discoteche, che hanno risentito più a lungo delle restrizioni, questo fine settimana si torna a ballare.

Ovviamente vi sono delle regole: potrà entrare solo chi è in possesso di green pass rafforzato, quindi chi si è sottoposto a tre dosi di vaccino o chi è guarito dal covid; la mascherina dovrà esser tenuta nelle discoteche al chiuso, ma non vi sarà l’obbligo in pista, mentre si balla. Nelle discoteche all’aperto si potrà tornare senza dispositivi di protezione. Vi sono dei limiti di capienza, non superiore al 75% per le strutture all’aperto e 50% al chiuso.

Si sta lavorando sui limiti di capienza anche per gli impianti sportivi, in collaborazione con la sottosegretaria allo Sport, Valentina Vezzali, per attuare un percorso graduale fino alla completa riapertura degli impianti sia all’aperto che al chiuso:

«Si lavora a un primo allargamento, a partire dal primo marzo, che porterà al 75% e al 60% il limite delle capienze rispettivamente all’aperto e al chiuso. Per poi proseguire con le riaperture complete, qualora la situazione epidemiologica continuasse il suo trend di calo.».

(fonte: theworldnews.net)

Super green pass ora illimitato

Diverse le ipotesi riguardo la validità del Super Green Pass. Come suddetto, per ora non è prevista dal governo l’ipotesi di una quarta dose, in accordo secondo quanto sostenuto dagli esperti, che raccomandano, invece, un richiamo annuale per il futuro. La situazione di copertura di chi si è sottoposto alla terza dose è equiparata a quella di coloro che sono guariti dal Covid dopo il completamento del ciclo vaccinale primario.

Il green pass rafforzato, dunque, ora è considerato illimitato.

La copertura delle vaccinazioni ha fatto stabilire che agli studenti nella fascia 12-18 anni, il cui tasso di vaccinazione è intorno all’80%, potrà essere evitata la Dad. Quest’ultima verrà attivata solo per i non vaccinati della scuola secondaria, a partire dal secondo contagio in classe, e, inoltre, la quarantena, in caso di stretto contatto con un positivo, è stata dimezzata da 10 a 5 giorni.

Anche negli altri Paesi europei si sta andando verso le riaperture totali, in alcuni casi in maniera pure più spedita. In Francia, ad esempio, si pensa all’abolizione del green pass tra la fine di marzo e l’inizio di aprile, come dichiarato dal ministro della salute francese, mentre le mascherine da questo mese sono obbligatorie solo sui mezzi pubblici e nei luoghi in cui non è previsto obbligo Super Green Pass, anche se l’attenzione rimane alta. Gabriel Attal ha dichiarato: «C’è un inizio di miglioramento negli ospedali e ci sono proiezioni che possono farci sperare che entro la fine di marzo o l’inizio di aprile la situazione negli ospedali sarà sufficientemente tranquilla da permetterci di revocare il pass vaccinale».

La discussione in merito rimane aperta in Italia e, secondo le prime valutazioni, la certificazione verde dovrebbe esser usata almeno fino a metà giugno, data in cui è fissata la scadenza dell’obbligo vaccinale.

 

Rita Bonaccurso

Fast Vax: UniMe apre le porte della Cittadella, prenota il tuo vaccino

Si aprono le porte della Cittadella sportiva per permettere a tutti gli studenti, i dipendenti, gli utenti, gli sportivi e le loro famiglie di vaccinarsi contro la Covid-19. È questa l’ennesima iniziativa di UniMe, condivisa con l’Ufficio del Commissario ad acta per l’Emergenza territoriale da Covid-19 per la Città Metropolitana di Messina, nell’ambito dell’emergenza sanitaria che interessa il mondo intero da quasi due anni.

L’evento

L’evento sarà giorno 24 settembre 2021, in occasione della Notte europea dei ricercatori, dalle ore 10:00 alle ore 18:00.

Fonte: locandina da unime.it

Ancora una volta l’Università degli Studi di Messina con l‘Ufficio per l’emergenza Covid-19, continua a sottolineare l’importanza della vaccinazione per il contenimento della pandemia.

Come prenotarsi

Al fine di semplificare le procedure di vaccinazione è consigliata la prenotazione, che servirà anche per avere la priorità durante l’open day. Dalle ore 10 alle ore 15 si procederà preferenzialmente con le vaccinazioni di studenti e dipendenti, a seguire con gli sportivi e le loro famiglie.

È possibile prenotarsi entro giovedì 23 settembre, secondo una delle seguenti modalità:

  • in presenza presso la segreteria;
  • telefonando ai numeri 0906764679 oppure 0906764682, dalle 9.00 alle 19.00.

Documenti da avere con sè

Si ricorda agli utenti che intendono sottoporsi alla vaccinazione di essere provvisti dei seguenti documenti:

  • documento d’identità;
  • tessera sanitaria;
  • modulo di consenso (da stampare e compilare);
  • nel caso di minori: modulo per la vaccinazione dei minori – NB: l’accesso alla vaccinazione per tale fascia di età è consentito solo a chi ha già compiuto il dodicesimo anno di età, che dovrà essere accompagnato da uno dei genitori/tutori/affidatari.

In allegato: Schema tipo linea vaccinale

Giovanni Alizzi

Da domenica Israele somministrerà la terza dose di Pfizer. In Italia aperto il dibattito tra gli esperti

Secondo quanto annunciato dal ministero della Sanità locale, in Israele le persone con più di 60 anni che hanno già completato il ciclo vaccinale potranno ricevere, a partire da domenica, se sono trascorsi oltre cinque mesi dall’inoculazione della seconda dose, una terza dose Pfizer. Israele è il primo paese a compiere un passo simile.

Vaccinazioni in Israele – Fonte: www.ansa.it

“Un trend gradualmente in declino dell’efficacia vaccinale”

Mercoledì un team di esperti aveva consigliato di avviare la somministrazione della terza dose dopo aver notato un calo nell’efficacia del vaccino fra quanti sono stati immunizzati sei mesi fa. Il primo a ricevere la terza dose sarà il capo dello Stato Isaac Herzog.

A parlare di “un trend gradualmente in declino dell’efficacia vaccinale” è uno studio inserito nella piattaforma MedRxiv e supportato da Pfizer e Biontech. Gli esperti hanno notato che, dopo il picco raggiunto dopo la seconda dose e fino a 2 mesi l’efficacia è del 96,2 %, dopo i 2 mesi ed entro i 4 la percentuale scende fino al 90, 1 %, dai 4 ai 6 mesi è dell’ 83,7 %.  Lo studio ha calcolato un calo medio di efficacia del vaccino Pfizer del 6% ogni 2 mesi. Fino a 6 mesi il vaccino ha comunque un profilo di sicurezza favorevole ed è altamente efficace, ma sia il trend in calo sia la diffusione capillare della variante Delta hanno fatto pensare alla necessità della terza dose.

A preoccupare Israele non è soltanto l’accertato calo di efficacia del vaccino ma anche i dati più recenti relativi ai nuovi casi di coronavirus. Ieri i contagi sono stati 2.165. I malati gravi sono saliti a 159 e l’indice di contagio si è attestato adesso sull’1,35 %.

Da ieri, infatti, è tornato in vigore il Green Pass sanitario, grazie a cui verranno limitati gli ingressi nei locali al chiuso a chi è stato vaccinato, a chi sia guarito del Covid e a chi sia in possesso di un test Pcr (tampone) negativo eseguito nel corso nelle 72 ore precedenti. Inoltre, il Ministero della salute israeliano ha annunciato che dall’1 agosto potranno essere vaccinati anche i bambini tra i 5 e gli 11 anni che rischiano complicazioni gravi o la morte a causa del Covid-19.

Il parere dell’Ema e dell’Oms

Non tutti sono pronti a seguire l’esempio di Israele. Secondo quanto dichiarato dall’Ema«è troppo presto per confermare se e quando ci sarà bisogno di una dose di richiamo, perché non ci sono ancora abbastanza dati dalle campagne vaccinali». 

Dubbiosa è anche l’Oms che invita a pensare ai paesi più poveri che non hanno ancora fatto le prime dosi o, addirittura, non dispongono di vaccini.

Nel frattempo la Commissione Europea, che non vuole farsi trovare impreparata, sta stringendo accordi con Pfizer-Biontech e con Moderna per nuove dosi. “Siamo molto consapevoli che servirà un rafforzamento del vaccino ed è il motivo per cui ci stiamo preparando, ad esempio concludendo un terzo accordo con Biontech/Pfizer, che prenota per la Ue 1,8 miliardi di dosi che servono se occorrerà fare una terza dose, oppure per combattere le varianti, o se servirà vaccinare altri gruppi come ragazzi e bambini”, ha dichiarato un portavoce della Commissione Ue.

Il dibattito in Italia

Anche in Italia si è aperto il dibattito sull’opportunità della somministrazione della terza dose. Questa probabilmente, secondo il parere di medici e virologi, sarà rivolta a soggetti fragili come anziani, immunodepressi, pazienti oncologici.

L’infettivologo Matteo Bassetti – Fonte: www.ansa.it

Secondo Matteo Bassetti, primario di Malattie infettive all’ospedale San Martino di Genova, non ci sono ancora dati a sufficienza per dire con certezza che la terza dose andrà fatta e bisognerebbe vedere i dati delle seconde dosi per capire se chi ha fatto il vaccino ad un anno di distanza ha ancora gli anticorpi. Per quanto riguarda la variante Delta, sostiene l’infettivologo: “Dai dati che arrivano dalle aziende, la terza dose del vaccino a mRna è in grado di alzare di cinque volte la risposta immunitaria contro la variante Delta. Ma due dosi di vaccino proteggono dalle forme gravi della malattia, chi ha completato il ciclo è dunque perfettamente coperto”.

Mario Clerici, docente di immunologia dell’università degli Studi di Milano, sostiene la necessità della terza dose soltanto per pazienti immuno-depressi.

Secondo Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di medicina molecolare dell’università di Padova, considerando che la variante Delta può avere gravi ripercussioni, tra coloro che hanno completato la vaccinazione da 7-8 mesi, su soggetti fragili e anziani, l’opportunità della terza dose è da valutare proprio per questi soggetti.

“Credo sia da prendere in considerazione la terza dose di vaccino anti-Covid. Anche un recente articolo della Pfizer evidenzia qualche defaillance dopo 6 mesi dal vaccino e quindi bisogna pensarci, perché siamo, me compreso, verso la fine e comincia a vedersi anche personale sanitario, come altri cittadini, positivo. Quindi, situazioni che per certi versi inquietano rispetto all’operatività degli ospedali e delle strutture sanitarie”, ha detto il virologo Fabrizio Pregliasco, docente dell’Università Statale di Milano.

Massimo Galli, direttore di Malattie infettive all’ospedale Sacco di Milano, sostiene che la somministrazione di una terza dose non ha senso, neanche per soggetti a rischio, se prima non è stata valutata la presenza di anticorpi.

L’infettivologo Massimo Galli – Fonte: www.ansa.it

Terza dose anche di AstraZeneca?

Il dibattito sulla terza dose ha riguardato soprattutto i vaccini a Rna messagero. Per quanto riguarda quelli con adenovirus, l‘amministratore delegato di AstraZeneca Pascal Soriot, ha dichiarato di non avere elementi per dire con certezza se servirà o meno una terza dose del vaccino e che sarà il tempo a dare delle risposte. “Ci sono due dimensioni dell’immunità: gli anticorpi, che calano con il tempo, e la seconda, importantissima, le cellule T, che tendono a proteggere le persone dalla malattia grave ma offrono anche durata nel tempo. Con la tecnologia che utilizziamo, abbiamo una produzione molto elevata di cellule T. Speriamo di avere un vaccino durevole che protegga per un lungo periodo di tempo”, ha spiegato il manager.

Chiara Vita

Dal 1° luglio via al Green pass europeo, ma molti i dubbi e i ritardi

(fonte: altroconsumo.it)

Nonostante dieci milioni di italiani circa, lo hanno già ricevuto, ma il triplo di cittadini già vaccinati lo attende ancora. Parliamo del Green pass, certificazione valida per spostarsi per tutta Europa, la cui distribuzione è già iniziata, ma riguardo la quale vi sono ancora alcuni nodi da sciogliere.

Non meno dubbi vi sono sul “Eu digital Covid certificate”, la certificazione verde europea per gli spostamenti in Europa. Bisogna ricordare che, infatti, vi è differenza, tra il Green pass italiano e il certificato europeo: strumenti simili, ma diversi, regolati da disposizioni diverse.

Con il documento rilasciato in Italia, i cittadini italiani, vaccinati anche con una sola dose o con tampone negativo, sarebbero liberi di spostarsi in tutti i Paesi Ue o dell’area Schengen senza sottoporsi a quarantene o altre restrizioni, in caso di viaggi e vacanze.

Così è previsto anche per chi possiede il Pass europeo – al via dal 1° luglio – generato per tutti i cittadini Ue che abbiano questi requisiti: siano stati vaccinati oppure siano guariti dal Covid-19 o si siano sottoposti a un test con risultato negativo.

Tutti gli Stati membri devono fornire canali digitali per il rilascio gratuito del certificato, tramite, dunque, un’app o un portale per il rilascio dei certificati sia in digitale che in versione cartacea.

Il documento, come il Green pass italiano, eviterà ai viaggiatori di essere sottoposti a restrizioni all’interno dell’Unione, contribuendo così al graduale ripristino della libera circolazione in Europa.

Su queste condizioni, però, sono arrivati maggiori dettagli, che sembrano creare un po’ di confusione.

 

Rilascio e riconoscimento delle certificazioni europee

Ogni Paese Ue sarebbe libero di riconoscere e rilasciare la certificazione verde europea anche dopo la prima dose. Il numero di dosi sarà chiaramente riportato nel documento, per rendere noto se il ciclo vaccinale è stato completato o meno. Ogni Stato, però, può decidere come comportarsi al riguardo: quindi un Paese Ue potrebbe rilasciare il certificato dopo la prima dose, ma un altro sarebbe libero di non riconoscerlo e di richiedere un ciclo vaccinale completo o un test.

I Paesi dello Spazio economico europeo (See), Islanda, Liechtenstein e Norvegia, potranno utilizzare il sistema dei certificati Covid digitali Ue. I certificati rilasciati dalla Svizzera dovrebbero essere accettati alle stesse condizioni, dopo che la reciprocità sarà confermata dalla Svizzera.

In ogni caso, esiste un regolamento riguardo le certificazioni verdi, emanato dalla Commissione Ue e a cui tutti gli Stati membri devono attenersi. Secondo questa, gli Stati devono adottare le stesse condizioni per i propri cittadini in partenza verso l’Europa a tutti i cittadini Ue in entrata.

Le regole valgono per tutti

Quindi, se uno Stato membro decide di abolire le restrizioni di viaggio per i propri cittadini che dispongono di un certificato per la prima dose di un vaccino a due dosi, deve estendere lo stesso trattamento a tutti i cittadini dell’Unione.

Tale regolamento, accessibile a tutti via Internet, lascia, però, aperta, a tutti gli Stati, la possibilità di sottoporre i viaggiatori, provenienti dall’Europa, a una quarantena. Ciò solo nel caso di particolare aggravamento della situazione epidemiologica nel Paese di provenienza, in queste settimane, specificatamente riconducibile alla diffusione della variante Delta, motivo per il quale si potrebbe premere un po’ il freno.

Il regolamento prevede infatti che gli Stati membri si astengano dall’imporre ulteriori restrizioni di viaggio ai titolari di un certificato per il Covid, a meno che non siano necessarie e proporzionate per tutelare la salute pubblica.

Però, proprio qualche giorno fa, la Germania ha imposto un divieto di viaggio per chiunquesalvo i propri cittadini – provenga dal Portogallo, considerato area a rischio per la diffusione della variante.

L’Ue spinge per un uso sempre maggiore delle certificazioni

Dalla Commissione Europea, è arrivata, nei giorni scorsi, una comunicazione con la quale si caldeggia un uso ancor più vasto della certificazione: non solo per viaggi e concerti, ma anche per l’accesso ai ristoranti e gli altri locali, come pure per la partecipazione a tutti grandi eventi. Il commissario alla Giustizia, Didier Reynerds, durante una conferenza stampa, ha spiegato che questa è una raccomandazione tesa a “evitare confusione e frammentazione” delle regole in Europa e un’organizzazione più efficiente.

In Italia, ad esempio, è stato già stabilito che a regolare l’accesso a post cerimonie – matrimoni, cresime, comunioni, battesimi – e feste private sarà il green pass.

Il suggerimento è stato subito accolto dal governo irlandese per ristoranti e gli altri tipi di locali, che avrebbero dovuto riaprire gli spazi al chiuso per tutti dal 5 luglio. Dunque, un nuovo cambio di marcia e l’ingresso sarà consentito soltanto a chi potrà dimostrare di essere stato totalmente vaccinato o di aver contratto il coronavirus ed essere guarito negli ultimi 9 mesi.

 

I ritardi sul rilascio delle certificazioni: le soluzioni dei Paesi Ue

Considerando che, in tutta Europa, compresa l’Italia, numerosi sono ritardi riguardo il rilascio delle certificazioni, in molti si chiedono se sarà possibile viaggiare senza.

La risposta è affermativa e nello specifico: fino al 12 agosto sarà possibile viaggiare in Europa anche senza Certificazione verde, dovendo, però, esibire le certificazioni di avvenuta vaccinazione, di guarigione dalla malattia o di avvenuto test, rilasciate, dalle strutture sanitarie, dai medici e dalle farmacie autorizzate. Per queste certificazioni valgono gli stessi criteri di validità e durata della Certificazione verde.

Dunque, anche con esito negativo a un tampone, secondo le tempistiche previste, ci si potrà spostare, stampando il risultato del test e mostrandolo al momento del check-in o dei controlli di frontiera. Si potrà anche usare il codice QR (ve ne è uno per ogni singolo tampone), che compare sulla app Io, inserendolo su Immuni, per ottenere così il certificato necessario, con una durata di 48 ore. Vi è però un monito: non sempre chi controlla è dotato di lettore ottico del codice e per questo è meglio avere una copia cartacea.

 

Le disposizioni sugli arrivi nei singoli Paesi Ue

(fonte: confcommercio.it)

Per gli arrivi in Italia è concesso l’accesso anche con una sola dose dei vaccini Astrazeneca, Pfizer o Moderna, oltre che, ovviamente, con la singola inoculazione Jhonson&Jhonson.

Per tutti gli altri Paesi Ue e dell’area Schengen, è necessario aver effettuato da 14 giorni la seconda dose dei vaccini a due inoculazioni o dall’unica somministrazione di J&J.

Ci sono delle eccezioni per gli obblighi all’arrivo in alcuni Paesi. Chi vuole recarsi in Spagna in aereo deve compilare un modulo elettronico entro 48 ore dalla partenza, ma chi arriva via terra — in auto o treno — non è obbligato. In Grecia, invece, è prevista l’applicazione di un test rapido secondo un sistema di campionamento mirato.

L’Italia ha previsto, invece, altre misure per gli italiani che rientrano dall’estero. Bisognerà, infatti, registrarsi e inviare i propri dati attraverso il «Passenger locator form» – disponibile sul sito app.euplf.eu – procedura per la quale si otterrà un codice QR. Non sarà necessario svolgere questa procedura se ci si sposterà per meno di 48 ore all’estero.

È possibile l’ingresso in Italia da Israele, Stati Uniti, Giappone e Canada con certificazioni specifiche dai singoli Stati emanate. Queste devono essere al completamento del ciclo vaccinale deve riferirsi ad uno dei quattro vaccini approvati dall’Ema: Comirnaty di Pfizer-BioNtech, Moderna, Vaxzevria (AstraZeneca), Janssen (Johnson & Johnson).

 

Rita Bonaccurso

Un’Italia in bianco: tutte le Regioni passano nella zona a basso rischio, tranne una

L’Italia si tinge tutta di bianco, o quasi. Tutte le regioni passano nella fascia a rischio più basso, tranne la Valle d’Aosta. Via tutte le restrizioni, tranne l’obbligo della mascherina all’aperto, del quale oggi si deciderà se mantenerlo o meno. Si attende il parere del Cts.

 

La cartina dell’Italia, progressioni nelle ultime settimane fino ad oggi, 21 giugno, con il Paese tutto in bianco tranne una regione (fonte: ilmessagero.it)

 

I nuovi confortanti dati

L’indice Rt nelle regioni si aggira intorno al valore di 1, tranne per tre di esse – Basilicata, Friuli-Venezia Giulia e Molise – dove comunque resta moderato. In realtà, solo la scorsa settimana, una sola era regione si trovava in tale condizione.

Il ministro della Salute, Roberto Speranza, ha comunque – spinto dai dati in ogni caso confortanti – firmato la nuova ordinanza, in vigore da oggi, 21 giugno, per l’appunto, disponendo il passaggio in zona bianca delle Regioni che ancora mancavano ancora all’appello, cioè Basilicata, Calabria, Campania, Marche, Sicilia, Toscana e Provincia Autonoma di Bolzano. Avevano tutte una incidenza abbondantemente sotto i 50 casi per 100mila abitanti, come hanno certificato i tre monitoraggi consecutivi.

La pressione sulle strutture ospedaliere si è confermata al di sotto della soglia critica. In nessuna Regione, infatti, si supera la soglia critica di occupazione dei posti letto in terapia intensiva o in area medica. Il tasso di occupazione in terapia intensiva è 6%, con una diminuzione nel numero di persone ricoverate che passa da 688 a 504. Il tasso di occupazione in aree mediche a livello nazionale anche scende al 6%, con il numero di persone ricoverate in queste aree che passa da 4.685 a 3.333.

Per il 28 giugno, si auspica davvero tutta la Penisola in bianco, nonostante i possibili rischi per le tre suddette Regioni.

 

Cosa cambia

Via il coprifuoco, anche nella zona gialla, perché precedentemente deciso l’abolizione per la data di oggi. Le attività di ristorazione avranno la possibilità di rimanere aperte senza limiti. Nessuna restrizione sul numero di persone ai tavoli all’aperto – tra i quali deve esserci comunque il distanziamento di un metro –mentre nei bar e nei ristoranti al chiuso potranno sedere allo stesso tavolo massimo sei persone, salvo che siano tutti conviventi. Aperti nei fine settimana i centri commerciali.

Attesissima la riapertura di musei, teatri, cinema, palestre, piscine e università.

Si ricorda che nelle palestre e nelle piscine non si potrà fare la doccia e che le discoteche – su cui molte sono state le polemiche – per ora, restano chiuse, o meglio, potranno riaprire, e si potrà frequentarle solo per sfruttare servizio bar e ristorante al loro interno, non per ballare.

 

Mascherina sì o no?

Si attende il pomeriggio per il responso del Comitato tecnico scientifico al parere richiesto dal Ministero della Salute sulla fine dell’obbligo di mascherina negli spazi all’aperto, a meno che non ci si trovi in una situazione in cui è impossibile garantire il distanziamento. Infatti, bisognerà comunque mantenere il distanziamento con i non congiunti e indossare il dispositivo in punti a rischio assembramento, quindi averlo sempre con sé.

(fonte: ansa.it)

Della possibile data in cui il cambiamento potrebbe avvenire, ci sono delle ipotesi. Si fa sempre più compatto il fronte di chi spinge per inizio luglio, forse il 5, ma c’è anche l’altra ipotesi di lunedì 28 giugno, primo giorno in cui tutta la Penisola sarà in zona bianca, compresa Valle d’Aosta.

Ricordiamo che l’uso delle mascherine all’aperto è stato finora obbligatorio, con delle eccezioni:

  • mentre si effettua attività sportiva;
  • mentre si consuma cibo o bevande, nei luoghi e negli orari in cui è consentito;
  • quando si è soli o in presenza esclusivamente dei propri conviventi;
  • per bambini sotto i 6 anni di età;
  • per persone che, per la loro invalidità o patologia, non possono indossare la mascherina;
  • per gli operatori o le persone che, per assistere una persona esente dall’obbligo, non possono a loro volta indossare la mascherina, come, per esempio, nel caso di chi deve interloquire con persona sordomuta nella L.I.S.

Resterà obbligatorio l’uso al chiuso e fortemente consigliato in abitazioni private, in presenza di persone non conviventi, dove non è possibile effettuare controlli.

Per quanto riguarda i contesti lavorativi e le attività con bambini dai 6 anni in su, la mascherina è obbligatoria nelle situazioni previste dagli specifici protocolli di settore, così come anche per i professionisti che lavorano in uno studio, ad eccezione dei casi in cui l’attività si svolga individualmente e sia garantita, in modo continuativo, la condizione di isolamento rispetto a persone non conviventi.

(fonte: ilfattoquotidiano.it)

Dove l’attività professionale comporti un contatto diretto e ravvicinato con soggetti non conviventi o lo svolgimento in ambienti di facile accesso dall’esterno o aperti al pubblico, e non sia possibile rispettare in modo continuativo la distanza interpersonale di almeno 1 metro, occorre sempre utilizzare i dispositivi di protezione individuale.

La data per lo stop alla mascherina all’aperto sarà calcolata anche in base alla percentuale di popolazione vaccinata, tenendo conto delle somministrazioni sia per la prima che per la seconda dose. La data, dunque, verosimilmente più idonea alla fine dell’obbligo sembrerebbe quella di inizio luglio.

 

La variante Delta potrebbe far premere sul freno

Per il varo della decisione sullo stop alle mascherine all’aperto c’è il pressing dei partiti sul Cts e sul Governo, solo il Partito Democratico e il ministro della Salute Speranza sono rimasti gli unici a credere in un approccio “rigorista”. Consistente soprattutto la preoccupazione è per la variante Delta (l’ex indiana).

Costante il monito dal mondo della scienza rimarca la necessità di non sottovalutare i rischi. La variante, infatti, ormai si sa essere più contagiosa del 50% di quella Alpha (l’ex inglese). Inoltre, sembrerebbe che una sola dose di vaccino potrebbe non bastare.

In Italia, per ora, secondo i dati aggiornati a una decina di giorni fa, la variante Delta è sotto controllo. Ad essa sarebbe riconducibile l’1% circa dei contagi nel nostro Paese, con picchi del 3% nel Lazio e modesti focolai in Lombardia e Puglia.

Però, la percentuale è destinata ad aumentare con il prossimo monitoraggio, secondo le previsioni. Il ministro Speranza ha disposto una nuova «indagine rapida» per stimare la diffusione nel Paese delle principali varianti del coronavirus in Italia, a partire proprio dalla Delta.

Intanto, per le persone provenienti dal Regno Unito, è stata resa obbligatoria la quarantena di 5 giorni all’arrivo in Italia.

 

Rita Bonaccurso

Muore una diciottenne in Liguria: si indaga su possibili correlazione con vaccinazione AstraZeneca, il vaccino che continua a generare aspri dibattiti

Muore a soli diciott’anni: si indaga sulla causa

Camilla Canepa, muore a diciotto anni (fonte: tg24.sky.it)

Non ce l’ha fatta Camilla Canepa, la diciottenne di Sestri Levante ricoverata per la rimozione di un trombo. L’attenzione è rivolta soprattutto a capire i legami tra l’accaduto e la somministrazione del vaccino contro il Covid a cui la ragazza si era sottoposta pochi giorni prima.

“Purtroppo, poche ore fa, Sestri Levante è stata colpita da un lutto che mai avremmo voluto vivere. L’amministrazione comunale e tutta la città si stringono intorno alla famiglia della ragazza scomparsa oggi. In questo momento di dolore esprimo tutto il mio affetto e la mia vicinanza ai familiari di Camilla.”. Queste sono le dichiarazioni della sindaca di Sestri Levante, Valentina Ghio.

Camilla era stata vaccinata con AstraZeneca il 25 maggio, durante il primo open day in Liguria aperto agli over 18.

L’anamnesi di prassi era risultata negativa, perciò si era proceduto con la prima dose di AstraZeneca. Il 3 giugno, la ragazza era stata costretta a recarsi al pronto soccorso dell’ospedale di Lavagna per cefalea e fotofobia. Così era stata sottoposta a Tac cerebrale ed esame neurologico, entrambi risultati negativi e perciò dimessa, ma con raccomandazione di ripetere gli esami del sangue dopo 15 giorni.

Pochi giorni dopo, il 5 giugno, era tornata al pronto soccorso presentando deficit motori. Così venne ricoverata al San Martino. Sottoposta a Tac cerebrale, risultò un’emorragia e così era stata trasferita nel reparto di Neurochirurgia dove è stata sottoposta a due interventi chirurgici. I medici hanno proceduto con la rimozione di un trombo al seno cavernoso, per la ridurre la pressione intracranica.

 

Le autorità ipotizzano un reato, ma in Procura aperti altri fascicoli per possibili correlazioni con vaccino AstraZeneca

L’autorità ora avanzano l’ipotesi che, forse, Camilla avrebbe potuto essere operata già due giorni prima. È questo quanto vogliono verificare il pubblico ministero Stefano Puppo e il procuratore aggiunto Francesco Pinto, i quali, in un primo momento, avevano aperto un fascicolo senza ipotesi di reato sulla vicenda. Il reato ipotizzato, dunque, è stato quello di lesioni colpose, ma, in seguito al decesso, il procuratore capo Francesco Cozzi annuncia l’indagine per omicidio colposo, al momento, contro ignoti.

La Procura, intanto, ha richiesto tutta la documentazione relativa all’iter per la vaccinazione, ma anche al primo accesso al pronto soccorso, le successive dimissioni e il secondo ricovero.

Inoltre, però, vi sono già altri quattro fascicoli aperti per persone morte dopo la vaccinazione, tutti affidati al medico legale Luca Tajana che sta collaborando con l’ematologo Franco Piovella. Entrambi si occuperanno anche del caso di Camilla, procedendo con l’autopsia.

Il primo dei quattro casi indagati riguarda un’insegnante di 32 anni, Francesca Tuscano, a cui era stato inoculato AstraZeneca. Poi, il decesso del 15 maggio di un’anziana di 83 anni a cui era stato somministrato Pfizer, in quanto soggetto fragile. Sempre al San Martino, pochi giorni fa, è stata ricoverata anche una donna savonese di 34 anni che, mentre si trovava al lavoro, ha avvertito un forte mal di testa, che l’ha spinta a recarsi al pronto soccorso del Policlinico. Dai primi esami effettuati, era emerso un livello basso di piastrine nel sangue. Poi, da quanto riferito dai medici, anche questa donna è stata operata e ora si trova in Rianimazione.

Alla luce dei fatti, la Regione Liguria ha proceduto con la sospensione di un lotto di dosi AstraZeneca.

 

Altri casi sospetti in Italia, come quello di Irene Cervelli, insultata sui social

Si trova adesso a Pisa in prognosi riservata, la 41enne di Capannori, Irene Cervelli, colpita da ictus una settimana dopo aver ricevuto la prima dose di AstraZeneca. Ancora non si hanno certezze sulla correlazione, anche in questo caso, tra la vaccinazione e l’accaduto.

Irene Cervelli (fonte: blogsicilia.it)

La vicenda ha dell’inverosimile: sulla pagina Facebook della donna, sono comparsi molti insulti choc da parte di alcuni No Vax. «Te la sei cercata», «Non dovevi vaccinarti» sono alcune delle orribili frasi che si possono trovare.

Intanto il legale della donna Giovanni Mandoli, in una nota ha dichiarato che la famiglia non vuole dare spazio a questi “leoni da tastiera” e di sperare che «il Cts e la Regione Toscana rivalutino l’apertura di open day AstraZeneca per persone under 50 fintanto che non sia stata fatta piena chiarezza su quanto accaduto».

Il blocco AstraZeneca per gli under 60: si attende la decisione del Cts

Sembra che il Ministero della Salute stia andando verso un definitivo e generale blocco delle vaccinazioni AstraZeneca agli under 60. Questa sarebbe un grande cambio di rotta, poiché molti sono stati gli open day organizzati proprio per vaccinare i più giovani con questo vaccino.

In alcune zone di Italia vi erano già delle disposizioni a procedere con altri vaccini per i più giovani, riservando AstraZeneca principalmente agli over 60 e agli uomini. Molti dubbi, infatti, anche sulla somministrazione a donne under 40, le quali in molte Regioni venivano indirizzate alla somministrazione di altre dosi.

I Governatori delle Regioni protestano e chiedono una linea chiara e definitiva. Intanto il ministro della Salute, Roberto Speranza, in attesa della decisione del Cts, continua a sostenere che “tutti i vaccini sono sicuri”. Il responso sta tardando ad arrivare e ciò sottolinea la difficoltà nella decisione. La natura di quest’ultima pregiudicherà anche lo sviluppo di un altro dibattito molto acceso, ovvero quello sulla decisione di somministrare, o meno, come seconda dose un vaccino diverso da AstraZeneca, a vettore adenovirale, anche a chi è stato vaccinato con quest’ultimo per la prima dose.

 

Rita Bonaccurso

Vaccini anti-Covid-19: passi in avanti anche per i più piccoli

La campagna vaccinale anti-Covid-19, iniziata negli scorsi mesi, sta coinvolgendo unicamente la popolazione adulta. Nel contempo, le più importanti case farmaceutiche internazionali hanno iniziato dei trials clinici volti a documentare l’efficacia della vaccinazione per la protezione dei più piccoli. Si propone di seguito un’aggiornata rassegna delle novità emergenti riguardo la fascia di età pediatrica.

Punti Chiave:

La Vaccinazione pediatrica

Prevenire la trasmissione del COVID-19 nei bambini rappresenta uno strumento di salute pubblica cruciale per arrestare la Pandemia da Coronavirus. Solo in tal modo si potrà garantire un ritorno alle attività ricreative e ad una relativa normalità.

Nei mesi scorsi, visto il dilagare dei casi di malattia, le sperimentazioni cliniche si sono soffermate sulla ricerca di un vaccino efficace sulla popolazione adulta. L’obiettivo è quello di porre freno alla diffusione del Covid-19  anche fra i più piccoli.

L’ EMA è in attesa di ulteriori dati per autorizzare la vaccinazione pediatrica. Attualmente, sia in Italia che in Europa, i vaccini non sono raccomandati per bambini di età inferiore a 16 anni (Comirnaty di Pfizer-BioNtech) e a 18 anni (Moderna, AstraZeneca e Janssen di Johnson & Johnson).

In attesa dei prossimi sviluppi, emerge indubbiamente l’importanza dell’attuazione delle corrette metodiche di protezione e prevenzione anche tra la popolazione pediatrica: principalmente si tratta dell’ uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI), del corretto ed accurato lavaggio delle mani e delle norme di distanziamento. Tali semplici regole, se scrupolosamente seguite, risultano fondamentali per ridurre la trasmissibilità di malattia, soprattutto in una fascia di età così incline allo svolgimento di attività ludiche o di altro genere che potrebbero costituire un veicolo di trasmissione.

Fonte: Fondazione Umberto Veronesi

Manifestazioni del Covid-19 in età pediatrica

All’esordio, la Pandemia da Coronavirus è stata dilagante prevalentemente tra la popolazione adulta. Invece, il numero di casi tra i bambini è stato significativamente inferiore. Questo è probabilmente la conseguenza di un’errata sotto-diagnosi, dato l’elevato numero di bambini asintomatici. Infatti, il decorso della malattia è solitamente lieve e autolimitante nei bambini precedentemente sani, e si associa unicamente alla presenza di tosse, febbre e mal di gola.

Per contro, l’infezione grave da Covid-19 è stata osservata soprattutto in bambini molto piccoli o con comorbidità, proprio come avviene negli adulti con pluri-patologie.

In alcuni bambini, con probabile predisposizione genetica ad una risposta immunitaria iperattiva all’infezione, è stata descritta una Sindrome Infiammatoria Multisistemica. Essa sembrerebbe condividere delle caratteristiche cliniche con la  Malattia di Kawasaki, ma secondo le indicazioni dell’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) e della WHO, si tratta di una forma da distinguere dalla prima e ancora in via di definizione.

I dati clinici sui piccoli pazienti derivano dai numerosissimi articoli scientifici inerenti il quadro clinico in età pediatrica. L’obiettivo degli studiosi è quello di ottenere informazioni sempre più dettagliate, ai fini di comprendere le implicazioni cliniche della malattia nei più giovani e le possibili strategie terapeutiche.

Ciò che emerge è che i bambini con infezione da Coronavirus rientrano principalmente all’interno di cluster familiari di casi e hanno un tasso di mortalità significativamente inferiore rispetto agli adulti. Sebbene la tosse e la febbre siano i sintomi più comuni, sembra che la Sindrome Infiammatoria Multisistemica stia diventando più frequente in questa fascia d’età. Ciò attesta l’importanza di una futura copertura vaccinale, ma non è certamente l’unica ragione.

Perché vaccinare i bambini?

La vaccinazione riveste un ruolo di cruciale importanza, non solo per proteggere i bambini con comorbilità e per contrastare i casi gravi con possibile evoluzione in Sindrome Infiammatoria Multisistemica.

Infatti, mira a conseguire la tanto agognata immunità di gregge. Essa sarebbe pressoché impossibile da raggiungere escludendo la fascia di età pediatrica. Essendo in aumento, sia in Italia che in Europa, la percentuale di adolescenti positivi al Coronavirus, rispetto alla prima fase della pandemia, si escluderebbe dalla vaccinazione una fascia troppo ampia della popolazione. Solo attraverso la vaccinazione si potrà contenere la trasmissione della patologia ed impedire che i bambini siano fonte di contagio anche per i familiari.

Immunità di gregge: se la popolazione è sufficientemente vaccinata gli individui non vaccinati vengono comunque protetti – fonte: pellegrinoconte.com

Inoltre, tra le innumerevoli ragioni, che spingono a ritenere indispensabili le future strategie vaccinali, occorre considerare il tutto anche in ottica futura.

La conoscenza della risposta del sistema immunitario infantile alla vaccinazione si rivela, infatti, strategica alla luce del fatto che non si conoscono le variazioni che il virus potrebbe subire in futuro. I possibili scenari sono imprevedibili: potrebbero essere benefici e garantire il ritorno alla normalità, o viceversa non è possibile escludere lo sviluppo di varianti altresì virulente. Un’eventuale sviluppo di varianti virali, particolarmente infauste anche per i bambini, potrebbe essere contrastata in tempi più brevi dalle aziende farmaceutiche avendo dati sperimentali disponibili sui giovanissimi.

Trials Clinici di Pfizer-BioNtech

Fonte: Ansa

Riguardo il vaccino Pfizer-BioNTech, la sperimentazione clinica di fase 3 ha avuto inizio nel 2020, reclutando partecipanti dai 12 anni in su.  Se i dati inerenti efficacia e sicurezza verranno confermati dall’FDA, sicuramente nei prossimi mesi si avranno risvolti positivi per la vaccinazione di questa fascia della popolazione.

Relativamente ai trials clinici che reclutano bambini sotto i 12 anni, invece, si tratta di studi da poco intrapresi, di cui si attendono risultati più validi nella seconda parte dell’anno.

Moderna e il “KidCove Study”

Fonte: Avvenire.it

La casa farmaceutica Moderna ha recentemente avviato un primo trial clinico su adolescenti dai 12 ai 17 anni che lascia ben sperare.

Moderna è anche la fautrice dello  Studio Clinico KidCove. Si tratta di studio di fase 2-3, condotto in collaborazione con il National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), del National Institutes of Health (NIH) degli Stati Uniti, su bambini dai 6 mesi agli 11 anni. In USA e Canada, sono stati reclutati 6.750 bambini, appartenenti a questa fascia di età, per prendere parte a questo trial clinico sul vaccino a mRNA-1273 . L’azienda Moderna annuncia che i primi partecipanti hanno ricevuto la prima dose, per cui si attendono con speranza nuovi risultati.

Lo studio KidCove  persegue come intento principale quello di fornire un’analisi dettagliata del vaccino di Moderna in materia di sicurezza ed efficacia. Infatti, se esso si rivelerà sicuro come atteso, potrebbe dare un significativo impatto alla protezione dei più piccoli.

 

Fonte: Citeline Engage

Aspettative Future

Sin dal passato, la vaccinazione ha permesso di debellare patogeni pericolosi per la popolazione,  proteggendo bambini e adulti dalle infezioni.

Fonte: Il Bo Live UniPD

Si spera, dunque, che gli studi clinici diano i risultati di sicurezza tanto attesi, affinchè il vaccino anti-Covid venga presto approvato dagli Enti Regolatori internazionali. In tal modo, questo vaccino si potrà aggiungere alla lunga lista delle vaccinazioni che hanno segnato le varie epoche e permesso la ripresa delle attività di aggregazione sociale.

Federica Tinè

Bibliografia:

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/: Sviluppo del vaccino COVID-19: una prospettiva pediatrica 

https://www.pfizer.com/

http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus

https://www.ema.europa.eu/en/documents/product-information/covid-19-vaccine-moderna-epar-product-information_it

La polemica conferenza stampa di Draghi e le ultime novità sui vaccini

Ogni giorno sentiamo discutere molto sull’avanzamento della campagna vaccinale, costellata da rallentamenti, differenze tra regioni e malumori tra i politici.

Draghi contro i “furbetti” e intanto scoppiano le proteste contro l’obbligo vaccinale

La prima notizia tra le più recenti risale a giovedì 8 aprile. Durante la conferenza stampa svoltasi quel giorno, il premier Mario Draghi ha attaccato la categoria degli psicologi, anzi, più nello specifico i più giovani tra questi, incolpandoli di scarso buon senso per essersi vaccinati prima di anziani e altre persone fragili:

“Con che coscienza la gente salta la lista sapendo che lascia esposto a rischio concreto di morte persone over 75 o persone fragili?” – ha dichiarato – “Smettetela di vaccinare chi ha meno di 60 anni, i giovani, i ragazzi, gli psicologi di 35 anni, queste platee di operatori sanitari che si allargano”.

Il premier Draghi durante la conferenza (fonte: quifinanza.it)

La questione ha innescato un’immediata reazione dalla categoria degli psicologi.

“Nessuno di noi ha chiesto di avere priorità, è stato il Governo a decidere le priorità vaccinali, ed in queste sono state incluse tutte le professioni sanitarie. Addirittura, l’ultimo Decreto trasforma la facoltà in obbligo, esteso a tutti gli iscritti agli Ordini sanitari. Perché queste priorità e questi obblighi non sono determinati dal fine di proteggere i sanitari, ma le persone, bambini e adulti, da loro seguiti”.

Queste le parole di David Lazzari, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi.

Il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi (fonte: ilmessaggero.it)

Proprio il governo ha delineato nuove misure negli scorsi giorni, tra le quali quella dell’obbligo vaccinale, da subito tanto discusso. Tale obbligo è previsto per tutti coloro che svolgono il proprio lavoro presso enti sanitari, sociosanitari e socio-assistenziali, pubblici e privati, farmacie, parafarmacie e studi professionali. Gli unici casi in cui è prevista una deroga, senza rischiare di essere assegnati ad altre mansioni o essere sospesi, sono quelli viene identificato un rischio per la salute, a causa di specifiche condizioni cliniche, da documentare e certificare tramite il medico di base per poter rimandare o non effettuare la vaccinazione. Per questo motivo, inoltre, in alcune città, ma soprattutto a Roma, ieri, si sono svolte delle manifestazioni di infermieri contrari a tale disposizione. “Non sono una cavia” è uno degli slogan che compare maggiormente compare striscioni e magliette. Molti si sono detti “si vax”, ma non disposti a sottomettersi alle condizioni previste dal dpcm, soprattutto per le “veloci” tempistiche con le quali i vaccini disponibili sono stati prodotti.

Alcuni manifestanti a Roma contro l’obbligo vaccinale (fonte: ANSA)

Tornando alla questione tra il premier e la categoria degli psicologi, ricordiamo che quest’ultimi stanno svolgendo un lavoro molto importante, ma che, come spesso accade, viene interpretato come secondario. Questo non sarà stato ciò che il premier avrebbe voluto intendere, ma apparentemente vi sono delle incompatibilità tra ciò che è previsto dall’ultimo dpcm emanato proprio dal governo Draghi e quanto da lui rimproverato durante la conferenza stampa.

In ogni caso, sottolineiamo anche che gli psicologi, le migliaia di psicologi, stanno operando durante la pandemia, lavorando sul disagio causato da un anno di chiusura delle scuole, supportano persone fragili, bambini disabili e le loro famiglie; poi, ci sono coloro che lavorano con gli anziani, nelle Rsa, con i malati oncologici, le persone con malattie croniche e quelle in fin di vita, ma anche con coloro che non ricevono risposta dal pubblico e si affidano al privato. Dunque, si tratta di persone spesso a contatto con il pubblico. Senz’altro, durante queste lente fasi della vaccinazione dovrebbero esser prima coinvolti i soggetti con le patologie più importanti, a scarsità di dosi, cioè coloro i quali aspettano da fin troppo tempo ormai. Qualcosa è andato storto, ma rimproverare dei professionisti definendoli “furbetti” quando lo sono stati per rispettare delle norme appare senz’altro inutile.

In arrivo le dosi di Johnson&Johnson

Dopo Pfizer, AstraZeneca e Moderna, arriva in Italia anche il vaccino monodose Johnson & Johnson. 184mila, le prime dosi che arriveranno nell’hub dell’aeroporto militare di Pratica di Mare, nei pressi di Roma, fra martedì e mercoledì. Entro la fine di aprile sono attese altre 300mila fiale, mentre le dosi previste per il secondo trimestre sono complessivamente di 7,3 milioni.

(fonte: ANSA)

Quello che sembra una buona notizia, potrebbe esserlo solo in parte. Dagli Usa arrivano le prime incognite, poiché, dopo quattro casi di trombosi, decretate non legate al vaccino, le autorità stanno comunque tenendo maggiormente sotto controllo il vaccino. Così, anche l’Ema sta già monitorando il farmaco per prevenire eventuali problematiche.

Una buona notizia, dicevamo, soprattutto dopo le tante di ogni giorno sui ritardi e le tensioni tra il governo centrale e le Regioni che non riescono a rispettare i programmi per arrivare all’immunizzazione di tutti gli italiani entro la fine dell’estate. Il commissario Figliuolo, intanto, continua a rassicurare sull’arrivo di somministrazione di 500mila dosi al giorno, entro la fine di aprile. Ha invitato le Regioni a rinunciare al tentativo di scatti in avanti, poiché i picchi contano poco e l’importante è la media delle somministrazioni. Inoltre, alle Regioni è stato chiesto di gestire le dosi ricevute, accantonando le scorte non solo per i richiami, ma anche per fronteggiare eventuali ritardi nelle consegne, che parrebbero sempre più probabili, secondo alcuni: “Il grosso problema lo avremo da maggio, perché a oggi non abbiamo la programmazione di vaccini” ha dichiarato l’assessore al Welfare e vice presidente della Lombardia, Letizia Moratti.

Intanto, sempre più attenzione dalle singole amministrazioni regionali viene rivolta al vaccino Sputnik e molti spingono già per firmare pre-accordi con la Russia, per trovarsi già in caso arrivasse il via libera dall’Ema.

AstraZeneca e lo stop alla vaccinazione di insegnanti

Dubbi e ritardi hanno creato grosse problematiche al vaccino di AstraZeneca, di cui il nuovo nome è Vaxzevria. In alcun Paesi europei è stato sospeso, mentre in Italia adesso è previsto per gli over 60, come raccomandato dall’Ema, dopo i nuovi casi di sospette trombosi collegate alle inoculazioni.

Intanto, la nuova ordinanza del commissario Figliuolo prevede uno stop alla vaccinazione delle categorie, a cominciare da insegnanti e personale sanitario non in prima linea, per accelerare sugli anziani.

Mentre l’Inghilterra si prepara a massicce riaperture e gli Stati Uniti procedono con circa 3 milioni di vaccinazioni al giorno, l’Italia si sta affannando. Ciò è dovuto, probabilmente, soprattutto per motivi di organizzazione, come ogni giorno viene ribadito da molti, ma, secondo il virologo consigliere del presidente americano Biden, Anthony Fauci, anche in Europa sarebbe probabile che, la causa dell’aumento dei contagi sia la capacità della variante inglese di cancellare gli effetti dei lockdown è l’aumento di trasmissibilità del virus.

Non ci resta che sperare, innanzitutto, che non vi siano altri episodi di tensione tra il governo e le Regioni, perché solo così potremo sostenere un miglioramento della campagna vaccinale, senza indugi e dubbi non realmente proficui.

 

Rita Bonaccurso

 

Perché il vaccino AstraZeneca è stato raccomandato agli over 60. Gli effetti sul piano vaccinale

AstraZeneca (ribattezzato Vaxzevria) sarà raccomandato alla popolazione over 60: così ha decretato una circolare del Ministero della Salute in seguito alla consultazione col Cts (Comitato tecnico-scientifico) del 7 aprile. Sarà tuttavia possibile, per chi ha già ottenuto la prima dose di Vaxzevria, completare il ciclo. Il parere del Comitato è chiaro:

Attualmente il bilancio benefici/rischi (del vaccino) appare progressivamente più favorevole al crescere dell’età, sia in considerazione dei maggiori rischi di sviluppare COVID-19 grave, sia per il mancato riscontro di un aumentato rischio degli eventi trombotici sopra descritti nei soggetti vaccinati di età superiore ai 60 anni.

In sostanza, il Cts ha notato che i maggiori rischi del vaccino si sono manifestati in capo a soggetti inferiori ai 60 anni. Tuttavia, il parere del Cts si basa su una somministrazione avvenuta, fino alle recenti settimane, prevalentemente su fasce d’età inferiori ai 55 anni, con conseguenza che gli effetti collaterali si siano sviluppati maggiormente tra persone sotto i 60.

L’EMA (Agenzia Europea per i Medicinali) ha aggiornato al 9 aprile il riepilogo del prodotto AstraZeneca in seguito all’accertamento della correlazione tra la somministrazione del vaccino Vaxzevria e rari casi di trombosi.

(fonte: ema.europa.eu)

 La maggioranza di questi casi (disturbi del sangue) si è manifestata nei primi 14 giorni seguenti la vaccinazione e prevalentemente nelle donne sotto i 60 anni d’età. Alcuni di essi hanno avuto conseguenze fatali.

Effetti collaterali di AstraZeneca e sintomi

Quanto agli effetti collaterali, il riepilogo del prodotto presenta una lista basata sull’incidenza dei sintomi. Comuni  (1 su 10 persone) sono senso di stanchezza, febbre >38° per alcuni giorni successivi alla somministrazione, rossore attorno alla zona di somministrazione.

Molto rari (con un’incidenza media di 1 su 10,000 persone) sono coaguli di sangue in punti inusuali (es. cervello, fegato, intestino, milza) accompagnati da un basso livello di piastrine del sangue.

Sono forme rarissime, un caso su un milione nella popolazione normale. Adesso sono state osservate con una frequenza maggiore, circa 1-2 ogni 100mila vaccinati.

Ha osservato Giorgio Palù, microbiologo e presidente dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco). Ma si tratta di una frequenza osservabile solo grazie alle vaccinazioni di massa. Per questo motivo il presidente preferisce non additare mancanza di accortezza alle agenzie regolatorie.

In seguito alle dichiarazioni dell’EMA sulla correlazione tra vaccino e rari casi di trombosi, l’Aifa ha aggiornato le informazioni al pubblico riguardanti Vaxzevria, includendo una tabella di sintomi sospetti seguenti la somministrazione. In questo modo, prevenire la manifestazione di coaguli sanguigni e trombi è possibile.

(fonte: aifa.gov.it)

Perché proprio agli over 60?

Ci si chiede se la scelta di raccomandare il vaccino agli over 60 sia di natura politica. Ed effettivamente, l’EMA ha affermato che non sono stati riscontrati elementi predittivi della manifestazione degli effetti collaterali. Ciò significa che la natura degli effetti non può ricondursi a nessuna categoria in particolare – ed è per questo che l’Agenzia non ha predisposto alcun limite di somministrazione.

Ancora, una ricerca sul bilancio rischi/benefici di AstraZeneca condotta dall’Università di Cambridge ha rivelato la positività dei benefici rispetto ai rischi per ogni fascia d’età. Lo studio è stato condotto tramite un campione di 100,000 persone e basandosi su tre fasce di esposizione al rischio:

  • Fascia bassa: incidenza di 2 ogni 10,000 abitanti (circa il Regno Unito nell’ultimo periodo) .
  • Fascia media: incidenza di 6 ogni 10,000 abitanti (circa il Regno Unito a febbraio).
  • Fascia alta: incidenza di 20 ogni 10,000 abitanti (circa il Regno Unito al picco della seconda ondata).

Al momento, l’incidenza epidemiologica in Italia supera quella britannica durante il picco della seconda ondata, con ben 48 contagi ogni 10,000 abitanti (dati aggiornati al 28 marzo). Ciò significa che l’Italia ben si colloca in una fascia d’alto rischio all’esposizione al virus.

(fonte: assets.publishing.service.gov.uk)

Il grafico evidenzia potenziali benefici (in blu) e potenziali danni (arancione) derivanti dalla somministrazione. Per la fascia d’età 60-69, il vaccino presenta moltissimi risvolti positivi, prevenendo l’ammissione nella Intensive Care Unit (terapia intensiva) per quasi 128 persone ogni 100,000, in opposizione alle 0.2 persone ogni 100,000 che dal vaccino hanno subito gravi danni.

Ma i benefici derivanti da AstraZeneca superano di gran lunga i danni anche per le altre fasce di età, con i minori benefici derivanti per la fascia 20-29 anni. Ogni fascia di età trarrebbe dal vaccino, col rischio d’esposizione calcolato al momento in Italia, molti più benefici che danni.

Cosa ne sarà del piano vaccinale

Ad oggi, le conseguenze che ne deriveranno per il piano vaccinale italiano sono ignote. Si è seguita un’iniziativa presa dalla Germania, iniziativa prevalentemente politica – secondo Andrea Crisanti – in quanto la Germania ha un’alta percentuale di no-vax ed è anche sede del vaccino Pfizer, senza contare che lo stato delle vaccinazioni è diverso rispetto al nostro. Ma per l’Italia, che aveva investito tantissimo su AstraZeneca, la limitazione del farmaco agli over 60 potrebbe avere grosse conseguenze.

Non si esclude, tuttavia, che si tratti di una misura temporanea, tenuto conto del fatto che non è ancora stata ultimata la vaccinazione degli over 80 ed è appena stata iniziata quella degli over 70.

 

Valeria Bonaccorso

La bozza del nuovo decreto e il punto sull’obbligo a vaccinarsi per gli operatori sanitari

Continua la stretta per contenere i contagi da coronavirus, ma vi saranno delle novità rispetto alle scorse settimane. Pochi giorni fa, il premier Draghi ha presentato la bozza del nuovo Decreto Legge, contenente le misure proposte per il periodo dal 7 al 30 aprile.

Il premier Draghi presenta la bozza del nuovo DL (fonte: orizzontescuola.it)

Nessuna zona gialla

Nelle prossime settimane, la Penisola non vedrà zone gialle, ma solo arancioni o rosse. In base dell’andamento dell’epidemia e in relazione allo stato di attuazione del Piano strategico nazionale dei vaccini, sarà possibile prevedere deroghe alle misure di contenimento del coronavirus.

Nelle regioni e province autonome di Trento e Bolzano i cui territori si collocano in zona gialla, verranno applicate le misure stabilite per la zona arancione. Secondo l’andamento, queste misure, anche qui, potranno esser modificate. I Presidenti delle Regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano potranno disporre l’applicazione delle misure stabilite per la zona rossa, nonché ulteriori, motivate, misure più restrittive, qualora: l’incidenza cumulativa settimanale dei contagi sarebbe superiore a 250 casi ogni 100.000 abitanti, sulla base dei dati validati dell’ultimo monitoraggio disponibile; nelle aree in cui la circolazione di varianti di SARS-CoV-2 determinerebbe alto rischio di diffusività o induce malattia grave.

In tutta Italia, i Presidenti delle Regioni non potranno più chiudere le scuole dal nido fino alla prima media. Consentite deroghe solo in casi di eccezionale e straordinaria necessità dovuta alla presenza di focolai o al rischio estremamente elevato di diffusione del virus o di sue varianti nella popolazione scolastica, una volta ascoltato il parere delle autorità sanitarie competenti e “nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzionalità”, con la possibilità di circoscrivere l’applicazione a specifiche aree del territorio.

Didattica a distanza per gli studenti del secondo e terzo anno della scuola secondaria di primo grado, nonché della scuola secondaria di secondo grado. Nei casi in cui sia possibile, scuole secondarie superiori in presenza, al 50% e fino ad un massimo del 75%.

Spostamenti

Saranno vietati gli spostamenti tra le 22 e le 5 del mattino, quelli fuori dal proprio Comune e tra regioni. Resteranno sempre ammesse le eccezioni per motivi di necessità, salute o comprovate esigenze lavorative. Saranno permesse deroghe per ritornare ai luoghi di residenza, domicilio o abitazione.

Consentito, una sola volta al giorno, spostarsi verso un’altra abitazione privata abitata che si trovi, però, nello stesso Comune, tra le ore 5 e le ore 22, a un massimo di due persone oltre a quelle già conviventi nell’abitazione di destinazione. La persona o le due persone che si spostano potranno comunque portare con sé i figli minori di 14 anni e le persone disabili o non autosufficienti che con loro convivono.

Per gli abitanti dei Comuni con massimo 5milla abitanti saranno consentiti spostamenti in un raggio di 30km con divieto di spostamento nei capoluoghi di provincia.

Bar e ristorazione

Sono sospese le attività dei servizi di ristorazione (bar, pub, ristoranti, gelaterie, pasticcerie), ma nessuna restrizione per la consegna a domicilio. L’asporto resterà consentito – comunque con divieto di consumazione sul posto – fino alle 22. Per i soggetti che svolgono come attività prevalente una di quelle identificate dai codici Ateco 56.3 (bar e altri esercizi simili, senza cucina) l’asporto sarà consentito, invece, fino alle 18.

Attività commerciali al dettaglio e centri commerciali

Esercizi commerciali tutti aperti, con i consueti orari, nel rispetto dei protocolli e delle misure anti contagio. Nelle giornate festive e prefestive sono chiusi gli esercizi commerciali presenti all’interno dei mercati e dei centri commerciali, gallerie commerciali, parchi commerciali, ad eccezione delle farmacie, parafarmacie, presidi sanitari, punti vendita di generi alimentari, di prodotti agricoli e florovivaistici, tabacchi, edicole e librerie.

Attività motoria e sportiva

Sono sospese tutte le competizioni sportive, tranne quelle a cui è riconosciuto interesse nazionale dal CONI e dal CIP. Sospese le attività nei centri sportivi. Resterà possibile svolgere attività motoria all’aperto solo nei pressi della propria abitazione e solo in forma individuale.

Concorsi pubblici: lo sblocco

Dal 3 maggio 2021 potrà riprendere lo svolgimento delle procedure selettive dei concorsi banditi dalle pubbliche amministrazioni, in presenza. Lo svolgimento delle prove deve avvenire nel rispetto delle linee guida validate dal Comitato tecnico scientifico nazionale.

Potranno essere adottate misure semplificate. Per i concorsi per il reclutamento di personale non dirigenziale, si potrà prevedere una sola prova scritta e una sola prova orale.

Sarà consentito l’utilizzo di strumenti informatici e digitali e, facoltativamente, lo svolgimento in videoconferenza della prova orale, garantendo comunque l’adozione di soluzioni tecniche che ne assicurino la pubblicità, l’identificazione dei partecipanti, la sicurezza delle comunicazioni e la loro tracciabilità, nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali. In caso di necessità, l’amministrazione che si occupa dell’organizzazione di un concorso potrà, in ragione del numero di partecipanti, disporre dell’utilizzo di sedi decentrate.

Nella bozza del DL compaiono tutte le informazioni relative a tutti gli altri tipi di concorsi pubblici, tra cui quelle relative alle prove scritte del concorso per magistrato ordinario, indetto il 29 ottobre 2019.

 

Obbligo a vaccinarsi per gli operatori sanitari: il punto più dibattuto

Un tema molto caldo e dibattuto sin dagli inizi, forse anche prima della campagna vaccinale, è l’obbligo di vaccino. Con la bozza del nuovo DL, l’obbligo sarà previsto per: gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, farmacie, parafarmacie e studi professionali.

(fonte: corriere.it)

Nella bozza si legge: “La vaccinazione costituisce requisito essenziale per l’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati”. Dunque, solo in caso di accertato pericolo per la salute, a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale, vaccinarsi non sarà obbligatorio per le suddette categorie, con la possibilità di rifiutarsi o rimandare la decisione.

Entro cinque giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ciascun Ordine professionale territoriale competente dovrà trasmettere l’elenco degli iscritti. Chi risulterà non vaccinato o chi non avesse prodotto richiesta di vaccinazione entro i 10 giorni successivi, avrà 5 giorni per sottoporsi alla vaccinazione o fornire la documentazione comprovante l’avvenuta somministrazione del vaccino non prima pervenuta o la documentazione che giustifichi l’omissione o il differimento della stessa per i motivi ammessi.

Per chi si rifiuterà sarà determinata, dall’azienda sanitaria locale, la sospensione del proprio impiego, l’impossibilità di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio. Tutto ciò verrà poi trasmesso all’Ordine professionale di appartenenza. Il datore di lavoro, se possibile, potrà affidare al lavoratore non vaccinato altre mansioni anche inferiori, che non implichino rischi di diffusione del virus. In caso non vi fosse alcuna possibilità, è prevista la sospensione del lavoratore a cui non spetterà la retribuzione, fino alla vaccinazione o, nel caso in cui si rifiutasse ancora, fino al 31 dicembre 2021, data in cui è previsto il completamento del piano vaccinale.

 

Rita Bonaccurso