Corsa al CdA – Gianluca Piromalli

13432411_10209702307020350_1971819577792826769_nGianluca Piromalli detto “Piros”, nato il 16/12/1987 a Reggio Calabria, frequenta il CDLM in Biologia ed è attualmente consigliere O.R.U.M. al Dipartimento di Scienze Chimiche, Biologiche e Farmaceutiche. Entrato al secondo anno “trova casa” nell’associazione studentesca O.R.U.M. dove alloggia ancora oggi.
Nell anno accademico 2007/2008 si candida al Consiglio di Facoltà di Scienze MM. NN. FF. Ed al consiglio di corso di laurea in scienze biologiche, riuscendo nonostante la giovane età ad assicurarsi un posto in tutti e due i consigli.
Negli anni successivi prima dell’applicazione della riforma Gelmini rimane in carica per altri 2 anni. Una volta formati i dipartimenti, nell anno 2010 si candida al consiglio di Dipartimento di Scienze chimiche, biologiche ed ambientali; uscendo il primo eletto della propria associazione (O.R.U.M).
Concluso il percorso di studi in Scienze Biologiche, si iscrive al CDLM in Biologia, nell’anno accademico 2015/2017 si candida al Dipartimento di Scienze Chimiche, Biologiche e Farmaceutiche, uscendo nuovamente primo eletto della propria associazione (O.R.U.M.) Adesso è tutt ora in carica come consigliere di Dipartimento, ed è membro della commissione paritetica.

Corsa al senato – Daniele Tripoli

1504155_10201686993669249_189922758_o-1Il mio nome è Daniele Tripoli, nato a Caltanissetta 08/10/1994.

Sono uno studente dell’Università degli Studi di Messina iscritto al Corso di Studi in Infermieristica. Consigliere presso il Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale ed eletto a voto unanime alla Consulta studentesca del suddetto dipartimento. Questa mia candidatura, che vede per la prima volta uno studente di Infermieristica candidato al Senato Accademico, nasce dopo anni di impegno personale e soprattutto di gruppo, ponendosi l’obiettivo di concretizzare e proporre le nostre idee e valori mettendoli a disposizione di tutti gli studenti. Grazie al costante impegno e presenza, io ed il gruppo di ragazzi che hanno deciso di appoggiare la mia candidatura e mettersi in gioco in prima persona per rappresentare gli studenti del nostro ateneo, siamo riusciti a raggiungere piccole vittorie, ma essenziali affinché il nostro percorso accademico possa puntare ad un costante miglioramento.
“I limiti come le paure, spesso, sono soltanto un illusione.” Cit. Michael Jeffrey Jordan

Corsa al Senato – Andrea Celi

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Andrea Celi nato a Messina il 28/01/95

L’inizio del mio percorso universitario è combaciato con l’ingresso nell’Associazione Universitaria Gea Universitas, di cui sono stato uno dei membri fondatori e successivamente nominato Presidente, ruolo che ricopro con grande orgoglio tutt’oggi.
L’occasione di scendere in campo per la prima volta in una competizione elettorale, mi è stata data nel 2014, data in cui sono stato eletto al Consiglio di Dipartimento di Giurisprudenza.
La passione per la politica universitaria mi ha portato a ripresentarmi alle ultime elezioni del Settembre 2015, dove ho confermato il risultato raggiunto appena un anno prima.
Come coronamento dei risultati raggiunti in questi anni, la mia associazione mi ha conferito l’onore di rappresentarla nella corsa al Senato Accademico del nostro Ateneo.
Convinto della forza e dell’impegno della Gea Universitas, spero di poterla rappresentare all’interno degli Organi Superiori della nostra Università.

 

Corsa al CdA- Andrea Barbarello

12801422_10207885081117678_3047035626928670267_n“E’ la febbre della Gioventù che mantiene il resto del mondo alla temperatura normale. Quando la gioventù si raffredda, il resto del mondo batte i denti.” (George Bernanos, ispiratore della resistenza Francese).

E’ la frase citatami dal Presidente della commisione agli esami di Stato. Quanta responsabilità che abbiamo noi giovani, allo stesso tempo FORZA e SPERANZA delle nostre città.

Mi presento, sono Andrea Barbarello, rappresentante dell’ Associazione “FIGLI DI IPPOCRATE”, studente di Medicina al sesto anno, “Cittadino dello Stretto”. E già… grazie agli impegni universitari e sportivi, giocando nel Handball Messina, sono riuscito ad amalgamare le mie origini Reggine con le nuove esperienze Messinesi vivendo a pieno le due realtà.

Con l’associazione siamo diventati un punto di riferimento per i ragazzi: ponendoci da tramite con i professori, ottenendo agevolazioni ( esempi ne sono “La Libreria Dello Studente” ed il “CopyCenter”), attenzionando la didattica e i servizi dedicati agli studenti.

Desideroso di continuare il nostro lavoro per poter fare la differenza, chiedo il vostro sostegno.

Corsa allo C.S.A.S.U.- Vincenzo Signoriello

Ho 19 anni e frequen11265310_1017868068238104_8329823693568650096_nto il secondo anno della facoltà di Giurisprudenza. il mio piccolo impegno in ambito  associativo inizia l’anno scorso con l’ingresso nell’Associazione Zancle, è diretto da un lato verso il sociale e la città: attraverso iniziative di carattere culturale e di beneficenza, dall’altro si proietta in un’ottica universitaria: tentando per quanto ci è possibile di essere vicini alle esigenze degli studenti: rappresentandoli all’interno dei vari dipartimenti e contribuendo a migliorare e innovare il sistema universitario.

L’Arte di essere fragili: il libro della settimana!

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Alessandro D’Avenia ci accompagna in un viaggio alla riscoperta di un autore molto spesso etichettato come “sfigato”, non è stato facile per il prof. rinnovare questa etichetta in “tendente all’infinito”.

Ma partiamo dall’inizio: lo scrittore, un semplice professore nonché autore di Bianca come il latte rossa come il sangue, Cose che nessuno sa e Ciò che inferno non è,vuole ridare giustizia all’immagine di Giacomo Leopardi, poeta cercatore della felicità.

In questo libro Alessandro si rivolge direttamente al suo amico Giacomo chiedendogli essenzialmente due cose: cosa vuol dire essere adolescenti e cosa rimane dentro di noi di questa età della vita.

Così viene rielaborato ogni suo scritto, principalmente lo Zimbaldone, per assistere alla creazione di un’immagine di Leopardi completamente diversa da quella che a scuola i nostri vecchi professori ci hanno reso.
“Solo chi vive il suo rapimento genera rapimenti e provoca destini”

Questo rapimento è spiegato proprio come una vocazione, non si tratta semplicemente di qualcosa di mistico o straordinario, ma ciò per cui “vale la pena vivere”, quello che ci tiene in piedi e ci fa andare sempre avanti spingendoci oltre ogni nostra possibilità.

mentre comunichi il dolore, senza saperlo lo ripari. L’universo non è tenuto a essere bello, eppure lo è. E così i tuoi versi, nonostante la tenebra. In un tramonto della luna tu descrivi una delle tue albe più belle, proprio perché desiderio di luce in una notte di tenebra, e quella luce che torna è meta e ragione per il viandante, perché la bellezza non ha ragione, ma dà ragione”

Ormai viviamo in un’epoca in cui non basta avere un sogno, ma avere tutto pronto ancor prima di iniziare, quando invece a Leopardi è bastato vedere una primavera per capire cosa ci sta a fare al mondo!

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Nel 1817 aveva soli 19 anni, quando mandò una lettera a Pietro Giordani, uno degli intellettuali più famosi dell’epoca, il quali gli consigliò di dedicarsi alla prosa per vent’anni prima di passare alla poesia (e menomale che Leopardi, dal canto suo, non gli diede ascolto).

Ma qui non si vuole parlare unicamente di Leopardi ma anche degli adolescenti, i quali non hanno semplicemente domande, essi sono domande, come scrive D’Avenia, eppure non si può consegnare una risposta facile, così come insegna Leopardi è importante abbracciare la terra dei forse, accettare la vita sia con i successi che con i fallimenti, con tutte le vittorie e con tutte le sconfitte.

Non trovavo soluzioni perché non ce n’erano, ma tu, Giacomo, mi hai fatto capire che la soluzione è dentro la vita stessa e non fuori di essa: aprirsi al dolore e abitarlo, come una delle stanze del nostro cuore”.

Consigliato a chi è affamato di vita e di infinito, a chi lotta per le proprie aspirazioni e a chi è alla ricerca di un compagno in questo viaggio esistenziale.

Dalle inquietudini dell’adolescenza, si passa attraverso le prove della maturità, per poi finalmente credere in sé stessi, imparando che essere fragili non è una debolezza ma un punto fermo in un’epoca che ci vuole perfetti .

Serena Votano

Cinque categorie di Uomini e Donne: istruzioni per l’ (ill)uso

Una delle ultime sere calde di questo autunno, mi sono ritrovata con la squadra di Radio UniVersoMe a casa di uno di noi per passare una rilassante cena tra amici. Sapete come vanno queste cose: cibo, amici, buon vino e si inizia a parlare della vita.

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No, non è vero. Si inizia a parlare di sesso, di uomini e di donne (e più l’alcool sale e più le cose diventano difficili).

Cosa ne è uscito? Che gli uomini dividono le donne in categorie e lo stesso fanno le donne. Perciò non potevo non approfittarne.

Quindi, ecco a voi le 5 categorie di Uomini & Donne (no maria, io esco):

1- Scrofe/Porci: con tutto il rispetto per questa coppia di suini, a quanto pare siamo d’accordo che alcuni esseri umani ne rispecchiano le caratteristiche. I ragazzi intendono, ovviamente, quelle fisiche: ma comunque, in guerra e carestia, ci pensa il pene e così sia. Noi donne, invece, intendiamo quei ragazzi sudaticci e inquietanti che ti fissano mentre si scavano il naso. Nel nostro caso, però, essendo il nostro apparato genitale intelligente, scappiamo a gambe levate;

2- Galline/Galletti: i senza cervello. Nel descrivere le galline, uno dei ragazzi, si è esibito in una serie di versi e smorfie da ritardato mentale. Insomma, sarebbero le ragazze che ti rispondono “oh, e si mangia?” se parli di Shakespeare, o ti dicono ‘’voglio sposare un calciatore per diventare una VIPS’’ (con tanto di S finale). I galletti, invece, sono quei ragazzi che si esibiscono in ‘’alzamento della cresta’’ accompagnata da ‘’ballo del pavone storpio’’, mentre raccontano delle auto e dei soldi del papi. Poveracci.

3- Cetacei/Nerd: il contrario della categoria precedente, i brutti con il cervello. La cosa bella, però, è che se il cervello lo si sa usare può conquistare più della bellezza. O una cosa del genere. L’importante è tromb… (io, comunque, ho un debole per i nerd)

4- Carine/Carucci: questa categoria è rappresentata da quei ragazzi e ragazze che hanno un ottimo potenziale di bellezza, umorismo e intelligenza ma non lo sanno. A quanto pare quelle carine sono le ragazze che hanno un gran fondoschiena (e non lo sanno), si girano e ti sorridono e sono stupende (e non lo sanno), ti fanno arrivare il sangue al cervello e al pene (e non lo sanno). Per i ragazzi la situazione si equivale. E la non consapevolezza di quel cucciolotto fa scattare la ‘’sindrome della croce rossina’’ e tanti saluti.

5-Donna/Uomo: evviva la funcia, direte voi. Ma questa categoria è la più rara. Sono dei pokemon rari. Sono LA persona, la metà della mela, il principe azzurro o la principessa, l’anima gemella, l’esclamazione ‘’OH MIO DIO, UNA GIOIA’’. L’uomo o la donna della propria vita. E, quindi, inesistenti.

Ve lo dico io cosa bisogna fare: bere e rimanere single.

SAPEVATELO.

Elena Anna Andronico

Perché Breaking Bad è la serie perfetta

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Il termine “Breaking Bad” è un’espressione colloquiale usata nel Sud degli Stati Uniti, che viene utilizzata quando qualcuno ha preso una direzione sbagliata che lo allontana dalla retta via. Ciò potrebbe durare un giorno o tutta la vita.

Bryan Cranston

Era il lontano (forse mica tanto lontano) 2014. La mia passione per il cinema andava a farsi sempre più importante e la voglia di conoscere prodotti di qualità era sempre crescente. Durante l’estate ero stato travolto dal fenomeno nazionale di “Gomorra – La serie” che ha acceso in me l’interesse per le serie Tv. Infatti, nonostante la mia grande passione per il cinema, non mi ero mai avvicinato al mondo delle serie Tv che ho avevo sempre visto come un prodotto inferiore rispetto alla qualità cinematografica. Adesso divoro serie Tv come fossero patatine fritte. Fu proprio quell’estate del 2014 a farmi cambiare idea. Certo, Gomorra ha avuto in me un forte impatto, ma quello che davvero mi ha fatto cambiare idea è stato un prodotto americano, ideato dalla mente di Vince Gilligan. Avevo scoperto Breaking Bad, avevo scoperto il mondo delle serie Tv.

Ora, con voi devo fare una premessa importante: Breaking Bad è una serie perfetta. Piuttosto forte come affermazione ma non è detta a cuor leggero. Quando dico che questa è una serie perfetta metto da parte il fatto che sia la mia serie preferita, il giudizio è oggettivo. E non voglio neanche lanciarvi la sfida di trovargli dei difetti, sicuramente qualcuno ci sarà, ma nel complesso è un’opera d’arte del piccolo schermo. La serie è formata da 5 stagioni con 62 episodi totali, ma la sua forza sta nel fatto che è come se fosse un film di circa 60 ore. La continuità e l’armonia della sceneggiatura consente una visione fluida e senza sosta dell’intera serie. Non a caso la prima volta che l’ho vista è corrisposta anche alla mia prima esperienza con il Binge-watching, ovvero la visione di seguito di molti episodi. Forse ho esagerato a finire le 5 stagioni in 5 giorni, ma andava fatto così, credo.

Non voglio dirvi troppo della trama, potete cercarla benissimo su Google e farvi un’idea. Una cosa che voglio subito dirvi è che è una serie molto lenta. Non fraintendetemi, le cose succedono, ci sono molti colpi di scena, ma è come se vuole prendersi il suo tempo per farli accadere. È la forza di questa serie ed è quello che ha insegnato a tutte le serie Tv che sono venute dopo: l’importante in una serie Tv non sono i cliffhanger (ovvero l’interruzione brusca della narrazione attraverso un colpo di scena) ma la solidità della sceneggiatura. Quello che rende bella una serie non è il voler sapere cosa succede dopo ma farsi trascinare da quello che sta succedendo adesso. E in Breaking Bad questo è fatto perfettamente. Gli aspetti tecnici della serie sono ad altissimi livelli cinematografici e i vari registi non si sono mai tirati indietro nello sperimentare ed andare oltre le classiche inquadrature da “show per la tv”. D’altronde parliamo di una serie capace di portarsi a casa numerosi premi, tra cui sedici Emmy Award, otto Satellite Award, dodici Saturn Award, sei WGA Award, cinque TCA Award, due Golden Globe, tre Screen Actors Guild Award, un PGA Award, due DGA Award e sei Critics’ Choice Television Award.
Quando la gente vuole un consiglio su un film o su una serie Tv, la prima cosa che mi chiede è: “di cosa parla?”. La risposta che vorrebbero sentirsi dire dovrebbe essere un riassunto generale della trama e dello svolgimento della storia per capire se può essere interessante o meno. Personalmente riesco a sfuggire ad una risposta del genere perché credo che quando qualcuno mi chiede di cosa parla un film o una serie gli rispondo quali sono le tematiche trattate. Quando mi chiedono di cosa parla Breaking Bad (visto che è una serie che amo tanto e che consiglio a tutti), mi tornano in mente le parole di Bryan Cranston, il protagonista della serie, e rispondo che parla di decisioni sbagliate. Questa serie può essere immaginata come un continuo declino, ma non è un declino chiaro. All’inizio, infatti, sembra un’ascesa verso il successo. È come se ci fossero due linee direttamente proporzionali che dall’inizio alla fine della serie condizionano la trama. La prima linea è quella che porta al successo, ai soldi, ad una felicità falsa. La seconda linea è quella che porta all’autodistruzione, alla solitudine, all’insoddisfazione. Per quanto aumenta la prima, aumenta pure la seconda. È di questo che parla Breaking Bad. È solo una storia che è stata scritta, diretta e interpretata alla perfezione.

Nicola Ripepi 

Storia di un amore

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”Il 6 Maggio del 1923, in un piccolo paesino della Sicilia, Paola provò per la terza volta la sensazione ed il dolore di diventare mamma; ma per la prima volta, sentì l’emozione di stringere fra le braccia una femminuccia, con tanti capelli scuri e degli occhioni marroni. I due fratellini da mesi facevano a gara per scegliere il no me della sorellina, ma decisero soltanto quando la videro: Rosa – “ è bella proprio come il fiore”– disse uno dei due.

I genitori gestivano una piccola attività, simile ad una bottega…”

-“ Nonna, dai, arriva al punto! Io voglio sapere di Rosa e Marco!”

-“ Ma ci sto arrivando, piano piano.”

-“ Ora! Racconta quella parte, per favore!”

-“ Va bene, Chiara! Allora. Era il 1940, l’anno in cui l’Italia sarebbe entrata in guerra.. la seconda guerra mondiale, tesoro!”

-“ Lo so, anche se sono piccola! So tante cose io!”

La nonna ridacchia e ricomincia il racconto“ Rosa era una brava sarta: cuciva per sé, per le amiche e per i signori del paesino, e guadagnava qualche soldo per aiutare la famiglia. Ma non è lavorando che conobbe Marco.

Era Maggio, da poco era passato il suo compleanno; le giornate erano più lunghe e le sere più calde.

Un pomeriggio della prima metà del mese, Rosa era ad una festa: aveva addosso un abito a fantasia, tessuto con le sue mani, ed i capelli raccolti con un fermaglio.

In mezzo a tutti gli invitati, gli occhi di Rosa inciamparono in quelli di Marco; questo ragazzo alto, dai capelli corvini, stregò il cuore della giovane.

Si avvicinarono e Marco le prese la mano, invitandola a ballare: non si erano presentati, ne avevamo scambiato alcuna parola mentre danzavano, eppure, sembrava parlassero con i gesti e con gli sguardi.

Erano due sconosciuti, ma davano l’impressione di conoscersi da sempre; si sfioravano le mani così dolcemente e si guardavano intensamente.” – Chiara ascolta con attenzione la nonna : “ E poi? Poi?”

“ Poi andarono a fare una passeggiata sulla spiaggia lì vicino. L’atmosfera era magica, surreale: le loro voci si intrecciavano alle risate, contornate da quel tramonto che era un’alba d’amore.

“ Promettimi che ci vedremo domani e dopodomani e il giorno dopo ancora!” – esclamò Rosa – “ Ogni giorno, al calar di sole.” – le promise lui.

Era il 12 Maggio, quando, con uno sguardo di approvazione, le labbra di Marco sfiorarono quelle di Rosa.

Da quel momento, il tempo corse e tutto l’amore sbocciato in un caldo pomeriggio, sembrava destinato a non finire.

Ma arrivò quel maledetto 10 Giugno, in cui Rosa guardò quel tramonto da sola e ne conosceva il motivo: l’Italia era in guerra e la chiamata alle armi stava segnando la fine di quella travolgente storia d’amore.

Marco non aveva il coraggio di salutare per l’ultima volta la sua amata, ma Rosa voleva vederlo prima che partisse.

La mattina seguente, corse in stazione: le lacrime bagnavano gli occhi degli innamorati che non avrebbero mai voluto dirsi addio, non in quel momento, non in quel modo. Rosa mise nella mano di Marco un fazzoletto che aveva cucito quella notte, con sopra ricamati i loro nomi – “ Asciugati con questo e stringilo nei momenti più difficili. Io sarò con te” – lui rispose solamente: “ Aspettami”.

Un amore così grande si stava concludendo così brevemente, con un treno che si allontanava sempre più velocemente da sembrare, ormai, irraggiungibile.

-“ È finita?” – interrompe Chiara– “ Non può essere finita così, non è giusto!”

-“ Non è esattamente finita, piccola.”

-“ Cosa aspetti allora? Continua!”

-“ La guerra costrinse Rosa e la sua famiglia a trasferirsi in una città poco più lontana dal suo paese natale. I mesi e poi gli anni passarono e Rosa conobbe un bel giovane, buono e abbiente, con il quale dopo poco tempo si sposò. Dopo il matrimonio, Rosa riuscì ad aprire una sartoria, ma ogni volta che cuciva pensava a Marco: il suo cuore, sarebbe sempre appartenuto al suo primo amore.

-“ E lui dov’era? Era vivo?”

-“ Si era vivo, ma un incidente gli aveva fatto perdere la memoria ed era in cura in un ospedale di una grande città. Proprio qui, aveva conosciuto un’infermiera della quale si era innamorato e con cui si sposò. Ma c’era sempre quel fazzoletto con lui, con il nome di Rosa e lui doveva sapere.

Dopo molti anni, cominciò a ricordare il suo passato e tornò nel suo paesino d’origine dove gli amici ed i parenti gli raccontarono della sua storia con Rosa e dove lei si trovasse ora.

Doveva rivederla ad ogni costo, così si mise alla ricerca della sartoria.

 

Era il 1955, quando la porta dell’attività di Rosa si aprì; lei stava sistemando alcuni rotoli di stoffa negli scaffali e appena si girò per accogliere il cliente, il suo cuore si fermò: era Marco, il suo Marco e si stavano guardando proprio come si guardarono la prima volta.

Lui le porse il fazzoletto e le disse: “ Non ricordavo nulla, avevo solo questo e ti ho trovata”.

I due si accomodarono su delle sedie e parlarono proprio come il loro primo appuntamento : sembrava che fossero tornati indietro di quindici anni.

Dopo un’ora di chiacchiere, Marco la salutò e sull’uscio della porta le disse: “ I primi di Maggio, quasi di passaggio, ti sfiorerà l’idea di me e ricorderai di aver scordato ogni nostro momento; ma, arrivando a metà maggio, ti toccherà il pensiero delle mie labbra sulle tue ed i nostri occhi che si incontrano da lontano.”

 

Chiara abbassa lo sguardo – “ Nonna, ti ricordi ogni singola parola che ti ha detto… a metà maggio lo pensi sempre, non è vero?”

-“ Sempre, piccola mia. Il suo pensiero è nel mio cuore.”

Jessica Cardullo

Messina Medievale: attraverso la Storia e la “Badiazza”

img_9617Paesaggio mozzafiato: da un lato i monti Peloritani, dall’altro il letto della fiumara San Michele.

Ci troviamo poco fuori Messina, precisamente al monastero di Santa Maria della Valle, conosciuto più comunemente come “La Badiazza”.
La sua fondazione, collocata intorno all’ XI secolo, ad opera di monache Benedettine, è legata ad un fatto leggendario a cui si ispirava un quadro raffigurante una Madonna con accanto una scala. Secondo la leggenda, approdava nella città peloritana una nave di mercanti provenienti dall’oriente che, dopo aver scaricato della merce, avrebbe dovuto proseguire per la rotta. Tuttavia, al momento della partenza, la nave non si staccò da terra; l’accaduto fu subito interpretato dai marinai come una punizione, dovuta al furto, per mano loro, di un’icona raffigurante una Madonna e tenuto nascosto nella nave. Confessato il furto, i marinai riuscirono “miracolosamente” a riprendere il mare, e l’icona fu trainata da un carro di buoi che pose fine alla sua corsa precisamente ai piedi dei colli S. Rizzo, dove fu eretta la chiesa.

img_9601Il monastero e la Chiesa furono intitolati a nome di Santa Maria della Scala. Purtroppo, numerosi documenti ci portano a conoscenza dello sfortunato destino dell’Abbazia.
Quest’ultima, infatti, è stata vittima di molteplici vicissitudini, tra le quali: l’assedio per mano delle truppe di Carlo D’Angiò, le quali la saccheggiarono e incendiarono; la peste del 1347, durante la quale l’icona fu portata in processione per la città al fine di scongiurare la pestilenza, ma che portò al suo abbandono; i numerosi straripamenti e terremoti che hanno contribuito al suo declino.  Successivo alla suddetta peste è l’utilizzo dell’Abbazia come residenza estiva che portò poi alla fondazione di un Monastero ed una Chiesa entro le mura cittadine, che oggi sono intitolate a Santa Maria della Valle. La vecchia chiesa, ormai in avanzato stato di deterioramento, risentì dell’alluvione del 1855 e del terremoto del 1908.

Tutto ciò che ad oggi è rimasto, è un bell’esempio di arte medievale che accomuna vari aspetti dell’architettura siciliana del tempo.

img_9610L’interno si articola in tre navate a pianta quadrata con un ampio transetto sormontato da cupola centrale. Il santuario, richiama lo schema della qubba islamica, divenuta modello per le chiese cristiane di età normanna, la copertura a cupola è di chiara derivazione normanna, mentre le crociere costolonate a sezione rettangolare sono riconducibili a età sveva. Da notare è la somiglianza con la Chiesa cistercense di Santo Spirito del Vespro a Palermo. D’altronde le ipotesi avanzate riguardo l’epoca di costruzione, assegnano la fondazione (quasi) certa ai normanni, ma non si escludono influenze sveve o aragonesi.

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Ad oggi, purtroppo, la Chiesa è chiusa al pubblico. Tuttavia, il Comune di Messina ha avviato un’opera di restauro a cura della Soprintendenza ai Beni Culturali di Messina ed un iter per la riqualificazione della zona; di fatto, la Chiesa è raggiungibile imboccando la Via Palermo e procedendo lungo il letto della fiumara San Michele per un, non troppo lungo, percorso dissestato.

Erika Santoddì

Ph: Giulia Greco