Santo Versace, il valore delle radici: dal Sud al valore dell’impresa etica

Accompagnati dalle note solenni del Gaudeamus Igitur, l’aula magna dell’Università di Messina ha accolto il Senato Accademico, il Collegio dei Docenti, la Magnifica Rettrice e, tra gli applausi, Santo Versace, protagonista della cerimonia di conferimento del dottorato honoris causa in Economics, Management and Statistics.

A introdurre l’evento è stata la Magnifica Rettrice Giovanna Spatari,  che ha poi lasciato la parola al Direttore del Dipartimento di Economia, Michele Barresi. Quest’ultimo ha ringraziato in particolare il prof. D’Amico, che ha creduto e sostenuto con determinazione la proposta, approvata lo scorso settembre.
È seguito l’intervento del prof. Cesaroni, coordinatore del dottorato, che ha presentato il programma con i suoi tre curriculum, sottolineandone la vocazione internazionale.

Laudatio: le “quattro vite” di Santo Versace

Al centro della cerimonia, la laudatio tenuta dal prof. D’Amico, ha ripercorso la biografia di Santo Versace, articolata in quattro fasi fondamentali, da lui stesso descritte in una celebre intervista come “quattro vite”.

1. Le radici: studio, sport e attivismo

Nato a Reggio Calabria nel 1944 (anche se registrato ufficialmente nel 1945), perde in giovane età la sorella maggiore. Dopo il diploma in ragioneria, si dedica al basket a livello agonistico e si iscrive alla Facoltà di Economia e Commercio a Messina, dove partecipa attivamente ai movimenti studenteschi pre-’68. Si laurea con una tesi sugli effetti economici della spesa pubblica, ironizzando sul fatto di essere stato bocciato in Matematica Finanziaria I.
Inizia a lavorare come docente nella sua ex scuola, svolge il servizio militare e assiste il fratello Gianni nel suo primo incarico da designer.

2. La nascita del marchio Versace

Gianni è indeciso se continuare a lavorare per altri o fondare un proprio brand. È Santo a spingerlo, con la visione chiara di un marchio che parlasse al mondo “ma con il nostro accento”.
La loro strategia è rivoluzionaria: ampliano il portafoglio dei loro prodotti con jeans, profumi, arredamento. Nasce l’Universo Versace, un modo nuovo di concepire il lusso. Il successo è straordinario, fino al 1997, anno dell’omicidio di Gianni, evento che segna profondamente l’azienda e la famiglia.

3. L’impegno politico e civile

Dopo la tragedia, Santo prende le redini dell’azienda mentre Donatella assume la direzione creativa. Assume la presidenza della “Camera Nazionale della Moda Italiana”, nel 2008 accetta la candidatura in Parlamento, convinto da Silvio Berlusconi.
Eletto nella circoscrizione Calabria, si distingue per l’attenzione al Made in Italy e ai diritti civili: è il primo firmatario della legge sull’etichettatura dei prodotti italiani.

4. Nuove sfide: investimenti e filantropia

 Degna di nota l’Associazione Altagamma che vide la luce nel 1992. Nacque dalla visione di unire tutte le imprese di settore desiderose di lavorare insieme per portare sempre più in alto il made in Italy. Oggi, Altagamma è divenuta una Fondazione e riunisce 120 aziende.

Nel 2018 cede l’azienda a Michael Kors, decisione difficile ma necessaria per garantire la sopravvivenza e il prestigio del marchio.
Oggi investe in startup giovanili nei settori moda, food e cinema, e guida la Fondazione Santo Versace e Operation Smile, condividendo questa missione con la moglie Francesca. “Non abbiamo figli, ma con la fondazione ne abbiamo molti”, afferma con commozione.

Lectio magistralis: radici, etica e futuro

Nella sua lectio magistralis, Santo Versace ha voluto partire proprio da Messina: “Sono felice perché ricordo la prima volta che, a 18 anni, varcai i cancelli di questa università.”
Ha parlato dell’orgoglio di aver costruito un marchio di alta gamma da italiani del Sud, sfidando stereotipi e pregiudizi, e dell’importanza del contributo di istituzioni rette dal principio del bene comune nella realizzazione dei giovani.

Versace ha ribadito come la vera forza dell’impresa siano i lavoratori: “Gli azionisti cambiano, i dipendenti restano.” Ha poi ricordato il sogno, condiviso con Gianni, di creare un polo italiano del lusso: un’intuizione che, pur non realizzatasi a causa della tragedia del ’97, si sta oggi concretizzando con operazioni come quella del gruppo Prada.

Il messaggio ai giovani: “Amate il lavoro, potete fare tutto”

Versace ha chiuso il suo intervento con un appello accorato alle nuove generazioni del Sud, incoraggiandoli a rischiare e a non sentirsi in difetto rispetto a chi arriva da luoghi notoriamente più ricchi di opportunità. Si rivolge agli studenti di Sicilia e Calabria quando ricorda la Magna Grecia: la sua magnificenza, dice, ha poi superato quella della Grecia stessa. É possibile riuscire a  realizzare i propri sogni, creare startup e innovazione anche qui al sud, ma per farlo bisogna studiare, impegnarsi e amare il proprio lavoro.”

Un messaggio potente, che unisce memoria e visione, esperienza e speranza. L’Università di Messina, che lo ha visto studente e oggi lo celebra come simbolo di eccellenza, è il punto di partenza e arrivo di una storia tutta italiana che guarda al futuro con radici profonde.

Gaetano Aspa

Carla Fiorentino

Sei triste come la sera sul mare

Piangi? Non piangere, amore,
lascia che la sera ci afferri
nel suo grembo d’acqua e cenere.

Le stelle sbocciano e si spengono,
come le rose dimenticate nei giardini
delle case abbandonate.

Sei bella come la luna sullo Stretto,
sei triste come la sera sul mare.

E il treno urlava nelle gole d’ombra,
e il mare si sfaldava in canti di sirene,
e tu ridevi – tu ridevi –
con la bocca rossa di vino.

Fuggire, fuggire,
nel vento salato,
nella notte che trema
di cani randagi e d’asfalto.

Dove sei, dove sono,
se non in un sogno che svanisce
come il fumo d’un falò sulla spiaggia?

 

Gaetano Aspa

#NonCiFermaNessuno sbarca a Messina: Luca Abete e l’arte di essere fragili

Anche quest’anno l’onda di entusiasmo e consapevolezza di #NonCiFermaNessuno, la campagna sociale ideata da Luca Abete, ha toccato la città di Messina, portando con sé un messaggio potente: nessuno è davvero solo. L’iniziativa, attiva dal 2014, continua a incoraggiare migliaia di giovani in tutta Italia a non arrendersi, diventando un vero e proprio laboratorio di ascolto, confronto e resilienza.

Un’aula piena di storie autentiche

L’evento, ospitato dall’Università degli Studi di Messina, ha riunito circa 200 studenti e studentesse, pronti a condividere vissuti, riflessioni e sogni. Fin dalle prime parole, l’atmosfera si è caricata di emozioni: fragilità, disagio, ma anche speranza, forza e coraggio hanno preso voce grazie a un pubblico attento e partecipe. Come ha sottolineato Luca Abete, «da 11 anni offriamo ascolto agli studenti italiani e ho imparato che dietro quei “va tutto bene” c’è dell’altro». Tuttavia, è proprio da quelle crepe – continua – che può filtrare la luce, generando trasformazioni autentiche. Inoltre, ha sottolineato l’importanza di essere appassionati, di sperimentare e uscire dalla propria comfort zone.

Il messaggio: Nessunə è solə

Questa edizione del tour si è presentata con un claim chiaro e provocatorio: “Nessunə è solə”. Una frase che, come spiega Abete, vuole essere «una bugia urlata per diventare una necessaria provocazione». In effetti, nell’epoca dei social, la solitudine può celarsi dietro sorrisi digitali, mentre solo un gesto concreto – un “vengo da te” – può davvero fare la differenza. L’evento messinese ha rappresentato proprio questo: un incontro reale, occhi negli occhi, parole dette e ascoltate dal vivo, capaci di creare legami profondi e duraturi.

Luca Abete con la nostra Caposervizio Carla Fiorentino, durante il collegamento di Giusy Ferreri. ©UniVersoMe

Il plauso della Rettrice e il valore dell’università

La partecipazione attiva dell’Ateneo peloritano ha sottolineato quanto l’università sia, prima di tutto, una comunità viva. La Rettrice Giovanna Spatari, intervenuta con entusiasmo, ha ribadito che «l’università non è solo un luogo dove ci si prepara al lavoro, ma uno spazio dove si cresce come persone, si sviluppano pensiero critico e confronto». Proprio per questo, ascoltare la voce degli studenti diventa imprescindibile.

Luca Abete con la Magnifica Rettrice, dott.sa Giovanna Spatari. ©UniVersoMe

Una sorpresa musicale e parole che curano

L’evento ha portato anche un regalo inaspettato ma molto apprezzato: il collegamento a sorpresa della cantante Giusy Ferreri. L’artista ha condiviso un pezzo importante della sua adolescenza, segnata dalla solitudine, trasformata però in un’occasione preziosa per conoscersi e maturare. Un esempio potente di come il dolore possa diventare strumento di crescita.

Il Premio #NonCiFermaNessuno: la forza di Giovanna

Tra i momenti più toccanti, la consegna del Premio #NonCiFermaNessuno a Giovanna Deani, studentessa del corso di Laurea Magistrale in Scienze Pedagogiche, che ha affrontato con determinazione la perdita di una gamba a seguito di un grave incidente. «Abbiamo due modi di affrontare le sfide della vita: piangerci addosso o rialzarci» – ha dichiarato. Oltre al premio simbolico realizzato dagli artigiani 2.0 di Polilop, Giovanna ha ricevuto anche una serie di strumenti per accrescere le sue competenze e coltivare il proprio futuro professionale.

Luca Abete con Giovanna Deani durante la consegna del premio. ©UniVersoMe

Un tour sempre più green

Accanto al messaggio sociale, la campagna conferma anche il suo impegno ambientale. Infatti, grazie alla collaborazione con Corepla, è stato installato un ecocompattatore RecoPet presso il Welcome Point dell’università, con l’obiettivo di aumentare la raccolta differenziata del PET e promuovere comportamenti ecosostenibili tra i giovani. Come ha affermato Antonio Protopapa, Direttore Operativo di Corepla, «ognuno di noi può essere protagonista attivo in questo processo virtuoso».

Contro la violenza, anche con le parole

Non è mancato lo spazio per una riflessione necessaria sulla violenza di genere, sostenuta dal progetto #sempre25novembre di Sorgenia. Partendo dal ricordo di Sara Campanella, l’evento ha posto l’attenzione sulla violenza verbale, una forma spesso invisibile ma altrettanto pericolosa.

Musica, creatività e linguaggi giovanili

Grande successo anche per la performance del giovane cantante siciliano Saitta, voce ufficiale della colonna sonora del tour Nessuno è solo. La sua testimonianza ha toccato il cuore del pubblico: «nei momenti difficili, la musica è stata la mia compagna. Sognare – ha detto – può davvero salvare la vita». Il suo intervento ha rafforzato il senso profondo del Laboratorio Itinerante dei Linguaggi della Comunicazione Giovanile, cuore pulsante della campagna, in cui gli studenti diventano veri ambasciatori di valori positivi.

#NonCiFermaNessuno
Luca Abete con il giovane cantautore Saitta. ©UniVersoMe

Una community che cresce, si confronta e migliora

In conclusione, la tappa messinese di #NonCiFermaNessuno non è stata soltanto un evento, ma un’esperienza collettiva, fatta di emozioni condivise, consapevolezze nuove e tanta voglia di ricominciare. Perché, come dimostrano le storie ascoltate e vissute, la vera forza nasce dal confronto, dalla solidarietà e da quel coraggio gentile che trasforma le ferite in possibilità.

Gaetano Aspa

Giorgio Poi- Schegge: frammenti sonori di un’anima in evoluzione

Giorgio Poi
Schegge non è un album facile, ma è necessario per chi ha ancora voglia di ascoltare davvero, senza saltare tracce, senza cercare solo il ritornello. Un album che non ti consola, ma ti capisce. E a volte basta quello. Voto UVM: 4/5

Nel panorama dell’indie italiano, Giorgio Poi è sempre stato un equilibrista raffinato, un autore capace di camminare sul filo che separa l’introspezione dalla leggerezza, la melodia pop dall’inquietudine sottile. Con Schegge, il suo nuovo album, sembra aver lasciato cadere quel filo per frantumarlo, e raccoglierne poi i pezzi più taglienti e lucenti. Il risultato è un disco che non chiede di essere capito, ma attraversato.

Un viaggio tra le tracce

Il titolo non è casuale: Schegge è davvero un insieme di frammenti non disordinati, piuttosto pagine strappate da un diario con gli angoli bruciacchiati, ancora pieni di verità. Ogni canzone è un microcosmo, una fenditura nel tempo in cui Giorgio fa passare la luce delle sue emozioni: l’ironia, la malinconia, la paura della fine e l’incanto delle piccole cose. Il suono si è evoluto, più stratificato, più ampio, ma mai sovraccarico. C’è un’eleganza sottile nella produzione, che unisce tastiere spaziali a ritmiche leggere, e una voce sempre vicina, sussurrata, come se stesse cantando solo per te.  L’album racconta questo tempo rallentato, questa sospensione emotiva che rende Schegge un’opera coerente: non un concept album, ma una mappa emotiva tracciata con delicatezza. I testi, come sempre, sono ellittici, pieni di immagini spiazzanti e quotidiane (“Il bottone è sbagliato in un’asola”, “Sfogliavo i tuoi capelli con le mani”).

   

Schegge: frammenti di un tempo sospeso

L’album si apre con giochi di gambe, brano dove l’ironia incontra la sensualità. È una canzone sull’attrazione e sulla goffaggine che accompagna l’intimità. I riferimenti stilistici vanno dal funk leggero anni ’70 al cantautorato indie italiano contemporaneo. L’arrangiamento è sinuoso, con un basso quasi parlante. La frase “Sulle tue gambe batte un sole che mi fa morire” ha la forza ambigua di una carezza sotto una luce al neon.

Una ballata liquida e rarefatta che scivola sotto pelle come un sogno d’estate dimenticato, Nelle tue piscine affonda in un immaginario acquatico per raccontare lo smarrimento identitario, ma senza mai alzare la voce. Le piscine diventano qui metafora ambigua — rifugio e prigione, specchio e abisso — di una ricerca di sé che non approda mai a una riva definitiva. È la dolcezza inquieta di chi si perde senza volersi davvero ritrovare.

 La scrittura di Giorgio Poi — che già nei dischi precedenti giocava con le immagini e la sospensione del senso — qui si fa ancora più ellittica, rarefatta, frammentaria. Non è un caso che  Uomini contro insetti, brano che sembra una lunga visione allucinata, tra critiche ecologiche, surrealismo urbano e umori pasoliniani. Il tono è dimesso, ma le immagini sono visionarie: “Mi hai lasciato sulle labbra il rosso dell’alchermes, e il tuo herpes”.

 

Il titolo, enigmatico e quasi scientifico, evoca una soglia oltre la quale la vita — e forse anche l’amore — non può più sopravvivere. Non c’è vita sopra i 3000 Kelvin è un brano che fonde inquietudine cosmica e tenerezza domestica, dove la fisica del calore si trasforma in metafora affettiva: il cuore, quando arde troppo, rischia di non sentire più. Il verso chiave, «Metti un orecchio sul mio petto / e all’improvviso hai capito tutto», ricorda da vicino la poetica di Lucio Dalla — quella capacità di condensare la vertigine dell’amore in un gesto minimo, quotidiano, quasi infantile.

Nel paesaggio emotivo del disco, Les jeux sont faits rappresenta il momento della resa elegante, dell’abbandono lucido, in cui la perdita diventa anche una forma di maturazione. La melodia è rarefatta, trattenuta, come se ogni nota esitasse prima di cadere, mentre il testo affonda in una forma di confessione trattenuta, in cui la voce sembra parlare tanto a un altro quanto a sé stesso. L’introspezione si carica di una dolce rassegnazione, che richiama certi finali felliniani: tutto è già accaduto, e non resta che guardarlo scorrere come un film che conosciamo a memoria.

Estetica della frantumazione

Già la title track, schegge, colpisce per economia espressiva: un minuto e mezzo che è dichiarazione poetica e gesto zen. Qui ogni canzone è un frammento che non vuole ricomporsi: è la bellezza dell’incompiuto.

Tutta la terra finisce in mare è invece un picco emotivo. La canzone osserva la vita dall’alto, come se cercasse un punto di fuga nel dolore. C’è qui un’intimità che non si chiude in sé, ma si espande, ricordando certe pagine di Lettere a un amico lontano di Franco Arminio, o i lunghi campi larghi del cinema di Alice Rohrwacher: la lentezza come forma di rispetto, la distanza come dichiarazione d’amore.

 

Un aggettivo, un verbo, una parola, probabilmente il brano chiave dell’album, sembra dialogare a distanza con Cara di Dalla. Lì c’era la costruzione progressiva del desiderio; qui, l’addio diventa un esercizio di grammatica, in cui ogni strumento è punteggiatura e la voce diventa silenzio. Un addio scritto “nell’attimo esatto in cui accade”, come dice lo stesso Poi.

Chiude il disco delle barche e i transatlantici, brano che potrebbe essere scambiato per una novella di Buzzati musicata da Battiato. Protagonista è la metafora del viaggio, del trasloco interiore, dell’andarsene senza clamore. La leggerezza qui non è evasione, ma scelta consapevole. È il punto d’approdo dopo una navigazione incerta.

Conclusioni

Con Schegge, Giorgio Poi non rivoluziona se stesso, ma affina la sua poetica. È un disco che non si consuma, ma si lascia abitare. Non è per chi cerca canzoni da canticchiare, è per chi ha ancora voglia di perdersi nei dettagli, negli echi, negli spigoli. In un’epoca che ci vuole sempre interi e performanti, lui ci ricorda che anche le schegge possono riflettere la luce.

Gaetano Aspa

SostenibilMEnte: Messina diventa protagonista della sostenibilità

Dal 10 al 16 maggio 2025, Messina si prepara a diventare il centro del dibattito sulla sostenibilità con SostenibilMEnte, una settimana ricca di iniziative promosse in sinergia tra Comune di Messina e Università degli Studi di Messina, nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile promosso a livello nazionale da ASviS – Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile.

Un evento di portata nazionale che coinvolge enti pubblici, scuole, università, associazioni e cittadini in un percorso comune di conoscenza, consapevolezza e azione concreta sui temi della sostenibilità ambientale, economica e sociale, in coerenza con gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

Una settimana di confronto e partecipazione

Il programma della manifestazione si articolerà in una pluralità di appuntamenti, tra cui seminari, laboratori, challenge, visite guidate, tornei e incontri divulgativi, pensati per coinvolgere attivamente cittadini, studenti e professionisti in un dialogo intergenerazionale e interistituzionale.

Cuore simbolico dell’iniziativa saranno i due eventi conclusivi previsti per il 16 maggio: da un lato “Messina 2030 – Festival della Sostenibilità 2025”, promosso dal Comune presso Villa Dante, e dall’altro la VII edizione dell’“UniMe Sustainability Day”, ospitata al Plesso Centrale dell’Ateneo.

In particolare, l’UniMe Sustainability Day vedrà il coinvolgimento diretto di scuole, studenti universitari, docenti e rappresentanti istituzionali in attività suddivise in cinque aree tematiche chiave: Risorse e Ambiente, Mobilità, Energia, Inclusione e Salute.

Le parole delle istituzioni

A sottolineare il significato profondo dell’iniziativa sono le parole della Rettrice dell’Università di Messina, prof.ssa Giovanna Spatari, che ha dichiarato:

Sono orgogliosa di poter affermare che l’Università di Messina si conferma ancora una volta protagonista attiva e responsabile nella promozione della sostenibilità, al fianco del Comune. L’università ha il dovere non solo di produrre conoscenza, ma anche di guidare il cambiamento. SostenibilMEnte è una preziosa occasione di impegno e confronto, per costruire una cultura fondata sul rispetto dell’ambiente, sull’inclusione sociale e sulla responsabilità civica.

Dello stesso avviso è il Sindaco di Messina, Federico Basile, che ha evidenziato l’importanza della collaborazione istituzionale come leva per un cambiamento concreto e duraturo:

Con SostenibilMEnte diamo continuità al percorso avviato con Messina 2030 – Green Events. È una sfida culturale che mira a radicare nei cittadini, soprattutto nei più giovani, una nuova visione del presente e del futuro. La collaborazione con l’Università è il segno tangibile che le istituzioni possono e devono fare rete per accompagnare la transizione ecologica, sociale ed economica del nostro territorio.

Una città in cammino verso il futuro

Il programma dettagliato degli eventi verrà diffuso nei prossimi giorni e prevede il coinvolgimento attivo di scuole, associazioni, imprese, enti pubblici e cittadini in momenti di confronto, gioco, approfondimento e partecipazione attiva.

Messina si conferma così laboratorio vivo di sostenibilità, con uno sguardo al futuro e l’impegno concreto delle sue istituzioni a favore di una transizione che mette al centro la comunità, il territorio e le nuove generazioni.

SostenibilMEnte

Il calendario degli appuntamenti che coinvolge cittadini, istituzioni, studenti e associazioni attraverso tornei, challenge, seminari, visite guidate e momenti di approfondimento sarà così articolato:

10 maggio:  visita guidata “Le sorgive della Valle dei Mulini e la sua cascata”- Comune Messina, AMAM, FAI https://www.facebook.com/share/p/1FPfkwptH9/(link is external);
“Spontanea: La natura intorno a noi” – Università di Messina /Orto Botanico https://newsletter.ortobotanico.messina.it/wp-content/uploads/sites/2/2025/05/Locandina_Spontanea.pdf(link is external);

11 maggio: “Spontanea: La natura intorno a noi” – Università di Messina /Orto Botanico https://newsletter.ortobotanico.messina.it/wp-content/uploads/sites/2/2025/05/Locandina_Spontanea.pdf(link is external);

12 maggio: Torneo universitario pallavolo -Università di Messina e SSD Cittadella Sportiva UniMe https://www.unime.it/sites/default/files/2025-04/Locandina%20sustainability%20day%2025%20pallavolo.pdf(link is external) ; Pulizia spiagge -Comune Messina, Messinaservizi Bene Comune;

13 maggio: Challenge didattica tra studenti universitari: “Cinque Continenti, Cinque Elementi per la Sostenibilità” (Università di Messina, COSPECS)

15 maggio: Firma Accordo quadro CONAI (Comune Messina, Università di Messina e Messinaservizi Bene Comune); La Forza di un Gesto: la Rettrice e il Sindaco piantano insieme un albero;

16 maggio: Messina 2030 – Festival della Sostenibilità 2025 – Villa Dante https://youngme.comune.messina.it/messina-2030/(link is external);

UniMe Sustainability Day 2025 – Università di Messina, Campus centrale https://www.unime.it/notizie/vii-edizione-unime-sustainability-day#:~:text=L’edizione%202025%20dell’Unime,%2C30%20alle%2013%2C30

 

Gaetano Aspa

OpportunityDay: tre giornate dedicate a orientamento, formazione e lavoro per i giovani under 35

Dal 6 all’8 maggio 2025, Messina diventa capitale delle opportunità per i giovani con OpportunityDay, un evento che animerà il cuore della città dalle ore 9.30 alle 17.30, offrendo tre giornate interamente dedicate all’orientamento, alla formazione e all’inserimento nel mondo del lavoro.

L’iniziativa, promossa dal Comune di Messina in collaborazione con l’Università, e patrocinata dalla Camera di Commercio e dall’Ente Teatro, nasce con l’obiettivo di costruire un ponte concreto tra studenti, istituzioni, agenzie formative e aziende. Il traguardo è ambizioso ma chiaro: supportare i giovani under 35 nell’individuazione del percorso più adatto alle proprie inclinazioni, fornendo strumenti utili per affrontare in modo consapevole e attivo le scelte post diploma.

Fulcro dell’evento sarà Piazza Unione Europea, dove l’Università di Messina sarà presente con i propri Dipartimenti per presentare l’offerta formativa per l’anno accademico 2025-2026, insieme ai numerosi servizi rivolti agli studenti. Parallelamente, nella vicina Sala Laudamo, si terranno talk e miniconferenze tenute da docenti, ricercatori ed esperti, su temi di grande attualità, pensati per stimolare riflessioni, visioni e scelte.

Dove inizia il tuo futuro

La rete di contatti che si attiverà durante Opportunity Day Messina coinvolgerà Università, Scuole, Imprese e Istituzioni in un dialogo costruttivo. I partecipanti potranno confrontarsi direttamente con docenti universitari, professionisti, aziende e rappresentanti istituzionali, in momenti dedicati al networking e allo scambio di esperienze. Ampio spazio sarà riservato anche agli stand informativi sui progetti rivolti agli under 35, che mettono al centro approcci personalizzati alla formazione e al lavoro, in linea con le passioni individuali e i trend del mercato.

Opportunity Day Messina si configura così come un’occasione preziosa per valorizzare il territorio e le sue risorse, stimolando nei giovani scelte consapevoli e percorsi costruiti su misura. “Inizia da qui il tuo futuro”, recita lo slogan dell’evento — un invito che è anche una promessa concreta di crescita e possibilità.

Gaetano Aspa

Drowning in the Search

The thirst in my eyes won’t fade away,
What can I do? You don’t show the way.
Though I plead, my heart won’t bend
The leash of my mind won’t hold or mend.

I’ve drifted into a tangled haze,
Like one gone mad, lost in a daze.
In search of You, I slowly drown,
And drop the keys that calm me down.

Exhausted, hopeless, I curse my name,
Then suddenly, I see Your flame.
Within myself, You gently gleam
A waking truth, a living dream.

My search dissolves into my soul,
The storm of questions finds its role.
Now that truth has touched my chest,
I hold the world in warm embrace.

A well was always deep inside,
Yet for two drops, I nearly died.
Now carrying You in every breath,
I wander free, in joy, in depth.

At last, I sleep in peace.
At last, I sleep in peace.

(Too close to be lost
Too far to be found).

                                           Eklavya Sihag

L’Amore nell’epoca della fluidità

Viviamo un tempo liquido, come lo avrebbe definito Zygmunt Bauman, in cui nulla sembra destinato a durare, in cui la velocità ha sostituito la profondità, e le connessioni permanenti non garantiscono più la presenza reale.

È l’epoca della fluidità, in cui anche l’amore si è fatto liquido: scorre, sfugge, evapora senza forma, come un fiume che non ha argini né sponde, anche le relazioni sembrano dissolversi prima ancora di prendere forma.

Ma cos’è l’amore oggi?

È una parola usata con leggerezza eppure caricata di attese antiche. È un bisogno profondo di contatto, ma anche una paura del legame. Nell’epoca del matching, del ghosting e del poliamore, l’amore è diventato un’esperienza a  intermittenza. Ci si cerca e ci si sfugge. Si desidera la fusione e insieme l’autonomia. L’intimità è desiderata quanto temuta. Come scrive Byung-Chul Han:

Il vero amore è solo quello che accetta la necessità di annullarsi affinché l’Altro possa giungere.

Tuttavia, l’amore ha sempre avuto a che fare con la contraddizione. È desiderio e limite, come ci ha insegnato Platone nel Simposio, è l’impulso a completarsi, a cercare nell’altro ciò che in noi è incompiuto. Anche oggi, in questa era dove tutto è provvisorio, l’amore conserva la sua forza archetipica: è ciò che ci strappa al narcisismo, ci espone, ci rende vulnerabili, ma anche vivi.

Nel Novecento, Roland Barthes scrisse:

L’altro è assegnato a un habitat superiore, a un Olimpo ove tutto si decide e da cui tutto emana su di me.

 

René Magritte, Les Amants (Gli Amanti), 1928, olio su tela, 54×73 cm, MoMA, New York

 

Ma come si interpreta un amore che si dissolve nell’istantaneità? Dove tutto può essere sostituito da uno swipe?

Oggi dire “ti amo” ha perso il suo peso. Troppo spesso lo si dice senza voler davvero restare, o senza nemmeno sapere cosa significhi voler restare. L’amore, quello vero, non è perfetto: è costruzione. È conflitto che non distrugge, ma insegna. È fiducia che si rinnova. “Amare non è guardarsi l’un l’altro, ma guardare insieme nella stessa direzione”, scriveva Saint-Exupéry. E in questa condivisione di orizzonti si fonda la forza del legame.

Molti oggi rivendicano il diritto alla libertà emotiva, alla molteplicità, al non dover definire ciò che provano. Ma l’amore chiede coraggio. E proprio in questo scenario di incertezza, l’amore resiste, sopravvive sotto le ceneri dell’epoca postmoderna. Più ancora: ha bisogno di nuove forme di coraggio. Il coraggio di rallentare, di sostare, di essere fedeli non per dovere ma per scelta. Perché l’altro è diventato un mondo che vogliamo abitare, non attraversare. Perché in un mondo dove tutto è consumo, amare davvero è un atto di resistenza.

 

L'Amore
Henri de Toulouse-Lautrec, A letto, il bacio, 1892-1893 circa, collezione privata.

 

C’è chi dice pure che l’amore sia morto. Ma forse è solo mutato. Si è fatto più fragile, più mutevole – ma anche più consapevole. Non cerca più la fusione totale, ma una comunione di libertà. Un dialogo continuo tra due differenze che si rispettano. Un legame che non stringe ma accompagna. Come scriveva Rainer Maria Rilke: “L’amore consiste in questo, che due solitudini si proteggono a vicenda, si toccano, si salutano”.

L’amore fluido non è meno profondo, se ha radici nella verità. Non è meno autentico, se è capace di restare anche nella mutevolezza. Forse oggi l’amore più forte non è quello che promette per sempre, ma quello che sceglie ogni giorno. Nonostante il caos. Nonostante la paura. Perché l’altro, tra mille, è ancora l’unico volto in cui ci riconosciamo davvero.

Certo, la fluidità ha anche i suoi pregi, ci insegna ad accettare la trasformazione, a non irrigidirci in modelli passati. Ma se tutto diventa flusso, se non ci sono più argini, rischiamo di annegare nella precarietà. L’amore ha bisogno di tempo, di ascolto, di pazienza. Di parole vere. Di silenzi condivisi. E sì, anche di fatica.

Forse allora la sfida oggi è proprio questa: imparare ad amare in un tempo che ha paura dell’amore. Riconoscere nell’altro non solo un riflesso, ma una persona intera, distinta, reale. Rinunciare alla ricerca del “perfetto” per scoprire la bellezza del possibile.

Ecco, forse l’amore, oggi più che mai, è un atto di resistenza. Una forma di poesia. Un atto politico. Un ritorno alla verità. Nonostante tutto.

 

Gaetano Aspa

 

Freddie – The Show Must Go On: i Queen rivivono al Palacultura

Sabato 19 aprile, presso il Palazzo della Cultura di Messina, i cittadini hanno potuto assistere alla rappresentazione Freddie – The Show Must Go On,  un omaggio al celebre cantante Freddie Mercury e alla storica band rock britannica Queen.

La raffigurazione scenica, purtroppo, non ha reso particolarmente onore al gruppo, così come, alle volte, si sono rivelate  poco convincenti le coreografie dei ballerini. Tuttavia, questi aspetti sono passati in secondo piano grazie alle doti canore di Luca Villaggio, performer che ha interpretato la grande stella degli anni ‘70.

Villaggio ha fatto viaggiare il pubblico tra le canzoni più acclamate della band: da The Show Must Go On, canzone che dà anche il titolo allo spettacolo, a Bohemian Rhapsody capolavoro del rock progressivo, divenuto colonna sonora degli anni ‘70 e ‘80, ancora oggi ritenuto uno dei più importanti nel suo genere, passando per hit come We Will Rock You e Another One Bites the Dust.

 

Luca Villaggio nei panni di Freddie Mercury

Un’altra nota di merito va data a Giuseppe Viola, che ha interpretato il mitico chitarrista Brian May in modo adeguato. Durante lo spettacolo sono stati ricordati e interpretati alcuni personaggi cult dell’epoca, come David Bowie, ampliando così il tributo all’intera scena musicale di quegli anni. 

Nonostante alcune imperfezioni nella messa in scena e nelle coreografie, Freddie – The Show Must Go On si è comunque rivelato uno spettacolo apprezzabile, capace di coinvolgere il pubblico grazie all’energia dei brani storici dei Queen e alla notevole performance vocale di Luca Villaggio.

Un tributo che, pur non eccellendo sotto ogni aspetto, è riuscito a trasmettere l’emozione e la grandezza di una delle band più iconiche della storia del rock.

 

Agnese Trovatello

Giuseppe Micari

“La casa degli sguardi”: Luca Zingaretti per la prima volta alla regia

“La casa degli sguardi” ci insegna a rielaborare un dolore facendo pace con la vita. Voto UVM: 4/5

 

L’11 Aprile è uscito al cinema “La casa degli sguardi”, un film in cui vediamo Luca Zingaretti, uno degli attori italiani più amati, in una posizione diversa dal solito, ovvero quella di regista oltre che di attore. Questa sua opera prima, presentata in anteprima alla Festa del cinema di Roma, è tratta dal romanzo d’esordio (oltre che autobiografico) di Daniele Mencarelli (pubblicato nel 2018), stessa penna di “Tutto chiede salvezza”, dal quale è stata tratta la serie Netflix di grande successo, divisa in due stagioni (la prima uscita nel 2022 e la seconda nel 2024) per la regia di Francesco Bruni.

Trama de “La Casa degli Sguardi”

Marco (interpretato da una delle “nuove leve” del cinema italiano, Gianmarco Franchini), 23enne romano rimasto solo col padre dopo la perdita della madre avvenuta qualche anno prima, causa un incidente con il rischio di finire in galera. A seguito di ciò, proprio grazie al padre (Luca Zingaretti) e un suo amico editore (Filippo Tirabassi) riuscirà a trovare un lavoro da inserviente presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. Proprio sul posto, dopo un accoglienza non proprio calorosa, conoscerà i suoi compagni di lavoro e/o di turno, che inizialmente lo metteranno alla prova, ma che presto si riveleranno essere anche degli amici, ovvero Giovanni (Federico Tocci), Claudio (Alessio Moneta), Luciano (Riccardo Lai) e Paola (Chiara Celotto).

Fonte: Today
Fonte: Today

Tra le varie amicizie di Marco c’è quella con un bambino (di nome Alfredo detto “Toc Toc”) ricoverato nella struttura. I due riescono a comunicare dalla finestra della sua stanza, attraverso disegni e/o gesti. Non si conoscono molto bene, ma questo non impedisce all’affetto di prendere il sopravvento.

L’elaborazione del dolore

“Secondo me questa storia parla della capacità straordinaria che hanno tutti gli esseri umani di rialzarsi dopo che la vita gli ha dato una bastonata”

Così l’attore e regista si è espresso durante la presentazione del suo film a Messina. La storia di Marco, impersonificato strepitosamente da Gianmarco Franchini (conosciuto per il ruolo di Manuel in “Adagio”, diretto da Stefano Sollima, uscito nel 2023) può essere la storia di ognuno di noi. Questo, prima ancora di Zingaretti con il film, lo fa intendere molto bene Daniele Mencarelli con il romanzo, poiché è proprio grazie alla storia del protagonista che lui racconta un momento difficile della sua vita.

La vita di Marco, a seguito della perdita della madre, è un pendolo che oscilla tra l’abuso di alcool e droga e la passione per la poesia. A causa della dipendenza, sviluppa uno stato di incoscienza così profondo da non lasciar trasparire nemmeno l’angoscia di esistere. Si ritrova ad essere un ragazzo in fuga da se stesso prima ancora che dal dolore, e proprio per questo viene abbandonato dagli amici e dalla fidanzata. A stargli accanto, nonostante le difficoltà, c’è il padre, che prova ad aiutarlo in ogni modo possibile.

Fonte: Lucky Red
Fonte: Lucky Red

 

La Casa degli Sguardi: fare pace con la vita

Quello che “La casa degli sguardi” ci insegna, attraverso la penna di Mencarelli prima e la regia di Zingaretti poi, è che osservare da vicino il dolore può aiutare ognuno di noi a riappacificarci con la vita. E’ proprio attraverso l’accettazione del dolore, parte ineludibile della nostra esistenza, che è possibile ritrovare  la voglia di vivere e di andare avanti, inseguendo i nostri sogni e le nostre passioni. Non è poi un caso se il film si conclude con un pezzo, composto appositamente da Michele Brega, dal titolo “Fate largo ai sognatori”, lasciando così nessuna certezza ma grandi speranze per un ragazzo che ha voglia di riprendere in mano le redini della sua vita.

 

 

Rosanna Bonfiglio