Un volto tra le onde : Jeanne Baret e la spedizione Bougainville

Verso l’ignoto: una moderna Odissea

“Quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga, fertile in avventure e in esperienze.”

Itaca”, ossia la terra promessa. Il punto, cerchiato in rosso, su una vecchia e ormai usurata cartina. Ulisse cerca di scorgere i confini all’orizzonte, ignorando la marea e il canto delle Sirene. Intanto annota sul suo diario prima quell’emozione, ora questo pensiero. L’intrepido Odisseo, sembra voler sfidare l’ignoto dinnanzi a sé. Levando l’ancora, ha lasciato alle sue spalle la furia di Poseidone.

Ora, con la saggia Atena alle sue spalle, squarcia il velo di Maya, sospinto dalla leggera brezza della conoscenza. Con lo sguardo perso nel vuoto, neanche s’accorge d’aver superato i confini della sua stessa mente.

Sembra ripercorrerne i passi Louis de Bougainville, iniziando da Nantes la sua Odissea. Da lui prese il nome una pianta, dai “grandi e sontuosi fiori viola”, che ancora oggi adorna il suolo sudamericano. Ogni ramo, proteso verso l’alto, sembra puntare verso degli immaginari limiti, ormai valicati dalla nave della conoscenza.

Francobollo raffigurante l’avventuriero francese. Sullo sfondo la Boudeuse, una delle navi salpate da Nantes

 

Tappa nello Stato di natura: Tahiti

“Noi siamo innocenti, noi siamo felici; e tu non puoi che nuocere alla nostra felicità.”

Poche parole, pronunciate debolmente, con un filo di voce. A parlare è un uomo magro, dal viso smunto, quasi una cornice di quell’espressione impassibile. Quindi, nella quiete, osserva la figura davanti a sé.

Bougainville, invece, è robusto, il volto pesante, dai lineamenti marcati cui fanno da contorno dei corti capelli bianchi. Sembra quasi l’antitesi dell’anziano che si trova sotto i suoi occhi.

L’arrivo in quel lembo di terra, apparentemente così isolato dal resto del mondo, fu un fulmine a ciel sereno per tutto l’equipaggio della Boudeuse. Appariva come un luogo fuori dal tempo, immerso in un eterno istante che ne lasciava intatti i colori.

Anni dopo, ricordandone la bellezza, Bougainville ne parla come fosse una moderna Citera. Allontaniamoci, però, dalla Grecia. Non ci troviamo nella “banale El Dorado”, come la definì Baudelaire.

Quell’isola, dall’aspetto “cupo e selvaggio”, viene chiamata Tahiti dai suoi stessi abitanti. L’esploratore francese, sembra aver trovato un angolo del globo che, in un impeto antistorico, sembra ancorato ad un primitivo stato di natura.

Rimane, però, colpito dall’accoglienza dei tahitiani, descritti come “ospitali” e “innocenti”. Il resoconto di Bougainville, confluito nel suo “Voyage autour du monde”, offre uno spiraglio nella vita del “buon selvaggio”, riprendendo Rousseau.

Sarà, poco tempo dopo, Diderot a rileggere le parole dell’esploratore suo contemporaneo, da una prospettiva diversa. L’ammiraglio parigino e il pensatore illuminista, sembrano muoversi verso la netta contrapposizione fra Tahiti e l’Europa. Ma ad uno sguardo più analitico, il leitmotiv è invece un acceso confronto tra civiltà e natura.

Didereot affida le sue osservazioni alle pagine del “Supplement”, opera pubblicata poco dopo la rimpatriata di Bouganville.

A sua detta, la civilizzazione dell’uomo passa per l’azione del “tiranno”. Costui è la figura a cui è affidato il difficile compito di “avvelenarlo” con quella che definisce come una “moralità contraria alla natura”.

Ormai, l’epopea di Bouganville, è cristallizzata nel suo “voyage”. Intanto, il grande libro della storia lo ricorda per la circumnavigazione del globo.

Tuttavia, alcune, seppur brevi, righe menzionano il nome di una figura spesso trascurata. Si chiama Jean Baret.

Stampa d’epoca. Ci parla della tappa tahitiana della spedizione Bougainville

 

Tra il fiore e l’onda: Jean Baret

Nei diari di bordo, il suo nome compare sporadicamente. Quasi sempre, è affiancato da quello del botanico Philibert Commerson. Quest’ultimo, uomo di scienza nonché naturalista, accettò l’invito nonostante la cagionevole salute. Accettò di imbarcarsi, a Rochefort, solo col suo “assistente” al seguito.

Baret, non lasciò lettere o testimonianze scritte di suo pugno, rischiando di essere l’ennesima comparsa di una pièce lontana dall’atto finale.

Solo un unico, anonimo, ritratto è sopravvissuto fino a noi. Mostra una figura slanciata, dai lineamenti delicati ma decisi. Indossa un completo da marinaio, come voleva la moda del suo tempo, mentre salta subito all’occhio una giacca blu. Tiene fra le mani, osservandole, delle piante dall’aspetto singolare. Sicuramente, pochi istanti prima, decoravano l’inospitale suolo tahitiano o del Brasile, entrambe tappe della lunga traversata di Bougainville.

Sulla Boudeuse ne osservavano la “scrupolosa modestia” con cui si comportava.

Sovente si dedicava allo studio e alla catalogazione di piante ed erbe, talvolta anche a supporto del lavoro di Commerson. In quell’Eden terrestre, d’altronde, era facile rimanere ammaliati da quella primitiva quanto selvaggia natura.

Il tempo, tuttavia, sembra cancellare le poche tracce della sfuggente Baret, come impronte sulla sabbia. In particolare, dopo lo sbarco a Tahiti, nemmeno Philibert ne fa più menzione.

Probabilmente, quest’assenza di informazioni deriva da un singolare episodio. A parlarcene è François Vives, medico di bordo. Egli richiama l’incontro con alcuni indigeni tahitiani che, sospettosi, scrutano l’aiutante di Commerson. Uno di loro, Ahutoru, non ha dubbi: sulla Boudeuse, viaggia anche una donna.

La giovane Penelope francese, attratta dall’Ignoto, aveva deciso di lasciarsi alle spalle la sua Itaca. Partita da un piccolo villaggio della Borgogna, era riuscita a ottenere un ruolo nel teatro della storia. Ora, tuttavia, è costretta a gettare la maschera.

Bougainville, per evitare lo scandalo, permette alla “donna delle erbe” di lasciare l’equipaggio, uscendo definitivamente di scena.

Oltre un secolo dopo, la troviamo affianco ai nomi di Simone de Beauvoir e Alice Milliat. Siamo alle Olimpiadi francesi del 2024. Chissà se, la giovane Jeanne, avrebbe mai immaginato tutto questo.

 

                                         Unico ritratto della giovane Baret, attribuito a Giuseppe dell’Acqua

 

Fonti:

https://www.britannica.com/biography/Jeanne-Baret

https://www.inomidellepiante.org/storie/con-bougainville-in-viaggio-intorno-al-mondo

https://static-prod.lib.princeton.edu/visual_materials/maps/websites/pacific/bougainville/bougainville.html

https://data.over-blog-kiwi.com/0/99/95/54/20180125/ob_8a956e_lecture-analytique-du-texte-de-diderot.pdf

https://www.schoolmouv.fr/fiches-de-lecture/supplement-au-voyage-de-bougainville-denis-diderot/fiche-de-lecture

 

Manuel Mattia Manti

Sud Innovation Summit 2025: la tecnologia che rivoluzionerà il Sud Italia

Il Polo Papardo dell’Università degli Studi di Messina si prepara a diventare un villaggio futuristico in occasione del Sud Innovation Summit 2025, che si terrà il 16 e il 17 ottobre. Sarà un’occasione unica per approfondire le proprie conoscenze e scoprire nuove opportunità che riguardano numerosi ambiti apparentemente distanti fra loro.

Questa edizione è denominata “AI for Future”, proprio per approfondire la conoscenza dell’Intelligenza artificiale, applicata in diversi contesti. Le sale verticali, i talk e i workshop dedicati faranno avvicinare gli spettatori a uno strumento che sta repentinamente mutando il mondo circostante e gli oltre cento speaker – tra esperti e professionisti – ne definiranno i molteplici aspetti.

Focus sulla Tecnologia

Sono cinque i distretti tematici che daranno vita a questo evento e uno tra questi è quello legato alla Tecnologia. Questo settore è fondamentale quando si parla di IA e, nelle due giornate, verrà analizzato in modo chiaro, affinché tutti ne possano cogliere l’importanza.

L’obiettivo dell’intero evento è proprio far comprendere sfide e opportunità di questa grande novità per la società. Conoscere l’ambito tecnologico significa analizzarla concretamente attraverso nuove consapevolezze.

Il Programma

Ecco le attività in programma che si concentrano sul tema della tecnologia:

 

Focus su AI Advanced:

Giovedì 16 ottobre

Ore 10:00 – Agenti AI from 0 to 1

 11:30 – Perché i progetti AI general-purpose falliscono (e come farli funzionare con soluzioni verticali)

Alle 14:30 – Agenti Plan-and-Execute con LangChain: un assistente intelligente per la città di Messina

 

Venerdì 17 ottobre

Ore 10:00 – Hackathon Playbook

Ore 11:30 – Gemini Lab – l’AI di Google Cloud al tuo servizio

Alle 14:30 – Dalla Shell all’AI: sfruttare la Gemini CLI per rivoluzionare il tuo flusso di lavoro

Ore 16:00 – Tech Careers & AI: carriere tech oggi (percorsi, skill, opportunità in Datapizza)

16:30 – Self-Discover: strutture di ragionamento autonome per l’IA Generativa

 

Focus su Coding:

Giovedì 16 ottobre

Ore 10:30 – Coderful | Prompt Strategies

 12:30 – Il software developer è morto, lunga vita al software developer

Ore 14:30 – L’arte di creare Agenti Intelligenti: introduzione dell’Agent Development Kit (ADK) di Google

 16:00 – Agenti autonomi e colleghi virtuali, dall’assistente al compagno del team: costruire il futuro della collaborazione uomo-macchina

Alle 17:00 – Coding Lab: idee, AI e innovazione made in Sud

Venerdì 17 ottobre

Ore 11:00 – ColorIAmo Messina: come ridare vita alla Nobile Messina

Ore 14:30 – Come scegliere la granita perfetta con l’AI

 

Focus su Product Management:

Giovedì 16 ottobre

Ore 11:30 – Come costruire prodotti digitali con l’AI: Basic

Alle 14:30 – Come costruire prodotti digitali con l’AI: Advanced

Venerdì 17 ottobre

 11:30 – Come costruire prodotti digitali con l’AI: Basic

 14:30 – Come costruire prodotti digitali con l’AI: Advanced

 

Il Sud Innovation Summit 2025 contribuisce alla crescita personale e culturale di ogni singolo individuo, dallo studente al professionista. È, inoltre, un’importante occasione di confronto, anche grazie allo scambio di pareri e curiosità su un’innovazione che potrebbe rivoluzionare il futuro del Sud Italia.

L’ingresso è gratuito e su prenotazione. È ancora possibile registrarsi sul sito ufficiale: https://sudinnovationsummit.it/

Alda Sgroi

Dietro il personaggio: Dr. Jekyll e Mr. Hyde

“Ti accorgerai a tue spese che nel lungo cammino della vita incontrerai molte maschere e pochi volti.

Le parole di Pirandello dettano la sceneggiatura nel teatro dell’esistenza. Ognuno aderisce al proprio ruolo, rifuggendo lo sguardo del pubblico. La platea osserva sorpresa i suoi attori.

Lo disse anche Schopenhauer: sul palco “nessuno si fa vedere com’è“. Sembrerà di osservare un novello Dr. Jekyll tentare di nascondere l’impetuoso Mr. Hyde.

Si alza il sipario sulla surreale pièce di cui il dualismo è leitmotiv. Immaginiamo, per qualche istante, di essere parte della folla accalcata sotto il palco.

Un riflesso sotto la maschera

Ecco recitare il primo dei protagonisti. Entra in scena un uomo alto e robusto, dall’aspetto impeccabile. “Liscio in volto“, la sua espressione lascia trasparire “comprensione e bontà“. Jekyll indossa, tuttavia, una grottesca maschera che ne cela l’io recondito. Ad ogni gesto sembra che Hyde chieda a gran voce di essere liberato.

Al centro del teatro, la luce riflette la sua mostruosa ombra sugli spettatori terrorizzati. Sfondo di questa grottesca pièce è la cupa Londra vittoriana.

Al calar del sole, un timido riflesso si proietta sull’ampolla che Jekyll tiene tra le mani. Una figura dall’aspetto “detestabile” compare, mentre il pubblico osserva spaesato. Il rispettabile dottore ha trangugiato in un sorso quella strana pozione, perdendo di colpo se stesso.

“l’uomo non è in verità uno, ma duplice.” La mano trema, lasciando cadere al suolo la fiala. Questa frase risuona nei corridoi della mente di Jekyll. Il rispettabile dottore londinese, ormai smascherato, rivela la sua vera natura.

Hyde, grottesca faccia dell’altra medaglia, prende il sopravvento. Il pubblico guarda disgustato la repentina trasformazione. L’attore al centro del palco, sembra non avere nulla che si possa definire umano.

Basso e pallido, dava una peculiare “impressione di deformità”. Il viso di Jekyll è a malapena coperto da quella maschera esteriore che inibisce ogni suo primitivo istinto. Si riescono a distinguere solo pochi frammenti di quest’anima tormentata.

Se il mondo è teatro, l’austero dottore è interprete d’eccellenza.

In una gelida serata invernale, la fitta nebbia di Londra, fa da contorno a questo lugubre quadro. Intanto i lugubri edifici, appaiono quasi come mostri addormentati. Un silenzio tombale soffoca la città, ma viene rotto dai passi del malvagio Hyde.

In quello stesso momento, sotto lo sguardo di Erebo, qualcosa si muove anche nella lontana Edimburgo. Una figura, con passo elegante ma deciso, si muove nell’oscurità. Un ghigno illumina il suo volto. Sa che ora, col favore delle tenebre, potrà agire indisturbato. Non ha bevuto alcuna pozione, eppure, anche lui partecipa a questa lugubre pièce.

Dalla platea, ad osservarlo, c’è anche Stevenson. Probabilmente, in quel momento, la storia del tormentato Jekyll prende forma tra i suoi pensieri.

Si mormora un nome, ormai dimenticato tra le pagine della storia. La gente lo chiama William Brodie.

 

                                            Poster d’epoca, raffigurante i due protagonisti

“Deacon” Brodie: il vero dr. Jekyll

Immaginiamo, seppure per qualche istante, di trovarci nei panni di un contemporaneo di Brodie. Nella sua Edimburgo, ci accorgiamo che quest’uomo è, in realtà, benvoluto e rispettato.

Mentre Londra, la “metropoli d’incubo”, fa da contorno alle vicende del Dr. Jekyll, ora ci spostiamo in Scozia. Il giovane Brodie lavora come ebanista, professione ereditata dal padre. Inoltre, è lo stimato leader – o Diacono, il soprannome Deacon deriva da questo suo titolo – della “Corporazione di falegnami e scalpellini“.

Nel teatro della vita, tuttavia, anche lui recita inconsapevolmente la sua parte. A stento la maschera aderisce al volto.

Durante il giorno, lavora per quella stessa nobiltà che, durante la notte, è incauta vittima delle sue incursioni. Inizialmente il suo travestimento gli permette di recitare questa parte indisturbato. Al calar del sole, però, l’inganno è svelato.

In una Londra ancora assopita, la furia di Edward Hyde esplode contro Danvers Carew. In quello stesso momento, Brodie, si aggira per i vicoli della sua Edimburgo. La luce della luna, a malapena, ne sfiora l’ombra.

Guardingo, si aggira per Cowgate, nella parte bassa della sua città natale. Gettati gli utensili da carpentiere, eccolo apparire la sua vera natura. “Deacon” Brodie si mescola con mille altri uomini, distratti dal vizio.

Ivi, si abbandona ad uno stile di vita sregolato. Stevenson ne parlerà menzionando la “montagna di contraddizioni” che lo opprime. Ben presto, infatti, sarà la sua “sordida avarizia” a tradirlo.

Brodie, per anni, era riuscito a sfruttare le sue abilità: di giorno installava meccanismi di sicurezza e serrature nelle case dei più abbienti cittadini di Edimburgo; la sera, invece, sfruttava i duplicati delle chiavi che, con altrettanta maestria, produceva.

Aiutato da due complici, George Smith e John Brown, le sue azioni incutono “terrore nei cuori dei ricchi”. La storia di Brodie, tuttavia, ha raggiunto l’atto finale. Il Diacono e i suoi seguaci tentano, invano, di prendere d’assalto l’Ufficio delle Accise. Il tentativo di rapina, si conclude con un nulla di fatto. I colpevoli, in un goffo tentativo di fuga, si disperdono.

Una “fuga per un pelo”, gli permette di raggiungere l’Olanda. Qui, ad Amsterdam, termina la sua epopea. Ricatturato, viene condannato alla forca. Un curioso aneddoto racconta che fu proprio lui a costruire quello stesso patibolo.

Cala, così, il sipario. Tuttavia, anni dopo, c’è chi giura di aver incrociato lo sguardo, per le strade di Londra, con un uomo “alto e ben vestito”. Che si trattasse di un redivivo Brodie?

Un ritratto di William “Deacon” Brodie, ripreso da “An Account of the Trial of William Brodie: And George Smith”

                    Manuel Mattia Manti

Fonti

https://www.historic-uk.com/HistoryUK/HistoryofScotland/Deacon-William-Brodie/

https://archive.org/details/trialofdeaconbro00brod/mode/2up

https://www.britishlibrary.cn/en/articles/man-is-not-truly-one-but-truly-two-duality-in-robert-louis-stevensons-strange-case-of-dr-jekyll-and-mr-hyde/

https://www.forbes.com/sites/abrambrown/2019/10/25/bogeyman-and-gentleman-the-real-life-dr-jekyll-and-mr-hyde/

https://www.undiscoveredscotland.co.uk/usebooks/steveson-edinburgh/chapter04.html

https://archive.org/details/trialofdeaconbro00brod/page/8/mode/2up

Manuel Mattia Manti

Sud Innovation Summit 2025: economia, tecnologia e futuro si incontrano a Messina

Il Sud Innovation Summit 2025 è alle porte. L’Università degli Studi di Messina si prepara a diventare un vero e proprio laboratorio in cui tecnologia, impresa ed educazione si incontrano per costruire un nuovo modello di crescita economica e sociale.

Le giornate del 16 e del 17 ottobre saranno ricche di appuntamenti imperdibili: dalle sale verticali ai talk, dai workshop pratici agli incontri con esperti e professionisti. Oltre 100 speaker affronteranno la tematica sempre più centrale dell’intelligenza artificiale, declinata in molteplici ambiti.

Difatti, il filo conduttore di questa edizione, “AI for Future”, è proprio l’applicazione dell’Intelligenza Artificiale, articolata in 5 distretti tematici. In particolare, quello dedicato a Economia e Finanza si distingue per la capacità di coniugare innovazione tecnologica e capitale umano, risultando concreto, attuale e trasversale a tutti i settori.

Questa area tematica, dunque, si pone l’obiettivo di fornire strumenti utili per interpretare i cambiamenti del mercato, comprendere l’impatto dell’AI sulle professioni e promuovere un approccio consapevole alla finanza e al lavoro del futuro.

Di seguito le principali attività riferite all’ambito dell’economia e della finanza, organizzate durante le due giornate del Summit:

Focus su Start-up ed ecosistemi dell’innovazione:

Giovedì 16 ottobre:

  • Ore 11: Innovazione made in sud: opportunità degli ecosistemi regionali
  • Ore 12: Champions e luoghi dell’innovazione: verso una filiera siciliana
  • Ore 14:30: Fare impresa al Sud: storie a confronto

 

Focus su HR Tech, EdTech & Future of Work:

Giovedì 16 ottobre :

  • ore 11:30: L’IA come specchio e moltiplicatore
  • ore 12: Educazione, Impresa e Innovazione: la sfida delle nuove leadership giovanili
  • ore 15: L’IA come veicolo del passaggio scuola – lavoro

Venerdì 17 ottobre:

  • ore 9: L’evoluzione dell’Intelligenza Artificiale e l’utilizzo di CLIA per gli studi professionali
  • ore 14: La ricerca del lavoro e il ruolo dei centri per l’impiego nell’era del digitale
  • ore 15: Le Linee guida per l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nella Pubblica Amministrazione

 

Focus su Media & Creator Economy:

venerdì 17 ottobre:

  • ore 11: Creator: la nuova generazione di imprenditori digitali che sta cambiando il mercato
  • ore 11:30: La sfida e l’opportunità per i brand del territorio: dalla pubblicità tradizionale ai nuovi linguaggi dei Creator
  • ore 12: Retail Meets Media: connecting people places and brands
  • ore 14:30: Creator Economy: come imprese e attività locali sfruttano il potere dei Creator per affermarsi
  • ore 15: La Sicilia e l’evoluzione del giornalismo digitale: i Creator come mezzo per arrivare dritti al pubblico

 

Focus su Educazione finanziaria:

venerdì 17 ottobre:

  • ore 11: Scoprire chi sei per capire cosa puoi diventare: orientamento al mondo del lavoro
  • ore 12: Riscrivere il linguaggio dell’educazione finanziaria. L’esperienza Starting Finance
  • ore 15: SF Trading Game: scopri la trattazione alle grida delle borse valori

 

il Sud Innovation Summit 2025 rappresenta un’importante opportunità di apprendimento, confronto e crescita per studenti, professionisti e imprese che vogliono comprendere da vicino l’impatto dell’intelligenza artificiale e contribuire a delineare il futuro dell’economia digitale.

L’evento sarà ospitato presso il Polo Universitario Papardo – Dipartimento di Scienze Matematiche e Informatiche, Scienze Fisiche e Scienze della Terra (MIFT).

L’ingresso è su prenotazione. È possibile registrarsi sul sito ufficiale: https://sudinnovationsummit.it/

 

Antonella Sauta

Il Sud Innovation Summit va oltre le discipline STEM, l’obiettivo è un programma aperto a tutti

Messina, Torna il Sud Innovation Summit – AI for Future 2025, forum d’eccellenza dove le menti più brillanti della scena tecnologica nazionale e internazionale si riuniscono per discutere di innovazione, digital e tendenze future. Molte corporate e Big tech tra i partner già confermati: al centro della scena, l’intelligenza artificiale e il suo impatto trasformativo.  

Vedrà la trasformazione del campus in un villaggio dell’innovazione con oltre 100 speaker, 5 distretti tematici, 16 sale verticali e decine di workshop esperienziali, keynote, tavole rotonde, workshop pratici, una Tech Expo, l’HR Village e uno spazio dedicato all’alta formazione.

Sebbene un summit incentrato sulle discipline STEM possa sembrare oscuro a chi non è tra gli addetti ai lavori, sono migliaia le applicazioni delle high tech nella vita quotidiana e lavorativa anche del più convinto umanista. E la kermesse messinese ce lo dimostra con un programma davvero per tutti, che mette in risalto anche le applicazioni sociali dell’innovazione tecnologica nei campi della sostenibilità ambientale e dello sviluppo dell’economia nel meridione, e che si rivolge  anche alle donne nel lavoro. 

Il programma è saturo di appuntamenti imperdibili: ecco un programma su misura per chi vuole scoprire le opportunità dell’innovazione tecnologica fuori dal mondo STEM.

Il programma

Focus su: Sustainability, innovazione per il pianeta

16 ottobre

  • The human side of innovation: building sustainable features : Speech Elga Corricelli; 
  • Roundtable tematica: imprese e persone per un futuro sostenibile lifegate way;
  • Pitch competition: startup e PMI on stage;
  • Innovation freestyle jam;
  • Workshop gestione efficiente e sostenibile delle infrastrutture – scenari di facility management.

 

Focus su: Unime Human & social innovation hub

16 ottobre

  • Workshop al dipartimento di giurisprudenza sulle professioni giuridiche;
  • Diritto europeo e transnazionalità – il futuro delle professioni giuridiche tra innovazione e sostenibilità;
  • Dipartimento DICAM: Workshop digital transition nell’area umanistica;
  • Giurisprudenza, Innovazione, diritto e accesso ai nuovi beni per la collettività.

 

17 ottobre

  • Dipartimento COSPECS, dentro l’opera: modelli immersivi di fruizione
  • Dipartimento ECONOMIA: Esplorare il ruolo dell’intelligenza artificiale nel promuovere lo sviluppo sostenibile: un’analisi semantica dei brevetti di IA
  • Digital transformation in family-owned winery SMEs: an exploratory analysis in the South-Italian context
  • Dipartimento SCIENZE POLITICHE E GIURIDICHE:

– Politiche fiscali per l’imprenditorialità innovativa: opportunità e limiti

– Decisione algoritmica incontrollabile e tutela dell’utente

– High Frequency Trading: tra responsabilità penale individuale e responsabilità delle organizzazioni complesse

Le donne e l’innovazione tecnologica nel lavoro

Focus su: Women and leadership in tech

Gli eventi di questa sezione sono stati organizzati in collaborazione con Women Lead, una community inclusiva che lavora per la creazione di eque opportunità al sud affinchè il genere non sia più una barriera. Punta sulle competenze digitali per offrire la possibilità a chiunque voglia restare al Sud di costruire il proprio percorso professionale, conciliandolo con le proprie scelte personali.

16 ottobre

  • Design your life: orientarsi e reinventarsi nel lavoro, percorso interattivo per scegliere o reinventare la propria direzione professionale con strumenti pratici e confronto di gruppo con @womenlead , 
  • Donne e futuro del lavoro: competenze che contano con esperte e HR manager sul mismatch di competenze e focus sull’AI, soft skill, leadership e nuove professionalità con @womenlead, 
  • AI per tutte: strumenti pratici per il lavoro e il business su applicazioni base di AI generativa per professioniste, imprenditrici, freelance e curiose ed esercizi pratici su tool no-code e produttività con @womenlead

17 ottobre

  • Innovare al Sud: scegliere le radici per sfidare il futuro. Quando il territorio diventa leva di crescita e identità con @womenlead
  • Business model you: ripensare se stesse come impresa con @womenlead
  • Dall’idea al prototipo con l’AI con @womenlead

Il Summit è accessibile solo su prenotazione, è possibile registrarsi sul sito ufficiale : 2025 – Sud Innovation Summit

Carla Fiorentino

Frah Quintale e Amor Proprio – Perché non è mai facile volersi bene

Non so se ci si arriva mai davvero, all’amor proprio. Si parla tanto di accettazione, di equilibrio, di imparare a bastarsi, ma nessuno ti dice quanto sia complicato restare da soli in una stanza, senza distrazioni, con il rumore dei pensieri che si accavallano. Forse è per questo che il nuovo disco di Frah Quintale, Amor Proprio, mi ha colpito così tanto, perché non finge che sia una meta raggiunta, ma lo racconta come un cammino, a volte faticoso, spesso imperfetto, ma sempre umano.

Ascoltandolo, ho avuto la sensazione che Frah non stesse parlando “di sé”, ma “con sé stesso” e che, in fondo, stesse parlando anche con me. Come in quelle conversazioni silenziose che si fanno la sera, quando cerchi di capire dove hai sbagliato, cosa hai perso, cosa puoi ancora salvare.

1. Né oggi né domani

Apre il disco senza fretta, come uno sbadiglio che diventa promessa. La prima cosa che penso quando parte è che  non c’è la corsa alla risposta. La produzione tiene le mani indietro, la voce è vicino al microfono, quasi a sussurrata. Il testo spinge contro la frenesia del “risolvi subito”, è la lezione della lentezza, quella che Montale chiamerebbe “la fattura del vivere”, ma senza posa retorica. È un invito e una constatazione: il cambiamento non ha scadenze precise. Mi sembra la porta di casa che si chiude piano, lasciando il corridoio da esplorare.

2. Lampo

Qui arriva la folgorazione, breve ma netta. La canzone ha la qualità di un ricordo che torna improvviso: un’immagine, una frase, un senso di comprensione che dura il tempo di un battito. Mi colpisce come Frah sappia descrivere quell’attimo con poche pennellate. Insomma,  è la scintilla che illumina per un secondo una stanza altrimenti buia; dopo, tutto è diverso, ma non risolto. Qui la parola e il suono si incontrano nel punto preciso in cui ti rendi conto di essere stato visto — da te stesso — per la prima volta, o almeno così mi pare.

3. A prescindere (feat. Colapesce)

Quando entra Colapesce la canzone respira in modo diverso. Il dialogo vocale crea una prospettiva doppia, quasi una conversazione tra due versioni dello stesso io. “A prescindere” suona come un’affermazione di fedeltà non agli altri, ma a ciò che senti che ti appartiene comunque. In questo brano vedo un parallelo con il dialogo socratico: due voci che si interrogano, che si spiegano e che, nel confronto, cercano una verità pratica più che una teoria. È uno scambio misurato, senza competitività; la collaborazione non travolge, accompagna.

4. La notte

La notte è casa delle paure, si dice spesso, e qui la musica non cerca di addolcire quell’oscurità. Al contrario, la abita. È il pezzo in cui il registro si fa più intimo, quasi confidenziale, e la voce pare sdoppiarsi tra chi parla e chi ascolta dentro di sé. Penso a certe pagine di Virginia Woolf, dove il flusso interiore non chiede giudizio ma registrazione. Questa traccia è una registrazione di battiti, di respiri, di pensieri che vogliono piantare bandierine per dire “ci sono”.

So che ormai è troppo tardi per cercarti ancora
Ma sai già dove trovarmi se ti senti sola

5. Lunedì blu

Il pezzo che mi ha colpito di più ed è, per me, una cartolina. C’è una malinconia visiva che non scade nel melodramma: l’appartamento dei sogni ricorrenti, le stanze che si ripetono, la memoria che torna come una cartolina stropicciata. La melodia prende fiato e lascia spazio alle parole, sembra quasi una poesia in musica, con un’architettura di immagini che ricorda l’attenzione al quotidiano di Neruda, ma in tono più domestico e meno epico. È un pezzo che si attacca alla memoria dell’ascoltatore come una vecchia fotografia nella tasca di un giubbotto.

6. Occhi diamanti (feat. Joan Thiele)

Con Joan Thiele la canzone assume una pelle più lucente. “Occhi diamanti” è sensualità e fragilità insieme. Il diamante inteso come metafora della bellezza che taglia. In questo brano vedo il tema del guardarsi attraverso gli occhi dell’altro e il rischio, bellissimo, di scoprirsi fratturati e splendenti nello stesso tempo. Sembra quasi la risposta alla domanda “Come accade che due sconosciuti si incontrano?” o quel profumo che diventa odore di casa, magari Burberry London for Women.

Il tuo profumo velеno buono
Con te la vita è dolce
Mare azzurro in agosto
Un insolito dеstino ci ha travolto

Joan non ruba la scena, la incornicia; il suo timbro rende il dialogo ancora più dichiaratamente intimo, come due persone che si specchiano e si riconoscono per la prima volta.

7. 1 ora d’aria 1 ora d’ansia (feat. Tony Boy)

La canzone che mette in scena l’oscillazione più netta tra sollievo e apprensione. Il titolo è già un programma che richiama alternanze, un ritmo che diventa metafora di una condizione psicologica. Tony Boy porta una dinamica urbana che contrasta e insieme completa la sensibilità di Frah. Qui la sincerità è chirurgica,  il coro non anestetizza, la strofa non giustifica. È una delle tracce dove l’esperienza generazionale si fa più chiara, la difficoltà di respirare davvero in mezzo al rumore costante. Mi viene in mente la crudezza di Sylvia Plath quando descrive il peso del sentire.

8. Chiodi

“Chiodi” è immagine che punge,  radici dolorose, attaccamenti che non si strappano senza ferire. Qui il racconto si fa più sociale, più ancorato al concetto di migrazione e scelta di partire. Non è un pezzo solo personale ma contiene il tratto di chi parte e lascia dietro una porta chiusa, ma con i chiodi che ancora sporgono. Musicalmente è essenziale — la semplicità diventa forza — e liricamente si muove tra il respiro del cantautore e una dimensione più ampia, quasi civile. Questa traccia mi ricorda la poesia di chi scrive dell’esilio reale o figurato.

Tutto diverso in così poco
E in questi giorni fumo troppo e
Non riesco più a mettere a fuoco

9. Gelato

Nel flusso dell’album, questo è il momento di ossigeno. “Gelato” è dolce senza essere sdolcinato, e mi fa pensare a quei piccoli atti che ritornano in mente: comprare un brioche con il gelato e regalare il tuppo, guardare il mare, ripetere rituali semplici che salvano le giornate. È il promemoria che l’amore non passa mai del tutto, ma in qualche modo si trasforma. Sembra una scena rubata a una commedia malinconica: si ride piano e si raddrizzano le spalle.

10. Anni che non dormo

Ritorna l’insonnia, stavolta come accumulo e “anni che non dormo” suona come bilancio. È la traccia che fotografa lo scorrere del tempo senza riposo, pensieri che si stratificano, notti che si sommano. C’è stanchezza, certo, ma anche una chiarezza perversa: quando non dormi, vedi i dettagli che gli altri ignorano. Musicalmente è umbratile, con momenti di sospensione che mi ricordano le notti in cui si scrive a matita su fogli consumati. Mi ricorda molto una frase di Dino Campana, “Sangue travagliato La notte non dormo“.

11. Non scendo più

Per me è il punto in cui tutti i frammenti raccolti lungo il disco trovano una tregua. Non è vittoria trionfale, è piuttosto la scelta di tenere la propria postazione, restare, non cedere per comodità o per abitudine. Mi richiama la risolutezza di Pavese, quella pace aspra che si conquista sul filo dei giorni. È una frase che suona come promessa — a sé stessi — più che come proclama verso il mondo.

Cosa resta alla fine di questo viaggio?

Se dovessi dirlo con parole semplici — e lo dico come le direi a voce bassa a qualcuno che conosco — Amor proprio è un disco che non pretende di curare. Ti accompagna. È come quel parente che non ti dà consigli inutili ma ti prepara il brodo quando stai male, presenza discreta, efficacia misurata. Non è l’urlo della generazione né il manifesto di uno stile nuovo; è, piuttosto, la registrazione sincera di un cammino personale che suona universale perché parla di cose che tutti conosciamo: il sonno che non arriva, i ricordi che ritornano, la bellezza che fa male e la scelta di restare.

Gaetano Aspa

Messina, Torna il Sud Innovation Summit

Messina, Torna il Sud Innovation Summit – AI for Future 2025, forum d’eccellenza dove le menti più brillanti della scena tecnologica nazionale e internazionale si riuniscono per discutere di innovazione, digital e tendenze future.

Sud Innovation Summit: al centro l’AI

La terza edizione si terrà il 16 (dalle ore 10 alle 18) e 17 ottobre (dalle ore 10 alle 17)  al Polo Papardo dell’Università di Messina, dipartimento MIFT: la città torna al centro del dibattito nazionale sull’innovazione. Molte corporate e Big tech tra i partner già confermati: al centro della scena, l’intelligenza artificiale e il suo impatto trasformativo.  

Vedrà la trasformazione del campus in un villaggio dell’innovazione con oltre 100 speaker, 5 distretti tematici, 16 sale verticali e decine di workshop esperienziali, keynote, tavole rotonde, workshop pratici, una Tech Expo, l’HR Village e uno spazio dedicato all’alta formazione.

Sul Main Stage si alterneranno Matteo Mille (Microsoft Italia), Daryoush Goljahani (Google Cloud), Giovanni Todaro (IBM), Antonio Laveneziana (Airbnb), Federico Aguggini (Intesa Sanpaolo): un programma che intreccia università, imprese e istituzioni. All’interno dei distretti saranno proposti anche workshop curati dai Dipartimenti e dai docenti UniMe.

Sud Innovation Summit
fonte: sudinnovationsummit.it

Come partecipare al Sud Innovation Summit?

L’accesso al Sud Innovation Summit 2025 è gratuito, ma i posti sono limitati. Per partecipare è necessario registrarsi online e scaricare il proprio e-ticket gratuito su www.sudinnovationsummit.it da presentare all’ingresso del Polo Papardo nei giorni dell’evento. Riconosce fino a 1 CFU per la partecipazione alle due giornate (0,25 per ogni mezza giornata).

In occasione dell’evento sarà disposta la sospensione di tutte le attività didattiche, ad esclusione di quelle relative al semestre filtro, dei Corsi di Studio afferenti al Polo Papardo (Dipartimento di Ingegneria, Dipartimento Mift, Dipartimento Chibiofaram). L’accreditamento sarà possibile solo tramite una secret key che sarà inviata per email previa registrazione al sito. La partecipazione degli studenti all’evento sarà seguita attraverso una registrazione in ENTRATA e in USCITA mediante l’utilizzo di QrCode che saranno distribuiti all’ingresso e nelle sale dedicate all’evento. 

Sud Innovation Summit
Il sindaco Federico Basile per il SIS. Fonte: LetteraEmme

Sis 2025: università, istituzioni e mondo produttivo per un Sud aperto all’innovazione

Fondato da Roberto Ruggeri, imprenditore e innovatore, promosso dal Comune di Messina e realizzato dalla Sud Innovation APS, il SIS nasce come risposta a una domanda semplice ma urgente: perché il Sud non può essere il cuore pulsante dell’innovazione italiana?

In un’epoca in cui la tecnologia modella i territori, il Mezzogiorno non può restare spettatore.

Giovedì 25 settembre scorso, nel Salone delle Bandiere di Palazzo Zanca, si è tenuta la conferenza stampa di presentazione del programma con interventi del Sindaco Federico Basile, la Magnifica Rettrice  Giovanna Spatari, Salvo Puccio, Direttore Generale del Comune di Messina e Roberto Ruggeri, Fondatore del Sud Innovation Summit.

Il sindaco Basile sottolinea:

“Il SIS rappresenta una grande opportunità per il nostro territorio per attrarre talenti, imprese e investimenti. Il Sud Innovation Summit è la dimostrazione concreta di come università, istituzioni e mondo produttivo possano lavorare insieme per costruire un nuovo modello di sviluppo”.

Carla Fiorentino

Quanto l’arte diventa veleno: l’arsenico nascosto nei colori ottocenteschi

Un verde intenso, saturo, quasi innaturalmente brillante: è il colore che, nell’Ottocento, ridefinì l’estetica della pittura europea.

I pigmenti a base di arsenico — come il “verde di Scheele” prima e il “verde di Parigi” poi — offrirono agli artisti una gamma cromatica senza precedenti.

Ma dietro questa apparente rivoluzione pittorica si celava un agente silenzioso e letale: quelle stesse polveri, che rendevano le tele straordinariamente vibranti, si diffondevano negli atelier, depositandosi sulle superfici fino a penetrare nei polmoni e nella pelle di chi le utilizzava.

La costante esposizione all’arsenico non comprometteva soltanto la salute fisica: poteva, infatti, generare alterazioni dell’umore, disturbi cognitivi e allucinazioni. Non è da escludersi, pertanto, che dietro la leggenda romantica del genio tormentato possa celarsi — almeno in parte — una motivazione scientifica.

 

La nascita di un colore “nuovo”

La storia dell’arsenico artistico inizia nel 1775, quando il chimico svedese Carl Wilhelm Scheele sintetizza un pigmento verde di straordinaria brillantezza, composto da arseniti di rame. Il cosiddetto “verde di Scheele”, economico e di facile produzione, si diffonde rapidamente in tutta Europa, soprattutto nella decorazione d’interni.

Qualche decennio più tardi, nella prima metà dell’Ottocento, la chimica industriale ne perfeziona la formula con la produzione del “verde di Parigi” (o verde smeraldo), un acetoarsenito di rame ancora più luminoso e stabile.

La donna che ricama (1812), Georg Friedrich KerstingFonte: storicang.it

L’adozione di questi pigmenti rappresentò una svolta tecnica e visiva: i verdi naturali, opachi o soggetti a ossidazione, vennero sostituiti dalle nuove formulazioni arsenicali, in grado di mantenere un’intensità cromatica costante, difficilmente replicabile con altri composti. Il loro impiego travalicò gli atelier, investendo dipinti, oggetti di uso quotidiano, carte da parati, abiti, ornamenti teatrali e illustrazioni editoriali.

 

Gli atelier come centri di intossicazione

Le condizioni operative degli artisti ottocenteschi erano profondamente diverse da quelle contemporanee.

Prima della diffusione dei colori prodotti industrialmente, i pigmenti venivano macinati, setacciati e miscelati manualmente con leganti oleosi o gommosi, generando aerosol di polveri sottilissime.

La ventilazione insufficiente degli atelier e la pratica comune di vivere nello stesso ambiente di lavoro favorivano l’accumulo progressivo di residui tossici sulle superfici e nell’aria.

L’esposizione avveniva per via inalatoria, cutanea e, spesso, orale: molti pittori usavano modellare la punta dei pennelli con la bocca, ingerendo piccole quantità di pigmento. Inoltre, in ambienti umidi, le carte da parati contenenti arsenico potevano rilasciare arsina, un gas altamente velenoso, contribuendo a un’esposizione cronica diffusa e involontaria.

 

Un veleno neurotossico e la “follia dell’artista”

L’arsenico è oggi classificato come cancerogeno di gruppo 1 dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), ma la sua pericolosità si manifesta già a livelli sub-letali, attraverso meccanismi tossico-dinamici complessi.

L’esposizione cronica può generare lesioni cutanee ipercheratosiche, anemia microcitica, epatotossicità, nefropatie e alterazioni vascolari.

Ancora più significativi, nel contesto artistico, erano gli effetti neurologici: neuropatie periferiche, tremori, vertigini, disturbi cognitivi e comportamentali, alterazioni dell’umore, irritabilità, allucinazioni visive e uditive. Questi sintomi, tuttavia, erano difficilmente correlabili a un’esposizione ambientale. Venivano piuttosto interpretati come segni di instabilità caratteriale o di quella “follia creativa” mitizzata dalle correnti romantiche.

Oggi, una lettura retrospettiva alla luce della tossicologia moderna suggerisce che una quota non trascurabile di tali disturbi potesse avere una base chimica.

 

Van Gogh e altri casi emblematici

Il caso di Vincent Van Gogh è spesso evocato, sebbene complesso e multifattoriale.

Le sue opere testimoniano l’impiego di pigmenti contenenti arsenico e piombo, in ambienti chiusi e scarsamente ventilati, con uso intensivo di solventi volatili.

Sebbene non esistano prove di avvelenamento diretto, è plausibile che l’esposizione cronica abbia contribuito ad accentuare le sue crisi psicotiche e i sintomi neurologici.

Campo di grano verde con cipresso (1889), Vincent Van GoghFonte: wikipedia.org

In Inghilterra, divennero famose le cosiddette “ragazze del verde”, giovani lavoratrici di fabbriche di pigmenti affette da ulcerazioni, necrosi mandibolare e neuropatie gravi, causate dall’esposizione quotidiana alle polveri d’arsenico.

Le Giornate FAI d’Autunno 2025 a Messina: la Lanterna del Montorsoli protagonista delle celebrazioni per i 50 anni del FAI

Messina, 11 e 12 ottobre 2025.  Tornano le Giornate FAI d’Autunno, l’appuntamento nazionale dedicato alla scoperta dei tesori nascosti del territorio, che quest’anno assume un valore speciale: il FAI – Fondo per l’Ambiente Italiano festeggia i suoi cinquant’anni di attività. Cinque decenni di impegno civile, culturale e sociale nella tutela, nel restauro e nella valorizzazione del patrimonio storico, artistico e naturale del Paese.

Dal 1975 al 2024 il FAI ha investito oltre 162 milioni di euro in restauri a beneficio della collettività, e solo nel 2025 ha già seguito più di 150 cantieri e progetti, destinando circa 11 milioni di euro alla conservazione e alla manutenzione dei beni. Per sostenere queste iniziative, la Fondazione promuove la campagna nazionale di raccolta fondi “Ottobre del FAI”, invitando i cittadini a partecipare attivamente alla salvaguardia del patrimonio culturale italiano.

La Lanterna del Montorsoli: un faro sulla storia di Messina

A Messina, sabato 11 e domenica 12 ottobre, la 14ª edizione delle Giornate FAI d’Autunno offrirà l’opportunità straordinaria di visitare la Lanterna del Montorsoli, una delle fortificazioni costiere più antiche d’Italia, progettata e costruita tra il 1555 e il 1557. Conosciuto anche come Faro di San Ranieri, il monumento sorge in un’area ricca di storia e leggenda, legata al monaco eremita Raineri, che nel XII secolo accendeva fuochi per guidare i naviganti verso la terraferma.

Durante le visite, i partecipanti saranno accompagnati dai 250 Apprendisti Ciceroni, giovani studenti messinesi che racconteranno la storia del faro, le sue trasformazioni e le vicende di figure simboliche come Francesca Arena, prima donna farista siciliana.

“Non è la prima volta che apriamo questa meraviglia – ha dichiarato Nico Pandolfino, capo delegazione FAI di Messina – ma ogni volta è un’emozione nuova. La Lanterna del Montorsoli è un luogo identitario per la città, un simbolo del suo legame con il mare e con la luce. Questa apertura è resa possibile grazie alla collaborazione con lo Stato Maggiore della Difesa, Mari Fari Sicilia e l’Autorità di Sistema Portuale dello Stretto”.

Un compleanno speciale per il FAI di Messina

La presentazione dell’evento è coincisa con il 24° anniversario della Delegazione FAI di Messina, fondata il 7 ottobre 2001 da Giulia Miloro e un gruppo di appassionati volontari. “Da allora – ha ricordato Pandolfino – abbiamo fatto scoprire la bellezza nascosta di tanti luoghi della città e della provincia, come la Badiazza, che speriamo presto di poter restituire alla fruizione pubblica”.

Alla conferenza stampa di presentazione hanno partecipato il sindaco di Messina Federico Basile, il Comandante di Mari Fari Sicilia Johnny Pizzimento, il Commissario Straordinario dell’Autorità di Sistema Portuale dello Stretto Francesco Rizzo, la presidente di ATM Messina Carla Grillo e i rappresentanti di AMAM, Messina Servizi Bene Comune e dell’Ufficio Scolastico Regionale.

Le voci delle istituzioni

“Le Giornate FAI d’Autunno – ha dichiarato il sindaco Federico Basile – sono un appuntamento fondamentale per la nostra città. Consentono ai cittadini e ai visitatori di accedere a luoghi spesso inaccessibili, offrendo un’occasione di conoscenza e riflessione sul nostro patrimonio. Il coinvolgimento delle nostre partecipate dimostra l’impegno condiviso nel promuovere una Messina più consapevole e partecipativa”.

Soddisfazione anche da parte del comandante Johnny Pizzimento: “Riaprire le porte del Faro di San Ranieri è per noi motivo di orgoglio. Questo non è solo un faro, ma un simbolo della città e della sua storia marinara. Nonostante i progressi tecnologici, i fari restano fondamentali per la sicurezza dei naviganti: la Marina Militare continua a garantire questo servizio pubblico dal 1911, con una rete di 888 segnalamenti marittimi lungo tutte le coste italiane”.

Il commissario Francesco Rizzo ha sottolineato l’importanza della collaborazione tra istituzioni e associazioni: “Eventi come le Giornate FAI rappresentano un’occasione preziosa per riscoprire luoghi simbolici come la Zona Falcata, su cui abbiamo investito energie e progetti di riqualificazione. Vederla oggi aperta alla cittadinanza è motivo di orgoglio e segno concreto di una Messina che guarda al futuro”.

Una rete di collaborazioni e volontariato

Le Giornate FAI d’Autunno sono rese possibili grazie al contributo del Comune di Messina, delle sue partecipate (AMAM, ATM, Messina Servizi Bene Comune, Messina Social City), dell’Università degli Studi di Messina, del Servizio per il Territorio, di FIAB Messina Ciclabile APS, dell’Ufficio Scolastico Regionale e di numerose scuole cittadine.

Fondamentale anche il supporto del Comitato di Messina della Croce Rossa Italiana, del Dipartimento Regionale di Protezione Civile, del Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta, dell’Associazione Nazionale Carabinieri e delle associazioni scout e di volontariato.

ATM Messina, mobility partner dell’iniziativa, metterà a disposizione un servizio di navetta gratuita dalla Stazione Centrale a Piazzale Todaro durante gli orari di apertura: sabato e domenica dalle 9.30 alle 13.30 e dalle 14.00 alle 18.30.

Informazioni pratiche e agevolazioni

L’ingresso al sito è a contributo libero, con accesso prioritario per gli iscritti FAI. Inoltre, fino al 12 ottobre, per chi si iscrive per la prima volta alla Fondazione è prevista una riduzione di 10 euro sulla quota associativa.

Le Giornate FAI d’Autunno rappresentano, ancora una volta, un invito a riscoprire il valore del nostro patrimonio comune, unendo conoscenza, partecipazione e passione civile. E a Messina, la luce della Lanterna del Montorsoli tornerà a brillare, come segno di memoria, rinascita e bellezza condivisa.

UniVersoMe: il nuovo coordinatore è Gaetano Aspa

Il nuovo volto di UVM

Giorno 15 settembre, alla presenza del Comitato d’Indirizzo, composto dal Prorettore Vicario Giuseppe Giordano, dal Direttore Generale Pietro Nuccio e dal Direttore Responsabile di UVM Antonio Tavilla, è stato nominato il nuovo coordinatore UniVersoMe: Gaetano Aspa

Gaetano Aspa, prende il posto dell’uscente coordinatrice Giulia Cavallaro, la quale è stata alla guida del progetto per l’a.c 2024/2025.   

Il coordinatore è coadiuvato dal direttivo, attualmente composto da: Giuseppe Micari – Unit Radio, Marco Castiglia – Unit fotografia, grafica e creativa, Valeria Vella Unit Social. Si attendono le elezioni per i posti vacanti che si terranno prossimamente.

UniVersoMe guarda al futuro

Anche per quest’anno la Magnifica Rettrice Giovanna Spatari conferma il suo interesse per la testata. Data l’importanza per gli studenti di UVM all’interno dell’Ateneo, perpetuerà la sua collaborazione sinergica con tutto il progetto.

Il neo coordinatore Gaetano Aspa ha dichiarato: 

Ringrazio di cuore il Comitato d’Indirizzo per la fiducia che mi ha accordato e per l’opportunità. È stato per me un anno intenso, fatto di responsabilità ma anche di grandi soddisfazioni. Mi ha permesso di crescere non solo professionalmente ma soprattutto come persona.
Un ringraziamento speciale va a Giulia Cavallaro, con cui ho condiviso tante esperienze e sfide in questo ultimo anno. Insieme abbiamo affrontato momenti non sempre semplici, ma abbiamo saputo trasformarli in occasioni di crescita e di apprendimento reciproco. A lei va il mio più sincero augurio per il futuro, con la certezza che continuerà a dare un contributo prezioso ovunque deciderà di impegnarsi.
Guardando avanti, spero che il percorso intrapreso possa consolidarsi e continuare a svilupparsi. Credo fermamente che questo progetto abbia un enorme valore, dal punto di vista formativo ma anche umano. Esso rappresenta un luogo di incontro, di confronto e di crescita per tutti coloro che ne fanno parte.
Sono convinto che UVM possa tornare a essere davvero la voce degli studenti e dei giovani, uno spazio in cui sentirsi accolti, valorizzati e ascoltati. Per me è stata una casa, un laboratorio di idee e una palestra di vita, e mi auguro che possa esserlo ancora per tanti altri.

Carla Fiorentino