Halloween smascherato: dalle origini al perché molti non lo festeggiano.

In occasione di questo fenomeno culturale -che non chiamerei festa perché collide con il significato etimologico della parola festa dal latino festus ‘gioioso, felice’– ti spiegherò perché Halloween non è una tradizione Cristiana e tanti decidono di non festeggiare.

In origine era… 

Halloween è una festa di origine celtica anche se molti credono abbia origini americane.

Si celebra il 31 ottobre e i suoi protagonisti sono fantasmi, zombie, streghe e zucche indemoniate ma per molti continua ad essere una festa innocua, per divertire adulti e bambini.

Si diffonde in Italia attraverso la cultura di massa con film, serie Tv e la strategia dell’up selling, incoraggiando i consumatori a comprare prodotti commerciali che sponsorizzano Halloween.

Per diverso tempo, e ancora oggi, questo evento è stato camuffato e offerto come una festa di tradizione cristiana, parafrasando il nome in All Hallows’ Eve e cioè vigilia di Ognissanti così coinvolgendo credenti e non, a partecipare.

Per quanto alcuni siano inconsapevolmente attirati dal mondo dell’occulto, l’esoterismo e rituali vari, vi sfido a trovare un solo elemento che colleghi la santità a vampiri assetati di sangue, licantropi feroci e  morti putrefatti che ti perseguitano di notte sotto l’effetto di un incantesimo.

Beh, nessuno!

Credo che chiunque, soprattutto i promotori di questo evento, possa dire che ci troviamo in uno scenario antitetico.

Questo non è uno scritto medievale trasportato nel XXI secolo, al contrario, questa premessa è confermata e supportata dall’origine della stessa ricorrenza.

I Druidi- sacerdoti celtici. Fonte: Studiarapido.it
I Druidi- sacerdoti celtici nella notte di Samhain. Fonte: Studiarapido.it

 

…la notte di Samhain

Halloween coincide con la notte di Samhain, una festa mitico-rituale considerata come il capodanno celtico, in cui si inaugurava la stagione delle tenebre e del freddo, le persone lanciavano in omaggio ai morti cibo affinché questi, uniti a fate ed elfi, non facessero dispetti agli abitanti. I druidi, sacerdoti celtici, si mascheravano per eseguire riti in tutto il paese spesso accompagnati da sacrifici di bambini e vergini.

Nel tempo del Samhain i sacerdoti praticavano la divinazione per connettersi al mondo degli spiriti, evento che per gli stessi celti era piuttosto pericoloso perché permetteva facilmente l’attraversamento degli spiriti con conseguenze rilevanti per chi partecipava.

I simboli di Halloween 

Ben presto Halloween si diffuse in tutto il popolo americano, diventando quasi una festa nazionale.

Tra i simboli di Halloween vi è la zucca personificata dalla storia di Stingy jack, un uomo poco raccomandabile con un brutto carattere e a cui piaceva bere, che una sera contrattò con il Diavolo, venuto per prendere la sua anima, affinché gli concedesse un ultimo bicchierino ma non appena il diavolo si rese conto di essere stato preso in giro, si vendica condannando Jack ad essere per sempre un tizzone acceso e passare alla storia come Jack O’Lantern.

 

Halloween
Zucca di Halloween, simbolo di Jack O’lantern. Fonte: hvmag.com

 

Altro simbolo, il vampiro, quale essere immortale, uno spirito turbato che si può trasformare in un animale, si nutre di sangue e viene associato alla morte e alla malattia; la strega, una donna anziana maestra nei rituali e porzione magiche. 

Luce e… 

…tenebre

In conclusione

Elena Zappia
Fonti: https://www.corriere.it/tecnologia/22_ottobre_30/halloween-etimologia-significato-origini-e-la-vera-storia-della-festa-del-31-ottobre-842ce0cf-0701-4e4f-b781-10842e062xlk.shtml
https://www.ilpost.it/2022/10/31/halloween-festa-storia/
https://www.worldhistory.org/trans/it/1-19183/samhain/
https://gianfrancoamato.it/la-festa-delle-tenebre/
https://www.adi-rc.org/blog/?halloween–cosa-c-e-dentro-la-zucca
Pastore della chiesa evangelica di Messina Phil Cannavò

https://www.tuttoamerica.it/cultura-e-societa-americana/feste-negli-stati-uniti/halloween/#:~:text=Ben%20presto%2C%20questa%20usanza%20si,che%20ne%20era%20rimasta%20estranea. https://www.focusjunior.it/comportamento/feste/halloween/halloween-quando-si-festeggia-e-perche/ https://www.irlandando.it/halloween/storia/

Epilessia: saranno i nutraceutici le terapie del futuro?

L’epilessia è un disturbo neurologico caratterizzato da scariche elettriche non indotte, che possono manifestarsi come assenze o crisi di entità più grave. Nel mondo si calcola che circa 50 milioni di persone ne soffrano, ma soltanto il 70% dei soggetti in cui è prevista la somministrazione di AED (Anti Epileptic Drugs) risponde in modo adeguato alla terapia farmacologica. Per questo motivo, sono in atto trial sperimentali che si basano sull’utilizzo di nutraceutici in grado di apportare benefici evidenti sia dal punto di vista sintomatologico che molecolare.

Cos’è l’epilessia?

L’epilessia è una condizione neurologica caratterizzata da convulsioni ricorrenti, che possono essere di diversi tipi a seconda della zona del cervello coinvolta e della diffusione delle scariche elettriche.
Le scariche sono causate da un’attività eccessiva di un gruppo di neuroni, che possono alterare la funzione motoria, sensoriale o cognitiva.
In dettaglio, le crisi vengono distinte in focali e generalizzate. Le prime originano e progrediscono in un’area localizzata della corteccia cerebrale e le manifestazioni cliniche variano a seconda dell’area coinvolta; pertanto possono riguardare la motricità, la sensibilità o il linguaggio mentre le crisi generalizzate, coinvolgono simultaneamente gruppi di cellule nervose di ambi gli emisferi cerebrali e sono caratterizzate da una bassa soglia epilettogena della corteccia cerebrale, dovuta a fattori individuali o genetici. Tra le convulsioni generalizzate, le più comuni sono le tonico-cloniche e le assenze, che possono essere indotte sperimentalmente con l’acido kainico (KA) in modelli animale.

L’epilessia nel mondo

Dati epidemiologici suggeriscono che l’epilessia è uno dei disturbi neurodegenerativi più frequenti, che colpisce circa 500.000 pazienti in Italia e circa 50 milioni nel mondo e i cui trattamenti disponibili attualmente sul mercato, pur avendo effetti positivi, presentano una efficacia e tollerabilità ridotte su circa il 30% dei soggetti in cui è prevista la somministrazione.

epilessia: uno sguardo generale

Sostanze nutraceutiche

Negli ultimi anni, sostanze nutraceutiche hanno suscitato grande interesse scientifico e se ne sono analizzati gli effetti antiossidanti atti a ridurre la eccitotossicità neuronale e la conseguente neuroinfiammazione, fattori principali e scatenanti l’epilessia.
I nutraceutici sono sostanze di origine naturale che hanno effetti benefici sulla salute e sono presenti negli alimenti (come le vitamine, gli antiossidanti, gli acidi grassi essenziali) oppure essere assunti come integratori alimentari (come le fibre, i probiotici, gli estratti vegetali). In particolare, si è posto un focus su molecole estratte dalla pianta di melagrana (Punica Granatum), le quali hanno sortito effetti soprendenti sia su trial in vitro che in vivo.

Acido Punicico e Acido Ellagico

L’acido punicico è un derivato dell’acido gallico e la sua caratteristica peculiare è la capacità di modulare i mediatori dell’infiammazione e di bloccare l’attività di NF-κB, un fattore di trascrizione che trascrive per citochine pro-infiammatorie come l’interleuchina 6 (IL-6) che, inoltre, risulta essere una proteina molto presente quando per esempio abbiamo la febbre.
L’acido ellagico è invece un isomero omega-5 dell’acido α-linoleico, un acido grasso con importanti effetti antiossidanti ed antiinfiammato.

struttura e funzioni dell’acido ellagico e punicico

Esiti e conclusioni

Dai dati sperimentali e dalle osservazioni comportamentali di animali trattati con queste sostanze, si può concludere che l’acido ellagico e l’acido punicico fungono da scavenger dei ROS (specie reattive dell’ossigeno) e forti anti-infiamatori, motivo per cui, in futuro, potrebbero costituire la base per lo sviluppo di nuove terapie innovative per il trattamento dell’epilessia. Inoltre, queste sostanze sono state proposte come adiuvanti degli antiepilettici nel trattamento dell’epilessia refrattaria, condizione caratterizzata da una scarsa risposta ai farmaci convenzionali in mercato. L’ipotesi è che questi composti possano modulare i meccanismi neuroinfiammatori e ossidativi coinvolti nell’epilettogenesi e nel suo sviluppo, potenziando così l’efficacia dei farmaci di sintesi.

Francesca Umina

Fonti:
Attività antiossidante di nutraceutici estratti dal melograno sulla eccitotosdicità da acido kainico in un modello traslazionale di epilessia. (TESI UNIME 2021)
Autore: Francesca Umina

Parigi degli intelletti

Due amanti. Lui e lei. Vuoti, corpi miseri intrecciati, incastro perfetto.

Era Parigi, in una delle stanze sui tetti. Un piccolo appartamento polveroso, disordinato, rifletteva la casualità di quell’incontro. Due singoli a cui piaceva vincere o sapere di avere ragione. E fu una lotta senza il desiderio di distruggere l’altro.

Non era la città degli amanti, del romanticismo, dell’amore puro. Era la Parigi degli intelletti, la festa mobile cantata da Hemingway. E loro amavano di un amore narciso, a tratti egoista. Amavano sapere di essere ammirati, ascoltati.

O forse non amavano affatto, ma trovavano un senso strano di appagamento nel riempire le loro menti di strani giochi, parole combinate che loro stessi afferravano a fatica.

Lei era smarrita, distratta, tratta lontano dal mondo e da se stessa, non più messa a fuoco. Si cercava nel posto sbagliato, usando gli altri come specchio per ritrovare il riflesso che più le faceva comodo. Giocava a fare finta di sapere la direzione, ma guardava la bussola sbagliata. In lui aveva trovato il riflesso di quello che sperava di essere, ma sapeva di non essere mai stata davvero.

Tra loro non c’era mai silenzio quando erano anime. Poi diventavano corpi, muti, che si rincorrevano nel ricordo dei discorsi infiniti.

Erano in una Parigi che è stata, che non è più, sulle tracce di amori proibiti e di relazioni profondamente effimere, radicate nell’alchimia tra le menti. Non vi era amore neanche tra i più grandi… era forse una profonda ammirazione o la brama di possedere l’altro e rubare ciò che di buono c’era.

Due individui, separati, girovaghi tra la polvere dei ricordi, tendando di rincorrere o provare ad afferrare qualcosa che fugge senza sosta. Il passato, le memorie, i ricordi: denti di leone che si sgretolano appena ci si avvicina con troppa foga.

Erano solo corpi che percepivano loro stessi e che si erano trovati per caso o per fortuna in una delle stanze sui tetti. Nessuna domanda, nessun significato. Solo la Parigi degli artisti e due corpi che si cercano nei vuoti dell’opposto.

Giulia Cavallaro

Immagine in evidenza: illustrazione di Marco Castiglia

Roger Waters e “Redux”, il nuovo sguardo al lato oscuro della Luna

Buono l’intento di Roger Waters per celebrare l’anniversario, però sarebbe stato meglio con un po’ più di “Musica” all’interno – Voto UVM: 3/5

 

Era il 1° marzo del 1973 quando nacque l’album che impresse il titolo di “geni musicali” sul volto dei Pink Floyd, The Dark Side Of The Moon. Una dimostrazione autentica e simultanea di tecnicismo e espressionismo. Accompagnata da testi liricamente di livello, con un concept sviluppato linearmente, da brano a brano: una visione della vita. Una, poiché risulta essere quella del bassista del gruppo, Roger Waters, il quale ha curato principalmente i testi di quell’album e di gran parte della discografia floydiana. 

La visione di Roger e la rottura con i Pink Floyd

Roger vedeva la vita come un loop gigantesco, una strada da percorrere in circolo. La vita si preannuncia dagli embrioni, dai battiti di piccoli cuori che crescono nell’utero delle loro madri. Si realizza poi di colpo alla nascita e si evolve in una corsa inesorabile scandita dalle lancette del tempo, diretta alla ricerca del successo e dell’autorealizzazione. Per poi passare a delle riflessioni senili sulla morte, nell’atmosfera eterea di un grande concerto nel cielo, e terminare in un’eclissi. Tutte le fasi scelte da Waters sono splendidamente descritte dai testi e dagli arrangiamenti musicali del gruppo, di David Gilmour, Richard Wright, Nick Mason e di Waters stesso. 

Tuttavia, la storia volle che il percorso personale di Roger dovesse allontanarsi da quella degli altri membri, un po’ per il carattere egocentrico che lo rappresentava, un po’ per screzi di natura artistica: dal 1983, anno di The Final Cut, Waters abbandona la band (che sotto la “guida” adesso anche vocale oltre che musicale di Gilmour, apre il suo periodo meno sperimentalista, musicalmente parlando, ma anche più versatile) e diventa cantautore solista.

Insoddisfatto? Auto-rimborsato dopo 50 anni

A cinquanta anni di distanza, quel disco è indiscussamente una pietra miliare del rock psichedelico, degli anni settanta, del 1900 e della musica in generale. Nessuno oserebbe toccarlo, modificarlo, usarlo per farci altra musica, magari con dei sample (i pochissimi casi sono sempre risultati criticabilissimi), se non il gruppo stesso. Ma a gran sorpresa è proprio Waters a voler ‘trafugare’ quell’antico tesoro. Per quale motivo? Avrà avuto il bisogno di svecchiarsi? O forse non è mai stato soddisfatto del vecchio progetto uscito?

Che abbia voluto aspettare davvero tanto solo per cacciarsi un sassolino dalla scarpa, sembra difficile da pensare, ma si parla pur sempre di Roger Waters. Dopo tutte le controversie con i membri della band, anche dopo il suo addio, è diventato famoso per la sua eccentricità.

The Dark Side Of The Moon “Redux”

Quello che Waters si è prefissato di fare è di tornare sui suoi passi, non tanto musicalmente in primo luogo, ma ideologicamente. La vita è ancora un circolo, una strada che il Roger Waters settantanovenne ha però percorso per gran parte ormai. The Dark Side of The Moon Redux lo fa percepire all’orecchio. L’atmosfera è delle più cupe, ma non è assolutamente triste, è più impregnata di nostalgia…dopotutto si guarda indietro di cinquanta anni. Redux ha lo stesso significato di ‘revival’, redivivo, ma ha potuto davvero dare nuova vita a un disco che probabilmente non morirà mai?

Roger waters
Cover di “The Dark Side of The Moon Redux”. Casa discografica: SGB Music LImited-Cooking Vinyl

Chirurgia plastica di un capolavoro 

Waters rimuove il carattere esplosivo da tutto l’album: eliminati gli assoli di chitarra (qualcuno l’avrebbe dato per scontato visto il rapporto con David Gilmour), le tastiere e le batterie sono spogliati completamente e rese quanto più essenziali possibile. Addirittura, non canta più i testi, si limita talvolta a sussurrarne le melodie principali, e interporli fra estratti recitati di sue poesie inedite.

Secondo Waters essi sono adatti a presentare ancora meglio l’album originale, pezzo per pezzo. A primo ascolto, viene spontaneo paragonarlo a un lavoro di Nick Cave and The Bad Seeds. Lo stile è molto vicino causa le parti recitative dei testi e l’impronta elettronica delle produzioni.

Il peso (indifferente) delle aspettative 

Ovviamente viene ancora più spontaneo paragonarlo all’originale: questo è un lavoro che, ed è molto probabile che l’autore stesso lo sapesse in partenza, storce il naso di tutti gli ammiratori del gruppo e delle sonorità del 1973, cresciuti con gli assoli di Gilmour e la potenza vocale del giovane Waters.

Ma se c’è una cosa che i fan hanno oramai compreso, è che Roger è un Liam Gallagher un po’ più pacato, ha sempre visto se stesso come fulcro creativo della musica dei Pink Floyd, quindi, in diritto di fare ciò che più gli aggrada con la sua musica. Si può quindi pensare che Redux sia solo il frutto dell’egocentrismo di un cantautore?

Tanta bellezza si è persa nella nuova versione, l’appiattimento musicale risulta essere fin troppo e Waters avrebbe potuto risparmiarne un poco; d’altro canto, ne acquista a livello poetico grazie alle aggiunte liriche (che tra l’altro illustrerà con un video su youtube). 

Tra Eclissi e Rinascita, un commento di Waters sul circolo della vita

C’era tutto questo bisogno effettivo di una rilavorazione del genere? Personalmente non direi, non è un disco per tutti e si sente. Probabilmente è indirizzato verso il pubblico che ha vissuto gli anni settanta da vicino, proprio perché fa leva sul fattore nostalgia. Un ragazzo adolescente di adesso, pur apprezzando la musica rock psichedelica che il gruppo proponeva cinquanta anni fa, sentirà il bisogno di ascoltare la prima versione di The Dark Side, più accattivante e meno monotona. Sebbene, preso senza paragoni annessi (cosa che consiglio caldamente per darne una giusta valutazione), ha il suo perché.

L’album è un continuo, è un lascito dell’autore, è un commento a fondo pagina scritto mezzo secolo dopo. E’ un anziano che sussurra che la vita è breve e che il tempo scorre. E’ la conferma che ci rivedremo tutti anche dopo cinquanta e più anni on the dark side of the Moon. 

 

Giovanni Calabrò

Goccia nera

Ora è tardi, lo ammetto
sono stanco anch’io,
mentre guardo la finestra
con la pioggia che trema
in fondo a quella strada.

In piedi sul pendio
scorgo la luce che mi attraversa
e vorrei poter avere
quell’ultima carezza,
mentre scivolo giù insieme a te.

In questo limbo penso a cosa è giusto,
forse è giusto buttarsi
senza pensare più a niente,
neanche un pezzo di me
dentro ad una goccia nera.
Cade e non fa rumore.

Benedetto Lardo

Immagine in evidenza: illustrazione di Benedetto Lardo

Lascia che vada

La regina della notte fiorì. Gaia l’aveva accudita per anni in attesa di quel momento e adesso le donava la sua bellezza. Quando la vide, però, si accorse che non somigliava a ciò che aveva immaginato. Pensava sarebbe rimasta sorpresa dal fiore che, dondolando, si apriva e allargava. Credeva le sarebbe piaciuto il contrasto tra i petali delicati e la sua natura di spinosa pianta grassa. Adesso, invece, si rendeva conto che quel processo non aveva nulla di affascinante.
La guardò ancora per qualche minuto, solo perché un po’ si era affezionata. Presto, però, si addormentò sulla sedia in sala, mentre il fiore raggiungeva il massimo della sua espansione e, di nuovo, si chiudeva.

Quando il giorno dopo Amanda entrò in stanza la trovò ancora lì. Si avvicinò e le accarezzò i capelli. Terminavano sul collo e non poté trattenersi dallo spostare una mano in quel punto, mentre si abbassava e le baciava una guancia.
Gaia aprì gli occhi lenta e la sua ragazza rinacque un po’ mentre questi tornavano vispi.
“Com’era il fiore?” chiese.
“Bellissimo, l’ho guardato finché non è sfiorito”
Amanda non chiese altro perché, in fondo, non le importava granché di quel bocciolo ormai chiuso. Poneva quelle domande solo perché sperava di esserle un po’ più vicina, ma l’altra era sempre stata di poche parole.

Quando uscì di casa per andare a lavorare Gaia rimase sola e sollevata. Ancora in pigiama si affacciò al balcone che dava sulla strada. Si sedette fuori, ma la luce del sole la infastidiva e, quando intercettò lo sguardo di un bambino nella sua direzione, rientrò dentro casa e chiuse la porta.
Si rifugiò nella sua stanza, ma quel luogo portava troppi ricordi. Quelle mura parlavano di Amanda in ogni modo. Le ricordavano di lei che dormiva stanca dopo le sue giornate di lavoro. I capelli biondi si spargevano sulle lenzuola e in fronte le compariva sempre una rughetta concentrata. C’era, poi, Amanda innocente che usciva dalla doccia avvolta dall’asciugamano, la raggiungeva in stanza, si spogliava e rivestiva, come se Gaia non bruciasse dentro a guardarla. Erano loro che facevano torte e si rincorrevano per tutta la casa sporcandosi di cioccolata. Entravano, poi, nella loro stanza da letto. Gaia la seguiva finché non la bloccava tra il suo corpo e l’armadio. Amanda era completamente indifesa. I suoi occhi verdi luccicavano, mentre il petto si alzava e abbassava per la lotta appena avvenuta.

Gaia ripensava a tutto questo mentre l’ombra della sua ragazza entrava e usciva da quella porta. Sentiva le loro risate unirsi e ricordava cosa fosse stata per lei.
Era cambiata?
No, Gaia ne era certa. Amanda era ancora l’amore, ma lei non lo recepiva più come un tempo.

Si era invaghita della sua ragazza alle superiori.
Era in terzo liceo quando la vide per la prima volta passeggiare per i corridoi. Amanda non se ne era mai accorta, ma i suoi tratti erano combinati in un modo così particolare da farla risaltare sempre. A Gaia ricordava l’alba, con quei colori delicati che si riflettevano nella sua pelle, nei capelli e negli occhi che di scuro non avevano nulla, neanche quando la notte li copriva.
Per tutto il giorno non era riuscita a far altro che pensare a lei. Voleva conoscerla. Qualche settimana dopo la vide nel cortile della scuola. Accanto a lei sedeva una sua compagna di classe. Non avevano un rapporto stretto, ma mantenevano contatti pacifici. A volte si prestavano le penne o i fogli e non parlavano mai di qualcosa che permettesse loro di conoscersi davvero.
Quando iniziò la lezione successiva le si sedette accanto e si sforzò di essere loquace. Dopo più di una settimana era finalmente riuscita a organizzare un’uscita insieme a lei. Avevano deciso di portare un paio di amici a vicenda e Gaia si era discretamente assicurata che una ragazza in particolare fosse presente.

L’appuntamento tanto atteso si tenne in sabato primaverile. Gaia si accorse in quel momento di non riuscire quasi a parlare, ma non ebbe bisogno di fare molto. La ragazza le si avvicinò presentandosi e non passò molto tempo prima che iniziassero a conversare. Qualsiasi domanda trovava risposta da parte di Amanda. Non vi era un argomento su cui non avesse un’opinione che esprimeva col tono di chi era certo di non sbagliare. Dopo aver parlato si voltava verso Gaia e le chiedeva cosa ne pensasse, come se l’unico parere importante fosse il suo.
Dopo quella sera diventarono amiche, una gabbia dalla quale Gaia non seppe mai uscire. Il loro rapporto rimase inalterato finché non si diplomò, lasciando quella città e il suo primo amore.
Riuscì a laurearsi tra varie incertezze e tornò nella sua Palermo. Trovò lavoro e si stabilì in un piccolo appartamento, lo stesso che adesso condivideva con la sua ragazza.

Un giorno nella sua vita cambiò tutto. Gaia si svegliò stranamente presto e decise di far colazione fuori prima di andare a lavoro. Entrò in un piccolo locale in centro e si accomodò attendendo che il cornetto e il suo caffè fossero pronti.
Poco dopo la porta del bar si aprì. Si udì una voce chiedere una cioccolata calda. Gaia sorrise. Doveva essere proprio strana quella ragazza per ordinare una bevanda del genere con quel sole bruciante. In un angolo della sua memoria, però, qualcosa si mosse. Eppure, conosceva qualcuno con quella strana abitudine.
Si voltò veloce trovando ad attenderla degli occhi verdi e un sorriso che si allargava sempre più.
Amanda era rientrata a far parte della sua vita e Gaia la voleva lì, accanto a sé, ma non aveva la forza per trattenerla. La sua incapacità, però, era bilanciata dalla decisione dell’altra e, anche in questo caso, non dovette fare nulla.
Ricominciarono a uscire insieme, ma questa volta si vedevano da sole e parlavano a lungo, scoprendo di condividere gli stessi principi. Amanda si poneva ancora come chi possiede la verità assoluta, ma Gaia con calma spiegava le sue ragioni. La discussione proseguiva a lungo ed entrambe sfidavano la loro mente per trovare obiezioni e chiarimenti.

Una sera estiva Amanda la portò in un lido sul mare. Ballarono per molto tempo. Gaia non capiva più nulla. Aveva la possibilità di tenere vicino quella ragazza e ogni volta che i loro corpi si toccavano entrava in fibrillazione.
Quando si stancarono Amanda le prese la mano per condurla fuori dal locale. La portò a mare facendole vedere quanto fosse bella la luna. Gaia la guardò e, quando si voltò di nuovo, trovò la ragazza a osservarla. Anche lei ricambiò quello sguardo, mentre nella sua mente continuava a trovarla bellissima in ogni momento.
Vide, poi, che adesso la sua amica le osservava le labbra e non poté che imitarla. Quando Amanda tornò a immergersi nei suoi occhi li trovò, quindi, puntati in basso. Sorrise e le circondò la vita con le braccia attirandola a sé.
Il corpo di Gaia bruciava, non vi era una parte che non fremeva e il suo cuore sembrava impazzito. Amanda continuava a essere troppo vicina e infinitamente sensuale. Con una mano le accarezzava la guancia lasciando scie elettriche su ogni pezzo di pelle che toccava.
“Fallo” sussurrò sulla bocca di Gaia.
La ragazza, allora, avvicinò piano il volto al suo, quasi a volerle chiedere consenso per ogni centimetro che rubava. Posò, poi, le labbra su quelle di Amanda e si sentì felice come poche volte era stata. Una mano andò ad accarezzarle il collo da cui poteva sentire il cuore battere con forza.
Le labbra di Amanda erano zucchero e cercavano le sue con insistenza. Lei si donava felice e desiderava solo che quella ragazza prendesse tutto, come più preferiva.
Quella sera dormirono in spiaggia e si immersero ancora più a fondo l’una nell’altra. Gaia raccontò di quella cicatrice sul ginocchio che si era fatta da bambina, Amanda disse di come aveva perso e cercato l’amore per se stessa. Finirono, poi, per parlare del loro rapporto e Gaia ammise di non aver smesso di pensare a lei dal primo momento in cui l’aveva vista. Amanda confessò che quella sera nulla era accaduto per caso.

Dopo circa un anno decisero di iniziare la convivenza e scoprirono che il risveglio era più dolce quando la prima cosa che vedevano era l’altra accanto nel letto.
Gaia non sapeva dire con esattezza quando le cose avessero iniziato a cambiare. Notava solo che adesso guardandola non sentiva il solito formicolio. Quando Amanda la accarezzava e baciava il suo corpo sembrava fatto di stoffa morbida, ma inanimata.

Gaia guardava la sua relazione senza farne davvero parte e Amanda la portava avanti per entrambe. Si sentiva vuota e sempre stanca. Non le dava più gioia passare il tempo con nessuno. Si era spenta piano lasciando fuori dalla sua vita tutto. Non credeva, tuttavia, che sarebbe arrivata a escludere Amanda. Eppure, era successo.
Gaia si chiedeva se non fosse il caso di chiudere tutto, di lasciare che almeno la sua ragazza fosse felice con qualcuno che l’avrebbe amata più profondamente. Il suo egoismo le impediva, però, di valutare attentamente quella possibilità. Il pensiero di non averla in giro per casa era troppo doloroso. Preferiva quella specie di nulla che avevano, perché almeno c’era. Si trattava di una presenza leggera, quasi invisibile, ma continuava a volere quel sospiro.
Adesso i litigi non si accendevano più, si trasformavano in fastidi che somigliavano a baratri senza uscita. Gaia abbracciava la polvere che la sua storia continuava a depositarle addosso.

Era sera tardi quando il portone di casa si aprì. Amanda trovò Gaia accasciata sulla regina della notte. Le sue lacrime innaffiavano quel fiore, mentre lei donava il suo dolore, perché non aveva altro da dare. Le prese le mani nelle sue e la accudì. Gaia si fece cullare da quella stretta fredda che era la sua quotidianità.

Alessia Sturniolo

*immagine in evidenza: illustrazione di Marco Castiglia

Fine degli UniMe Games 2023: il nostro resoconto

Siamo giunti purtroppo alla fine degli UniMe Games 2023, la seconda edizione dell’evento che ha avuto il merito di riunire studenti di tutti i dipartimenti del nostro ateneo all’interno della Cittadella Sportiva. Dal 6 all’8 Ottobre sono state innumerevoli le competizioni, le redbull sorseggiate, i degni vincitori e gli sconfitti a testa alta.

Unime Games 2023: disabilità e inclusione

Un fine settimana ricco di emozioni dove, accanto ai talenti sportivi del nostro Ateneo, hanno fatto da protagoniste anche tematiche importanti quali la disabilità e l’inclusione. Un’importante novità a tal proposito è stata l’idea di Monica Morabito, con il progetto “Try this ability”, grazie anche all’aiuto dell’atleta Antonella Rigano e di una rappresentanza di giocatori professionisti della Mediterranea Eventi. Questo progetto ha fatto sì che chiunque potesse cimentarsi in alcune discipline paralimpiche per comprendere a pieno cosa significhi nella pratica avere una disabilità. A tal proposito risulta essere rilevante l’intervento in Radio UVM della Prof.ssa Fiammetta Conforto, Delegata del Rettore ai Servizi Disabilità e DSA.

Fine degli UniMe Games 2023
Le attività inclusive degli UniMe Games 2023
Fonte: Giulia Cavallaro

I risultati

Venendo ai vincitori, quasi vincitori e vinti, a conseguire il maggior numero di medaglie d’oro possibili è stata la facoltà di Patologia umana dell’adulto e dell’età evolutiva “Gaetano Barresi” (Pat). Ha vinto nel calcio, nel basket, nel podismo e nel nuoto. Ha ottenuto anche l’argento nel tennis, dove però la prima posizione è stata meritatamente conquistata da Giurisprudenza (Giuri). L’oro della pallavolo è andato alla facoltà di Scienze chimiche-farmaceutiche (Chibiofarm).

Ecco i podi delle varie discipline:

  • Calcio: 1. Pat; 2. Vet; 3. Giuri. Miglior giocatore: Luca Carbolai (Pat).
  • Basket: 1. Pat; 2. Mift2; 3. Ing. Miglior giocatore: Costanza Carmineo (Pat).
  • Pallavolo: 1. Chibiofarm1; 2. Biomorf1; 3. Dimed1. Miglior giocatore: Gabriele Rizzo (chibiofarm).
  • Podismo: 1. Pat2; 2. Chibiofarm2; 3. Mift. Migliori tempo: Salvatore Di Simone (Pat).
  • Tennis: 1. Giuri; 2. Pat; 3. Mift. Migliori tennisti: Fabrizia Cambria (Giuri) e Andrea Antonucci (Pat).
  • Nuoto: 1. Pat; 2. Biomorf; 3. Ing. Miglior nuotatore: Paul Mihailescu (Chibiofarm).

La cerimonia di premiazione

La cerimonia di premiazione si è svolta sempre all’interno della Cittadella, nello specifico nel suo anfiteatro alle ore 19 di domenica. Innumerevoli gli interventi, ricordiamo quelli della Prof.ssa Graziella Scandurra, dell’Avv.ssa La Rosa, della Prof.ssa Roberta Salomone, della Prof.ssa Candida Milone, infine di Luca Famà, presidente di Crescendo Incubatore e Raouf Abdul Mastan presidente di Student Ambassador.

Subito dopo la premiazione, il dj set di Giovanni Grasso ha aperto le danze facendo ballare tutti- vincitori e non- nel cortile dell’impianto di pallavolo dove, nei due giorni precedenti, ci sono stati gli stand di UniVersoMe e Crescendo Incubatore.

Il bilancio è stellare: un evento completo dove divertimento e sportività hanno camminato di pari passo con tematiche importanti. Gli UniMe Games infatti non sono soltanto divertimento, ma anche riflessione e presenza. Riflessione e presenza per la nostra città, ma soprattutto per chi ci sta intorno. “Try this ability” è stato uno dei momenti più commoventi dell’intero evento, tanto quanto parlare con gente affetta da disabilità che ci ha ribadito quanto sia importante che lo sport sia inclusivo.

Ricordiamoci che soltanto capendo l’altro e “provando le sue abilità” possiamo stargli realmente al passo e aiutarlo. Ricordiamoci che lo sport unisce e la nostra università ha importanti risorse da offrirci.

La fine degli UniMe Games 2023 ha fatto scendere a tutti una lacrimuccia, attendiamo quindi, sentendoci tutti più vicini che mai, con ansia la terza edizione. Alla prossima!

Isabel Pancaldo

A volte

A volte è meglio non pensare,
lasciar andare via i pensieri,
molto meglio ascoltare qualcuno
per andarsene dalla propria testa
ed entrare in un’altra.
A volte è meglio fregarsene,
essere troppo buono significa essere ingenuo,
anche se la bontà è rara e la possiede
solo chi ha troppa anima.
A volte meglio partire per dimenticare,
ma non viaggiare, partire di testa,
essere folle, strano, con l’anima in festa;
ricorda: “senza pensieri vivi di più.”
A volte meglio essere se stessi,
senza filtri né maschere,
con la sincerità dentro gli occhi
e i sogni dentro l’anima.
A volte meglio prendere la vita
con più leggerezza,
senza massi dentro al cuore,
per un cuore più pulito
e una testa meno pesante.
A volte meglio sognare,
cadere per poi rialzarsi
ed essere più forte,
perchè dai fallimenti nascono i sogni
e dai sogni nasce la felicità, che non è mai abbastanza…
A volte….

Miriana Postiglione

*Immagine in evidenza: illustrazione di Marco Castiglia

Anche UVM al Festival degli Aquiloni 2023: ecco la nostra esperienza

Torna con la sua quinta edizione il Festival degli Aquiloni a Capo Peloro, per dare ancora una volta vita e colore al cielo dello Stretto di Messina. Dal 29 Settembre al 1 Ottobre 2023, tre giornate all’insegna del mare, del sole e del vento, che hanno catturato l’interesse di grandi e piccini.

L’evento, organizzato dalla Pro Loco Capo Peloro, ha visto la partecipazione del Comune di Messina, del patrocinio dell’Assessorato al Turismo della Regione Sicilia, della Città Metropolitana di Messina, di Unpli e della VI Circoscrizione del Comune di Messina, e la collaborazione con la Fondazione Horcynus Orca.

Protagonisti indiscussi delle tre giornate, numerosi aquilonisti professionisti provenienti da tutto il territorio nazionale, con la speciale partecipazione dell’Associazione Aquilonisti “I Millepiedi” di Foligno diretto da Giovanni Angelini, del gruppo Aquilonisti “Il Trio” di Bologna diretto da Giovanni Govoni, degli Aquilonisti “Eolo Gubbio” diretto da Andrea Baffoni, e degli organizzatori del famosissimo Festival Internazionale degli Aquiloni di San Vito Lo Capo, tra cui Ignazio “Capitan” Billera.

L’area che ha interessato il festival di quest’anno è più estesa rispetto a quella delle passate edizioni: comprende anche l’ex Area Sea Flight oggi Arena Capo Peloro, la spiaggia libera sotto il pilone, anche conosciuta come la “Punta”, Piazza Lanternino, e la Fondazione Horcynus Orca. La scelta di allargare la zona in cui si svolge l’evento, come ha sottolineato il Segretario della Pro Loco Capo Peloro, nonchè fondatore, Paolo Alibrandi – che noi di UVM abbiamo avuto occasione di intervistare – ha contribuito a registrare numerose visite e adesioni da parte

Non solo aquiloni: tutte le attività

Numerosi i contenuti del festival che hanno fatto da cornice alle esibizioni degli aquilonisti. Laboratori creativi, mostre fotografiche e di arte contemporanea, workshop di fotografia, musica live e performance di ballo sono solo alcuni degli eventi che hanno caratterizzato la manifestazione.

Tra le attività proposte, la “Caccia al rifiuto” dell’associazione PuliAMO Messina , l’insegnamento di manovre di disostruzione a cura del Clan del sole Gruppo Scout Agesci Messina 3, insieme al dott. Franco De Luca, e l’apertura della zona Pro Market, allestita per la vendita di artigianato.

L’area Pro Market del Festival degli Aquiloni. ©UniVersoMe

Anche questa volta il festival ha assunto una forte valenza culturale grazie alle interessanti attività di carattere artistico. Tra queste, le “Vie della poesia”, un’installazione fatta di versi scritti da autori siciliani e non, lungo un percorso che si estende da Piazza Chiesa, fino al Parco Horcynus Orca. Quest’ultimo spazio ha poi ospitato le sessioni di Live Drawing di Lelio Bonaccorso e Gianluca Gugliotta, il workshop di disegno guidato da Fabio Franchi e Carmelo Chillè dell’Officina del Sole e la “Living Library” di Crescendo Incubatore.

Testo poetico de Le “vie della poesia”. © UniVersoMe

Non mancano le attività rivolte ai bambini: i Giochi Medievali a cura dell’Associazione Cuore di Drago, lo spettacolo di bolle di sapone in Piazza Lanternino a cura di Circobaleno, e il giro sui pony organizzato da Mater Vitae, hanno fatto sorridere e divertire anche i più piccoli.

I bambini impegnati nelle attività ricreative. ©UniVersoMe

Chi c’è dietro il festival degli aquiloni

Il successo del 5° Festival degli Aquiloni di Capo Peloro si deve soprattutto ai tanti volontari della Pro Loco Capo Peloro, che nei mesi precedenti hanno dedicato tempo ed energie affinchè l’evento fosse organizzato nei minimi dettagli.

La prima edizione del Festival degli Aquiloni di Capo Peloro si tenne nel 2017, quando l’associazione era già nata da due anni, ed aveva già organizzato alcune edizioni del Capo Peloro Fest e del Mytilus Circus, il festival dedicato alla cozza di Ganzirri. «La nostra è stata la prima pro loco nata a Messina», spiega Paolo Alibrandi: «è un’associazione che ha come scopo la promozione turistica, sociale e culturale, che rappresenta la realtà territoriale legata anche alle attività produttive. Il festival è nato perché secondo noi – oltre a coinvolgere la cittadinanza – era un modo per richiamare turisti da fuori». E oggi infatti l’evento «è rappresentativo in tutta Italia di quello che è l’aquilonismo in Sicilia e non solo».

La riserva naturale di Capo Peloro

Tra gli obiettivi della Pro Loco, vi sono indubbiamente il rispetto dell’ambiente e la tutela della Riserva Naturale di Capo Peloro.  Molte delle attività incluse nel programma del festival, sono orientate in questa direzione.

Ne sono esempi IL GIARDINO DI EOLO, che rientra nel più ampio progetto della Città Metropolitana di Messina dal titolo Nodo INFEA (INformazione e Formazione Educazione Ambientale), ricco di installazioni realizzate dagli alunni degli Istituti Comprensivi Evemero da Messina e Paino Gravitelli, e i racconti dei Cantastorie dell’8 a cura dell’associazione ARB al Parco Horcynus Orca, che hanno riguardato tematiche affini alla tutela ambientale. 

La Riserva naturale orientata Laguna di Capo Peloro è un’area naturale protetta della Regione Siciliana istituita nel 2001. È un sito di importanza internazionale, inserito nel Water Project dell’UNESCO del 1972, e riconosciuto dalla Società Botanica Italiana. Basti pensare che all’interno della riserva vi sono più di 400 specie acquatiche, di cui almeno dieci endemiche. Si tratta di un’area che questa estate è stata e continua ad essere al centro degli accesi dibattiti sulla realizzazione del Ponte sullo Stretto. Un ponte che, come mettono in rilievo alcuni abitanti della zona con cui abbiamo dialogato, «cancellerebbe un territorio».

Le prospettive future per le prossime edizioni

«Il nostro intento è quello di far diventare il Festival degli Aquiloni di Capo Peloro un festival internazionale, e di inserirlo ufficialmente nella lista dei primi venti festival degli aquiloni di Italia, in cui è presente anche quello di San Vito Lo Capo». Queste le parole di Alibrandi in merito ai progetti futuri dell’associazione. «Ci auguriamo per la sesta edizione di entrare in un circuito un po’ più ampio, che vada a beneficio della nostra città nell’ottica di un turismo sostenibile. Non a caso, gli aquiloni sono simbolo di libertà e leggerezza».

Ed è proprio aria di libertà e leggerezza quella che abbiamo respirato al Festival degli Aquiloni di Capo Peloro, che ha regalato tre giornate ricche di emozioni e spensieratezza ad appassionati e non, famiglie, e bambini provenienti da tutto il territorio nazionale. La manifestazione, quindi, sembrerebbe proprio essere riuscita per la quinta volta!

Giulia Giaimo

Abbronzatura: come funziona?

È iniziata l’estate e con lei la voglia di sole, mare e di abbronzarsi! Ma come avviene questo fenomeno così affascinante? Esaminiamo con un approccio scientifico quali sono le reazioni che avvengono sulla nostra pelle e le ripercussioni.

Indice dei contenuti

  1. Radiazione solare
  2. Cosa succede alla nostra pelle?
  3. Il Fattore di Protezione Solare (SPF)

Radiazione solare

La radiazione solare è l’energia che il sole emette e che la terra riceve in forma di onde elettromagnetiche. In particolare le radiazioni solari hanno una lunghezza d’onda tra compresa tra i 230 e 4000 nm. La maggior parte dell’energia solare giunge sulla terra con lunghezza d’onda tra i 400 e 760 nm (banda del visibile o luce). L’altra metà arriva in forma di radiazioni infrarosse, responsabili dell’azione termica dell’energia solare (760 e 4000 nm). L’ultimo tipo di radiazioni (dai 230 ai 400 nm) sono le radiazioni UV, ovvero le radiazioni ultraviolette. Di esse sulla terra ne arriva una minima parte essendo confinate maggiormente nell’alta atmosfera, in corrispondenza dell’ozonosfera. Anche se in piccole quantità rispetto alle radiazioni descritte precedentemente, anch’esse apportano benefici, e a volte purtroppo, danni al corpo umano. Distinguiamo 3 tipi di radiazioni ultraviolette: UV-A (400-315 nm), UV-B (315-280 nm) e UV-C (280-100 nm).

 

Comportamento delle radiazioni UV in presenza dell’ozonosfera Fonte: Okpedia

Il tipo di radiazione che penetra maggiormente l’atmosfera è l’UV-A seguita dall’UV-B, ovvero la radiazione responsabile della nostra abbronzatura!

Cosa succede alla nostra pelle?

È risaputo che stare a contatto con la luce del sole può apportare miglioramenti significativi per la salute. L’esposizione ai raggi UV permette infatti la sintesi organica di vitamina D, essenziale nell’assorbimento di calcio da parte dell’organismo. È consequenziale la minore probabilità di sviluppare patologie ossee quali l’osteomalacia e l’osteoporosi, ma anche di problematiche legate al sistema nervoso centrale e periferico e nella coagulazione.

L’epidermide, oltre a produrre vitamina D, si occupa della nostra protezione dai raggi UV per mezzo dei melanociti. Questi sono delle cellule dentritiche appartenenti allo strato basale dell’epidermide, dove al loro interno troviamo organuli come i melanosomi, i produttori della melanina. Fin che la melanina si trova all’interno dei melanociti non colora la pelle. Solo quando essa sarà fagocitata dai cheratinociti sarà in grado di donare all’epidermide la tipica colorazione ambrata.

Melanocita
Melanocita Fonte: Wikipedia

L’abbronzatura che noi osserviamo dopo alcune ore di sole, dunque, non è altro che un filtro solare naturale generato dalla pelle per protegge il DNA prevenire l’invecchiamento cutaneo contrastando la produzione di radicali liberi.

La melanina prodotta dai melanociti continua a degradarsi e ossidarsi all’interno dei cheratinociti fornendo ulteriore melanina fino a raggiungimento della quantità massima prevista dal nostro corredo genetico e dai melanosomi posseduti. Distinguiamo in base ai melanosomi tre tipi di popolazione:

  • Carnagione scura o nera: i melanosomi sono grandi.
  • Caucasica: i melanosomi sono di dimensioni minori.
  • Celtica: i melanosmi sono acora più piccoli.

Maggiori sono le dimensioni dei melanosomi, più sarà abbondante la quantità di melanina prodotta e di conseguenza più efficiente l’azione protettiva nei confronti del sole.

Il fattore di protezione solare (SPF)

La protezione effettiva generata dalla melanina in realtà risulta essere molto bassa e insufficiente per proteggere l’organismo da eventuali danni. Per questo motivo risulta d’obbligo l’utilizzo di prodotti solari specifici scelti in base al fototipo che si possiede.

Classifica dei fototipi Fonte: Facebook

Una volta individuato il fototipo, si scelgono i prodotti solari in base al Sun Protection Factor (SPF). Quest’ultimo indica la capacità di un prodotto di proteggere la pelle dai raggi solari. Maggiore è l’SPF maggiore sarà il grado di protezione solare.

La pelle chiara del fototipo 1 e 2 è più delicata e richiede una protezione molto alta, con indice 50. Il fototipo 3 necessita un fattore 30. La scala decresce fino all’ultimo fototipo che richiede attenzioni minori rispetto ai primi.

La composizione dei solari viene disciplinata dal regolamento cosmetico europeo 1223/2009. I filtri fisici sono dati da componenti chimiche schermanti, ovvero sostanze opache in grado di riflettere le radiazioni come il biossido di titanio e l’ossido di zinco. Lo ZnO riflette sia i raggi UVB che gli UVA ed esercita inoltre un’azione lenitiva e antibatterica. Giustifica la presenza della patina biancastra lasciata dai prodotti solari, che risulta essere quanto schermante tanto dannosa per l’ambiente marino (viene infatti spesso sostituito dall’equivalente ecologico, l’idrossiapatite).

Oltre a dei filtri fisici, le creme solari presentano dei filtri chimici dati da molecole organiche complesse come l’oxibenzone, il fenilbenzilimidazolo, l’acido sulfonico, il butil metoxidibenzoilmetano e l’etilexil metoxicinnamato. Ognuna di queste molecole assorbe l’energia delle radiazioni a lunghezze d’onda diverse e le rilascia sotto forma di calore minimizzando i danni.

Nonostante i possibili effetti collaterali collegati ad un’esposizione prolungata al sole, con le giuste accortezze e prevenzione, è possibile minimizzare le ripercussioni sulla salute al minimo, ottenere una bella pelle dorata e tutti i benefici che ne derivano!

Asia Arezzio

 

Bibliografia