Trump e Zelensky: equilibri in bilico

Il catastrofico confronto

Si era concluso in maniera disastrosa l’incontro tenutosi il 28 febbraio scorso alla Casa Bianca presso lo Studio Ovale tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. I due, insieme al vicepresidente americano JD Vance, avevano tentato di discutere le condizioni che avrebbero potuto dare inizio delle trattative di pace per la guerra in atto tra Ucraina e Russia. Ma alla fine i toni si sono accesi, divenendo denigratori nei confronti del leader ucraino, accusato di non essere abbastanza diplomatico, addirittura un dittatore, e di non auspicare ad una vera pace per il proprio paese.

Il colloquio si era concluso con l’abbandono anticipato del suolo americano da parte di Zelensky, la mancata concessione delle terre rare e, di conseguenza, la mancata firma degli accordi.

Zelensky pronto alle trattative in virtù di un nuovo dialogo

Subito dopo, la notizia che aveva messo in agitazione tutto il mondo: l’America non avrebbe più fornito a Kiev le armi, e sarebbe saltata anche la condivisione di dati di intelligence da parte della Cia, come affermato dal suo capo John Ratcliffe. Tali pressioni probabilmente avevano l’obiettivo di “costringere” l’Ucraina ad accettare senza troppe pretese le condizioni americane, privandola delle sue difese.

Dunque, messo alle strette, Zelensky alla fine sembra cedere, dichiarando che il dialogo con gli Stati Uniti è stato ristabilito, e “molto presto” avverrà un nuovo incontro, in cui probabilmente i leader ridiscuteranno l’intesa sui minerali. Ad esortare il presidente ucraino affinché avvenisse un riavvicinamento era stato anche il primo ministro inglese Keir Starmer.

Sul social X Volodymyr Zelensky scrive: “Vogliamo tutti un futuro sicuro per il nostro popolo. Non un cessate il fuoco temporaneo, ma la fine della guerra una volta per tutte. Con i nostri sforzi coordinati e la leadership degli Stati Uniti, questo è del tutto realizzabile”, riferendo della telefonata avuta con il cancelliere tedesco Olaf Scholz.

Dmitry Peskov, portavoce di Putin, afferma che il Cremlino giudica ora positivamente il riavvicinamento di Stati Uniti d’America e Ucraina per le trattative.

Le reazioni dal mondo

Tutti i paesi europei, nel frattempo, stanno avviando un processo di mobilitazione compatto per correre al riparo.

Visto il cambiamento delle posizioni americane, il presidente francese Emmanuel Macron si è mostrato preoccupato, e nel suo discorso alla Nazione francese, sottolineando la pericolosità della Russia per la Francia e per tutti i paesi europei, ha invitato questi ultimi ad un “summit militare con chi vuole la pace”, affermando: “L’Europa rafforzi la difesa e sia più indipendente”.

A questo proposito, si è riunito nella giornata del 6 marzo il vertice europeo straordinario di Bruxelles sull’Ucraina e sulla difesa, per discutere il ruolo dei paesi europei nel progetto illustrato dalla presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen, confluito nel piano ReArm Europe, che prevede 800 miliardi di euro da investire per equipaggiare militarmente Kiev.

Noemi Munafò

Follemente: l’Inside Out italiano di Paolo Genovese

 

L’Inside Out all’italiana. Voto UVM 4/5

Follemente è un film del 2025 diretto da Paolo Genovese (regista di film come “Perfetti Sconosciuti”, “Tutta Colpa Di Freud”, “Supereroi”, “Il Primo Giorno Della Mia Vita”, i due film di “Immaturi”, “I Leoni Di Sicilia” ecc.) e ha un cast corale composto da Edoardo Leo, Pilar Fogliati, Claudio Santamaria, Marco Giallini, Rocco Papaleo, Maurizio Lastrico, Vittoria Puccini, Claudia Pandolfi, Emanuela Fanelli e Maria Chiara Giannetta.

Trama

Conosciamo davvero noi stessi quando prendiamo una decisione? E se dentro di noi esistessero più versioni del nostro io, ognuna con qualcosa da dire?

Follemente è una brillante commedia romantica che va oltre le apparenze, immergendosi nella mente dei due protagonisti, Piero e Lara, svelando i loro pensieri più nascosti e le battaglie interiori che tutti affrontiamo. Dopo essersi conosciuti in un bar, Piero e Lara hanno il loro primo appuntamento a casa di lei. Entrambi hanno voglia di rimettersi in gioco: lei, trentacinquenne, viene dalla relazione con un uomo sposato e cede spesso ad amori senza futuro; lui ha quarant’anni, è fresco di divorzio e di affidamento congiunto della figlia piccola e porta ancora i segni di altre delusioni sentimentali.

I due protagonisti sono guidati dalle rispettive personalità: Piero ascolta le indicazioni del razionale Professore, del romantico Romeo, del passionale Eros e del disincantato Valium; Lara si fa condurre dall’intransigente Alfa, dalla seducente Trilli, dalla sregolata Scheggia e dalla sognatrice Giulietta. La serata, tra imbarazzi, lapsus e contrattempi, parte bene, ma sembra volgere al peggio, anche perché le emozioni di Piero bisticciano tra loro e quelle di Lara non sono da meno. Come andrà a finire? I due riusciranno a mettere da parte il resto e lasciarsi andare? Oppure, complicheranno tutto e l’appuntamento sfumerà?

Il primo appuntamento di Lara e Pietro diventa un teatro di dialoghi irriverenti, teneri, dolci, agitati, e tanto altro ancora. Una folla di gente e di pensieri che turbinano costantemente dentro di noi, a volte in maniera stancante che ci fa desiderare di poter essere “da soli” o di poter spegnere finalmente il cervello.

L’Inside Out all’italiana?

Il paragone tra “Inside Out” e “Follemente” viene spontaneo, ma in realtà Paolo Genovese giura di aver avuto l’idea del film prima che tutti venissero a conoscenza e si innamorassero successivamente dei due successi Disney Pixar incentrati sulle emozioni. La similitudine c’è e forse Genovese ha trovato il modus operandi adatto  per poter parlare della tematica ricorrente nella sua nuova pellicola: gli appuntamenti. Se “Inside Out” parlava delle emozioni e di ciò che accade nella mente umana in linea generica, “Follemente”, invece, mostra ciò che accade nella mente quando si ha un appuntamento al giorno d’oggi.

Mostrando un film alla Inside Out ma concentrandosi solo su un contesto specifico, ha voluto realizzare un film che aveva uno stile teatrale e il montaggio tra le scene dell’appuntamento e delle loro personalità è stato anche ben serrato. Con un tocco così semplice, mostra una chiave di lettura per gli appuntamenti di oggi (i primi) e come sono divenuti difficili e di quanti problemi si creano, quando si vive un appuntamento.

Fonte: comingsoon.it

Follemente, un film dallo stile teatrale

Follemente ha delle similitudini anche con un altro film noto di Paolo Genovese, ossia Perfetti Sconosciuti (film che ha il record di maggior numero di remake realizzati nella storia del cinema). Entrambi i film vogliono essere schietti e sbattere in faccia alcune verità dei rapporti di oggi e come sono cambiati nella società contemporanea. Con la differenza, che uno mira a colpire con una verità dura e cruda e toccando la drammaticità totale; l’altro, invece, vuole divertire senza annoiare e spingere ad un’accurata riflessione.

Altri aspetti in comune sono il fatto che alcuni eventi presenti accadono nella mente e lo stile teatrale adottato per la narrazione, col rischio di risultare leggermente statico. Il film mostra due filoni uniti da un montaggio ben strutturato e ci sono volute ben due sedute di ripresa per realizzare i due filoni. Da una parte, ci sono i due attori protagonisti (Edoardo Leo e Pilar Fogliati) che vivono il loro primo appuntamento e tutta la trama si svolge nell’appartamento di lei. Dall’altra, vengono mostrate le quattro personalità di lui e le quattro personalità di lei nelle loro menti.

Nella prima seduta, i due protagonisti recitavano le loro battute con tanto di suggerimenti delle personalità, provenienti da dietro le quinte, cogliendo opportunamente il momento per dire le loro. Nella seconda, gli interpreti delle loro personalità hanno fatto lo stesso. Ci vuole una certa bravura a cogliere la percezione giusta e su questo sono stati bravi tutti e le loro scene sono unite da un montaggio ben strutturato, che fa il passaggio tra i due filoni in maniera rapida come se stessero giocando a ping pong e senza cascare nella confusione.

 

Fonte: follemente.alcinema.it

Un cast eccezionale

Quando un film riesce, non si può non considerare le interpretazioni e “Follemente” vanta la presenza di un cast italiano composto da attori di un certo livello. Edoardo Leo non ha bisogno di presentazioni, perché ormai è affermatissimo e lascia sempre il segno, in ogni film che fa. Pilar Fogliati si sta affermando sempre di più e in pochi anni, si è dimostrata poliedrica e a suo agio nei ruoli molto vicini ai suoi coetanei.

Ma quelli che non sono da meno sono gli interpreti delle personalità di lui e lei. Nella mente di lui ci sono Claudio Santamaria (il passionale Eros), Marco Giallini (il razionale Professore), Rocco Papaleo (il disincantato Valium), Maurizio Lastrico (il romantico Romeo); mentre, nella mente di lei ci sono Vittoria Puccini (la sognatrice Giulietta), Claudia Pandolfi (l’intransigente Alfa), Emanuela Fanelli (la seducente Trilli) e Maria Chiara Giannetta (la sregolata Scheggia).

La parte divertente sta nelle personalità presenti nelle loro menti, dove attraverso gag, battute e diatribe tra loro su quale delle personalità deve prendere il sopravvento e su cosa l’interlocutore di turno deve dire in quel momento (venendo spesso ignorati da Piero e Lara).

 

Fonte: comingsoon.it

Follemente, una chiave di lettura degli appuntamenti di oggi, tra risate e riflessioni

Genovese ha voluto realizzare una commedia che vuole divertire ed allo stesso tempo, invitare a scavare dentro di sé e avere uno spunto di riflessione sulla propria persona e di come dovrebbe vivere l’appuntamento. Vuole dire essere più rilassati possibile e far vivere quei momenti con serenità, dimostrando che dovrebbe essere la cosa più naturale di questo mondo e soprattutto mostrarsi per ciò che si è, perché tutte le questioni irrisolte e le proprie insicurezze possono essere un auto-sabotaggio e far scappare un’eventuale persona giusta. Bisogna accettare ciò che è successo prima di quel fatidico incontro, trarre una lezione, godersi il presente ed essere naturali, per poter accogliere un possibile futuro (o qualsiasi altra cosa) migliore. A parole sembra facile, ma la visione di Follemente potrebbe dare un input a provare a lasciarsi andare a nuove opportunità (magari nascoste dietro l’angolo).

Giorgio Maria Aloi

Duello, il nuovo libro di Antonio Talia

La cattura del tamunga

Sono passati ormai 4 anni dall’arresto, questa volta definitivo, del boss latitante Rocco Morabito, esponente di spicco della mafia calabrese, conosciuta anche come ‘ndrangheta. Il boss è riuscito a sfuggire al proprio arresto per oltre vent’anni, fino al 2021, anno in cui è stato arrestato in America Latina. Nel 2024 è stato estradato in Italia. Ma chi è questa persona? E cosa ha fatto di talmente grave? Sono riuscito a intervistare Antonio Talia, giornalista d’inchiesta esperto di criminalità organizzata, che mi ha informato meglio sull’accaduto e, grazie al suo racconto, ho compreso quanto, anche la mafia, sia all’avanguardia nelle tecnologie. 

A tu per tu con l’autore

Come ha seguito questo caso?

Ho letto diversi documenti, sentenze. Sono partito dalla ricostruzione della vicenda su base processuale, quindi principalmente dalla sentenza Fortaleza, ma ho seguito anche altre operazioni riguardanti il clan ‘ndranghetista. Ho collaborato con il colonnello della Ros (Reparto operativo speciale) e il Procuratore Bombardieri. Il boss è stato una figura di spicco della criminalità calabrese. Oggi Matteo Messina Denaro è raccontato come il capo di “Cosa Nostra”, ma non penso sia cosi. Quando lui è stato catturato non gestiva grandi traffici internazionali, aveva una catena di supermercati. Rocco Morabito è una figura diversa.

Il boss Morabito era già stato arrestato nel 2017, dopo 23 anni di latitanza, in America. Insolito, dato che in genere i latitanti trascorrono la loro latitanza a “casa”. Ciò è quanto sostengono le narrazioni.

Morabito da giovane aveva già rapporti con il narcotraffico internazionale. Sua moglie possiede la cittadinanza angolana. Era riuscito a sfuggire all’Operazione Fortaleza ed era protetto in America Latina. Anche in questi ultimi giorni sono stati arrestati due boss calabresi in Germania.

Morabito è riuscito a evadere dal carcere uruguagio nel 2019. C’è un precedente, in quanto anche El chapo, altro noto criminale, è evaso per ben due volte dalle carceri del Sud America, per poi venire finalmente arrestato ed estradato direttamente negli Usa. C’è qualcosa che non torna nelle carceri sudamericane?

Sulla sua fuga ci sono molte teorie, sicuramente ha avuto a disposizione dei particolari telefoni cellulari. Il boss è risultato essere in contatto anche con la famiglia Bellocco, di Rosarno. Ma non sappiamo tutta la verità. L’Uruguay non è un paese completamente sotto il controllo criminale, è anche riuscito a collaborare al successivo arresto del latitante. Molte persone hanno avuto rapporti con il boss, tra queste anche un ex campione della nazionale di calcio uruguagia, Marcelo Saralegui, il quale ha affermato di averlo incontrato ben 17 volte. Ma non si è ancora capito che ruolo abbia avuto Saralegui con il boss.

Ma è possibile che ci sia un collegamento tra il collaboratore di giustizia Vincenzo Pasquino e l’arresto di Morabito? Ricordiamo anche che Pasquino, di recente, ha fatto rivelazioni importanti sui collegamenti tra la mafia calabrese e quella sudamericana.

Vincenzo Pasquino è il responsabile dell’arresto del boss Morabito, altrimenti il boss sarebbe stato arrestato molto tempo dopo. Anche Pasquino aveva contatti con vari cartelli sudamericani. Sulle sue rivelazioni bisogna però attendere i riscontri giudiziari. Pasquino è una figura meno solida di Morabito.

Morabito può contare su molto sostegno, era anche capace di trattare direttamente con la mafia sudamericana. Quanto era pericoloso?

Adesso questo è difficile da capire. Lui rimane tutt’ora rispettato nella mafia ed è divenuto, purtroppo, una figura d’ispirazione per altri criminali. Anche se, probabilmente, nel ruolo che ricopriva è già stato sostituito.

Che cosa sono i criptofonini Encrochat e a cosa servono?

Sono telefonini creati da alcune case di software e sono letteralmente a prova d’intercettazione. I criminali non potevano fare telefonate, ne inviare video o foto, ma potevano solo messaggiare. Questi telefonini erano inizialmente stati inventati per proteggere la privacy. C’era inoltre un pulsante rosso per cancellare i messaggi. Si tratta di telefoni usati da tutti i criminali del mondo, ma il boss Morabito era sempre molto prudente, anche quando utilizzava questi strumenti.

Il procuratore capo della procura di Napoli, Nicola Gratteri, ha lanciato l’allarme su queste nuove tecnologie e su come la mafia sia avanti rispetto alla magistratura. Gratteri ha sostenuto il bisogno, per l’Italia, di investire nel settore delle nuove tecnologie.

Ci sono molte tecnologie sfruttate dalla mafia. Nel campo delle criptovalute, dei token usati per il riciclaggio. Oggi, purtroppo, la ‘ndrangheta è all’avanguardia in questo settore. Anche se, personalmente, non credo che l’Italia sia cosi arretrata. Certo, un aiuto importante nell’operazione che ha portato all’arresto del boss l’ha dato la Francia, questo va riconosciuto. L’Italia deve sicuramente investire di più, ma è sulla buona strada. Per chi vuole approfondire meglio la storia che ha condotto all’arresto del boss Morabito, può leggere il mio ultimo libro, Duello, nelle librerie da domani 18 Febbraio. 

Roberto Fortugno

Fonti:

https://www.corrieredellacalabria.it/2024/12/14/ndrangheta-i-racconti-inediti-di-vincenzo-pasquino-laffiliazione-nel-2011-la-droga-e-il-viaggio

 

 

 

Pluralismi: al via la quinta edizione con Cinema e Spettacolo

Il 6 Marzo avrà inizio la quinta edizione di Pluralismi – Riflessioni su corpi, politiche e rappresentazioni di genere, il ciclo di seminari sul genere promosso dall’Università di Messina.

L’inaugurazione si terrà nella sede centrale di Piazza Pugliatti (Rettorato), nell’Aula Cannizzaro alle ore 15:30.

L’apertura della nuova edizione

Il primo incontro di “Pluralismi” si aprirà con i saluti della Magnifica Rettrice dell’Università di Messina Giovanna Spatari, della Presidente del Comitato Unico di Garanzia Vittoria Calabrò, della Consulente di Fiducia Mariella Crisafulli e del direttore del Dipartimento COSPECS Carmelo Maria Porto.

A seguire, l’incontro sarà coordinato da Milena Meo, Sociologa politica e delegata per le questioni di genere (Dipartimento COSPECS), con l’introduzione di Antonia Cava, Sociologa della Comunicazione e coordinatrice CDS Magistrale in Servizio Sociale e Ricerca Sociale. Inoltre, è previsto l’intervento di Ninni Panzera, direttore artistico Messina Opera Film Festival.

Grazie alla collaborazione con il Festival Internazionale Corto di Sera, saranno proiettati alcuni cortometraggi tematici.

A concludere il primo incontro  sarà Maria Andaloro, ideatrice di Posto Occupato, campagna di sensibilizzazione sociale, virale e gratuita contro la violenza sulle donne.

 

Fonte: pluralismi.unime.it
Fonte: pluralismi.unime.it

 

Il programma di Pluralismi 2025

Il programma di Pluralismi 2025 riprende la suddivisione utilizzata negli anni precedenti in due tipologie di eventi: Seminari e Dialoghi.

I Seminari, dedicati a temi di approfondimento,  si terranno:

  • il 20 marzo con ospite Marica Spalletta, sociologa della comunicazione (Università Unilink Roma), protagonista dell’incontro Stereotipi di genere e dinamiche di potere nella serialità crime italiana. Il caso Mare Fuori;
  • il 20 maggio con ospite Cecilia Robustelli, linguista (Università di Modena e Reggio Emilia), per il seminario Gender e lingua italiana.

I Dialoghi, incentrati sulla presentazione di libri, si svolgeranno:

  • il 26 marzo con ospite Rita El Khayat per Lo schiaffo (Ed. Mediter Italia);
  •  il 3 Aprile con Edoardo Lombardi Vallauri per Le guerre per la lingua (Ed.Einaudi).

Novità dell’edizione 2025 sarà la Mostra di immagini e parole, dal titolo Ecce Mulier – Saperi, società, immagini, che si terrà presso il Dipartimento COSPECS da Aprile a Maggio.

La conclusione degli eventi è prevista per il 20 Maggio.

 

Fonte: pluralismi.unime.it
Fonte: pluralismi.unime.it

 

Rosanna Bonfiglio

 

Fonte: https://pluralismi.unime.it/

 

 

 

 

“Goldrake”: un sequel vibrante, un omaggio riuscito

Goldrake torna con un fumetto francese pieno d'amore per la serie
Goldrake torna con un fumetto francese pieno d’amore per la serie. Voto UVM: 4/5

Quando il robot Grendizer, creato dal mangaka Go Nagai, arrivò in Italia col nome di Goldrake conquistò i cuori di una generazione, che ancora oggi lo ricorda con affetto. Eppure, il nostro non fu il solo Paese europeo che si innamorò del gigante d’acciaio e del suo pilota, Duke Fleed: anche in Francia diversi bambini si ritrovavano davanti alla tv e gridavano “Goldrake, avanti!

Un sentito omaggio

Uno di quei bambini francesi era Xavier Dorison, classe 1972, sceneggiatore di fumetti e ideatore del fumetto Goldrake, pubblicato in Italia a fine 2024 dalle case editrici BD Edizioni e J-pop Manga. Nel nostro autore nacque una grande passione per Goldrake, che è durata fino ad oggi, fino a realizzare, insieme ad altri autori e disegnatori, il volume di cui parliamo. A questa passione viene poi unita la conoscenza della serie originale, dei suoi ritmi narrativi, dei suoi personaggi e dei loro caratteri, tutti elementi fedelmente rispettati dagli autori, i quali riescono a confezionare una storia perfettamente coerente con l’originale nagaiano.

Ritorni inattesi

La storia del fumetto si ambienta un numero indefinito di anni dopo la fine della storia originale. Mentre alcuni astronauti esplorano il lato oscuro della luna, si imbattono in un nuovo vecchio nemico: le armate di Vega, guidate dall’ultimo generale veghiano rimasto, Archen. Egli, affiancanto dai suoi secondi in comando KehosArgaia, attaccat il Giappone sfruttando una nuova e terribile arma: il mostro spaziale Hydragon. La loro condizione per cessare con gli attacchi è semplice: tutti i giapponesi dovranno lasciare il Giappone entro una settimana, o saranno spazzati via. Ricevuto l’ultimatum, l’esercito nipponico guidato dal generale Ota si mette alla ricerca della sola possibilità di vittoria per loro e, forse, per l’intera umanità: il super-robot Goldrake.

Goldrake
Il robot Goldrake si risveglia-Goldrake. Fonte: MangaNerd.it

Un eroe spezzato

Nell’ultimo episodio della serie originale, Actarus e sua sorella Maria erano tornati sul loro pianeta, Fleed, che stava ritornando alla vita dopo la devastazione provacata dall’attacco di Vega. Tuttavia, per Duke sembra non esserci tregua, e la guerra torna ciclicamente nella sua vita, imprigionandolo in un vortice sempre più tragico di morte e distruzione: mentre il principe e i pochi altri abitanti di Fleed si prodigano nella rinascita del pianeta, due dischi spaziali, gli ultimi rimasugli del popolo di Vega, attaccano nuovamente, devastando tutto. Maria stessa subirà gravi ferite, e le vittime civili sono numerose da entrambi i lati; Actarus, dopo essersi battute come una furia, abbandonerà nuovamente Fleed, ormai in rovina, e porterà sua sorella sulla Terra, così che possa essere curata. Una volta fatto questo, il principe esule nasconderà il suo robot e, ormai stremato dalle troppe battaglie e dalle loro conseguenze, si consegnerà all’esercito gaipponese.

Goldrake combatte un'ultima volta per Fleed
L’ultima battaglia per Fleed in Goldrake. Fonte: uBc Fumetti

Pace o vendetta?

Sia Actarus che i veghiani sono stremati, stanchi di una guerra che pare interminabile, e desiderano solo la pace. Tuttavia, se da un lato il nobile principe di Fleed e il vecchio generale Archen sono disposti a trattare, dall’altro troviamo Kehos, assetato di vendetta per la sua famiglia, rimasta uccisa nella battaglia su Fleed. Il dissidio che nasce tra i due veghiani è uno scontro tra due modi diversi di intendere la pace e tra priorità: infatti, per Archen la sopravvivenza degli ultimi membri del suo popolo viene prima di ogni cosa, ed è disposto a trattare pur di raggiungere il suo scopo; Kehos, invece, non riesce a concepire una fine della guerra che non implichi la morte dei suoi nemici, e per lui trattare significa arrendersi, divenire ostaggi del proprio nemico. Kehos si mostra più miope di Archen, ed è disposto anche ad attacchi suicidi pur di vincere.

Ritmi narrativi

Uno degli aspetti migliori del racconto sono i suoi ritmi: la serie originale alternava battaglie frenetiche e tachicardiche con momenti più lenti, “intimi”, come li definisce lo stesso Dorison in una lettera inviata a Nagai. E il fumetto, in questa alternanza perfettamente scandita, non è affatto da meno, e riesce a diventare così una continua giostra di scontri brutali e momenti di breve pace, che servono ai nostri protagonisti per prepararsi alla nuova battaglia, e servono ad Actarus per ritrovare la motivazione a combattere.

Nell’atelier di Goldrake

Uno degli aspetti più belli del fumetto sono le ultime pagine del volume, ricche di retroscena sulla realizzazione dello stesso. Qui possiamo trovare non solo una lettera scritta da Dorison a Nagai in persona, la quale è anche una dichiarazione di intenti, ma sono presenti pure le prime bozze, i primi studi delle varie tavole, sia quelle poi pubblicate, sia anche delle versioni scartate. Insomma, dopo aver letto la storia di Goldrake, possiamo vedere la storia della sua realizzazione, e continuare a immergerci nel suo coinvolgente mondo.

 

Alberto Albanese

 

DISTURBI D’ANSIA E DEPRESSIONE GIOVANILE: LA 2A DELL’ISTITUTO “ENZO DRAGO” LANCIA L’APPELLO AL MINISTERO PER LE CURE GRATUITE

Sono oltre 19 mila le firme raccolte nell’appello lanciato su change.org dagli alunni della 2A dell’Istituto Comprensivo “Enzo Drago” di Messina. Con questa iniziativa, i ragazzi si rivolgono al Ministero della Salute, chiedendo l’esenzione delle spese mediche per gli adolescenti che soffrono di ansia e depressione.

Nel testo della petizione emerge la preoccupazione degli studenti in merito alla crescente diffusione dei disturbi dell’umore che colpiscono i più giovani. Viene fatto particolare riferimento al periodo pandemico, evento che ha condizionato fortemente la psiche dei ragazzi.

Un nostro compagno – scrivono gli studenti della Enzo Drago – ha deciso di condividere con la classe la storia di una persona a lui cara che soffre di attacchi di panico. Una sera, è stato portato di corsa al Pronto Soccorso dove ha aspettato per più di un’ora e mezza per ricevere, al termine della visita, una semplice terapia.  Alcuni giorni dopo, la sua famiglia ha ricevuto un pagamento di 36 € per la prestazione sanitaria ricevuta. Questa vicenda ci ha aiutato a riflettere come per lo Stato i soldi siano più importanti della nostra salute. Infatti, informandoci a riguardo, abbiamo scoperto che solo chi ha una patologia grave ha l’esonero totale dal pagamento del ticket e delle cure sanitarie.

Una petizione che dunque rivolge un chiaro segnale alle istituzioni: non abbandonare i propri giovani. Ciò che i ragazzi chiedono è un impegno concreto, affinché venga tutelato il diritto alla salute mentale, abbattendo ogni forma di ostacolo economico.

Un problema diffuso tra i giovani

I dati parlano chiaro: è in crescita il numero di adolescenti affetti da disturbi di ansia e depressione. Il rapporto UNICEF “La condizione dell’infanzia nel mondo: Nella mia mente” mostra che il 19 % dei ragazzi europei fra i 15 e i 19 anni soffre di problemi legati alla salute mentale. In totale sarebbero nove milioni i giovani che convivono con un disturbo psicologico. Proprio ansia e depressione rappresentano oltre la metà dei casi. Anche in Italia la situazione è preoccupante: il 49.4 % dei giovani tra i 18 e i 25 anni afferma di aver sofferto di problemi simili. Un’emergenza mondiale quindi, aggravata dal periodo pandemico. Il lockdown ha avuto una forte incidenza sugli adolescenti, aumentando il senso di solitudine e l’insicurezza verso il futuro. Diversi studi evidenziano una stretta correlazione tra comportamenti suicidari e i disturbi dell’umore. Il suicidio è la seconda causa di morte fra i giovani, preceduto soltanto dagli di incidenti stradali. Queste turbe psichiche, se non riconosciute e trattate tempestivamente, possono condurre a una profonda disperazione, l’anticamera del gesto estremo.

Il ruolo delle istituzioni e il tabù da sfatare

Di fronte a questo scenario delicato, è fondamentale garantire ai giovani vicinanza e ascolto. Sia le famiglie che i coetanei si possono rivelare un sostegno importantissimo per chi combatte un malessere interiore. A volte però, il supporto di amici e genitori può non bastare: è indispensabile che i ragazzi vengano aiutati da professionisti, che sappiano fornire loro i giusti strumenti per affrontare il dolore emotivo. Ma spesso gli adolescenti preferiscono isolarsi, poiché i problemi psichici sono accompagnati da un forte senso di vergogna. Parlare di argomenti come ansia, depressione o pensieri suicidari diviene cruciale per sfatare un tabù che permane ancora oggi. Le istituzioni giocano un ruolo fondamentale in questa vicenda. Occorre finanziare sportelli di supporto psicologico nelle scuole, agevolare i percorsi terapeutici e promuovere campagne di sensibilizzazione. Il messaggio da lanciare è che richiedere aiuto non è segno di debolezza, ma di forza e consapevolezza. Soltanto attraverso un impegno collettivo, che coinvolge famiglie, professionisti e istituzioni, sarà possibile offrire ai giovani un futuro sereno.

 

 

Link per consultare la petizione su Change.org:
https://www.change.org/p/chiediamo-cure-e-ticket-gratuiti-per-la-depressione-adolescenziale 

 

GIOVANNI GENTILE PATTI

Sanremo 2025: le origini del mito vincono a Sanremo

La 75ª edizione del Festival di Sanremo si è conclusa e ha visto trionfare Olly, con la sua Balorda Nostalgia, seguito da Lucio Corsi, con Volevo essere un duro, e Brunori Sas, con L’albero delle noci.

Questi moderni cantori sembrano incarnare, in chiave moderna, archetipi senza tempo: Olly, come un novello Orfeo, canta la tragedia dell’amore perduto e della dipendenza affettiva; Lucio Corsi, simile a un Ercole contemporaneo, affronta le sfide dell’identità e della fragilità; mentre Brunori Sas, come un saggio Dedalo, esplora le paure e dubbi di un padre di fronte le sfide della vita.

Olly/Orfeo – La “balorda nostalgia” della perdita

Dopo la perdita di Euridice, Orfeo si trova intrappolato in un dolore che non riesce a superare. Incapace di immaginare un futuro senza di lei, il musicista mitologico vede la propria esistenza svuotarsi di senso. Il suo amore si trasforma in un’ossessione che lo spinge oltre ogni limite, trascinandolo in una spirale di disperazione. Quella che avrebbe potuto essere una storia di rinascita si tramuta così in una tragedia senza ritorno.

Scende negli Inferi armato solo della sua musica struggente, capace di commuovere dèi e ombre. Il suo viaggio è un atto di speranza e disperazione, mosso dall’illusione di poter riabbracciare l’amata.

Allo stesso modo, il protagonista della canzone di Olly è avvolto da una nostalgia profonda, come se il ritorno a un passato idealizzato potesse colmare il vuoto lasciato dalla perdita, come se la sua identità fosse inscindibilmente legata a un’altra persona.

Tornare a quando ci bastava ridere, piangere, fare l’amore.

Come Orfeo, anche Olly canta per colmare il vuoto lasciato dall’assenza. L’intero testo è un tentativo di evocare la persona amata, proprio come Orfeo prova a riportare Euridice tra i vivi. Ma c’è un tragico dubbio che incombe:

Magari non sarà nemmeno questa sera la sera giusta per tornare insieme.

Questo verso riecheggia il destino di Orfeo, il cui amore è condizionato da un vincolo insormontabile. La scena in cui il protagonista della canzone continua a cercare tracce dell’amata:

Ti cerco ancora in casa quando mi prude la schiena, e metto ancora un piatto in più quando apparecchio a cena.

Qui non c’è un inferno mitologico, ma una casa che risuona di assenze e abitudini spezzate.

 

 

E infine, la rassegnazione:

Magari è già finita, però ti voglio bene ed è stata tutta vita.

Se Orfeo, devastato dal dolore, rinuncia alla vita e si lascia morire cantando, Olly accetta, seppur con sofferenza, che l’amore possa sopravvivere alla fine di una relazione.

Il parallelismo con Orfeo mette in luce il rischio di smarrire se stessi all’interno di una relazione, quando l’altro diventa l’unico riferimento per la propria esistenza.

La canzone esplora con intensità una sorta di dipendenza affettiva, delineando un desiderio insaziabile e mai del tutto soddisfatto. La ripetizione insistente di “vorrei” diventa il simbolo di un bisogno incessante, mentre l’altro viene idealizzato come unica fonte di appagamento. Ne emerge un’illusione pericolosa: quella di un amore vissuto come unico significato dell’esistenza, in un equilibrio fragile tra passione e smarrimento.

Lucio Corsi/Ercole – L’arte di essere invincibili

Nel brano sanremese, Lucio Corsi mette in scena un profondo conflitto interiore, dando voce a una tensione universale: il desiderio di incarnare un modello di forza imposto dalla società e la consapevolezza della propria vulnerabilità. Il protagonista della canzone aspira a essere un “duro”, un individuo invulnerabile e sicuro di sé, sulla scia degli eroi mitologici e degli stereotipi maschili dominanti. Tuttavia, nel corso del brano, il sogno si scontra con la realtà. Alla fine, il personaggio si arrende all’evidenza: l’immagine idealizzata di sé è irraggiungibile. Con un’ammissione sincera, riconosce la propria autenticità, accettando la fragilità come parte integrante della sua identità:

Non sono altro che Lucio.

Il conflitto tra forza e fragilità trova un interessante riflesso nella figura di Ercole, l’eroe della mitologia greca celebre per la sua forza sovrumana e le leggendarie dodici fatiche. Al di là dell’immagine di invincibilità che lo circonda, la sua storia è segnata da sofferenza, senso di colpa e profonde vulnerabilità, rivelando così il lato più umano di un simbolo di potenza assoluta. Nonostante la sua potenza fisica, Ercole è un eroe tormentato, costretto a espiare le proprie colpe e a confrontarsi con il peso del suo destino.

Nonostante il desiderio di apparire forte, il protagonista della canzone ammette:

Però non sono nessuno / Non sono nato con la faccia da duro / Ho anche paura del buio.

Questa confessione mette in luce la discrepanza tra l’immagine desiderata e la realtà personale. Tuttavia, si rende conto che questi modelli non gli appartengono.

Nel momento in cui smette di inseguire un ideale di mascolinità imposto e accetta la propria identità con tutte le sue sfumature, al di là delle aspettative esterne, emerge qui la sua vera forza, evidenziando come essa risiede nell’abbracciare la propria autenticità.

 

           

Brunori Sas/Dedalo – La responsabilità di essere padre

La canzone di Brunori Sas, L’albero delle noci, affronta temi come la paternità, il passare del tempo e le paure legate alla genitorialità. Questi elementi trovano un interessante parallelo nel mito di Dedalo e Icaro, che esplora il rapporto padre-figlio, l’aspirazione e le conseguenze delle proprie scelte.

Nel mito, Dedalo è un abile inventore e artigiano che costruisce ali di cera e piume per sé e per suo figlio Icaro, con l’obiettivo di fuggire dal labirinto in cui sono imprigionati. Questo atto rappresenta il desiderio di un padre di proteggere e guidare il proprio figlio, fornendogli gli strumenti per affrontare il mondo.

Allo stesso modo, Brunori riflette sulla sua esperienza della paternità, esprimendo sia l’amore profondo, che le preoccupazioni legate al crescere un figlio:

Sono passati veloci questi anni feroci / E nel mio cuore di padre il desiderio adesso è chiuso a chiave.

Dedalo avverte Icaro di non volare troppo vicino al sole per evitare che il calore sciolga la cera delle ali, ma Icaro, preso dall’entusiasmo del volo, ignora il consiglio paterno e cade nel mare.

Questo episodio simboleggia le preoccupazioni di un genitore riguardo alle scelte e ai rischi che il proprio figlio potrebbe affrontare. Brunori Sas esprime un sentimento simile quando canta:

Vorrei cantarti l’amore, amore / Il buio che arriva nel giorno che muore / Senza cadere / Nella paura di farti male

Qui, il cantautore desidera proteggere la figlia dalle oscurità della vita, ma riconosce anche la necessità di permettergli di fare le proprie esperienze, senza lasciarsi paralizzare dalla paura.

 

 

Il mito di Dedalo e Icaro evidenzia come le esperienze condivise tra padre e figlio possano portare a una profonda trasformazione personale.

Dopo la perdita di Icaro, Dedalo è costretto a confrontarsi con il dolore e le conseguenze delle proprie azioni. Analogamente, Brunori Sas riflette su come la paternità abbia cambiato la sua percezione della vita e del mondo:

E tutta questa felicità forse la posso sostenere / Perché hai cambiato l’architettura e le proporzioni del mio cuore.

 

Gaetano Aspa

 

Fonte: Post Facebook di Nicole Teghini in data 16/02/2025

 

Fine vita diventa legge in Toscana: una scelta di libertà

Si apre un nuovo capitolo sul fine vita in Italia. Lunedì 11 febbraio 2025 la Toscana è la prima regione italiana a garantire l’accesso ai malati al suicidio medicalmente assistito, con tempi e modalità certi. Si tratta della prima legge regionale che, in assenza di una normativa nazione, attua alcune sentenze della Corte Costituzionale.

La legge rappresenta un punto di svolta nel dibattito sui diritti individuali e un passo avanti nell’autodeterminazione dei pazienti affetti da patologie irreversibili e invalidanti.

L’iter legislativo

Accolta da Eugenio Giani, presidente della regione Toscana, come un forte messaggio di civiltà, l’iter legislativo è partito dall’iniziativa popolare “Liberi Subito”. Dopo la raccolta di 10 mila firme promossa dall’associazione Luca Coscioni(associazione nata nel 2002 per difendere le libertà civili e i diritti umani), il Consiglio regionale ha approvato la norma sul fine vita, attuando la sentenza della Corte Costituzionale del 2019. La legge regionale è stata approvata con 27 voti favorevoli (i partiti di centrosinistra che sostengono la giunta regionale guidata dal presidente della regione Giani), 13 contrari ( i partiti di centrodestra)  e un solo astenuto, ossia la consigliera regionale del PD Lucia De Robertis.

Nel 2019 una sentenza della Corte Costituzionale ha dichiarato la non punibilità di chi assiste e aiuta un paziente, tenuto in vita  da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile che sono causa di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, a realizzare autonomamente e liberamente la decisione di porre fine alla propria vita. Tale sentenza, poi confermata con un’altra nel 2024, era arrivata per il caso della morte di dj Fabo, tetraplegico dopo un grave incidente, che aveva espresso la volontà di porre fine alla sua vita. Dal momento che in Italia non era in vigore nessuna legge in merito al fine vita, dj Fabo aveva deciso di recarsi in Svizzera, insieme a Marco Cappato, tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni, dove aveva fatto ricorso al suicidio assistito in una clinica nel 2017.

La legge toscana

Secondo la legge regionale possono accedere alle procedure relative al suicidio medicalmente assistito le persone in possesso dei requisiti indicati dalle sentenze della Corte Costituzionale 242/2019 e 135/2024; «il suicidio assistito è possibile quando la patologia è irreversibile, la persona vive sofferenze psichiche e psicologiche che reputa intollerabili, c’è una situazione di dipendenza da trattamenti di sostegno vitale e il paziente ha la capacità di prendere decisioni libere e consapevoli. 20 giorni è il tempo utile massimo per stabilire se il paziente abbia i requisiti per l’accesso al suicidio assistito. Ad esito positivo saranno 10 i giorni entro cui verranno definite le modalità con cui si concretizzerà la scelta assistita di fine vita, tra cui la scelta del farmaco. Passati questi giorni la norma garantisce, entro sette giorni e con il supporto del sistema sanitario regionale, la procedura.

Nelle scorse settimane in Lombardia è avvenuto il sesto caso in Italia di suicidio assistito di una cinquantenne affetta da sclerosi multipla progressiva da oltre 30 anni. Dopo l’auto-somministrazione di un farmaco letale fornito dal Servizio sanitario nazionale,  la donna è morta nella sua abitazione.

La mia breve vita è stata intensa e felice, l’ho amata all’infinito e il mio gesto di porre fine non ha significato che non l’amassi. Questo l’ultimo messaggio della donna, ormai paralizzata e costretta ad una condizione di totale assistenza continuativa, che ha avuto accesso alla procedura prevista dalla Consulta con la sentenza 242/2019.

Il Laureato: La rivoluzione come unica via di fuga

L’alienazione di un uomo comune. Voto UVM: 5/5

Il laureato (the graduate) è un film diretto dal grande Mike Nichols nel 1967. Il maestro Nichols si basò sull’omonimo romanzo di Charles Webb del 1963. Il film viene tutt’ora considerato tra i più rivoluzionari degli anni 60 e presenta un cast tanto sperimentale quanto potente e innovativo con Anne Bancroft, Katharine Ross ed un giovanissimo e strabiliante Dustin Hoffman. In oltre come co-protagoniste troviamo le iconiche colonne sonore di Simon & Garfunkel con i brani “The Sound of Silence”, “Mrs. Robinson” e “Scarborough Fair”.

LA TRAMA

Il laureato racconta la vita di Benjamin Braddock (Dustin Hoffman) un neolaureato che, una volta ritornato a casa a Los Angeles dopo il college, si rende conto di non saper cosa fare della sua vita. Egli inizierà ad avvicinarsi a Mrs Robinson (Anne Bancrof) la moglie del socio di suo padre. Inizialmente Benjamin si auto convincerà di star proseguendo la strada corretta ma con il passare del tempo e l’arrivo di Elaine (Katharine Ross), la figlia di Mrs. Robinson, il giovane laureato si sveglierà dal suo limbo e tenterà di prendere in mano la propria vita.

L’ALIENAZIONE INARRESTABILE

Il giovane Benjamin, nonostante sia riuscito a completare il suo percorso di laurea con soddisfazioni e successo, si trova a fare necessariamente i conti con una realtà che, grazie a tutti gli impegni della sua vita, era riuscito a chiudere in un cassetto. La pressione di Benjamin, che lo porterà ad alienarsi con la realtà, non si consuma solo all’interno dei suoi dubbi. La sua pressione si fortifica con la presenza dei suoi genitori e della società, che come delle sanguisughe vogliono succhiare via da lui tutto ciò che non riguarda la fantomatica carriera che dovrebbe perseguire.

I DUE MONDI DI BENJAMIN

Benjamin è costretto a vivere con una maschera pirandelliana con tutte le persone con cui si relaziona, vediamo che lui riesce a mettersi a nudo soltanto tramite la sua piscina, immerso in quella vita blu lui riesce ad alienarsi completamente dal mondo; vediamo esplicitamente come l’acqua riesce a separare i due mondi dove vive Benjamin, e che ogni adolescente è costretto a vivere per poter trovare la propria stabilità ovvero quello sociale, dove è costretto a vivere con le persone con cui si sente a disagio, e quello intimo dove lui può vivere solo senza dover dare conto e ragione a qualcuno.

Dustin Hoffman in piscina durante le riprese de Il laureato
Dustin Hoffman in piscina durante le riprese. “Il laureato” (1967) di Mike Nichols. Produzione: Embassy Pictures

MRS ROBINSON: LA PRESUNTA CURA

Come abbiamo già detto, anche se la piscina permette al nostro ragazzo di crearsi una propria vita dove esiste lui e nient’altro che lui, egli stesso si rende conto di non poter vivere in eterno sopra un materassino; ed è qui che entra in gioco la nostra Mrs. Robinson una donna complessa ed intrigante che, per via dell’infelicità del suo matrimonio, riesce ad intrappolare Benjamin all’interno del suo nido di ragno. Inizialmente forse vedeva quel giovane come un passatempo, ma iniziando a vedersi sempre più spesso e confessandosi reciprocamente le proprie frustrazioni, entrambi riescono a trovare nel rispettivo amante la soluzione ai propri mali. Essi sono diventati le loro rispettive medicine. Ma come ogni farmaco prescritto dal medico, le dosi sono necessariamente limitate per non rischiare di avere effetti collaterali opposti. Il segnale divino per far capire ai nostri protagonisti di smettere nel prendere quella pericolosa medicina fu l’arrivo di Elaine. Purtroppo però il foglietto illustrativo dei medicinali non sempre vien letto…

Benjamin e Mrs. Robinson in hotel ne Il laureato
Benjamin e Mrs. Robinson in hotel. “Il laureato” (1967) di Mike Nichols. Produzione: Embassy Pictures

IL GAP GENERAZIONALE E LA RIVOLUZIONE

Benjamin Braddock si fa carico, senza saperlo, della crisi della gioventù in conflitto con le generazioni precedenti. Il giovane laureato non riesce a conformarsi con l’ipocrisia dei propri genitori; egli non riesce a seguire quella strada perché ha bisogno di trovare il suo posto nel mondo. Paradossalmente Benjamin è il ragazzo con la più grande voglia di vivere che però non riesce a sputare fuori o per lo meno non riuscirà mai a farlo da solo. Solo condividendo la sua angoscia con qualcuno riuscirà a farsi strada tra le iene per poter arrivare alla vetta. Elaine, la figlia di Mrs. Robinson, sarà la donna che farà scattare l’allarme dentro Benjamin: finalmente ha capito, lui non potrà morire per mano delle generazioni precedenti, lui vuole diventare il condottiero dei suoi coetanei scaraventando il macigno che imprigionava chissà quanti giovani. Dopo innumerevoli insidie, i 2 giovani innamorati prenderanno il pullman che li porterà verso la rivoluzione.

Benjamin ed Elaine in fuga verso una nuova vita ne Il laureato
Benjamin ed Elaine in fuga verso una nuova vita. “Il laureato” (1967) di Mike Nichols. Produzione: Embassy Pictures

IL MOVIMENTO DEL 68

Precisamente un anno dopo l’uscita in sala del Il laureato, avvengono delle ondate di proteste, principalmente studentesche e operaie, che prenderanno il nome di “Movimento rivoluzionario del 68”. Le proteste si espanderanno a macchia d’olio e dureranno per tutti gli anni 70. La domanda che ci poniamo è, dove fu concepito il malessere giovanile che rivoluzionò gli anni a venire? Sicuramente i fattori politici, economici e sociali non mancarono ma la cosa che più si palesava era la necessità da parte dei giovani di cambiare vita, di staccarsi da quel cordone ombelicale materno che non riescono a riconoscere come proprio ed è in questo contesto che Mike Nichols un anno prima, con “Il laureato” firma la prefazione di una delle più grandi rivoluzioni del secondo dopo guerra.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sanremo: Esibizioni e Pagelle degli inediti

Eccoci nel vivo dell’edizione 2025 di Sanremo, il Festival vede il ritorno di Carlo Conti alla conduzione con la straordinaria partecipazione di Gerry Scotti. Prime serate molto intense partendo dagli omaggi realizzati al maestro Ezio Bosso, a Fabrizio Frizzi e dalla continua presentazione di brani molto variegati. Ecco le esibizioni degli artisti secondo UniVersoMe:

 

Brunori SasCanzone molto toccante e ben scritta, Brunori ha mostrato quello che i suoi fan già conoscono.

Simone CristicchiCanzone intensa e intima su una situazione familiare complessa.

Massimo Ranieri Massimo dimostra di essere ancora o in grado di essere vocalmente elastico.

Lucio Corsi 8- Un brano che va capito, che affronta il tema della diversità e dell’alienazione.

Fedez Ha affrontato un tema che non tutti portano, l’ansia, in chiave rap, riuscendo a farla uscire orecchiabile e trasparente.

Joan Thiele Ciò che ci si aspetterebbe da una artista poliedrica come lei, molto originale, una boccata d’aria fresca all’Ariston.

Achille LauroAchille sguazza nel glam anche quest’anno, con la sua voglia di gioventù

Willie Peyote 7- Ha fatto pezzi più belli ma è sempre lui a mettere un pizzico di politica a Sanremo

Elodie 7- Molto orecchiabile, Elodie è cresciuta molto negli anni e ancora potrebbe dare di più, una canzone che starebbe bene per l’Eurovision.

Shablo feat Guè, Joshua e Tormento 6 1/2  Hanno portato l’old school a Sanremo nel 2025, molto apprezzabile.

The Kolors 6 1/2 Classico brano per l’estate, niente da dire.

Tony Effe 6 1/2  Difficile da inquadrare, sembra volersi pulire la coscienza, scimmiottando Gianni Bismark o Califano.

Rose Villain 6+ Copia spudorata della canzone dell’anno scorso.

Modà 6+ Qualcosa in più, rispetto agli anni passati, Kekko ha dato una buona esibizione nonostante l’incidente sulle scalinate.

Francesca Michielin 6+ Una semplice ballata pop, che ha cercato di arricchire con tecniche di canto graffiato.

Olly 6+  Canzone monotona.

Serena Brancale Canzone afrobeat arricchita dal suo accento particolare, probabilmente la risentiremo spesso alla radio e ai lidi.

Rocco Hunt Sempre nei suoi toni, sempre simile ad altre canzoni che ha portato.

Rkomi Canzone caruccia, anche questa una mezza ballata da radio.

Gaia 6   Esibizione particolare ma forse troppo sulla scia latina di Angelina Mango

Bresh 6   Canzone molto da radio, al solito di Bresh, caruccia.

Noemi 6-  Brava ma niente di che quest’anno, un’altra delle tante ballate.

Giorgia 6-  Canzone abbastanza deludente da parte sua, ci si aspettava di più.

Marcella Bella 5 1/2   Un Inno al femminismo ma poteva venire meglio.

Clara 5 1/2  Meglio dell’anno scorso, molto più sicura di se, ma la solita solfa.

Sarah Toscano 5 1/2  Giovane, ha tanto ancora da imparare.

Irama 5 1/2  Non si stacca dal suo solito stile.

Gabbani 5+ Non particolarmente originale, canzone orecchiabile ma niente di che.

Coma_Cose 5+ Canzone palesemente da hit parade, cacofonica.

 

Giovanni Calabrò