Berlinguer: la grande ambizione – L’uomo oltre il politico

Berlinguer: La Grande ambizione
Berlinguer: la grande ambizione racconta la storia di un partito e di un uomo in maniera oggettiva – Voto UVM 4/5

Berlinguer: la grande ambizione è un biopic di Andrea Segre con protagonista Elio Germano. Presentato in anteprima all’apertura della Festa del Cinema di Roma 2024, ha già superato i tre milioni di incassi al box office. Proprio al festival romano, Germano è riuscito a portarsi a casa il premio come miglior attore, a testimonianza dell’ottima interpretazione portata in scena.

La Grande Ambizione: non solo storia, ma anche società

Il film si ambienta fra il 1973 e il 1978, anni dove il Partito Comunista Italiano vive il suo miglior periodo in termini elettorali. Il protagonista è, come suggerisce il titolo, Enrico Berlinguer, segretario del PCI all’indomani del golpe in Cile contro Salvador Allende. In piena guerra fredda, neanche l’Italia vive tempi sereni: è infatti reduce dai movimenti del ‘68, dove studenti e operai si mobilitarono in massa. Ad aggravare la situazione di inizio degli anni ’70 sono le violenze di carattere politico perpetrate dalle organizzazioni terroristiche. Queste continueranno per tutto il decennio, che verrà ricordato come il decennio degli “anni di piombo”. In questa intricata tela sociale, Berlinguer deve anche riuscire a distaccarsi dell’Unione Sovietica, che vede nel suo modello di stato l’unica via per il socialismo.

Dopo i fatti in Cile, per timore di una deriva antidemocratica anche in Italia, Berlinguer teorizza la sua grande ambizione, il compromesso storico. Capisce che per arrivare al governo non bastano i consensi, ma è necessaria un’alleanza con gli altri partiti sorti dalla resistenza antifascista. Il quadro politico della prima repubblica è infatti influenzato dalla conventio ad excludendum, una legge non scritta che esclude a priori le forze di sinistra dagli accordi di governo. Berlinguer quindi ambisce all’apertura al fine di instaurare un dialogo con i democristiani, altra principale forza popolare, in carica dalla nascita della repubblica.

Berlinguer: La Grande Ambizione
“Un italiano su tre vota comunista!” – Fonte: esquire.com

Nonostante un attentato fallito da parte dei servizi segreti bulgari, con il quale il film si apre, continua comunque imperterrito per la sua strada. Riuscirà pian piano, come vedremo, a separarsi anche pubblicamente dal giogo di Mosca, affermando il partito come forza democratica. Seguendo il segretario nel suo tragitto, incontriamo altri maggiori esponenti del PCI: Pietro Ingrao, Ugo Pecchioli, Nilde Iotti e molti altri. Questi lo affiancano nelle sue visite alle fabbriche popolari o durante i grandi comizi, credendo in Berlinguer tanto quanto credono nel loro ideale politico comune.

Il film però non ci parla solamente del Berlinguer politico. Accanto alla vita politica, c’è quella privata composta dalle figure della moglie Letizia Laurenti e dei quattro figli Bianca, Maria Stella, Marco e Laura. Il ruolo di Enrico si fa quindi duplice: non solo funzionario maggiore di partito, ma anche padre di famiglia e fedele marito. Purtroppo le due vite sono difficilmente sovrapponibili, con la prima che toglie continuamente spazio all’altra con suo grande rammarico. Nei rapporti con la famiglia però la politica non manca affatto: vengono infatti continuamente dibattuti accadimenti e questioni dell’epoca.

La Grande Ambizione: l’altra Italia di Berlinguer

L’Italia raccontata in Berlinguer – La grande ambizione, quella della “prima repubblica”, è sì lo spaccato di una società diversa dalla nostra, ma che non è troppo distante. La differenza più evidente sta proprio nel coinvolgimento popolare nella politica. Questa è molto più partecipata e sentita rispetto ad oggi, a testimonianza del fatto che il tema dell’affluenza è oggi più centrale che mai. Impressionante è ad esempio la scena finale che mostra il funerale del segretario. Il corteo che si forma per rendergli onore è immenso e anche le emozioni viste in sala testimoniano quanto sia cambiata la situazione.

Berlinguer: La Grande Ambizione
Festa dell’Unità di Firenze, 1975 – Fonte: iodonna.it

Berlinguer, come mostrano le scene, si batte fino all’ultimo per un comunismo dal volto umano, volto a portare il volere dei lavoratori in alto. Quando Andreotti, in occasione della formazione del suo terzo governo spera di convincerlo, lui risponde “non è me che dovete convincere, ma i lavoratori”. Attraverso interviste e testimonianze, il film mostra anche un uomo riservato e profondamente etico, che riuscì a conquistare la fiducia di molti italiani. La pellicola invita a riflettere sulla politica di oggi, sull’assenza di figure di simile statura morale e sulla necessità di rinnovamento della società odierna.

Giuseppe Micari

Paris, Texas: quarant’anni di un viaggio nel profondo dell’anima

Paris, Texas
Paris,Texas non è solo un film, è un vero e proprio viaggio. Voto UVM 5/5

Dal 4 Novembre in occasione del suo quarantesimo anniversario è tornato nelle sale italiane Paris, Texas, uno dei capolavori del regista tedesco Wim Wenders. A Messina è stato possibile assistere alla proiezione nei giorni 6 e 7 Novembre al multisala IRIS in collaborazione con il DAMS in sala.

Un cult dai sentimenti contrastanti

Il film narra la storia di Travis, interpretato da Harry Dean Stanton, un’uomo che ha perso tutto ma che, grazie al ricongiungimento col fratello Walt (Dean Stockwell), avrà modo di ritrovare se stesso e la sua famiglia sgretolatasi anni prima, partendo dal figlio, Hunter (Hunter Carson), che porterà con sé alla ricerca della sua amata Jane (Nastassva Kinski) con lo sfondo di un Texas idealizzato, arido ma pieno di vita.

Il genio del maestro si mantiene perfettamente in linea con questo cult del 1984, tre anni prima del capolavoro che ha contraddistinto il cinema di Wenders: Il cielo sopra Berlino. Anche qui al primo posto regnano i sentimenti dei protagonisti, a partire da Travis che dopo svariati anni di follia ritornerà in sé, arrivando al fratello e a sua moglie divisi tra emozioni contrastanti, e al piccolo Hunter, anch’egli in un primo momento diffidente e poi felice di aver ritrovato il suo vero padre.

Paris, Texas. Wim Wenders 1983/84
Fonte: Cineteca Bologna

Paris, Texas, quando l’amore diventa una città fantasma

Con Paris, Texas, Wim Wenders è riuscito a mettere perfettamente in pratica ciò che diceva Antonioni, ovvero che l’atto di guardare e l’atto di fare cinema sono esattamente la stessa cosa. Quello che sicuramente esalta all’occhio in questo film infatti è proprio il mix di colori e immagini che il regista tedesco è riuscito a creare attraverso il montaggio.

E’ infatti un’atmosfera tutt’altro che claustrofobica quella che si respira in questo colorato ed emozionante film dove l’amore diventa letteralmente una città fantasma, Paris in Texas appunto,  dove la città lascia spazio al deserto.

Paris, Texas (Wim Wenders; 1983/1984)
Fonte: Cineteca Bologna

Il DAMS in sala colpisce ancora con Paris, Texas

Come sempre il progetto del DAMS in sala, che riporta sul grande schermo intramontabili cult, ha fatto in modo che anche questo capolavoro, considerato introvabile, tornasse nelle sale a ricordarci che c’è stato un periodo in cui il cinema e le storie raccontate sul grande schermo riuscivano veramente ad emozionare e talvolta commuovere. Con Paris, Texas succede proprio questo, sebbene già al suo esordio fu definito un capolavoro.

Artefice di queste grandi occasioni è la figura di Umberto Parlagreco, direttore del multisala IRIS, che sposando questo progetto in collaborazione con il DAMS di Messina permette al pubblico di scoprire grandi cult della storia del cinema poco conosciuti o addirittura dimenticati, così è stato col capolavoro di Wim Wenders, un film che è un emozione pura.

Questa nuova stagione organizzata dal DAMS in sala non è che all’inizio ed aspetta tutti gli appassionati di cinema al multisala IRIS a Messina!

 

 

Rosanna Bonfiglio

Marco Castiglia

Dismorfia

Addormenta il riflesso
Circe sconsolata.
Racconta il silenzio,
la sera inturgidita
e la foce del fiume,
il conseguente annegamento.

E aspetto la marcia di Ofelia,
ma serbo, nella croce del petto,
uno stagno di mercurio.

Nella mia stanza,
fuggo la traiettoria delle pupille
tra due ante d’armadio.
Quando infine inchiodo le palpebre,
seppellisco ogni tellurico ologramma

ma tutta la notte
trasudo veleno
strozzata
da lenzuola di lino.

Bruciato il capo
dai primi barlumi,
lo specchio non sa il mio nome.

 

Chiara Tringali

 

 

Immagine in evidenza: illustrazione di Marco Castiglia

Il Gladiatore 2 è l’ennesimo flopbuster?

Il Gladiatore
“Il Gladiatore 2 è un’operazione azzardata di cui forse non c’era davvero bisogno, con uno sviluppo piuttosto prevedibile e abusi di cgi, ma al di là degli scivoloni, ha la stoffa di campione d’incassi anche grazie al suo cast stellare.” Voto: 3/5

Ventiquattro anni dopo l’uscita de Il Gladiatore, Ridley Scott consegna al pubblico il seguito del peplum che ha definito la sua carriera e ha ispirato blockbuster del calibro di Troy e videogiochi come God of War, e non per nulla vincitore di 5 premi Oscar nel 2001. 

Si affida a un cast stellare: Paul Mescal, Pedro Pascal, Denzel Washington, Connie Nielsen e Joseph Quinn sono sicuramente nomi di grande attrattiva per il pubblico, infatti Il Gladiatore 2, è uscito solo il 14 novembre scorso ed è già leader dei box office mondiali. Ma c’era davvero bisogno di un sequel?

Sinossi

Anni dopo aver assistito alla tragica morte di Massimo Decimo Meridio per mano  di Commodo, Annone si trova a combattere nel Colosseo come bottino di guerra del generale Acacio, fidato degli imperatori gemelli Geta e Caracalla. Come Massimo, ciò che cerca è la vendetta, e con il destino dell’Impero appeso a un filo, riscopre nel suo passato la forza e l’onore necessari per riportare la gloria di Roma al suo popolo e vincere i giochi di potere dilaganti nella politica imperiale.

Denzel Washington: il suo Macrino è il self made man del sogno americano

In tutta onestà, sembra che ci sia solo un personaggio a muovere davvero la narrazione: il Macrino di Washington è il personaggio più eversivo della pellicola.

Macrino è la personificazione del “sogno di Roma” e parallelamente il self made man del “sogno americano”: partito dalla servitù e arrivato al consolato. Questo parallelismo sottile tra i subdoli giochi di potere della Roma antica e la politica statunitense odierna, effettivamente, aleggia per tutto il film, e l’interpretazione di Washington odora già di Oscar.

Il Gladiatore
Denzel Washington in una scena de “Il Gladiatore 2” di Ridley Scott, Eagle Pictures (2024)

Il Gladiatore 2 : ennesimo “flopbuster” per Ridley Scott?

Per tutto il Gladiatore 2 riecheggia un grido di rivoluzione, ma mai si era vista una rivoluzione tanto semplice: gli imperatori si spodestano praticamente da soli, Annone si convince del suo destino nel tempo di un cambio di scena, Acacio e Lucilla mettono in atto un colpo di stato approssimativo, iniziato e fallito nel giro di pochi frame.

Per il resto, la pellicola è piuttosto prevedibile, tra usi e abusi di CGI nelle scenografie, scimmie mangiatrici di uomini, squali che nuotano nel Colosseo, un Acacio che muore martire alla San Sebastiano, interi eserciti che si fermano ad osservare inermi il duello finale, “legge del più forte” e massime morali. La scelta di rappresentare un oltretomba medievale contrasta col contesto. Vediamo una morte incappucciata raggiungerlo in una sequenza subacquea che, a dire la verità, sembra un p0′ una pubblicità. Forse preferivamo il sogno di Roma quando era ancora un sogno.

Il Gladiatore
Una scena dal film “Il Gladiatore 2” di Ridley Scott (2024)

I veri eroi del Gladiatore 2 stanno dietro la cinepresa

Al di là degli scivoloni, truccatori e costumisti risultano impeccabili e condividono grandi meriti con gli scrittori .

In mancanza di un catalizzatore forte come il Massimo Decimo Meridio di Russell Crowe, si è giocato molto sulla moltiplicazione: le caratteristiche prima proprie solo di Massimo, sono qui distribuite tra Annone e Acacio. Anche Commodo viene duplicato attraverso Geta e Caracalla. 

Il film è sia speculare che antitetico a quello originale, che finiva nei Campi Elisi con la mano di Massimo che accarezza le spighe di grano, qui invece quel grano è stato raccolto da Annone e simboleggia il passaggio di testimone tra padre e figlio. 

I colori sono ad alto contrasto: dal giallo ocra della Numidia all’oro e al nero che circonda le facce pallide degli imperatori in Senato. La scelta di rappresentare le naumachie che, per davvero, avevano luogo nel Colosseo ai tempi del fasto di Roma e le citazioni intrise di letteratura classica, sono poi delle chicche che, squali a parte, meritano plauso.

Il Gladiatore
(da sinistra) Pedro Pascal e Joseph Quinn in una scena de “Il Gladiatore 2” di Ridley Scott, Eagle Pictures (2024)

C’era davvero bisogno di un sequel de “Il Gladiatore”?

Si tratta di un’operazione azzardata di cui forse non c’era davvero bisogno, ma che si allinea con la tendenza dell’ultima fase della carriera di Scott: con House of Gucci e Napoleon, il regista resta sempre in equilibrio sul sottilissimo confine tra epico e ridicolo volontario. 

Dopotutto, segue anche il vizio più recente tra i prodotti hollywoodiani: l’industria dell’intrattenimento americana non si è mai davvero ripresa dalla “existential crisis” cominciata con la pandemia, che è diventata quella di un modello economico intero e di una Hollywood che prende sempre di più le sembianze di un’industria qualsiasi. Al momento, proporre soggetti nuovi resta un rischio, e perciò si punta sul riproporre nuove avventure di personaggi già noti, di flopbuster in flopbuster.

Ma in fondo, a Hollywood funziona così da sempre, un periodo di crisi è allo stesso tempo conseguenza e premessa di una serie di successi, dopo una vecchia Hollywood ne verrà sempre una nuova e la ricchezza generata dal cinema commerciale, finanzierà quello artistico. 

 

Carla Fiorentino

Longlegs: Un horror disturbante con un inquietante Nicolas Cage

Parthenope
Longlegs, un horror disturbante con un magistrale Nicolas Cage. – Voto UVM: 5/5

Longlegs, l’ultima fatica cinematografica del regista Oz Perkins, è un horror disturbante e a tratti subdolo che si eleva dallo standard del genere anche grazie ai suoi protagonisti. Un ritrovato Nicolas Cage registra un’interpretazione magistrale.

Longlegs: Trama e personaggi

Lee Arker (Maika Monroe), giovane agente dell’ FBI dotata di grande intuito ma di poca esperienza, si trova ad indagare su di una serie di omicidi-suicidi avvenuti nell’Oregon degli anni 90. La dinamica degli omicidi è sempre la stessa: il capofamiglia in un raptus omicida fa fuori tutti prima di togliersi la vita. La costante? Le figlie femmine compiono gli anni il 14 del mese e sul luogo del delitto si ritrovano dei messaggi incomprensibili firmati dal killer Longlegs. Grazie al suo sviluppato intuito Lee riesce a decifrare i messaggi criptati e a segnare una svolta nelle indagini, che la porterà presto a scoprire un profondo e oscuro legame tra lei e il killer, interpretato da Nicolas Cage.

Tra parallelismi e omaggi: Longlegs trova presto la sua autenticità

Longlegs nella sua trama, omaggia grandi pellicole come Il silenzio degli innocenti e Zodiac. Chi è amante del genere non potrà non notare il parallelismo tra la giovane Lee e Clarice, protagonista del cult di Jonathan Demme, interpretata da Jodie Foster. Il Longlegs di Nicolas Cage è per Lee quello che erano Hannibal Lecter e Buffalo Bill per l’agente Clarice. E come non rivedere nei messaggi oscuri del killer ciò che muove Zodiac, il serial killer dello zodiaco. Ma Longlegs è molto di più di un omaggio a grandi pellicole, trova la sua identità in un mix di generi e in una meta-narrazione che va oltre a ciò che vediamo.

Un film disturbante come il killer di Nicolas Cage

La pellicola si prende i suoi tempi per costruire la storia e, minuto dopo minuto, la tensione cresce sempre di più in uno sfondo austero e inospitale. A far crescere la tensione e a rendere disturbante la pellicola ci pensa Nicolas Cage con la sua interpretazione. Che l’attore fosse tornato a recitare a grandi livelli lo si sapeva già dai tempi di “Pig“, ma qui pur con un minutaggio ridotto ci regala una grandissima performance. Il suo killer satanista, disturba lo spettatore sin dalla sua prima apparizione che avviene nel primo minuto del film. I colori del viso quasi albini, la voce tirata e un vestiario da cantante anni 80 si miscelano a delle espressioni facciali che rendono il Longlegs di Nicolas Cage disturbante alla sola vista.

Frame di “Longlegs”. Regia: Oz Perkins. Distribuzione: C2 Motion Picture Group.

Longlegs, quando la regia fa la differenza

Il vero punto di forza nella pellicola di Perkins, oltre le interpretazioni dei suoi protagonisti, è la regia. Il regista ha saputo usare egregiamente la macchina da presa e la fotografia per uscire dello schema dell’horror mainstream. Non sono i Jump scare ad inquietare, ma i piani decentrati, gli zoom lenti e inarrestabili e il sonoro che accompagnano la protagonista Lee ad inquietare lo spettatore e a tenerlo sempre costantemente con la sensazione che stia per accadere qualcosa. I primi piani poi sono fondamentali per mostrare emozioni e stati d’animo come quelli della giovane Lee, che finiscono per inquietare lo spettatore.

Una meta-narrazione celata nell’horror

La pellicola presto mette in mostra l’importante rapporto tra Lee e sua madre e il collegamento di queste con il killer Longlegs. E dietro una storia che nel suo terzo atto prende definitivamente la via dell’horror occulto, si cela una descrizione meta narrativa del rapporto madre e figli. Cosa è disposta a fare una madre per propri figli? C’è un limite o è anche ammesso vendere l’anima al diavolo? E quanti traumi del passato ci portiamo inconsapevolmente per poi tirarli fuori quando meno ce lo aspettiamo? Longlegs è anche questo, una riflessione sull’inconscio umano e sui rapporti d’amore familiari.

 

Un horror diverso per un cinema diverso

Negli ultimi anni il cinema hollywoodiano ha trovato forza nel genere horror. Ma sono fin troppi i film che nonostante le buone intenzioni finiscono per essere qualcosa di visto e rivisto. Trama lineare e nessuna inquietudine, solo adrenalina creata dai numerosi Jump scare ormai facilmente prevedibili. Ed è questa la forza di Longlegs, che sceglie una via più difficile, scelta negli ultimi anni anche da altre pellicole come It Follows e Hereditary. Perkins fa la scelta vincente di scegliere l’inquietudine e il simbolismo come motori della sua pellicola che solo verso la fine del terzo e ultimo atto si ricollega, almeno in parte, ai topos del genere hollywoodiano quali possessione e occultismo.

Frame di “Longlegs”. Regia: Oz Perkins. Distribuzione: C2 Motion Picture Group.

L’horror più spaventoso degli ultimi tempi?

La campagna marketing Usa di Longlegs è stata davvero aggressiva. La pellicola che vede Cage nel ruolo dell’omonimo killer satanista è stata pubblicizzata come l‘horror più spaventoso degli ultimi tempi, ma difficilmente può essere definita in questo modo. Ciononostante va riconosciuta la bellezza dell’operato di Perkins, Cage e Monroe e questa pellicola va riconosciuta come una delle meglio  girate del genere horror degli ultimi anni e come una delle migliori pellicole del 2024.

 

 

Francesco Pio Magazzù

6 Miglia

A Te che tendo la mano e con me il porto

Io con una barca t’inseguo e il cuore ti porgo

Con le onde ti chiamo e ti dono un tramonto

Mi ci specchio e sorrido,
ti dedico Alba, principio del mondo

Poi abbraccia il mare, gli scogli, e con la tua luce mi avvolgo

Più forte ti stringo,
spuma marina, ricordi ricolgo

Tra Noi riecheggia un canto nel tempo, l’eco dei mostri

Nei timori nascosti,
tuoni di dei agli orizzonti,
eroi astuti dai mille racconti

Noi fili di finti intrecci infiniti,
frammenti di istanti,
di correnti e rimpianti

Arazzi dai nomi parlanti,
colori danzanti.
Radici urticanti
riuniscono animi infranti

E dall’altro ramo ti guardo
e nell’abisso mi specchio
mentre la sera nelle tue luci mi perdo

‘Vivi!’ mi dicesti,
con gli occhi del Sole
Luna piena
dei nostri sogni,
del nostro amore

“Presso me!” mi rispondesti
e navigammo a largo
perché come la Creazione approdasti
sulle mie spiagge dentro gli occhi d’argo

Fatamorgana, specchio de l’anima mia
in te ritrovai sprone e poesia
Fuoco greco intangibile,
dicesti “amare è pura magia”

Ma ora siamo divisi da un romantico mare,
e tu mi rubasti l’anima senza chieder permesso, tu
accompagnata dalle stelle la notte con la voglia d’amare
con te, ogni dubbio appeso scompare

Flebile tocco continuai a sperare,
dovrà la terra nuovamente tremare
per un bacio rubato
a l’empio fato.

 

-Luna & Sole

V per Vendetta: ricordate per sempre il cinque Novembre

V per Vendetta rimane, anche dopo anni, un’opera d’importanza capitale.  Voto UVM: 5/5

V per Vendetta è una delle graphic-novel più famose e importanti di sempre, scritta da Alan Moore e disegnata da David Lloyd. Essa si lega profondamente agli eventi del cinque Novembre. Essendo una data passata da poco, non vedo perché il ricordo, tanto dell’opera, quanto della data, debba col tempo sbiadirsi.

La storia del cinque novembre

Nel 1605, in Inghilterra, un gruppo di cattolici inglesi provò a fare esplodere il Parlamento nel suo primo giorno di lavori, il cinque novembre. Il movente nasce dalle tensioni tra cattolici e anglicani, e in particolare l’intolleranza di Giacomo I verso i primi. Fu per questo che un pugno di uomini, guidati da Guy Fawks, ordì il “complotto delle polveri”, ossia appunto un tentativo di far detonare ingenti quantità di esplosivo sotto il Parlamento inglese mentre il re e i suoi fedeli erano in seduta. Il complotto fallì, poiché Fawks venne catturato dalle guardie la sera prima dell’attuazione, nei sotterranei del parlamento. Il congiurato venne poi torturato per alcuni giorni e, alla fine, cedette e confessò, per poi venire giustiziato insieme ai suoi complici. Nel mentre, Giacomo I decise però di festeggiare il mancato attentato, e così nacque quella che tutt’oggi è la bonfire night.

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Copertina dell’absolute edition di “V per Vendetta”. Fonte: Feltrinelli

V per Vendetta: Un altro cinque novembre

Londra, cinque novembre 1997: la giovane orfana Evey, costretta dalla fame, cerca di adescare degli uomini. Tuttavia, incontrerà degli agenti di polizia, i quali cercheranno di violentarla e ucciderla. A salvarla, però, arriva un misterioso personaggio, avvolto in abiti e mantello nero, e con la maschera di Guy Fawks. Il misterioso salvatore uccide i poliziotti e porta con sé Evey sui tetti di Londra, per mostrarle uno spettacolo unico: l’esplosione del Parlamento inglese. Qui ha inizio la vendetta di V, questo il modo in cui l’uomo mascherato si farà chiamare per tutta la storia; bersaglio di questa vendetta, è tutto il regime fascista che da anni governa l’Inghilterra, stretta nel pungo del partito Norsefire, Fuoco norreno in italiano, il quale prese il potere in seguito alla guerra atomica e alle molteplici crisi che ad essa sono seguite.

La struttura politica del potere

L’organizzazione del partito è così strutturata: leader e capo della nazione, è Adam Susan, il quale governa con l’aiuto del supercomputer Fato. loro sono il vertice della Testa, che si compone di vari organi: Orecchio, Occhio, Bocca e Naso, ognuno con uno specifico compito nella gestione del potere, nella sorveglianza e nella propaganda. A questi, si aggiunge il Dito, la polizia segreta. Contro quest’articolata rete di potere, il terrorista nome in codice “V” combatte la sua guerra: colpirà bersagli specifici, legati al suo oscuro passato, taglierà poco a poco la catena di comando del partito, e lentamente farà crollare la dittatura su sé stessa. Ad aiutarlo rimarrà Evey, che sarà condotta alla Galleria dell’ombra, il rifugio segreto di V, dove verrà istruita proprio da quest’ultimo per assumere sulle spalle un compito più grande di lei.

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V fa esplodere il parlamento. Fonte: Reddit

Potere, anarchia e simboli in V per Vendetta

V per Vendetta ha una trama molto articolata e stratificata. Segue le vicende di vari personaggi e la vicenda di un sistema politico che lentamente viene portato al collasso. Il potere è il tema centrale della narrazione, forma di oppressione operata dall’autorità politica sui cittadini. Del potere vediamo vari modi di operare: potere sul corpo, biopotere, esercitato nei campi di prigionia del regime potere disciplinare, come quello di Larkhill, fondamentale per la trama. Potere sulle menti, psicopolitica, dei cittadini, che sono sottoposti alla continua propaganda della Bocca, e sono imprigionati quindi in una gabbia mentale; il potere della sorveglianza, in mano a Occhio e Orecchio; il potere esercitato dagli algoritmi, o algocrazia, ossia una dittatura con gli algoritmi. Al vertice della catena di comando troviamo  un uomo che venera un supercomputer. Da contraltare al potere, però, persiste l’anarchia, nel nome della quale si batte V. Essa però, come spiega lo stesso protagonista, non va intesa come assenza di regole o di ordine, l’anarchia è l’assenza di capi. Inoltre, a completare il trittico dei temi principali, c’è anche quello delle idee, e dei simboli a esse legati, e della lotta che in loro nome si è disposti a ingaggiare.

Molto più di un fumetto

Alan Moore non si limita a raccontare la storia di un eroe che si scaglia solitario contro un potere opprimente. Egli cerca proprio di scavare a fondo delle questioni anche di un certo livello, e sulle quali le società umane hanno sempre dibattuto. E ciò avviene anche in altre opere dell’autore, come Watchmen. A mio avviso, potremmo definire i fumetti di Moore come dei “fumetti filosofici“.

 

Alberto Albanese

La creatura di Gyeongseong, ancora qualità dalla Corea del Sud

La Creatura
Un meraviglioso connubio di Horror e Romance. Voto UVM 5/5

La creatura di Gyeongseong è una serie tv sudcoreana sbarcata recentemente su Netflix e che nel 2024 ha presentato la sua seconda stagione. È una serie che ha catturato l’attenzione degli spettatori non solo coreani ma internazionali, in quanto tratta di vari generi quali horror, fantasy, drama storico e romance.

Serie che oltre ad avere vari generi cinematografici tratta temi importanti come l’indipendenza coreana dai giapponesi e la sperimentimentazione umana. La Creatura di Gyeongseong è una di quelle serie che ti regala infinite emozioni, da farti appassionare a 360 gradi. Insegna valori come la libertà, di cui oggi si discute spesso, la famiglia (riportato dal protagonista Jang  Tae-Sang il quale si lega ai suoi dipendenti come fossero membri di una famiglia), l’amore, qui creatosi lentamente tra Jang Tae-Sang e Chae-ok, il segugio che aiuterà il protagonista nelle ricerche di Myeong- Ja, l’amante del generale Ishikawa.

La creatura di Gyeongseong: Trama

Primavera 1945, Gyeongseong (nome storico di Seoul) è sotto l’occupazione giapponese. Jang Tae-Sang, proprietario della Casa dei Tesori d’Oro, il banco dei pegni più redditizio della città, insieme a Yoon Chae-ok, una ragazza alla ricerca della madre scomparsa, affrontano una strana creatura nata dagli esperimenti biologici condotti in segreto nell’ospedale Ongseong. La serie è costellata di scene d’azione, dove si nota come protagonista anche la madre di Chae-ok che poi si rivelerà una creatura terrificante in grado di sprofondare  fino alle viscere della propria vittima. Questa creatura si nutre dei cervelli delle proprie vittime ed è in grado di sterminare anche centinaia di persone allo stesso tempo.

Ma qual è l’origine della creatura? Ebbe tutto inizio tramite un batterio trovato nel sottosuolo coreano di Gyeongseong, preso dai soldati giapponesi e poi analizzato e conservato nell’ospedale di Ongseong. Questo batterio analizzato, poi diverrà un verme acquatico somministrato ai vari prigionieri che avrà delle ripercussioni sui loro corpi. I personaggi principali sono in continua lotta con se stessi quasi sul punto tra la vita e la morte e un continuo cadere di fiori di ciliegio scandisce il loro tempo, freneticamente percorso da emozioni radicate e opposte. Le loro vite sono appese ad un filo teso in grado di spezzarsi facilmente. Jang Tae-Sang ha tempo finché l’ultimo fiore di ciliegio sarà caduto per salvare la sua vita e tutto ciò che gli appartiene.

La Creatura
Fonte: Netflix

Prima Stagione

La prima stagione si basa sulla metamorfosi ma soprattutto vediamo come l’amore di una madre riesce a sopportare di tutto e allo stesso tempo proteggere la figlia amata dandole l’opportunità di vivere ancora. La fantasia di una serie che si mescola con la realtà della vita, tanto che ci si immedesima al tal punto di essere catapultati dentro la serie e vivere quello che sono costretti a sopportare i protagonisti di questa serie fantasy.

Sia nella prima stagione sia nella successiva tutte le situazioni si intrecciano in un’unica scacchiera dove a muoverne le pedine è un solo personaggio, il quale si saprà rivelare complesso, turbolento e con una mente astuta, ma tuttavia in grado di farsi mettere i bastoni fra le ruote facilmente.

Seconda Stagione

Nella seconda stagione vedremo la comparsa di nuovi personaggi, fondamentali per la comprensione delle nuove dinamiche. Inoltre si dà uno sguardo indietro alla stagione precedente, spiegandone i fatti con un’altra prospettiva. Sarà questo duplice punto di vista ottenuto da questo momento, ad arricchire i personaggi e a renderli complessi e particolari. La stagione è un continuo di alti e bassi tra enigmi che riempiono di mistero e suggestione la trama, la quale, sì, cerca di innestare una dose di romance per distaccare il pubblico dall’azione, ma non eccessivamente per non annoiare.

La Creatura
Fonte: Netflix

Le riflessioni de La creatura di Gyeongseong

La conclusione dell’ultima stagione ci porta a dubitare se il nostro protagonista riuscirà a salvare la sua vita e quella delle persone che ama e su cosa succederà alla co-protagonista Chae-ok. Riuscirà a vivere una vita felice con Jang Tae-Sang? Tutto può ancora succedere, quindi non vi resta che guardare questa fortunata serie Netflix che ha appassionato milioni di persone, e scoprirlo.

 

Chiara Trifiletti

Julia Roberts: ascesa di una Diva

Consacrata alla celebrità dalla pellicola Pretty Woman, l’attrice statunitense Julia Roberts, che ha incantato generazioni con il suo sorriso e il suo carisma, ha appena celebrato i suoi cinquantasette anni.

Nascita di una promessa

La Roberts nasce il 27 ottobre del 1967 ad Atlanta in Georgia da una famiglia della middle class. Suo padre un rappresentante di aspirapolveri e sua madre una segretaria. Cresce in una famiglia amante del teatro e del modo della recitazione. Al diploma decide di raggiungere suo fratello Eric a New York, che iniziava a muovere i primi passi nella recitazione. Nella Grande Mela la giovane Julia sfila in passerella, lavora in una gelateria e da un calzolaio.

Julia Roberts agli albori della carriera

Incoraggiata da Eric tenta l’audizione per la pellicola Firehouse (1987) di J. Christian Ingvordesen, ottenendo un piccolo ruolo di comparsa. Otterrà invece il ruolo da protagonista in Legami di Sangue, uscito nella sale nel 1989. Recita insieme all’attore italiano Gianfranco Giannini e al fratello Eric. Arriva il decollo della carriera per la giovane attrice e ottiene ruoli via via più rilevanti. A differenza di suo fratello Eric gestisce fama e successo. Eric infatti verrà assorbito dal lusso di Hollywood, mentre al contrario la sorella rimane salda su valori come sobrietà durante le scene, non sentendosi a suo agio in scene di nudo nei film.

Julia recita intanto in Satisfaction (1989), grazie al quale ottiene un ruolo in Fiori d’Acciaio (1989) dove interpreta un personaggio intenso e profondo. Sfiora l’Oscar.

Julia Roberts
Julia Roberts. Fonte: Sky

Il decollo di Julia Roberts e gli anni ’90

Il regista Gary Marshall la sceglie per il ruolo che la consacra al grande pubblico, Pretty Woman, interpretando la parte di una prostituta di cui il miliardario americano, interpretato dal già celebre Richard Geere si innamorerà. Le copertine dei giornali di tutto il mondo mostrano il suo sorriso dolce e spontaneo e al tempo stesso semplice. In questo periodo, diventa protagonista di opere fondamentali come I protagonisti (1992) di Robert Altman, dove dimostra la sua abilità nell’interpretare ruoli complessi. Il thriller Il rapporto Pelican (1993) di Alan J. Pakula, consolida ulteriormente la sua reputazione. La sua collaborazione con registi di prestigio, come Altman e Woody Allen (Tutti dicono I love you, 1996), è un segno della fiducia che il mondo del cinema ripone in lei.

Il 1997 segna un punto di svolta decisivo con la commedia romantica Il matrimonio del mio migliore amico. Julia interpreta una donna che si ritrova a competere per l’amore del suo migliore amico, accanto a Cameron Diaz e Rupert Everett, che offre consigli saggi e spiritosi. Questo film non solo la porta alla ribalta, ma diventa anche un classico del genere.

Il suo successo prosegue con Ipotesi di complotto (1997), Nemicheamiche (1998), una commedia con Susan Sarandon. La chimica tra le due attrici risulta irresistibile e il film diventa un grande successo. Non si può dimenticare il fortunato ritorno con Richard Gere in Se scappi, ti sposo (1999), sempre diretto da Gary Marshall, che consolida ulteriormente il suo status di regina delle commedie romantiche.

Gli anni ’00 e la pausa dai riflettori

Un traguardo fondamentale arriva con l’Oscar per Erin Brockovich – Forte come la verità (2000).  La sua performance potente e carismatica le consente di vincere l’Oscar come miglior attrice protagonista, un riconoscimento che celebra non solo il suo talento, ma anche la sua capacità di rappresentare personaggi forti e resilienti.

Dopo una rinnovata consacrazione dell’Oscar, Julia Roberts si dedica a una serie di progetti ambiziosi. Recita nella commedia I perfetti innamorati (2001), con Catherine Zeta-Jones, e partecipa a blockbuster come Ocean’s Eleven – Fate il vostro gioco (2001) e il suo seguito Ocean’s Twelve (2004), entrambi diretti dal suo amico Steven Soderbergh.

Nel 2003, si trasforma in un’insegnante anticonformista in Mona Lisa Smile di Mike Newell, dove esplora temi di emancipazione femminile e valori tradizionali. Continua a brillare interpretando ruoli versatili come l’amante di Chuck Barris nel film d’esordio alla regia di George Clooney, Confessioni di una mente pericolosa (2003), e una fotografa ambigua in Closer (2004) di Mike Nichols. Dopo un periodo di pausa dalla vita pubblica, Julia riprende la carriera nel 2007 con La guerra di Charlie Wilson di Mike Nichols, affiancata da Tom Hanks.  Continua a esplorare ruoli diversificati, in film come Duplicity (2009) e Mangia, prega, ama (2010), dove affronta tematiche di ricerca interiore e crescita personale.

Julia Roberts
Julia Roberts, Fonte: Lei

Gli anni ’10

Nel 2012, Julia interpreta la Regina Cattiva in Biancaneve di Tarsem Singh, un ruolo che le consente di mostrare una faccia diversa del suo talento. I segreti di Osage County (2013) le frutta nominations come miglior attrice non protagonista ai BAFTA, ai Golden Globes e agli Academy Awards.

Negli anni recenti, Julia continua a collaborare con registi di talento come Jodie Foster e Billy Ray, recitando in film come Money Monster (2016) e riunendosi con Gary Marshall per Mother’s Day (2016). La sua versatilità e il suo impegno la portano a interpretare una madre combattiva in Ben is Back e in Wonder (2017), tratto dal romanzo di R.J. Palacio, che esplora temi di accettazione e amore familiare.

Le prospettive attuali della diva Julia Roberts

Nel 2022, Julia è co-protagonista con George Clooney in Ticket to Paradise, dimostrando ancora una volta di essere una presenza di grande rilievo nel panorama cinematografico moderno. Con una carriera che continua a espandersi, Julia Roberts rimane un simbolo di talento, resilienza e versatilità, incantando il pubblico di generazione in generazione. La sua capacità di affrontare ruoli sfidanti e la sua dedizione al mestiere la rendono una delle attrici più rispettate e amate di tutti i tempi.

 

Marco Prestipino

 

 

Dracula – L’icona dell’horror tra letteratura e cultura popolare

Chi è il Conte Dracula?

Dal romanzo di Bram Stoker del 1897, il Conte Dracula è diventato un vero e proprio mito del genere horror. Un personaggio enigmatico che incarna le paure dell’epoca vittoriana, catturando l’immaginazione di generazioni di lettori.

Ma cosa rende Dracula così affascinante?

Parte del suo successo deriva dalla sua natura duale di mostro e seduttore, e, in particolar modo, dal suo profondo legame con la tradizione folcloristica dei Paesi dell’Est Europa.

Le origini di questa figura sono, però, molto più remote: il vampiro ha terrorizzato l’umanità sin dai tempi antichi.

Scrittori come Eschilo, Omero e Orazio ne fecero menzione. Per i Greci era considerato una vera e propria maledizione. Nel Medioevo, si usava esorcizzare le spoglie di chi era sospettato di vampirismo, praticando rituali che prevedevano l’inserimento di un punteruolo nel cuore.

È probabile che l’opera di Stoker prenda ispirazione da una paura generalizzata e profondamente radicata nei confronti del vampiro. Questa figura inquietante non rappresenta solo un mostro, ma incarna anche tematiche universali. Il Conte Dracula è, infatti, una potente metafora di transizione, situato al confine tra vita e morte.

La sua presenza misteriosa e trasgressiva invita a confrontarsi con le paure di un’epoca in rapido cambiamento, divenendo un simbolo estremamente complesso.

 

Vlad III Dracula

Ma è tutta finzione? In realtà, la figura di Dracula è legata a vari personaggi storici, in particolare a Vlad III Principe di Valacchia. Egli prese il soprannome di Draculea dal padre, noto come Dracul per il suo legame con l’ordine del Drago. Tuttavia, nella mitologia rumena la figura del drago non esisteva e il termine Dracul designava il diavolo.

Vlad III si distinse per la sua spropositata crudeltà. Dalle cronache dell’epoca è raffigurato come un torturatore che beveva il sangue delle sue vittime. Durante i tre periodi in cui regnò, per un totale di sette anni, condannò a morte oltre 100.000 persone, la maggior parte dei casi per impalamento.

 

Vlad III, Principe di Valacchia
Vlad III, Principe di Valacchia

Il romanzo di Bram Stoker

Il romanzo di Bram Stoker è raccontato attraverso lettere e diari. In particolare, quelli di Jonathan Harker, il quale si reca in Transilvania per un affare con il Conte Dracula.

Nonostante gli avvertimenti degli abitanti, Harker incontra Dracula, che si mostra inizialmente ospitale. Ben presto, però, realizza di essere prigioniero nel suo castello e parte del piano diabolico del suo padrone. Il Conte Dracula è un vampiro con poteri soprannaturali ed intende andare a Londra per trovare nuove vittime e creare un esercito di vampiri.

In una lotta per mettere fine al suo piano di vampirizzazione, i vari personaggi si susseguono fra le pagine dando vita al primo romanzo horror nella storia della letteratura. Oscuro, voluttuoso e venato di gotico, il Conte Dracula è, infatti, iniziatore del genere.

Dracula, 1931
Dracula, 1931

Oggi

Il romanzo contribuì ad accrescere la popolarità di questo personaggio, rendendolo uno dei simboli dell’ horror più conosciuti a livello mondiale. Ne seguirono numerose rappresentazioni cinematografiche. La prima risale al 1922. La più  fedele al romanzo è quella del 1992, diretta da Francis Ford Coppola.

Oggi, Dracula non rappresenta solo un personaggio di finzione, ma un vero e proprio fenomeno culturale che continua a risuonare nel tempo.

Nonostante la sua peculiarità sia il legame con personaggi storici e tradizioni folcloristiche, questa figura è capace di reinventarsi ed adattarsi ad ogni periodo storico grazie ai temi universali che affronta.

 

Fonti:

https://www.storicang.it/a/vlad-limpalatore-luomo-dietro-dracula_15840

https://www.studenti.it/dracula-bram-stoker-leggenda-trama-personaggi-analisi-libro.html

 

Antonella Sauta