Vice – L’uomo nell’ombra

L’ascesa politica di Dick Cheney. Voto UvM: 4/5

 

 

 

 

Il potere? Non sempre si mostra in quelle forme spettacolarizzate che ci si potrebbe aspettare.

Il vero potere sta nell’ombra, non si espone, cresce silenziosamente e si insinua in ogni falla del sistema potenzialmente sfruttabile.

Il vero potere è subdolo, ipocrita, opportunista, segue trame e sentieri volutamente ambigui e celati agli occhi dei più.

È questa la verità che Adam McKay mostra con il suo ultimo biopic dal titolo “Vice”, vincitore della statuetta come miglior trucco agli Oscar 2019 e candidato ad altri sette Golden Globe.

Scandito dalle straordinarie interpretazioni di Christian Bale (Dick Cheney) ed Amy Adams (Lynne Cheney), Vice racconta con toni ironici e sferzanti l’ambigua ascesa al potere di Dick Cheney, vicepresidente “imperiale” dell’amministrazione George W. Bush.

 

 

Efficace e pungente, Vice ripercorre con obiettività la storia del più potente vice – presidente degli Stati Uniti d’America, senza mai tuttavia presentarlo agli spettatori come il “cattivo” di turno.

Dick Cheney, dapprima giovane scapestrato e studente ben poco brillante, si mostra in tutta la sua pochezza: è un pessimo oratore, poco attraente, privo di ideali politi o di alcun tipo di acutezza.

Egli è un uomo “banale”, mediocre, dannatamente insulso e perlopiù manovrato dai desideri ambiziosi di una moderna “Lady Macbeth” (la moglie Lynne) ancor più assettata di potere.

 

 

Ma, pur rimanendo un inetto privo di alcuna aspirazione, strisciando silenziosamente tra una occasione e l’altra e approfittando della vicinanza dei “potenti”, egli riesce in pochi anni ad emergere politicamente, a fianco di Donald Rumsfeld e del presidente Ford.

L’occasione per esercitare finalmente il potere assoluto, pur restando comodamente nell’ombra, gli si presenta grazie al presidente Bush junior, interpretato da Sam Rockwell, dipinto nel film come un imbecille facilmente manovrabile, incapace di governare, che ottiene la poltrona quasi “per via ereditaria”.

Debole e incompetente, il piccolo Bush è la preda perfetta per Dick Cheney, che ne diventa presto il burattinaio.

George W. Bush: Ti voglio come vicepresidente. Io, George Bush, voglio te.
– Dick Cheney: Io ti ringrazio, ma sono già l’amministratore delegato di una multinazionale, sono già stato segretario della Difesa e sono già stato Capo di Gabinetto della Casa Bianca, quindi la vicepresidenza non è che una carica simbolica. Se invece trovassimo un diverso accordo, se mi dessi le deleghe per cose più… banali… amministrazione, esercito, energia e politica estera…”

 

 

Dick Cheney, approfittando delle informazioni ottenute in qualità di vicepresidente e piazzando i propri uomini in ruoli chiave dell’amministrazione, diviene, all’insaputa della popolazione americana, il vero cuore pulsante della Casa Bianca.

È Dick il solo ad impartire ordini l’11 settembre 2001, approfittando dell’assenza del presidente, è Dick a dirottare tutti sulla necessità di muovere guerra in Medio Oriente, è Dick a rendere praticabili alcune forme di tortura nei confronti dei prigionieri politici, ed è ancora Dick ad aggirare le leggi per mettere in pratica la teoria dell’esecutivo unitario e a favorire le multinazionali.

Vice non è semplicemente la trasposizione cinematografica della vita di Dick Cheney, esso è la chiara dimostrazione di come l’attuale crisi politica, la nascita dell’ Isis, l’aggressiva gestione del terrorismo furono in gran parte causate dalle azioni occulte di quell’uomo che, paradossalmente, fece del restare nell’ombra il proprio unico e grande punto di forza.

 

Giusy Mantarro

 

https://youtu.be/PkdnBmUHAYg

Allarme Olanda. Spari su un tram

 

Sparatoria all’interno di un tram, killer arrestato dopo la fuga.

 

Due giorni dopo la strage neozelandese anche l’olanda è stata vittima di un feroce attacco improvviso.

Nella mattinata di ieri Gokman Tanis un 37enne di origine turca ha aperto il fuoco uccidendo 3 persone e ferendone 5 a bordo di un tram presso la cittadina di Utrecht.

L’uomo ha colpito una donna e insieme a lei chi cercava di aiutarla.

L’ipotesi di terrorismo è stata esclusa subito dopo la dichiarazione di un testimone: “L’assalitore è uno del quartiere”.

 

 

 

Il killer dopo l’agguato è subito fuggito ma è stato catturato dalle forze dell’ordine dopo circa 7 ore di caccia all’uomo.

Le autorità in seguito all’accaduto hanno diffuso una foto di lui vestito con un giubotto blu con un cappuccio, chiedendo ai cittadini se l’avessero visto e avvertendoli di non avvicinarsi segnalando tutto alla polizia. Secondo gli inquirenti l’uomo aveva già numerosissimi precedenti tra cui anche un arresto per presunte affiliazioni all’Isis; il movente è stato però svelato dal fratello, il quale ha dichiarato che Gokman avesse agito a causa di motivi familiari (tra cui la separazione dalla moglie) che lo avrebbero portato a questo immane gesto.

Anche se l’ipotesi terrorismo è stata scartata, l’allerta nel paese è stata alzata a livello 5 in tutta la provincia rafforzando la vigilanza in scuole, moschee, stazioni e aeroporti estendendola anche nei pressi di Amsterdam e Rotterdam.

Il sindaco di Utrecht ha definito l’accaduto un “atto orribile ed estremo”; la politica si è subito stretta attorno al paese; numerosi sono stati i messaggi di cordoglio da parte dei presidenti, da Macron a Junker; quest’ultimo ha twittato: “in questi momenti difficili i miei pensieri vanno ai feriti e alle loro famiglie. L’Ue è al fianco dell’Olanda e del suo popolo”. 

 

Antonio Gullì

 

Violenza sulle donne: arriva il codice rosso

 

Il tema della violenza sulle donne appare sempre più al centro del dramma culturale e sociale. Al giorno d’oggi, in un’epoca di  grandi conquiste da parte delle donne in campi che variano dalla politica alla scienza, occupando posizioni di rilievo, risulta davvero paradossale che ancora si debba assistere a numerevoli episodi agghiaccianti, nei quali la figura femminile  è soggetta a maltrattamenti, stalking e violenza sessuale.

Prendendo in considerazione le statistiche attuali, si evince che in Italia avviene un femminicidio ogni 72 ore. Un dato a dir poco orripilante! A ragione di ciò è indispensabile sensibilizzare l’opinione pubblica e le nuove generazioni, bisogna che se ne capisca la gravità della situazione, la quale spesso viene sottovalutata. Vi è la necessità di agire non solo rompendo il silenzio e denunciando, ma attraverso un intervento diretto da parte dello stato. In questi giorni il ministro della giustizia, Alfonso buonafede, ha rilasciato alcune dichiarazioni alla Repubblica dove sottolinea che: “su un tema così importante,  la risposta non deve essere nelle parole ma nei fatti ” aggiungendo: ” io e la mia maggioranza abbiamo il dovere di dare una risposta netta per tutelare le donne. E la risposta il legislatore deve darla con le leggi e con i fatti”. In forza di quanto detto sopra, il ministro ha dichiarato che in parlamento è in discussione il cosiddetto  “codice rosso”. Quest’ultimo consiste in una serie di norme, le quali permettono alla donna che trova il coraggio di denunciare, di essere aiutata dallo stato attraverso magistratura e forze dell’ ordine. Carabinieri e polizia dovranno trasmettere immediatamente la denuncia o querela al pubblico ministero, il quale dovrà ascoltare il racconto della persona offesa entro tre giorni, al fine di avviare le indagini immediatamente. Inoltre il M5S propone un pacchetto integrativo di provvedimenti, tra cui fondamentale l’aumento di pena per il reato di violenza sessuale dai 5-10 anni ai 6-12.

Eleonora Genovese 

Bohemian Rhapsody: tra i programmi della produzione, spunta l’idea del sequel

 

 

Visto l’enorme successo ottenuto, prende quota l’ipotesi di poter realizzare il sequel di “Bohemian Rhapsody”.

Dopo aver vinto quattro statuette degli Oscar 2019, ottenuto un grandissimo successo al botteghino e ricevuto un consenso favorevole dalla critica, la produzione ha in mente di realizzare il sequel, che molto probabilmente, ripartirà dalla conclusione del leggendario concerto del Live Aid, basandosi pienamente sulla loro ultima e spettacolare tournée del Magic Tour.

A rivelare tale ipotesi sono gli attori Gwilym Lee e Joe Mazzello, i quali interpretano Brian May e John Deacon nella trasposizione cinematografica.

 

 

“Ci sono moltissimi film che potrebbero essere fatti sui Queen, e l’apice della carriera la band l’ha ottenuto nel 1986 con i concerti di Wembley, dove Freddy indossava la giacca gialla e i pantaloni bianchi che sono rimasti nell’immaginario di tutti”. Queste le dichiarazioni dei due rilasciate al Daily Mail, il che lascia intendere che il film si concentrerà molto sui concerti tenutisi nel 1986.

Numerosi rumours sembrano attestare che Rami Malek, nonché il protagonista della pellicola, non veda l’ora di tornare ad interpretare nuovamente Freddie Mercury; altre voci sul presunto sequel sono giunte da Rudi Dolezal, regista di numerosi videoclip della band, il quale, facendo riferimento allo storico manager della band Jim Beach, ha affermato:” Sono certo che sta progettando un sequel che riprende la storia dal Live Aid. Queste notizie però sono ancora allo stato embrionale. La Universal, infatti, ha ammesso di non aver sentito nessuna voce in merito a questa possibilità, e anche l’entourage dell’attore Rami Malek ha puntualizzato che la star non sa nulla sull’idea di un ipotetico sequel del film”.

 

 

Dunque non ci resta che aspettare, ma l’idea di un sequel di Bohemian Rhapsody è più viva che mai.

 

 

Gianluca Vitale

Allacciate le cinture (2014) di Ferzan Ozpetek

Una storia d’amore raccontata in chiave moderna. Voto UvM: 3/5

 

 

 

 

Lecce, primi anni 2000.

Tre amici, Elena, Fabio e Silvia, lavorano in un bar del centro.

A sconvolgere la loro quotidianità è l’arrivo di Antonio, burbero meccanico palestrato dalle idee poco politically correct, con cui Silvia ha una relazione. Antonio non piace a nessuno, men che mai ad Elena, venticinquenne intelligente e di larghe vedute.

Tra i due tuttavia nasce qualcosa, prima basato solo sull’attrazione fisica, poi un sentimento più profondo.

Dieci anni dopo infatti Antonio è ancora a fianco di Elena; la coppia ha due bambini e procede tra alti e bassi: le continue scappatelle di lui e l’apparente indifferenza di lei che si dedica esclusivamente al lavoro trascurando anche la famiglia.

L’equilibrio si rompe quando Elena scopre di avere un tumore al seno: a sostenerla ci sono madre e zia e Fabio, l’amico di sempre.

Antonio invece innalza altri muri per proteggersi dal dolore.

 

 

Tuttavia la malattia di Elena sarà l’occasione per far riemergere parole non dette, sentimenti sopiti e una passione che in fondo non si era mai spenta.

A un primo sguardo, la decima pellicola di Ferzan Ozpetek non brilla certo di originalità per quanto riguarda dialoghi e trama.

Già lo slogan “Un grande amore non avrà mai fine” lascerebbe presagire la solita storiella melensa in cui c’è spazio solo per le vicende di due protagonisti, niente personaggi di contorno e nessun contesto di sfondo a rendere più pittoresco il tutto.

E invece non è così.

Come altri film del regista italo-turco, Allacciate le cinture può essere definito un film corale. Oltre a Elena (Kasia Smutniak) e Antonio (Francesco Arca),i classici opposti che per caso si conoscono e un po’ meno per caso si attraggono, spiccano personaggi quali quello di Egle Santini ( Paola Minaccioni), malata di cancro ai polmoni che la protagonista incontra in ospedale, la provocante parrucchiera Maricla ( Luisa Ranieri) e l’eccentrica zia di lei interpretata da una bravissima Elena Sofia Ricci.

Ozpetek come al solito cerca di dare voce un po’ ai drammi di tutti e di caratterizzare a tinte definite anche i personaggi secondari con le loro piccole fisse e follie quotidiane, abitudine ormai desueta anche nel panorama del cinema italiano.

Ma il vero tocco da maestro si rivela nel suo saper giocare col tempo.

Dilatato (come nel piano sequenza iniziale che insiste sulle gambe dei passanti sotto la pioggia) o contratto ( la narrazione a un certo punto salta un arco di ben dieci anni lasciando solo intendere gli sviluppi delle vicende dei protagonisti), non è mai il tempo a fare da padrone nella storia, ma è quest’ultima semmai e i suoi personaggi con le loro aspettative, gioie e dolori a dettarne la direzione.

Che è tutt’altro che lineare.

L’apice si raggiunge nella scena in cui Elena e Antonio tornano a mare, il luogo dove anni prima era scoppiata la passione.

 

 

Colpo di scena inaspettato: i piani temporali si intersecano e il racconto ritorna nuovamente alle vicende di dieci anni prima.

In Allacciate le cinture la memoria e il caso o, se si vuole azzardare, il destino mescolano le carte in tavola e passato e presente si confondono ad indicare che quando si tratta di sentimenti anche questi sono solo nomi convenzionali.

Forse anche la parola fine che Ozpetek, non a caso, non ci tiene a raccontare!

 

Angelica Rocca

 

Messina Rainbow

L’onda pride investirà anche Messina nel mese di giugno.

 

 

Dopo Catania, Siracusa e Palermo, finalmente anche Messina avrà il suo Gay Pride, per una Sicilia sempre più propensa a rispettare i diritti di tutti.

Nonostante le polemiche che in questi anni non sono mai mancate da parte dei più conservatori, un collettivo di attivisti lgbtqi, con il patrocinio dell’associazione Arcigay Messina, dell’amministrazione comunale, ma non del comune, ha potuto organizzare il primo Gay Pride dello Stretto – Largo all’orgoglio. 

 

 

La prima data fissata per la colorata manifestazione era il 15 giugno, ma è stato opportuno anticipare all’8, per commemorare Fifì e Raniero, le vittime innocenti della tragedia che lo scorso 15 giugno sono state strappate alla loro famiglia in un improvviso incendio.

Il Gay Pride quest’anno è anche associato al 50 anniversario dei moti di Stonewall, che portarono via via all’emancipazione di un numero sempre più ampio di persone lgbtqi. 

 

 

Sperando che l’iniziativa riscuota un grande successo, si aspettano aggiornamenti sulle tappe della manifestazione e su altri dettagli organizzativi.

 

Paola Puleio

Il colore del femminicidio

 

La donna: un essere umano che sin dai tempi della storia è stata trattata come uno oggetto di “possesso”, facendoci dimenticare il vero ruolo della Donna nella società.

Al giorno d’oggi queste lame di violenza si fanno sempre più frequenti, nelle vite delle persone, che nel giorno dell’ 8 Marzo vengono ricordate con “mimose”.

Non è il giorno a ricordarci l’importanza di una Donna né tanto meno le ferite che porta durante il suo cammino, che può essere d’amore, passione o meglio conosciuto “Ossessione”.

Sfortunatamente ancora una volta, “Il colore del femminicidio” si diffonde nelle nostre città, facendo crescere timore di vivere come se fosse l’ultimo giorno.

 

 

Nella vigilia dell’8 Marzo, tra Messina e Napoli, sono state registrate due Donne vittime di omicidio per mano di due

Uomini che per vari litigi o gelosie hanno deciso di far terminare una storia cosi come una vita.

 

 

Una giornata che doveva iniziare all’insegna dell’importanza del genere Femminile, ma che spiacevolmente, ancora una volta, le città hanno sentito un eco di dolore, che questa società ci ha fatto sentire. Lasciandoci in quella linea oscillante tra amore e odio.

 

Dalila De Benedetto

 

Farine 00 ritirate dal mercato

Presenza di soia non dichiarata. Ritirate farine di grano tenero di tipo 00.

Questa la disposizione del Ministero della salute, che ha ritirato dal mercato i prodotti marchiati Selex e Cuore Mediterraneo.

Il Ministero ha così motivato la decisione:

“Presenza dell’allergene soia, quale sostanza allergizzante, non dichiarata in etichetta, sebbene sulla confezione sia riportata la dicitura: ‘prodotto in uno stabilimento in cui si utilizza soia”.

Per quanto riguarda la farina di grano tenero tipo 00 Cuore mediterraneo, il lotto ritirato è il numero L 19 008, sacchetto carta 1 kg, cod. ean 8025916107072, con data di scadenza 08-02-2020.

 

Per quanto riguarda la farina di grano tenero tipo 00 Selex, il lotto ritirato è il numero L 19 009, sacchetto carta 1 kg, cod. ean 8003100250018, con data di scadenza 09-02-2020.

Coloro che sono affetti da allergia a tale sostanza sono stati invitati a resistuire il prodotto nel luogo d’acquisto.

Benedetta Sisinni 

“SAW”, il nuovo bando per borse di mobilità di UniMe

Indetto dall’Università di Messina un nuovo bando per l’assegnazione di un contributo economico pari a 100.000 euro per borse di mobilità per studio presso Università extraeuropee. “Students Around the World” (SAW), questo il nome del bando che si colloca nell’ambito di accordi di cooperazione internazionale per l’anno accademico 2019/2020. Le borse di mobilità saranno erogate fino ad esaurimento fondi e la durata può variare da un minimo di 3 mesi a un massimo di 9 mesi continuativi; prevista, inoltre, un’estensione del periodo di mobilità fino ad un massimo di 12 mesi, con conclusione entro il 30/09/2020.
Quanto svolto all’estero all’interno delle Università partner sarà convalidato ed inserito nella carriera universitaria dello studente, in osservanza del Regolamento d’Ateneo che disciplina le mobilità all’estero.
Le domande dovranno pervenire entro e non oltre le ore 13 del 3 maggio 2019.

Chi può partecipare?

La selezione è rivolta agli studenti UniMe che soddisfano contemporaneamente i seguenti requisiti:

  • essere regolarmente iscritti (nella durata normale del CdS, non ammessi pertanto i c.d. fuori corso) a corsi di Laurea Triennale, Laurea Magistrale/ a Ciclo Unico, al momento della candidatura (A.A. 2018-2019) e per tutta la durata del soggiorno all’estero (A.A. 2019-20);
  • essere in possesso della competenza linguistica richiesta dall’Università Partner in cui si intende effettuare il periodo di mobilità;
  • non aver partecipato o esser già assegnatari al bando Erasmus + Studio per l’A.A. 2019/2020 (nel caso in cui si volesse rinunciare alla precedente partecipazione è necessario procedere con una comunicazione scritta)

Gli studenti selezionati devono inoltre:

  • aver rinnovato l’iscrizione per l’A.A. 2019/2020 e provveduto al relativo pagamento, prima della partenza (pena la decadenza della borsa);
  • effettuare la mobilità durante il CdS a cui erano iscritti al momento della presentazione della candidatura;
  • non sostenere il proprio esame di Laurea nella sessione straordinaria di marzo 2020, se considerata come ultima sessione straordinaria per l’A.A. 2018/2019, in quanto verrebbe meno il requisito obbligatorio dell’iscrizione all’A.A. 2019/2020 al momento della partenza.

Quali attività si possono svolgere durante il soggiorno all’estero?

  • frequentare CdS presso le Università ospitanti, sostenendo esami e conseguendo i relativi CFU;
  • svolgere un tirocinio formativo curriculare;
  • effettuare attività finalizzate alla stesura della tesi;
  • effettuare ogni altra attività che comporti l’acquisizione di CFU curriculari finalizzati al conseguimento del titolo.

Come è possibile candidarsi?

Le procedure di presentazione della candidatura saranno espletate esclusivamente, pena l’esclusione, attraverso l’invio di una mail dal proprio account istituzionale (nome.cognome@studenti.unime.it) al seguente indirizzo mail: protocollo@unime.it inserendo in oggetto “Candidatura Bando SAW – C.A. “Unità Operativa Cooperazione Internazionale”, entro e non oltre i termini stabiliti. A corredo della candidatura, i seguenti documenti:

  • modulo di domanda (allegato 2);
  • Learning Agreement for Studies (allegato 3) o Learning Agreement for Traineeships (allegato 4), debitamente compilato e firmato;
  • documento attestante la competenza linguistica richiesta dall’Università ospitante per il CdS prescelto.

Quali criteri orienteranno le procedure di selezione?

Sarà valutata la carriera accademica dei candidati, unitamente alle preferenze espresse in merito alla sede di destinazione. Questa sarà l’esito incrociato di quattro fattori:

  • il punteggio ottenuto secondo le formule per il calcolo del punteggio di merito, sulla base delle carriere studenti alla data di scadenza del bando registrate sulla piattaforma ESSE3.;
  • l’ordine delle preferenze espresse dal candidato;
  • il livello linguistico attestato/autocertificato;
  • il numero di posti disponibili.

La graduatoria, con le assegnazioni delle sedi, sarà pubblicata sul sito UniMe entro il 20 maggio 2019; gli assegnatari dovranno accettare la sede entro le ore 13 del 25 maggio 2019 inviando una mail dal proprio account istituzionale all’indirizzo cooperazione@unime.it. Non saranno consentiti cambi di sede.

 

Su Unime.it, alle voci International > Opportunità all’estero > In evidenza, il bando “Students Around the World” (SAW) con i relativi allegati.

Per ulteriori info:
U.Op. Cooperazione Internazionale – Unità Organizzativa Relazioni Internazionali – Unità Speciale Ricerca Scientifica e Internazionalizzazione
E-mail: cooperazione@unime.it
Apertura al pubblico e ricevimento telefonico: Lunedì ore 15.00-16.00, Giovedì ore 10.00-12.00
Tel: 090/6768539-8541

 

Mariachiara Villari

Il valore del ricordo a quarant’anni dalla morte di Mario Francese

La mafia ha sempre mietuto molte vittime, ma per non renderle vane occorre perpetuarne il ricordo. Le idee di chi ha lottato e dedicato la propria vita alla ricerca della verità non moriranno mai. E continueranno a vivere nelle parole e nelle azioni di chi ne racconta l’operato, commemorandoli nel nome di un ricordo che mai si affievolisce. Sono tante le categorie colpite dalla malavita, che non risparmia nessuno: civili, magistrati, forze dell’ordine, ispettori e giornalisti. Sì, giornalisti, come Mario Francese, garante ideale dell’informazione per antonomasia, uno dei primi pionieri delle inchieste antimafia, risoluto, ostinato ed eccellente professionista considerato scomodo da un sistema criminale, e per questo zittito. A quarant’anni dal suo omicidio avvenuto per mano mafiosa, studenti, professori e giornalisti si sono raccolti per riflettere, nell’aula dell’accademia dei pericolanti dell’università degli studi di Messina. Vi hanno preso la parola il prof. Giovanni Moschella, presidente del centro studi sulle mafie, il prof. Luigi Chiara, direttore del centro studi sulle mafie, il prof. Marco Centorrino, docente di sociologia della comunicazione e Claudia Benassai, giornalista e promotrice della realizzazione dell’evento, in collaborazione con UniVersoMe, la testata giornalistica degli studenti universitari di Messina, il cui direttore generale, Alessio Gugliotta, ha moderato gli interventi.

©Marina Fulco, Messina 2019

 

©Marina Fulco, Messina 2019

Presente anche Giulio Francese, in veste di presidente dell’ordine dei giornalisti di Sicilia, nonché figlio del giornalista prematuramente scomparso, testimone della vita del padre, di cui ha descritto e condiviso i tratti della personalità in un discorso toccante e ispirante che ha visibilmente risvegliato gli animi e smosso le coscienze dei partecipanti. “Il giornalista con la schiena dritta” è l’espressione che ha dato il titolo alla ricorrenza, che, come ha dichiarato Giulio Francese, rispecchia a pieno la figura del padre incorruttibile, coraggioso, con un modus operandi eticamente corretto, che agiva con trasparenza e responsabilità. Figura esemplare per chiunque voglia intraprendere un percorso giornalistico. Non c’è coraggio senza paura. Il figlio di Francese ha infatti negato che il padre non avesse paura. Sicuramente ne ha provata molta nello svolgere il suo lavoro, ma non ha mai lasciato che prevalesse sul senso del dovere. La reputazione odierna del ruolo di giornalista tende a subire generalizzazioni ed essere compromessa, denigrata, infangata, privata di dignità, sminuita, svilita ed erroneamente ridotta a mero sciacallaggio. Raccontare di un giornalista come Mario Francese aiuta a ripristinare quell’immagine genuina di interprete della realtà riportata con credibilità e senza essere distorta. A proposito di storpiature, dalle parole di tutti gli intervenuti è emersa un’amara consapevolezza: l’esistenza di chi vorrebbe manipolare e orientare l’informazione, ingannando la società e divulgando le sempre più diffuse fake news. Tra i consigli per riconoscerle, quello di verificare sempre le fonti di ciò che leggiamo, confrontare diversi testi e approfondire i contenuti, analizzandoli con criterio e spirito critico. Il lascito di Francese è un’eredità intellettuale e culturale che dovrebbe fungere da monito per non ricommettere più gli stessi errori. L’aver ottenuto giustizia, se pur parziale e con tante congetture irrisolte, non colmerà mai il dolore di persone come Giulio Francese. Ciò nonostante, egli stesso ha affermato, durante il suo intervento, di credere che prima o poi la verità emergerà. Se è vero che la storia insegna, quella di Mario Francese non deve più cadere nell’oblio, dove è finita per vent’anni, prima di essere rivalutata e riportata in auge per i restanti venti.

Gli interventi di tutti gli altri relatori hanno rappresentato stimoli e spunti di confronto per un dibattito interessante. In particolare, i professori Moschella e Chiara hanno analizzato la figura del giornalista Mario Francese in relazione al contesto storico della Sicilia degli anni settanta, scenario in cui l’organizzazione mafiosa si stava consolidando in modo capillare controllando molti aspetti del sistema politico e sociale della regione e dello Stato. Moschella ha definito Francese un giornalista che esercitava la propria professione scevro di condizionamenti, emblema che incarna un prototipo giornalistico sano e autentico come elemento fondante della coscienza democratica e civile. Il suo operato, che ha pagato con la vita, è la dimostrazione di come l’attività di informazione non possa essere disgiunta dal perseguire la verità”. 

Il professore Centorrino ha ribadito, in linea con quanto già sottolineato dai colleghi, la centralità di una delle funzioni del giornalismo: la tutela della democrazia e di indagine in opposizione alla criminalità organizzata. Da parte del professore è stato doveroso e spontaneo menzionare il parallelismo tra Francese e “un altro giornalista con la schiena dritta, altra vittima della mafia che si è distinto per il suo operato altrettanto degno di nota: Beppe Alfano, con il quale Centorrino ebbe il privilegio di lavorare durante l’esperienza di cronista di nera per il quotidiano “La Sicilia” di Catania”.

La giornalista Claudia Benassai, molto sensibile alla tematica ed esperta del caso Francese, su cui ha elaborato la sua tesi di laurea, durante l’incontro ha approfondito le inchieste condotte da Francese e spiegato le modalità di svolgimento del suo lavoro di ricerca, citando come modello l’articolo “Perché il Belice è un terreno minato” scritto proprio dal giornalista stesso. Il figlio Giulio ha ricordato l’importanza della lettura dei testi redatti dal padre, di cui è possibile prendere visione nel sito marioegiuseppefrancese.it., in una sezione del sito dedicata all’archivio pazientemente creato con la collaborazione del fratello Giuseppe, che fino a poco prima di togliersi la vita, si prodigò per la raccolta di dati in favore della ricostruzione dell’omicidio del padre.

©Marina Fulco, Messina 2019

La Benassai ha inoltre riportato la testimonianza del giornalista Vincenzo Vasile, collega di Mario, che per lui rappresentò un mentore dall’impeccabile etica professionale, al quale ispirarsi. Ecco un estratto del suo racconto, in cui dichiara:

“In alcune fiction recenti gli sceneggiatori tratteggiano un personaggio anacronistico, riscrivendo il profilo professionale e culturale di Mario con lo stereotipo del cosiddetto “giornalismo di inchiesta”. È invece la normalità, la quotidianità del mestiere di informare, il tratto caratteristico di Francese, e il suo omicidio dice dell’impossibilità, del divieto mafioso del mestiere di informare, alla svolta della metà degli anni Settanta. Mario lavorava una quindicina di ore al giorno, come facevano a quei tempi i veri cronisti. E la cronaca normale – riferire un rapporto dei carabinieri sui maneggi mafiosi e politici su una diga nel Corleonese – era divenuta impossibile. Un invisibile confine si era spostato. E Mario Francese lavorando normalmente quelle quindici ore al giorno si trovò un passo oltre quel confine per fare nient’altro che il suo mestiere. 

©Marina Fulco, Messina 2019

Molto significativa è stata la risposta della platea, che ha partecipato con attenzione e rispettoso silenzio, al quale è seguito un momento di interazione in cui il pubblico ha potuto rivolgere curiosità e domande agli ospiti. L’evento ha sortito l’effetto che la testata UniVersoMe si era prefissata tra gli obiettivi, e cioè, come ha affermato il coordinatore Gugliotta, quello di non speculare sul dolore e di non strumentalizzarlo con pietismo, ma di volgere il quarantesimo anniversario della morte di Francese alla sensibilizzazione dell’intera comunità studentesca e di quei giovani che, se pur non contemporanei all’epoca in cui è vissuto Francese, hanno il dovere morale di conoscerne la storia per non dimenticare. 

 

Giusy Boccalatte