Bancomat clonati a Taormina, in manette una banda bulgara

 

 

La banda Bulgara composta da 3 elementi, attraverso inventiva e una buona padronanza nell’uso di strumenti tecnologici, riusciva in un primo momento a manomettere gli sportelli bancomat con uno skinner e successivamente captava i codici delle carte di credito clonandole per prelevare poi il denaro.

Grazie alle telecamere di sorveglianza i malviventi sono stati individuati e riconosciuti dalle autoritá locali, attualmente peró soltanto due dei tre elementi della banda si trovano dietro le sbarre; il terzo individuo risulta ancora irreperibile.

Secondo i recenti sviluppi delle indagini, l’ultimo membro della gang dovrebbe trovarsi ancora a piede libero in Bulgaria.

Pietro Inferrera

Brain On Fire – My month of madness

La vera storia di una rinascita. Voto UvM: 5/5

 

 

 

 

 

La giovane giornalista del New York Post Susannah Cahalan (Chloë Grace Moretz) a soli 21 anni vive la vita che ha sempre desiderato: è indipendente, all’inizio di una promettente carriera e alle prese con un amore appena sbocciato, Stephen (Thomas Mann), un giovane chitarrista con la testa fra le nuvole che spera di sfondare nel mondo della musica. 

Ma non succede quasi sempre così? Non è quando tutto sembra andare per il meglio, quando si abbassa la guardia, che accade l’inimmaginabile? In questo caso, l’inspiegabile.

Susannah comincia a sentirsi perennemente stanca, confusa, fatica a rimanere concentrata e presente anche durante la più banale delle conversazioni, perde il senso del tempo, inizia ad avere vere e proprie allucinazioni, diventa esageratamente irascibile al punto da venire allontanata dall’ufficio; si auto-diagnostica un disturbo della personalità ma si rifiuta di prendere gli psicofarmaci che le ha prescritto lo psicoterapeuta; assomiglia sempre meno a se stessa, diventa violenta fino a spaventare anche i genitori che decidono di farla ricoverare.

 

 

A questo punto prima ancora che con la malattia, la famiglia di Susannah ingaggia una lotta all’ultimo sangue con i medici che, non riuscendo a diagnosticarle nulla, vista la negatività di tutti gli esami, cercano di etichettarla prima come psicotica, poi come depressa bipolare, epilettica e infine schizofrenica per farla trasferire in un ospedale psichiatrico.

 

 

Mentre Susannah viene risucchiata in un buco nero da cui sembra non poter più uscire, è struggente vedere come i genitori non si arrendano e continuino a fare pressione ai medici per avere delle risposte e continuare le ricerche; come Stephen, con i suoi vestiti stropicciati e i capelli  spettinati, sia sempre presente, anche a costo di dormire nel corridoio dell’ospedale; Stephen che con le sue canzoni cerca di riportare indietro quella ragazza che sembra sempre meno la sua Susannah, che non parla, che non si muove più, che sembra spegnersi piano piano nonostante i macchinari dicano tutto il contrario.

Proprio quando sembra non esserci più alcuna speranza, viene chiesto il parere del dottor Najjar, ormai ritiratosi dall’esercizio in ospedale e divenuto professore. L’uomo, in un primo momento restio, non può che rimanere ben presto coinvolto dal caso di Susannah, e vi si immerge completamente. Pensa a lei giorno e notte; pensa a quella ragazza così giovane e piena di vita che si è persa ma che è ancora là da qualche parte, che ha ancora tanto da fare, che vuole essere ritrovata.

E ci riesce, a ritrovarla, con un test molto semplice: le chiede di disegnare un orologio e inscriverci dentro i numeri da 1 a 12; e questa è la conferma della sua intuizione: Susannah disegna i numeri concentrati solo ed esclusivamente nella parte destra dell’orologio; le viene così diagnosticata l’ encefalite da anticorpi anti-NMDA: si tratta di un disordine del sistema immunitario, dove gli anticorpi attaccano il cervello; nel caso di Susannah proprio l’emisfero destro. Se non si fosse intervenuti in tempo non si sarebbe riusciti a recuperarla, sarebbe morta di certo.

“Io sono stata fortunata, perchè in un sistema fatto per perdere gente come me, grazie al dottor Najjar sono stata ritrovata, lui mi ha ritrovata. Ho dovuto imparare tutto una seconda volta, da zero, come camminare di nuovo, parlare di nuovo, sorridere, essere una figlia, amare Stephen, scrivere. Ho dovuto imparare di nuovo ad esistere.”

Susannah era stata data per pazza, era stata data per persa, ma Najjar, i suoi genitori e Stephen non si sono arresi; lei non si è arresa. Si è rimessa in piedi, ha ripreso in mano la propria vita sfruttando la seconda possibilità che le è stata data dal miracolo della medicina.

 

 

Brain on fire è un film del 2015, regia di Gerard Barret, ispirato alla storia vera di Susannah Cahalan, una storia vera di vita, sofferenza, amore, speranza, vittoria.

Uno di quei pochi film di questo genere che ti lascia con gli occhi lucidi, ma per la gioia.

Alice Caccamo

 

 

 

 

 

Arriva la nuova carta di identità “Intelligente”

 

 

Arriva la nuova carta d’identità con le impronte digitali: tutti i Paesi Ue dovranno sostituire i documenti. 

La vecchia carta d’identità cartacea non esisterà più.

Verranno introdotti a livello comunitario dei nuovi standard per tutti i documenti d’identità degli Stati Ue.

Impronte digitali, foto biometriche e un chip elettronico per la lettura veloce dei dati, e ancora: tutti i nuovi documenti includeranno anche la bandiera azzurra stellata dell’Unione europea.

L’obiettivo dichiarato di Bruxelles è quello di scoraggiare l’uso di documenti falsi e porre fine alle varie tipologie di attestati di riconoscimento in circolazione negli Stati membri.

Si calcola infatti che ci siano almeno 86 diverse versioni di carte d’identità in Europa e 181 tipi di documenti di soggiorno.

 

La raccolta di massa delle impronte digitali, ha scatenato però il dissenso da parte di cinque associazioni non governative che chiedono di respingere la raccolta di impronte che costituirebbe “una violazione sproporzionata dei diritti alla privacy e alla protezione dei dati”.

Malgrado le proteste il provvedimento all’Eurocamera è arrivato con 335 favorevoli, 269 contrari e 21 astenuti.

Schierati a favore i parlamentari di M5s, Pd e Forza Italia.

 

Benedetta Sisinni

 

 

 

Said Mechaouat: killer di Stefano Leo, libero per errore

L’omicidio di Stefano Leo, avvenuto lo scorso sabato 23 febbraio lungo i Murazzi, zona degli argini del Po a Torino, risulta ancora più ingiusto alle luce delle nuove notizie.

 

 

Leo, giovane di Biella, 34 anni, era uscito di casa come ogni giorno per andare al lavoro, nessuno avrebbe potuto sospettare il tragico epilogo verificatosi.

L’assassino e Stefano non avevano mai avuto nessun tipo di rapporto prima della vicenda.

Tutto è avvenuto in una zona centrale , in cima al viale pedonale di Lungo Po Machiavelli, dove Said affiancandosi a Stefano lo ha accoltellato, sgozzandolo senza nessun perché.

Ciò che ha lasciato in sgomento la città e non solo, è stato il movente del reo, il quale avrebbe dichiarato  a verbale:

volevo ammazzare un ragazzo come me, togliergli tutte le promesse che aveva, dei figli, toglierlo ai suoi amici e parenti”.

 

 

Risulta davvero inaccettabile che un ragazzo possa perdere la vita senza una ragione di fondo, e ancor di più la questione si aggrava alle luce delle nuove notizie le quali dimostrano che a carico di Said Mechaouat, 27 anni di origine marocchina, sarebbe dovuto essere in carcere, con sentenza definitiva, poiché era stato condannato a un anno e sei mesi per maltrattamenti in famiglia.

La condanna di primo grado era stata firmata dal giudice Giulia Casalegno lo scorso 20 giugno 2016; a Said inoltre era stata negata la possibilità di ottenere la condizionale per via dei suoi precedenti.

Stando a quanto detto da fonti interpellate dall’ANSA, ci sarebbe stato un intoppo nella trasmissione dei documenti dalla Corte d’appello alla procura presso il tribunale: la procura di Torino non avrebbe ricevuto la comunicazione della corte d’appello di quanto avvenuto, da qui si sarebbe verificata l’impossibilità dell’esecuzione della sentenza.

Inoltre non era la prima volta che a Torino le luci fossero puntate sulla corte d’appello.

Nel corso degli anni si sono ripetuti diversi ritardi a causa della quantità di fascicoli e della scarsità del personale: come quello avvenuto nel febbraio del 2017, dove i magistrati chiesero pubblicamente scusa al popolo, in piena udienza, perché un fascicolo per violenza sessuale era caduto  in prescrizione.

Ciò che ad oggi fa più rabbia è che un giovane di 34 anni, senza avere nessuna colpa, abbia perso la vita solo per l’infelicità e il comportamento agghiacciante di un altro individuo, il quale se non fosse stato per un ritardo nella trasmissione, probabilmente commesso dalla Cancelleria della Corte d’appello di Torino, sarebbe già in carcere e forse Stefano sarebbe qui con noi.

 

Eleonora Genovese

SOS alimentare: fermiamo lo spreco

 

 

 

Ogni giorno finiscono nella pattumiera chili di cibo che potrebbero essere riutilizzati.

Sono numeri impressionanti quelli legati allo spreco alimentare; eppure una nuova coscienza sta emergendo e i dati sembrerebbero incoraggianti, infatti, negli ultimi anni si tende a sprecare di meno.

Di questi giorni è la notizia che anche in Italia arriva “Too Good To Go”, l’app nata nel 2015 in Danimarca per combattere lo spreco alimentare.

Ma quanto ci costa il cibo buttato? I dati su scala nazionale sono allarmanti sia per quanto riguarda il consumo domestico sia per ciò che concerne gli esercizi pubblici.

Oltre quindici miliardi di euro, pari a quasi l’1% del Prodotto interno lordo del Paese.

Tutti noi per mille motivi sprechiamo una parte del cibo che abbiamo in casa.

Alle volte perché ne compriamo in eccesso, altre perchè ce lo dimentichiamo e lasciamo che scada nel frigorifero o ancora perché quando cuciniamo finiamo per commettere qualche errore.

Il grosso dello spreco (all’incirca l’80%) è rappresentato da quello domestico; di questo la metà è rappresentata dal cibo non consumato in tempo.

Seguono poi gli acquisti sbagliati e l’eccesso di prodotti cucinati e serviti in tavola e dunque avanzati e gettati nel cestino.

A fare la parte del leone dei cibi avanzti è la verdura, che sfiora il 25%, seguita da latte e latticini e dalla frutta.

La situazione però è in netto miglioramento negli ultimi anni: gli italiani iniziano a portare a casa l’avanzo dal ristorante e tra le mura domestiche insegnano ai figli a non sprecare.

 

Piero Cento

La plastica: una tecnologia straordinaria di una specie animale scellerata

La parola “plastica” deriva dal greco e sta a significare «l’arte che riguarda il modellare» oppure le sostanze che sono facilmente malleabili.

Ci sono molte sostanze plastiche presenti in natura ad esempio la creta, l’argilla, la cera, lo stucco ecc. Tuttavia oggi si identifica con “plastica” tutti quei polimeri a grande peso molecolare sintetizzati dall’uomo che hanno la proprietà di essere facilmente lavorati e di assumere e mantenere una forma.

Con plastica non si identifica uno specifico composto chimico, ma un’insieme assai vasto ed eterogeneo di polimeri.

Ad esempio:

  • il PET
A “piccolo ingrandimento” la struttura del monomero che si ripete per formare il singolo polimero. Più polimeri costituiranno il materiale plastico in questione.

 

Il PET a grande ingrandimento.

 

  • Il PS, o polistirene, o polistirolo

 

 

 

 

 

 

Da dove derivano le plastiche? 

Le plastiche si ottengono a partire o da polimeri naturali, come la cellulosa o la caseina, o da idrocarburi leggeri, quali il petrolio e il metano. Quest’ultime si chiamano “plastiche sintetiche”, la cui produzione rappresentò una rivoluzione nella storia di questi composti.

Lavorazione. 

Al calore le plastiche hanno un diverso comportamento. Alcune di esse si induriscono e prendono una forma pressoché irreversibile e sono dette termoindurenti o resine.

Altre invece sono termoplastiche poiché sottoposte ad alte temperature si comportano al contrario, perdono la loro forma per riprenderla una volta raffredate.

Su queste due particolari proprietà si basano i loro processi di lavorazione.

Per avere una panoramica molto generica ma sintetica della loro lavorazione vi consiglio la visione di questo simpatico video. Una lavorazione di un’efficacia disarmante, che abbatte i costi e i tempi di produzione.

 

 

Com’è nata la plastica? 

La prima plastica viene sintetizzata nel 1861 e viene chiamata Xylonite, utilizzata per scatole e manici, ma avrà poco successo.

Dobbiamo aspettare ancora 10 anni per assistere al primo vero e grande successo della plastica: viene inventata la celluloide, finalizzata a sostituire il costoso avorio che serviva per fabbricare le palle del biliardo.

 

 

La celluloide successivamente viene anche utilizzata per la produzione di rullini fotografici (per chi se li ricorda ancora) e pellicole per i film.

Tuttavia era molto infiammabile e non erano rari gli incendi nelle sale cinematografiche, come viene raccontato anche nel film di Giuseppe Tornatore “Nuovo Cinema Paradiso”.

Infatti successivamente, intorno al 1940, la celluloide venne sostituita con plastiche sintetiche (l’acetato di cellulosa e, in seguito, il poliestere) più sicure e meno infiammabili.

Oggi con la celluloide si producono le palline da ping pong e poco più.

 

Prime plastiche sintetiche. 

Nel 1910 venne inventata la Bakelite: prima plastica termoindurente. Ancora oggi usata per i manici delle PENTOLE.

Nel 1926 il PVC le cui applicazioni più rilevanti sono la produzione di tubi per edilizia (per esempio grondaie e tubi per acqua potabile), cavi elettrici, profili per finestra, pavimenti vinilici, pellicola rigida e plastificata per imballi e cartotecnica, e i famosi dischi in vinile.

Nel 1928 nasce il polimetilmetacrilato (PMMA). Tra gli esempi delle sue applicazioni si annoverano i fanali posteriori delle automobili, le barriere di protezione negli stadi e le grandi finestre degli acquari; ma uno dei maggiori mercati è il settore bagno dove viene impiegato per la realizzazione di vasche da bagno e piatti doccia.

Nel 1935 in America nasce il nylon, la fibra sintetica usata per i tessuti e nella pesca sportiva.

Nel 1953 in Inghilterra si inventa il polietilene, con la quale viene fabbricata la pellicola per alimenti.

Nel 1954 l’italiano Giulio Natta inventa il polipropilene isolattico, per confezionare prodotti alimentari

La plastica oggi. 

La plastica rappresenta una delle innovazioni tecnologiche più importanti della storia dell’umanità.

Ha rivoluzionato quasi tutti i settori commerciali: dal trasporto al confezionamento di prodotti alimentari, dall’automobilismo all’areonautica.

Viene utilizzata per la produzione di oggetti di design, computer, smartphone e abbigliamento.

La sua espansione sembra non arrestarsi. Tuttavia qual è veramente il problema che sta dietro a questi composti?

Il problema non risiede nella plastica in sé, ma nel come l’uomo sia stato poco lungimirante nell’utilizzarla senza limiti e misure.

Abbiamo fatto due semplici errori che messi assieme hanno portato ai disastri ecologici a cui stiamo assistendo in questi anni: la realizzazione di un materiale pressoché indistruttibile agli agenti fisici, chimici e biologici dell’ambiente e come secondo errore l’uso di questo materiale come “uso e getta”.

 

 

E’ stata proprio la nascita della plastica a dar vita a questa nuova tipologia di prodotti.

I nostri nonni si sarebbero sognati di utilizzare piatti, bottiglie e posate usa e getta, poiché questi avevano un costo ed era molto meglio lavarli e riusarli per tutta la vita.

Adesso l’abitudine dell’usa e getta ha notevolmente aumentato il volume di rifiuti che ogni giorno produciamo. Basti pensare che già un caffè al bar da “portare via” è un mucchietto di rifiuti che 50 anni fa non sarebbe mai esistito.

 

 

Da un lato c’è l’ingegno dell’uomo che riesce a creare una tecnologia straordinaria che concorre alla realizzazione del nostro benessere, dall’altra la sua scelleratezza e poca lungimiranza nel riflettere su quali possibili conseguenze ha quell’uso spropositato di tale tecnologia.

 

 

 

 

Ricordiamoci che la plastica è nata per sostituire l’avorio delle palle da biliardo. Oserei dire che è nata come prodotto ecologico al fine di abbattere i costi di produzione e risparmiare le vite degli elefanti.

Successivamente ha sostituito, però, non necessariamente altri prodotti. La notizia che più di tutte mi ha sconvolto è l’esistenza di un isola tra la California e le isole Hawaii grande 3 volte la Francia con 80.000 tonnellate di rifiuti che galleggiano sul letto dell’oceano.

Questi sono i rifiuti che galleggiano, possiamo solo immaginare cosa c’è sotto.

 

Cosa possiamo fare? 

Ridurre l’uso di prodotti usa e getta. Promuovere una raccolta differenziata. Riutilizzare le plastiche che compriamo, con un pò di ingegno si possono usare per farci qualsiasi cosa così da risparmiare.

Andare a fare una bella passeggiata a Torre Faro con una busta per la raccolta di rifiuti, non immaginerete nemmeno quanta plastica c’è in quelle spiagge. Questo quello che possiamo fare noi.

Il mondo?

Una soluzione all’inquinamento da plastica può venire dall’incremento della loro biodegradabilità; con l’aggiunta di sostanze sensibili alle radiazioni ultraviolette in modo tale da accelerare la degradabilità delle plastiche a opera della luce solare; oppure dalla biogenetica, la quale punta sulla selezione di batteri in grado di degradare i polimeri sintetici.

 

Francesco Calò 

Speranza per Manuel

 

Due studiosi di Losanna creano una nuova tecnica per far camminare i paraplegici.

Ancora si parla solamente di un’ipotesi che richiederà molte verifiche, ma per il giovane nuotatore diciannovenne Manuel Bortuzzo vittima di un agguato lo scorso febbraio, vi è una buona speranza di tornare alla vita di sempre.

Il miracolo potrebbe arrivare dalla nuova tecnica di stimolazione elettrica del midollo spinale ‘wireless’ che ha permesso a 6 persone paraplegiche di tornare a camminare. Ad ipotizzarlo è Grégoire Courtine, del Politecnico Federale di Losanna, il cui gruppo di ricerca ha ideato la tecnica denominata “Stimo”, insieme a Jocelyne Bloch del Policlinico Universitario di Losanna.

Courtine comunque, durante le dichiarazioni rilasciate ha affermato : “ancora è prematuro parlarne, ma Manuel potrebbe rispondere al trattamento.

Il prossimo anno, ha spiegato, verrà infatti avviata la sperimentazione della tecnica su pazienti con lesioni spinali recenti e si potrebbe ipotizzare di valutare, se le verifiche del caso ne confermeranno l’opportunità, l’eventuale inserimento di Manuel. Courtine ha tenuto a precisare che si tratta solo di un'”ipotesi” e di non aver conosciuto personalmente Manuel. Ha inoltre sottolineato che il caso di Manuel è “complesso” poichè la lesione spinale è stata determinata da un proiettile.

Al momento, dunque, non c’è alcuna certezza del fatto che la tecnica di stimolazione wireless possa essere utilizzata per il giovane italiano.

Tuttavia i risultati finora ottenuti con la tecnica Stimo (STImulation Movement Overground), che veicola impulsi di stimolazione elettrica midollare attraverso un impianto senza fili, lasciano infatti ben sperare. “Abbiamo dimostrato – spiega Courtine – un miglioramento della funzione neurologica in questi pazienti e ciò è sorprendente. Per 2 dei 6 pazienti, inoltre, si è registrato un miglioramento del controllo della funzionalità degli arti anche quando la stimolazione elettrica veniva spenta“.

Il prossimo passo, annuncia, “sarà migliorare i dispositivi, rendendo la tecnica più fruibile. Attualmente la stimolazione è fatta posizionando un pace-maker a livello lombare nel paziente, ed un’antenna posizionata sull’addome invia il comando di stimolazione midollare. L’operazione è controllata da un piccolo tablet. L’obiettivo è arrivare ad inviare il comando di stimolazione attraverso Iphone o Iwatch“.

Il ricercatore svizzero dunque conclude affermando che sul versante terapeutico la tecnica è stata utilizzata solamente su individui con lesioni spinali “vecchie”, ma i test sui topi hanno fatto ben sperare e quindi dal 2020 verrà avviata una sperimentazione sui pazienti con lesioni spinali recenti.

Antonio Gullì

Libia: Scomparso misteriosamente un barcone con a bordo una cinquantina di migranti

Un’imbarcazione colma di migranti dispersa nel Mediterraneo. Le ong accusano  Libia e Italia per il mancato soccorso.

Da lunedì sera non si hanno più notizie riguardo un barcone con sopra una cinquantina di migranti, compresi donne e bambini. A dare l’allarme è Alarm Phone, il servizio telefonico per i migranti in difficoltà in mare; il quale spiega come la comuniazione si sia interrotta alle 22 della sera, affermando anche che la guardia costiera Libica non ha risposto e che al contempo quella Italiana non ha dato informazioni.

Ci hanno mandato la posizione Gps. Abbiamo cercato di contattare la cosiddetta Guardia Costiera Libica ininterrottamente su diversi numeri di telefono e quando abbiamo informato l’Mrcc Roma della mancanza di risposta della Libia, ci hanno passato un numero che avevamo già tentato diverse volte senza esito. Siamo preoccupati perché nessuna autorità è disponibile a soccorrere. Inoltre la Guardia costiera Italiana non fornisce informazioni. Non ci comunicano neanche se sono riusciti a contattare le autorità libiche“. Queste le dichiarazioni presenti sulla pagina Twitter di Alarm Phone.

 

 

Sempre su tale caso è intervenuta via social anche Open Arms (organizzazione spagnola per il recupero migranti). “Nessuno coordina i soccorsi, nessuna nave, non c’è nessuno. Quanti morti costeranno queste elezioni europee? Dovremo aspettare maggio per tornare a salvare la vita di uomini, donne e bambini?”, queste le dichiarazioni, che sanno tanto di accusa, rilasciate dalla Ong spagnola.

L’Ong Sea eye è stata informata della barca in pericolo e con l’unica nave di soccorso civile rimasta nel Mediterraneo centrale, Alan Kurdi, ha offerto assistenza al Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo e ora sta perlustrando l’area dell’ultima posizione Gps comunicata.

Ancora un altro episodio, riguardante l’immigrazione, che speriamo si possa chiudere, non come l’ennesima tragedia, bensì con la possibilità di ritrovare il barcone e le persone al suo interno vive.

 

                                                                                                                                                                                  Gianluca Vitale

 

L’appello di Zuckerberg, nuove regole e governi più attivi

 

 

“Internet ha bisogno di nuove regole”.

È questo l’appello di Mark Zuckerberg, CEO di Facebook, in una lettera aperta pubblicata dal Washington Post, quotidiano statiunitense del collega Jeff Bezos, proprietario di Amazon.

Forse scottato dagli ultimi scandali che hanno visto debole il suo social network su fake news e sicurezza degli utenti, Zuckerberg esorta ora i governi a un “ruolo più attivo” contro i “contenuti dannosi” e per “garantire l’integrità del processo elettorale, la privacy della gente e la portabilità dei dati”.

Sulla protezione degli utenti, il numero uno di Facebook è per “un quadro armonizzato globale” e per questo ha invitato tutti i paesi ad adottare un regolamento completo sulla privacy come il GDPR (General Data Protection Regulation, ndr) dell’Unione Europea:

“Dovrebbe proteggere il diritto di scegliere come vengono utilizzate le tue informazioni, consentendo alle aziende di utilizzarle per scopi di sicurezza e di fornitura di servizi. Non dovrebbe richiedere che i dati siano conservati localmente, che li rende più vulnerabili. E dovrebbe stabilire un modo per considerare le aziende come Facebook responsabili imponendo sanzioni nel caso facciamo degli errori. Credo anche che un quadro globale comune piuttosto che regolamento che varia significativamente per paese e paese garantirà che internet non si sfilacci, che gli imprenditori possano fare il loro lavoro, e tutti ottengono le stesse protezioni. Abbiamo bisogno di regole chiare”.

Zuckerberg vorrebbe inoltre rendere più semplice e sicura la portabilità dei dati per dare la “scelta alle persone” e per permettere agli sviluppatori di “innovare e competere”, ma anche questo “richiede regole chiare su chi è responsabile di proteggere le informazioni quando l’utente si muove tra i vari i servizi”.

Il CEO di Facebook parla poi di “proteggere le elezioni” – data l’influenza che un social potrebbe avere se usato in maniera scorretta – e di “garantire l’efficacia dei sistemi di revisione dei contenuti”, dato che “le aziende dovrebbero essere responsabili dell’osservanza delle norme sui contenuti dannosi”.

“La tecnologia – scrive sempre Zuckerberg – è una parte importante della nostra vita, e le aziende come Facebook hanno enormi responsabilità”.

Antonino Giannetto 

Jim Carrey antifascista su Twitter, Alessandra Mussolini: “Sei un bastardo”

 

L’attore ha postato su Twitter un disegno che raffigura Benito Mussolini e Claretta Petacci a testa in giù, riferendosi chiaramente alla loro impiccagione a Piazzale Loreto. Pronta la risposta della nipote dell’ex dittatore: “Sei un bastardo”.

 

“Se vi state chiedendo dove il fascismo porti, chiedete a Benito Mussolini e alla sua amante Claretta”. È questa la didascalia che accompagna il disegno pubblicato sabato da Jim Carrey su Twitter. Il disegno – prodotto dall’attore stesso – ha provocato la reazione della nipote del duce, che ha replicato: “You are a bastard“.

 

Carrey al momento ha preferito non rispondere, ma al suo posto ci ha pensato Evan O’Connell, responsabile comunicazione di Ernst & Young: “Penso che hai confuso Jim Carrey con il tuo nonno omicida”. “O forse con qualcuno della tua famiglia”, ha ribattuto in maniera impacciata la Mussolini, rievocando evidentemente dinamiche discorsive da scuola elementare. Definitivo l’ultimo tweet di O’Connell:

“Mio nonno ha combattuto per liberare l’Europa da persone come tuo nonno”.

L’europarlamentare, sulla scia delle risposte precedenti, ha concluso il dibattito con “Vuoi un applauso?”. Sul suo profilo personale ha poi pubblicato una serie di immagini legate a questioni buie della storia americana, invitando Carrey a disegnare un fungo atomico, un gruppo di nativi americani e uno schiavo nero frustato dal suo padrone bianco. Infine ha chiesto se conoscesse la storia di Rosa Parks. In un altro tweet ha tenuto a rassicurare il presidente americano Donald Trump: “Il presidente Trump non deve preoccuparsi dei poveri attacchi politici di Jim Carrey; i suoi disegni sono solo carta straccia”. La Mussolini fa riferimento alla militanza politica “social” dell’attore canadese, spesso impegnata contro l’inquilino n.1 della Casa Bianca.

L’agorà di Twitter ha ovviamente amplificato la discussione. Alcuni hanno ironizzato sull’inglese all’italiana della Mussolini (“do you want applause?”), molti si sono schierati più severamente contro di lei. Nonostante quelle a cui fa riferimento siano sicuramente delle pagine nere della storia americana, è inammissibile che  si difendano ancora il fascismo o i suoi attori, hanno twittato in molti. Non sono mancati, ad ogni modo, i commenti per Jim Carrey: l’attore è stato criticato per la “negatività” dei suoi disegni ed è stato invitato a dedicarsi alla carriera di attore.

 

Francesco D’Agostino