Il genio della comicità

La comicità nel corso dei secoli ha assunto molteplici forme, ma da quella più spicciola a quella magari più ricercata, è sempre comunque capace di risollevare gli animi di ciascun individuo.

Uno dei suoi maestri e massimi esponenti, che ha creato uno stile che lo contraddistingue, è sicuramente Mel Brooks. In suo onore, noi di UniVersoMe andremo ad analizzare tre dei suoi film più divertenti.

Mel Brooks. Fonte: ilquotidiano.net

Frankenstein Junior (1974)

La parodia dei film horror per eccellenza. Con questa pellicola il regista ha voluto creare una sorta di “sequel parodistico” dell’originale Frankenstein di Mary Shelley.

Mel Brooks ha scelto di utilizzare le stesse locations ed i medesimi arnesi presenti negli storici film Frankenstein (1931) di James Whale ed Il figlio di Frankenstein (1939) di Rowland V. Lee, decidendo inoltre di girare il film interamente in bianco e nero così da ricrearne un’atmosfera dettagliatamente identica, in cui però raccontare la storia in chiave comica.

Le ambientazioni cupe, infatti, ci calano all’interno di quello che sembrerebbe essere un horror vecchio stile in piena regola, ma i dialoghi e le performances degli attori trasformano la pellicola in un gotico spettacolo che trasuda ironia da ogni poro.

Igor (Marty Feldman) ed il dottor Frederick von Frankenstein (Gene Wilder) – Fonte: medicinaonline.co

Gene Wilder nei panni del dottor Frederick von Frankenstein e Marty Feldman in quelli dell’aiutante Igor risultano fondamentali per la riuscita del progetto.

Wilder probabilmente è riuscito a mettere a segno la miglior interpretazione della sua carriera. Calatosi profondamente nella parte, dà vita ad un giovane dottore che inizialmente rinnega le sue radici, per poi seguire meticolosamente le orme del suo antenato e riuscire nell’impossibile; il tutto è condito da sguardi fulminanti e battute pronunciate seguendo una perfetta armonia nata grazie alla chimica instauratasi con un monumentale Marty Feldman.

Igor è ciò che resta indelebilmente impresso nella mente di chi guarda Frankenstein Junior. L’attore ha sfruttato a pieno ed in maniera estremamente intelligente alcune sue caratteristiche fisiche capaci di arricchire straordinariamente il personaggio. Le enormi palle degli occhi da un punto di vista macroscopico catturano l’attenzione dello spettatore; muovendole sapientemente e accompagnandole con delle microespressioni facciali, l’attore riesce ad interloquire con il proprio partner, creando costantemente un clima di assurdità anche nelle piccole cose e facendoci ridere a crepapelle. Per non parlare poi della gobba, che in alcune scene tende verso destra mentre in altre dalla parte opposta (ciò venne improvvisato dallo stesso Feldman ed approvato immediatamente dal regista).

La pazza storia del mondo (1981)

Il film descrive alcune tra le più significative epoche della storia dell’uomo in chiave profondamente parodistica.

La pellicola, a differenza di Frankenstein Junior ,venne disprezzata dalla critica, la quale rimproverò a Brooks di aver creato storie superficiali segnate da una scarsa comicità, basata esclusivamente sulla volgarità.

Tuttavia le ambientazioni vengono riprodotte fedelmente ed i dialoghi, seppur non allo stesso livello dei precedenti lavori del regista, presentano comunque una struttura ben solida anche se non risultano essere esilaranti.

Lo sketch dell’Inquisizione spagnola, dove Torquemada (interpretato da Mel Brooks stesso) si esibisce in un piccolo musical, è degno di essere considerato agli stessi livelli di uno spettacolo di Broadway.

Dracula morto e contento (1995)

Dopo Frankenstein, Mel Brooks decide di revisionare anche la storia del conte Dracula, in quello che è l’ultimo film della sua carriera cinematografica. Il risultato non è lontanamente paragonabile a quello del film del 1974, ma l’impronta del regista è tangibile per tutta la durata della pellicola.

Leslie Nielsen in una scena del film – Fonte: cultfollowingmedia.wordpress.com

Dialoghi ben scritti capaci di coinvolgere lo spettatore e di suscitare ilarità, gag esilaranti poste in essere soprattutto da un impacciato Dracula (interpretato egregiamente da Leslie Nielsen) ed ancora una volta l’impeccabile scenografia fanno da cornice ad un film tutto sommato divertente.

Da segnalare anche la presenza di Ezio Greggio all’interno del cast (in pochi sanno che ha avuto dei trascorsi ad Hollywood ed era un grande amico di Mel Brooks)

Non solo Frankenstein …

Film di Mel Brooks precedenti a Frankenstein Junior come: Per favore non toccate le vecchiette (pellicola del 1968 con la quale vinse anche un Oscar per la miglior sceneggiatura originale), Il mistero delle dodici sedie (1970) e Mezzogiorno e mezzo di fuoco (1974) furono un successo sia a livello di pubblico che di critica.

Con Frankenstein il regista ha raggiunto il suo apice, per poi percorrere una parabola discendente con i film successivi. In realtà il pubblico è sempre rimasto legatissimo al regista, considerato un vero e proprio pioniere della comicità e, nonostante i pareri estremamente negativi – forse anche eccessividella critica nella seconda parte della sua carriera, ha continuato ad amarlo e a ridere con lui.

Qualche tempo fa venne organizzata una serata in onore di Mel Brooks, con l’esibizione di diversi attori che misero in scena alcuni dei suoi sketch più famosi. Al termine dell’esibizione, avvenne una lunghissima standing ovation per il regista e si alzò in piedi persino l’allora presidente degli Stati Uniti Barack Obama.

Vincenzo Barbera

Chi siamo “Mentre nessuno guarda”?

È ad occhi chiusi che spesso succedono le cose migliori. La costruzione di un mondo interiore segue come unica regola quella secondo cui sei tu il conducente. Non esiste alcun mezzo o pensiero sbagliato per poter raggiungere la tua meta: l’unico vero errore è quello per cui ci priviamo di provare emozioni.

Esisti tu, il tuo mondo e ciò che desideri. Ed è così che un attimo dopo ti ci ritrovi proprio lì e pensi sia tutto così reale. Questo somiglia molto a quello che succede quando ascolti musica e ti immedesimi in un testo. Non importa quanto tu sia stanco o triste, energico o felice: ti lasci accompagnare da un flusso di emozioni che ti trascinano nell’esatto punto in cui vorresti essere.

Per oggi proviamo a chiudere gli occhi e , “mentre nessuno guarda”,  indossiamo le cuffiette per farci trasportare dal nostro nuovo compagno di viaggio: Mecna, classe 1987, rapper e cantautore italiano.

Mecna. Fonte: webl0g.net

Tra Demoni e Punti Deboli, sai già dove colpire

Mentre Nessuno Guarda è il suo quinto album, pubblicato il 16 ottobre 2020 per Virgin Records/Universal Music Italia. Uscito a meno di un anno di distanza da Neverland. All’interno troviamo 14 brani con diverse collaborazioni musicali.

La prima traccia che segna l’apertura dell’album è Demoni. Una penna leggera, intima, per alcuni versi anche provocatoria. Ma spesso chi provoca non vuole infastidire, ma solo riuscire nel suo intento di spronare l’altro.

Prenditi il tempo che serve, io starò qui
A bruciare con i miei demoni
Non c’è bisogno che torni da me
Sai che è facile a dirsi
Ma qui niente è come lo voglio io

Con le palpebre serrate, sembra che il mondo interiore si sgretoli ogni volta che i demoni entrano a far parte del tuo gioco.
E se il demone fosse proprio una persona? E se il suo veleno provenisse proprio da un sentimento marcito?
Tutto assume un altro sapore e l’atmosfera non è più piacevole perché dietro uno sguardo sembra celarsi qualche fiamma che sai non si spegnerà facilmente.

È semplice intuire che il brano successivo sia proprio Punto debole. Un feat con Guè Pequeno che sembra richiamare la trama del precedente. Il rapper in questione non ha mai negato la sua vita fatta di eccessi, tra droghe, donne e notti fino all’alba. Nel bene e nel male si mostra però sempre autentico, soprattutto quando scrive.

Ma quando l’amore colpisce, lo fa senza guardare in faccia nessuno e anche il più duro si scioglie dentro l’abbraccio della persona che sente di amare.

Ma per te resto astratto, Kandinskij
E vuoi addomesticarmi perché t’impaurisci

Kandinskij è stato il maggiore esponente della pittura astratta. Guè afferma di essere sfuggente, astratto e controverso, mentre dall’altra parte qualcuno minaccia di volerlo cambiare. Ma il cambiamento spesso è frutto di eperienze diverse e decisioni intime, lontane da qualsiasi forma di manipolazione che, al contrario, allontana e rende deleterio qualsiasi rapporto.

Opera di Kandinskij. Fonte: wassily-kandinsky.org

Ombre nello specchio

Capita di sentirsi Così Forte a tal punto da pensare di riuscire a stare

 … in equilibro sopra un filo che si spezza prima o poi
Ma se hai paura nel vuoto non ti ci metti proprio

E nonostante la consapevolezza di crolli emotivi, sai che spesso non c’è nessuno a reggerti, ma succede anche il contrario: che mentre cadi ti godi il panorama e conosci esattamente il giusto modo per atterrare. La scena in questione è la sintesi di quei momenti in cui capisci che hai imparato a cavartela puntando solo sulle tue forze e di riuscire, in qualche modo, ad amare l’asfalto prima ancora di planare in alto.

In Paura di Me, Mecna si domanda se sia davvero possibile far accadere qualcosa di importante in un secondo. Seppur la risposta non sia molto chiara, noi sappiamo come, al di là delle tempistiche, l’istinto giochi un ruolo fondamentale: basta un secondo per mischiare le carte e vincere una partita che non avresti mai pensato fosse tua.

Prendo una strada che non so dove mi porta
Mille domande senza neanche una risposta
Sembra strano, ma è come un viaggio e sono solo
Non so dove sei e dove sono

 

Mecna. Fonte: Rolling Stone

Ma in questo viaggio – per ora- mentale, pare ci sia l’eco di voci ormai lontane che vanno a comporre il testo di una canzone maledetta. Tra le righe la speranza di farcela e la dannazione.

Esistono davvero stati d’animo universali da indossare per ogni situazione?La risposta la ritroviamo in Non mi Va/Con Te

Ogni cosa ha il suo tempo
Ogni scelta ha il suo costo finché siamo convinti di quello che siamo
Può darsi che possiamo cambiare idea

È chiaro, condividere qualcosa richiede prima di tutto desiderio e cura da parte di entrambi, Mecna lo sa bene.

Se tu non fossi venuta a salvarmi non avrei capito niente di me

È qui che vediamo emergere il lato dolce che scaccia via le diverse dosi d’ansia e paure ossessive. Sembra che proprio alla fine della canzone, quei demoni di cui parlava nei testi precedenti siano diventati suoi amici: disturbano, dissanguano, ma permettono qualsiasi tipo di difesa nonostante sappiamo bene in quale posto abitino.

Non è la fine

Sei ancora a bordo? Quello che abbiamo intrapreso è stato un brevissimo viaggio nell’album Mentre Nessuno Guarda di Mecna. Forse ascoltandolo ti renderai conto di non essere poi così diverso da lui e inizierai a sentirti vicino al suo mondo: fragile ma schietto, pieno ma mai completo perché ogni volta aggiunge qualcosa in più senza togliere nulla di ciò che è già dentro.

Spesso, quando si parla di un cantante, si pensa sia necessario sviluppare una lunga lista di aneddoti biografici o varie curiosità. Ma anime come noi hanno bisogno di assaporare alcuni silenzi e sentire, invece, nello stomaco, alcune parole, al di là della storia di chi scrive.

Mecna  fuori dai suoi testi è un uomo, come tutti gli altri: attualmente vive a Milano, si è laureato con lode allo IED (Istituto Europeo di Design) di Roma e realizza diverse collaborazioni musicali, sempre raccontandosi nell’intimo.

Annina Monteleone

 

 

 

 

 

 

Atlas: la vita come un’arrampicata

Il tocco mai banale del regista e l’interpretazione magistrale della De Angelis in uno dei drammi più interessanti di quest’anno – Voto UVM: 5/5

Atlas, del regista Niccolò Castelli, racconta la storia della protagonista Allegra, interpretata magistralmente da una Matilda De Angelis  in una delle sue migliori prove drammatiche, giustamente premiata come Miglior Attrice al Taormima Film Festival.

Niccolò Castelli e Matilda De Angelis al Taormina Film Fest

La montagna di Allegra

Le vicende prendono luogo sulle Alpi e seguono, ispirandosi liberamente, una storia realmente accaduta. Un gruppo di giovani ragazzi appassionati d’arrampicata decide di cimentarsi in una sfida: scalare le montagne della catena dell’Atlante in Marocco, volendo ambire a qualcosa di più rispetto alle montagne che sono abituati a scalare tra Svizzera ed Italia. Arrivati in cima i ragazzi si fanno promessa di provare nuove esperienze, cercando nuove vette da scalare, dando prova così di grande forza d’animo e vitalità.

A questo punto però, il film non segue più le loro vicende e veniamo spostati su un piano diametralmente opposto: ritroviamo la protagonista completamente sconvolta da quello che capiamo essere stato un evento tragico avvenuto in Marocco, comprendiamo quindi che il suo viaggio non è andato a finire nel migliore dei modi e che soprattutto i suoi compagni non sono tornati a casa assieme a lei.

Matilda De Angelis nei panni di Allegra. Fonte: iodonna.it

E’ qui che la pellicola comincia a mostrarci il suo vero volto, mettendo in mostra gli stati d’animo di Allegra, facendoci entrare davvero in sintonia con la protagonista e ritraendo quella che può essere una psiche spezzata: Allegra non parla più con i genitori, non cerca nuovi contatti e quelli vecchi non riescono più a darle nessuno stimolo che la porti con la mente lontano dalla sua continua sofferenza.

L’occhio del regista sulle emozioni

Tutto il lavoro sulla pellicola serve di fatto a farci avvicinare a lei: il lavoro metodico del regista, che riesce benissimo a puntare l’obiettivo mettendo in risalto sia la protagonista che ciò che le sta attorno. La maniera confusa in cui vive ciò che ha intorno a sé, così come il suo dramma interiore, che vediamo messo in risalto da frequenti primi piani sull’attrice (autrice anch’essa di una grande prova), sono la dimostrazione di un lavoro consapevole da parte di Castelli, che non ha creato qualcosa di banale – come invece poteva accadere dato il soggetto – ma anzi è riuscito a costruire una storia con delle inquadrature che non sbagliano quasi mai e lavorano in simbiosi con De Angelis mentre percorre la strada di Allegra.

I vari passi che la portano ad affrontare i suoi traumi vengono sanciti da un’alternarsi di ricordi con la vita odierna: vediamo quindi il passato per come viene affrontato da Allegra, andando a scavare sempre più a fondo mano a mano che si va avanti nella pellicola e le emozioni vengono sempre di più a galla.

L’obbiettivo del film è qui chiaro: raccontare di una risalita umana, in una maniera che, con tatto, renda anche giustizia a quella che è stata una tragedia vera, vissuta da persone vere.

Allegra e Arad. Fonte: cinemany.ch

C’è infine il lavoro dell’intero cast che va a interpretare i personaggi secondari, anch’essi colpiti a fondo dallo stesso dramma. Uno dei personaggi che hanno maggior risalto è quello di Arad, interpretato da Helmi Dridi,  che si rivelerà un incontro centrale per Allegra: il loro rapporto, complicato all’inizio, diverrà il punto di svolta nella storia della protagonista e il momento in cui anche noi spettatori scopriamo tutti i suoi traumi mentre Allegra li affronta, dopo aver tenuto dentro di sé il dolore e la rabbia della perdita.

Verdetto

Il film, per concludere, riesce quasi perfettamente nel suo intento, con l’unica pecca di non aver forse dato abbastanza risalto ai personaggi secondari. Sbaglio comunque perdonabile in quello che risulta essere uno dei drammi più interessanti di quest’anno, nonché una delle migliori prove attoriali che ci auguriamo possa essere un’ulteriore vetrina per il talento di Matilda De Angelis

Matteo Mangano

Taormina Film Fest: La Signora delle rose

Alla quinta serata del Taormina Film Fest , viene presentato La signora delle rose ( La fine fleur), diretto da Pierre Pinaud e con Catherine Frot nei panni della protagonista; i due sono, oltretutto, anche intervenuti sul palco prima della proiezione. Questa pellicola francese, ad ogni modo, non era in concorso.

Le redattrici di UniVersoMe con l’attrice protagonista Catherine Frot al Taormina Film Fest

Trama

La Signora delle rose narra le vicende di Eve Vernet (Caterine Frot), proprietaria di una piccola azienda che produce rose, lasciatagli dal padre; questa però si trova in grave difficoltà economica per via dell’accanita concorrenza della imponente impresa avversaria di Lamarzelle (Vincent Dedienne). Quest’ultimo, infatti, ha una visione anche molto diversa rispetto a Eve: vede la coltivazione delle rose solo come un’industria. Vera (Olivia Cote), unica fedele dipendente e aiutante di Eve, assume tre lavoratori in reinserimento sociale, Fred (Melan Omerta), Samir(Fatsah Bouyahmed)e Nadège (Marie Petiot), senza nessuna conoscenza agricola.  Sarà Eve, all’inizio molto contraria e titubante, ad istruirli sul processo di coltivazione delle rose.  Speciale sarà anche il legame che si creerà tra la protagonista ed uno di questi, Fred, giovane problematico che cerca di riallacciare i rapporti con i genitori che lo respingono. Grazie ad Eve, non solo troverà una nuova famiglia da cui sarà amato e apprezzato, ma scoprirà un suo nuovo e speciale talento.

Personaggi

Eve con i suoi tre apprendisti – Fonte: ciakmagazine.it

Eve, la “Signora delle rose”, è una donna molto forte e determinata; a tratti potrebbe apparire anche troppo testarda e ferma nella sua idea di mantenere l’azienda indipendente a tutti i costi. Commovente è – come abbiamo già detto –  il rapporto che si instaura con Fred: entrambi sono solitari, senza una famiglia e così Eve diverrà come una madre per lui, lo accoglierà in casa sua e lo porterà a credere in sé stesso e nel suo talento innato. L’attrice, già molto apprezzata in Italia ne La cuoca del presidente, porta sul grande schermo un’interpretazione autentica.

Non meno rilevante è il personaggio di Fred: ragazzo con un passato costellato di rapine e altri crimini vari, è molto chiuso ed ha difficoltà a legare con gli altri all’inizio. L’attore, come anche l’attrice che interpreta Nadège, è un esordiente, scelto appositamente dal regista per una performance la più realistica possibile: dopo tutto anche Fred nel film si trova a dover imparare qualcosa di nuovo!

Curiosità sul film

La proiezione del film al teatro antico di Taormina è stata senza alcun dubbio suggestiva ed interessante, sia naturalmente per la particolare location, sia – a mio parere – per la scelta di mantenere la lingua originale: questo ha contribuito a proteggere l’individualità culturale e artistica del film. Ovviamente, per agevolare la visione al pubblico che non comprende il francese, sono stati aggiunti i sottotitoli.

Un’altra caratteristica che ha reso questa pellicola così piacevole da vedere è la cura data alle inquadrature in molte scene. In particolare, quando Eve si trova nei suoi campi di rose, si assiste a delle riprese simili a dipinti.

Come in un dipinto impressionista. © Ilaria Denaro

Un film che ti lascia un sorriso

La signora delle rose racchiude in sé molti elementi tipici della commedia francese: una certa leggerezza e un umorismo sottile. L’intreccio è molto lineare e semplice, il che rende la pellicola piacevole da seguire; si possono intravedere anche tematiche sociali racchiuse nella storia di personaggi come Fred, ma senza andare a disturbare la leggerezza del film.

La signora delle rose è il genere di film che alla fine potrà non lasciare un messaggio o una morale, ma donerà allo spettatore un senso di tranquillità e – perché no – anche un sorriso.

Ilaria Denaro

 

L’impronta di un’epoca dentro i ghiacciai: Groenlandia e Global Warming

Desidereremmo che alcune circostanze restassero confinate. Invece si muovono facendosi strada. Quando sentiamo parlare di riscaldamento globale forse ancora fatichiamo a comprendere cosa significhi e forse ci sembra fin troppo incredibile come stia così tanto condizionando la vita sulla Terra.

La Terra: un corpo in continuo mutamento

Studi scientifici hanno rilevato diverse variazioni della temperatura nella storia della Terra. Il pianeta ha attraversato ere glaciali, ossia periodi molto freddi, alternate a ere interglaciali, periodi più caldi. E in questo alternarsi si sono rilevate varie cause, dal cambiamento di ellitticità dell’orbita terrestre all’inclinazione dell’asse di rotazione e ai suoi moti di precessione. Cause naturali a cui si sono aggiunte le perturbazioni legate alle eruzioni vulcaniche, e dunque alla dispersione di anidride carbonica e di polveri varie.

Attorno al 950 d. C il cosiddetto Optimum Climatique Médiéval (Periodo Caldo Medievale) investì la regione del Nord Atlantico, durando circa cinquecento anni. Tra il 1020 e il 1190 soltanto una volta l’Islanda si ritrovò circondata dai ghiacciai. È in quest’arco temporale che venne fondata la prima colonia groenlandese.

Dalla metà del XIV secolo alla metà del XIX secolo l’intero pianeta ha invece conosciuto la Piccola Era Glaciale (PEG), caratterizzata da un abbassamento critico della temperatura globale. I ghiacci polari raggiunsero il Nord della Scozia e a Londra il Tamigi rimase congelato per 14 settimane consecutive. Tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta del XVII secolo numerose furono le nevicate in Italia e Torino si ricoprì di neve per 144 volte.

Oggi, dall’inizio del XX secolo, parliamo di riscaldamento globale.

Riscaldamento globale: cause e conseguenze del global warming
Fonte: ilnavigatorecurioso.it

Gli esperimenti e le scoperte di Miller

Lo scienziato Gifford Miller e il suo gruppo hanno ricondotto la PEG a una forte attività vulcanica tropicale tra il 1275 e il 1300 e replicatasi nel 1500. A questa seguì un intenso freddo nell’area settentrionale del globo, accompagnato dall’espansione del ghiaccio e dall’indebolimento delle correnti atlantiche.

Quest’ultimo problema è molto attuale. Uno studio pubblicato su Nature Geoscience a Marzo 2021 dimostra come una di queste correnti, la corrente del Golfo,  si stia affievolendo. Questa fa parte dell’enorme ingranaggio che prende il nome di AMOC (Atlantic meridional overturning circulation) e che sposta l’acqua calda dai Tropici verso Nord. Durante il processo essa evapora, si raffredda e guadagna una maggiore quantità di sale. Tuttavia, l’acqua dolce dei ghiacciai che si sciolgono ha indebolito del 15% la corrente.

In definitiva, ciò viene ricollegato al crescere della temperatura terrestre: i ghiacci si sciolgono, l’AMOC viene disturbato, il gelo si abbatte su alcune zone.

A lungo andare, questo porterà a un congelamento dell’Europa, perché la corrente non mitigherebbe più il clima, e a un aumento del livello dell’acqua lungo la East Coast americana.

Una fondamentale corrente oceanica dell'Atlantico si sta indebolendo - Focus.it
Fonte: focus.it

È sempre Miller con i colleghi a visitare l’Artico ogni estate da circa quarant’anni. Presso le isole Baffin in Groenlandia, gli scienziati hanno raccolto dai bordi di calotte in scioglimento alcuni campioni vegetali. La datazione al radiocarbonio ha permesso di determinare che le piante emerse sono state sepolte per un minimo di 40.000 anni fino a un massimo di 120.000 anni. L’entità del riscaldamento è tale da aver cambiato completamente la loro condizione. Nelle parole del ricercatore dell’INSTAAR (Institute of Arctic and Alpine Research) Simon Pendleton:

“everything is melting everywhere”.

La Groenlandia, simbolo dei cambiamenti climatici: dall'antica terra verde all'attuale scioglimento dei ghiacciai
Fonte: meteoweb.eu

Ma cosa succede in Groenlandia?

È la situazione groenlandese ad aver attirato molta attenzione. L’isola è sempre più vicina a uno scioglimento definitivo dei ghiacciai. È su questo punto che l’Istituto Potsdam per il clima e l’Università Artica della Norvegia si concentrano. Gli studiosi ritengono che, anche qualora il riscaldamento globale dovesse conoscere una fase stagnante, i ghiacciai della Groenlandia continuerebbero a disgregarsi. In mezzo ai timori, gli studiosi non smettono di fare ricerca. Concentrarsi sulla Groenlandia significa focalizzarsi sull’indicatore principale del riscaldamento a livello globale.

Maps of maximum annual surface melt on the Greenland Ice Sheet derived from the MOD29 MODIS monthly ice surface temperature (IST) product of Greenland (2000-2016). 
Rappresentazione grafica dello scioglimento dei ghiacciai nel territorio groenlandese dal 2000 al 2016. Fonte: A Multilayer Surface Temperature, Surface Albedo, and Water Vapor Product of Greenland from MODIS

I blocchi di ghiaccio della Groenlandia si sciolgono ogni dodici mesi rilasciando tonnellate di acqua negli oceani. Ogni blocco corrisponde circa a un chilometro quadrato. Da ciò l’innalzamento del livello del mare, da ciò l’emergere di coste mai viste, da ciò la modifica dei modelli climatici globali.

Greenland Ice Sheet Today | Surface Melt Data presented by NSIDC
Percentuale di scioglimento dei ghiacciai nell’anno corrente. Si può ben notare un aumento del fenomeno rispetto al periodo 1981-2010. Fonte: http://nsidc.org/greenland-today/

Dall’inizio del 2018 gli esperti effettuano analisi in zone lontane dall’area groenlandese. In particolare hanno realizzato opere di carotaggio della crosta terrestre nel mare di Ross, in Antartide. Si tratta di operazioni simili a quelle di Miller nell’Artico. Mediante queste si è in grado di studiare le fluttuazioni di temperatura, e quindi quei problemi prima citati.

Tutto ciò ci rende ancor più consapevoli delle reali condizioni della Terra. In questi giorni a Banak, nel nord della Norvegia, si sono raggiunti i 34,4 °C, e temperature abbastanza elevate si sono registrate anche a Kevo, in Finlandia, e in Lapponia. L’Islanda sta attraversando una fase di eccessivo caldo anomalo. Il Canada è colpito da vasti incendi e molti sono stati i decessi ricondotti all’ondata di calore. È un’allerta fin troppo importante, e verso cui convergono deforestazioni, allevamenti intensivi, incremento di gas serra nell’atmosfera.

Ondata di caldo in Canada: I fulmini provocano incendi da record nella Columbia Britannica - Avanti live
Fonte: avantilive.it

Non solo scioglimento dei ghiacciai

Al momento in Groenlandia vi è anche un altro rischio per l’ambiente e per l’uomo. Jon Hawkings della Florida State University e i suoi colleghi hanno analizzato campioni di acqua dei fiumi della zona sud-occidentale, scoprendo come essa contenga una concentrazione di mercurio dieci volte superiore a quella di un normale fiume. I ghiacciai scorrono dalla terraferma verso il mare, intrappolando le particelle di mercurio contenute nelle rocce sottostanti, che vengono infine rilasciate in acqua. La quantità di mercurio raggiunge le 42 mila tonnellate all’anno.

Scioglimento Ghiacciai Groenlandia: alto inquinamento di Mercurio
Fonte: 3box.it

Allo scioglimento dei ghiacciai si accompagna quindi un fattore inquinante non meno rilevante. Ancora una volta è a rischio la natura con i suoi abitanti.

L’immagine che si presenta fa paura. È però proprio questa immagine a far riflettere su una situazione che non è distante da noi. Ciò che accade in Groenlandia, ciò che accade al polo, ciò che sembra a noi estraneo, bussa anche alle nostre porte. La natura non è invincibile, così come noi che l’abitiamo. Proprio per questo ricordiamo di batterci per lei. Ricordiamo di essere noi a non poter fare a meno di lei.

Giada Gangemi 

A Classic Horror Story: tra horror e realismo

Un classico horror non banale che va a scovare gli orrori della società – Voto UVM: 5/5

Come ormai sapete, noi di UVM, abbiamo partecipato al 67esimo Taormina Film Fest, un onore per tutti noi, un’esperienza che ha dato maggiore prestigio alla nostra redazione.

Tra i tanti film presentati durante la rassegna, vi è stato A Classic Horror Story, primo film horror prodotto da Netflix proiettato al quarto festival più antico al mondo. Insomma, un privilegio: è sempre bello essere tra i primi, ma soprattutto essere ricordati per aver assisitito alla premiere di un film non banale – anzi- pieno di colpi di scena e di suspence, che l’hanno reso ancora più memorabile.

I tre redattori di UVM assieme alla protagonista Matilda Lutz.

Ma di cosa parla il film? Chi fa parte del cast? Chi sono i registi? Non preoccupatevi, tra un po’ le vostre domande avranno una risposta.

A Classic Horror Story (2021)

Il 14 Luglio, uscirà sulla piattaforma streaming Netflix “A Classic Horror Story”, pellicola di genere horror – come si deduce dal titolo. 

Cari lettori, parto dicendo che l’horror è il mio genere preferito e da un paio di anni non è stato prodotto un horror (fatta qualche eccezione) che mi abbia soddisfatto appieno, ma questa perla firmata Netflix, ha sodisfatto appieno le mie aspettative. Dietro la cinepresa troviamo ben due cineasti, i loro nomi sono Roberto De Feo e Paolo Strippoli, due giovani registi che con la loro arte e simpatia sono arrivati a raggiungere un traguardo che in pochi possono vantare-difatti l’ultima notte del festival di Taormina, i due sono stati premiati per la miglior regiaportandosi a casa l’ambito Toro d’Oro.

Roberto De Feo e Paolo Strippoli, alla prima di ” A Classic Horror Story” . © Alessia Orsa

Il cast, è già noto al pubblico: Matilda Anna Ingrid Lutz, Francesco Russo, Peppino Mazzotta, Will Merrick (II), Yuliia Sobol.

La bellissima Matilda, protagonista della fortunata pellicola, interpreta la giovane e sfortunata Elisa che è in viaggio con un gruppo formato da un medico, una giovane coppia e l’organizzatore della spedizione.

Il film è ambientato in Calabria (terra dell’antica Magna Grecia), ma girato interamente in Puglia. Tornando alla trama, lo sfortunato gruppo, durante la guida, per non colpire la carcassa di un animale morto, perde il controllo del mezzo e si schianta contro un albero; da lì in poi il film si farà più cupo e il telespettatore percepisce ansia e paura per il gruppo.

Cari lettori mi fermo qui, non voglio dilungarmi troppo: dovrete attendere il 14 e toccherà a voi giudicare il film o semplicemente gustarvi la pellicola.

Musica

Un punto fondamentale di questo horror, è la musica: in fondo quest’ultima dà un tocco in più alle opere cinematografiche.

Il film si apre e si chiude con la voce di Gino Paoli  nella canzone Il cielo in una stanza, una delle canzoni più belle del panorama musicale italiano. Durante tutta la durata della pellicola, la musica si fa inquietante creando tensione e ansia nel telespettatore: i due registi hanno giocato bene le loro carte anche musicalmente.

Tematiche

Il film oltre ad incarnare il classico horror, è riuscito a ritrarre bene anche la nostra società attuale. I due temi principali sono quello della mafia e della pornografia del dolore. Il primo è un morbo che soffoca la nostra terra, in cui l’omertà è legge; il film è riuscito in modo ironico a “schiaffeggiare” questo morbo, mostrandoci come essa sia il vero horror.

I due registi durante la conferenza stampa hanno dichiarato che loro stessi hanno voluto trattare il tema della mafia e non Netflix. Il film si pone quasi come una presa in giro verso la ndrangheta e gli stessi De Feo e Strippoli hanno ammesso di essere stati costretti  nominare la Calabria per ragioni «folkloristiche», ma in fondo l’Italia in generale viene associata all’estero con la mafia. Insomma, i soliti cliché, che, anzichè sconfiggere la mafia, ne fanno una «glorificazione» che la rende ancora più grande.

“A Classic Horror Story”: locandina. Fonte: Netflix

Altro tema centrale è la pornografia del dolore, che è andata a fortificarsi con l’avvento dei social. I due registi sono riusciti in modo sublime e con sarcasmo a descrivere questa tematica che oramai attanaglia tutti noi. Per chi non lo sapesse, la pornografia del dolore è quella tendenza di trarre godimento dal dolore altrui e rimanere inermi, ma pronti a documentare il tutto con il proprio cellulare, pronti a condividerlo nelle proprie storie e bacheche.

Forse i due registi hanno voluto dire che ormai è la nostra società ad essere diventata “un classico horror” e non solo le opere cinematografiche e letterarie di questo genere. Un horror che va a rompere la patina di un mondo che vive di immagine, rappresentazione e in cui l’empatia pian piano viene dimenticata.

 

                                                                                                                  Alessia Orsa

Una nuova legge in Norvegia obbliga a segnalare l’uso del fotoritocco

Il Parlamento norvegese ha votato una legge che obbliga influencer e aziende a segnalare il fotoritocco nelle immagini pubblicate sui social. L’obiettivo? Combattere la kroppspress (la pressione corporea).

Erna Solberg, primo ministro norvegese – Fonte: www.ansa.it

Le immagini come questione politica

Le immagini non sono soltanto immagini. Sarebbe un’illusione pensarlo. Le foto sui social network non riproducono semplicemente la nostra vita ma la plasmano.  Sono veicolo di un “dover essere” che esercita una certa influenza, seppur inconsciamente, anche sui più restii.

Le immagini, oggi, non sono soltanto la rappresentazione della realtà, piuttosto la stessa realtà in cui viviamo.  Riconoscere che la modalità dell’esistenza sociale è quella delle immagini, significa ammettere che quella delle foto è ormai una questione politica.

E il fatto che in Norvegia le foto siano state protagoniste di un dibattito in Parlamento è da attenzionare perché dice qualcosa di importante: le immagini hanno una tale rilevanza sociale da necessitare una seria riflessione e un’azione politica.

La kroppspress

A muovere i politici norvegesi è stata la tematica della “kroppspress”, la pressione corporea, cioè il senso di inadeguatezza e la bassa autostima  di fronte agli standard di bellezza proposti dalle foto sui social network che, talvolta, possono sfociare in gravi disturbi psicologici.  “La pressione del corpo è sempre presente, spesso impercettibile, ed è difficile da combattere”, ha affermato il ministero in una nota.

Nel mirino le foto ritoccate che diffondono ideali di bellezza irreali e irraggiungibili.  L’obiettivo, ha spiegato il ministro della famiglia del Paese scandinavo, è fare in modo che bambini e giovani

«si accettino per come sono, perché le foto ritoccate producono un’immagine distorta del corpo».

La legge e la reazione degli influencer

La legge, approvata lo scorso 2 giugno e che entrerà in vigore dall’estate del 2022, obbliga aziende e influencer a segnalare le immagini con corpi ritoccati da filtri, app e programmi grafici tramite un apposito logo fornito dal ministero della Famiglia. La nuova normativa riguarderà qualsiasi alterazione che influisca sull’aspetto delle dimensioni del corpo, della forma o del colore della pelle, compreso anche l’uso di semplici filtri di Instagram. Ogni modifica dovrà essere resa esplicita. Le violazioni della legge saranno punite con multe salatissime.

Nonostante possa rappresentare un limite all’attività degli influencer, è stata accolta con largo favore dal mondo degli influencer norvegesi, per esempio da Janka Polliani e Kristin Gjelsvik, due tra le più seguite in Norvegia. Non solo. Alcuni influencer, attraverso i media locali, hanno chiesto di estendere i controlli alle immagini in generale.

Janka Polliani – Fonte: www.vixen.no

Kristin Gjelsvik – Fonte: www.kk.no

La bassa autostima è una male sociale

Non è una norma di facile applicazione; necessita di un ulteriore dibattito per superare alcune difficoltà e rispondere agli interrogativi che essa pone: le regolazioni dell’illuminazione o della saturazione nelle foto saranno considerate violazioni? Come rendere il controllo concretamente operativo? Sarà sempre facile capire se una foto è stata ritoccata?

Tuttavia, si tratta di una legge rivoluzionaria non solo perché, come già detto, fa delle immagini una questione politica ma anche perché diffonde una consapevolezza nuova: la bassa autostima, nella società delle immagini, non è un problema individuale, è piuttosto un male sociale che rischia di compromettere la qualità della vita e, in quanto tale, deve essere affrontato collettivamente attraverso azioni politiche.

Influencer contro la perfezione ideale

Sulla stessa questione, in febbraio, si era già pronunciata l’ASA, advertising standard authority, che gestitsce l’industria pubblicitaria nel Regno Unito, vietando l’uso, nelle pubblicità sui social media, di filtri che esagerano l’effetto dei prodotti. Da quel momento è diventato obbligatorio per le influencer in UK dichiarare quando utilizzano un filtro beauty per promuovere skincare e cosmetici in generale, pena l’esclusione dai social media.

L’azione dell’ASA rispondeva  alla campagna #filterdrop, lanciata da Sasha Pallari, attivista beauty, make-up artist e modella di 29 anni che già dal 2019 ha smesso di usare filtri mostrando la sua pelle al naturale e che nel 2020 ha coniato l’hashtag #filterdrop postando un video di se stessa senza filtri e invitando i suoi followers a fare lo stesso.

Dal profilo instagram dell’influencer Sasha Pallari

In Italia ClioMakeUp si è pronunciata sul pericolo dell’uso dei filtri soprattutto per i più giovani. In un post dello scorso 13 aprile che la ritraeva al naturale ha scritto:

“Mai come oggi con i social il paragone diventa così facile e può portare a delle ossessioni o forme di depressione. A volte la leggerezza con la quale si usano i filtri per migliorarsi il viso, e anche in generale la vita, mi fa paura”.

Di recente, a farsi paladine della bellezza al naturale sono state anche l’attrice Matilda De Angelis e l’influencer Aurora Ramazzotti che sui social non hanno nascosto la loro acne.

Matilda De Angelis al naturale su instagram – Fonte: www.tg24.sky.it

 

 

 

 

Chiara Vita

Ma vissero davvero felici e contenti? Ecco Honeymood, candidato al 67esimo Festival del Cinema di Taormina

Il film non è ambizioso e non mira a raggiungere vette, ma rimane piuttosto godibile pur nella sua semplicità – Voto UVM: 3/5

Le fiabe ci hanno insegnato sin da bambini a credere nel lieto fine, quel momento in cui i problemi dei protagonisti innamorati si risolvono quasi per magia e possono finalmente convolare a nozze lasciandosi dietro il tormentato passato. Ma è proprio così? E se dopo il lieto fine ci fossero altri problemi?

Honeymood (2020), commedia romantica targata Spiro Films e diretta dall’israeliana Talya Lavie, si chiede proprio questo. La pellicola – che, tra l’altro, è in concorso al 67esimo Taormina Film Festival – racconta l’odissea vissuta da due neosposi: Eleanor (Avigail Harari) e Noam (Ran Danker). Ma nel loro piccolo universo, che si apre in una stanza d’albergo, si staglieranno molto presto numerose altre figure pronte a metterli alla prova. Ed allora la prima notte di nozze si trasformerà in una missione: riconsegnare un anello alla misteriosa ex dello sposo. Lo sfondo è quello della città di Gerusalemme, di notte, e delle strade in penombra che contribuiscono a realizzare l’intento della regista di presentare una Gerusalemme romantica, prima ancora che città sacra.

L’occhio fedele della telecamera ci renderà partecipi delle loro peripezie senza lasciarli nemmeno per un secondo, anzi, per giunta seguendoli stando loro alcuni passi dietro. Effettivamente, la sensazione che lascia questo film è proprio quello di non riuscire a stare dietro all’imponente climax di eventi presentati dalla trama: non appena si pensa di aver sfiorato il ridicolo, ecco che si sprofonda ancor di più.

Ciò si deve all’impronta umoristica che la Lavie ha voluto dare, assieme ad un tocco di nonsense che in una commedia non fa mai troppo male. Un’opera che se la gioca ben bene dal punto di vista della regia (la regista ha studiato cinematografia a Gerusalemme negli anni della giovinezza), ma che lascia un po’ a desiderare circa la scrittura – specialmente quella dei personaggi. La stessa ha ammesso, durante una conferenza stampa tenuta a Taormina, che il film non intende essere prettamente realistico.

I protagonisti Eleanor (Havigail Harari) e Noam (Ran Danker) – Fonte: asianmoviepulse.com

I personaggi

Il vero cuore della pellicola non è caratterizzato né dalla trama né dalla regia: sono i personaggi. È proprio per questo che una maggiore cura dei loro profili psicologici avrebbe, magari, reso il film ancor più godibile. Ma andiamo per ordine.

Eleanor (Avigail Harari) è la protagonista in assoluto. Frenetica, eccessivamente attiva, un’anima drammatica con molti difetti (non pecca di capacità manipolative) ma che, per qualche motivo, piace a tutti quelli che incontra. Soprattutto alle guardie di Netanyahu. La prima impressione che se ne potrebbe avere è quella di una Jess di New Girl. Il suo tratto distintivo è l’essere tremendamente capricciosa, cosa che fa infuriare il marito ma che, allo stesso tempo, la rende adorabile agli occhi di lui. Oltre ad essere infantile, Eleanor si dimostra anche molto ingenua nei confronti degli altri, tendendo a non distinguere le buone intenzioni da quelle cattive.

Noam (Ran Danker) è il classico tipo privo di energia la cui anima gemella è – quasi per caso – una persona con fin troppa energia. Anche lui è un personaggio che presenta moltissimi difetti: dall’essere irascibile al dipendere ancora dai genitori pur essendo in età adulta; dall’incapacità di opporsi alle prevaricazioni della gente all’inettitudine nei confronti della moglie. Anche quando sembra che il personaggio ottenga finalmente un’evoluzione, si finisce per tornare nei medesimi schemi: ne viene fuori che la sua era solo una ribellione verso i genitori.

Vi sono poi un ex ragazzo, un’ex ragazza, varie guardie dell’esercito, un gruppetto di ragazzetti ingrati, un’infermiera, i genitori dello sposo e tutta una galassia costruita attorno alle due stelle polari. La regista ha rivelato di essersi immedesimata in entrambi al momento della costruzione della storia: prima nella sposa, poi una nuova riscrittura dal punto di vista dello sposo. Un tratto che accomuna i due – si può dire – è quello di essere l’una l’opposto dell’altro e ciò ne scatena un’incredibile chimica, resa anche grazie al talento degli interpreti.

Eleanor e Noam in una scena del film – Fonte: flipscreened.com

Il cinema israeliano al TAO Film Fest

Il cinema israeliano è ancora un astro in ascesa che inizia a dare i suoi frutti, ma che si prospetta senza dubbio promettente. L’opera in questione è un prodotto italo-israeliano, difatti l’italiana Marika Stocchi è stata scelta come coproduttrice ed il contributo italiano si è avuto anche in postproduzione, colore e mixing (realizzati nei laboratori di Roma prima della pandemia).

Al festival di Taormina la regista ed Elisha Banai (Michael, ex ragazzo di Eleanor) si sono presentati con profilo basso e grande ottimismo, ritenendosi onorati di aver avuto l’occasione di proiettare la propria pellicola. All’attore è stata poi posta una domanda riguardante il tema del matrimonio a cui ha risposto – in pieno stile Honeymood – con un secco: «Non saprei, al momento sto divorziando».

Valeria Bonaccorso

Turismo in allarme: mancano migliaia di lavoratori stagionali

Nel vivo della stagione turistica, sono molti gli imprenditori del turismo che, nelle ultime settimane, si sono lamentati della mancanza dei lavoratori stagionali, come baristi, camerieri, cuochi, addetti alle pulizie, bagnini.

Gli imprenditori in allarme

L’allarme corre un po’ per tutta la penisola. Come riportato dal quotidiano La Repubblica, il presidente pugliese e vicepresidente nazionale di Federalberghi Francesco Caizzi ha affermato: “Nel settore alberghiero pugliese mancano almeno seimila persone, ossia il trenta per cento del fabbisogno totale che è di circa 25mila lavoratori”.

Lo stesso Emanuele Frongia, presidente di Confcommercio Sud Sardegna, ha espresso la sua preoccupazione per la mancanza, in Sardegna, di diverse migliaia di persone fra lavapiatti, addetti di sala e alla reception, camerieri, sommelier.

Difficoltà anche in Toscana, come emerge dalle parole di Stefano Gazzoli, presidente dei balneari della Toscana di Confesercenti: “Nelle chat degli operatori toscani c’è una ricerca frenetica, specie per i lavoratori dei servizi accessori di bar e cucina”.

La situazione è difficile anche in Emilia-Romagna dove mancano, secondo l’associazione Albergatori di Rimini e Confcommercio, 7mila lavoratori stagionali, 5mila nel settore ricettivo, balneare e negli alberghi, 2mila nella ristorazione.

Colpa del reddito di cittadinanza?

Tutto questo sembra essere un paradosso se si pensa all‘aumento di disoccupati registrato dall’ Istat: molti non hanno un lavoro, eppure mancano i lavoratori.

Massimo Gravaglia – Fonte: www.initalianews.it

La ragione maggiormente plausibile per spiegare questa situazione è che sembrerebbe che gli italiani preferiscano percepire il reddito di cittadinanza, piuttosto che finire in balia del mondo del lavoro italiano, da sempre e ora ancor più problematico. A puntare il dito contro gli aiuti erogati da parte dello Stato è lo stesso ministro del Turismo, Massimo Garavaglia:

uno dei temi è certamente il reddito di cittadinanza, su cui si deve intervenire. Perché un intervento dello Stato deve essere temporaneo, se si dà l’idea che sia strutturale distorce il mercato“.

La pensano allo stesso modo gran parte degli imprenditori:

molti stagionali godono del reddito di cittadinanza o di altri sistemi di sostegno legati al Covid: legittimo, ma c’è una gran fetta di persone che accontentandosi di questa situazione non si dedica più al lavoro stagionale“, ha affermato Stefano Gazzoli.

Però, non si può semplicisticamente accettare questa spiegazione. Infatti, se il reddito di cittadinanza, che in media ha un valore mensile inferiore ai 500 euro al mese, può entrare in competizione con uno stipendio reale, è perché, evidentemente, lo stipendio proposto ai lavoratori di questo settore è inadeguato rispetto alle ore e alle condizioni di lavoro.

Il vero problema è che nel turismo vengono offerti posti di lavoro di scarsissima qualità, con salari da fame“, ha detto  Christian Ferrari, segretario regionale della Cgil in Veneto.

Le inchieste del Fatto Quotidiano

Le inchieste realizzate dal Fatto Quotidiano, che ha provato a fare colloqui con albergatori e titolari di stabilimenti balneari della Riviera Romagnola, riprendendoli con telecamera nascosta, mostrano perfettamente le assurde condizioni di lavoro offerte nel settore del turismo.

Sette giorni su sette senza alcun giorno di pausa nei tre mesi estivi e “se uno non è abituato a questi ritmi, si deve abituare”, dice il gestore di un hotel. Lo stipendio? 1500 euro al mese, ovvero 4 euro l’ora. C’è poi il gestore di un lido che cerca un addetto spiaggia anche senza brevetto da bagnino, disposto a svolgere diverse mansioni: mettere a posto le sdraio, richiudere gli ombrelloni, pulire la spiaggia. Il tutto sotto il sole dell’estate romagnola, dalle sette del mattino fino alla sera alle ventidue, con due ore di pausa al pomeriggio. “E se sto male?” chiede il presunto dipendente, “ma nel caso uno viene al lavoro lo stesso, ti metti nella casetta a riposare sperando che ti ripigli”, risponde l’imprenditore. Per 11 ore di lavoro al giorno la paga è di 1300 euro al mese. “Ma sulla busta paga ti segniamo sei ore e quaranta al giorno, anche se tu poi ne farai di più”, specifica il titolare.

Dopo le assurde offerte di lavoro, alcuni imprenditori spiegano, addirittura, come comportarsi nel caso di controlli:

se viene un controllo, devi dire che fai sei ore e quaranta e che hai il giorno libero. Sai che devi fare il giorno libero, ma che non sai quando lo farai perché cambia sempre in base ai turni. Questo è quello che devi dire, ma poi la realtà è un’altra. Lo sappiamo noi, ma la sanno anche loro“.

Non solo reddito di cittadinanza e pessime condizioni lavorative

In realtà, la questione è complessa e non può essere ricondotta ad un’unica ragione. Sicuramente i ridicoli contratti di lavoro offerti nel settore influiscono. Sicuramente influiscono anche i sussidi offerti dallo Stato, non solo il reddito di cittadinanza, ma anche il reddito di emergenza, i bonus concessi alle categorie interessate dagli effetti dell’epidemia, tra cui gli stagionali. Da considerare anche  il sussidio di disoccupazione, per accedere al quale sono cambiate le regole da marzo 2021: non è più necessario aver lavorato almeno trenta giornate nell’anno precedente e allo stesso tempo è stata sospesa la riduzione del 3% mensile del sussidio dopo il quarto mese dalla prima erogazione.

Ci sono anche altre motivazioni, più strettamente legate al Covid. A causa delle chiusure, delle incertezze sulle date e sulle modalità di riapertura, i titolari si sono trovati impreparati e si sono occupati delle assunzioni all’ultimo minuto: “La cautela dei titolari delle attività  non ha permesso la programmazione delle assunzioni che sono arrivate all’ultimo minuto in attesa di sicurezze su una ripartenza vera. Questo ovviamente richiede di trovare personale già formato, una persona non può imparare questo lavoro in 15 giorni”, ha spiegato Carlo Scrivano, il direttore dell’Unione Provinciale Albergatori di Savona.

C’è anche da considerare che, quest’anno, la stagione è partita più tardi ed è dunque più breve: alcuni dipendenti probabilmente hanno preferito attività con tempi di assunzione più lunghi piuttosto che 70 giorni di lavoro. “Ovvio che lavorare per 3 mesi o 6 è diverso che lavorarne poco più che due”, ha dichiarato sempre Scrivano.

La pandemia può aver influito sui lavori di stagione anche in altri modi:  probabilmente alcune persone, per preoccupazioni sanitarie, hanno evitato di scegliere lavori che prevedono un costante contatto col pubblico. Si pensi, poi, che una parte dei lavoratori stagionali sono studenti universitari fuorisede, che in molti casi nell’ultimo anno non hanno vissuto nelle città dei loro atenei, dove pagavano un affitto lavorando per esempio nei bar o nei ristoranti.

Chiara Vita

Test numero programmato: pubblicato il bando

Sono stati pubblicati i bandi per l’ammissione ai corsi di laurea a ciclo unico a numero programmato a livello nazionale per l’anno accademico 2021/2022. Tra le possibilità di scelta abbiamo: Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Protesi Dentaria, Medicina e Chirurgia in lingua Inglese, Medicina Veterinaria.

Come iscriversi?

  • Medicina Veterinaria, Medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi Dentaria:

Dal 30 giugno al 22 luglio 2021 ore 15 italiana, iscriviti sul portale Universitaly e su Esse3 e paga il contributo di partecipazione.

  • Medicine and Surgery:

Dal 30 giugno al 22 luglio 2021 ore 15 italiana, iscriviti sul portale Universitaly pagando il contributo indicato sul portale.

Posti disponibili

Posti disponibili suddivisi per test e tipologia – Fonte: bando unime

Quando si terrà la prova di ammissione?

  • Medicina e chirurgia, Odontoiatria e Protesi Dentaria: 3 settembre 2021
  • Medicina in lingua inglese: 9 settembre 2021
  • Medicina Veterinaria: 1 settembre 2021

Modalità di svolgimento della prova

La prova consiste nella soluzione di 60 quesiti a risposta multipla (cinque opzioni di risposta), tra cui il candidato deve individuarne una soltanto. I quesiti sono divisi in cultura generale, ragionamento logico, biologia, chimica, fisica e matematica.  Ha una durata complessiva di 100 minuti, al termine dei quali la prova dovrà essere consegnata. Il punteggio massimo è di 90 (novanta) punti. Il punteggio per ogni domanda si divide in:

  • 1,5 punti per ogni risposta esatta;
  • -0,4 punti per ogni risposta errata;
  • 0 punti per ogni risposta omessa.

Per essere idonei all’ammissione in graduatoria è necessario ottenere un punteggio minimo pari a 20 punti.

Quando verranno pubblicati il punteggio e la graduatoria?

  • Medicina e chirurgia, Odontoiatria e Protesi Dentaria:
    • Potrai visualizzare il tuo risultato in forma anonima il 15/09,
    • potrai prendere visione del tuo test giorno 24/09,
    • la graduatoria sarà invece disponibile dal 28/09.
  • Medicina in lingua inglese:
    • Potrai visualizzare il tuo risultato in forma anonima il 23/09,
    • potrai prendere visione del tuo test giorno 01/10,
    • la graduatoria sarà invece disponibile dal 06/10.

Cosa aspetti? Iscriviti ad UniMe, sei il benvenuto!

Per ulteriori informazioni

Bando Medicina, Odontoiatria e Medicina Veterinaria

Bando Medicina in lingua inglese

Livio Milazzo