Gibellina: La Land Art più grande del mondo le dà nuova vita

Il terremoto e la ricostruzione

Gibellina, un comune della provincia di Trapani, situato nella suggestiva Valle del Belice, è il protagonista di una storia di rinascita straordinaria che affonda le radici nel tragico terremoto del 1978. Quell’evento devastante, che provocò centinaia di vittime e migliaia di feriti e senzatetto, segnò profondamente la comunità, lasciando dietro di sé solo macerie e ricordi dolorosi di perdita e distruzione.

Dopo il terremoto, Gibellina si trovò a dover affrontare la difficile sfida della ricostruzione e del recupero della propria identità. Ludovico Corrao, il sindaco del comune ormai distrutto, avvertì un profondo desiderio di riscatto tra gli abitanti. Fu lui a riconoscere nell’arte un potente mezzo per riportare dignità e speranza in un luogo che sembrava aver perso ogni cosa.

Difatti, Gibellina Vecchia si trovava in una posizione geografica scomoda, su una collina abbastanza isolata, motivo per cui, al di là del terremoto, stava subendo un inevitabile spopolamento. Si decise, dunque, di dedicare quel luogo esclusivamente alla memoria e di creare un nuovo nucleo abitativo a pochi minuti da essa, ma allo stesso tempo più vicino all’autostrada e, di conseguenza, decisamente più accessibile.

Il potere dell’arte

Il compito di trasformare le rovine in un simbolo di rinascita fu affidato all’artista Alberto Burri. Quest’ultimo, con grande sensibilità, concepì il monumento noto come il “Grande Cretto“. Utilizzando il cemento come medium, Burri creò un velo che avvolge le macerie degli edifici e percorre le strade del paese, trasformando il dolore in un’opera d’arte imponente. La semplicità dell’architettura lascia spazio alla memoria del luogo che diventa la protagonista dell’opera. Il Grande Cretto non solo rappresenta la più grande land art del mondo, grande orgoglio Siciliano, ma incarna anche un significato profondo, simbolo di resilienza e forza di una comunità determinata a emergere dalle sue ceneri.

Cretto di Gibellina
Cretto di Gibellina. Fonte: https://www.artwort.com/2016/07/20/speciali/cult/cretto-burri-gibellina/

Gibellina Nuova

Gli abitanti, intanto, diedero vita a Gibellina Nuova. Anche questa nuova comunità lascia ampio spazio all’arte, venendo concepita come un grande museo a cielo aperto. Si distingue per l’uso creativo del cemento, con cui sono formate gran parte delle strutture, che funge da collegamento tangibile con il Cretto di Gibellina Vecchia. Artisticamente curata, Gibellina Nuova ospita più di 60 opere ed installazioni realizzate da artisti e architetti di fama internazionale.

Arco d’ingresso a Gibellina Nuova. Fonte:https://www.quotidianocontribuenti.com/belice-e-altre-storie-la-stella-di-consagra-brilla-per-il-centenario/

All’ingresso un arco, la Stella del Belice, accoglie i visitatori, diventando il simbolo distintivo della città nuova.

Vi sono poi la Montagna del sale, una struttura in cemento, vetroresina e pietrisco con all’interno 30 statue di cavalli in legno, nata come scenografia dello spettacolo “La sposa di Messina”;

Il MAC, Museo Civico di Arte Contemporanea, che racchiude circa 400 opere di varie recenti correnti artistiche;

il Tappeto volante, realizzato con quasi 50 mila cordicelle di canapa che riproducono un effetto simile alle Muquarnas della Cappella Palatina di Palermo, oggi situato al Museo delle trame mediterranee, dedicato al sindaco che rese possibile una ripresa per il paese, Ludovico Corrao.

Il 2019 ha segnato un ulteriore passo avanti con l’inaugurazione del Museo del Grande Cretto di Gibellina, ubicato all’interno dell’unica struttura sopravvissuta al terremoto: la Chiesa di Santa Caterina.

La Chiesa Madre di Ludovico Quaroni – Gibellina Nuova. Fonte: https://www.spaghettievaligie.it/gibellina-museo-cielo-aperto/

Conclusioni

Arrivare alla collina che ospita questa grande opera non è semplice, ma il silenzio del luogo, immerso nella campagna dell’entroterra trapanese, lascia spazio ad una malinconica bellezza.

In conclusione, Gibellina oggi, oltre ad essere un vero e proprio simbolo di rinascita, in grado di mostrare il potere dell’arte e di una comunità unita per far risplendere il proprio territorio, si mostra anche come grande attrazione turistica che, ogni anno, accoglie eventi culturali di vario genere.

 

Antonella Sauta

Fonti:

https://luoghidelcontemporaneo.beniculturali.it/grande-cretto-

https://luoghidelcontemporaneo.beniculturali.it/gibellina-nuova-

Samuel L. Jackson: 75 anni di grande cinema!

Cinefilo o meno, sicuramente sarà capitato a tutti almeno una volta di vedere Samuel L. Jackson in una delle sue fantastiche interpretazioni! L’attore, con una filmografia che conta più di centoventi pellicole, ha spesso sorpreso il pubblico con i suoi personaggi, divenendo ormai un tassello della storia del cinema contemporaneo. Con l’avvicinarsi del suo settantacinquesimo compleanno non ci resta che guardare indietro e ammirare la sua carriera.

Samuel L. Jackson: dove tutto ebbe inizio

Samuel Leroy Jackson nasce a Washington il 21 dicembre del 1948, vivendo la propria infanzia solo con la madre e i nonni materni, per via dell’alcolismo del padre. Dopo essersi laureato al Morehouse college ad Atlanta, inizia la sua carriera nel cinema. In questi primi anni, oltre a comparire in qualche spot pubblicitario e a lavorare con la Negro Ensemble, una compagnia teatrale di cui ha fatto parte anche Morgan Freeman, ottiene le sue prime parti in alcune note pellicole, quali Il principe cerca moglie di John Landis.

Ezechiele 25:17: la pluridecennale collaborazione con Tarantino

Jackson
Samuel L. Jackson nel ruolo di Jules in Pulp Fiction. Fonte: variety.com

Successivamente alla partecipazione in importanti opere cinematografiche come Quei bravi ragazzi di Martin Scorsese e Jurassic park di Spielberg, Samuel L. Jackson trova il suo regista del cuore, con il quale lavorerà in moltissime pellicole. Stiamo parlando di Quentin Tarantino! Che si tratti del protagonista o di un personaggio secondario, Quentin sembra trovare sempre spazio per Jackson nelle sue storie. Ad ogni modo, il ruolo che ha reso l’attore così famoso è il personaggio di Jules in Pulp fiction. Il film, uno dei più noti del regista al grande pubblico, racconta le vicende di due gangster, Jules e Vincent, di un pugile e della moglie di un boss della malavita, Mia Wallace: le storie di questi personaggi finiranno per intrecciarsi in un continuo alternarsi di azione, violenza e comicità.

Altre pellicole di Tarantino che hanno visto Jackson nel ruolo del protagonista sono Jackie Brown, dove interpreta Ordell Robbie, un mercante d’armi, e The hateful eight. Samuel L. Jackson riveste anche dei ruoli secondari in Django Unchained e in Kill Bill- volume 2.

Nick Fury nel MCU e Mace Windu in Star wars

Samuel L. Jackson si afferma da subito per la propria bravura come attore e versatilità nell’interpretazione dei personaggi. Jackson riesce a passare da Jules al maestro jedi Mace Windu con una spontaneità inaudita. La trilogia di Star wars a cui l’attore ha preso parte è un prequel nella serie cinematografica: queste sono le ultime tre pellicole della saga ad essere dirette dall’ideatore del franchise George Lucas.

Negli ultimi anni Jackson è entrato a far parte di un nuovo grande universo, il Marvel Cinematic Universe, nei panni del direttore dello S.H.I.E.L.D.  Nick Fury, un temibile ed impavido agente con un occhio solo. Pur non essendogli stato garantito (ancora) un film o uno show da solista, Fury è un personaggio molto presente in diverse pellicole del MCU, specialmente negli Avengers, fino a Endgame, e in Captain Marvel.

Samuel L. Jackson nei panni del maestro Mace Windu in Star Wars. Fonte: movieweb.com

Spike Lee: il riadattamento americano di Oldboy

Da non dimenticare, nella filmografia di Samuel L. Jackson, è anche la collaborazione con il regista afroamericano Spike Lee. L’attore, soprattutto durante la prima parte della sua carriera, ha infatti preso parte a vari film del regista premio Oscar. Fra i tanti ricordiamo Aule turbolente (School Daze), primo musical diretto da un regista afroamericano, Jungle Fever del 1991, e il più recente Oldboy (2013). Quest’ultimo, remake del film di Park Chan-wook uscito nel 2003 e basato sull’omonimo manga Old Boy, vanta un cast del tutto eccezionale con Elizabeth Olsen, Rami Malek e lo stesso Samuel L. Jackson.

Purtroppo per Samuel e per il resto della banda però, il film-remake di Spike Lee non è riuscito a competere con il cult del 2003 elogiato, tra l’altro, dal sopra citato Quentin Tarantino: “il film che avrei voluto fare io”.

L’alienante (e alienato) Oldboy del 2013 è un film profondamente politico, – come del resto tutta la filmografia di Spike Lee, – in cui tutto si svolge in un “nonluogo”. Politico perché la storia del protagonista si presta benissimo alla parabola americana di quel periodo, tra crisi sociale e governativa. Un “nonluogo” poiché lo spettatore, provando a riconoscere l’America tra i protagonisti della pellicola, rimarrà deluso nell’apprendere che questa potrà essere vista solamente in poche e fredde immagini di telegiornale. Difatti, l’America non c’è. E la sua “crisi”, mostrata solo di riflesso, finisce per rendere il film un mero “exploitation”. Un falsario firmato Spike Lee.

Samuel L. Jackson in Oldboy. Fonte: thefilmgordon.com

Jackson: il sodalizio di una grande star di Hollywood

Samuel L. Jackson ha dato tutto il suo talento a Hollywood, e continua a darlo nonostante i suoi quasi 75 anni d’età. Nel 2022 l’Academy Awards lo ha voluto premiare con quello che forse è il premio più prestigioso a cui un attore può aspirare: l’Oscar alla carriera. Si tratta della prima statuetta che l’attore ottiene dall’Academy, che si va ad aggiungere al premio BAFTA come miglior attore non protagonista in Pulp fiction e a tante candidature sfortunata ai Golden Globe e agli Oscar. Non ci resta che augurargli buon compleanno per il 21 dicembre e ringraziarlo per il grande cinema che ci ha regalato!

Ilaria Denaro

Domenico Leonello

Scolopendra

Dicembre
e illuminavi
i viali di
stinti ricordi
ognuno
del secondo precedente

Ho provato
a incollarli
con il biadesivo
a inalare
il liquido di sviluppo
a cercarti
nei più cremisi angoli
della camera oscura
Volevo leggere le pellicole
come foglie di tè
per far finta di conoscerti
per nome

Il passato
è una catena arrugginita
ancorata
alla mia carotide
e il tuo
è un tiro alla fune
unilaterale

Chiara Tringali

*Immagine in evidenza: illustrazione di Marco Castiglia

Willy Wonka, la nuova rappresentazione perbenista del personaggio

Wonka
Nuova versione della storia di Willy Wonka, ironica, divertente e anticonformista. Voto UVM: 2/5

 

Quest’anno alla magia del Natale si unisce anche la magia del cinema con Wonka, prequel sullo stravagante Willy Wonka. Dopo Gene Wider nel 1971 e Johnny Depp nel 2005, ora è Thimothee Chalamet ad interpretare il personaggio ideato da Roald Dahl nel suo romanzo La fabbrica di cioccolato. Wonka, distribuito nei cinema italiani dal 14 dicembre, è diretto da Paul King e vanta un cast d’eccezione: oltre alla presenza di Chalamet, nuova stella di Hollywood, ritroviamo anche Olivia Colman (la regina Elisabetta in The crown), Hugh Grant e Sally Hawkins (La forma dell’acqua).

Willy Wonka: dolce come un cioccolatino

Thimothee Chalamet (Dune, Bones and all) non poteva che essere un Willy Wonka anticonformista; giovane, di bell’aspetto e soprattutto ingenuo. Diversamente dalle versioni precedenti questo aspirante cioccolataio, lui è un mix di tanti ingredienti, quasi come quelli che Wonka utilizza per fare il cioccolato. In questo modo, riesce a distinguersi e a distaccarsi dalle altre precedenti rappresentazioni cinematografiche del personaggio.

Wonka
Thimothee Chalamet in una scena del film. Fonte: Warner Bros.

Sa sa sa prova

Se l’iniziativa è quella di andare a vedere la fabbrica di cioccolato, dovete sapere che si tratta di… un musical, e mi spiace ammettere che la scelta di tradurre le canzoni in italiano, forse non è stata un’ottima idea. La traduzione dei brani ha fatto perdere parte della magia che veniva magari trasmessa maggiormente dai testi originali.

Per cui, abbiamo un Willy Wonka interpretato da Thimothee Chalamet che, in generale, all’apparenza sembra abbia 18 anni piuttosto che 27 (è chiaramente un complimento), un musical in italiano e uno dei personaggi principali alto un metro e venti, una bambina. Sembra che questa pellicola strizzi l’occhio proprio al pubblico più piccolo, soprattutto perché rende accessibile a tutti la storia, grandi e piccini.

NoodleS per tutti

Pochi minuti dopo l’inizio del film entra in scena un personaggio che il pubblico non saprebbe  se identificare come quello principale. La storia di Willy Wonka diventa la storia di Noodle, una bambina rimasta orfana e condannata a vivere una vita rinchiusa in una lavanderia, gestita da una signora alquanto avida e per molti versi furba, la signora Scrubbit; la stessa che trarrà in inganno il povero signor Wonka. Probabilmente in un’altra vita avrà conseguito la laurea in legge, perché proprio per via di un contratto, anche Willy resterà suo prigioniero.

Meno cento punti a Grifondoro!

In verità, pensare ad Harry Potter nel momento in cui il titolo del biglietto acquistato è un altro, la trovo un po’ un’eresia, ma l’atmosfera che crea Wonka sembra essere paradossalmente simile! Si potrebbe pensare che il tocco di David Heyman, produttore di tutte ed otto le pellicole della serie cinematografica sul mago più famoso del mondo, sia diventata una testata.

Probabilmente manca quel piccolo accenno di oscurità del personaggio che dava unicità al film e allo stesso protagonista. L’aspetto più importante di Wonka sembra venir meno e di conseguenza la riuscita della pellicola fallisce nell’intento. Mentre questa sfumatura cupa sembra essere sviluppata ampliamente nella versione de La fabbrica di cioccolato diretta dal noto regista Tim Burton con Jonny Depp, qui sembra venire a mancare del tutto.

Momento perfetto, tempismo sbagliato

In un’epoca storica come questa, con la sensibilità di adesso, rivisitare un film del genere deve cercare di comunicare qualcosa al pubblico, ma in maniera più completa e marcata. Willy Wonka, descritto sia nei libri che nei film, è una persona che si nasconde dietro il suo difficile modo di esprimersi e rapportarsi al mondo, ma che paradossalmente mette in luce una serie di realtà. Probabilmente una scelta azzardata ma non da scartare potrebbe essere una seconda visione, per apprezzare di più la pellicola.

Asia Origlia

Marco Bellocchio: il grande cinema a Messina

Lo scorso 7 dicembre 2023, Marco Bellocchio, noto regista, sceneggiatore, produttore e docente di cinema, è stato insignito dall’Università di Messina del dottorato di ricerca honoris causa in Scienze Cognitive, curriculum Teorie e tecnologie sociali, territoriali, dei media e delle arti performative. Nel pomeriggio della stessa giornata, è stato ospite al Messina Film Festival Cinema & Opera ed ha partecipato alla consegna del premio per miglior cortometraggio a tema, vinto dalla giovane regista Maria Francesca Monsù Scolaro con il filmCon-Divise.

Biografia di Marco Bellocchio

Marco Bellocchio nasce il 9 novembre 1939 a Bobbio, in provincia di Piacenza ed è durante la frequentazione delle scuole salesiane che scopre la sua grande passione per il cinema, che lo porta a frequentare il Centro sperimentale di cinematografia di Roma, dove si diploma come regista nel 1962, sotto la guida di Andrea Camilleri. Il suo primo lungometraggio, I Pugni In Tasca, realizzato alla giovane età di ventisei anni, gli garantisce la selezione al Festival del film Locarno e vince il premio  Vela d’argento nel 1965. In questa e in altre pellicole come La Cina è Vicina (1967), premiato con il Leone D’Argento al Festival di Venezia, ha dimostrato il suo anticonformismo, mettendo a nudo l’ipocrisia borghese e facendo riferimento ai moti del’68.

In moltissimi dei suoi lungometraggi, caratterizzati da un procedere piuttosto calmo e lento, traspaiono i suoi interessi sociali e politici. Alcuni tra i titoli più noti sono Buongiorno, Notte (2003) in cui racconta il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro; Il Traditore (2019), relativo al mondo della mafia. Il culmine della sua carriera è stato raggiunto proprio quest’anno con Rapito, in cui racconta il caso di Edgardo Mortara.

 

Il regista Marco Bellocchio con il prof. F.Vitella. Ph. © Ilaria Denaro

Dottorato honoris causa a Marco Bellocchio

Non ho più l’età per perdere la testa, ma sono estremamente felice

Sono queste le parole pronunciate da Bellocchio, una volta insignito del dottorato. Egli è stato accolto come membro dell’Università di Messina dai docenti Alessandra Falzone, Coordinatrice del Dottorato in Scienze Cognitive; Carmelo Maria Porto, Direttore del Dipartimento di Scienze Cognitive; il Prorettore Vicario Eugenio Cucinotta; il Direttore Generale Francesco Bonanno e il Decano Antonio Panebianco.

Marco Bellocchio
Da sx Carmelo Maria Porto, Direttore del Dipartimento di Scienze Cognitive,il Prorettore Vicario Eugenio Cucinotta, il Decano Antonio Panebianco, il Direttore Generale Francesco Bonanno. Ph.©Ilaria Denaro

 

La Laudatio, invece, è stata affidata al professore Federico Vitella, ordinario di Cinema, fotografia e televisione, che è stato il primo sostenitore del conferimento del titolo a Bellocchio e che, con il suo discorso, ha ripercorso le tappe principali della carriera del regista.

Abbiamo l’onore di consegnare il dottorato – ha esordito – al più grande regista italiano vivente. Esponente del nuovo cinema italiano degli anni Sessanta, ha saputo innovare l’arte cinematografica, svecchiandone la narrazione e spalancando le porte al cinema moderno. Ha saputo anche rinnovare costantemente sé stesso, pur rimanendo fedele a uno stile inconfondibile, come la scelta dell’inquadratura lunga o della teatralità dello spazio, ed alcuni temi che definiscono il suo orizzonte poetico.

Queste, invece, le parole di Bellocchio:

Questo titolo, che arriva dopo la Laurea Honoris Causa alla Iulm, non sarà qualcosa che metterò al muro e lascerò impolverare, ma un segno davvero importante, una conferma e una soddisfazione che mi dà ancora più voglia di lavorare e creare. […] Stiamo mettendo a fuoco questo progetto che è una serie in sei episodi su Enzo Tortora. In questi mesi cerco di non distrarmi in nessun altro progetto, poi vedremo, prima di tutto vediamo di farlo e di farlo bene. Poi se uno ci pensa, ci sono tanti progetti da realizzare, da Giovanni Pascoli o storie molto internazionali come il processo di Norimberga, per esempio, però il nostro lavoro è molto concreto, bisogna capire se ci sono anche le possibilità economiche per poterlo fare; quindi, ci misuriamo sempre con il possibile. […] Il Dottorato Honoris Causa ricevuto in questo affascinante contesto mi inorgoglisce molto e mi impegna a rispondere ad una responsabilità in più. Dovrò compiere una meticolosa ricerca, al di là della gloria, dei traguardi o degli onori, che possa essere fortemente umana nell’ambito di un mestiere molto pratico, abituato a mediare tra diverse esigenze per produrre i suoi risultati. Il riconoscimento odierno testimonia l’entusiasmo per il mio lavoro e mi dona ancora più forza e convinzione per continuare a fare ciò che mi piace. Ai giovani, dico di essere entusiasti e di indagare a fondo per comprendere se il cinema è davvero la loro più grande passione da inseguire con tutte le energie di cui dispongono.

Nel pomeriggio, poi, come detto in precedenza, il regista è stato ospite al Messina Film Festival Cinema & Opera, ed in questa occasione, sono stati proiettati quattro dei suoi lavori: I pugni in tasca (1965); Vincere (2009); Addio del passato (2002); Pagliacci (2016).

 

Giorgio Maria Aloi

Sanremo Giovani: racconti di vita e sfumature d’amore

Dicembre porta con sé, oltre i profumi di pan di zenzero e dolciaria varia, un lieve odore di fiori freschi, i fiori di Sanremo. Perché sì, è vero che siamo a Natale, ma la nostra mente comincia a volare a quei giorni in cui tutta l’Italia si riunisce per cinque intensi giorni di musica.

Per questo, noi di UVM, in mezzo a questo clima natalizio, vogliamo trasportarvi sul palco dell’Ariston, puntando i riflettori sulle 12 canzoni dei giovanissimi autori che, giorno 19 dicembre, si sfideranno per stabilire i 3 fortunati vincitori che completeranno la rosa dei big in gara. Scopriamole insieme!

Bnkr44 – Effetti speciali

In questo brano, il gruppo di Villanova, ci racconta la difficoltà dell’amore giovanile pieno di sfumature contrastanti, attraverso il racconto di una storia ormai al declino.

Si lo so è stato bello però
abbiamo solo vent’anni

La cornice narrativa, posta su una serie di parallelismi tra il mondo cinematografico e la realtà della fine di una relazione, ci rimanda ad un distacco dolceamaro ma non drammatico.

Suoni elettronici e acustici si fondono in questo pezzo pop fresco ma mai banale.   

Voto 5/5. 

GrenBaud – Mama

Un pezzo frenetico che ci porta in una vita sfrenata, fatta di desideri lussuosi e l’incostante incertezza di farcela, di riuscire a tornare a casa. Il tutto mentre la madre sta a casa in ansia.

La canzone dello streamer non convince, non dice niente di diverso da quello che dice ormai ogni rapper/trapper della scena musicale, ma fatta peggio.

Voto 2/5.

Lor3n – Fiore d’inverno

Può un fiore sbocciare d’inverno? Purtroppo, la risposta è no!

Un passato ormai tramontato, che va via via sfumando ma che continua ad occupare un posto nella memoria, il continuo rimpianto di ciò che poteva essere ma non è stato.

se ho dato speranza ad un fiore
che in fondo nasceva in un tempo sbagliato
d’inverno

Tutto questo è Fiore d’Inverno, il singolo in gara di Lor3n, una dichiarazione d’amore suonata al pianoforte che, con una serie d’immagini dal sapore poetico, ci riporta al tempo vivo di una relazione matura ma concepita in un tempo sbagliato.

Voto 5/5

Tancredi – Perle

La nuova canzone di Tancredi, giovane cantautore uscito dal talent Amici, ci racconta una storia d’amore dai forti contrasti. Da un lato troviamo lei, una ragazza sognatrice che si perde nel blu del cielo, dall’altro lato lui, pieno di paranoie e insicurezze che guarda il pavimento.

ma io non sono niente
quando guardi il cielo azzurro io guardo le piastrelle

Mix tra indie e pop, tra sogno e realtà, dove in un rapporto altalenante, incontriamo l’eco della solitudine.

Voto 5/5

 

Dipinto – Criminali

Vita vissuta nelle periferie campane, le condizioni in cui crescono molti giovani nei quartieri difficili tra criminalità e voglia di riscatto sociale.

Dipinto, in questo brano old school, ci racconta una storia a lieto fine, dove queste cose “anormali” sono totalmente superate.

Voto 3/5

Nausica – Favole

Come nelle favole, cerchiamo sempre un lieto fine che tarda ad arrivare, che non arriva, troppo spesso desiderato e mai pienamente compiuto.

Favole, il brano di Nausica, parla proprio di questo, della ricerca della felicità, di quel lieto fine tanto atteso per dire che, a volte anche le favole hanno ragione.

La voce di Nausica accompagnata dal suono dell’arpa rende questa canzone davvero unica.

Voto 4/5

Clara – Boulevard

Diventare grandi, essere adulti, non ci da il dono dell’infallibilità anzi, ci fa rendere conto che tutti i nostri punti di riferimento sono esseri umani come noi, ognuno con le proprie fragilità.

Un racconto intimo quello portato sul palco da Clara che, con la sua Boulevard, vuole rendere omaggio alla madre che l’ha resa la donna che è oggi, ma è anche un invito per tutti coloro che si trovano in difficoltà a chiedere aiuto, perché “nessuno si salva da solo”.

Voto 4/5

JacopoSol – Cose che non sai

Pressioni, stress, paura di non farcela, pressioni e stimoli che ci portano a sentirci schiacciati, privi del tempo per noi, di fare quello che ci piace.

È di questo che ci parla JacopoSol, con la sua Cose che non sai, attraverso un flusso di coscienza, si mette a nudo mostrandoci le fragilità della nostra generazione.

Voto 3/5

Santi Francesi – Occhi tristi

Per quanto possa essere buio il presente, nessuna notte è troppo lunga per impedire al sole di sorgere, e di conseguenza al girasole di alzare la testa verso di esso.

Occhi tristi è la descrizione perfetta di un rapporto d’amore in cui, nonostante le insicurezze, la necessità di abbandonarsi nelle braccia dell’altro è più forte di tutto.

E con me porterò quel fiore che ti piace
Sarebbe bello disegnare la tua voce

La musica con l’aggiunta di componenti elettronica unita alla profondità del testo, ci catapultano nelle tormente dell’anima quando tutto sembra opporsi, ma il legame amoroso è così forte da non infrangersi.

Perché è bello sapere che il lieto fine può esistere.

Voto 5/5

Vale LP – Stronza

Un brano intimo che si evolve in qualcosa di più universale, il racconto della presa di coscienza di una personalità tossica, che tende a distruggersi e a distruggere.

E trovo mille modi per poterci ferirePer non sentire mai che sta arrivando una fine

Senza peli sulla lingua, Vale LP, ci racconta la storia di un amore dalle dinamiche tossiche, attraverso il punto di vista e la presa di coscienza della persona narcisista.

Voto 4/5

Fellow – Alieno

In una società sempre più conformista e conformata, dove l’unica cosa che conta è essere fighi, Fellow va controtendenza, parlandoci di alienazione sociale unita alle dinamiche d’amore, andando dritto al cuore di chi si sente fuori dal mondo.

E lo sai che ho già piantato una bandiera
su ogni mia nuova insicurezza

Un brano che parla di solitudine, ma anche della bellezza del creare legami con persone che ci capiscono veramente.

Voto 5/5

 Omini – Mare Forza 9oi

Attraverso suoni carichi di esplosivo rock dal ritmo incalzante, gli Omini ci raccontano della tempesta che può nascere tra due individui che, come il mare che può raggiungere forze distruttive, così la passione può arrivare a decuplicare questa forza, facendo diventare esplosivo il “noi”

Voto 4/5 

Gaetano Aspa

Altri 60 di questi, Brad Pitt!

William Bradley Pitt, megli noto come Brad Pitt, nasce a Shawnee (Oklahoma) il 18 Dicembre del 1963 dai coniugi Bill Pitt (dirigente di trasporti) e Jane Etta Hillhouse (consigliere scolastico).

Dopo una brillante carriera da atleta nell’adolescenza, decise di frequentare l’Università del Missouri in giornalismo e grafica pubblicitaria. Abbandonò il mondo universitario a pochi esami dalla laurea per seguire il suo sogno di recitare nei film di Hollywood. Prima di iniziare a recitare ha fatto gavetta lavorando come autista per spogliarelliste in limousine, il trasportatore di frigoriferi e addirittura travestendosi da pollo per promuovere una catena di ristoranti.

Le serie tv come trampolino di lancio

Ad aiutare la sua ascesa nel mondo dello spettacolo sono state principalmente delle parti prese in varie soap opera quali Destini (1987), Dallas (1987), 21 Jump street e Genitori in blue jeans (1987-1989). Raggiunge il successo nel ’91 nel film Thelma e Louise. Al contrario nel 2001 la sua comparsa in Friends (episodio 10 della stagione 8) permise alla serie stessa di sfruttare la popolarità raggiunta dall’attore. Qui Brad interpretò la parte di un ex compagno di liceo di Ross e Rachel (Jennifer Aniston) che ha un conto in sospeso con loro.

Amori, divorzi e Mr. & Mrs. Smith

Le riprese del film Mr. & Mrs. Smith sono iniziate il 21 giugno 2004 e si sono concluse il 15 dicembre 2004. Qui Pitt ha conosciuto l’attrice Angelina Jolie con il quale inizierà una relazione. Questo portò alla fine del matrimonio durato 5 anni tra Pitt e la Aniston. Infatti nel gennaio 2005 i due annunciarono la loro separazione e a dicembre dello stesso anno il divorzio.

Mr. & Mrs. Smith è un film del 2005 diretto da Doug Liman. Brad Pitt e Angelina Jolie interpretano rispettivamente John e Jane Smith. I coniugi Smith sono una coppia in crisi che confessano i loro problemi coniugali all’analista, omettendo però che entrambi sono delle spie che lavorano per agenzie rivali. Entrambi ignorano la doppia vita dell’altro, ma un giorno durante una missione i due coniugi finiscono per identificarsi. Le rispettive organizzazioni gli ordinano allora di eliminarsi a vicenda, ma il conflitto domestico a colpi di pistola non porterà altro che al rinnovato desiderio tra i due.

Il film che ha fatto incontrare e innamorare Angelina Jolie e Brad Pitt, soprannominati i Brangelina, è diventato un cult per essere stato il calcio di inizio della storia d’amore più bella di Hollywood degli ultimi vent’anni il cui finale però è stato drammatico con la separazione nel 2016.

La scena della sparatoria finale ha permesso a entrambi di vincere un MTV Movie Award per il miglior combattimento.

Il curioso caso di Benjamin Button

Il curioso caso di Benjamin Button è un film del 2008 diretto da David Fincher, basato sull’omonimo racconto breve del 1922 di Francis Scott Fitzgerald. La storia inizia nel 1860, anno di nascita del protagonista Benjamin Button. Il bambino nasce con l’aspetto di un anziano, e viene addirittura paragonato ad un ultraottantenne. Il padre Thomas Button, vergognatosi dell’aspetto inquietante del figlio, lo abbandona davanti ad una casa di riposo. Il bambino è, trovato da Queenie e Tizzy Weders che, nonostante siano disorientati dal suo aspetto, decidono di adottarlo. Il piccolo Benjamin, così chiamato dai nuovi genitori, trascorre la sua infanzia intrappolato nel corpo di un uomo anziano. La cosa strana che gli accade è che invece di crescere, più passa il tempo e più Benjamin ringiovanisce; egli è infatti, un uomo fuori dal comune che non riesce ad integrarsi con nessuna generazione.

L’interpretazione di Brad gli è valso il premio per i Critics’ Choice Movie Award e 3 nomination come miglior attore sia per gli Oscar sia per i Golden Globe.

Brad Pitt : Vi presento Joe Black

 

Susan (Claire Forlani) e La Morte (Brad Pitt) in una scena di Vi presento Joe Black. Fonte: Wired

Cosa succederebbe se sapeste tutto della vita e aveste raggiunto ogni soddisfazione dalla vita? Succede che arriva La Morte a voler conoscere il segreto della felicità. Questo è quello che succede a William “Bill” Parrish (interpretato da Anthony Hopkins), un magnate delle comunicazioni che viene avvicinato dalla Morte stessa. Ciò che ha permesso a questa entità di arrivare al mondo terreno è stato mettere fine alla vita di un uomo (interpretato da Brad Pitt) che si era innamorato della figlia di Bill, Susan, impossessandosi del suo corpo. Seppur la storia non lo dia a vedere, la narrazione ha note dolci e romantiche. Il rapporto tra La Morte e Susan che non sa cosa sia l’amore, permette a entrambi di collidere e conoscere un mondo che entrambi non avevano mai provato.

Questo film è valso a Brad una nomination ai Golden Globe e una al Saturn Ward, vincendo solo quest’ultima.

C’era una volta a… Hollywood

In questa ultima pellicola il nostro Brad non interpreta il protagonista, ma il suo migliore amico. Rick Dalton, interpretato da Leonardo Di Caprio, è un attore d’altri tempi e nel 1969 la sua carriera non riesce a decollare. Rick è grande amico del suo stuntman, Cliff Both (recitato dal nostro Brad) e anche lui non riesce a trovare lavoro dopo alcuni atti illeciti e i sospetti su di lui per la morte di sua moglie. In questo film di Quentin Tarantino la chimica tra Di Caprio e Pitt è stata elogiata dalla critica come “una presenza magnetica” quando si trovano insieme. Oltretutto la parte di Pitt riesce ad essere sia un punto di riferimento per il personaggio di Rick Dalton, ma anche l’artefice di alcune sue sventure. Riesce ad essere sia carismatico ma anche misteriosamente inquietante per la questione della moglie defunta. Per alcuni critici è sembrata la migliore interpretazione di Pitt in assoluto data la complessità del personaggio.

Questa interpretazione è valsa al nostro sex symbol il premio Oscar, il Golden Globe, il BAFTA e il Critics Choice Award come miglior attore non protagonista.

Per Brad Pitt i 60 sono i nuovi 20!

In questo articolo vi abbiamo riportato alcuni dei film più di successo dell’attore che hanno segnato la vita e la carriera dell’attore; se ne potrebbe parlare di molti altri, quali Fight Club di David  Fincher o il più recente Babylon di Damien Chazelle. Ora però ci limiteremo ad omaggiare l’attore per i 60 anni che compirà questo 18 Dicembre. Ci auguriamo che anche in questa sua nuova fase della vita sappia stupirci con nuovi ruoli che vadano fuori dagli schemi del suo passato. Tanti auguri Brad!

Salvatore Donato,

Carmen Nicolino

Hunger Games e la distopica filosofia dell’Usignolo e del Serpente

 

Hunger Games
Una versione più “rudimentale” degli Hunger Games ma che riesce comunque a tenere lo spettatore incollato allo schermo. – Voto UVM: 3/5

 

Il prequel/spin-off del franchise diretto da Francis Lawrence è un ottimo motivo per farci tornare a Panem, in cui scopriremo le crudeli origini dei Giochi della Fame e del carismatico, e tutt’altro che “candido”, anti-eroe.

Il film è la trasposizione cinematografica del romanzo di Suzanne Collins pubblicato nel 2020, ed è ambientato durante i 10° Hunger Games.

Benvenuti ai 10° Hunger Games!

Il protagonista è un giovane Coriolanus Snow (colui che diventerà il temuto presidente di Panem): un giovane uomo, determinato a concludere gli studi per fare carriera e ripristinare il fascino del cognome di famiglia con il suo talento. Per questo, a soli 18 anni, non può rifiutare l’offerta di figurare come mentore di un tributo per gli Hunger Games. Il suo compito è di fare da mentore a Lucy Grey Baird, una ragazza povera del Distretto 12.

Nonostante i timori iniziali, Snow e Lucy Grey trovano un modo per affrontare l’arena, soprattutto quando la ragazza dimostra di avere una voce da usignolo.

Una storia d’amore senza lieto fine…

Coriolanus Snow (interpretato da Tom Blyth), a diciotto anni è già ingegnoso e astuto, ed il suo iniziale e genuino desiderio di riscatto, scaturito dal trauma per la perdita prematura di entrambi i genitori, si tramuterà ben presto in cieca ambizione.

Ben lontano dall’essere lo spietato presidente di Panem presentato nella saga principale, Snow mostra spesso le proprie vulnerabilità. Non è totalmente cattivo o spietato nel prequel, così come non è esattamente buono ed innocente. Ed è nelle sue sfumature di grigio che prende forma man mano quella personalità pericolosa che poi incontreremo nella saga principale.

Lucy Gray Baird (interpretata da Rachel Zegler) fa parte dei Covey, un gruppo di musicisti itineranti confinati nel 12 durante i Giorni Bui. Orfana di entrambi i genitori, si guadagna da vivere esibendosi sul palco. Dal carattere libero, frizzante e senza peli sulla lingua, Lucy Gray proprio grazie a queste sue caratteristiche riesce ad attirare su di sé l’attenzione e il favore del pubblico.

Tra i due protagonisti, nonostante le differenti origini, nascerà una storia d’amore non a lieto fine. Coriolanus che inizialmente reputava i giochi solo come una punizione per la passata ribellione, alla fine del film affermerà di aver finalmente capito a cosa servono veramente gli Hunger Games:

“La natura umana è intrinsecamente violenta e Capitol City è l’unica forza in grado di tenere a bada i distretti”.

Hunger Games
Frame del film: Hunger Games – La ballata dell’Usignolo e del Serpente. Distribuzione: Medusa Film.

Curiosità (distopiche) sul fenomeno mondiale Hunger Games

Suzanne Collins nel 2008 ispirandosi a George Orwell ed al suo distopico romanzo 1984, pubblica Hunger Games e ci catapulta per la prima volta a Panem, che altro non è che una versione moderna della orwelliana Oceania ed il set rappresenta, dunque, un futuro post apocalittico.

La Nazione è formata dalla ricca Capitol City e dai dodici distretti controllati dalla stessa Capitol (in origine erano 13, ma quest’ultimo è stato raso al suolo dopo la ribellione). Come suggerisce il titolo del romanzo, il tema chiave è la fame: intesa sia come libertà politica, sia come vera e propria fame, data la povertà di molti distretti.

In memoria di una passata ribellione dei Distretti, ogni anno la capitale organizza gli Hunger Games, un gioco trasmesso in tutte le tv nel quale due giovani per distretto, un ragazzo e una ragazza, vengono selezionati via sorteggio durante la mietitura, per affrontarsi brutalmente in un’arena iper tecnologica e piena di telecamere.

Negli Hunger Games è molto importante come i tributi vengano percepiti dal pubblico: più sono i favoriti e più riceveranno aiuti durante i combattimenti. Questo è ciò che ha dovuto fare Katniss Everdeen (distretto 12 come Lucy Gray), protagonista dei romanzi principali, per sopravvivere e vincere. Quest’ultima interpretata dalla bellissima e talentuosa Jennifer Lawrence.

E mentre Lucy Gray è una performer inserita in un campo di battaglia e costretta a diventare una cacciatrice per la sua sopravvivenza, Katniss è una cacciatrice inserita in un campo di battaglia, costretta a trasformarsi in una performer per la sua sopravvivenza.

In questo mondo la civiltà aliena le persone da ciò che dovrebbe essere reale e naturale, come la stessa Katniss aveva affermato:

“Distretto 12. Il miglior posto per morire di fame in tutta sicurezza”.

Hunger Games
Frame del film: Hunger Games – La ballata dell’Usignolo e del Serpente. Distribuzione: Medusa Film.

Gli Hunger Games visti da Jean Jacques Rousseau

Da Hunger Games ci si può ricollegare a Jean Jacques Rousseau e alla sua L’Origine della disuguaglianza (1755). Nell’opera, Rousseau riteneva che occorre risalire all’origine del tempo e della vita umana per capire l’uomo prima dell’avvento della civilizzazione umana e delle istituzioni che tanto hanno determinato la sua condotta. Ai suoi occhi il potere, la sopraffazione, l’egoismo, la guerra, appartengono al mondo civilizzato e sono sconosciuti all’uomo di natura.

In Hunger Games – La ballata dell’Usignolo e del Serpente, vediamo una versione più rudimentale dei giochi, con una tecnologia scarsa rispetto a quella della saga originale (basti pensare all’arena nella quale dovrà combattere Lucy Gray, molto più piccola e con meno astuzie tecnologiche di quella di Katniss).

Tuttavia, il film è pieno di suspense e di protagonisti affascinanti e coraggiosi che riescono a tenerci incollati allo schermo per tutta la durata del film.

 

Carmen Nicolino

Il grande Lebowski: il rilancio di un cult leggendario

Il grande Lebowski è esilarante e per certi versi grottesco. Voto UVM 5/5

Il grande Lebowski lo scorso 30 ottobre 2023 ha compiuto 25 anni, tornando al cinema nella versione restaurata in 4k, grazie alla Cineteca di Bologna con il suo progetto “Il cinema ritrovato”. Il film, diretto dai fratelli Coen (il ponte delle spie), arriva dopo il clamoroso successo di Fargo (1996, vincitore di due premi Oscar su sette nomination), che venne molto acclamato dalla critica. Considerato un grande classico degli anni ’90, da al pubblico una serie di motivi per guardarlo: cinico, divertente, demenziale e teatrale, ma soprattutto di successo. Il film, candidato sia all’European Film Awards nel 1998 che ai Nastri D’argento nel 1999, ha l’intento satirico di rappresentare la società americana nel periodo successivo alla sconfitta in Vietnam attraverso gli occhi del protagonista, “Drugo”.

Lebowski sono io

Grazie ai fratelli Coen, per 1h e 57 min abbiamo la possibilità di abbracciare lo stile di vita di Jeffrey Lebowski (Jeff Bridges), detto Drugo. Potrei tranquillamente essere io o voi lettori; pigro, svogliato e al tempo stesso ironico, che vive la sua vita in maniera abitudinaria e monotona. Lui è  un hippie che gioca a bowling, beve white russian a colazione, pranzo e cena e parla del più e del meno con i suoi due amici, Walter (John Goodman) e Theodore (Steve Buscemi). Uno non riesce a comunicare col mondo, l’altro, reduce dal Vietnam crede di essere ebreo perché lo era anche la moglie.
Praticamente la tipica vita di un fuori sede che studia all’università.

Walter e Drugo in una scena del film © Working Title Films

Aladino e il Tappeto Magico

Drugo, per uno strano scherzo del destino, si ritrova in una vicenda ricca di avventure che lo coinvolgono dall’inizio alla fine. Il motivo? Un caso di omonimia con tanto di pipì sul suo tappeto e non uno qualunque a quanto pare;  questo è proprio il casus belli del protagonista che sceglie di capirne di più sulla questione. Incoraggiato da Walter, Drugo incontra infatti il suo omonimo che poi sarebbe il suo opposto: miliardario e senza l’uso delle gambe.

Da qui, si può dire che inizia il viaggio demenziale dei due personaggi. Questi si ritrovano in una situazione assurda che assume paradossalmente, i tipici tratti del noir, ma senza essere preso troppo sul serio (tutto per un banalissimo tappeto e non solo!). Attorno a lui si presentano personaggi e situazioni surreali e iperboliche, nichilisti arrabbiati e una donna dai capelli rossi (Julianne Moore) che, amante del buon sesso, abbindola il protagonista.
L’atteggiamento di Drugo nei confronti delle varie vicende createsi nel corso del film, non sono altro che un chiaro manifesto di qualcosa che non c’è più. Drugo è arreso alla società corrotta e vive la sua vita assumendo un atteggiamento di indifferenza rispetto alle cose che ormai sembrano essere fondamentali.

il grande Lebowski
© Working Title Films

Convertiamoci al Dudeismo

Di fronte alla nostra strana condizione umana, apparentemente misera, la filosofia di Drugo propone come soluzione la tranquillità e il menefreghismo. Infatti, esalta la pigrizia e mette da parte le insoddisfazioni, in modo tale da vivere in armonia con la sua natura interiore, che è naturalmente anche nostra e con le sfide che ci riserva la vita.

Bevi anche tu un white russian e fai una partita a bowling con i tuoi amici, che male c’è? L’importante è non confondere tutto ciò con anarchismo poiché il dudeismo richiede a modo suo determinazione anche nella sua pigrizia paradossalmente. E poi, a dirla tutta, chiunque vorrebbe staccare la spina, non pensare ai soldi e preoccuparsi meno di ciò che lo circonda. Ecco, Drugo ci insegna a non essere ipocriti e a “prenderla con filosofia” ma senza fuggire dal problema.

Drugo voleva solo il suo tappeto. Nessuna avidità. È che dava un tono all’ambiente.

Asia Origlia

Castello Gallego – Storia del simbolo di Sant’Agata Militello

L’inizio della leggenda

Come molti luoghi della suggestiva Sicilia, Sant’Agata Militello affonda le sue radici in un mito avvolto nel fascino dell’antico, attribuendo la sua fondazione a uno dei figli di Eolo, sovrano dei venti e delle isole che portano il suo nome. Questi esseri, provenienti da Lipari e migrati sulla ‘terraferma’, plasmarono il territorio assegnato loro dai Sicani, dando vita a una cittadina originariamente chiamata Agatocle, un nome che col tempo si trasformò in Agata.

Un alone di segretezza avvolge anche la leggenda secondo cui coraggiosi navigatori di Catania, colti da una tempesta impetuosa, cercarono rifugio sulle spiagge di Sant’Agata. In seguito, per adempiere a un voto di gratitudine verso la santa protettrice della loro città, trasportarono con sé una statuetta di Sant’Agata, da cui la località avrebbe tratto il suo nome, conservando così gli antichi segreti di un passato avvolto nella suggestione.

In effetti, sembra che l’origine del nome del paese sia da attribuirsi a una modesta chiesa situata nelle vicinanze della zona marina, anche se le tracce di quest’ultima sono ormai irrimediabilmente perdute nel tempo. Tuttavia, la presenza di tale chiesa è attestata da un resoconto di un antico viaggiatore, il quale annotò con cura

“segue appresso a ½ miglio e fondago di Santa Agatta posseduta dall’Illustre signor Barone di Militello […] et li è una chiesa antica pur nominata Santa Agatta”.

Purtroppo, al momento, non si dispone di ulteriori informazioni riguardo a questa misteriosa chiesa. Tale mancanza di dettagli contribuisce a mantenere avvolta nel mistero la storia di Sant’Agata e delle sue origini. Ad oggi, la principale testimonianza della storia santagatese è la presenza del Castello Gallego.

 

Storia del castello

La struttura si presenta come l’evoluzione della cittadina attraverso le varie epoche. Come la maggior parte dei castelli della zona (Castello Larcan-Gravina di Acquedolci), esso nasce prima come torre di avvistamento che aveva lo scopo di difendere e avvertire, in caso di pericolo, le cittadine situate nella zona montana. La prima torre venne edificata intorno al XIV secolo per volontà dei regnanti aragonesi. Nella seconda metà del ‘500 venne affiancata alla prima una seconda torre.

Nel 1573, i nobili aragonesi Gallego, dal quale il castello prende e mantiene il nome, ottengono la baronia dello stesso e dedicano un particolare interesse verso questa struttura. Si nota anche dalla diminuzione degli attacchi pirateschi in quel periodo.

Nel 1628 inizia la costruzione del palazzo circostante alle due torri, destinato ad ospitare i discendenti del Principe Luigi Gallego di Militello per oltre un secolo. L’ultimo erede vendette l’edificio e le terre al Principe Lanza Branciforte di Trabia, che lo adoperò come residenza estiva e mantenne la proprietà anche dopo l’abolizione della feudalità. Nel secolo scorso, il castello ha avuto varie destinazioni, tra cui un’azienda agricola e un ristorante. Solo nel 1991 il Comune di Sant’Agata lo acquisì, riportandolo al suo antico splendore attraverso opere di restauro tra il 2006 e il 2008.

 

Architettura

Il Castello Gallego, con il suo perimetro quadrangolare, delinea un ampio cortile interno. La facciata, caratterizzata dal portale d’ingresso in pietra calcarea bianca locale, è affiancata a destra dalla Chiesa di Maria Santissima del Carmelo. L’androne, accessibile sia a piedi che da carrozze e cavalcature, costituisce l’ingresso principale. Da qui, si accede a due spazi laterali dedicati alla guardia e a una scalinata che conduce all’ala meridionale.

La sala delle guardie offre l’accesso a un ambiente sotterraneo con quattro piccole prigioni.

 

La sala delle guardie, ingresso sotterranei. ©Benedetto Lardo

 

Il vasto magazzino, pavimentato in ciottoli in parte e caratterizzato dal ritrovamento di giare durante il restauro, testimonia la conservazione dei prodotti.

 

Giare rinvenute durante il restauro del magazzino. ©Benedetto Lardo

 

Proseguendo, si trova la scuderia di palazzo, con pavimentazione e mattonelle in ceramica di Santo Stefano di Camastra che rivestono le mangiatoie, mentre un passaggio esterno consentiva l’accesso dei cavalli a questa stanza.

 

Scuderie con mangiatoie rivestite con mattonelle in ceramica di S.Stefano di Camastra. ©Benedetto Lardo

La Torre

La Torre Aragonese, o Torre Saracena, costituisce la parte più antica dell’intero complesso architettonico, con mura dallo spessore imponente di quasi due metri e un pavimento originale in cotto. Al centro di quest’ultimo si trova la bocca di una piccola cisterna d’acqua.

L’anticorpo di questa torre, eretto nei primi anni del XVII secolo, sorge sul luogo della scala in legno retrattile utilizzata per accedere al piano superiore. In caso di minaccia, i milites custodi potevano facilmente salire attraverso una botola ancora visibile.

La seconda torre fu concepita come fortino, ma forse rimase incompleta, presentando uno spessore murario inferiore alla prima.

Il fondaco della carrozza, originariamente la residenza della carrozza principesca ai tempi dei Gallego, successivamente, con il passaggio del castello ai Lanza di Trabia, fu destinato alla lavorazione dell’uva e alla conservazione del vino. Sulle pareti di questa stanza si possono ammirare disegni raffiguranti antiche navi a vela.

La corte costituisce il cuore pulsante del palazzo, fungendo da fulcro per molte attività del castello e offrendo un punto di contatto con il mondo esterno.

Da qui si accede a una scala a chiocciola, sovrastata dallo stemma originale della casata dei Lanza di Trabia. Nonostante le dimensioni ridotte, la scala ha mantenuto a lungo la sua importanza come l’unico mezzo di comunicazione con il piano superiore.

 

Stemma della casata dei Lanza di Trabia. ©Benedetto Lardo.

 

Infine, la Chiesetta di Maria Santissima del Carmelo funge da cappella del palazzo ed è accessibile al pubblico attraverso un’entrata esterna. Da essa prende il nome il Duomo della cittadina.

Oggi

Attualmente, il Castello Gallego si erge come un autentico polo culturale, ospitando la biblioteca comunale, una sala congressi, un ambiente dedicato allo scrittore Vincenzo Consolo, il museo etnoantropologico dei Nebrodi e la pinacoteca d’arte Nino Franchina. Ogni anno, i suoi ambienti sono animati da una variegata serie di eventi culturali.

Benedetto Lardo, Antonella Sauta

 

Fonti:

http://www.comune.santagatadimilitello.me.it/hh/index.php?jvs=0&acc=1

https://visitme.comune.messina.it/it/luoghi/castello-gallego-s-agata-militello