Marefestival Salina: dove cinema e cultura sono di casa

Nel punto dove la cultura si fonde con la bellezza estatica mediterranea, tra spiagge paradisiache e panorami mozzafiato, Salina si fa cornice per uno degli eventi più speciali dell’estate: il Marefestival

Tredici anni di Marefestival

Il Festival, giunto alla XIII edizione, si svolgerà dal 14 al 16 giugno presso il comune di Malfa, anticipato da una serata-anteprima il 13 giugno, sulla terrazza del porto turistico Capo d’Orlando marina, con la partecipazione di Cucinotta, Bouchet, Inaudi e Azzollini.

Durante questa serata, sarà proiettato il film Gli agnelli possono pascolare in pace. Il programma sarà ulteriormente arricchito dalla presentazione del romanzo storico Il grano nero dello sceneggiatore e scrittore Ignazio Rosato, con un dialogo tra Rosato e Fabio Agnello, inviato de Le Iene.

Il Premio Troisi è organizzato dai giornalisti Massimiliano Cavaleri, direttore artistico, e Patrizia Casale, direttrice organizzativa, in collaborazione con Francesco Cappello, Giovanni Pontillo e Nadia La Malfa. La scenografia e l’immagine sono curate da Tina Berenato.

Come ogni anno, la madrina d’eccezione sarà la bravissima attrice siciliana Mariagrazia Cucinotta, la cui storia è legata a Salina e a Troisi, per il suo ruolo nel film il Postino, dove interpretava Beatrice, la musa di Mario (il personaggio di Troisi).

 

Massimo Troisi e Mariagrazia Cucinotta in una scena del film il Postino. Fonte: Cinema amore mio (facebook)

Premio Troisi

 

Voi volete dire allora che il mondo intero è la metafora di qualcosa?

 

Il Premio Troisi, assegnato dal Marefestival Salina, onora figure di spicco del cinema, dello spettacolo e della cultura. Insieme al Festival, questo premio è diventato un tributo significativo, ricco di valore culturale e personale, celebrando le carriere degli artisti.

Nel ricordo di Massimo Troisi, attore straordinario e persona eccezionale, che ha saputo esprimere con semplicità e genialità i  piccoli e grandi problemi  esistenziali, affermandosi come uno dei grandi maestri del cinema italiano.

L’isola di Salina e il film Il Postino, quest’anno particolarmente nel 30° anniversario, rappresentano l’eredità cinematografica di Troisi e il momento della sua definitiva affermazione internazionale.

Ai già 82 premi consegnati in questi ultimi dodici anni, si aggiungono i protagonisti di questa XIII edizione del Festival nelle varie categorie:

Attrici: Barbara Bouchet, Carla Signoris, Francesca Inaudi

Attori: Francesco Pannofino, Alessio Boni, Sergio Friscia

Cantautori: Mario Incudine e Alberto Urso

 Comici: Uccio De Santis

 Produttori: Corrado Azzolini.

 

Marefestival X UniME

Inoltre, quest’anno, è stata stipulata una convenzione per uno stage con l’Associazione “Prima Sicilia” al fine di coinvolgere gli studenti dell’Università di Messina nelle fasi di preparazione e nelle attività del Festival, che si terrà dal 13 al 17 giugno (alla fine della pagina troverete il link per la candidatura).

Gli studenti potranno partecipare a diverse attività, tra cui:

  • Comunicazione, promozione e ufficio stampa
  • Segreteria organizzativa e produzione
  • Direzione artistica

Questa esperienza permetterà agli studenti di acquisire rapidamente competenze specifiche in vari campi, lavorando a stretto contatto con professionisti e personalità di spicco non solo del mondo del cinema. 

 

Gaetano Aspa

 

https://www.unime.it/notizie/marefestival-salina-2024-possibilita-di-stage-studenti-unime

 

Challengers: cambio di gioco

Challengers
Challengers: con questa nuova pellicola Luca Guadagnino produce un nuovo gioiello audio visivo dalla trama avvincente, piena di tensione ed eccitazione- Voto UVM: 5/5

Film dal cast a incastro perfetto: Zendaya (Rue di Euphoria,  MJ in Spider-Man con Tom Holland o Chani in Dune) nei panni di Tashi Duncan, Josh O’ Connor in quelli di Patrick e Mike Faist in quelli di Art; tutti e tre hanno una cosa in comune: il tennis. Due di loro ne hanno un’altra in comune ma diversa da quella precedente, in cui c’entra sempre l’amore e non lo sport. Un teso gioco di seduzione in cui il potere ha un ruolo quasi centrale all’interno della vicenda; assieme alla sete di vincere, alla voglia di sfidarsi e al guardarsi. Tutti elementi sufficienti per creare la dinamica di un triangolo di passione.

Challengers: pronti, partenza…sfida!

L’efficacia della vicenda sta proprio nel fatto che lo spettatore riesce, in maniera chiara, a cogliere il senso del racconto senza il bisogno di contenuti espliciti. Il messaggio è implicito ma anche evidente!
Tra le parole d’ordine c’è soprattutto l’amicizia, quella che lega Art e Patrick, dove entrambi possiedono due personalità di spicco ma molto diverse tra loro, la cosa che dà subito all’occhio infatti è proprio la complicità che paradossalmente li lega, sia sul campo che non. Art è attento, disciplinato e premuroso, ma sa giocare bene le sue carte, mentre Patrick è il tipico talentuoso ma svogliato che si ritrova a dormire nei sedili posteriori dell’auto. Ciò che li accomuna più di tutto è la sfida e la grinta che mettono sul campo che sembra non far schierare lo spettatore da nessuna delle due parti.

Tutto è lecito in guerra e in amore

 

Challengers
Scena di Challengers. Fonte: Metro-Goldwin-Mayer, Warner Bros.

I salti temporali presenti nel film, insieme alla colonna sonora principale e alle altre musiche composte da Trent Reznor e Atticus Ross, creano suspense e ansia di sapere se gli sguardi dei protagonisti, avanti e indietro, siano lo specchio stesso della partita di tennis. L’istinto primordiale e la voglia di primeggiare fanno pensare che si tratti di una semplice gara a chi arriva primo, che per un certo punto di vista non è del tutto sbagliato, ma c’è molto di più. La storia segue un filo logico, in cui movimenti, atteggiamenti e sentimenti, sono legati a ritmo di musica, passione e alla frenesia di competizione, caratteristiche che hanno a che fare anche con la contesa di un amore.

Schiavi di passione

Ciò che è difficile attrae, l’impossibile seduce, ciò che è complicato spaventa, ciò che estremamente complicato innamora.

Questa sembrerebbe essere la perfetta descrizione di Tashi. Tutti la desiderano ma lei ha il cuore già impegnato col tennis. Il rapporto con la racchetta mostra la vera Tashi, e quando questo le viene portato via sembra che in qualche modo lei continui ad amarlo. Ne è talmente innamorata che farebbe di tutto, anche solo guardare una partita tra due contendenti, per provare le stesse sensazioni e la stessa goduria di quando si trovava ancora sul campo. Non è anche questo un amore impossibile?

Challengers: match point

 

Challengers
Zendaya nel film. Fonte: Metro-Goldwin-Mayer, Warner Bros.

 

La regia e la sceneggiatura sono i veri vincitori di questa partita. I personaggi con un’ottima intesa si scontrano, si riconciliano, fanno buon viso a cattivo gioco. Proprio per questo svolgimento, lo spettatore è intrattenuto nel cercare di decifrare non solo quello che dicono ma anche quello che fanno. Le micro espressioni e il linguaggio del corpo tradiscono le parole, e questa trama quasi comune, diventa interessante grazie ai cambi temporali che aiutano ad aumentare il climax. Tutto è accompagnato da questa fatidica colonna sonora imponente che soffoca tutto e trasporta l’azione, continuando poi in un finale che lascia una serie di interpretazioni.
I veri campioni sono coloro che vivono in prima persona e regalano la stessa emozione a chi si trova dall’altro lato a guardare, e pare che Art, Patrick e Tashi ci siano riusciti alla grande.

Asia Origlia

The Fall Guy: puro intrattenimento cinefilo

The fall guy è Intrigante, spettacolare e divertente. Voto UVM: 4/5

The Fall Guy è un film del 2024 diretto da David Leitch che torna sul grande schermo a due anni da Bullet Train. Leitch riesce a racchiudere in maniera perfetta azione, commedia e giallo in una cornice romantica, bilanciando tutti questi generi perfettamente. Il cast è ricco di nomi importanti, tra i quali Ryan Gosling (Blade Runner 2049) ed Emily Blunt come protagonisti insieme a Aaron-Taylor Johnson, che ha già lavorato con il regista nel suo ultimo film, e ad Hannah Waddingham.

The Fall Guy: la trama

Colt Seavers (Ryan Gosling) è un talentuoso stuntman di Hollywood in una relazione con l’operatrice di camera Jody Moreno (Emily Blunt), con cui lavora sui set. In una normalissima giornata di lavoro è però coinvolto in un incidente dal quale ne esce gravemente ferito. A seguito dell’incidente, di cui si sente responsabile, cade in una crisi che lo porta a tagliare tutti i rapporti con l’ambiente di lavoro, fidanzata inclusa.
Dopo essere guarito cerca di tirare avanti facendo l’autista, ma quando la produttrice Gail Meyer (Hannah Waddingham) lo informa che Jody sta girando il suo primo film come regista, lui decide di tornare in scena. Jody, non informata del suo arrivo, non lo accoglie calorosamente, rinfacciandogli il fatto che l’abbia lasciata senza farsi sentire. Intanto l’attore di cui Colt è la principale controfigura, Tom Ryder (Aaron-Taylor Johnson), è scomparso e sarà proprio lo stunt a doverlo cercare.

the fall guy
Ryan Gosling e David Leitch sul set. Fonte: gqitalia.it

David Leitch: da stuntman a regista

Il film nasce proprio con l’idea di mettere per la prima volta in evidenza sul grande schermo quegli attori “nascosti” fra i grandi nomi di Hollywood che però compiono le scene più adrenaliniche e contemporaneamente più pericolose: le controfigure. Il tutto è reso più avvincente se pensiamo che lo stesso regista è nato come stuntman e perciò ha potuto curare nel minimo dettaglio le riprese, affinché risultassero più spettacolari possibili.
David Leitch viene da una carriera immersa appieno nel mondo del genere action: dalle già citate presenze sullo schermo come stuntman, arriva poi a produrre l’intera saga di John Wick e a dirigere Deadpool 2 e Fast & Furious – Hobbs & Shaw.

Con questa opera fa quindi un tributo a una categoria come quella degli stuntman. Inoltre, qui si vedono riprese dal “dietro le quinte” nel finale del film, dando così lo spazio che tutti gli stunt si meriterebbero.

Un cast d’eccezione per attirare il pubblico

Emily Blunt e Ryan Gosling agli Oscar 2024. Fonte: hollywoodreporter.com

Come già anticipato, il cast vede gli importanti nomi di Ryan Gosling e Emily Blunt nei panni dei protagonisti: i due si rincontrano dopo la notte degli Oscar 2024. Nell’ultima edizione degli Academy entrambi si sono visti candidati nella categoria di Miglior attore e miglior attrice non protagonista. Spiacevolmente nessuno dei due è riuscito a portare a casa il premio, ma ci hanno dato l’occasione di vederli insieme all’opera in un piccolo siparietto organizzato per tirare fuori la tanto discussa rivalità fra Barbie e Oppenheimer.

In questi due film, che hanno sbancato il botteghino lo scorso anno, usciti entrambi il 23 luglio in America, gli attori hanno interpretato magistralmente personaggi chiave come Ken e Kitty Oppenheimer, tanto da ottenere la candidatura.
Potremmo stare ore a parlare delle immense carriere degli attori protagonisti ma il cast è composto anche da altri attori di spessore come Aaron-Taylor Johnson. Quest’ultimo già comparso in due film del “Marvel Cinematic Universe” nelle vesti di Quicksilver e in Godzilla nel 2014, dove è protagonista con il tenente Ford Brody. Torna ufficialmente alla ribalta grazie a Bullet Train dello stesso Leitch, dove riesce a imporsi scenograficamente anche grazie al carismatico personaggio di Tangerine.
Ultima, ma non per importanza, fra i grandi nomi è Hannah Waddingham, rinomata attrice nel mondo dello spettacolo che non si è mai limitata a un solo settore: ricordiamo la sua partecipazione in Ted Lasso. Di fatti, questo per lei è il primo grande ruolo in un lungometraggio, la quale è riuscita a immedesimarsi perfettamente nell’eccentrica figura di Gail.

In conclusione, il film si presenta veloce e pieno di colpi di scena, grazie ai quali si riesce ad articolare una trama particolare e mai banale. Il tutto inoltre è condito da riferimenti alla cultura pop cinematografica, che i più appassionati sicuramente riconosceranno durante la visione. La pellicola sarà ancora per poco disponibile al cinema, quindi accorrete perché ne vale la pena, e in seguito sarà disponibile su Amazon Video.

Giuseppe Micari

Emma: 40 anni di una “tigre” dal cuore salentino

Presentatasi in splendida forma alla 74esima edizione del Festival di Sanremo con il brano Apnea (scritto a otto mani con Paolo Antonacci, Julien Boverod e Tropico alias Davide Petrella), è riuscita a raggiungere la quattordicesima posizione. Stiamo parlando di Emma, artista straordinaria che attraverso la sua musica e le sue parole è diventata un ottimo esempio di come nella vita chiunque può rialzarsi dai momenti difficili. Oggi, 27 maggio 2024, celebriamo questo importante compleanno ripercorrendo la sua fantastica carriera, fatta di musica e non solo, anche attraverso delle curiosità che forse molti di voi non conoscono!

La svolta con Amici

Emmanuela Marrone nasce a Firenze il 25 Maggio 1984. Dopo alcuni anni a Sesto Fiorentino, la famiglia decide di trasferirsi ad Aradeo (in provincia di Lecce), un paesino nel cuore del Salento. All’età di 9 anni la musica entra attivamente nella sua vita, grazie al padre, Rosario, che la introduce in band in cui lui suonava la chitarra.

É il 2009 l’anno in cui riesce a entrare nella scuola di “Amici” di Maria De Filippi, il noto talent show di Canale 5, che vince il 29 Marzo 2010. Il 16 Marzo dello stesso anno esce il suo primo album, Oltre, contenente il singolo Calore, suo primo grande successo. Arrivano in seguito: A me piace così (2010), Sarò libera (2011), Schiena (2013), Adesso (2015), Essere qui (2018), Fortuna (2019) e Souvenir (2023).

Diverse le sue partecipazioni al Festival di Sanremo: nel 2011 con Arriverà insieme ai Modà, nel 2012 con Non è l’inferno (canzone vincitrice di quell’anno), nel 2022 con Ogni volta è così e quest’anno con appunto Apnea. Nel 2015 ha affiancato Carlo Conti nella conduzione del Festival insieme a Arisa e Rocío Muñoz Morales. Inoltre nelle edizioni condotte da Amadeus l’abbiamo vista anche fuori gara: nel 2020 super ospite, nel 2021 protagonista insieme a Monica Guerritore nel terzo quadro di Achille Lauro cantando insieme il brano Penelope e con Alessandra Amoroso per presentare il brano Pezzo di cuore (che celebra in qualche modo anche l’amicizia tra le due artiste), e infine nel 2023 per la serata delle cover con la violinista Laura Marzadori ospitata da Lazza per l’esecuzione di La Fine.

Emma oltre la musica…

É un artista riconosciuta non solo in ambito musicale. Nel 2012, infatti, la sua versione di Volare (Nel blu dipinto di blu) di Domenico Modugno viene inserita nella soundtrack del film Benvenuti al Nord di Luca Miniero. Stessa cosa nel 2016 con il suo brano Quando le canzoni finiranno che divenne la colonna sonora de La cena di Natale di Marco Ponti (sequel di Io che amo solo te, tratti entrambi dai romanzi di Luca Bianchini).

Nel 2020 debutta sul grande schermo come attrice grazie a Gabriele Muccino ne Gli anni più belli accompagnata da un grande cast: Pierfrancesco Favino (Comandante), Micaela Ramazzotti, Claudio Santamaria e Kim Rossi Stuart. Proprio Muccino la sceglie nel 2021 per A casa tutti bene – la serie (ispirata al suo film A casa tutti bene del 2018) per il ruolo di Luana. Nel 2022, invece, torna al cinema con un ruolo da protagonista, quello di Teresa ne Il ritorno diretto da Stefano Chiantini. Nello stesso anno Amazon Prime ha lanciato un documentario incentrato sulla sua vita dal titolo Sbagliata ascendente leone per la regia di BENDO.

Come non citare anche il suo impegno per i diritti delle donne! L’11 giugno 2020 ha preso parte insieme ad Alessandra Amoroso, Giorgia, Elisa, Fiorella Mannoia, Gianna Nannini e Laura Pausini a Una. Nessuna. Centomila, un concerto benefico contro la violenza sulle donne al Campovolo di Reggio Emilia (riproposto con altri artisti proprio quest’anno all’Arena di Verona).

Emma: combattente sul palco e nella vita!

In 15 anni di carriera Emma è diventata una delle voci femminili italiane più importanti. Attraverso la sua musica ha saputo sperimentare e sperimentarsi, “militando” in generi anche molto diversi tra loro.

«Io sono quello che faccio e faccio quello che sono».

Questa citazione descrive il suo modo di essere, il suo coraggio, la sua grinta. A soli vent’anni si ritrova ad affrontare una malattia grave e insidiosa. Non è solo la qualità della sua musica che arriva ai fans ad ogni performance ma anche tutta la sua energia!

«Quando le persone mi dicono “noi prendiamo tanta forza da te”, “riesci a catturarci”, “riesci a portarci in dimensioni diverse, nuove con le tue canzoni”, io ancora questo non me lo spiego».

 

Rosanna Bonfiglio

Parole, parole, parole… sul nuovo vocabolario Treccani di Giuseppe Patota e Valeria Della Valle

Lo scorso 24 maggio si è tenuto presso l’Aula Magna del Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne un incontro con la prof. ssa Valeria Della Valle e il prof. Giuseppe Patota, direttori della nuova edizione del Vocabolario Treccani uscito nel 2022. L’incontro è stato organizzato e presentato dal prof. Fabio Rossi, ordinario di Linguistica italiana.

Qual è la novità del nuovo Treccani? La prima che i due professori fanno notare è l’abbandono del vocabolariese, il linguaggio complesso che imperava tra le pagine dei vecchi vocabolari. L’obiettivo? Che il dizionario diventi davvero qualcosa di accessibile a tutti. La novità più grande, però, è senza dubbio la lemmatizzazione dei nomi e aggettivi femminili: di fronte ad avvocato o lettore, infatti, si leggono anche avvocata lettrice. 

Abbiamo avuto la possibilità di intervistare a tal proposito chi ha diretto i lavori.

Il nuovo Vocabolario Treccani 2022

Il coraggio del cambiamento

Alla domanda sul perchè non fosse ancora stata fatta questa scelta, Valeria Della Valle dice: “Forse per mancanza di coraggio. È stata un’operazione non facile da accettare e promuovere. Ma anche perchè forse non c’era ancora stato alla direzione qualcuno che avesse fatto questa riflessione. Era però arrivato il momento di cambiare una tradizione diventata anacronistica.” Nonostante i cinquecento anni di lessicografia alle spalle, infatti, un tale cambiamento era divenuto necessario.

E come avranno reagito i lettori che si sono ritrovati tra le mani questo Vocabolario rinnovato? A rispondere è Giuseppe Patota, che dice “Da una parte c’è stato un accoglimento entusiasta, con presentazioni piene zeppe di ragazzi e ragazze interessatissimi all’argomento. Dall’altra parte, c’è chi ha accusato di aver stravolto la lingua italiana, sebbene l’unica cosa che abbiamo fatto sia stata applicare alle parole un ordine non più fondato sul genere ma sull’alfabeto.”

È indubbio che storicamente l’italiano sia una lingua orientata verso il maschile, ma questo è solo e unicamente perchè la storia di una parte del mondo ha avuto per secoli questa direzione.

Schwa, una questione linguistica

“Lo schwa” dice il prof. Patota “è un tentativo di risolvere un problema che esiste e che è legittimo: la rappresentazione linguistica delle persone che non si riconoscono nei due generi.” Nella risposta il professore e la professoressa non intendono dare sentenze di tipo ideologico, ma soltanto parlare da linguisti. Patota continua “Nella storia della linguistica italiana non è mai successo che una riforma di tipo ortografico abbia avuto successo. Già nel Cinquecento Giovan Giorgio Trissino tentò di inserire nell’alfabeto latino l’epsilon e l’omega per le e ed o aperte, cosa che ad oggi non utilizziamo. Credo infatti che sia possibile intaccare una tradizione (ad esempio con l’inserimento del femminile a lemma), ma che non si possa fare lo stesso con un sistema. Ritengo quindi che il problema sia giusto, ma la soluzione sia inadeguata. Nonostante ciò, chi ha il desiderio di usare la schwa o l’asterisco può tranquillamente farlo.

Della Valle precisa: “La nostra è una perplessità molto pratica, che non ha nulla di ideologico. Invece, le soluzioni proposte che secondo noi sono inattuabili spesso sembra siano su base ideologica a volte anche un po’ integralista e non tollerante.”

Valeria Della Valle e Giuseppe Patota durante la trasmissione “Le parole per dirlo” (Fonte: Rai)

Dire, fare, insegnare: Della Valle e Patota sulla divulgazione

Valeria Della Valle e Giuseppe Patota hanno dedicato una gran parte della loro vita anche all’insegnamento, principalmente universitario, e alla divulgazione, attraverso una serie di programmi televisivi e radiofonici tra cui il più recente “Le parole per dirlo”, andato in onda su Rai3.

Ma qual è il segreto di una divulgazione efficace? Patota inizia con: “Credo che il compito di un professore sia quello di rendere facili le cose difficili, cosa che abbiamo cercato di fare in tanti anni di insegnamento, sia in aule universitarie, ma anche in radio e in televisione.”

Della Valle continua definendo il tutto come un “travaso continuo tra le due esperienze”. “Dover spiegare le cose agli studenti ci ha insegnato ad essere chiari, ma al contempo abbiamo imparato molto anche dalla televisione: non essere prolissi, occupare un tempo sufficientemente breve, accompagnare ciò che si dice con una mimica convincente.” Aggiungono a voci unite una confidenza e un invito: “tutti e due abbiamo il rimpianto di non aver mai fatto un corso di teatro, perchè siamo convinti che una componente attoriale e teatrale sia insita nel nostro lavoro. Consigliamo a tutte le persone che abbiano ancora il tempo di provare a fare teatro!”

La tradizione quindi è qualcosa da abbracciare o da combattere? Forse nessuna delle due, però sicuramente con il nuovo Treccani è stato chiaro che a volte sia necessario intaccarla per progredire!

Giulia Cavallaro

Baby Reindeer: la miniserie di Netflix che sconvolge e incuriosisce

Baby reindeer
Baby reindeer è una miniserie cruda, ben scritta e capace allo stesso tempo di sconvolgere e incuriosire il pubblico.- Voto UVM: 4/5

 

Baby Reindeer è una miniserie televisiva composta da sette episodi ed è disponibile su Netflix. La miniserie è ideata, scritta ed interpretata da Richard Gadd e si basa sul suo stesso One Man Show, uno spettacolo che parla di fatti realmente accaduti nell’arco della sua vita. Dietro la regia della miniserie ci sono Weronika Tofilska e Josephine Bornebusch, mentre lo stesso Gadd è affiancato nel cast da Jessica Gunning.

Baby reindeer: trama

La trama della miniserie Baby Reindeer si ispira alla vita di Richard Gadd, trasferitosi a Londra per coronare il suo sogno di entrare nel mondo della comicità. Nella miniserie realizzata da Netflix, il protagonista prende il nome di Donny. Il ragazzo si mantiene lavorando in un pub, cercando in tutti i modi di diventare un comico affermato ma la strada per raggiungere il suo obiettivo sembra essere piena di insidie.

Una sera, nel pub, entra una donna più grande di lui di nome Martha (Jessica Gunning). Martha afferma di essere un avvocato di successo, ma nonostante ciò non sembra avere mai denaro neanche per pagarsi qualcosa da bere. Donny, per gentilezza, le offrirà da bere e da quel momento, la donna si presenterà al pub ogni sera. Ma in realtà quello che sembra un semplice incontro abitudinario sarà il preludio di uno stalking (appostamenti, minacce, e-mail indesiderate, aggressioni alle persone vicine alla vittima, ecc.). Donny si recherà alla polizia, ma non sarà accolto come si aspettava: gli elementi non sono sufficienti per fare alcunché.

Fonte: Netflix.it

La miglior Serie Tv di Netflix di quest’anno?

Essendo quasi a metà anno, Baby Reindeer si può considerare una delle sorprese dal punto di vista telefilmico di questo 2024, viste le innumerevoli visualizzazioni che sta avendo sulla piattaforma da diverse settimane. Ancora oggi rimane nella Top 10 delle Serie TV più viste della piattaforma streaming.

Le ragioni ci sono eccome, perché Baby Reindeer è una miniserie ben realizzata e i motivi principali per cui riesce a coinvolgere sono un lato tecnico ben strutturato e il modo in cui tratta una tematica piuttosto delicata, divenuta sempre più ricorrente in questa società contemporanea: lo stalking.

 

Fonte: Netflix.it

Uno stalking molto crudo con un modus operandi differente

Vista la tematica, la miniserie non tratta nulla di originale però ciò che conta è il come viene raccontata una storia. Baby Reindeer affronta una storia realmente accaduta con una tonalità cruda, angosciante e capace di colpire come una cannonata la parte emotiva dello spettatore. E’ molto scorrevole ed ogni episodio ha una durata che oscilla tra i 30 e i 40 minuti. Nonostante il minutaggio complessivo della miniserie e il coinvolgimento che riesce a far venire allo spettatore, difficilmente si riesce a guardarla in poco tempo. Ciò avviene perché certe scene sono talmente forti che lo spettatore ha bisogno di una pausa dalla visione sia per l’angoscia che può venire che per un’analisi psicologica che viene spontaneo fare.

La miniserie trascina il pubblico all’interno della psiche sia della vittima che della stalker. Man mano che prosegue, ci si accorge di provare non solo angoscia, ma anche una sorta di empatia o addirittura rabbia per i comportamenti dei due (soprattutto per quelli di Donny).

Fonte:Netflix.it

Baby reindeer: la violenza psicologica

Richard Gadd si è messo a nudo in senso metaforico e si capisce dalla scrittura fatta di suo pugno che aveva molto a cuore lo scopo di raccontare la propria esperienza e la scrittura è talmente lineare che si percepisce ciò che ha provato, tanto da farlo arrivare allo spettatore. Il suo scopo era anche mettere in evidenza tutti gli aspetti che ruotano intorno allo stalking e alla psiche delle due persone coinvolte: lui e Martha.

Donny non ha mai elaborato il dramma di ciò che ha passato, le sue ferite emotive ancora sanguinanti non hanno mai ricevuto le cure necessarie. Quanti vogliono sentirti capiti, accolti e amati? Ma a che prezzo? La Serie mostra anche questo ed in effetti, Donny voleva solo affetto e la sua insicurezza e voglia di accettazione altrui, forse lo ha portato da Martha.

Il rapporto con la stalker

Quando subentra Martha nella sua vita, da una parte ne è terrorizzato ma dall’altra “ne ha bisogno” e questo rapporto malato diventa come una dipendenza. Sì, perché alla fine anche Martha, per quanto sia mentalmente instabile, e nonostante tutte le azioni discutibili, è l’unica che ha veramente a cuore Donnie.

Basta anche fare un’allusione al titolo per capire qualcosa in più sul loro rapporto, perché “Baby Reindeer” significa “Piccola Renna” ed è il nomignolo di Donny adottato da Martha. E’ un riferimento ad una renna peluche che aveva da bambina ed era l’unico appoggio che aveva durante la sua infanzia e quindi Donny in un certo senso, colma quel vuoto lasciato e rappresenta quel barlume di luce che ha ritrovato dopo tanto tempo.

In un certo senso, si possono considerare due facce della stessa medaglia: se da una parte vivono un rapporto malato capace di distruggere sia fisicamente che mentalmente, hanno bisogno l’uno dell’altro.

Baby Reindeer è una miniserie cruda:  capace di far venire l’ansia a chi ha vissuto situazioni simili, come anche a chi finora ne è rimasto indenne . Ma è anche un invito a guardare questi temi delicati da un’altra prospettiva, ricavandone degli spunti di riflessioni differenti.

Giorgio Maria Aloi

MAYA: il viaggio verso la libertà di MACE

 

Un viaggio alla scoperta dell’uomo, tra paura e desideri. MACE si supera, trascendendo il velo del reale. Voto UVM: 5/5

 

Non è facile vivere (n.b. non esistere), riuscire a squarciare quel velo di Maya per vedere cosa ci riserva l’Oltre ma, ogni viaggio che si rispetti (spirituale e non), comincia sempre con un piccolo passo che non ci porta dove vogliamo, ma ci toglie da dove siamo, per raggiungere quella tanto ambita meta. 

Il velo è sceso sull’ultimo album di MACE (nome d’arte del producer Simone Benussi), MAYA, e ci porta in un viaggio di formazione che s’insinua nelle profondità dell’essere umano mettendolo a nudo, soprattutto nelle sue fragilità.

Mace, riscoprendo il significato autentico della musica, cioè, come mezzo di elevazione spirituale, ci accompagna insieme ad un collettivo di numerosi artisti, attraverso lo spazio e il tempo: da un piccolo Viaggio contro la paura fino allo squarciamento del Velo di Maya

Prendete le cuffie e… mettetevi in Viaggio come le Meteore 

L’album si apre con Viaggio contro la paura, dove ad accompagnare le voci di Gemitaiz e Joan Thiele sono un tripudio d’archi, che subito ci mette nelle condizioni ideali dell’ascolto: un viaggio in macchina verso il tramonto. Tra poco le ombre notturne prenderanno il sopravvento, scatenando tutte le paure, mettendoci di fronte il grande problema della società odierna, la solitudine. Ma, come il titolo stesso dice, non dobbiamo farci bloccare da esse, ma affrontarle a viso aperto significa poter proseguire oltre.

Tu mi dicevi sempre: “Non sentirti sola”L’assenza è un vuoto denso, è un viaggio contro la paura

Il terzo brano ci porta in un climax ascendente che, dopo il ritornello di Centomilacarie e la strofa di Gemitaiz, trova il suo culmine nelle parole di un Izi come non lo si vedeva da tempo. Quante volte ci siamo sentiti dire “meriti di essere felice”, ti auguro tutta la felicità”?  Forse non basterebbe quel “qualcuno” che restasse a insegnarcela? 

Viviamo in guerra, l’amore ci uccide
Se mi ami davvero, ora abbassa il fucile
E invece che dirmi di essere felice
Piuttosto tu insegnami come si fa

Mentre il mondo esplode… Solo un uomo…

Il viaggio s’infittisce e, come Dante, ci troviamo tra selve e mondi mitologici con il Mentre il mondo esplode, con la contrapposizione funzionale di due voci dagli stili diversi, quelle di Marco Castello ed Ele A. In questo brano, dai vaghi sentori “battiatiani”, ci viene presentato un mondo caotico, ricco di dilemmi esistenziali, tormento interiore e la natura fugace della vita. 

E tu parli solo degli altri, non vuoi pensarci
Che non siamo altro che acqua e sale, finirai per piangere

Il tema mitologico viene ripreso anche nel brano Solo un uomo, con una Althea in stato di grazia. Il tema principale è il dualismo corpo-anima, rimandandoci alle trame e ai significati dei miti di Orfeo e Euridice, Eco e Narciso, oltre che della famosa tela di Penelope

La carne cede allo smarrimento
Preda indifesa dell’inganno

Un fuoco… Non mi riconosco…

La nona traccia si apre con un trio eccezionale: Gemitaiz, Frah Quintale e il super Marco Mengoni. Questo brano ci parla della complessità dei rapporti e la loro misura nel tempo, soprattutto con l’evoluzione dei due partner, mettendoci di fronte al dilemma del potere e del compromesso per essere felici. 

Ma che senso ho io, io, ioHo chiuso nella mia vestagliaMa da cosa mi protegge? Ma da cosa mi protegge?Da un granello di sabbia

L’undicesima traccia ci porta di fronte uno specchio, dove l’immagine riflessa è una versione di noi che non riconosciamo e, con sentimenti di nostalgia, ripeschiamo nella memoria quel vecchio noi che abbiamo perso. Qui rivediamo Centomilacarie che cornicia una strofa magistrale di Salmo che, con la sua solita capacità espressiva, comunica la necessità di accettare questa nuova versione di noi e la solitudine per poter progredire. 

Da quando ho spiccato il volo, credo di essermi perso, ohMi fugge l’anima dal corpo, vedo la vita al rovescio, ohNon mi riconosco mai, sono sempre diverso, mi va bene lo stesso

Ossigeno… Il velo di Maya… 

Ossigeno, il brano che ospita la firma e la voce di Venerus, ci apre uno spaccato sulla necessità impellente dell’uomo di ritornare e riconnettersi con la natura. Nel finale, questa necessità viene espletata maggiormente, dove viene evidenziato il nostro costante bisogno di ossigeno e dipendenza dalla natura, come aspetto immutabile della nostra esistenza. 

Ci preoccupa esser liberiMa ci dimentichiamoChe ci serve ancora l’ossigeno

Il finale ci potrebbe lasciare perplessi, ma così non è. Mace, lascia concludere l’album con ben 8 minuti di solo traccia base, senza voci o alcun elemento esterno, solo pura e buona musica. E forse, come lo stesso Schopenhauer ha detto che il vero mondo è quello che non vediamo, così Mace ha squarciato quel velo, per lasciare la possibilità ad ognuno di noi, ascoltando la sua musica, di poter vedere cosa si cela dietro il nostro velo di Maya. 

 

Gaetano Aspa

Mens Sana in Corpore Sano: la relazione fra mente e corpo

Comprendere il significato dell’esistenza della stretta relazione fra mente e corpo ha rappresentato uno dei più grandi misteri di interesse per gli studi filosofici durante i secoli.
Il ruolo appartenente alla psiche nel determinare l’insorgenza delle implicazioni fisiche venne preso in considerazione dalle scienze mediche solo posteriormente.

Dualismo Corpo-Mente

Fin dagli albori delle indagini sull’animo umano è nata la contrapposizione tra la teoria encefalocentrica e quella cardiocentrica.
Il cardiocentrismo fu una teoria filosofica sostenuta da Aristotele, il quale considerava il cuore sede dell’anima umana e responsabile delle funzioni mentali, sensitive e motorie.
Ben presto si contrappose al cerebrocentrismo sostenuto da Ippocrate e successivamente da Galeno. La teoria identifica il cervello come sede della coscienza, responsabile delle attività sensitive e motorie.

La dimensione psichica del dolore influenza il corpo

Il dibattito aperto da Cartesio sulla descrizione meccanica delle strutture e delle funzioni organiche ha assunto connotazioni puramente materialistiche, ascrivendo definitivamente la localizzazione delle funzioni psichiche al cervello.

Le Passioni dell’Anima (1649) fu una delle ultime opere di Cartesio e venne dedicata alla principessa Elisabetta di Boemia che era molto malata e la cui malattia, secondo il filosofo, rappresentava la conseguenza dell’afflizione dell’anima.

In quest’opera Cartesio connota le passioni come inscindibili dall’essere umano e classifica non solo le loro cause, ma i loro effetti espressi attraverso il corpo.

Le Emozioni nella Genesi dei Comportamenti

A fine carriera Charles Darwin pubblicò L’Espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali (1872) riportando l’origine biologica delle emozioni.
Le emozioni agiscono tramite la motivazione rendendo possibile l’inizio di un movimento necessario per riportare l’organismo alle condizioni di sicurezza ed equilibrio fisico.

I comportamenti per evitare o scappare da un pericolo si sono evoluti per rendere un organismo competitivo in termini di sopravvivenza.
Ma in modo inappropriato una fuga prolungata o un comportamento di evitamento potrebbero mettere l’animale in una condizione di svantaggio.

Se un organismo si sente continuamente minacciato nella propria sopravvivenza, le sue energie non potranno essere impiegate per nutrirsi, curarsi e riprodursi.

Le Emozioni agiscono nella Comunicazione

Le emozioni agiscono nella comunicazione fra gli individui, intervengono nelle dinamiche relazionali caratterizzando il linguaggio non verbale tramite i movimenti del viso e dei muscoli del corpo.
La comunicazione dello stato emotivo tramite la postura e la mimica facciale segnala le proprie intenzioni agli altri e genera in loro una reazione.

La Regolazione del Sistema Nervoso Autonomo

La miriade di variazioni, oscillazioni e segni che si possono notare in modo istintivo nell’interlocutore durante una conversazione, ad esempio i movimenti oculari o il cambio di tono della voce, unitamente alle proprie fluttuazioni interiori, come il battito cardiaco, la salivazione e il respiro, sono prodotte dalla sincronia di un unico sistema regolatore: il Sistema Nervoso Autonomo.

Il Sistema Nervoso Simpatico provvede ad accelerare le funzioni del corpo e a consumare energia per le reazioni necessarie a far funzionare l’organismo.
Il Sistema Nervoso Parasimpatico funge da freno e risponde allo stimolo dell’autoconservazione.

La denominazione di Sistema Nervoso Simpatico “sym pathos” venne attribuito quasi duemila anni fa da Galeno che ne osservava il funzionamento tramite le emozioni.
Infatti, come osservato da Darwin, il Sistema Nervoso Simpatico è responsabile della regolazione dell’arousal. Davanti a un pericolo permette la genesi dei comportamenti contrapposti di attacco e comportamento evitante, espresso tramite la fuga.
Porta il sangue ai muscoli per le azioni rapide, sollecita il rilascio di adrenalina da parte delle ghiandole surrenali che agisce sull’aumento del battito cardiaco e della pressione sanguigna.

Il Sistema Nervoso Parasimpatico promuovendo la secrezione di acetilcolina costituisce il freno inibitorio dell’arousal.
La sua azione permette il rilassamento dei muscoli, il rallentamento del battito cardiaco e il ritorno ad una frequenza respiratoria normale; accelera la digestione e la cura delle ferite.
Le osservazioni di Darwin lo riconducono alle funzioni autoconservative, di accudimento, protezione e accoppiamento.

La Teoria Polivagale

Le osservazioni condotte da Charles Darwin hanno ispirato gli studi neurofisiologici e neuroanatomici sul Sistema Nervoso Autonomo, portando all’elaborazione della teoria polivagale da parte di Stephen Porges che la presentò nel 1994.

L’indagine dei circuiti vagali ha portato alla conoscenza del loro ruolo nel determinare la condizione di “sentirsi al sicuro“, intervenire nella percezione dello spazio peripersonale e del coinvolgimento sociale.
Sentirsi al sicuro favorisce il mantenimento dell’omeostasi, il principio per cui ogni costituente degli esseri viventi deve trovarsi in equilibrio per poter svolgere correttamente le sue funzioni.

Il Nervo vago con le sue diramazioni è responsabile di tre stati fisiologici che intervengono quando viene turbata l’incolumità. Il ramo vagale ventrale complesso (VVC) è frutto dell’evoluzione verso la costruzione da parte delle specie di una vita di relazione.
Infatti, durante le difficoltà, la richiesta di supporto tramite il coinvolgimento relazionale rappresenta il primo livello di risoluzione del pericolo, se l’ottenimento di aiuto da parte delle persone care risulta inefficace, l’unica strategia per la sopravvivenza rimane la più primitiva di attacco o fuga.
Se si è intrappolati e non si riesce a fuggire interviene il meccanismo di “freezing”, congelamento, in cui l’organismo cerca di preservarsi “spegnendosi” consumando il minor quantitativo di energia possibile.

Porges ha coniato il termine “neurocezione” per descrivere la capacità di valutare il rischio e la sicurezza, insiti nell’ambiente di ognuno di noi.

Quando un evento traumatico non viene elaborato correttamente e non viene ristabilita la condizione di sicurezza nell’integrazione fra corpo e mente si esperisce una neurocezione fallace che provoca l’asincronia nella regolazione delle risposte comportamentali automatiche.

Costanza Brunati

Le monde. Description du corps humain. Passions de l’âme. Anatomica. Varia – Oeuvres de Descartes (vol. XI) (1897-1913)

Le Passioni dell’Anima – Renato Cartesio (1649)

Il Corpo Accusa il Colpo – Bessel Van der Kolk (2015)

The Expression of the Emotions in Man and Animal – Charles Darwin (1872)

Polyvagal Theory: A Science of Safety, Stephen W Porges, Front Integr Neurosci (2022)

Il 7 e l’8 maggio la prima Student Conference del DICAM, “Il Conflitto”

Il 7 e 8 maggio si terrà al Dipartimento di Civiltà Antiche e Moderne dell’Università di Messina un convegno dal titolo Il conflitto: prospettive storico-antropologiche, filosofico-sociali, filologico-letterarie e archeologiche”. L’evento è organizzato dal dottorato in Scienze Umanistiche.

L’inaugurazione sarà nell’Aula Magna del Dipartimento alle ore 9.30 alla presenza della Magnifica Rettrice Giovanna Sparari, del Direttore del Dipartimento Giuseppe Ucciardello e della Coordinatrice del Dottorato in Scienze Umanistiche Caterina Malta. Subito dopo, la sessione plenaria sarà inaugurata dalla prof.ssa Caterina Resta, già ordinario di Filosofia Teoretica, e dal prof. Antonino De Francesco, ordinario di Storia Moderna e già presidente della Società Italiana per la Storia dell’Età Moderna; a moderare il prorettore vicario Giuseppe Giordano.

Per gli studenti che parteciperanno alla Student Conference è previsto il rilascio dell’attestato di partecipazione per il riconoscimento dei CFU nei corsi di laurea triennali e magistrali del Dipartimento.
Gli studenti che vorranno fare richiesta ai coordinatori devono registrarsi presso la segreteria generale del convegno allestita in Sala Mostre.

Locandina del convegno

Le tematiche del convegno

Abbiamo chiesto a tre dei dottorandi che si sono occupati dell’organizzazione, la dott.ssa Rosita Castelluzzo, il dott. Giovanni Di Bella e la dott.ssa Francesca Rodolico, cosa ci si dovesse aspettare da questi due giorni. “Il termine conflitto verrà declinato da ogni relatore afferente a diversi campi della ricerca. Ognuno darà la sua visione dal punto di vista concettuale, ma anche metodologico, su come affrontare il conflitto e come trovare le linee guida per risolverlo”.

È stato allestito un programma ricco di panel, che procederà per sessioni parallele mettendo in dialogo anche settori scientifici relativamente diversi uno dall’altro. “Abbiamo avuto un grosso riscontro” ci dicono i dottorandi “e ci sono state anche risposte da dipartimenti prettamente scientifici. Ovviamente poi il Comitato Scientifico ha dovuto restringere il campo per questioni tempistiche. Sulle 142 risposte ricevute, abbiamo potuto accogliere “solo” la metà dei relatori, purtroppo.”

Un convegno non soltanto locale, con relatori dalle università di Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Milano “Bicocca”, Napoli, Palermo, Perugia, Roma “La Sapienza”, Salerno, Torino, Venezia, dalla Scuola Normale Superiore di Pisa e dalle università di Belgrado (Serbia), Gent (Belgio) e Malaga (Spagna).

La genesi

Questo è il primo convegno organizzato dal dottorato di Scienze Umanistiche. I dottorandi dicono: “Il progetto è nato diversi anni fa, i colleghi dei cicli precedenti lo hanno pensato, ma poi per varie difficoltà non è stato possibile realizzarlo. Quest’anno, però, abbiamo tentato nuovamente e con l’aiuto di varie figure ci stiamo riuscendo, anche perché, essendo il primo, abbiamo dovuto fare tutto da zero.”

Lo stesso convegno pone in dialogo le quattro macro-aree del dottorato, risolvendo già in qualche modo un conflitto e creando comunità su più fronti. I dottorandi ci dicono: “Sono subito state coinvolte diverse forze dell’Ateneo e della Città, creando una sinergia forte, che non è sempre una cosa facilissima. Per questo un forte grazie va intanto alla Coordinatrice, la prof.ssa Caterina Malta, ai proff. Giuseppe Ucciardello e Giuseppe Giordano, al Comune di Messina, per averci dato la possibilità di visitare i luoghi più importanti della città.” Alla fine della prima giornata di lavoro, infatti, non mancherà la visita al centro storico di Messina con la guida dei proff. Roberto Cobianchi, ordinario di Storia dell’Arte Medievale, e Giovanni Giura, ricercatore in Storia dell’Arte Moderna.

I ringraziamenti continuano: “Si deve dire grazie al Palazzo Arcivescovile, all’Arciprete della Cattedrale, ma anche all’E.R.S.U, che offrirà i due pranzi a tutti i relatori, e all’A.T.M. per le linee potenziate. Il convegno è stato organizzato dai Dottorandi e dalle Dottorande di Scienze Umanistiche, ma l’aiuto di persone esterne è stato prezioso dal punto di vista pratico e spirituale, una su tutte il dott. Francesco Galatà.”

Ci sono già delle prospettive per il futuro di questo convegno? L’idea sarebbe quella di riproporlo ogni due anni, l’auspicio è quello che i posteri abbiano interesse nel perseguire questo progetto. A questo punto, non resta che augurare buon lavoro ai Dottorandi e alle Dottorande!

Programma del convegno 1/2

Programma del convegno 2/2

Giulia Cavallaro

Drive-Away Dolls: le tante facce dell’America

Drive-Away Dolls è poco impegnativo, ma al tempo stesso intrattenente. Voto UVM: 4/5

Drive-Away Dolls è un film del 2024 diretto da Ethan Coen, che insieme al fratello Joel, ha vinto a suo tempo ben 4 Oscar. Nel cast spiccano i nomi di attrici emergenti nei ruoli principali, come Margaret Qualley, già presente in lungometraggi più rinomati come Povere creature! e C’era una volta a… Hollywood, Geraldine Viswanathan e Beanie Feldstein, ma anche quelli di personalità più famose al pubblico come Pedro Pascal, Matt Damon e Miley Cyrus, che con i loro personaggi compongono la cornice della trama e legano i pezzi di questa tra loro. La pellicola presenta una comicità surreale e a tratti pungente, dove si trattano non solo temi romantici e erotici, ma anche di spessore sociale.

Fonte: ew.com

Drive-Away Dolls: la trama

L’ambientazione dove si apre il film è la Philadelphia del 1999, dove la comunità queer in America è più in ascesa.

Nella primissima scena vediamo dei loschi individui uccidere un goffo personaggio (Pedro Pascal) e derubarlo di una valigetta, senza che ci vengano forniti ulteriori dettagli. Subito dopo viene presentata una delle due protagoniste: Jamie (Margaret Qualley) è una ragazza dallo spiccato accento texano che ama divertirsi e passare la notte con altre ragazze. Proprio per questo Sukie (Beanie Feldstein), la sua ragazza, la scarica e la caccia dal suo appartamento.

Jamie si ritrova così senza una fissa dimora, ospite dell’altra protagonista Marian (Geraldine Viswanathan), un’altra ragazza omosessuale che però è molto introversa e non ha una relazione da anni. Marian è in procinto di partire per Tallahassee, in Florida, per incontrare la zia e Jamie decide di accompagnarla. Per arrivarci, le due decidono di noleggiare un’auto, incominciando così un viaggio verso il profondo sud degli Stati Uniti, dove la mentalità è molto più conservatrice e tradizionalista.

Contemporaneamente tre criminali, che si dirigono per pura coincidenza a Tallahassee, vanno a ritirare una macchina, la stessa che si trova in mano alle protagoniste, ma che in realtà era destinata ai tre.

Jamie, sempre in cerca di avventure e di posti da visitare lungo la costa orientale, prende il viaggio come una gita, allungando il tragitto che doveva in realtà durare un giorno. Lungo le varie fermate, le due imparano pian piano a conoscersi sempre meglio, con Marian che fa fatica a uscire dal suo guscio. I tre scagnozzi hanno intanto iniziato a cercare la macchina, irrompendo a casa di Sukie che rivela loro l’identità di chi c’è alla guida. La macchina infatti nasconde al suo interno la valigetta della prima scena e un altro carico non ben specificato.

Le esperienze di Ethan Coen e le particolarità nel montaggio

Il regista viene da una carriera costruita fianco a fianco con il fratello Joel, con il quale ha vinto un Oscar nel 1998 per Fargo alla miglior sceneggiatura originale e altre tre statuette nel 2008 per Non è un paese per vecchi all’esordio per miglior film, oltre che per miglior regia e miglior sceneggiatura non originale. La stretta collaborazione che ha caratterizzato i loro film non è però presente in Drive-Away Dolls, dove Ethan Coen collabora con la moglie Tricia Cooke realizzando un film che non rappresenta l’apice della sua carriera, ma che sicuramente ha degli aspetti positivi.

Ethan Coen e la moglie Tricia Cooke al loro primo film insieme. Fonte: ciakmagazine.it

Lungo la pellicola appaiono flashback relativi al passato di Marian, mostrando il suo primo approccio all’omosessualità. Trip allucinogeni ripresi da Il Grande Lebowski spezzano il racconto colpendo lo spettatore, ma riescono ad ottenere un senso solamente verso la fine del film, risultando così un po’ sconnessi. Solamente una storia completa darà senso a queste scene, che sono anch’esse flashback.

L’unicità oltre gli stereotipi

La rappresentazione delle minoranze all’interno dell’opera è sicuramente un aspetto da menzionare, in quanto non sono più rappresentate da personaggi caratterizzati appositamente per quello e che cercano continuamente di emanciparsi, ma sono giustamente rappresentate come una semplice normalità che aiuta tantissimo lo spettatore ad entrarci in empatia.

La moltitudine di esperienze omosessuali che le protagoniste vivono e le varie sfaccettature della complessa e variegata società americana fanno capire come ognuno sia unico nel suo genere e ciò rende il film intrigante fino all’ultima scena, dove Jamie e Marian, dopo aver affrontato delle esperienze uniche che le hanno inevitabilmente legate, hanno capito di sentirsi a proprio agio l’una con l’altra e si dirigono insieme alla zia di Marian, abbiente donna di colore, in Massachusetts, dove il matrimonio tra donne è consentito.

Il film funziona oltre che per la sua velocità anche grazie alla presenza scenica di Margaret Qualley che riesce a rendere Jamie protagonista in ogni situazione. La Universal Pictures, per la distribuzione nei cinema, ha tristemente deciso di portare il film in Italia senza il doppiaggio nella lingua, ma aggiungendo solamente i sottotitoli. Questo però non lo rende un film non alla portata di tutti, anzi è perfetto per farsi quattro risate con gli amici senza momenti di noia totale.

Giuseppe Micari