Elezioni studentesche: l’esito del ricorso

10362861_868989786452670_1257934179361652496_nIl Tribunale Amministrativo Regionale di Catania si è pronunciato: respinta l’istanza cautelare inerente l’esclusione della lista SIRIO dalle elezioni dei rappresentanti degli studenti in seno agli organi collegiali indette per il giorno 22 e 23 novembre 2016, a causa di irregolarità nell’autentica delle firme.

Ormai da giorni completate le procedure di scrutinio e verbalizzazione relative alle elezioni dei rappresentanti degli studenti, ora l’Università procederà alla proclamazione degli eletti secondo quanto già annunciato nei comunicati ufficiali.

Qui consultabile l’esito

 

Ciao, UniVersoMe

Nulla è per sempre. A parte un diamante.

E quindi, anche per me, è giunto il momento di salutare.
Come Alessio, Paologiorgio e (last but not least) Salvo, anche io tra qualche giorno raggiungerò quel traguardo che tre anni fa mi sembrava irraggiungibile.

Non parlerò della vita universitaria perché, come tutti sanno, come ogni pezzo di vita ci lascia cose belle e cose brutte, nuovi amici, nuovi fratelli, nuove conoscenze, nuove esperienze e, a me, è rimasto anche un grande gruppo di persone più o meno perbene che, come me ha creduto in questo progetto dal primo giorno, quando ci siamo incontrati per la prima volta in ufficio stampa.

Siamo partiti con grande entusiasmo, lanciando nuovi hashtag e sperando che questo progetto diventasse un punto di riferimento per tutti gli studenti dell’Ateneo. E, in parte, ci siamo riusciti.

Ma adesso è giunto il momento di salutare. È giunto il momento di raccontarVi la storia che Alessio non vi ha voluto raccontare nel suo saluto. La storia che mi ha visto uscire e rientrare in questo magnifico progetto con due semplici messaggi Whatsapp.

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Certo, ho avuto la mia rivincita buttando fuori dal gruppo Alessio, ma vuoi mettere sentire il suo messaggio audio “ehm…sai…sei a Bratislava…insomma…abbiamo pensato di sostituirti”? Vabbè, il resto è storia.

Ho visto cambiare praticamente la metà delle persone che erano sedute con me alla prima riunione, ma non ho visto mai cambiare lo spirito, ed è proprio questo spirito che ci ha portato ad essere quello che siamo.
I cazziatoni infiniti di Elena su Whatsapp, Paologiorgio che vuole sempre fare il simpatico (Paolo senti il mio consiglio: LASCIA PERDERE!), Giulia con la sua sigaretta elettronica (a cui cambia ogni settimana aroma e arriva gridando “INDOVINA CHE GUSTO È QUESTO!”), Claudio con cui abbiamo spesso opinioni divergenti, il grande Bonjo (che ancora “Sta scrivendo…”) ed il nuovo direttore Alessio Gugliotta, con cui c’è stata sempre una certa simpatia.

Questi sono solo alcuni dei caratteri distintivi di chi ancora è dentro il progetto, perché siamo passati anche per l’infinito statuto di Valerio, la barba di Salvo e la finta serietà di Alessio Micalizzi, il primo direttore di questo magnifico progetto.

Adesso, come già detto, è giunto il momento dei saluti, anche se potrei raccontare ancora un migliaio di aneddoti.
Come sempre, questo è un triste momento ma, come spesso accade, ogni fine segna un nuovo inizio quindi non posso far altro che sperare che questo progetto continui a crescere con la stessa velocità che ha avuto in questo anno ed augurare ai miei compagni di viaggio il meglio.

A presto ragazzi. E buona fortuna.

Daniele Zindato

“Il primo uomo cattivo” di Miranda July

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“Questo libro vi farà ridere, sussultare e immedesimarvi in una donna che non avreste mai previsto di essere. E quando Miranda July parla della maternità, il libro diventerà la vostra bibbia.” Lena Dunham

Ci sono persone che scelgono i libri basandosi sulla copertina , non rientro fra questi ma nella scelta de “Il primo uomo cattivo” mi è capitato di sceglierlo proprio per il disegno e i colori esterni e per l’autrice : Miranda July della quale avevo visto solo un film e letto qualche intervista.

 

Cheryl Glickman è la protagonista-narratrice del racconto, lavora alla Open Palm una società no profit che si occupa di autodifesa per le donne.

Conduce una vita piuttosto semplice, forse monotona, minimale soprattutto nell’economia domestica dove vige il principio di efficienza.

E’ affetta da globus hystericus, un nodo alla gola, ed infatuata di un collega, una figura ricorrente nella narrazione. C’è la maternità, ma non descritta come nella maggior parte dei film o libri, Cheryl ha una relazione quasi karmica basata sul “primo sguardo” con Kubelko Bondy lo spirito di un bambino che lei immagina di vedere nei figli altrui.

La vita di Cheryl prende una direzione inaspettata quando deve ospitare Clee, figlia ventenne dei suoi capi all’Open Palm. Una ragazza che è totalmente opposta a lei, dalla fisicità, Cheryl molto magra, quasi androgina, Clee viene definita “molto donna”, allo stile.

Clee è un personaggio un po’ sgradevole, sporca, una passiva-aggressiva, in alcune situazioni attiva-aggressiva.

Ed è in questo momento che il libro prende una piega che non mi sarei mai aspettata e la July si dimostra perfetta narratrice: tracciando il crescere della libido di Cheryl con una nota ironica e , di contrappasso, delicatamente il suo istinto materno. Ci rende partecipi ai sussulti della protagonista.

 

I meno puritani di me non si scioccheranno delle crude scene di violenza , le descrizioni delle condizioni igieniche di Clee mi hanno nauseata ma sono funzionali al personaggio , non le si perdonano ma si accettano.

Cheryl vede solo il suo mondo non c’è contorno, essenziale.

Sono personaggi sgradevoli in parte, così maniacali, strani, imprevedibili da essere in realtà comuni e umani , che alla conclusione del libro li accettiamo.

Miranda July è una artista stimolante e provocatoria, a vent’anni trasferitasi a Portland entra nel movimento delle Riot grrrl (il movimento punk-rock femminista) e inizia a frequentare, colei che è la sua più stretta amica, Carrie Brownstein (altra artista eccezionale) chitarrista e voce delle Sleater Kinney , band simbolo del movimento e ancora oggi una delle migliori rock band femminili.

Definirla è difficile, è una regista, scrittrice, musicista, attrice, creatrice di app , è un soggetto molto stravagante, irriverente a tal punto da pensare che sia folle : è geniale.

“Il primo uomo cattivo” è il suo primo romanzo, caldo, ironico, disgustoso è pura vita comune.

Arianna De Arcangelis 

 

 

Abbatti lo stereotipo – Gli studenti di Medicina

immagine_post_elenaAh, ma come abbiamo fatto a non pensarci prima? COME? Avevamo sotto il naso la crème degli stereotipi e non ci abbiamo mai fatto caso.

Poi, un giorno, è apparsa dal nulla (le “apparizioni dal nulla” sono la benedizione e la maledizione di questa rubrica, esattamente lo stesso modo in cui è nata. Un saluto, Micalizzi!).

Almeno una volta nella nostra carriera universitaria, ci sarà capitato di screditare gli altri dipartimenti e, perlomeno, ci sarà successo di essere vittima dei cliché abbottonati ad ogni facoltà.

E, in effetti, gli studenti universitari si affibbiano a vicenda dei luoghi comuni: nell’aria riecheggiano leggende di ogni tipo e storie apocalittiche.

E quindi, ca**, perché non ci abbiamo pensato prima ad abbatterli uno ad uno?!

Per questo motivo, con questo pezzo, inauguriamo una serie di articoli dedicati allo studente universitario di ogni facoltà, abbattendo gli stereotipi loro appioppati.

  • Capitolo 1: “Lo studente di medicina”

Fin dai primi anni di vita, lo studente di medicina non colora il maxi album, ma appone crocette a matita sugli Alpha Test.

Eh sì. Sembra che noi non nasciamo con la camicia, ma con il camice. La verità è che siamo solo degli sprovveduti che si divertono ad inseguire gli altri bambini con un coltello in mano. Ecco, diciamo che, con il passare degli anni, impariamo semplicemente ad usare quel coltello in modo benefico (o diventiamo dei serial- killer… ci vuole anche culo nella vita, eh).

Siamo degli intrepidi che si preparano al test di ingresso da una vita, illudendoci che sia questo lo scoglio da superare e ignorando i sei anni che ci separano dalla laurea.

Una volta “entrati”, noi studenti di medicina siamo tra i più odiati (sarà anche che tra noi, se potessimo, ci stiletteremmo il cuore un giorno sì e l’altro pure): siamo l’élite universitaria (si sente il sarcasmo che trasuda?) e che tutto può e, per par condicio, anche i più bersagliati da stereotipi.

Ecco a voi, quindi, i 6 stereotipi dello studente in medicina, finalmente, sfatati!

  • Subito dopo il primo giorno di lezione, vi considerano DOTTORI.

In famiglia, tra amici, l’appellativo è questo ed è motivo di pavoneggiamento.

Il problema arriva quando tutti chiedono consigli terapeutici, ma, soprattutto, quando il nonno si avvicina e dice entusiasta: “Dottore, fammi tu la puntura!”. È il panico. Tutta la soddisfazione di sentirsi medico svanisce, l’ansia si impossessa del corpo e la mente pensa che solamente il giorno prima ha imparato la parola “sternocleidomastoideo”. Ed allora che con voce un po’ delusa, lo studente spiega che ancora non sa farla e che ne ha di strada da fare per essere chiamato “dottore”.

  • Parlano di “schifezze” ovunque e con chiunque.

Ogni studente di medicina che si rispetti, durante i grandi pranzi/cene, delizia i presenti con discussioni su infezioni, pustole e appare anche divertito mentre gli altri smettono, disgustati, di mangiare. Oppure, mentre c’è l’intervallo di fine primo tempo, con nonchalance, racconta delle operazioni che ha visto, di sangue, di visceri che schizzano via dappertutto.

Nel momento in cui l’universitario si ritrova a guardare una partita da solo o con una tavola vuota, subentra l’imbarazzo e la finisce, capendo che è il caso di parlare di “schifezze” esclusivamente con i colleghi.

  • Sono tutti figli di medici.

In facoltà, non è raro incontrare studenti che intraprendono la stessa carriera dei genitori e non è nemmeno assurdo incontrare chi usa il cognome del parente per il superamento di un esame.

Ma il buon 50% degli iscritti è un avventuriero con dei genitori che fanno tutt’altra professione.

E, quindi, FUCK THE SISTEM!

  • La Calligrafia.

Leggenda vuole che tutti i medici ed i futuri medici hanno una calligrafia illeggibile e traducibile solo, FORSE, con l’ausilio della stele di rosetta. Tale leggenda vuole, ancora, che solo i farmacisti siano in grado di tradurre tale scrittura (e questo è un altro bello stereotipo che abbatteremo). BEH, non è così. La verità è che, chi più chi meno, si arriva all’università e alla specializzazione con una bella scrittura. I primi anni, come gli studentelli di qualsiasi facoltà, anche loro si impegnano al fine di produrre degli appunti che siano PERFETTI, sistemati, puliti. Poi ti iscrivi all’Unime. Questo comporta compilare pagine e pagine di libretti universitari per attestare la presenza. Poi diventi MEDICO. Questo comporta compilare ricette su ricette, certificati su certificati. La sentite tutti? È la svogliatezza che subentra. Ad un certo punto, la mano parte da sola che non lo sa manco lei quello che sta scrivendo, lo fa e basta. Sanno scrivere bene, solo che si scocciano farlo.

  • Sono TUTTI degli Arroganti So-Tutto-Io.

Perché LORO fanno 6 anni, perché LORO studiano su libri enormi, perché LORO salvano vite. Beh, un pochino (poco però, eh) speciale ti senti se pensi che il tuo futuro consiste nel salvare la vita delle altre persone. Ma da qua a decantare le tue doti da Veronesi ne deve passare acqua sotto i ponti. Quindi sì, bisogna ammettere che la maggior parte degli studenti in Medicina ostenta giorno e notte le sue abilità (nello scassare la minchia).  Però ci sono anche le eccezioni. Gli umili, insomma, quelli che si fanno il loro e basta. Sono pochini, ma ci sono (e, sembra, finiscano tutti a lavorare per UniversoMe). Anche se, a onor del vero, anche a loro vengono, talvolta, i 5 minuti di megalomania (ma questo perché tutti si fa parte della specie ‘’esseri umani’’). Quindi no, amici delle altre facoltà, cercate meglio che quelli simpatici li trovate.

Elena Anna Andronico

Jessica Cardullo

Oggi in sala: ”Genius”, storia di uno scrittore nascente

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“Ho scritto cose strappate a forza dalle mie viscere e tu dici che non c’è spazio?”

Nella New York di fine anni venti, Max Perkins (Colin Firth), editor della Scribner’s Son, dopo aver portato alla luce scrittori del calibro di Fitzgerald ed Hemingway, ha il suo primo incontro con Thomas Wolfe (Jude Law); il ragazzo, con la passione per la scrittura ed un carattere eccessivo, è autore di un enorme manoscritto dal titolo “O Lost”, continuamente rifiutato da qualunque casa editrice. Sarà proprio Max, l’unico a leggere ed apprezzare l’opera e l’autore stesso, a cui sarà legato non solo dalla collaborazione lavorativa ma soprattutto da un profondo rapporto d’amicizia.

Il film di Michael Grandag racconta la storia vera della nascita letteraria di Wolfe ed è basato sulla biografia “Max Perkins. Editor of Genius”.

Punto focale della pellicola non è tanto la figura dello scrittore, bensì il rapporto quasi morboso che si crea tra quest’ultimo e l’editor; Thomas vedrà in Max una guida, un padre, un amico e Max sarà a sua volta attratto da quel “ragazzetto” dal carattere acceso e così differente dal suo, il tutto porterà alla creazione di un legame destinato a durare nel tempo.

Dal punto di vista tecnico il film è realizzato perfettamente. Ottime la regia, la sceneggiatura e la fotografia. Magistrale l’interpretazione di Colin Firth nei panni dell’editor, professionale e umano al tempo stesso; così come quella di Jude Law che interpreta perfettamente lo scrittore dal carattere tormentato. Meno presente ma altrettanto brava Nicole Kidman, che interpreta la compagna dello scrittore, innamorata ma messa in secondo piano rispetto al lavoro dell’uomo che ama e al suo rapporto con l’editor.

Il film merita di esser visto, anche se nel complesso non riesce ad emozionare particolarmente il pubblico, in quanto presenta una narrazione quasi sempre piatta e non sono presenti particolari colpi di scena .

 

Benedetta Sisinni

CUS Di Bella speranza!

15388635_10211491726273882_1275348914_oL’anticipo della sesta giornata del campionato di terza categoria di Messina vede affrontarsi Casalvecchio e Cus Unime nel campo di Santa Teresa alle ore 14,30 di sabato 3 dicembre. I ragazzi della squadra universitaria arrivano a questa partita con la giusta concentrazione, dopo una settimana di precisi e attenti allenamenti, ma non senza delle difficoltà tattiche, visti i molteplici infortuni che si sono susseguiti nelle ultime uscite. Già dall’arrivo al campo di gioco, mister Smedile trasmette ai suoi quella grinta e quella determinazione per cercare di ottenere un risultato positivo in quella che si preannuncia una trasferta non poco problematica. Al fischio d’inizio la concentrazione è alta tra i ragazzi universitari. E il campo lo dimostra: trame di gioco ragionate e inserimenti tattici come studiato in settimana. Il punteggio si sblocca alla mezz’ora in favore del CUS, con una punizione magistrale di Lombardo che piazza la palla all’incrocio dove il portiere non può proprio arrivarci. 0 a 1, ma la partita è ancora lunga. Infatti, è la squadra di casa che prova a riagguantare il risultato, trascinata dal proprio Capitano, Crisafulli, il quale prima centra la traversa su punizione e poi trasforma il rigore, causato da un ingenuo tocco di mano di Creazzo (ammonito), che vale il pari proprio allo scadere della prima frazione di gara.

Il secondo tempo comincia nel peggiore dei modi per gli universitari: espulso Creazzo per somma d’ammonizioni e successivamente è proprio mister Smedile ad essere allontanato dal campo dall’arbitro per eccessiva foga. I padroni di casa prendono coraggio e con l’uomo in più sfiorano più volte il vantaggio, ma un attento Battaglia e un superlativo Iacopino, negano loro questa possibilità. Ed è proprio quest’ultimo, Capitano del CUS, a prendere letteralmente la squadra per mano e da vero leader trasmette la necessaria tenacia a ognuno dei suoi compagni. Quando mancano 15’ al termine della partita, entrambe le squadre risultano provate dalla stanchezza e dall’esaurimento dei tatticismi. La partita, ancora in bilico, offre occasioni da un lato e dall’altro ma senza essere capitalizzate, tant’è che i due allenatori iniziano la routine delle sostituzioni per spezzare un po’ il ritmo. La paura di perdere questa partita è tanta, troppa. Il colpo di scena giunge nell’ultimo minuto del recupero concesso dal Sig. Frassica, quando su una verticalizzazione di Caputo di prima intenzione, il bomber Di Bella incorna la sua quinta marcatura stagionale anticipando il portiere avversario e regalando al CUS la prima vittoria esterna di questo campionato e la terza in totale. Punteggio finale 1-2, incontenibile la gioia dei ragazzi dell’UniMe, che ora vedono il primo posto della classifica distante appena 3 lunghezze. Un’importantissima vittoria che dà morale in vista della prossima partita, dove in casa verrà ospitato il novellino Kaggi. Oggi, intanto, non possiamo che goderci un CUS “Di Bella” speranza.

Formazione CUS (4-5-1): 1 Battaglia; 2 Russo, 4 Iacopino, 5 Occhipinti, 3 Arena; 11 Singh, 7 Vinci, 6 Lombardo, 8 Fiorello, 10 Creazzo; 9 Di Bella , 12 Bruno, 13 Carbone, 14 Tiano, 15 Monterosso, Lo Voi, 17 La Torre, 18 Caputo.

Mirko Burrascano 

Referendum: perchè detesto parlare di politica

Dicono che il primo editoriale, un po’ come il primo amore, non si scordi mai. E devo ammettere che a me è andata davvero di lusso, come si suol dire, dato che i turni concordati col resto della redazione hanno fatto si che mi toccasse come primo editoriale questo di oggi, 6 dicembre 2016, un periodo denso di avvenimenti importanti, dopo che l’esito di un importante referendum costituzionale e le successive dimissioni del premier Renzi hanno aperto le porte a una quanto mai caotica crisi di governo.

E quindi l’angioletto sulla mia spalla, con tanto di aureola e cetra dorata (chi di voi ha visto Le Follie dell’Imperatore capirà e si commuoverà con me ricordando quei tempi spensierati) proprio adesso che scrivo mi dice “Gianpaolo, ora prendi, ti informi, ti spulci le opinioni di cui i giornali sono pieni, ti improvvisi analista politico e ti spari un bel pezzo in cui fai il punto della situazione; ci piazzi un bel po’ di frasi fatte, del tipo ‘una vittoria per la democraziaoppure ‘il Paese è nel caos!’, così ti senti in pace con te stesso e col mondo e aggiungi un altro inutile mattone alla interminabile catasta di stupidaggini che sono state dette e verranno dette, in questi giorni e in quelli a venire“. E controvoglia potrei anche dargli ragione, solo che la cosa mi scoccia da morire e preferisco, per oggi, stare a sentire il mio diavoletto custode (ovviamente con tutina rossa, corna e forcone) che mi intima di farmi i fatti miei, promettendo in cambio la prospettiva di una vita ultracentenaria, come garantisce il ben noto proverbio. Ma qualcosa dovrò pur scriverla in questo editoriale: pertanto decido, per una volta, di fare la voce fuori dal coro e di incentrare il mio editoriale sul perché non voglio parlare di politica.

Prima che una delle tante voci del coro se la prenda con me e inizi a tormentarmi con i classici e triti slogan della cittadinanza impegnata (“ah, ma così passi un messaggio sbagliato! Ah, ma il voto è un diritto e dovere del cittadino e va esercitato sempre e comunque! Ah, ma allora sei anche tu un qualunquista!“) premetto doverosamente che a votare ci sono andato. Il punto è che l’ho fatto, come ormai spesso mi succede quando leggo notizie di attualità, con una sensazione come di dolore gravante in zona epigastrica (insomma, un peso sullo stomaco, anche se forse è colpa del reflusso). Che poi, guarda caso, alla gente interessi che tu vada a votare solo perché potenzialmente potresti votare quello che votano loro, è forse uno dei tanti motivi di questa sensazione di peso, ma non l’unico. Aggiungerei anche che ho votato non tanto per questioni di appartenenza politica o pregiudizi ma perché criticamente convinto della validità della mia scelta avendo esaminato attentamente le possibili alternative. Mi guardo bene dal farlo, però, perché so fin troppo bene che 1) a nessuno interessa delle mie capacità di analisi critica e 2) se andassi a chiedere a chiunque in base a cosa ha votato, chiunque mi risponderebbe così, e non c’è bisogno di essere esperti in psicologia cognitiva per sapere che, per uno dei tanti tiri mancini che il nostro cervello bastardo ci gioca, la nostra scelta ci appare, tendenzialmente, sempre come la più giusta e la più logica, solo per il fatto precipuo che essa è la nostra.

Arriviamo (finalmente) al dunque, alle ragioni del mio peso sullo stomaco. Tutte queste interminabili filippiche sono dovute al fatto che il recente referendum si è dimostrato, nei toni e nelle posizioni delle varie parti politiche tanto del fronte del Si quanto di quello del No, l’ennesimo trionfo del paradosso, della contraddizione e della fallacia logica. A cominciare dal PD di Renzi, che fino a qualche anno fa si atteggiava a difensore supremo dell’integrità della Costituzione tanto da porre la questione persino nel proprio statuto (quando la Costituzione voleva cambiarla il nemico Berlusconi…!) e che adesso ne ha proposto quella che sarebbe stata una delle modifiche più estensive della storia della Repubblica. Per poi arrivare al fronte del No e ai suoi controversi supporti da parte delle estreme destre, che fino a ieri inneggiavano al Duce e oggi si fanno vanto di aver difeso la Costituzione (si, proprio la Costituzione, avete presente quella cosa brutta voluta dai socialisti dopo la Liberazione?) dalla “svolta autoritaria” voluta dal premier Renzi: segno che le dittature e i regimi autoritari piacciono, purché a comandare ci sia chi piace a noi. Una battaglia politica condita di retorica populista da entrambe le parti, col fronte del Si a tappezzarci le città di specchietti per allodole facendo leva sul di desiderio di cambiamento (“Vuoi fare qualcosa per cambiare le cose? Vota SI”: avrete ragione voi, ma cambiare in meglio o in peggio?) e quello del No a fomentare i più bassi sentimenti di risentimento e insoddisfazione verso la classe dirigente, ovviamente con una inevitabile spolverata di complottismi d’annata (“Vota NO contro il sistema, contro i politici corrotti, contro le banche internazionali, la massoneria, i rettiliani che ci vogliono pecorelle inermi ai loro oscuri disegni di dominio”), passando ovviamente per promesse inattuabili (alcune francamente ai limiti del ridicolo) e prospettive apocalittiche nel caso di vittoria dell’avversario. Una campagna referendaria condotta insomma puramente sull’onda del sentimento, “di pancia”, senza che i media dedicassero spazio (salvo rare lodevoli eccezioni) alla sola cosa che potesse orientare un voto corretto e consapevole: il dibattito critico, razionale, sui pro e i contro del voto, in una parola l’informazione.

Unica nota di speranza, l’affluenza ai seggi: altissima, quasi del 70%. Evidentemente un briciolo di passione politica, nel popolo italiano, è rimasto. Ma la domanda inquietante a questo punto è: dopo un simile sovracitato sfoggio di slogan insignificanti, demagogia sfacciata e fallacie logiche assortite abbondantemente profuse da ambo i lati, durante questa campagna referendaria, di quale politica possiamo fidarci, di quale politica possiamo tornare ad appassionarci?

 

Gianpaolo Basile 

immagine in evidenza: Giuseppe Lami/ANSA

Suicide Squad, dai fumetti al film: l’affascinante mondo dei cattivi

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Il 6 dicembre 2016, esce il Dvd del film ‘’Suicide Squad’’, opera cinematografica che ha riempito le sale quest’estate.

Con un cast stellare e diversi record al botteghino, Suicide Squad, è una pellicola basata sui cattivi dei fumetti firmati DC Comics. Per la prima volta nella storia del mondo sono proprio i cattivi quelli che salveranno la terra: dopo la morte di SuperMan e la sparizione di BatMan, non c’è nessun altro a cui il governo americano può rivolgersi.

Ai cattivi, però, non viene dato niente in cambio: nessun premio, nessuna gloria, nemmeno la libertà. Loro sono stati crudeli, quindi o obbediscono o verranno uccisi. A tutti loro, infatti, viene impiantato un cip sotto pelle: se provano a ribellarsi, boom, saltano in aria.

Ci mancava, penserete voi: dopotutto stiamo parlando delle menti più contorte e folli che ci hanno sempre spaventati, fin da bambini. Infatti, la Suicide Squad (Squadra Suicida) è formata da: l’ex-psichiatra Harley Quinn (Margot Robbie), il cecchino mercenario Deadshot (Will Smith), l’ex-gangster pirocinetico El Diablo (Jay Hernandez), il ladro Capitan Boomerang (Jay Courtney), il mostruoso cannibale Killer Croc ( Adewale Akinnuoye-Agbaje) e il mercenario Slipknot (Adam Beach).

A loro si uniscono anche la dottoressa June Moone, un’archeologa posseduta da un’antica entità malvagia nota come Incantatrice (Cara Delevigne) e Katana ( Karen Fukuhara), mercenaria in possesso di una spada mistica.

C’è anche il Joker (Jared Leto) che, da dietro le quinte, segue la squadra: il suo unico obiettivo? Liberare Harley Quinn e riprendersela con sé (figuratevi a lui quanto può fregare di salvare gli esseri umani).

È interessante vedere come, fin dai primi minuti del film, si resta affascinati e si scatena un innamoramento nei confronti di questi pluriomicidi: chi l’ha mai detto, dopotutto, che non provano alcun sentimento? Con il susseguirsi della storia scopriamo proprio questo: tutti loro hanno amato qualcuno più di loro stessi e tutti loro, inevitabilmente, lo hanno perso.

Ma per chi è appassionato di fumetti, cosa è cambiato? Ovviamente questi personaggi, a prescindere dall’aspetto che mai poteva essere assolutamente uguale a quello dei disegni, sono stati umanizzati, sono (forse) meno folli del fumetto.

Obiettivamente alcuni cambiamenti sono obbligati: una pellicola non potrà mai essere fedele ad anni e anni di fumetti. Il fulcro di ogni personaggio rimane indenne, dalle loro perversioni, alle manie, all’istinto quasi suicida e la sintesi delle loro storie individuali è assolutamente fedele.

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Due personaggi in particolare sono stati, da alcuni, criticati: la coppia (che scoppia?) Joker- Quinn. Nei fumetti, infatti, Harley Quinn è una donna completamente sottomessa, che ama le violenze imposte dal Joker, che quasi si diverte a provocarlo pur di farsi fare del male.

Il Joker, d’altro canto, non sembra innamorato, nei fumetti, anzi: la presenza di Harley, il più delle volte, lo infastidisce; mentre, nel film, anche lui ha un’attrazione per lei.

Il confronto, ovviamente, è molto soggettivo: possono sembrare, per alcuni, una coppia di amanti con una grande indipendenza; per altri, invece, l’ossessione del Joker è esattamente quella dei fumetti: lui va a riprendersela perché è l’unico che può comandarla.

Harley Quinn, d’altro canto, è sottomessa in tutte le parti del film a lui: si rincorrono flash back dove si vede come lei, più e più volte, è pronta anche a morire per lui.

A prescindere dalle puntigliose critiche, dalle disquisizioni su dove e come il film poteva essere migliore, se Suicide Squad ha sbancato un motivo c’è, ed è il motivo per cui noi vi consigliamo di vederlo: in sintesi? È una figata.

Elena Anna Andronico

 

 

Violante per il SI, Ingroia per il NO-Intervista doppia in esclusiva su UniVersoMe

LUCIANO VIOLANTE

Perché è importante votare Sì?

Innanzitutto credo sia importante andare a votare. Certamente rispetto anche gli amici e i cittadini che votano No. Credo sia importante votare Sì, perché il No non ha nessuna proposta alternativa. Questa riforma raggiunge tre obiettivi molto importanti a mio avviso: la stabilità dei governi, una maggiore velocità delle decisioni politiche, un maggiore controllo sull’operato del governo. Tutte cose fondamentali per far cambiare passo all’Italia ed aprire così una strada di riforma profonda del nostro sistema istituzionale. Capisco ci sia sempre un inseguimento dell’ottimo, ma è dal 1983 che ne parliamo, penso abbiamo procastinato a sufficienza visto anche che oggi nel mondo interdipendente, la reputazione degli Stati si basa sulla loro solidità, sulla loro stabilità e sulla loro velocità.

La cosa che meno le piace di questa riforma?

Io avrei preferito che ci fosse stata una omissione riguardo la “sfiducia costruttiva”.

Ingroia ha detto che in uno scenario favorevole al Sì ci sarà un accentramento dei poteri del Premier. Lei si trova d’accordo con questa affermazione?
 No, non sono assolutamente d’accordo. Il presidente del consiglio sarà molto più controllato domani rispetto ad oggi. Per esempio il Senato potrà fare il controllo delle politiche pubbliche del governo, il controllo delle attuazione delle leggi e dello stato, il controllo della pubblica amministrazione ed il controllo delle direttive europee sul territorio. Tutte cose che oggi non fa nessuno. Mentre oggi il governo può mettere la fiducia anche al Senato, domani non potrà più metterla. Mentre il governo oggi abusa dei decreti legge, dei maxiemendamenti e della Fiducia , domani non sarà più possibile. Mentre oggi il  governo ha messo la fiducia sull’Italicum, legge che io non condivido per nulla , domani ci potrà essere la minoranza parlamentare che potrebbe votare sulle leggi elettorali e poi ricorrere alla Corte Costituzionale, cosa che adesso non si può fare. Ad oggi  i cittadini non hanno il referendum propositivo, domani l’avranno. Per me tutto questo significa maggiore controllo e maggiore tutela dei cittadini.

 

Recentemente ha dichiarato “Sì e No hanno pari dignità ma le conseguenze sono ben diverse”. Cosa pensa dei toni decisamente meno concilianti usati sia dal Premier: “Chi vota No difende la casta”; sia dal fronte del No: “Aboliamo la Schiforma”. Qual’è il senso di politicizzare un Referendum Costituzionale? 

Io sono contrario a questi toni. Non tanto perché si tratta di una materia di diritto, ma perché io rispetto le persone e rispetto chi la pensa diversamente da me. Ritengo sia sempre positivo ascoltare le opinioni dell’altro con rispetto , quindi non  posso condividere i toni offensivi che che li usino quelli del Sì o quelli del No. Questo è il mio metodo di confronto.

Che cosa pensa riguardo le affermazioni del 2013 di Antonio Ingroia da magistrato :”…io confesso che non mi sento del tutto imparziale. Anzi, mi sento partigiano, sono un partigiano della Costituzione.”?

Ritengo siano formule più adatte ad un dibattito pubblico.

antonio_ingroia_1ANTONIO INGROIA

 

Perché bisogna votare No?
Perché questa è una riforma che azzera i diritti di partecipazione dei cittadini. Mi piace dire che è un vero e proprio furto di democrazia. Il fatto che gli elettori non potranno più votare per il loro senatore, il fatto che il Senato pur ridimensionato mantenga ancora tanti poteri sia dal punto di vista al potere legislativo sia per elezione del Presidente della Repubblica, ed il fatto che possa essere tirato in ballo in altri momenti cruciali, già di per sè costituisce una ottima ragione per votare No. In più ritengo che ci sia un significativo anche uno squilibrio di potere in favore di un rafforzamento del potere esecutivo.

 

Qual è la cosa che più le piace di questa riforma?

Di questa riforma non mi piace nulla. L’unica cosa che posso condividere è l’abolizione del CNEL, poiché effettivamente è inutile e si risparmia. Ma la bilancia è troppo “sbilanciata” a favore delle ragioni per cui questa riforma è non solo inutile ma anche dannosa.

Dopo una carriera brillante e piena di soddisfazioni nella magistratura, nel 2013 ha deciso di scendere in politica e adesso di schierarsi per il No in questa campagna elettorale referendaria.  Mi chiedo chi ha più bisogno di Ingroia ?Un frammentato fronte del No o la Costituzione italiana?

Io credo che sia la Costituzione. Io sono innamorato della Costituzione, da magistrato mi sono definito “partigiano della Costituzione” e questo mi costò anche un provvedimento disciplinare ai tempi del governo Berlusconi, che poi venne ritirato. Oggi continuo questa mia battaglia ma con maggiore libertà di espressione, non facendo più il magistrato e facendo attività politica però fuori dai partiti.
Il presidente Violante dice che in nessun modo ci potrà essere nel caso in cui vincesse il Sì, un accentramento dei poteri del premier. Perché lo dice secondo lei?
Perché questa è una riforma furba poichè introduce un presidenzialismo mascherato. Dal punto di vista formale non c’è nessun ampliamento dei poteri del governo, tantè che non sono stati toccati dalle modifiche gli articoli relativi ad esso. Ad essere modificata è stata però tutta la parte relativa all’ iter legislativo, dove si sono introdotti dei potere il governo prima non aveva. Sono stati  alleggeriti un po’ i poteri di decretazione d’urgenza, però si sono introdotti alcuni meccanismi privilegiati del governo come ad esempio  il “Voto a data certa” ,e quindi c’è un vero e proprio controllo del Parlamento anche attraverso l’Italicum. È facile ora dire:”lo riformeremo”, intanto al momento è legge dello Stato e quando gli italiani voteranno il Referendum voteranno con l’Italicum quindi è meglio ragionare con il combinato disposto: Italicum e Referendum costituzionale. In questo meccanismo non solo c’è un aumento dei poteri del Governo ma anzi, c’è un innalzamento del potere di un’altra figura, che coincide con il Capo del Governo cioè il leader del partito di minoranza relativa il quale avrà, pur essendo una figura extraistituzionale ed extraparlamentare, di fatto in mano le sorti del Paese.
Alessio Gugliotta

Bulli e bullismo: quando l’ossigeno dovrebbe essere un privilegio per pochi

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Piaga sociale n° 374302: il bullismo. Non staremo qua a scrivere un papello su cosa sia il bullismo: lo sappiamo tutti. C’è una persona che si alza una mattina e decide di dare fastidio e invadere gli spazi vitali di un’altra persona, senza un motivo apparente (che io li manderei tutti nelle miniere di carbone e poi vediamo).

I bulli sono la prova che, ad un certo punto, l’evoluzione è andata a farsi fottere.

Il bullismo va dai 0 ai 100 anni. È come il gioco dell’oca: un gioco di società a cui possono giocare dai 0 ai +99 anni (c’è scritto veramente così).

E noi, che difendiamo i deboli (tipo Batman), siamo qua a studiare con voi i vari tipi di bulli e darvi qualche chicca su come difendervi.

Here, we, go…!

  1. Bulli Fisici

È forse la forma più “antica” di questo fenomeno ignobile. E no, con “antico” ahimè non intendo superato o “passato di moda” come i pantaloni a zampa di elefante. Il bullismo che si manifesta tramite la violenza fisica è paralizzante. Solitamente è collocato in una delicatissima fascia d’età che, indicativamente, va dai 6 (si, perché anche a 6 anni qualcuno riesce ad essere così maligno) ai 18 (anche se, non sarebbe errato scrivere venti o ventidue o vergognatevi). Questo tipo di bullo comincia proprio fra le mura di scuola: ti ruba la merenda perché lui è il più figo. Ti spintona perché lui è il più forte e deve dimostrarlo a tutti (che poi, diciamocelo pure, l’unica persona alla quale devono dimostrare qualcosa sono loro stessi). Ti umilia verbalmente e pubblicamente perché è lui ad avere il potere. Ma il potere di cosa? Il potere su chi? Ti esaspera, ti toglie le energie, la voglia di uscire, di vivere.

Non ci pensare nemmeno. Non perdere la speranza. Qui l’unico a dover smettere di uscire di casa, di guardarsi allo specchio, di sentirsi umano è proprio lui. E quindi vivi, reagisci, bucagli le ruote dello scooter o in alternativa contatta le autrici di questo articolo. Eh, , bullo che ci leggi, è una minaccia.

  1. Bulli Virtuali

Chiunque di noi può essere un bullo virtuale. Sono quelle ‘’persone’’, e ve lo virgoletto perché non penso si meritino questo appellativo, che si nascondono dietro una tastiera e si accaniscono contro qualcun altro, così a caso: si accaniscono contro i post, contro le foto, contro le frasi. Contro qualsiasi cosa.

Pubblichi una canzone? Fa schifo. Scrivi una frase poetica? Sei un comunista. Cambi foto del profilo? Hai i denti gialli. Pubblichi un articolo su quanto fa bene praticare una dieta equilibrata? Sei un vegano di merda perché non muori insieme a tua nonna morta (nb: se il bullo è un vegano ti darà dell’assassino come se il tuo passatempo preferito fosse soffocare cuccioli di cane nel Nilo).

Ormai sono conosciuti come haters. Insultano soprattutto i personaggi famosi (no sense). La fascia d’età, in questo caso, è molto ristretta: essenzialmente devi avere un oggetto elettronico e saperlo usare. Quindi, diciamo, vanno dai 16 ai 50 (dai 60 in poi inizia la fase ‘’devo pubblicare foto di gatti che danno il buongiorno’’). Umiliano. Creano nell’animo del bullizzato una mortificazione tale che lo stesso ha l’istinto di sparire dai social. Cancellare il proprio profilo. Non pubblicare più nulla. Pouf.

Non fatelo! Mai. Loro commentano a manetta? Insultano in chat? E voi bloccateli. Non è dare soddisfazione e, in questi casi, non vale la regola ‘’l’indifferenza è la migliore arma’’. La migliore arma è l’omicidio, ma è illegale. Segnalateli. Segnalateli 10, 20, 100 volte. Chiamate la polizia postale. Fate sparire loro, non sparite voi. E VAFFANCULO.

Bullismo
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3- Bulli Morali

Ah, che brutta categoria. Questi sono i peggiori. Perché, similmente a quelli virtuali, sfruttano il potere della parola (che poi perché tutti dobbiamo imparare a parlare? Quanto era bello l’analfabetismo). Solo che lo fanno alla luce del sole. Ed è peggio perché, ovviamente, non puoi spegnere il computer. Anche se potresti spegnere la luce e recidere loro la giugulare (ma anche questo, penso, sia illegale). Il loro punto di forza sta nell’attirare altre persone. Fanno branco. Iniziano a prendere in giro una persona qualsiasi, fanno ridere le pecorelle intorno a loro e continuano. E più fanno ridere, più continuano. E più persone li circondano, più si sentono forti e continuano. Spesso la vittima non è difesa da nessuno e questo, ragazzi miei, è l’errore più grande che ognuno di noi possa fare: lasciare il compagno, collega, amico solo. La ‘’presa in giro’’, anche qua, potrebbe essere su tutto: i vestiti, i capelli, gli occhiali e l’apparecchio, l’altezza, la sessualità, se ti piacciono i fumetti o no. Come le zanzare, non risparmiano nessuno. Dalle elementari, in cui troviamo 7enni (talvolta più taglienti degli adulti) che prendono in giro il compagnetto perchè ha un gioco vecchio, rotto, non di marca; al liceo, università e, perché no, ufficio dove, per quanto inizi l’età adulta, gli argomenti sono più pesanti, dove la vittima si sente dire che è una fallita o un ricchione di merda.

Ti soffocano.

Io ho incontrato il mio bullo alle medie. Anzi, i miei bulli. Ero piccolina, bassa, con gli occhiali e l’apparecchio. Non potevo usare la piastra, avevo i capelli arruffati, i vestiti me li comprava ancora la mamma. Facevano branco e mi prendevano in giro, ogni giorno, su qualunque cosa. Tornavo a casa piangendo, ogni santo giorno. Cosa feci? Diedi un pugno. E un altro, un altro, un altro. Reagii con le mani, forse un modo sbagliato per una bambina di 12 anni, ma l’unico modo che trovai per difendermi (mia madre, che venne convocata dalla preside, mi fece un applauso e poi andò a bruciare la scuola).

Abbiate una reazione, qualsiasi essa sia. Per quanto stupide, portate le pecore dalla vostra parte (puzzano di letame, ma ne vale la pena). Abbiate anche tanta pazienza: i cadaveri passano tutti sulla sponda del fiume. Sapete che fine hanno fatto i miei bulli? Beh, le ragazze sono delle racchie che lassamu peddiri, alte 1.30m e con le dentature che vanno dalla cavallina alla versione rospo viscido. I ragazzi… Beh, probabilmente stanno sotto i ponti. Mi devo informare.

Eh sì, ora, talvolta, vorrei poter fare io la bulla con loro. Ma, poveracci, ci pensa la vita tutti i giorni.

Stronzi.

  1. Bulli “Inter Nos”

Ogni famiglia è un po’ un’associazione a delinquere, all’interno della quale, spesso, le personalità più forti spiccano nei confronti di quelle più “deboli”. Il primo caso di bullismo (e forse qui sto un po’ esasperando la situazione) è quello che vede protagonisti i genitori un po’ “troppo protettivi”. Ti costringono a frequentare quel liceo perché l’ambiente è tranquillo, quella facoltà perché ti offre lavoro, il corso di yoga perché ti rigenera il corpo e la mente. Ma no dai, questo non è mica bullismo, ve lo avevo detto che stavo esasperando la situazione. Quello dei genitori, in fondo, è solo amore smisurato e incontrollato. Ma il bullismo inter nos cos’è allora? Ma dai, non ce lo hai avuto quel cugino antipatico che ad ogni pranzo di famiglia, ad ogni cena di Natale, ad ogni pomeriggio trascorso insieme ti ha torturato? Menomale.

Il bullo, che è anche un componente della tua famiglia, è altamente pericoloso: conosce di te, non solo ciò che lasci vedere agli altri, ma anche la tua più intima debolezza. E non ha paura ad usarla per sminuirti ed apparire come il gallo col canto più forte della famiglia, o semplicemente per toglierti di mezzo.

Sa che non sai nuotare? Tenterà di annegarti in mezzo al mare per poi fingersi lui la vittima della situazione. Sa che ti piace il cioccolato al latte, ti lascerà solamente quello fondente. Sa che non vai bene in matematica? Ti chiederà, davanti a tutti, quanto fa 7×8 (che crudeltà).

La cosa positiva? Il bullismo inter nos prima o poi finisce perché si cresce. E, a quel punto, puoi pure decidere di non farti vedere mai più (alleluia). Almeno solo dopo che al giorno del tuo matrimonio, il famoso cugino in questione non simuli di essere stato sequestrato (un po’ come Lapo) solo per rovinarti pure quel giorno.

Puoi vendicarti. Appostati durante le sue chiamate più intime. Registrale e mandale per posta alla sua famiglia (che poi sono tipo i tuoi zii). Inserisci un biglietto anonimo scritto con le lettere di giornale (così non potranno mai risalire a te): “Suo figlio mi ha bullizzato per una vita; ora la sua ragazza lo costringe a provare i nuovi trucchi della Kiko…”

Ah, che meraviglia il Karma.

 

Siate più furbi, sempre. Al costo di mettere in mezzo l’FBI. Chiedete aiuto. Ditelo agli adulti, agli amici, fate branco anche voi. Che voi siate dei ragazzi delle medie, del liceo, dell’università, ricordatevi: nessuno si salva da solo. L’unione fa la forza. E la vendetta è un piatto che va gustato freddo.

Come si dice? Tieniti stretti gli amici, ma ancora di più I BULLI. Voi, che non siete nullità come loro, teneteveli stretti e poi… I colli sono un ottimo posto per nascondere i cadaveri.

Elena Anna Andronico

Vanessa Munaò