Frozen – Cuore di ghiaccio conquista il Palacultura

Il 31 gennaio il Palacultura ha ospitato la prima del musical “Frozen – Cuore di ghiaccio“, ispirato al celebre film d’animazione Disney. Si è rivelato un successo quello della Compagnia dei Balocchi, sotto la direzione di Sasà Neri e prodotto da Taomai Managment, con la direzione artistica di Andrea Bernava Morante e la direzione esecutiva di Antonio Ramires.

Frozen racconta la storia di Anna ed Elsa, due sorelle del regno di Arendelle. Elsa ha poteri magici legati al ghiaccio, ma li tiene nascosti per paura di ferire gli altri. Quando perde il controllo e congela il regno, fugge tra le montagne. Anna parte per trovarla, accompagnata da Kristoff, Sven e il buffo pupazzo di neve Olaf. Dopo avventure e pericoli, l’amore tra le due sorelle scioglie l’incantesimo e riporta la pace ad Arendelle.

Un cast ricco di talenti

Musiche, coreografie e sceneggiatura curate nei minimi dettagli. Tutto in armonia tra di loro.

Le voci emozionanti delle protagoniste Giulia Tringali (la messinese performer del tour A tutto cuore di Claudio Baglioni), nel ruolo di Elsa, e Giulia De Domenico, nel ruolo di Anna, hanno trasportato il pubblico direttamente nel magico mondo di Arendelle. Un cast tutto giovanile quello di Frozen, che ha saputo ricreare con passione e dedizione un classico Disney amato da grandi e soprattutto dai più piccoli.

Fondamentale il ruolo della musica, curata grazie alla direzione musicale e corale di Giulio Decembrini, musicista e compositore messinese scelto come tastierista di “Fame, Saranno Famosi“, lo straordinario musical di Luciano Cannito che sta facendo il giro dei teatri nazionali.

Sceneggiatura ed effetti speciali

Interessante l’adattamento teatrale di Frozen – Cuore di ghiaccio, che ha saputo rispettare lo spirito del film originale, aggiungendo un tocco di originalità grazie alla professionalità degli artisti.

Un dialogo ricco di applausi, risate e meraviglia quello con il pubblico.

Suggestive e di grande impatto le scenografie in 3D, che hanno ricreato il castello ghiacciato di Elsa, il regno di Arendelle e l’iconica scena di Elsa sulle note di “All’alba sorgerò“, che ha incantato il teatro, creando un’atmosfera surreale.

Tra luci, colori e un mondo fiabesco è stato come essere all’interno di un mondo ghiacciato.

Una serata ricca di divertimento e suggestione per i più piccoli, travestiti chi da Elsa o Anna, che hanno animato il teatro con le loro voci sulle note delle famose musiche del film. Uno spettacolo fatto di leggerezza, divertimento e di continuo coinvolgimento che, nonostante il gelo magico del musical, ha saputo trasmettere il calore e l’emozione degli artisti.

 

La mostra”1908 CittàMuseoCittà” al Museo regionale di Messina

“1908 CittàMuseoCittà”: l’esposizione più significativa che il Museo regionale di Messina accoglie ormai da un anno. Si tratta di  un percorso che celebra la memoria e la resilienza della città di Messina, dopo il tragico terremoto che l’ha messa in ginocchio 116 anni fa, stravolgendo completamente il volto dello stretto. Per l’esposizione sono stati sfruttati gli spazi dell’ex Filanda Mellinghoff (ex sede del Museo nazionale).

C’era una volta a Messina: prima del 1908

Chiese maestose, patrimonio architettonico unico, vivacità culturale e scenario di numerosi scambi commerciali. Ecco Messina, città fiorente e cosmopolita, disintegrata dalla furia della natura. Il 28 dicembre 1908 segna l’inizio della fine per i messinesi: una scossa di magnitudo 7,1 provoca quasi 80.000 vittime, ben oltre la metà della popolazione. Insomma, Messina diventa una città fantasma, sommersa da macerie e travolta anche dal maremoto che sommerge non solo la città messinese, ma anche i villaggi nella Calabria.

Il popolo messinese guarda in faccia la morte e, i sopravvissuti, cercano di sfidarla. Messina sarà una città nuova.

 

 

Terremoto di Messina
Testimonianze fotografiche del terremoto di Messina. © Elisa Guarnera

 

IL PERCORSO DELLA MOSTRA 

È attraverso la fotografia e le moderne ricostruzioni che è possibile osservare la ripresa e l’evoluzione di una società completamente disintegrata. Non si tratta solo resti di maestosi monumenti: è la tecnologia ad avere un ruolo importante che, grazie all’utilizzo di innovativi e sofisticati strumenti, ci permettono di percorre in modo interattivo le vecchie strade di Messina.

All’ingresso della mostra vengono consegnati degli smart glasses che, attraverso l’intelligenza artificiale, consentono di vivere la città di Messina antecedente al terremoto. La prima sezione della mostra permette ai visitatori di camminare tra i reperti dei monumenti messinesi, di visionare documenti storici e filmati d’epoca. Colonne, capitelli, decorazioni scultore e la ricostruzione della famosa Palazzata trovano spazio in questo percorso. Tra i pezzi più significativi che allestiscono la mostra spiccano i resti della Chiesa della Santissima Annunziata dei Catalani e del Duomo, simboli della città che ancora oggi raccontano la sua ricchezza culturale.

Sala immersiva
Proiezione del teatro nella sala immersiva ©Elisa Guarnera

La realtà aumentata e la sala immersiva

Percorrendo la sala, si arriva al momento della realtà aumentata. Con gli occhiali immersivi, consegnati in precedenza, i visitatori possono camminare per le strade della Messina pre-terremoto, osservare edifici ormai scomparsi e vivere un viaggio nel tempo che culmina con la tragica notte del terremoto. Il percorso di conclude nella sala immersiva, che propone una ricostruzione visiva e sonora degli eventi antecedenti la distruzione: la sera del 27 dicembre 1908, a pochi giorni dalla fine dell’anno, al Teatro Vittorio Emanuele l’Aida di Giuseppe Verdi incanta la città per vivere ancora la magia delle feste. Una magia che, alle 5:20 del mattino del 28 dicembre, lascia spazio alla disperazione. La sala immersiva, che suscita grande emozione e commozione nel cuore dei visitatori, termina con la proiezione di alcune testimonianze raccolte dai sopravvissuti alla tragedia.

La mostra rappresenta non solo un modo per mantenere sempre accesa la memoria collettiva , ma anche l’esaltazione di una comunità che è riuscita a rinascere dalle macerie.

Un appuntamento imperdibile, soprattutto in questi ultimi giorni di festa. Numerose le novità aggiunte alla mostra, tra cui una guida LIS per visitatori audiolesi e sordi, pannelli tattili per ipovedenti e una guida cartacea dedicata alle diverse abilità cognitive.

Inoltre, è stata applicata una scontistica speciale per i messinesi residenti, che dal 20 dicembre scorso al 6 gennaio 2025  potranno accedere alla mostra acquistando il biglietto a soli 2 euro anziché 7 euro.

Un’esposizione che invita a riflettere sulla fragilità del nostro patrimonio culturale e sull’importanza di preservarlo, offrendo un’opportunità unica per immergersi in una vicenda umana senza precedenti, che ha modificato la nostra Porta della Sicilia.

 

L’amore proibito che diede origine al mito di Wonder Woman

(La locandina del film – themarysue.com)

Ultimo appuntamento per il cineforum #socialequity in collaborazione con AEGEE-Messina: film della serata sarà Professor Marston and the Wonder Women; pellicola del 2017 diretta da Angela Robinson e basata su una storia vera.

In tema di diritti civili, questo film drammatico-biografico si colloca come “punto di arrivo” di un percorso iniziato settimane fa, ed abbraccia alcuni degli argomenti più dibattuti degli ultimi anni. Inoltre, tratta con estrema delicatezza questioni che – ad oggi – rappresentano motivo di scandalo per la società occidentale.

Voto UVM: 4/5 – film interessante e scorrevole, ma pecca in alcuni punti

La sinossi e i temi trattati

Dominanza, seduzione, sottomissione e condiscendenza. Queste sono le quattro parole che riassumono l’intera carriera – se non la vita – del dottore in psicologia William Moulton Marston (Luke Evans), studioso della teoria DISC, seguace della neo-corrente del femminismo liberale ed intento a creare la prima macchina della verità. È il 1928 quando quest’ultimo, assieme alla moglie e ricercatrice Elizabeth Marston (Rebecca Hall), inizia una relazione poliamorosa con una studentessa che frequenta il suo corso d’insegnamento ad Harvard, Olive Byrne (Bella Heathcote).

Tale rapporto, connotato da un amore vero e sincero, lo avvicinerà presto al mondo del bondage, al punto che ne approfondirà gli aspetti psicologici trasponendoli al contempo all’interno del proprio fumetto: nascerà così la celebre eroina Wonder Woman e la sua immensa eredità.

Le complessità di questo dramma sono molte: innanzitutto vi è il sentimento poliamoroso, perno dell’intero lungometraggio; poi abbiamo l’interesse alla pratica bondage. Accanto ai temi appena citati si pone infine quello della discriminazione subita dai protagonisti e dai figli, i quali tuttavia vivevano quella realtà con normalità e felicità. Dalla paura, dalla vergogna, dal tormento subìto per via di tali persecuzioni, nascerà l’intento del protagonista di creare qualcosa che dia un nuovo vigore alla figura della donna e che inviti ciascuna a lottare per i propri diritti: l’opera di Marston si pone così all’interno di un’ottica femminista che ben si conforma agli ideali del creatore.

Due argomenti che meritano di essere trattati con delicatezza, senza toni scandalistici o paternalistici: in tal senso, la Robinson è riuscita a non sfociare nella banalità, mostrando un affetto puro e degno da parte di tutti e tre i personaggi. Un affetto che, dopotutto, si condenserà nel personaggio di Wonder Woman, che rappresenta una fusione delle due donne amate da Marston.

(C’è da notare come il professore nutrisse un profondo rispetto per il mondo femminile, essendo vicino agli ideali di femminismo, nota assolutamente progressista per i tempi in cui la vicenda è ambientata).

(In una scena del film, il professore illustra lo studio della DISC ai propri studenti – newswise.com)

La nascita di Wonder Woman e il rapporto tra i personaggi

Wonder Woman è effettivamente ispirata alla forza d’animo di Elizabeth ed Olive, due caratteri agli antipodi ma che si temperano ed attraggono a vicenda. Da un lato la signora Marston, incarnazione della donna in carriera anni ’20; dall’altro Olive, dolce, ingenua ma determinata. A fare “da ponte” tra le due vi è sicuramente il mite ed ambizioso Bill. Il personaggio risulta abilmente lavorato: dall’interpretazione di Luke Evans si nota la smania di grandezza, la voglia di “strafare” sempre e costantemente tenuta a freno dalla disillusione della moglie.

È proprio quest’ultima a mostrarsi inizialmente indecisa verso il rapporto che si andava creando, nutrendo una gelosia nei confronti del marito che tuttavia non passerà mai. E sarà sempre lei a non volersi “cedere” psicologicamente fino all’ultimo, fin quando non si sarà fatta palese la necessità di stabilità nella loro vita: una stabilità che solo Olive è capace di offrirgli.

Inutile però voler negare l’azzardo della regista nel trattare così tanti temi in soli 90 minuti di film: un approfondimento della loro intesa (soprattutto del momento della nascita di essa) avrebbe garantito una maggiore comprensione dei meccanismi del loro amore, anche ai più restii. Rimane invece in dubbio, osservando il complesso, se fosse vero amore o semplice necessità; necessità di alimentare il fuoco di un matrimonio che andava a spegnersi, forse.

Tuttavia, il pathos delle ultime battute del film lascia intendere che durante gli anni il rapporto sia andato fortemente consolidandosi; questo prospetta effettivamente la possibilità che la relazione fosse quanto più che sincera.

La passione e l’affetto che animano i Marston-Byrne si basano sulle quattro parole sopracitate, così come anche lo stesso personaggio di Wonder Woman. Infatti, sin dai primi capitoli del fumetto, l’eroina è ritratta a dominare, sedurre, sottomettere i propri nemici con sfumature erotiche che suscitarono un enorme scandalo.

(I protagonisti in una scena del film – theguardian.com)

Conclusioni

In ultima analisi, il film rimane intrigante sotto molti punti di vista e senza dubbio è piacevole; tuttavia fallisce in alcuni punti, come se la forte drammaticità non riuscisse a trasmettere l’intensità del sentimento provato dai tre. Da guardare se si cerca qualcosa di scorrevole e se ci si vuole avvicinare a tematiche diverse dal solito.

Valeria Bonaccorso

Malèna: cronaca di una morte

Malèna (2000), regia di Giuseppe Tornatore, è una pellicola carica di crudezza ed apatia. Un film che grida alla denuncia di una mentalità chiusa e corrotta che, se esisteva nei lontani anni Quaranta del Novecento, non è sicuramente cambiata – almeno in determinati contesti –  ai giorni nostri. Una denuncia, dunque, che risulta più che attuale, specie se proveniente da una donna.

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Monica Bellucci nei panni di Malèna – Fonte: spietati.it

Sinossi

La protagonista è Malèna (Maddalena) Scordia (Monica Bellucci): un nomen loquens, potremmo dire. Co-protagonista e voce narrante è invece il giovane Renato Amoroso (il nostro concittadino Giuseppe Sulfaro), un ragazzino nel pieno della pubertà che inizia a provare una passione struggente per la statuaria Malèna, innamorandosene al primo sguardo.

Tramite le sue parole, ma ancor più i suoi gesti, ci viene raccontata la parabola di una donnada santa a puttan*“:l’ascesa e poi il declino. Guardandola tramite gli occhi languidi del ragazzino, ci accorgiamo che il realismo magico delle scene erotiche non lascia spazio al romanticismo, a tratti inquietando lo spettatore, con l’incredibile effetto di sottoporci continuamente allo stress di quella situazione verosimile.

I personaggi

Seguendo i protagonisti nel loro percorso sentiremo chiaramente ogni sensazione da loro provata (e voluta dal maestro Tornatore): disagio, angoscia, rabbia, rassegnazione. Ed in effetti, la bellissima Maddalena è una donna rassegnata: a non vedere più il volto del marito, ad essere sola nella gabbia dei leoni. Disprezzata e rumoreggiata da tutti, passeggia per le strade della piccola cittadina siciliana quasi senza una meta.

Dopotutto, quale meta dovrebbe avere un personaggio spogliato di ogni dinamismo, cristallizzato nell’essere la valvola di sfogo dell’intero mondo costruitogli attorno?

Se notiamo bene, i personaggi secondari che ci vengono presentati sono della peggiore fattispecie e vili: una popolazione che sconcerta, raccapriccia, ma che descrive con incredibile finezza la mentalità bislacca della Sicilia d’altri tempi; mentalità, peraltro, talvolta ancora radicata nella nostra isola. In mezzo al questa accozzaglia di gente, si elevano le Erinni della donna. Il paragone non è casuale: la giovane viene perseguitata dalle altre signore del suo paese per un motivo semplice quanto banale: l’invidia.

Ma il male è sempre banale.

Fonte: webpage.pace.edu

L’urlo

E allora, dalle prime scene d’innocenti bisbigli, si passa alla scena più dura, intrisa di cattiveria del film: il linciaggio pubblico. Malèna – ormai divenuta la “prostituta del paese” – viene picchiata in pubblica piazza al cospetto di tutti gli uomini. Quegli stessi uomini che le facevano la corte, che facevano a gara per accenderle la sigaretta, che abusavano della sua dignità.

Chiave del film è il momento in cui la donna, malmenata, si rivolge agli omuncoli che erano rimasti a guardarla con ripugnanza. Nessuno di loro si fa avanti per offrire una mano a lei che striscia e cerca aiuto. Anche Renato, profondamente innamorato di lei, rimane a guardare come paralizzato. Ed allora un urlo: tutto il dolore accumulato negli anni, la rabbia, la depressione. Un urlo che mira a risvegliare le coscienze, non solo quelle della folla indisturbata, ma anche degli spettatori.

“Voi che mi avete derisa ed usata per il vostro intrattenimento, vedete come mi avete ridotta? Siete soddisfatti?”: suona così, tradotta in parole, la mia mia interpretazione della scena.

Ed ho capito anche che Tornatore ha svolto un lavoro incredibile nel momento in cui, anche solo per un secondo, mi sono sentita parte di quelle Erinni.

La cruda realtà

Malèna è un film che, nel suo asettico silenzio, parla di una morte spirituale con lucidità e cinismo e ci fa realizzare come siamo tutti aguzzini: lo siamo ogni volta che ignoriamo il grido d’aiuto di una persona bisognosa e lo siamo ancor di più quando giustifichiamo le violenze con la “disinvoltura dei costumi”.

Se da un lato è vero che la donna aveva effettivamente abbracciato la vita che non meritava, dall’altro dobbiamo renderci conto che tale scelta è stata spinta da un climax di sciagure di cui è la vittima inerme, inserita nella scena col solo fine di dimostrare quali livelli paradossali di malvagità si possano raggiungere.  E la strepitosa Bellucci impersona Malèna con preoccupante naturalezza.

Fonte: cineturismo.it

D’altro canto le rimane solo un ragazzino. Un ragazzino un po’ codardo, sì, ma che dal proprio errore (non aver prestato soccorso alla donna che, per due ore di film, ci ha ribadito di amare) ha attraversato un percorso di maturazione, mentre il resto delle grottesche figure tornerà a ricoprire, a fine film, il ruolo che aveva all’inizio, come se la vicenda si svolgesse dentro un carillon destinato a ripartire ogni volta che se ne gira la manovella.

Tutti tornano al loro posto, compresa Malèna (che a quel principio non è poi così estranea), ma non Renato. Lui, sin dal primo momento una voce fuori dal coro, si distinguerà per essere stato l’unico di quel paesello disgraziato ad aver conosciuto gli effetti devastanti della passione amorosa. Una passione che rimarrà impressa a vita, racchiusa in un nome maledetto ed abusato, ma che nei pensieri del ragazzo sarà sempre sinonimo di “amore”: Malèna.

Valeria Bonaccorso

Binge Watching: perché la maratona non ti fa bene

Non appena abbiamo un momento libero o bisogno di evadere dalla realtà, cerchiamo rifugio nel nostro amato Black Mirror: e no, non è solo un riferimento alla nota serie tv, ma allo schermo nero dei nostri dispositivi.

Le nostre case ormai ne sono piene, ed è come se non avessimo più altro modo di passare il tempo. Però questa moda potrebbe diventare una necessità e addirittura una possibile patologia.

Consideriamo la questione dello streaming e delle serie tv come un fenomeno che sta dilagando e che potrebbe renderci tutti Binge Watchers: come dei maratoneti… ma che corrono tra una puntata e l’altra.

Fonte : macine24 – netflix invents

Premettendo che in molti si sono spesi sull’argomento, cerchiamo di capire cosa succede quando guardiamo la tv e soprattutto come evolve questa potenza mediatica, tanto da renderci così addicted al prodotto.

Rapporto produttore – consumatore

Dalla loro parte, le piattaforme di streaming ci propongono:

Prossimo episodio *barra che si carica in 3,2,1*… la comodità, la mancata interruzione di pubblicità e l’alta definizione.

D’altro lato, i contenuti proposti hanno un qualcosa che ci incanta :

  • l’effetto cliffhanger: la puntata che finisce sul più bello e, soprattutto, quest’ultima è come se fosse la parte di un film che dura 10 ore (e che non si può non completare);
  • il feuilleton: un vero e proprio romanzo a puntate che funzionando come una macchina gratificatoria, provoca tensione e poi la scioglie, per poi riprovocarla e così via.

Così facendo riescono ad attivare i meccanismi della gratificazione e in particolare la via mesolimbica.

Fonte: la menteemeravigliosa – sistema limbico

Questa interessa il nucleo accumbens che, collocato nei meandri del nostro cervello, regola il meccanismo della ricompensa, rilasciando dopamina: il famoso neurotrasmettitore del piacere.

Questi circuiti, che sono implicati nei meccanismi delle dipendenze, potrebbero giustificare (in casi di iper-attivazione) il perché qualcuno potrebbe definire il Binge Watching una patologia, quasi come il gioco d’azzardo.

Sicuramente c’è una condizione scientifica alla base.

Fasi in crescendo: dall’ intrattenimento alla patologia

Sulla  rivista Scientific American Mind, già nel 2004 viene descritto quando e come comincia ad esserci un’ evoluzione in qualcosa di più grave: “quando al piacere di guardare un telefilm si sostituisce l’urgenza di doverlo fare e la difficoltà nell’interrompere l’attività“.

Fonte: adirai – bingewatching

Ma c’è chi ha approfondito la situazione e molto recentemente tre scienziati dell’ Università di Austin: Sung, Kang e Lee hanno detto la loro.

Alla 65ma Conferenza annuale dell’associazione internazionale delle comunicazioni è stato dimostrato un possibile link tra Binge Watching e depressione.

Fonte: humanmachinecommunication – logo

Il loro studio è stato condotto su un campione di persone tra i 18 e i 29 anni, somministrando un semplice questionario:

  • quante volte guardi la tv ?
  • come ti senti dopo?

Il risultato è sconcertante: ci si sente più soli e tristi per la fine di qualcosa, ma addirittura sembra esserci una vera e propria propensione a chiudersi a casa e ad essere depressi.

Non tutti i soggetti reclutati sono stati definiti dei “Binge Watchers highgrade“,  ma è stato definito un vero e proprio atteggiamento, una sorta di propensione a diventarlo.

Quelli che lo studio delinea come “a rischio” sono  dei soggetti che hanno la necessità di utilizzare le maratone televisive per tamponare le emozioni negative o al contrario per riempire momenti in cui non se ne provano.

Fonte: phillymag – crankase

“ Quando la dipendenza dalle serie tv diventa patologica, i soggetti possono iniziare a trascurare il proprio lavoro e le proprie relazioni con gli altri”, commenta il dottor Sung  e sottolinea la possibilità di un interessamento sistemico “le nostre scoperte mostrano che la pratica non dovrebbe essere sottovalutata. Al binge watching sono legati problemi come l’affaticamento, l’obesità e disturbi cardiaci, per cui ci sono buone ragioni per tenere alto il livello di guardia.”

Carenza = Sofferenza

Quindi divorare serie tv potrebbe spiegare anche delle vere e proprie sindromi di astinenza: ansia, tensione e una chiara difficoltà a tornare alla realtà.

La “sindrome dell’orfano” ne è un esempio. Descritta da Emily Moyer-Gusé della Ohio State University , indica come ci si sente alla fine di una serie tv: dopo che ci ha confortato e ci è stata vicino ci abbandona e lascia come una sensazione di tradimento, ansia e angoscia.

Fonte: encrypted

E se questo potrebbe farci sorridere, dobbiamo pensare a dei possibili soggetti predisposti. Per cui chi si sente solo o chi addirittura è incline (scientificamente constatato a tutti i tipi di dipendenze), potrebbe vivere una vera e propria condizione di esasperazione.

Da qui deriverà il problema che chi non ha autocontrollo potrebbe crollare sotto questo peso e sfociare nella patologia. Anche stavolta, il troppo stroppia.

Sicuramente tutti stiamo facendo un esame di coscienza: quante ore ho passato davanti alla tv? In quanto tempo ho finito Breaking Bad?

Dato che Netflix stesso ha twittato: Sadisfyng: the feeling of equally sad and satisfying when you finish a show you binge watched”, dobbiamo chiederci: come ci sentiamo dopo aver fatto questa maratona ? Vale la pena guardare un’altra puntata?

Sicuramente si, ma magari sarebbe l’ideale farlo in compagnia e renderlo un momento di condivisione. A questo ha pensato la grande N stilando un contratto di co-watching (imponendo ai due intestatari delle regole ben precise: non addormentarsi, non prendere il cellulare ecc.) e creando Netflix Party, così da istituire un vero e proprio cineforum virtuale e provare a rendere tutti partecipi di un’attività che, come abbiamo visto, spinge alla solitudine.

Barbara Granata

 

Bibliografia:

Yoon Hi Sung, Eun Yeon Kang, Wei-Na Lee – Why Do We Indulge? Exploring Motivations for Binge Watching

https://www.google.it/amp/s/www.illibraio.it/sadisfyng-netflix-1000560/amp/

https://www.google.it/amp/s/www.wired.it/amp/64199/lifestyle/salute/2015/02/02/binge-watching-depressione/

 

#iorestoacasa : Guida di sopravvivenza

È arrivato il momento di stare spaparanzati sul divano H24 e magicamente la nostra voglia di uscire sembra sparita. Sicuramente non siamo “armati” contro la sedentarietà e a casa non c’è niente da fare.

Ma non preoccupatevi, abbiamo creato per voi una guida di sopravvivenza: vi proponiamo dei rimedi alla noia quotidiana, dalle serie tv, che sembrano l’unica soluzione… ai tanto amati, quanto sicuramente impolverati, giochi di società.

LUNEDÌ

La Casa di Carta è una delle serie tv più guardate in assoluto, ma cosa ha incantato il mondo intero? Tanta strategia nell’azione e tanta attenzione ai dettagli forse… tanto da voler indossare la tuta rossa, la maschera di Dalì e creare un esercito.

Non ci sono scuse, ne La Casa de Papel si bara. Il profesor, grande stratega silenziosolo farà con così tanta precisione da non farsi scoprire… o quasi. E noi quando abbiamo parco della vittoria come ci comportiamo?

Fonte: nlfxso.net

Monopoli non ha bisogno di molte presentazioni, esiste dagli anni ’30. Obiettivo: arricchirsi e mandare tutti in rovina.

Ma di certo, già da prima dell’uscita del telefilm, esisteva il furbacchione di turno che, con falsa bontà d’animo, si proponeva di fare il banchiere per “togliere una scocciatura agli altri concorrenti”. Mai fidarsi, è sempre lui a vincere.

Che sia forse la mano galeotta che lascia la Zecca di Monopoli vuota?

MARTEDÌ

The Good Doctor è la storia di uno specializzando in chirurgia autistico e brillante. È una serie un po’ fuori gli schemi dei classici medical drama, ma riesce a far appassionare anche chi “s’impressiona”. Di Shaun, viene sottolineato il genio ma anche il suo passato e la sua attuale fragilità. Il tutto contestualizzato in un mondo aggressivo e a volte non sempre disponibile.

Fonte:mondofox.it

Ma a lui poco importa, ha i suoi orari e le sue abitudini e guai a chi li tocca!

Dalle Farfalle nello stomaco, all’acqua nel ginocchio, tanti i malanni da curare. L’allegro chirurgo è da sempre stato il sogno dei medici in fasce. Ed allora, rispettando le norme igieniche (lavatevi le mani prima di operare!) salvate in tutti i modi il povero Sam ed occhio al naso rosso.

Se si accende la lampadina: game over!

MERCOLEDÌ

Game of Thrones: dal King del Nord alla Khaleesi, dal nostro divano a Westeros. Ognuno ha la sua parte di Regno e lo stendardo non deve mai cadere. Falsi amici, reali nemici e famiglie intrecciate.

Fonte:modnofox.it

Non vi diciamo come finisce, ma inevitabilmente vi schiererete con una casata con la quale dovrete combattere. E dagli uomini a cavallo ed i castelli, ai carri armati e le bandierine è un attimo.

Risiko: un nome ed una garanzia. Se scegliete di passare la quarantena in sua compagnia, non aspettatevi di poter fare più di 2-3 partite in tutto. Ma la lunghezza del gioco è ripagata dalla fame di strategie, colonna portante del gioco. False alleanze, favoriti che finiscono per perdere fino all’ultimo carro armato.

Che l’avventura alla conquista dei regn… ehm… degli stati cominci!

GIOVEDÌ

Una scuola d’Elite, popolata da ragazzi perfetti, viene “contaminata” da tre di periferia. Inevitabilmente, tra gonne scozzesi e jeans strappati cominciano ad esserci problemi, l’alta borghesia vince e qualcuno muore.  E’ come un cerchio che si apre alla prima puntata e che deve chiudersi per forza.

Fonte: cinefilos.net

Non si può smettere di guardare e non si può non provare ad indovinare chi ha fatto del male a Marina.

Sei pelato? Hai il cappello? Se risponde si, vinci a Indovina chi? (sicuramente l’avrete letta cantando). Che è un po’ quello che cerca di fare la polizia spagnola per scoprire cosa è successo a Marina. Resta uno di quei giochi immortali.

Fonte: giochibriosi.it

Passano gli anni, ma tu, Indovina chi?, non passi mai!

VENERDÌ

Tra le tante interpretazioni del celebre detective, quella di Benedict Cumberbatch merita il nostro tempo libero. Ma proprio tutto!

Fonte: nexillia.it

Uno Sherlock tutt’altro che preciso, un uomo sbadato quasi, ma attento ai dettagli. La serie rende partecipi dell’analisi investigativa facendoci entrare anche nelle stanze del suo palazzo mentale, senza dimenticare di sbloccare tutte le combinazioni necessarie. Basta scoprire quella di Madame Adler. 

A tal proposito Cluedo è un vero must-have per gli amanti dei gialli. È un gioco rapido che permette di esprimere al meglio le doti investigative di ognuno di noi. L’obbiettivo è solo uno: scoprire l’assassino, il luogo e l’arma del delitto.

Tanto è sempre Scarlet con il candeliere nel garage!

SABATO

Once Upon a Time, è la serie per i sognatori. Permette di esplorare attraverso gli occhi di Henry il mondo delle fiabe: da Biancaneve a Frozen.  Nonostante si cerchi di mantenere la trama originale, gli autori sono riusciti ad intrecciare le storie e rendere i grandi classici sfondo di una vita moderna.

Fonte: alphacoders.com

Cosa c’è di meglio che perdersi a StoryBroke e prendere un caffè con la Regina cattiva?

Parallelismo perfetto con Dixit, gioco da tavolo che più di altri libera la fantasia dei concorrenti. Il narratore c’è e le avventure le creerete voi. Potrete sbizzarrirvi come più vi aggrada, inventare storie fantasiose in base alle carte che vi verranno consegnate e stupire gli avversari.

Fonte: geedko.com

Riuscirete a fare meglio di Henry?

DOMENICA

Una serie di sfortunati eventi è quello che succede ai fratelli Baudelaire. Bambini pieni di ingegno ed ottimismo, orfani ed ereditieri di un capitale enorme. Avranno a che fare con un tutore terribile, il Conte Olaf che vuole accaparrarsi la loro fortuna.

Fonte: screenweek.it

Ed Una serie di sfortunati eventi è quello che spesso capita giocando ad UNO. Gioco che ha rovinato amicizie e giornate di divertimento.

Vi è mai capitato di essere bloccati ad ogni giro da carte Stop o Inverti Turno? O magari finalmente, appena tocca a voi, qualche Cambio di colore vi impone di passare? Niente in confronto a lui: il temutissimo 4+.

Fonte: consollection.com

Si narra che una volta giocato, qualcosa si rompa per sempre nel rapporto tra “carnefice” e “vittima”. E voi chi dei due siete?

Quindi è arrivato il momento di recuperare tutti gli episodi mancanti, sisi recuperare anche lo studio arretrato, certo… ma soprattutto cominciare quelle serie che sono nella nostra lista dei preferiti da un po’ e che aspettavano solo del tempo libero ma sopratutto passare una serata a ridere e a giocare come non si fa più da tanto.

 

        Barbara Granata e Claudia Di Mento

 Immagine in evidenza: MiBACT (Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo)

Stamattina non ti sei svegliato!

Stamattina non ti sei svegliato!

No, non ero in camera tua questa mattina, se te lo stessi chiedendo.

Sta’ tranquillo, non so neanche dove abiti.

Magari proprio tu che stai leggendo sei in piedi dalle 07, e magari scrivendo così non sto guadagnando simpatie.

Capita, non posso sempre individuare il target di chi legge.

In ogni caso…

Stamattina non ti sei svegliato! E neanche io!

Aspetta, aspetta che ti spiego, ma prima…sappi che quest’articolo è solo per persone mature e responsabili. I piagnoni non sono i benvenuti.

Libero di continuare, ma poi non dirmi che non ti avevo avvisato!

Tornando a noi…

 

Ciò che sto per dirti potrebbe far venire un cortocircuito al tuo cervello e la tua visione del mondo ne risulterebbe completamente modificata.

La ricompensa però vale il rischio, te lo assicuro. 

La sola conoscenza di questo concetto che sto per spiegarti mi ha consentito di prendermi la responsabilità della mia vita.

Ti pare poco!?

Certo, detta così non vi è nessun vantaggio, ma andiamo con ordine.

Quello che voglio spiegarti oggi è la Metafora della carrozza, ideata dal filosofo Gurdjeff.

Troppe cose che non vanno?

 

So che tutto ciò che è legato alla filosofia può risultare poco pratico, e a volte anche inutile, ma in questo caso parliamo di qualcosa di pratico, sperimentabile sulla tua pelle.

 

Secondo questa metafora l’essere umano è un veicolo destinato al trasporto di un passeggero.

 

Sei mai salito su una carrozza?

Sai bene che questo veicolo è trainato da una coppia di cavalli. Questi sono legati alla struttura su cui siedono il cocchiere e il passeggero.

 

Ecco, questi siamo noi.

Ma in che senso?

 

È necessaria una premessa

 

Ognuno di noi dispone di un corpo, all’interno del quale si trova una mente. Molto spesso proviamo emozioni.

Questi (corpo, mente, emozioni) messi insieme fanno…ciò che siamo.

 

Tutto chiaro? Bene.

 

Adesso arriva la parte delicata

Questo è il punto in cui mollano tutti, qui l’entusiasmo va scemando, qui il pregiudizio vince su tutto.

Ma se sei arrivato fin qui, nonostante l’avvertimento iniziale, sei un temerario!

 

Non so se tu sia credente, ateo o agnostico. Adesso non ha importanza.

Qui non c’entra Dio, la religione o il moralismo.

 

Semplicemente credo che anche tu sia d’accordo sul fatto che sei qualcosa di più 

 

-del corpo che muovi

-delle emozioni che provi

-dei pensieri che fai

 

Per comodità chiameremo questo “essere qualcosa di più” Coscienza (puoi chiamarlo Anima, Io o Essere. Sii libero, è solo una questione di termini).

 

Bene, adesso lasciamo la parola alle immagini.

 

Boom.

 

Questa è la metafora della carrozza.

Come vedi ci troviamo su una carrozza, che è il nostro corpo, trainata da dei cavalli che sono le nostre emozioni.

Il cocchiere, la nostra mente, li guida.

La Coscienza è trasportata da questo veicolo.

 

La domanda da 1 milione di dollari adesso è: chi guida la carrozza su cui sei seduto?

 

Rifletti bene, anche se vorresti dire che a guidarla è la Coscienza perchè ti fai sentire a posto 😉

 

Se scopri che il/la tuo/a ragazzo/a ti ha tradito e ti infuri o soffri, chi sta guidando? Non sono forse i cavalli (le emozioni) che perdono le staffe e ti trascinano di qua e di là?

 

Se si presentasse l’occasione della tua vita e per coglierla dovresti trasferirti in un altro paese e lasciare immediatamente la tua famiglia, il tuo partner, la tua città e tu decidi di no perchè “sai cosa lasci ma non sai cosa trovi” o perchè “non so se andrà bene”, non è forse il cocchiere (la mente) a seguire sempre il solito e tranquillo percorso?

E questi sono solo due esempi.

 

Adesso il titolo dell’articolo risulterà più chiaro.

 

Il vero tu è la Coscienza! 

Corpo, mente ed emozioni non sono cattivi, non fraintendere. 

Anzi sono strumenti fondamentali che “Tu Coscienza” devi usare per vivere al meglio. Ma tu non sei gli strumenti!

 

Ecco perchè ti dico che stamattina non ci siamo svegliati.

 

Stamattina il cocchiere avrà seguito sempre lo stesso percorso meccanicamente oppure i cavalli ti avranno sballottato qua e là. 

Tu non c’eri, tu non hai dato loro indicazioni. Ti sei lasciato trasportare.

 

Già solo sapere questa cosa dovrebbe darti una “svegliata”.

Ricordatene quando starai male per qualcosa o avrai un pensiero fisso, o in qualsiasi altra situazione.

Se vivi dormendo, non stai vivendo davvero.

Il mondo, la nostra vita sono davvero meravigliosi ma noi non siamo presenti per goderceli.

 

Angela Cucinotta

I Diritti Conquistati dalle Donne

 

Le Donne hanno incominciato ad avere Diritto di voto, quando fu esteso il Suffragio Universale Femminile, ricordandoci questo movimento, femminista con le “Sufraggette”.
La Donna incomincia ad avviarsi come “Cittadina” del mondo, sia nell’ambito sociale che nell’ambito politico da come ci narra la storia .

Ma sfortunatamente tutt’oggi, il ruolo della Donna nell’ambito “Sociale –politico” viene rappresentata come “Antagonista” della sua vita, dimenticandosi che essa ha un ruolo “Storico –Rivoluzionario”

Un genere che ha sempre lottato per i suoi Ideali e che tutt’oggi , ogni giorno affronta le piccole “Disuguaglianze” che ancora la nostra società rileva in maniera eccessiva, senza notare che il “Ruolo Femminile” resterà sempre quella rivelazione che nessuno si aspettava prima d’ora .

Hanno intrapreso battaglie per un futuro migliore. Essere Donna non significa essere diverse ma essere unicamente forti.

 

Dalila De Benedetto

Quella marcia in più

Le Donne, esseri umani che sono sempre state antagoniste della loro vita, messe in disparte per fin troppo tempo, con l’idea di essere solo create per la consapevolezza di generare altri esseri umani.

Fin dai primi tempi della storia erano viste come “Barche di salvataggio”, coloro, ovvero, che si muovevano nel focolare domestico, prive di diritti ma vestite di doveri nei confronti degli uomini; ma tutto si muta o per lo meno si cambia.

La Donna incomincia a prendere forma, a iniziare una guerra non più con se stessa ma con coloro che hanno sempre visto il “genere Femminile” come una seconda scelta.

E, come nella storia, anche le Donne, incominciano a sognare e realizzare le loro passioni al di fuori delle mura domestiche,  intraprendendo, ma soprattutto, strappando l’idea “Maschilista” di un tempo.

L’essere femminile incominciò a farsi strada nel mondo del lavoro, sfatando i grandi pregiudizi che si opponevano, saldamente, al cambiamento.

La Donna oggi ha quella marcia in più per chiamarsi tale. Grandi Donne hanno realizzato il loro sogno, credendo in loro stesse, cosi come Amelia Earhart, la prima Donna che sorvolò gli Stati Uniti, nelle sue spedizioni di ricerca, riuscendo a battere quello stereotipo tanto criticato da chi ancora viveva nell’immaginario maschile. Amelia non fu solo una scoperta ma una delle prove viventi che la Donna può anche “Pensare e agire”.

Dalila De Benedetto