Il ruolo dell’Arte nell’educazione alla sostenibilità

La Sostenibilità: Una Sfida Urgente e Culturale

Oggi, il tema della sostenibilità rappresenta una delle questioni più urgenti e complesse del nostro tempo.

Eventi climatici estremi, scioglimento dei ghiacci, perdita di biodiversità, inquinamento diffuso sono tutti segnali che non possono più essere ignorati. Eppure, nonostante i dati scientifici siano sempre più allarmanti, il cambiamento procede lentamente.

Perché?

La sostenibilità non può essere solo una questione tecnica, fatta di normative, statistiche o tecnologie. È anche, e soprattutto, una questione culturale che richiede un cambio di mentalità.

Ha bisogno anche di narrazioni, di immagini, di emozioni: ha bisogno dell’arte. Perché è attraverso la cultura che possiamo costruire una nuova visione del futuro.

L’arte permette, infatti, di trasformare la percezione, educare allo stupore, ricordarci la bellezza e la fragilità del mondo naturale.

In un’epoca di overload informativo (sovraccarico di informazioni) e disconnessione emotiva, l’arte può riaccendere quel legame profondo con la natura che la modernità ha spesso reciso.

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Effetti del cambiamento climatico.
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La rappresentazione della natura nella storia dell’arte

La natura è sempre stata una delle protagoniste principali dell’arte. Fin dalle origini, l’essere umano ha sentito il bisogno di rappresentare il mondo naturale che lo circondava non solo per documentarlo, ma per dargli un senso, celebrarlo, o temerlo.

Già nelle pitture rupestri, decine di migliaia di anni fa, troviamo rappresentazioni della fauna: immagini potenti, spesso legate al rapporto spirituale e simbolico con la caccia e la sopravvivenza. Qui, la natura non è sfondo, ma protagonista assoluta.

Nel Rinascimento, la natura si fa armonia e ordine. Maestri come Leonardo da Vinci osservano piante, animali, paesaggi naturali contemporaneamente con occhio scientifico e artistico, rendendoli parti integranti delle opere.

Esempio emblematico è la pittura di Caravaggio, precursore del naturalismo pittorico, per la sua capacità di rappresentare la realtà con assoluta fedeltà e assenza di idealizzazione.

Con il Romanticismo, la natura esplode in tutta la sua forza. I paesaggi diventano espressione dello stato d’animo umano. Basti pensare ad opere come “Viandante sul mare di nebbia” di Caspar David Friedrich, dove la natura è immensa, sublime, a tratti minacciosa, specchio dell’infinito e dell’ignoto.

Anche gli Impressionisti celebrano la natura nella sua luce mutevole, nei suoi riflessi, nella vita quotidiana all’aperto, con l’intento di racchiudere emozioni autentiche.

Nel Novecento, la natura non è solo rappresentata: diventa materia. La Land Art è un movimento artistico in cui l’ambiente naturale è allo stesso tempo mezzo e messaggio.

Questa evoluzione della rappresentazione artistica della natura mostra quanto essa sia stata non solo fonte d’ispirazione, ma anche riflesso dei cambiamenti nel pensiero umano: da divinità temuta a risorsa da studiare, da bellezza da contemplare a organismo vivente da rispettare e con cui convivere.

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“Canestra di frutta”, Caravaggio, 1597-1600.
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Oggi: l’Arte come strumento di sensibilizzazione ambientale

Nel contesto attuale, segnato da emergenze ambientali sempre più evidenti, l’arte ha assunto un nuovo ruolo: non solo rappresentare la natura, ma anche difenderla.

Sono sempre più numerosi gli artisti che si fanno portavoce di una coscienza ecologica, usando il proprio linguaggio per porre domande, scuotere le coscienze, stimolare il cambiamento. È nata così una vera e propria corrente: l’eco-art, un’arte impegnata, che mette al centro il rapporto tra uomo e ambiente, spesso con un approccio critico e sperimentale.

Molti artisti, inoltre, utilizzano materiali di scarto o riciclati per sensibilizzare sul tema dei rifiuti.

Ci sono, poi, progetti partecipativi e comunitari, in cui l’arte diventa uno strumento per coinvolgere le persone in attività sociali volte a trasformare spazi degradati e generare una nuova relazione con il territorio.

In tutte queste forme, l’obiettivo è chiaro: rendere visibile ciò che spesso è invisibile, toccare corde emotive, creare consapevolezza. Perché l’arte, oggi più che mai, può essere un ponte tra la conoscenza e l’azione.

Perché, in fondo, ogni gesto sostenibile nasce da una domanda antica e semplice: che mondo vogliamo lasciare? E forse è proprio l’arte, ancora una volta, a suggerirci la risposta.

 

Antonella Sauta

“Il futuro è nostro”: il peso di una responsabilità

Io e la mia eco-ansia

Avevo solamente sette anni quando, sul mio diario segreto dell’epoca, cominciai a scrivere dell’estinzione del Panda Rosso, del riscaldamento globale e della fine del mondo.

Non avevo ancora sviluppato uno spirito critico che si potesse dire realmente tale, ma a una conclusione verosimile ero comunque riuscita a giungere.

Ve la cito testualmente:

È tutta colpa dell’uomo. L’uomo deve aggiustare le cose.

So che non fosse normale il fatto che una bambina di quell’età perdesse il sonno a rimuginare sull’inquinamento, ma, quando cresci in una realtà che va alla deriva, diventa quasi inevitabile.

Guardavo i notiziari e l’impotenza mi atterriva. Ascoltavo gli adulti parlare di questa e quell’altra crisi ecologica, ed ecco che mi veniva il mal di pancia.

Ciò che davvero, però, mi causava malessere era il senso di responsabilità che sentivo ricadermi sulle spalle. Ero ben consapevole, ora come allora, che sarebbe toccato a me porvi rimedio.

In realtà, a ben pensarci, non è che fosse una riflessione di cui posso arrogarmi il merito. Non scaturiva dalla mia sviluppata sensibilità o da una precoce e incredibile perspicacia.

Era un qualcosa che mi veniva ripetuto di continuo: il destino della Terra era nelle mie mani.

Avrei dovuto fare la raccolta differenziata, usare la bicicletta per andare a scuola, bere dalla borraccia, comprare prodotti che non fossero in confezioni di plastica… Se me ne fossi astenuta, l’apocalisse si sarebbe abbattuta su noi tutti.

Ero davvero convinta di avere una parvenza di controllo e di poter, così, effettivamente fare la differenza.

Sebbene riconosca che il rispetto di queste regole sia sacrosanto per garantire una cittadinanza che possa definirsi civile, ho, però, ora contezza che quella che mi è stata propinata – che ci è stata propinata – è una pia illusione.

Abbiamo ereditato un pianeta al collasso, prosciugato delle sue risorse e iper-sfruttato, e ci è stato, poi, presentato il conto. Mentre i grandi procedono nei loro affairs, inseguendo il qui e ora e distruggendo quel che poco rimane, ci viene detto che il futuro è di nostra competenza, che siamo noi a doverne cambiare le sorti.

Dobbiamo, al contempo, correggere gli errori di un passato in cui neanche esistevamo e lavorare affinché ci sia un futuro di cui non ci godremo nemmeno i frutti.

Hanno tralasciato di dirci, tuttavia, che i nostri sforzi… sono vani. E che continueranno a esserlo fino a quando le vostre vedute saranno colme di denaro e non di terre fertili, acque limpide e natura sterminata.

Noi siamo disposti a sacrificarci per ottenerlo. Lo facciamo ogni giorno, d’altronde.

E voi?

 

Le nuove sfide del rinnovabile: si può passare dal rumore all’energia?

Negli ultimi tempi si discute sempre più su quanto siano importanti l’innovazione e il progresso tecnologico, specie in vista dei gravi danni causati quotidianamente dal cambiamento climatico. Ma in cosa consistono le trasformazioni delle ultime tecnologie? Quanto siamo capaci oggi di investire nel rinnovabile?

Dalla carta al digitale

Da anni, ormai, l’aumento di alberi abbattuti e la produzione di carta sono fattori che recano gravi danni al pianeta, anche perché la quantità di alberi abbattuti non è proporzionale alla quantità di alberi piantati.

E ancora, la produzione di carta si basa su un sistema che arreca gravi danni all’ambiente, nonostante oggi sia diffusissima la buona pratica del riciclo (basti pensare che l’Italia è il primo paese europeo ad aver raggiunto il riciclo dell’85% della carta con la raccolta annuale di quasi 7 milioni di tonnellate di carta da macero). Ma le buone statistiche italiane non smentiscono un problema ancora pervasivo nel resto del mondo.

E allora, per risolvere questo problema si è passato all’uso del digitale. Ad esempio, nelle scuole il classico registro cartaceo è oggi sostituito dal registro elettronico. Per non parlare della diffusione sempre maggiore di tablet e computer, che ormai sostituiscono i classici quaderni di carta.

Ma quanto è “rinnovabile” tutto ciò?

Uno dei minerali più usati per la costruzione dei telefoni cellulari, ad esempio, è il coltan, che contiene parti di uranio e per la cui ricerca vengono investiti annualmente milioni, ma non solo in termini di denaro. Esso è presente in grandi quantità nel continente africano. Paesi come il Niger e il Congo sono quotidianamente alla ricerca di questo prezioso minerale, che, sulla base di accordi internazionali, risulta essenziale costruire tablet, computer e cellulari.

Níger, atrapado en el uranio - El Orden Mundial - EOM
Statistiche dei principali paesi produttori di uranio nel mondo. Fonte: Eom

Quali prospettive per i giovani?

Insomma, sembra che il mondo di oggi sia tutt’altro che all’insegna del rispetto ambientale, nonostante le politiche degli ultimi tempi. Quali prospettive future per i giovani?

Francesco Creazzo, giovane studente universitario di Ingegneria meccanica, fa parte del team studentesco di moto engineering dell’Università di Messina Stretto in Carena. Questa realtà studentesca cerca, tra vari obiettivi, di sviluppare nuove invenzioni, in modo da contribuire ad un futuro più sostenibile. La sua passione lo ha portato a conoscere il mondo dei motori e dei veicoli, a progettarli e a metterli in pratica. Per Creazzo, che sostiene che il futuro è una sfida e bisogna essere sempre alla ricerca di nuove soluzioni, in quanto anche l’elettrico porta dei problemi, sarebbe meritevole di particolare attenzione uno degli ultimi prototipi, cioè il motore a idrogeno, che però non è stato ancora pienamente approvato dalla comunità scientifica.

Questo prototipo, secondo Creazzo, sarebbe a destinato a sostituire la funzione oggi assunta dalla benzina in molti veicoli. E nondimeno l’intelligenza artificiale, strumento che nell’opinione dello studente di ingegneria rappresenta un’importante risorsa. Oltre a questi esperimenti sta arrivando una novità che potrebbe davvero rivoluzionare il mondo delle tecnologie e della mobilità: si parla della trasformazione del rumore in energia elettrica.

Dal rumore all’energia rinnovabile – ma come?

La startup Lv Energy ha sviluppato un prototipo in grado di trasformare il rumore proveniente dall’inquinamento acustico in energia. Proprio così: si chiama “processo di induzione elettromagnetica“. Il tutto avviene attraverso l’uso di strumenti chiamati trasduttori (dispositivi che scannerizzano l’ambiente, prendono le onde del rumore e le convertono in energia). Ora proviamo a immaginare il funzionamento dei mezzi di trasporto: auto, bus, treni… E se funzionassero con questa tecnologia? Sarebbe così possibile trasformare un fattore di inquinamento in fonte di energia rinnovabile. Ma non è tempo di cantare vittoria, perché questa tecnologia ha bisogno di essere ottimizzata ed ha bisogno che ne vengano ridotti i costi. Tuttavia, ciò dimostra che le possibilità di migliorare il nostro pianeta esistono eccome.

Il trasduttore acustico di una chitarra – Fonte: Amazon

Roberto Fortugno

Fonti:

Miinnovo.it

Lospiegone.com

A Messina novità green: arrivano monopattini e bici elettrici

La rivoluzione sostenibile sembra essere iniziata anche per Messina, che con l’arrivo di 70 monopattini e 20 biciclette elettriche segna la propria svolta green. Il 14 ottobre in Piazza Duomo è avvenuta la consegna dei 90 mezzi a pedalata assistita da parte della società, la “Verde Mercurio“, che per prima curerà il servizio di sharing ovvero il fenomeno in base al quale i trasferimenti da un luogo ad un altro, avvengono con mezzi e veicoli condivisi. Presenti il sindaco Federico Basile, il quale ha “battezzato” uno dei veicoli, il vicesindaco Salvatore Mondello, il direttore generale Salvo Puccio, l’assessore  Massimo Finocchiaro ed un gruppo di consiglieri comunali della maggioranza politica. L’obiettivo è arrivare a 1.000 monopattini e 500 bici elettriche, previste anche delle convenzioni, in primis per gli studenti universitari, che arriveranno presto.

Come funziona il servizio?

Il primo passo per usufruirne è molto semplice: scaricare l’app Elerent, il pagamento avverrà tramite carta di credito o la prepagata, anche i tabacchini saranno muniti di prepagate specifiche. Il costo è di venticinque centesimi al minuto, trenta centesimi per la bici, con un euro di sblocco, i primi dieci minuti saranno gratuiti e  per utilizzarli bisogna aver compiuto la maggiore età. L’autonomia è di 40 chilometri, circa due ore consecutive.

L’utente, per avviare il mezzo, dovrà scannerizzare il QRcode posto su di esso tramite l’app, dove troverà una mappa su cui saranno segnalate le aree di sosta predisposte (colorate in blu) dove lasciare il mezzo scelto una volta terminato l’utilizzo. Ciò comporta l’esclusione di alcune zone, soprattutto periferiche, ove il veicolo automaticamente si spegnerebbe. Inoltre, nelle zone “di esclusione” non sarà possibile terminare il noleggio e si continuerà a pagare, strategia effettuata per evitare che vengano abbandonati ovunque a discapito della sicurezza cittadina. 

Il commento del sindaco di Messina

Stiamo dando spazio ad un sistema di mobilità alternativo all’autovettura che può funzionare, stiamo realizzando le piste ciclopedonali, riusciremo a cambiare insieme le modalità.  Le aeree lavoreranno sia sui parcheggi di  interscambio, sia sulle zone più turistiche come Piazza Duomo, Piazza Unione Europea – la più frequentata dai croceristi – la Stazione e tutti i punti più importanti.  

Perché scegliere i mezzi elettrici?

fonte pixabay

Non è più così raro avvistare monopattini e biciclette in giro per la città, sono tanti i messinesi che preferiscono questo tipo di mezzi per spostarsi tra le vie trafficate di Messina. Chi per animo ecologista, chi per non affannarsi già dal mattino alla ricerca di un parcheggio, predilige acquistare questo mezzo di trasporto alternativo. Ma in considerazione dei costi non sempre abbordabili il noleggio risulta essere una soluzione più che valida. Vediamo nel dettaglio alcuni motivi che potrebbero invitare alla conversione alla mobilità agile:

  • Si ridurrebbe l’inquinamento dell’aria, non emettendo CO2 e polveri sottili e tutelando la salute e l’ambiente;
  • Sono facili da trasportare a mano, nel caso in cui il loro utilizzo non sia consentito (una chicca per i pendolari);
  • Risultano essere i mezzi più economici, in quanto i prezzi sono molto contenuti.
  • Possono raggiungere un velocità tale (il limite è 20km/h) da dimezzare il tempo che solitamente si impiega a piedi o con i bus per spostarsi da una parte all’altra della città;
  • Possibilità di accedere alle piste ciclabili e sfuggire al traffico;
  • Allenamento della gran parte dei muscoli addominali per mantenere l’ equilibrio.

Analizziamo anche l’altra faccia della medaglia

Come in ogni realtà non è tutto oro ciò che luccica, i presupposti dell’iniziativa sono ottimi e Messina non potrà che ottenerne benefici, però, abbiamo il dovere di osservare nel complesso anche alcune problematiche che potrebbero venirne fuori. Giuliano Frittelli, responsabile dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti sottolinea come questi mezzi possano intralciare i marciapiedi e quindi essere una “trappola mortale” per chi, avendo problemi di vista, potrebbe inciamparci per via della loro forma insolita. Sono silenziosi e questo potrebbe rappresentare un’altra minaccia per i pedoni ipovedenti e non.

Sono tante le città che ne hanno vietato l’utilizzo come ad esempio Parigi, oppure li hanno diminuiti drasticamente come accaduto a Roma a causa dei tanti incidenti registrati negli ultimi anni.

Dunque la sicurezza stradale, oltre quella ambientale, dovrebbe essere la priorità con l’augurio che gli organi competenti stabiliscano regole, obblighi e doveri chiari e che che gli utenti che ne vorranno approfittare siano responsabili degni della loro scelta.

Serena Previti