“Zombie” e “Bella Ciao”: i canti della resistenza a Putin

Sono passati vari giorni da quando il presidente Vladimir Putin ha deciso di invadere l’Ucraina: in quel momento si è spezzato un altro filo nella “tela dell’umanità”, in quell’istante il tempo si è fermato, migliaia di persone si sono ritrovate senza cibo, acqua, le loro vite sono cambiate per sempre e la loro innocenza è stata distrutta.

Una parte del popolo russo si è rivoltato contro il proprio Presidente (o per meglio dire dittatore), scendendo in piazza, protestando con cartelloni, fiori e simboli di pace. Per dire a Putin, ma specialmente al mondo, che loro non stanno dalla parte della disumanità, mettendo spesso a rischio la loro stessa libertà, la loro vita. Qualche giorno fa un gruppo di russi è stato arrestato dalla polizia, proprio mentre manifestava il proprio dissenso verso la guerra.

Incatenati e portati sopra il furgone come bestie dalle forze armate, armati di coraggio e di sorrisi anziché di bombe, i manifestanti hanno iniziato a cantare a squarciagola la canzone Zombie, dando esempio di disobbedienza civile.

 Chi non conosce la melodia di Zombie? O almeno una volta l’ha sentita passare in radio o mentre faceva zapping da un canale all’altro? Appena i manifestanti russi hanno iniziato a cantare, siamo quasi stati riportati indietro nel tempo, a quando ancora questa guerra non c’era. Guardando sui nostri cellulari quel video ormai diventato virale, ci siamo sentiti cittadini del mondo, il patriottismo per un attimo ha lasciato il posto all’empatia e ci siamo trovati a condividere la resistenza del popolo russo al suo dittatore.

La storia dietro Zombie

“Nella tua testa stanno ancora combattendo
Con i loro carri armati e le loro bombe
E le loro bombe e i loro fucili
Nella tua testa
Nella tua testa stanno morendo”

Zombie, è una canzone del gruppo rock Irlandese The Cranberries, pubblicata il 12 Settembre del 1994 (28 anni fa). Considerato il maggior successo del gruppo irlandese, ha vinto durante gli  MTV Europe Music Awards del lontano 1995 il prestigioso premio di  “Canzone dell’anno”.

Dolores O’Riordan,cantautrice e frontman del gruppo, ha affermato che la canzone è stata scritta in seguito all’attentato di Warringotn del 1993 da parte dell’IRA, in cui avvenne la morte di un bambino. Il testo contiene dei riferimenti alla Rivolta di Pasqua (una sommossa scoppiata durante la settimana di Pasqua in Irlanda) avvenuta nel 1916.  

Erroneamente si associa Zombie alla denuncia della situazione nordirlandese, ma in realtà è più una canzone che si schiera contro la violenza in generale.

Per quale motivo infatti è diventata anche il simbolo dei “partigiani” russi?  Cosa la rende adatta a raccontare anche questa guerra?

Come ci indica già il titolo, coloro che portano la guerra sono zombie che eseguono ordini, smettono di pensare e camminano lasciandosi dietro terrore e e distruzione. Gli stessi Cranberries affermarono di aver scritto Zombie come simbolo di pace per il proprio Paese, per far capire come la violenza travestita di ideali politici e religiosi possa portare alla perdita di vite innocenti.

“Un’altra testa ciondola umilmente
Il bambino viene lentamente preso e
La violenza ha causato un tale silenzio
Chi stiamo fraintendendo?”

Bella Ciao: la canzone di ogni resistenza

Bella Ciao è un’altra canzone simbolo della resistenza, ma quella ucraina stavolta.  E’ stata riadattata infatti dalla cantante ucraina Khrystyna Solovij, con il testo nella sua lingua madre e con due soli strumenti: chitarra e voce.

Che storia nasconde dietro di sé Bella Ciao? Per noi italiani è simbolo di libertà assoluta, è la canzone che ha accompagnato la liberazione dal morbo fascista. Ancora oggi la cantiamo per affermare quei diritti che ancora non hanno una legge a loro tutela; con essa invochiamo la ribellione per riportare l’ordine ( si, sembra quasi un paradosso).

Gli storici non conoscono le sue origini, molti la associano addirittura al ‘500 francese o ai canti di lavoro delle mondine. Non si conosce né la penna né la data di composizione: il mistero rende questa canzone ancor più affascinante. Anche se associata alla lotta partigiana, dietro di sé non ha precisi riferimenti religiosi e politici: è libera da qualsiasi vincolo, è pura.

“E se muoio da partigiano
Tu mi devi seppellir”

Oggi Bella Ciao è stata riscoperta a livello internazionale anche per via della serie tv La Casa Di Carta, o di migliaia di cover che girano su Youtube. Possiamo considerarla una canzone universale, che fa nascere nell’essere umano la voglia di apportare qualche cambiamento.

La musica è l’unica lingua (se così possiamo definirla) che unisce e mai divide, l’eccezione alla regola: con essa, come con la scrittura e con le azioni, diamo il via a moti rivoluzionari. Ogni evento, ricorrenza, ma soprattutto ogni ideale è rappresentato da una melodia capace di accomunare popoli con lingue e tratti diversi, abbattendo non solo le differenze ma anche i poteri forti.

 

Vignetta satirica di Mauro Biani. Fonte: LaRepubblica

Di Putin si può dire solo una cosa: con i suoi interessi e il proprio potere, ha perso ogni tipo di senso morale, è diventato piccolo come i coriandoli, mentre il “suo” popolo – che non è più suo – si sta dimostrando più forte di lui. Le urla e le azioni dei dissidenti, ma soprattutto i loro canti sono più assordanti delle bombe. 

Alessia Orsa

 

 

 

La Russia e le operazioni “false flag”. Di cosa si tratta e cosa l’esercito russo potrebbe stare architettando

Durante gli antecedenti al conflitto tra Russia e Ucraina, si è parlato di tentativi, da parte degli Stati Uniti, di infiltrazione nella dinamica, tramite operazioni militari false flag”, cioè “falsa bandiera”: fingersi il nemico per creare un pretesto per attaccarlo, compiendo una terribile azione e facendo poi passare la stessa come compiuta per mano dell’avversario.

Oggi lo stesso presidente americano, Joe Biden, ha più volte cercato di avvertire il mondo del fatto che proprio la Russia sia, invece, pronta a usare questa strategia nel conflitto ormai aperto da più di due settimane.

L’espressione “false flag” è nata per descrivere una tecnica adoperata spesso nella pirateria: i pirati brandiscono bandiere amiche e false, per attirare navi mercantili da attaccare, le quali, a loro volta, credono si stia avvicinando un soggetto, appunto, non offensivo.

Nel tempo, è stato poi usato per descrivere genericamente qualsiasi attacco – reale o simulato – per incriminare un avversario e creare le basi per un’offensiva.

(fonte: globalist.it)

 

Un presunto attacco russo “false flag” a un villaggio bielorusso presso il confine con l’Ucraina

Diverse agenzie di intelligence occidentali hanno avvertito che la Russia utilizzerà operazionifalse flagcome parte del suo piano di disinformazione, durante il suo attacco all’Ucraina. Sappiamo come questa sia una delle armi più potenti, se non la più potente a questo punto del conflitto, in mano al Cremlino: la disinformazione.

Il popolo russo ne è la prima vittima, che, da lunedì 14 marzo, non potrà usufruire di Instagram, dopo che su Facebook ha iniziato ad aleggiare già da giorni la morsa della censura da parte del governo russo.

L’accusa di Kiev che ha fatto emergere l’ipotesi è quella secondo la quale Mosca avrebbe sparato contro un insediamento in Bielorussia vicino al confine con l’Ucraina, facendo credere che sia stata proprio quest’ultima a sferrare l’attacco.

Il Comando aereo ucraino ha, a tal proposito, dichiarato, nella giornata di ieri 11 marzo, che le autorità di frontiera hanno ricevuto informazioni dettagliate su come gli aerei russi siano decollati da un aeroporto della stessa Bielorussia, hanno attraversato lo spazio aereo ucraino e poi hanno sparato contro il villaggio bielorusso di Kopani.

«Questa è una provocazione! Obiettivo: coinvolgere le forze armate bielorusse nella guerra in Ucraina» ha dichiarato il Comando dell’aeronautica ucraina in una nota stampa.

L’esercito ucraino ha detto che anche altri due insediamenti bielorussi sarebbero stati presi di mira nella stessa operazione. I servizi di sicurezza hanno proceduto con una dichiarazione ufficiale via Telegram: «Dichiariamo ufficialmente: l’esercito ucraino non ha pianificato e non prevede di intraprendere alcuna azione aggressiva contro la Repubblica di Bielorussia».

Poi è arrivato l’appello alla Bielorussia, di non farsi coinvolgere con l’inganno nella guerra dalla Russia:

«Facciamo appello al popolo bielorusso: non lasciatevi usare in una guerra criminale!»

 

La risposta del governo Bielorusso

La portavoce del Ministero della Difesa bielorusso, Ina Harbachova, ha respinto la dichiarazione del Comando dell’aeronautica ucraina, additandola come falsa.

«Il ministero della Difesa afferma inequivocabilmente che le informazioni su un attacco missilistico in un villaggio bielorusso sono sciocchezze» ha detto Harbachova.

Il rapporto dall’Ucraina è arrivato lo stesso giorno in cui il presidente bielorusso Alyaksandr Lukashenko è stato ricevuto da Vladimir Putin, a Mosca.

Foto da un vecchio incontro tra Lukashenko e Putin (fonte: en.news-front.info)

La Bielorussia ha aiutato la Russia a lanciare il suddetto attacco, lasciando che il suo territorio venisse utilizzato come terreno di sosta per le truppe russe. Lo stretto rapporto tra i due Stati, d’altronde, non avrebbe potuto farci pensare che la Bielorussia avrebbe vacillato davanti a dichiarazioni così forti contro il suo fidato partner. Inoltre, ormai queste operazioni vengono ritenute largamente possibili, non perché siano comuni, ma perché la storia ci ha insegnato che in guerra, i governi, i potenti, siano assolutamente e facilmente inclini a non avere alcuno scrupolo.

 

Il sospetto di un’operazione false flag a Chernobyl

Secondo quanto dichiarato dall’intelligence ucraina, vi sarebbe un altro tentativo sotto false flag, di cui la notizia è arrivata stamattina: la Russia starebbe accumulando dei corpi di soldati ucraini morti per inscenare un attacco false flag che coinvolgerebbe Chernobyl. Putin avrebbe, dunque, ordinato alle sue truppe di rilasciare scorie radioattive nei pressi dell’impianto nucleare, per poi procedere a incolpare i sabotatori ucraini e giustificare così un’altra escalation nella guerra.

«I frigoriferi per auto russe che raccolgono i corpi dei difensori ucraini morti sono stati avvistati vicino all’aeroporto Antonov di Hostomel. C’è la possibilità che vengano presentati come sabotatori uccisi nella zona di Chernobyl».

La centrale – ricordiamo – è stata presa dalle forze russe il primo giorno dell’invasione. Da allora i lavoratori al suo interno svolgono le loro mansioni sotto la minaccia delle armi.

Il disastro di cui si ipotizza causerebbe problemi con le scorie radioattive anche alla Russia. Uno scenario sconvolgente e assurdo, ma sarebbe usato per giustificare l’uso di ulteriore forza contro l’Ucraina e tentare di far vacillare la comunità internazionale nel sanzionare la Russia e fornire armi all’Ucraina.

Ma ci sono timori che ci possa essere anche una perdita accidentale nel sito nucleare perché i russi che lo presidiano “non hanno alcuna idea dei protocolli di sicurezza nucleare”, come ha avvertito la figlia di un membro dello staff che lavora di notte nell’impianto.

Chernobyl (fonte: ilsussidiario.net)

Tutto questo arriva mentre i bombardamenti sono continuati durante la notte in tutta l’Ucraina. Il bilancio delle vittime di Mariupol sale a 1.600, mentre i russi si avvicinano ancora a Kiev che si sta preparando per un brutale assalto: c’è l’alto rischio che essa diventi la nuova Stalingrado.

 

 

Rita Bonaccurso

 

Crisi Ucraina: la Russia corre il rischio di andare in default. Fuga delle multinazionali

Con l’inizio dell’invasione russa in Ucraina, è diventata sempre più concreta la possibilità che la Russia vada in default, cioè che non sia più in grado di ripagare il suo debito. Sarebbe un evento straordinario, le cui conseguenze sono piuttosto difficili da prevedere: per avere un’idea dei suoi effetti – sia sull’economia russa sia sui creditori occidentali – bisognerà aspettare di capire come questo probabile default sarà gestito, e soprattutto se si limiterà ai titoli di stato o si estenderà anche ai bond societari, cioè ai debiti che le imprese russe hanno con i creditori internazionali. In merito alla questione, il Presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato che:

La priorità adesso è adattare il sistema economico alle circostanze, dobbiamo sostenere i cittadini e le imprese in questo periodo di turbolenze

 

Banca centrale della Federazione russa (fonte: ansa.it)

 

Cos’è il default

Si definisce “default” lo stato di insolvenza in cui il governo di un Paese non è in grado di pagare in tutto o in parte il proprio debito. Un caso analogo è stato quello della Grecia. Per la Russia, sarebbe il primo default su debiti detenuti da creditori internazionali dagli anni successivi al 1917, quando il governo bolscevico appena istituito si rifiutò di pagare i debiti dello zar. La Russia era andata in default anche nel 1998, ma per 40 miliardi di dollari di debiti detenuti internamente e fu proprio a seguito a quella crisi, peraltro, che il presidente russo Vladimir Putin fu eletto, con la promessa di risollevare l’economia. Allo stato attuale, tecnicamente, la Russia non è ancora in default poiché dall’inizio della guerra, non ha dovuto ripagare scadenze o interessi sul debito. Le cose, però, potrebbero cambiare nel giro di poche settimane. Il 16 marzo scade il termine per il pagamento di 107 milioni di dollari di interessi agli investitori stranieri, anche se per questi pagamenti è concesso un “periodo di grazia” di 30 giorni, nel corso dei quali il debitore non è ancora considerato insolvente. Se però il pagamento non arriverà entro il 15 aprile, allo scadere del “periodo di grazia”, la Russia sarà ufficialmente in default.

 

Cosa è cambiato dopo le sanzioni occidentali

Fino a poche settimane fa, comprare titoli di stato russi era considerato un buon investimento. Il paese ha un debito basso, un eccellente rapporto tra il debito e il PIL e – prima della guerra – più di 640 miliardi di dollari in riserve di oro e valute straniere conservate dalla Banca centrale, che rendevano il pagamento del debito praticamente garantito. Le cose sono cambiate radicalmente con l’invasione e dopo l’imposizione delle durissime sanzioni occidentali. Nel giro di pochi giorni, il governo russo è passato da avere una grande disponibilità teorica di liquidi a esserne a corto: le sanzioni hanno ridotto le disponibilità economiche della Russia sia tagliando varie fonti di ricavo sia bloccando più della metà delle riserve che la Banca centrale russa deteneva in valuta straniera. A seguito di ciò, la Russia non può ottenere prestiti da otto delle dieci più grandi economie mondiali e, anche senza le sanzioni, la guerra e la crisi economica hanno spaventato grandemente i creditori.

La fuga delle multinazionali e le probabili perdite dei creditori internazionali

 

Punto vendita McDonald’s a Mosca (fonte: repubblica.it)

Un altro problema che influisce sul bilancio economico della Russia, è che le sanzioni dei governi sono seguite dalla fuga delle multinazionali. McDonald’s ha chiuso 850 punti vendita su tutto il territorio federale. Amazon ha deciso di terminare le operazioni. L’Oreal, Unilever, Coca Cola e Pepsi hanno fatto lo stesso. Per lo Stato significa meno entrate del fisco e più uscite per politiche sociali. Al riguardo dei creditori internazionali, essi detengono una cifra pari a 40 miliardi di dollari di debito russo denominato in dollari ed euro e una pari a 28 miliardi di dollari denominati in rubli. A seguito di ciò, il Presidente Putin ha emanato un decreto che obbliga a pagare in rubli i creditori che appartengono a paesi “ostili”. Ciò significa che i creditori riceverebbero il pagamento presso la cassa di compensazione russa. Stando a quanto dichiarato sul sito dell’Avvenire, i soldi sarebbero di loro proprietà, ma non sarebbero accessibili, dato che con le sanzioni non è possibile cambiare in dollari o in euro quel denaro. Per i creditori sarebbe una grave perdita, ed è probabile che ci saranno dispute legali sulle questioni.

A fronte di questa situazione, la Russia, senza potersi rifinanziare sui mercati e con una costosa guerra in corso, rischia uno dei peggiori collassi economici degli ultimi decenni. Se spera di reintegrarsi nell’economia globale, dovrà ristabilire la fiducia dei mercati e trovare il modo di pagare i propri debiti.

 

Federico Ferrara

Caro gasolio: sempre più pescherecci a terra. La protesta del settore ittico

Fino a venerdì 11 marzo i pescherecci italiani rimarranno ormeggiati ai porti. Lo sciopero per il “caro gasolio” è il risultato di proteste contro il raddoppiamento dei prezzi che ha inciso sull’economia delle marinerie italiane.

Caro gasolio: pescherecci fermi -Fonte:ansa.it

A seguito della decisione attuata dai camionisti, la protesta si è estesa. La decisione è stata presa dall’assemblea dell’Associazione produttori Pesca, riunitasi domenica scorsa a Civitanova Marche (Macerata). L’esito del consiglio ha visto oltre l’80% dei rappresentanti delle marinerie italiane a votare favorevolmente la proposta.

Lo sciopero generale

La risoluzione mira a tutelare le attività della pesca che non riescono a sostenere il caro gasolio. Dal 7 marzo 2022, dunque, migliaia di pescherecci sono rimasti attraccati in numerosi porti italiani.

Sciopero pescherecci -Fonte:it.finance.yahoo.com

Trattandosi di una crescita repentina del prezzo, il settore chiede da giorni aiuti per farvi fronte, usando metodi volti a dare un segnale ancora più forte alle istituzioni. La serrata promossa dalle marinerie, come è stata confermata da Gilberto Ferrari, di Confcooperative Fedagripesca, è autorganizzata e autonoma nelle intenzioni degli operatori ad astenersi dalle uscite in mare.

Centinaia di armatori di pescherecci provenienti da varie regioni sono scesi in piazza Santi Apostolici a Roma per protestare sull’ultima mannaia che ha messo in ginocchio il settore, già fortemente sofferente.

Il caro gasolio: dal prezzo del Brent ai porti locali 

Le cause principali dietro il caro-carburante sono solo in parte attribuibili all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Il prezzo del Brent, ossia il petrolio estratto nel Mare del Nord, e usato come riferimento nel settore petrolifero, ha infatti raggiunto i 127 dollari al barile, più che raddoppiato rispetto allo stesso periodo nel 2021. Prezzo costantemente in rialzo dall’autunno del 2021 e che ha fortemente condizionato il susseguente prezzo di benzina e diesel.

Caro gasolio -Fonte:it.motor1.com

L’Italia importa dalla Russia circa il 10% del greggio totale che utilizza. Dato che permette facilmente di capire come l’invasione dell’Ucraine e le successive sanzioni applicate alla Russia dall’Unione Europea abbiano avuto un effetto a cascate in numerosi settori del nostro Paese. Tra questi l’immobilità delle flotte e l’obbligo per i distributori di carburante di razionare il gasolio tra i clienti. Ecco dunque che alcuni porti, disponendo spesso solamente di cinque mila litri di carburante di riserva, una quantità appena sufficiente per una settimana lavorativa per le barche di grandi dimensioni, non riescono a sostenere l’attività di pesca locale.  

Le dichiarazioni dell’Associazione armatori

Il Presidente dell’Associazione armatori Pescara, Francesco Scodella, sostiene che l’origine della protesta è legata a più questioni di notevole peso, ha dunque così dichiarato

“Le barche non usciranno per la pesca da dopo la mezzanotte di domenica per protesta contro l’aumento del costo del gasolio che è la goccia che ha fatto traboccare il vaso… Il carburante è sempre in aumento. Noi lavoravamo, dall’inizio della pandemia, con il gasolio a 30 centesimi. Piano piano il costo è aumentato ed è arrivato ad 1 euro e 10 oggi. Più che raddoppiato se non triplicato. Ora le barche più grandi in mare consumano 2.500 euro al giorno rispetto alle mille di prima.”

Già nel 2008, infatti, i pescatori avevano portato avanti uno sciopero ad oltranza a causa delle regole imposte dall’Unione Europea sugli stessi argomenti ripresentati in questa settimana. I pescatori chiedono risposte chiare al Governo al fine di evitare la stessa escalation di 14 anni fa.

La protesta dei pescatori -Fonte:imperianews.it

Questi hanno attuato una serrata nel più grande mercato ittico d’Italia, ossia il Centro agroalimentare di Roma. La carenza di prodotto locale, che rappresenta una componente essenziale del prodotto commercializzato, creerà enormi difficoltà che interesseranno l’intera filiera. Ciò accade in quanto il pesce viene trasportato in un sistema di catena del freddo che comportando un alto assorbimento dei consumi energetici.

L’incontro con il Mipaaf: le proposte

L’incontro tenutosi con il Mipaaf (Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali) mercoledì 9 marzo ha visto l’impegno da parte del Governo di emanare un decreto di sostegno alle filiere ittiche. La proposta prevede un’iniezione finanziaria di 20 milioni di euro.

I sostegni immediati annunciati, secondo il senatore Francesco Battistoni, sottosegretario e referente istituzionale sul tema insieme al capodipartimento Francesco Saverio Abate ed al direttore Riccardo Rigillo, sono un importante momento di concertazione “utile e necessario per ascoltare le categorie della pesca e condividere insieme un percorso che porti al superamento delle due crisi che, insieme, stanno investendo il nostro Paese in questo momento storico: la pandemia e la guerra in Ucraina”.

È stato richiesto:

  • Un tetto massimo al prezzo del gasolio;
  • Cig in deroga (Cassa integrazione in deroga) che prevede un intervento di integrazione salariale a sostegno delle imprese che non possono ricorrere agli strumenti ordinari di (Cigo e Cigs), in quanto hanno già esaurito il periodo di fruizione delle tutele ordinarie o poiché esclusi all’origine di questa tutela;
  • Il ripristino della legge che prevede maggiori sgravi contributivi per i lavoratori;
  • Erogazione di risorse comunitarie.
Pesca, Mipaaf -Fonte:newtuscia.it

Al fianco dei pescatori vi è la Lega che, come confermato dall’onorevole Augusto Marchetti, sta lavorando per l’emendamento al Decreto Energia. L’obiettivo è fornire aiuto concreto a quei settori che per l’aumento dei costi del carburante sono costrutti a fermarsi.

Anche deputati di Fratelli d’Italia come Emanuele Prisco, coordinatore regionale di Fratelli d’Italia nelle Marche, e Lucia Albano, componente della Commissione Finanze, chiedono un chiarimento sull’aumento del prezzo del gasolio e un intervento imminente dell’Esecutivo al fine di ridurre da parte del Mipaaf le giornate di fermo pesca per il 2022 che fanno affondare definitivamente la flotta peschereccia italiana portandola sotto la soglia di sostenibilità economica e facendo sparire dalle tavole italiane il pescato nazionale.

Giovanna Sgarlata

Riprendono i colloqui tra Russia e Ucraina, Mosca stila la lista dei paesi ostili: presente anche l’Italia

Il conflitto tra Russia e Ucraina non tende a placarsi. Nonostante riprenda il confronto diplomatico tra le parti e ci siano dei piccoli miglioramenti per ciò che concerne l’organizzazione logistica dei corridoi umanitari, l’annunciato “cessate il fuoco” temporaneo da parte della Russia, così da poter permettere l’evacuazione da parte dei civili, di fatto non è avvenuto. Giungono inoltre notizie da Mosca di una lista stilata dal Cremlino delle nazioni ostili, ovvero quei Paesi che hanno applicato delle sanzioni nei confronti della Russia. Tra questi, oltre al Regno Unito, agli U.S.A. e ad altri spicca la presenza per la prima volta della Svizzera – che ha interrotto la sua storica neutralità – e dell’Italia.

Il colloquio Russia-Ucraina. Fonte: “avvenire.it”

I provvedimenti da parte dell’Italia

Negli ultimi giorni il tema delle sanzioni è stato ampiamente discusso. Alcune nazioni – citate nella “black list” di Mosca – hanno preso di mira personalità russe di spicco. In Italia questi provvedimenti coincidono con il congelamento di parecchi beni appartenenti a magnati e oligarchi. La Guardia di Finanza ha stimato un valore complessivo di 143 milioni di euro. Quanto tali provvedimenti possano incidere sulla situazione attuale è impossibile da stabilire ma, senza alcun dubbio, le sanzioni amministrative ed economiche rappresentano una delle poche armi diplomatiche a disposizione dell’UE e della NATO per cercare di contrastare la Russia senza imbracciare necessariamente le armi. In Italia il decreto legislativo 22 Giugno 2007 n. 209 chiarisce che per congelamento di risorse economiche si intende:

“il divieto, in virtù dei regolamenti comunitari e della normativa nazionale, di trasferimento, disposizione o, al fine di ottenere in qualsiasi modo fondi, beni o servizi, utilizzo delle risorse economiche, compresi, a titolo meramente esemplificativo, la vendita, la locazione, l’affitto o la costituzione di diritti reali di garanzia”.

 

Putin-Draghi. Fonte: “ilfattoquotidiano.it”

L’esportazione di armi da parte dell’ Italia

Le sanzioni non sono l’unica testimonianza della presa di posizione dello Stato italiano in merito al conflitto. Infatti nei giorni scorsi il Consiglio dei Ministri ha approvato all’unanimità il decreto legislativo per l’invio di armi alle autorità governative ucraine, con la NATO che darà un appoggio logistico e fornirà un ponte aereo. A regolamentare la materia dell’esportazioni di armi letali dall’Italia è la legge n. 185 del 9 Luglio 1990, che dichiara:

“L’esportazione, l’importazione e il transito di materiale di armamento nonché la cessione delle relative licenze di produzione devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell’Italia. Tali operazioni vengono regolamentate dallo Stato secondo i principi della Costituzione repubblicana che ripudia la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”

Tale legge tuttavia vieta l’esportazione e il transito di armamenti “verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite”.

La domanda dunque è: come possono l’Italia e le altre nazioni inviare armi? Riferendoci appunto all’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite:

“nessuna disposizione del presente Statuto pregiudica il diritto naturale di autotutela individuale o collettiva, nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite, fintantoché il Consiglio di Sicurezza non abbia preso le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale”.

La Russia attaccando l’Ucraina e violando l’articolo 2.4 della Carta dell’Onu fa si che l’esportazione di armi da parte dell’Italia e di altre nazioni sia legittimata e vista come un atto di difesa.

L’Italia invierà missili Stinger antiaerei, missili Spike controcarro, mitragliatrici Browning, mitragliatrici Mg e un alto numero di munizioni.

Mitragliatrice Browning. Fonte: “repubblica.it”

Lo scontro armato continua

La trattativa diplomatica, purtroppo, rappresenta solo una parte del conflitto. Continua infatti la mobilitazione di carri armati russi in direzione della capitale ucraina. Il numero delle vittime non smette di aumentare: a seguito di un bombardamento sulla città di Makariv sono morte 13 persone. Il presidente ucraino Zelensky ha dichiarato:

“Troveremo ogni bastardo che spara alla nostra gente”.

Il terzo round di negoziazioni

Emergono dei miglioramenti – anche se non di grande rilevanza – dopo la conclusione dell’ennesima finestra di dialogo tra Russia e Ucraina. Tuttavia il capo negoziatore russo Vladimir Medinsky non è apparso soddisfatto e sull’incontro ha dichiarato:

“non è stato all’altezza delle aspettative”.

Secondo quanto emerso, inoltre, è stata già concordata la data del quarto confronto, che avverrà a breve.

Francesco Pullella

 

 

Guerra in Ucraina: polemica tra Mosca e l’Eliseo per i corridoi umanitari, intanto continuano i negoziati

Proseguono i combattimenti tra Russia e Ucraina che, all’alba del 12esimo giorno di guerra, si preparano al terzo round di colloqui. A pochi minuti dall’ennesimo tentativo diplomatico di porre fine al conflitto, il numero di profughi giunto in Polonia ha superato il milione, l’Ucraina si trova costretta a rinunciare ai sei corridoi umanitari concessi dalla Russia e definiti “totalmente immorali” da un portavoce ucraino e la Russia avrebbe iniziato ad “ammassare le proprie risorse per prendere d’assalto Kiev”. Nel colloqui telefonico Macron-Putin, quest’ultimo ha fatto sapere che se non raggiungerà i suoi obiettivi con i negoziati, lo farà con la guerra. Subito la replica dell’ Ucraina:

“Pronti a negoziare modelli di garanzia non Nato, ma nessun accordo possibile su Crimea e Donbass”

I corridoi umanitari sono diretti in Russia e Bielorussia

L’esercito russo ha annunciato questa mattina il cessate il fuoco per l’apertura di sei corridoi umanitari per consentire ai cittadini ucraini di evacuare dalle città di Kharkiv, Kiev, Mariupol e Sumy. Il corridoio dalla capitale Kiev, però, porta verso la Bielorussia, mentre per Kharkiv c’è un solo corridoio verso la Russia. Il corridoio da Mariupol porta alla città russa di Rosto-on-Don, vicino al confine con l’Ucraina, mentre da Sumy ci sono due corridoi, uno verso altre città dell’Ucraina e l’altro verso la Russia. I corridoi, diretti quindi per lo più verso la Russia e la Bielorussia, sono stati rifiutati dal governo Ucraino. Un portavoce del presidente ucraino Zekensky ha dichiarato:

“Questi sono cittadini ucraini, dovrebbero avere il diritto di evacuare nel territorio dell’Ucraina”.

L’esercito russo ha giustificato la decisione di aprire i corridoi “verso la Russia” come “una richiesta personale” del presidente francese, notizia prontamente smentita dall’Eliseo. La presidenza francese ha inoltre aggiunto che “il presidente ha chiesto il rispetto del diritto internazionale umanitario.

Profughi Ucraini (fonte: ilfattoquotidiano.it)

Terzo round di colloqui 

Come riporta Interfax, la delegazione russa è partita alla volta della Bielorussia per il terzo round di colloqui con la controparte ucraina. L’incontro è previsto alle 15, ora di Mosca (le 12 ora italiana) nella foresta di Belovezhskaya Pushcha, nella regione di Brest in Bielorussia dove si sono svolti anche i primi due negoziati. “I colloqui sono previsti per le 15 ma l’orario potrebbe essere modificato in relazione a possibili problemi logistici della controparte ucraina”, ha affermato un analista bielorusso vicino al dossier.

La Russia prepara la disconnessione web 

Secondo Nexta tv la Russia starebbe iniziando i preparativi per disconnettersi dall’Internet globale. La notizia è stata pubblicata su Twitter e ripresa anche da un profilo legato ad Anonymous, @LatestAnonPress. Nelle due pagine di documenti in lingua russa pubblicati online Nexta tv spiega che l’operazione avverrebbe entro l’11 marzo e comporterebbe il trasferimento di tutti i server e i domini nella zona russa.

Nuove sanzioni in arrivo dalla Nato 

La presidente della Commissione Ursula von der Leyen, nel corso della dichiarazione congiunta con il premier Mario Draghi in vista del loro incontro a Bruxelles utile a fare il punto sulla questione delle fonti di energia e la dipendenza dagli idrocarburi russi, ha dichiarato:

“Dobbiamo fare in modo che non ci siano scappatoie e che l’effetto delle sanzioni sia massimizzato. Le sanzioni in atto stanno davvero mordendo, vediamo le turbolenze sull’economia russa”. Ma considerata “l’evoluzione della situazione in Ucraina e l’attacco sconsiderato del Cremlino a cittadini, donne, bambini, uomini, naturalmente stiamo lavorando anche su ulteriori sanzioni”.

La Cina è pronta a mediare

La Cina è disponibile a “fare le necessarie mediazioni” e “a partecipare alla mediazione internazionale” sulla crisi in Ucraina: il ministro degli Esteri Wang Yi, in conferenza stampa , ha aggiunto che Pechino è pronta a continuare a svolgere “un ruolo costruttivo per facilitare il dialogo e per la pace, lavorando a fianco della comunità internazionale per svolgere la necessaria mediazione”.

Elidia Trifirò 

Dieci giorni di guerra, ciò che è successo nelle ultime ore del conflitto tra Russia e Ucraina

Decimo giorno di guerra. Questa è una frase che non avremmo forse mai pensato di udire nel 2022, almeno non noi cittadini di quella parte del mondo nella quale non si assiste a una guerra dal secolo scorso. Eppure, il conflitto in Ucraina non accenna a virare verso una de-escalation. Aldilà dei danni materiali, delle città distrutte, delle case di migliaia di ucraini sventrate dalle bombe russe, ciò che guarirà a stento sono le ferite dell’animo.

Dieci giorni di guerra. L’Ucraina tra le macerie (fonte: larepubblica.it)

Un esodo di milioni di persone

Una valanga umana”, così è stata definita la moltitudine di persone che si sta riversando nei Paesi confinanti all’Ucraina. Le stime indicano 1.5 milioni di persone in movimento, ma il numero è destinato a crescere sempre più. A dirlo l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi.

Chi è rimasto vive ormai nei rifugi, negli scantinati, nei garage o nelle metropolitane, ma ci sono moltissimi anziani che non possono raggiungere neanche questi luoghi più al riparo. Le famiglie sono state smembrate: mentre gli uomini impugnano le armi per combattere personalmente contro il nemico, donne e bambini se non sono già aldilà dei confini – anche se abbiamo visto molte donne unirsi ai combattimenti con molto coraggio – sono in marcia verso di essi. Un cammino, normalmente della durata di poche ore, che adesso può durare anche diversi giorni, dovendosi spesso fermare per ripararsi dagli attacchi.

Immagini di persone in cammino (fonte: larepubblica.it)

Gli adulti non sanno più come giustificare ai bambini ciò che sta accadendo e del perché debbano nascondersi o andarsene via.

L’avanzata russa lascia dietro di sé sangue e disperazione. A Kharkiv le autorità locali hanno contato più di 2mila morti, fra i quali oltre 100 bambini. Un dato, quest’ultimo, che convince sempre di più sull’atrocità, e soprattutto l’assurdità, del conflitto. Una guerra non è mai giusta ma quando vengono coinvolti bambini e civili non si riesce ancor più a realizzare che una cosa del genere stia accadendo davvero.

 

L’attacco alla centrale ucraina di Zaporizhzhia

L’attacco di ieri, 4 marzo, alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa e che fornisce il 20% dell’energia necessaria all’Ucraina, è prova dell’ostinatezza russa ad ogni costo.

All’1.20 della notte era scattato l’allarme antincendio: all’interno del perimetro dell’impianto sono divampate le fiamme a causa degli scontri che andavano avanti da giovedì sera. Il terrore, che era tutto per la minaccia all’integrità dei reattori, è fortunatamente rientrato dopo 3 ore. Il direttore generale dell’Aiea (Agenzia internazionale per l’energia atomica) ha, infatti, rassicurato dicendo:

«Siamo stati fortunati, nessun rilascio di radiazioni».

Gli operai della centrale nucleare “stanno lavorando sotto la minaccia delle armi”, riferisce Petro Kotin, il capo di Energoatom, l’azienda di Stato ucraina che si occupa della gestione delle quattro centrali nucleari sul territorio. I russi hanno ormai il controllo di questo impianto e  tengono in pugno anche l’Europa: qualora avvenisse ciò che si temeva stesse già per succedere, costringerebbe forse l’intero continente a doversi svuotare, per sfuggire alle radiazioni.

Aldilà della paura per un eventuale scoppio, l’evento ha sottolineato quanto i russi sembrino veramente pronti a tutto, addirittura a rischiare la loro stessa incolumità e quella del loro popolo, scatenando una catastrofe peggiore di Chernobyl.

 

Il bavaglio alla libertà di stampa in Russia

La Duma, il parlamento russo, ha approvato una legge che limita la libertà di stampa. Fino a 15 anni di carcere per chiunque diffonda fake newssull’esercito e l’azione militare russa: è ormai vietato usare parole come “invasione”, “guerra” e persino “offensiva”. Quella della Russia, per il Cremlino è infatti un’“operazione militare speciale”.

Novaya Gazeta”, il giornale del premio Nobel per la pace Dmitry Muratov, ha dovuto rimuovere tutti i contenuti sulla guerra in Ucraina per non incorrere nella censura. Non è l’unico caso: emittenti radio e tv indipendenti, sono state costrette a chiudere.

Alexey Venediktov, direttore dell’ “Eco di Mosca”, emittente radio indipendente, ha vissuto il giorno più nero in 32 anni di storia del canale radiofonico, chiuso insieme al suo sito web, per volere delle autorità.

Sappiamo bene che la libertà passa tramite la libertà di stampa. Nei giorni scorsi, il gruppo di hacker più famoso al mondo, Anonymous, ha dichiarato l’inizio di una guerra informatica a Putin. Negli scorsi giorni ha trasmesso sulle tv russe le reali scene di ciò che sta succedendo in Ucraina, così da rendere davvero coscienti i cittadini russi e spingerli a scavare nella propria coscienza, nonostante, come abbiamo visto, la repressione dall’alto stia usando il pugno di ferro anche contro le spontanee manifestazioni pacifiche.

 

Il no-alla-guerra che parte dal cuore della Russia

Nel cuore della stessa Russia è scoppiato un altro conflitto dai connotati diversi: migliaia di persone continuano a manifestare contro la decisione del loro presidente. Circa 6mila persone, finora, sono stare arrestate in sei giorni. Tra loro persino un’anziana.

Proteste di cittadini russi, nel cuore della Russia contro la guerra (fonte: zazoom.it)

«Soldato, metti giù le tue armi e sarai un vero eroe». Così recitavano i due cartelli che la nonnina russa, Yelena Osipova, teneva in mano durante le proteste per la pace a San Pietroburgo. Nata durante l’assedio nazista nella città, allora Leningrado, l’anziana, due giorni fa, si è unita ai cortei. Diventata immediatamente un simbolo del no-alla-guerra, durante il corteo è stata avvicinata da due agenti antisommossa che le hanno fatto segno di andarsene. Hanno poi provato a sfilarle i cartelli dalle mani, senza aggredirla, ma con fermezza. Yelena non si è scomposta neanche in quel momento, ha persino alzato lo sguardo per incrociare quello dei due agenti, fin quando, tra i cori di chi stava intorno, filmava e gridava “no alla guerra”, non è stata arrestata.

Yelena Osipova, l’anziana russa contro la guerra (fonte: zazoom.it)

Il video di 41 secondi, in poche ore ha raggiunto quattro milioni di visualizzazioni. Su chi sia Yelena poco si sa, ma di sicuro ora sappiamo che è un’eroina: ha dimostrato come la forza d’animo può essere più forte di un intero esercito, come la forza fisica non possa niente contro gli ideali, se ci si crede veramente.

Solo cinque ore di cessate il fuoco

Di stamane, la notizia di una momentanea tregua tra Mosca e Kiev, per consentire l’apertura di corridoi umanitari e, dunque, ai civili di Mariupol e Volnovakha, lasciati senza acqua ed elettricità, di lasciare le città, anche se il primo ministro ucraino Zelensky ha chiesto, a chi può, di rimanere per aiutare la difesa. Da Mariupol verranno fatte evacuare 200mila persone e 15 mila da Volnovakha.

Solo cinque ore al giorno, quelle concesse da Mosca, non si sa per quanto. La rotta prevista per il corridoio umanitario seguirà l’itenerario: Mariupol – Nikolskoye – Rozovka – Polohy – Orekhov – Zaporozhye, secondo quanto riportato dalle agenzie ucraine. I cittadini potranno prendere i mezzi personali o usare i mezzi messi a disposizione, come dei bus.

Intanto, gli attacchi aerei continuano altrove, Kiev è quasi accerchiata, poiché il lunghissimo convoglio delle forze di Mosca è, seppur bloccato, a 25 chilometri da essa. A Sud le forze russe avanzano e si preparano ad assediare Odessa.

Quanto durerà la guerra?

Non si sa quanto ancora durerà il conflitto e che piega prenderà. Gli analisti hanno però formulato varie ipotesi.

La Russia ha subito, nella prima settimana di scontri, più perdite di quante se ne aspettasse, vista la strenua difesa ucraina. Potrebbe, dunque, scegliere di premere sull’acceleratore, procedendo con bombardamenti a tappetto, pur di conquistare Kiev, ottenendo ciò che l’ha spinta a iniziare il conflitto: il “cambio di regime”, abbattendo le “forze neo-naziste” ucraine e annettendo Bielorussia e Ucraina al suo territorio.

La guerra potrebbe durare dalle 4 alle 6 settimane e richiedere l’impiego di più dei 200mila uomini all’inizio impegnati, per serrare i confini e poter conquistare l’intero Paese.

(fonte: zazzom.it)

Lo scenario peggiore, per evitare il quale non si è proceduto a sancire una no-fly zone sull’Ucraina, vedrebbe l’Onu costretta a dichiarare guerra a Mosca, qualora, ad esempio, Putin, una volta conquistata l’Ucraina, penserebbe a invadere Moldovia e Georgia (ex-repubbliche sovietiche) o persino i tre Paesi Baltici, chiedendo aiuto alle minoranze russe lì residenti.

 

 

Rita Bonaccurso

ONU: voto storico contro la Russia. il fronte anti-Putin sempre più compatto

L’Onu approva la risoluzione contro la Russia per l’invasione dell’Ucraina. Si chiede il ritiro immediato delle truppe e la condanna per le minacce nucleari.

Assemblea generale Onu -Fonte:lindro.it

Con ben 141 voti favorevoli mercoledì 3 marzo è stata votata favorevolmente, nel corso della sessione di emergenza dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, la sanzione contro la Russia a seguito delle violazioni del diritto internazionale con l’invasione dell’Ucraina e l’avanzata dell’esercito. Dei 193 Stati membri, 35 paesi si sono astenuti, tra cui Cina e India, e 5 hanno votato parere contrario.

Assemblea generale delle Nazioni Unite: Obiettivi

È il primo degli organi principali dell’organizzazione delle Nazioni Unite enumerati nell’art.7, par.1 della Carta. L’Assemblea è l’organo plenario che delibera questioni importanti adottate a maggioranza dei due terzi dei membri presenti e votanti.

Le sue competenze le permettono di discutere questioni che indirizzino, attraverso l’uso di raccomandazioni, gli Stati membri e non membri dell’organizzazione, e sotto attenta responsabilità del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, nei temi del mantenimento della pace.

Consiglio di Sicurezza dell’Onu -Fonte:tgcom24.mediaset.it

A fronte della crisi dell’Ucraina, dunque il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha stabilito con 11 voti favorevoli, di convocare una rara sessione speciale di emergenza. Tale mossa è avvenuta solo sette volte nella storia di cui l’ultima nel 1982.

La sessione di emergenza: risoluzioni approvate e le votazioni

La riunione è stata convocata entro le 24 ore del voto di approvazione del Consiglio e la risoluzione deliberata alla quasi unanimità dell’assemblea avrà dei forti impatti internazionali.

Risoluzione dell’Onu -Fonte:it.euronews.com

L’atto giuridico adottato in questa sessione condanna l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia:

“la Russia cessi immediatamente l’uso della forza contro l’Ucraina e si astenga da ogni ulteriore minaccia illegale o uso della forza contro qualsiasi Stato membro… che ritiri immediatamente, completamente e incondizionatamente tutte le sue forze militari dal territorio ucraino entro i suoi confini internazionali riconosciuti.”

Risulta chiara la sanzione delle Nazioni Unite alla decisione del Presidente del Cremlino di mettere in azione le proprie forze, ma anche la violazione dell’articolo 2 della Carta delle Nazioni Unite che intima i suoi membri ad astenersi dalla minaccia e dal ricorso alla forza per risolvere una crisi. Mosca rivendica, altresì, l’esercizio del diritto all’autodifesa previsto all’articolo 51.

Ciò che emerge dalla votazione è la salda maggioranza senza remore contro l’azione di Putin. I “no” alla risoluzione sono stati solo 5 tra cui oltre alla Russia e alla Bielorussia, alleata molto vicina che ha messo a disposizione il proprio territorio come porta di accesso e deposito di armi per l’invasione russa, anche la Corea del Nord, l’Eritrea e la Siria.

Ad astenersi invece sono stati Cina, Paesi del Golfo, India, Pakistan, Venezuela, Turkmenistan, Uzbekistan, Kazakhstan, Tajikistan, Kyrgizstan, l’ex repubblica sovietica di Armenia, Cuba, Mongolia e i Paesi africani come l’Angola, il Congo, il Mali, il Monzambico, il Senegal, il Sudan e il Sud Sudan. Paesi notoriamente sotto l’influenza di Mosca sia sotto l’aspetto economico che militare e che dunque hanno preferito scegliere una linea neutrale all’Assemblea.

Le dichiarazioni post risoluzioni

La risoluzione pur non avendo valore giuridicamente vincolante non cela un forte peso politico. Il raggiungimento dell’ampia maggioranza implica un isolamento diplomatico della Russia e la decisa condanna per le sue azioni.

Presidente dell’Ucraina -Fonte:it.notizie.yahoo.com

A seguito della votazione Twitter si riempie di messaggi di ringraziamento del Presidente ucraino Zelensky che, assistendo al raggiungimento di una “maggioranza senza precedenti”, ha scritto

“Sono grato a tutti i Paesi che hanno votato a favore, avete scelto il lato giusto della storia. I risultati distruttivi del voto all’Onu per l’aggressore dimostrano in modo convincente che una coalizione globale anti-Putin si è formata e sta funzionando. Il mondo è con noi. La verità è dalla nostra parte. La vittoria sarà nostra.”

Presidente del Consiglio Europeo -Fonte:consilium.europa.eu

Anche il Presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, sulla stessa scia ha dichiarato che “il mondo respinge massicciamente quest’aggressione ingiustificata”, ed aggiunge che “le bombe non metteranno a tacere la comunità internazionale.”

Gli attacchi subiti sono una palese violazione del diritto internazionale ed in quanto tale il voto espresso in sessione di emergenza rimarca il forte messaggio di coesione storica contro l’invasione russa in Ucraina.

Giovanna Sgarlata

Ucraina nell’Ue: una strada difficile, ma possibile

Lunedì la Verchovna Rada (il Parlamento ucraino) ha pubblicato un tweet dichiarando che il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha firmato la domanda di adesione dell’Ucraina all’Unione Europea.

La domanda è stata seguita dall’approvazione, da parte del Parlamento Europeo, di una risoluzione in cui l’istituzione europea ha dichiarato di essersi assunta l’impegno (più politico che giuridico, dal momento che l’atto in questione non risulta vincolante) di permettere una tale adesione.

Il Presidente ucraino è poi intervenuto durante una plenaria straordinaria dell’Europarlamento dedicata al conflitto russo-ucraino. Dalle sue parole è emerso un desiderio di incoraggiamento ed inclusione dell’Ucraina negli ambienti europei, oltre i semplici rapporti di vicinanza:

Vogliamo essere membri a pari diritti dell’Ue. Stiamo dimostrando a tutti che questo è quello che siamo.

D’altronde, la richiesta – pur giungendo in un momento particolarmente difficile per l’Europa intera – si cala all’interno di una politica coerente perseguita da Zelensky sin dalla sua elezione, a partire dal 2019, quando la Verchovna Rada ha legalmente incluso nella Costituzione dell’Ucraina il percorso per l’adesione alla NATO e all’Unione Europea. La riforma dell’articolo 102 ha inoltre ampliato i poteri del Capo di Stato in tal senso, rendendone «il garante dell’attuazione».

Ucraina nell’Ue: i possibili scenari

Il percorso di adesione all’Unione Europea è spesso lungo e tortuoso e può durare molti anni. Per questa ragione la Presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, oltre ad accettare di buon grado la richiesta dell’Ucraina, ha fatto riferimento al fattore tempo:

Abbiamo un processo con l’Ucraina che consiste, ad esempio, nell’integrazione del mercato ucraino nel mercato unico. Abbiamo una cooperazione molto stretta sulla rete energetica, per esempio. Così tanti argomenti in cui lavoriamo a stretto contatto e in effetti, nel tempo, ci appartengono. Sono uno di noi e li vogliamo dentro.

(fonte: frontnews.eu)

Sembra difficilmente apprezzabile, invece, un percorso di adesione facilitata in vista delle condizioni che affliggono attualmente l’Ucraina, sebbene auspicata da Paesi come la Slovacchia, Slovenia e Repubblica Ceca.

Ma anche supponendo un’entrata immediata dell’Ucraina nell’Unione Europea, ci si chiede quali conseguenze una tale decisione assumerebbe. Come già affermato anche dalla Presidente von der Leyen, innanzitutto inclusione nel mercato unico. A tal proposito, uno dei requisiti fondamentali di adesione è l’esistenza di un’economia stabile che sia in grado di far fronte alla concorrenza e alle esigenze di mercato interne ed esterne all’UE.

Dal punto di vista militare, gli Stati dell’Unione sono legati da una clausola di difesa reciproca introdotta dal Trattato di Lisbona che li obbliga ad intervenire in aiuto dello Stato membro vittima di un’eventuale aggressione nel proprio territorio. Ciò significherebbe – nel breve termine – coinvolgere l’Unione nel conflitto con le forze russe.

Una conseguenza più sul lungo termine sarebbe quella di mettere a rischio la sostanziale funzione pacificatrice dell’Unione Europea, che, come affermava Giorgio Amendola nel 1974, «può avere solo una politica di neutralità, non di rivalità con le due potenze [Russia e Stati Uniti]».

Infine, libertà di movimento in tutto il territorio dell’Unione, soprattutto per le centinaia di migliaia di cittadini ucraini sfuggiti al conflitto. A tal proposito, Reuters ha riportato che la Commissione Ue sarebbe al lavoro per approvare la proposta di concedere ai rifugiati ucraini dei diritti di residenza temporanei senza dover passare attraverso lunghi iter burocratici per le richieste d’asilo.

Michel: «attenzione all’allargamento»

L’adesione è una richiesta di vecchia data dell’Ucraina, ma ci sono opinioni e sensibilità diverse sull’allargamento.

Così il Presidente del Consiglio Europeo Charles Michel ha commentato la richiesta di adesione dell’Ucraina, esprimendo alcune perplessità. Da anni si è palesata la contrarietà di molti Stati Ue all’allargamento – dal momento che includere nuovi Stati significa includere anche nuove opinioni sensibilità, quindi anche nuovi possibili contrasti. Già nel 2005 l’allora Commissario per la Politica europea di vicinato e negoziati di allargamento Olli Rehn aveva affermato che bisognava «consolidare l’agenda di allargamento dell’Unione, ma anche essere cauti coi nuovi impegni».

Zelensky e Michel (fonte: consilium.europa.eu)

Inoltre, Nel marzo 2016, l’allora Presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker ha dichiarato che «ci vorranno almeno 20-25 anni perché l’Ucraina aderisca all’UE e alla NATO».

Draghi: «Putin ascolti i suoi cittadini e abbandoni i piani di guerra»

Anche il Premier italiano Mario Draghi si è rivolto nei confronti del Capo di Stato russo con parole molto dure, durante un discorso tenuto in Parlamento circa l’approvazione della proposta di invio di armi all’Ucraina. La proposta in Parlamento ha incontrato alcune perplessità a cui il Presidente del Consiglio ha risposto:

Mandare aiuti militari, un sostanziale inedito anche per il nostro Paese, non significa, essere “rassegnati” alla guerra. Chi ha più di 60 chilometri di carri armati davanti le porte di Kyiv non vuole la pace in questo momento.

Intanto, l’Esecutivo si impegna ad approvare un piano contro la crisi energetica che colpirà l’Europa – specialmente l’Italia – ora che i rapporti di scambio con la Russia sono stati tagliati. A tal proposito il Governo ha deciso di dichiarare lo stato di emergenza per intervento all’Estero.

Valeria Bonaccorso

Guerra Russia-Ucraina, in Bielorussia incontro diplomatico tra le delegazioni

Dopo giorni di conflitto si ritorna a parlare di diplomazia. Mentre l’offensiva militare continua, le delegazioni di Ucraina e Russia si stanno incontrando in una località segreta al confine ucraino con la Bielorussia per discutere delle condizioni e delle necessità di entrambi gli schieramenti per terminare le ostilità, almeno sul campo di battaglia. L’incontro, fissato per stamattina e attualmente in corso, è stato anticipato di un giorno, essendo stato inizialmente programmato per domani. Il tutto si svolgerà sotto l’occhio attento di Lukashenko, leader autoritario bielorusso e stretto alleato di Mosca.

foto dell’incontro tra le delegazioni russe e ucraine, fonte: apsicilia.it

La delegazione ucraina, guidata dal Ministro della Difesa Oleksii Reznikov e che vede tra i presenti anche il rappresentante del Presidente del Donbass Andryi Kostin, chiede a gran voce il cessate il fuoco e il ritiro dei soldati russi dal territorio ucraino. Pretese che al momento sembrano inconciliabili con l’agenda di Vladimir Putin il quale, dopo un fisiologico rallentamento delle operazioni militari in seguito al respingimento delle forze russe dalla capitale Kiev, ha nuovamente intensificato le proprie azioni. Stanotte, poco dopo le 3 del mattino, sono infatti tornate a udirsi nuove esplosioni, stavolta a Kharkiv, nel nord del Paese, e nella capitale Kiev.

La sfiducia di un esito positivo dei negoziati

Come detto, le posizioni dei due Paesi al momento sembrano profondamente inconciliabili. Nel discorso fatto da Vladimir Putin la settimana scorsa, nel corso del quale ha riconosciuto l’indipendenza dei due oblast di Donetsk e Lugansk, ha a più riprese negato l’esistenza del diritto dell’Ucraina ad essere uno Stato. Difficile dunque ipotizzare che dopo poco più di cinque giorni possa riconoscere la fondatezza delle pretese mosse da quest’ultima. Lo stesso ministro degli esteri Lavrov aveva precedentemente detto di volere dialogare con Kiev solo dopo una sua resa. Contro le prese di posizione dei vertici di Mosca vi sono i discorsi delle autorità ucraina che “non sono intenzionate a cedere un centimetro del loro territorio”, parafrasando Kuleba, il Ministro degli Esteri ucraino. In più bisogna tenere in considerazione un ulteriore elemento: la crescente aggressività dei messaggi di Putin in difesa delle proprie azioni e contro le sanzioni. Il presidente russo non si è tirato indietro dall’adoperare un linguaggio fortemente rievocativo del periodo della Guerra Fredda, parlando di “messa in stato di allerta delle forze di deterrenza del Paese”, messaggio traducibile come una velata minaccia al ricorso al nucleare.

Lukashenko e Putin, rispettivamente presidenti di Bielorussia e Russia, fonte: alphabetcity.it

Bielorussia: teatro neutrale dell’incontro ma pronta ad entrare in Ucraina

Inizialmente i colloqui di pace si sarebbero dovuti tenere a Gomel, città della Bielorussia, ma Zelensky ha più volte proposto luoghi alternativi, rifiutandosi di incontrare la Russia nel territorio di uno Stato non solo alleato della stessa ma addirittura ritenuto corresponsabile dell’invasione. Non è un segreto che la Bielorussia sia storicamente allineata alla politica di Mosca, ma sotto Lukashenko il rapport di Minsk con la Russia è divenuto una vera e propria sudditanza. Negli ultimi mesi ha infatti ospitato più di trentamila soldati russi, la cui presenza è stata giustificata ai media internazionali come necessaria per un esercitazione congiunta, e le truppe direttesi a Kiev e nel nord dell’Ucraina hanno attraversato proprio il confine con la Bielorussia. Inoltre, secondo il Kyiv Indipendent, giornale indipendente ucraino, è solo questione di ore prima che alle truppe russe si uniscano in battaglia anche le truppe bielorusse. La possibilità di una partecipazione al conflitto sembra trovare conferma anche nello strano tempismo con cui è passato un referendum costituzionale che consentirebbe il deposito di armi nucleari di provenienza estera nei confini statali.

 

Russia sempre più sola

Nel corso del fine settimana la Russia ha però pagato cara la propria “operazione speciale”. L’occidente non è infatti rimasto a guardare davanti al dispiegamento e all’uso delle forse russe in Ucraina e, benché da più parti si sperasse in un azione militare congiunta, nei paesi europei e negli Stati Uniti sono state vinte le (poche) resistenze all’introduzione di nuove sanzioni, personali e non, nei confronti della Russia. Misure economiche destinate a colpire duramente l’economia russa e che hanno portato alla decisione di tenere chiusa la Borsa di Mosca per tutta la giornata di oggi per evitare il crollo del valore del rublo. Sanzioni etichettate da Lukashenko come “peggiori della guerra” e che spingeranno Putin a “una terza guerra mondiale”. Ma l’Europa ha fatto di più: oltre alle sanzioni sono state autorizzate da più parti aiuti militari quali invio di munizioni, armi e uomini a Kiev.

Il portavoce del Ministro degli Esteri Wang Wenbin, fonte: giornaletrentino.it

Tra la Russia e l’occidente si sta dunque registrando l’ennesimo, e forse definitivo, strappo destinato a lasciare danni irreparabili nei rapporti tra due dei principali schieramenti mondiali. Dall’altro lato del continente euroasiatico la Cina continua a muoversi in maniera cauta, senza intervenire in maniera diretta con aiuti di alcun tipo ma prendendo le difese della Russia. Il portavoce del Ministro degli Esteri cinese Wang Wenbin ha definito “illegali” le sanzioni applicate e l’esclusione della Russia dal sistema Swift.

 

Filippo Giletto