Studente messinese fuori sede nella zona rossa: “Ho deciso di restare”

Qualche ora prima dell’ultimo decreto, che ha istituito come “zona protetta” tutto il territorio italiano, abbiamo potuto parlare, via webcam, con un ex studente messinese che si trovava nella zona rossa, a Rimini. Ci ha raccontato come ha vissuto le ore successive alla diffusione ufficiosa del decreto che istituiva la “zona rossa”, ed il perché ha deciso di restare. Marco Gervasi, laureato presso l’Università di Messina in Management d’Impresa, dopo aver lavorato tra Londra, Italia e Africa, da settembre 2019 ha iniziato il Master of Science presso Alma Mater Studiorum di Bologna in “Resource economics and sustainable development” con sede a Rimini.

La sera stessa, quando è trapelata la bozza del decreto che avrebbe istituito le zone rosse di quarantena, centinaia di ragazzi fuori sede sono tornati nelle proprie città. Tu come hai vissuto quella sera?

Ho saputo del decreto da uno screenshot del decreto su whatsapp. Ero a cena con dei colleghi, ma da quel momento abbiamo solo iniziato a cercare notizie più attendibili. Poco dopo la bozza del nuovo decreto era su tutti i giornali e Rimini rientrava tra le “zone rosse”. Quella sera non siamo più usciti, eravamo tutti preoccupati e siamo rimasti a discutere della situazione. Ho informato immediatamente i miei genitori del fatto che, secondo quel decreto, non sarei potuto tornare a casa per un tempo indeterminato. Erano molto preoccupati, volevano assolutamente che tornassi così come stavano facendo in quel momento centinaia di altri ragazzi. Con i miei colleghi siciliani, nei giorni precedenti, avevamo anche pensato di affittare una macchina e di scendere con quella, per evitare di prendere mezzi pubblici. Dopo un momento difficile di dubbi sul da farsi, abbiamo deciso di rimanere. Ho avvertito i miei della mia decisione. Dopo diverse spiegazioni li ho convinti che quella fosse la scelta giusta per me, per loro e per tutti.

Sapevi che molti ragazzi stavano tornando, potevi farlo anche tu. Cosa ti ha spinto a rimanere?

Ho pensato ai miei spostamenti nelle ultime settimane. Ero stato a Milano tre settimane prima. Ero stato prevalentemente in ufficio per lavoro, ma avevo utilizzato la metro nelle ore di punta. Inoltre ero ripartito per Rimini poco prima Milano fosse dichiarata zona rossa. Tornato a Rimini ho limitato le uscite, le zone molto affollate, abbiamo seguito le lezioni online ma, non essendo ancora una zona a rischio e non essendovi contagiati, ho anche avuto una minima vita sociale. 

Quindi ero stato esposto ad un rischio, e per quanto fossi stato attento rimaneva una minima possibilità che fossi un portatore asintomatico. Ho pensato alla mia famiglia, ed ho capito che non potevo e non volevo metterli a rischio. Poi ho pensato a Messina, lì ci sono ancora pochi casi, perché aumentare il rischio? Chi torna ed osserva la quarantena, in realtà entra inevitabilmente a contatto con i propri genitori, fratelli o sorelle e corre il rischio di vanificare la sua reclusione. Le limitazioni imposte nella zona rossa sono tante, e alle difficoltà con cui ogni fuori sede convive quotidianamente se ne aggiungono altre. E’ molto pesante anche psicologicamente.

Foto di Marco Gervasi – Rimini

E per quanto riguarda i tuoi colleghi? Come vivono la situazione?

Gran parte degli studenti era già rientrata a casa nelle settimane precedenti, quando l’Università ha impedito le lezioni frontali e ha dato accesso a lezioni online. So che molti studenti sono partiti da qui la notte stessa della diffusione del decreto. Molti dei miei colleghi invece hanno deciso, come me, di non farlo. In particolare i colleghi tedeschi hanno deciso di restare perché credono che in Germania la situazione sia stata sottovalutata e che in Italia, nonostante il numero maggiore dei casi, le misure attuate siano molto più adeguate alla situazione. Hanno fiducia nelle nostre istituzioni e nel Sistema Sanitario Nazionale italiano.

Com’è cambiata Rimini da quando è diventata zona rossa?

Come ti dicevo, inizialmente abbiamo cercato di limitare le uscite, in biblioteca rispettavamo la distanza di almeno un posto l’uno dall’altro, non potevamo riunirci in aule studio per fare co-working ed anche le palestre avevano un numero limitato di posti. Da quando invece Rimini è nella zona rossa, la biblioteca è chiusa, così come le altre aule, palestre e piscine. Bar, ristoranti, locali chiudono alle 18. Al supermercato si entra a scaglioni, la fila alla cassa è lunghissima, dura ore e bisogna rispettare un metro di distanza l’uno dall’altro. Sono molto più numerose le pattuglie di Carabinieri e Polizia, soprattutto in prossimità della Stazione e dell’autostrada.

Foto di Marco Gervasi – Rimini

Come vivrai i prossimi giorni?

Sicuramente eviterò di uscire, ho fatto una spesa che spero mi possa garantire diversi giorni di autonomia. Ci pesa soprattutto il non poter studiare in biblioteca, che era un motivo di incontro oltre che di studio. Ovviamente spero che la situazione rientri entro Pasqua, così da poter tornare dalla mia famiglia e dai miei amici, però sappiamo ciò che stiamo facendo. Tutti possiamo rinunciare ad un caffè al bar o ad un aperitivo per un bene superiore, la salute collettiva. Siamo convinti che, nel nostro piccolo, questo sacrificio possa davvero essere utile a far rientrare la situazione in tutta Italia. Tutti possiamo farlo.

Antonio Nuccio

Sicilia: obbligo di quarantena per chi arriva dalle zone rosse

L’ordinanza firmata dal presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci e in fase di notifica ai nove prefetti, ai questori ed ai 390 sindaci dell’Isola

“Chi sbarca in Sicilia, con qualsiasi mezzo, provenendo dalle zone rosse del Nord, ha il dovere di informare il medico di base e porsi in autoisolamento”.

Il governatore richiama le competenze comuni a tutte le regioni italiane e quelle previste dallo Statuto siciliano, che conferiscono al presidente della Regione il potere di disporre delle forze di polizia in caso di necessità.

Milano Porta Garibaldi – il riformista.it

“Se tutti manteniamo la calma e il senso di responsabilità, riusciremo a gestire e superare anche questo particolare momento. Noi siciliani abbiamo affrontato ben altre calamità e non ci arrendiamo. Ma ognuno faccia la propria parte”, ha dichiarato Musumeci, al momento in autoisolamento domiciliare in via precauzionale, in virtù dell’incontro di mercoledì a Roma con il leader PD Zingaretti. Il primo tampone è risultato negativo, quindi ne seguirà un altro tra due giorni.

Di seguito il reportage di Fanpage alla stazione Milano Porta Garibaldi. 

Aggiornamenti Coronavirus: l’Italia è in pericolo?

Si tratta del primo caso di un italiano positivo al Covid-19 senza essere stato in Cina. Il 38enne lombardo, abitante di Codogno, è attualmente ricoverato in terapia intensiva in prognosi riservata all’ospedale della sua città nel Lodigiano.

Il contagio

L’uomo avrebbe cenato con un collega rientrato da poco dal Paese asiatico. In seguito alla comparsa dei primi sintomi, si è presentato al pronto soccorso la sera di mercoledì 19 febbraio, con febbre molto alta e insufficienza respiratoria. Il personale medico ha subito ritenuto molto grave la sua condizione e ha immediatamente effettuato i test previsti dal protocollo che, purtroppo, hanno confermato il contagio. 

Da quel momento in poi, sono stati fatti tutti gli accertamenti diagnostici necessari anche su medici e infermieri della struttura ospedaliera, distribuite le mascherine, gli accessi al pronto soccorso sono stati interrotti e sono stati dimessi tutti i pazienti in condizioni stabili. Sono stati inoltre predisposti i kit diagnostici per tutti i familiari, i colleghi e le persone entrate in contatto con il 38enne infettato.

 

Secondo quanto riporta l’Ansa, altre due persone hanno sicuramente contratto il virus: si tratta della moglie incinta del 38enne e del collega, il “paziente zero” con cui l’uomo aveva cenato, entrambi ricoverati in isolamento all’ Ospedale Sacco di Milano. Per quest’ultimo si ritiene che si possa trattare di un contagio asintomatico, ma sono in corso accertamenti che possano confermarlo. 

La possibile diffusione del contagio

Dopo aver ricostruito gli spostamenti del 38enne lodigiano, risultano essere circa settanta le persone certe di essere entrate in contatto con lui e per le quali è stata disposta la quarantena. Tuttavia, questo numero è destinato ad aumentare poiché, prima del ricovero, il paziente contagiato avrebbe incontrato diverse persone durante varie cene, un corso di primo soccorso della Croce Rossa, una partita di calcetto, una gara podistica oltre ad aver continuato ad andare a lavoro.

Non è ancora stato definito dove verranno trascorsi i giorni di quarantena, se nelle proprie abitazioni o in una struttura ad hoc. Il ministero della Difesa ha previsto la possibilità di adibire strutture militari a centri per salvaguardare la salute dei cittadini. Nel frattempo gli abitanti di due interi paesi, Codogno e Castiglione d’Adda, sono stati invitati dall’assessore alla salute Giulio Gallera a rimanere in casa e ad evitare contatti sociali a scopo precauzionale.

Inoltre, tutti i controlli sanitari necessari sono stati avviati anche sul territorio emiliano per verificare gli eventuali contatti del “paziente zero” con i dipendenti dell’azienda di Fiorenzuola d’Arda, nel Piacentino, per cui l’uomo lavora.

La situazione attuale in Italia

Oltre al 38enne di Codogno, alla moglie e al collega, sono altri tre i connazionali contagiati: il ricercatore 29enne emiliano, rientrato da Whuan lo scorso 3 febbraio e i due passeggeri della nave da crociera Diamond Princess, rimasta in quarantena a Yokohama in Giappone. Sulla nave sono oltre 600 i contagiati, ma per gli altri 30 italiani a bordo della nave i primi test sono risultati negativi: se anche il secondo test confermasse il risultato potranno essere rimpatriati.

Probabilmente alloggeranno nella cittadella militare di Cecchignola, dove è appena finito il periodo di quarantena dei 55 italiani rientrati dalla Cina, durato 18 giorni, durante i quali sono stati sotto stretta osservazione. Restano ricoverati all’Istituto Spallanzani di Roma il 17enne di Grado rientrato da Wuhan e risultato negativo ai test e la coppia di turisti cinesi in lieve miglioramento.

E’ inevitabile che, in seguito ai casi accertati di positività al Covid-19 della giornata odierna, nel Lodigiano, e non solo, cresca l’apprensione dei cittadini che, preoccupati di sapere come agire, quali presidi utilizzare per scongiurare qualsiasi possibilità di contagio, si rivolgono ai loro medici o a chi di competenza possa aiutarli.

Il Governo rassicura gli italiani, affermando di aver adottato fin da subito una linea di massima precauzione al fine di evitare qualsiasi allarmismo sociale e panico generale, invitando a riporre fiducia nelle indicazioni del Ministero della Salute.

Le notizie positive

In un clima di allarmismo, di continue notizie su nuovi casi, di numeri che spaventano, non mancano i segnali di speranza e le notizie che, di fronte ad una minaccia globale come quella del Coronavirus, meritano di essere diffuse e conosciute.

Come dichiarato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, per la prima volta da fine gennaio, in Cina è stato registrato un calo del numero dei contagi: solo 349 nuovi casi nella giornata di mercoledì, ben sei volte in meno rispetto ai 1749 del giorno prima. Inoltre, le guarigioni dal Covid-19 hanno superato per la prima volta il numero di nuovi contagi.

Il bilancio mondiale attuale è di 2.247 morti e 75.498 contagiati, ma la situazione resta complessa. Proprio l’OMS ha parlato di “punta dell’iceberg” per i casi constatati all’estero, non facendo mistero sul possibile acceleramento dell’epidemia nelle prossime settimane.

La prima mappa 3D del virus

Le buone notizie arrivano anche dal mondo della scienza. E’ stata ricostruita la prima mappa 3D del coronavirus SarsCoV2 che riproduce la struttura molecolare di una delle proteine della superficie, definite “spike”, che il virus usa come arma per entrare nelle cellule del sistema respiratorio umano e moltiplicarsi. Conoscerla è importante per mettere a punto farmaci e vaccino. Questo dimostra la celerità con cui si muove la macchina mondiale della ricerca e della sanità ai fini di trovare al più presto una soluzione efficace a preservare la salute dell’intera popolazione mondiale.

Federica Nuccio

Epidemia coronavirus. Il ritorno dalla Cina di una messinese

Confermata ieri sera la notizia del i primi due casi di contagio in Italia di coronavirus. Sono una coppia proveniente dalla regione di Wuhan, atterrata nei giorni scorsi a Milano e poi spostatasi in comitiva a Roma. Da ieri i due sono in regime di quarantena allo Spallanzati.

9.692 casi confermati con un bilancio di 213 morti, ma nessun decesso è stato segnalato al di fuori della Cina. Il colpevole di questa epidemia si chiama 2019-nCoV, un virus ad RNA appartenente alla famiglia dei Coronavirus, la cui trasmissione avviene per via aerea come una banale influenza. Una volta che il patogeno ha infettato l’uomo, la malattia presenta un periodo di incubazione che varia dai 2 ai 10 giorni. L’infezione comporta febbre, tosse e respiro corto; tendenzialmente si risolve in osservazione ospedaliera con una terapia sintomatica, tuttavia, in alcuni casi, porta a complicanze quali polmonite grave, insufficienza renale acuta e leucopenia. Al netto degli allarmismi, stando ai report ufficiali, la mortalità non supera il 3% dei casi.

A raccontarci in esclusiva il viaggio di rientro a Messina dalla Cina è una nostra concittadina, Oriana Misitano.

Dopo essermi diplomata al liceo linguistico Archimede di Messina, ho deciso di continuare il mio percorso accademico a Napoli per frequentare l’Università l’Orientale, le lingue che ho scelto sono state inglese e cinese. Dopo essermi laureata nel 2018 ho trascorso un semestre di studio in Cina. Parto a marzo per Hangzhou, nella provincia dello Zhejiang, e torno a luglio. Ho fatto questo corso e mi sono innamorata ancora di più della Cina, tanto che ho deciso di fare domanda per una borsa di studio, nella stessa università. Oggi studio ad Hangzhou, in un corso magistrale interamente in lingua cinese. Non sono rimasta delusa della mia scelta.

Oriana di ritorno da Hangzhou, Cina

Dopodichè?

Mi trovavo benissimo, fino a poco tempo fa. Dopodichè è uscita la notizia, a Dicembre, dei primi casi di coronavirus a Wuhan. (circa 760km dalla mia città). Pian piano il virus si è diffuso in varie città e al momento ci sono circa 170 morti. Ho delle statistiche cinesi che aggiorno ogni secondo, posso darti in tempo reale il numero dei morti, contagiati, dei curati, delle persone sospette. Scannerizzo il QR code attraverso l’applicazione di WeChat (come noi in italia usiamo Whatsapp, in Cina usiamo WeChat) che aggiorna in tempo reale la situazione. I pallini rossi sono i casi confermati, quelli viola sono quelli sospetti, in alto c’è scritto il numero delle persone curate.

Quali sono le misure precauzionali imposte?

La città di Wuhan, da dove è partito il virus, è in quarantena. Le persone non possono uscire da casa e nemmeno dalla città. Sono rimasti circa 50 italiani bloccati lì. Il governo italiano vuole andare a prenderli ma, a quanto pare, la Cina non è disposta ad accettare questo spostamento di persone. Nel caso in cui fossero disposti ad acconsentire il tutto, le persone verrebbero tenute in quarantena almeno due settimane. Ad Hangzhou, e in generale in Cina, ci dicono di uscire il meno possibile, di non frequentare posti affollati come autobus, aeroporti, stazioni, pub, e uscire con una mascherina (impermeabile al di fuori e dentro traspirante) perché questo è un virus che si contagia con la saliva.

Come vivete il livello di allarmismo che si è generato in Cina?

In Cina la situazione non ce la mostrano come la mostrano fuori. Io mi sentivo costantemente con i miei genitori che erano allarmati viste le notizie che danno in tv in Italia. In Cina sono tutti abbastanza tranquilli. Prima di decidere se partire o meno ho sentito alcuni miei amici cinesi, che mi tranquillizzavano molto. Dicevano di stare tranquilla e che l’importante era rimanere in camera e non uscire. Ma vivere in camera per non so quanti mesi, perchè la situazione sta degenerando, non mi sembrava il caso. Negli ultimi giorni trascorsi in Cina sono uscita, le strade erano deserte. Loro rimangono in casa, bevendo acqua calda che per loro è il rimedio per tutti i mali, aspettando che si risolva tutto come fu nel 2003 per la SARS. Ora in Cina è vacanza, le università sono chiuse e dovrebbero riaprire al 20 Febbraio, ma posticiperanno l’apertura del semestre a data da destinarsi. Io ho comprato un biglietto per l’Italia solo andata, aspettando notizie positive per prenotare il ritorno.

Cosa succede quando qualcuno contrae il virus?

I sintomi sono quelli di una normale influenza: tosse, raffreddore, febbre. Ci hanno detto di andare in ospedale al minimo sintomo per fare degli accertamenti. Poi, ovviamente, lavarsi sempre le mani e usare disinfettanti.

Pensi che il governo cinese sia sincero in merito al fenomeno?

Sì, penso che il governo cinese sia abbastanza sincero nei confronti della situazione, avendo messo in allerta il mondo. Noi stranieri eravamo molto preoccupati perché il governo cinese tende a nascondere tutto ai cittadini. Tende a mostrare solo le notizie positive. Quando sono arrivate le notizie dei primi contagi nei paesi come Giappone, Corea, Thailandia, hanno dovuto trasmettere la notizia. Il fatto che la Cina abbia trasmesso la notizia vuol dire che la situazione è abbastanza seria. Hanno chiuso parecchi locali, autobus, aeroporti, hanno cancellato tanti voli. Io per esempio dovevo andare in Thailandia a Febbraio ma hanno cancellato il volo. Noi eravamo molto spaventati, ma i cinesi vivono in modo tranquillo. Inoltre, le persone morte erano tutte persone anziane che soffrivano di altre patologie respiratorie che aggiunte al virus ne hanno causato la morte.

Hai avuto difficoltà per tornare in Italia?

Non ho avuto difficoltà a tornare in Italia, ho deciso di partire il prima possibile per paura che chiudessero gli aeroporti. Quindi ci sono riuscita in tempo. Parlando con altri miei amici stranieri siamo ”contenti” che sia successo in Cina, perché secondo noi è un Paese che ha tutti i mezzi per risolvere la situazione. Ovviamente è una cosa che prenderà tempo. Questo è un periodo di vacanza, i cinesi viaggiano e tutti in questo periodo si spostano dalla città dove lavorano per tornare a casa. Aspettano queste vacanze tutto l’anno, lavorano sodo per mettere dei soldi da parte per viaggiare in questo periodo. Ci sarà un ritorno di tutte queste persone, anche se negli aeroporti c’è molto controllo. Io ad esempio prima di tornare a Messina ho fatto i dovuti controlli. In Cina ho fatto un sacco di passaggi in più prima di salire sull’aereo, tutto monitorato da schermi e luci a infrarossi. A Roma non ci hanno fatto scendere subito dall’aereo ma sono saliti dei medici vestiti con le tute bianche, che con il termometro hanno misurato la temperatura a tutti. Nel mio volo non c’era nessuno con la temperatura superiore al dovuto, ma, nel caso in cui ci fosse stata, avrebbero fatto ulteriori controlli. So che le persone sono molto preoccupate, infatti non muoiono dalla voglia di vedermi. La gente si allontana dalle persone dai tratti orientali per paura. Magari quelle persone non tornano in Cina da tempo, o hanno il passaporto italiano, questa è una cosa che mi rattrista un po’. 

                                                                                                                                                                                        Cristina Geraci

NB: Tutte le foto presenti nell’articolo sono state scattate da Oriana