Siamo tutti un po’ fanatici. Siamo tutti un po’ altruisti

Quando c’è troppa carne al fuoco è sempre difficile scegliere quale pietanza assaggiare per prima.

Questo 2018 è iniziato inserendo tranquillamente la prima per poi mettere improvvisamente la quinta non appena il calendario ha segnato 1 Febbraio. Ci avete fatto caso? Con le elezioni sempre più vicine, il web ci bombarda di notizie ricche di opinioni discordanti e soluzioni vane, giusto per farci arrivare in cabina elettorale con gli attributi a terra e la testa immersa in nuvole dense come quelle che hanno coperto la città negli ultimi giorni.

Il lunedì, per la nostra redazione, è fondamentalmente il giorno dell’opinione, del pensiero che racchiude i momenti salienti che stiamo vivendo, raccontati da un punto di vista fresco, a volte goliardico, ma sicuramente di chi non ha un “futuro sicuro”. Ed escludendo la politica, escludendo Sanremo che anche quest’anno ce lo siamo tolto, escludendo il proliferare delle condivisioni di canzoni di Faber subito dopo il film – ma non erano tutti fissati con la trap? Da quando questa passione per il cantautorato? -, ed escludendo le solite lamentele di Messina, su Messina, perché Messina (BAAASTAAAAAA!! Aggiornate lo Zanichelli, abbiate pazienza signori miei): di che parlo?

Alchè qualcuno che segue la mia vita con pozioni magiche, ha ben deciso di mandarmi un segnale divino, per non impazzire in piena sessione d’esami (E HO DETTO TUTTO). Durante la scorsa settimana, in uno di quei giorni che passano esattamente come quelli precedenti (in cui la cognizione del tempo la si ha solo “grazie” al countdown per il giorno dell’esame, yu-hu) mia madre, tornando da lavoro, mi ha posto un quesito << Secondo te sono una persona fanatica? >> ed io, con la mia atrofizzazione mentale, le ho chiesto << In che senso? Non hai fissazioni >> e mi ha fatto leggere un passo di un libro che non conoscevo:

“Ritengo che l’essenza del fanatismo stia nel desiderio di costringere gli altri a cambiare. […] Il fanatico è un grande altruista. Il fanatico è più interessato a te che a se stesso, di solito. Vuole salvarti l’anima, vuole redimerti, vuole affrancarti dal peccato, dall’errore, dal fumo, dalla tua fede o dalla tua incredulità, vuole migliorare le tue abitudini alimentari, vuole impedirti di bere o di votare nel modo sbagliato” – Contro il fanatismo, Amos Oz

L’avevate mai notato? Avete mai dato questo significato alla parola fanatismo? Capita spesso di dire <<Quell* è un fanatico di … non parla d’altro!>> vedendo questo modo di fare con un’accezione negativa. E non è del tutto sbagliato. Secondo Oz la volontà di aiutare gli altri è propria dei fanatici come una forma deviata di altruismo. Nessuno pensa all’altruismo con degli aspetti che potrebbero diventare nocivi per la società, eppure dobbiamo ammettere che ogni cosa ha i suoi pro ed i suoi contro. Persino il “fare del bene”. L’autore spiega anche che il fanatismo è un bisogno di appartenere a qualcosa, esso si riscontra con la tendenza ad omologarsi, a “difendere” un ideale in apparenza supremo, che è seguito dalla massa, e si cerca in qualsiasi modo di iniettarlo nella mente di chi non lo segue.

Fanatismo – Unknown Artist, 2018

Perché ci riguarda? L’introduzione che ho fatto sembra una supercazzola. In realtà quelli che ho elencato sono atteggiamenti di fanatici, che ci portano a regredire noi stessi o, nel peggiore dei casi, a provare una totale indifferenza nei confronti del nostro ecosistema, di quel che ci sta intorno divenendo copie, di chissà cosa, fatte male. E nel nostro piccolo siamo tutti un po’ fanatici, per sentirci apprezzati, per sentirci utili, per dire la nostra senza ascoltare appieno gli altri – che gli altri, in fondo, siamo sempre noi – . Ciò che va contro il fanatismo è il mettersi nei panni dell’altro, vedere il punto di vista del prossimo. Lo scontro eterno insito nella natura umana è quello tra fanatismo e pragmatismo, tra fanatismo e tolleranza, tra fanatismo e pluralismo. Non ci sono un buono ed un cattivo, ci sono solo due mondi opposti in continua lotta per la supremazia. “La storia ci insegna” – qualcuno direbbe “Ma che ci insegna?” – che le creature dell’universo, forse inconsciamente, hanno sempre proiettato il proprio antagonismo ed il proprio protagonismo nella vita di tutti i giorni. Il progresso ha solo cambiato i mezzi.

Non è mia intenzione fare morale o dispensare saggezza, cambiarvi la vita o migliorarvela…no, in quel caso sarei una fanatica che ha ben poco da insegnare. Vorrei solo darvi uno spunto di riflessione, poi sta a voi decidere se prenderlo o lasciarlo tra queste parole.

<< Stefa’, madre e donna, hai cinquantatré anni e una vita devastata, come tutti noi. Allora invece di farci la morale, di guardarci con antipatia, dovresti guardarci… con affetto. Siamo tutti sull’orlo della disperazione, non abbiamo altro rimedio che guardarci in faccia, farci compagnia, pigliarci un poco in giro… O no? >> –  Jep Gambardella, La grande bellezza

 

Giulia Greco

 

The five years of MJCP: index and goals of an open access academic journal

Si terrà a Messina una conferenza organizzata in due giornate che riunirà ricercatori  e professionisti:  “Nuove frontiere nella comunicazione scientifica” (primo giorno, giovedì 22 febbraio, ore 15.00, Messina, Palazzo Congressi Policlinico “G. Martino “) e “Processo di editing in Psicologia clinica” (secondo giorno, venerdì 23 febbraio, ore 9.00, Accademia dei Pericolanti, Messina).

L’evento celebra i risultati che hanno contrassegnato i cinque anni di pubblicazione di Mediterranean Journal of Clinical Psychology (MJCP).
MJCP, rivista edita dall’Università di Messina nel 2013 con Editor in-Chief Prof. S. Settineri e Dott.ssa C. Mento Journal manager, supportata tecnicamente dal Sistema Bibliotecario di Ateneo.
È una rivista Internazionale ad accesso aperto che tratta temi che abbracciano discipline di Psicologia Clinica come la psicopatologia e psicoterapia, la psicologia sperimentale, l’analisi di gruppo e psicoanalisi, l’applicazione di tecniche cliniche in psicologia clinica, la psicologia della salute, gli approcci clinici nei metodi proiettivi, la psicologia forense nella ricerca clinica, la psicologia dell’arte e della religione, la metodologia di ricerca di base e clinica. Si è collocata in breve tempo tra le riviste di qualità indicizzate da SCOPUS e Web of Science. In particolare, la prima giornata (22 febbraio), sarà dedicata alle trasformazioni del sistema di comunicazione scientifica alla luce dei principi di trasparenza, condivisione ed integrità della scienza di cui si fa portatore il movimento dell’Open Science. Inoltre, saranno presentate altre esperienze di pubblicazione ad accesso aperto, l’archivio istituzionale IRIS per il deposito delle pubblicazioni di Ateneo e delle Tesi di Dottorato.

La seconda giornata (23 febbraio) sarà riservata all’area specialistica della Psicologia Clinica con un workshop teorico-pratico dedicato all’editing di contributi specialistici dell’area, che sarà tenuto da un ospite internazionale che metterà a disposizione la sua esperienza di editor in riviste internazionali.

Per maggiori informazioni:

http://cab.unime.it/journals/index.php/MJCP

                                                                                                                                                        Daniela Cannistrà

L’essere umano: un animale spaventato

UniVersoMe in questo periodo sta prendendo una piega introspettiva. Sarà la primavera? Sarà che continuiamo a crescere? Sarà l’ansia della sessione imminente che ci porta a farci domande esistenziali al posto di studiare quella pagina che abbiamo sotto al naso da un’ora? Non lo so, so solo che questo filo non voglio spezzarlo. In questo editoriale ho voglia di affrontare un argomento che abbraccia (e a volte stritola) tutti noi, chi più, chi meno: il panico.

L’unico ostacolo per ottenere ciò che vuoi è la persona che vedi riflessa alla specchio” non mi ricordo dove ho letto questa frase. Forse in una di quelle immagini condivise dagli over 40. O su uno di quei poster che vediamo appesi dal dentista. Ma questa frase nella realtà cosa vuol dire?
Io la interpreto come “la tua paura ti fermerà”. La paura è come un carcere dentro cui nessuno ci ha chiuso. Abbiamo persino le chiavi. Eppure stiamo lì perché fuori dalle mura e dalle grate mentalità c’è qualcosa che ci spaventa.

“Non sono abbastanza forte”, “Non ce la posso fare”, “Morirò se faccio questo”. Arriviamo a pensare cose così brutte che anche un gesto semplice, come prendere un aereo, diventa l’entrata in guerra. Guerra che comunque perderemo, perché combattiamo contro noi stessi.

Abbiamo paura nel 2017 perché nel 2017 abbiamo troppe informazioni. Veniamo bombardati di notizie che spesso non capiamo, su cui non indaghiamo. Ma restano sedimentate e sbagliate come un cancro. Leggiamo da qualche parte: “studi recenti hanno dimostrato che non dormire può causare problemi cardiaci”. Così quando non dormiamo una notte, o dormiamo male, l’ipocondria ci getta a terra con un braccio dietro la schiena ed il suo ginocchio che preme sulla scapola come solo un buon vecchio The Rock sapeva fare nella WWA.
Abbiamo fatto un errore: pensare che l’informazione libera potesse salvare l’umanità. Ci ha condannato a informazioni grossolane, poco ricercate e rese “istituzionali” da un numero di mi piace superiore a mille. Un medico non si laurea condividendo un link sull’importanza della vaccinazione. “Complimenti Dott. Pivetta lei ha ottenuto 20.000 mi piace. Le conferisco la laurea in medicina col massimo dei voti“.
È un mondo duro per ipocondriaci e gente soggetta ad ansia (guarda caso il 90% della popolazione). Cosa fare quindi? Dopo essermi scervellata, la soluzione che ho trovato è questa: non dobbiamo ascoltare nulla! Per un po’ di tempo (anche solo una settimana) non diamo retta a nulla! Neanche a noi stessi. Il percorso è difficile, non sarà per nulla facile resistere alla negativa tentazione di scoprire l’ultima ricerca pubblicata da una testata veritiera quanto il lato B delle Kardashian.

Sapete a quanti marchi siamo sottoposti in Occidente? All’incirca 50.000 al giorno. 50.000 loghi, marchi, pubblicità e simbologie che noi non abbiamo cercato. È una vera aggressione quella che subiamo. Questo è ciò che dice uno studio di sociologia dell’università di Boston (l’ironia delle ricerche). Come si può non avere un po’ di panico, ansia o ipocondria vivendo così? Chiudiamo occhi ed orecchie per un po’. Non ascoltiamo i vari allarmi fantasma che il nostro corpo invia. Non stiamo morendo. Il nostro problema è che non stiamo vivendo. Dopo questa clausura, quando ci sentiamo pronti, ascoltiamo i nostri bisogni. Ritorniamo al mondo. Iniziamo a ricercare informazioni di qualità. Più fonti per una notizia e soprattutto non leggete i titoli ma gli articoli. Certamente la battaglia continua ed è quotidiana, quindi, per evitare ricadute, troviamo qualcosa per cui valga la pena lottare. Perché è una lotta dura quella contro l’uomo allo specchio ma fuori dal ring c’è la vita. La vita vera, non social ma sociale. Non condivisioni ma condivisa.

“Don’t panic” immagine tratta dal film “Giuda Galattica per autostoppisti” ispirato all’omonimo libro di Douglas Adams – diretto da Garth Jennings

L’ipocondria ed il panico sono amichetti per la pelle, sono secondini di una prigione senza ossigeno. Tu hai le chiavi di quella prigione. Ed una volta che le userai sarai il direttore. In quelle gabbie ci saranno i tuoi mostri. Prenditene cura, controllali di tanto in tanto. Controlla lo scantinato della tua anima. Poi sali fino al tetto e balla, canta, piangi, ridi, VIVI.

Io tutto questo ancora non lo so fare ma ci sto lavorando. Lavorateci. E sarà un lavoro terribile, perché se così non fosse vuol dire che state sbagliando lavoro. Sarà un lavoro duro. Sarà pieno di nuove cadute, di lividi e ferite. Non vi dirò favole. Sarà peggio di continuare a vivere in gabbia. Ma a lavoro finito quanto ci piacerà il nostro volto? Il nostro vero volto! Quello così ammaccato da essere meraviglia. Non lo so. Ce lo diremo alla fine quanto siamo belli e forti. Un uomo più saggio di me disse: “Ho odiato ogni minuto di allenamento, ma mi dicevo: “Non rinunciare. Soffri ora e vivi il resto della vita come un campione!” (Cassius Marcellus Clay Jr. Muhammad Ali).

P.S. Ringrazio vivamente una persona per me molto speciale, Gianmarco, che mi ha ispirata ed aiutata a scrivere questo articolo, nella speranza (da parte di entrambi) di aiutare un po’ tutti.

Giulia Greco

Unime-Mons: la firma della convenzione

Questa mattina, in Aula Senato, si è svolta la conferenza stampa in cui è stato ufficializzato l’accordo tra l’Università di Mons e l’Università degli Studi di Messina.
Il lavoro, iniziato a luglio proprio in Belgio, è terminato con la firma sul contratto da parte del Rettore Prof. Pietro Navarra e del Rettore dell’Università di Mons, Calogero Conti.

Presente all’incontro anche una delegazione belga e l’ex Primo Ministro Elio Di Rupo, Presidente del partito socialista.

A fare gli onori di casa, in apertura, il Magnifico Rettore Navarra: “Ho il piacere di avere presenti l’On. Di Rupo ed il Rettore Calogero Conti. Abbiamo intrapreso un percorso importante, che ha portato alla stipula di importanti accordi”. Mobilità internazionale di studenti e docenti, condivisione della ricerca scientifica e realizzazione di attività congiunte: questi i punti salienti dell’accordo.

Successivamente è intervenuto l’On. Di Rupo, ricordando le proprie origini italiane, ed elogiando la collaborazione dell’Ateneo messinese: “Ho il piacere di vedere i contatti tra le Università che collaborano, è bello condividere il potenziale intellettuale. Volevo inoltre ringraziare il Rettore e i Professori per il riconoscimento del lavoro e delle mie origini: il mio sangue è italiano, mi fa molto piacere essere qui”.

In conclusione, è intervenuto Calogero Conti, Rettore dell’Università di Mons: “Voglio ringraziare il Rettore e l’Università per l’accoglienza. Sono felice delle firma alla convenzione tra le nostre università, l’allargamento della dimensione internazionale è indispensabile, così come lo è nella ricerca”.

In conclusione, è arrivata la firma alla convenzione.
Nello specifico, le aree interessate sono: area medica, biotecnologie, chimica, farmacia, psicologia e scienze della formazione.

Alessio Micalizzi