Messina nel 1780: il quartiere “I Banchi”

Ritorna l’appuntamento dedicato al viaggio nella Messina del 1780. L’architetto Giannone oggi ci accompagna nel quartiere “I Banchi”.

 Il quartiere

Il nome deriva dai negozi e dalle attività commerciali che prosperavano nella strada prospicente il porto, quella che dopo il 1783 assunse il nome di via Ferdinandea e successivamente via Garibaldi. Il tratto della banchina era denominato “Piano della Dogana Vecchia”: in questo luogo il molo si allargava creando un piazzale che all’epoca delle fortificazioni di Carlo V, ospitava, oltre alle attività doganali, diversi fondaci e la forca.

Nel 1554 su decisione del viceré Juan de Vega, tutta l’area venne bonificata attraverso un mirato intervento urbanistico, che ebbe come apice la realizzazione della Fontana di Nettuno. La costruzione della Palazzata del Gullì nel 1623 contribuì ad elevare ulteriormente la dignità dell’area.

Dopo il 1783 l’intero fronte portuale venne ricostruito secondo le linee neoclassiche del Minutoli, autore della nuova Palazzata e del Palazzo Municipale, distrutti nel 1908.

Mappa del quartiere “Banchi” – Fonte: “Messina nel 1789. Viaggio in una capitale scomparsa” ©Luciano Giannone, 2021

Fontana di Nettuno

Fu proprio l’ultima opera messinese di Giovannangelo Montorsoli che terminò la realizzazione del gruppo scultoreo, in appena un anno. La fontana si innalza su un grande basamento ottagonale composto da tre gradoni, con due lati opposti allungati lungo l’asse parallelo all’andamento della banchina e i lati obliqui incurvati al fine di generare un profilo ellittico, che consente di posizionare quattro vasche laterali esterne alla vasca principale, sulla quale sono appoggiate.

All’interno della vasca vediamo sorgere il basamento principale, sul quale sono raffigurate le armi asburgiche con il Toson d’oro e le colonne d’Ercole, oltrepassate dall’impero sul quale non tramontava mai il sole.
Agli angoli del basamento sono presenti quattro cavalli, mentre, sopra di esso sorge la statua del dio Nettuno: il progenitore della città è raffigurato in una posa plastica e imperturbabile, mentre al di sotto troviamo i mostri marini di tradizione omerica, Scilla e Cariddi, responsabili dei vortici marini e della turbolenta natura del territorio.

Durante la rivolta antiborbonica del 1848 la statua di Scilla subì un danneggiamento dopo essere stata colpita da
una cannonata, venne realizzata una copia da parte di Letterio Subba e sostituita, mentre l’originale trovò collocazione presso il Museo Regionale. Nel 1887 anche il Nettuno venne sostituito da una copia eseguita da Gregorio Zappalà.
Nonostante la furia del sisma e del maremoto del 1908 la fontana non riportò danni considerevoli; nel corso
della nuova sistemazione urbanistica seguita alla ricostruzione della città essa venne spostata di circa 500
metri e posta presso la foce del torrente Boccetta, di fronte alla prefettura;

Messina nel 1780
La fontana del Nettuno in uno scatto di G. Welbatus 1880 ca – Fonte: “Messina nel 1780. Viaggio in una capitale scomparsa” ©Luciano Giannone, 2021
Fontana del Nettuno
La Fontana del Nettuno oggi – ©Silvia Molino, Messina 2022

Palazzo senatorio

Architetto della fabbrica fu il messinese Giacomo del Duca, allievo di Michelangelo, il quale era succeduto al Calamech come architetto della città nel 1589. Il suo progetto prevedeva la costruzione di un imponente prospetto a due piani, scandito da nove campate separate da due possenti paraste. Furono anche tamponate le aperture del piano terra e sostituite da grandi finestre inferriate.

Le aperture nel piano superiore presentavano altrettanti balconi e le paraste assumevano elementi di ordine ionico. Le fattezze dell’edificio possono essere descritte con discreta affidabilità grazie alla netta coincidenza dei numerosi disegni del prospetto, dei quali quelli con la maggiore dovizia di particolari sono le incisioni del Sicuro e di Pompeo Schiantarelli.

Divenne consuetudine, data l’importanza assunta dall’edificio, che le riunioni del senato dovevano tenersi al suo interno, prima della costruzione del nuovo edificio in Piazza Duomo.  A partire dal 1602, fu trasportato al suo interno anche il tesoro pubblico della Tavola Pecuniaria.

Francesco Sicuro, Palazzo Senatorio, in Vedute e prospetti della città di Messina, 1768 – Fonte: ©Luciano Giannone, 2021

Loggia dei mercanti

Di questa loggia non rimangono attendibili testimonianze grafiche, eccetto una desolante raffigurazione di Henry Tresham dell’area dell’attigua Porta appena dopo il sisma del 1783, nella quale sono visibili i suoi ruderi; resta però una completa descrizione effettuata da Gallo, che unita alla Pianta dell’Arena, che rappresenta la posizione dei pilastri, costituisce una solida base per ipotizzare i lineamenti dell’edificio:

“Essendo dunque questo Palazzo passato ad altro uso, si accomodò collaterale allo stesso in miglior forma altra bellissima Loggia per comodo dei Negozianti; essa viene la metà coverta sotto le volte sostenute da un alta, e grossa colonna di pietra fasciata, sù della quale, e di due gran pilastri laterali di ugual la-voro, si appoggiano due archi, che sostengono la fabbrica superiore. Resta essa tutta circondata da un bellissimo, e spazioso sedile di marmo serrato da tutte le parti con lungo filo di balaustri di ferro, ed in uno degli angoli li fa difesa una bellissima colonna di porfido di molto pregio. Si perfezionò questa Loggia nel 1627”.

Lo stesso autore rappresenta una lapide posta in corrispondenza della Loggia esaltante i commerci della città con i mercanti di tutto il mondo.
Nel 1753 fu apposto al di sopra di un fornice un medaglione marmoreo raffigurante il Duca Eustachio di Laviefuille, vicerè di Sicilia, opera di Giuseppe Buceti, oggi costudita presso i depositi del Museo e fino al 2002 collocata presso il Palazzo dell’INA.
Il terremoto del 1783 danneggiò gravemente la Loggia, le cui rovine rimasero visibili fino al 1810, quando vennero demolite per far posto al nuovo Palazzo Municipale.

Henry Tresham, The Devastation of the Earthquake at Messina, Sicily, particolare delle rovine della Loggia dei Mercanti, 1783 – Fonte: ©Luciano Giannone, 2021

Porta della Dogana Vecchia

Questa era una delle diciotto Porte della Palazzata doveva il suo nome all’antica dogana che sorgeva in prossimità della porta, prima che venisse demolita e sostituita, nel 1539, dalla Dogana Nuova; veniva altresì chiamata volgarmente Porta della Loggia o dei Cappellari.

Nonostante il progetto senza soluzione di continuità del Gullì, insieme alla gemella Porta dei Martoriati, la Porta della Dogana Vecchia era molto dissimile dalle altre porte della Palazzata.

Messina nel 1780
Ricostruzione della Porta della Dogana Vecchia e della Loggia dei Mercanti nel 1780 – Fonte: “Messina nel 1780. Viaggio in una capitale scomparsa” ©Luciano Giannone, 2021

Statua di Carlo III

Carlo III di Borbone conquistò il Regno di Sicilia nel 1735, sottraendola agli Asburgo d’Austria al culmine della Guerra di Successione polacca. Con l’incoronazione a Palermo divenne rex utriusque Siciliae, il 3 luglio dello stesso anno.

Il sovrano nel corso del suo regno si dimostrò benevolo nei confronti della città di Messina. Per manifestare la gratitudine nei confronti di quest’ultimo, il Senato messinese commissionò nel 1756 una statua allo scultore Giuseppe Buceti, sul modello di Giovan Giacomo Caffieri.

La scultura, alta undici palmi e mezzo, venne realizzata a Messina utilizzando il bronzo fuso dalla scultura di Carlo III d’Asburgo, il precedente monarca sconfitto nella guerra di successione. Il basamento marmoreo fu scolpito sul modello di un disegno di Luigi Vanvitelli e la statua venne posizionata di fronte al Palazzo Senatorio.
Il monumento venne distrutto durante i moti antiborbonici del 1848. Ricostruita nel 1858 su differente disegno da parte di Saro Zagari e posta sulla via Ferdinandea. Due anni più tardi, all’ingresso dell’esercito garibaldino in città, venne rimossa e trasportata prima nel cortile dell’Università, poi presso la filanda Mellinghoff, dove rimase fino al 1973, quando venne posizionata definitivamente presso Piazzale Cavallotti.

Messina nel 1780
La Statua di Carlo III oggi – ©Silvia Molino, Messina 2022

Alla prossima!

Terminata anche questa tappa, vi diamo appuntamento alla prossima puntata, in cui “visiteremo” il quartiere “San Giovanni”.

 

Marta Cloe Scuderi

Fonti:

Luciano Giannone, Messina nel 1780. Viaggio in una capitale scomparsa, Giambra Editori, Terme Vigliatore (ME), 2021.

 

Nuova ordinanza De Luca: i quattro punti per l’attraversamento dello Stretto

Che mi arrestino pure ma non permetterò più sbarchi incontrollati!

Questa è stata la dichiarazione del sindaco di Messina Cateno De Luca in diretta nazionale, nella trasmissione pomeriggio 5.

Il caso messinese è arrivato sotto i riflettori dopo il braccio di ferro fatto dal primo cittadino con i provvedimenti del governo nazionale in materia di spostamenti della popolazione.

Dopo una prima colluttazione avvenuta giorni fa con il prefetto, De Luca torna all’attacco, pronto a difendere il territorio cittadino e siciliano da un possibile incremento dei contagi che, sfortunatamente, il nostro sistema sanitario non reggerebbe.

Giornale di Sicilia

Dopo aver ordinato numerosi controlli al porto della nostra città e schierato la polizia municipale a vigilare l’area è giunto a emanare un’ordinanza in materia.

Si tratta della numero 333 del 24 marzo 2020.

L’ordinanza si apre con alcune considerazioni.

Afferma che nonostante i divieti disposti continuano a registrarsi cospicui spostamenti navali e ferroviari. Infatti nei controlli effettuati in data 23 marzo, su 23 veicoli, 6 di questi, per un totale di 10 persone risultavano non possedere una motivazione valida allo spostamento.

Chiarite le motivazioni, espone in quattro punti la nuova organizzazione in materia di spostamenti.

Il primo punto stabilisce l’obbligo, per il trasporto navale e ferroviario, di creare una banca dati nella quale dovranno essere inseriti i nominativi dei passeggeri, le ragioni dello spostamento, il luogo da raggiungere e l’indirizzo dove si intende trascorrere l’autoisolamento.

Nel secondo punto si afferma che è l’attività di prenotazione del titolo di viaggio dovrà essere fatta almeno 24 ore prima della partenza prevista. Il lasso di tempo serve a verificare i dati del viaggiatore (per la banca dati del primo punto) e per stabilire se dispone di valida motivazione per lo spostamento.

Il terzo punto dispone la necessità di condividere i dati raccolti con:

– alla Presidenza della Regione Siciliana

– il Comune di Messina

– il Comune di destinazione finale del viaggiatore

La finalità è quella di effettuare un monitoraggio efficace.

Il quarto punto invece riguarda i pendolari dello stretto, cioè quei viaggiatori in possesso di valide motivazioni per lo spostamento. A queste persone sarà attribuito un codice identificativo, dopo la registrazione iniziale, in modo da consentire il passaggio quotidiano sul territorio.

L’ordinanza si conclude rinnovando la presenza di controlli della polizia municipale nell’area del porto, in modo da garantire maggiore vigilanza e sicurezza.

 

Angela Cucinotta

“VOS ET IPSAM CIVITATEM BENEDICIMUS”: tra tradizione, religione, storia e curiosità

IMG_3127Giungendo via mare a Messina, la prima cosa che si nota è la stele della Madonna della Lettera; chi si trova in città, volgendo lo sguardo verso il mare, non può che notare la stessa stele: essa è ormai uno dei simboli più apprezzati e fotografati della città peloritana. Situata all’entrata del porto, la stele ha in cima la statua bronzea della Protettrice di Messina, mentre sul basamento si trova la celebre frase “Vos et ipsam civitatem benedicimus”. Non tutti sanno che dietro queste poche parole vi è una storia molto affascinante.

Per raccontarla bisogna tornare indietro al I secolo d.C. e precisamente all’anno 42. Secondo un’antica tradizione, in quell’anno San Paolo, durante il suo viaggio verso Roma, fece una sosta a Messina, dove raccontò della vita e delle opere di Gesù. Fu così che un nutrito gruppo di messinesi si convertì al Cristianesimo e inviò subito dei rappresentanti a visitare i luoghi del Salvatore e a rendere omaggio a Sua Madre, ancora vivente in Terra Santa. L’incontro con Maria avvenne il 3 giugno a Gerusalemme: Ella accolse con piacere i messinesi, felice per la loro conversione e scrisse per l’intera popolazione una lettera in ebraico, arrotolata e legata con una Sua ciocca di capelli (ancora oggi custoditi presso il Duomo di Messina). L’8 settembre i delegati fecero ritorno in città, festanti, con la preziosa missiva.

Proprio alla fine di questa lettera si sarebbe trovata la famosa frase (“Vos et ipsam civitatem benedicimus”) che sancisce la benedizione perpetua di Maria su Messina, nonché il forte legame che da allora unisce la città dello Stretto e Colei che ne è divenuta la Protettrice, con l’appellativo di Madonna della Lettera.

Si dice che la lettera originale sia stata subito nascosta dai messinesi, per tenerla al riparo dalle persecuzioni che in quegli anni colpirono i cristiani. Successivamente, però, andò distrutta, probabilmente in un incendio o in uno dei tanti terremoti che hanno colpito la città. Ciò ovviamente non ha scalfito il culto mariano, che continua ad essere celebrato il 3 giugno con una grande processione.

Negli anni 30, poi, fu costruita, all’ingresso del porto, la stele con la statua in bronzo dorato della Madonna, rivolta verso la città, a protezione della stessa e di chi vi giunge via mare. Il monumento fu inaugurato nel 1934 ed illuminato con un particolare meccanismo: il pontefice Pio XI azionò direttamente da Roma il congegno messo a punto da Guglielmo Marconi, con il quale si accesero le luci che illuminarono la stele, l’iscrizione e l’aureola della Madonna.

Infine, vi è da sapere che il culto della Madonna della Lettera si è diffuso nel tempo in varie zone della Sicilia e della Calabria. In particolare, proprio in una cittadina calabrese, Palmi, tale culto è molto forte, così come forte è il legame con lo stesso culto messinese. Ci è stato tramandato infatti che nel 1575 una terribile pestilenza si abbatté sulla città peloritana; l’epidemia, proveniente da Oriente, dopo la battaglia di Lepanto (1571), fece decine di migliaia di vittime. I palmesi mandarono aiuti (soprattutto generi alimentari) a Messina e accolsero quanti fuggivano da essa. Una volta finita l’emergenza, i messinesi vollero sdebitarsi e inviarono a Palmi uno dei capelli della Vergine. Da quel momento anche nella cittadina calabrese cominciò ad essere venerata Maria con l’appellativo di Madonna della Lettera.

Curioso sapere, poi, che sia a Messina che a Palmi, ad agosto, si tiene la “Vara” (o “Varia” per i palmesi): una festa popolare-religiosa, durante la quale viene portato in processione un maestoso carro raffigurante l’Assunzione in Cielo di Maria. La differenza, però, tra Messina e Palmi non sta solo in quella “i” in più: infatti, a Messina i figuranti sono di cartapesta (fino a metà Ottocento erano bambini, ma si preferì sostituirli con delle statue dopo vari incidenti più o meno gravi); a Palmi, invece, i figuranti (la Madonna, il Padreterno, gli Angeli e gli Apostoli) sono umani. Ad ogni modo questa festa, ogni anno, attrae migliaia di fedeli e non, provenienti da tutta Italia; addirittura la Varia di Palmi nel 2013 è stata inserita nel Patrimonio orale e immateriale dell’umanità dell’UNESCO. Poco male per una festa le cui origini più remote sono rigorosamente made in Messina!

Francesca Giofrè