A Classic Horror Story: tra horror e realismo

Un classico horror non banale che va a scovare gli orrori della società – Voto UVM: 5/5

Come ormai sapete, noi di UVM, abbiamo partecipato al 67esimo Taormina Film Fest, un onore per tutti noi, un’esperienza che ha dato maggiore prestigio alla nostra redazione.

Tra i tanti film presentati durante la rassegna, vi è stato A Classic Horror Story, primo film horror prodotto da Netflix proiettato al quarto festival più antico al mondo. Insomma, un privilegio: è sempre bello essere tra i primi, ma soprattutto essere ricordati per aver assisitito alla premiere di un film non banale – anzi- pieno di colpi di scena e di suspence, che l’hanno reso ancora più memorabile.

I tre redattori di UVM assieme alla protagonista Matilda Lutz.

Ma di cosa parla il film? Chi fa parte del cast? Chi sono i registi? Non preoccupatevi, tra un po’ le vostre domande avranno una risposta.

A Classic Horror Story (2021)

Il 14 Luglio, uscirà sulla piattaforma streaming Netflix “A Classic Horror Story”, pellicola di genere horror – come si deduce dal titolo. 

Cari lettori, parto dicendo che l’horror è il mio genere preferito e da un paio di anni non è stato prodotto un horror (fatta qualche eccezione) che mi abbia soddisfatto appieno, ma questa perla firmata Netflix, ha sodisfatto appieno le mie aspettative. Dietro la cinepresa troviamo ben due cineasti, i loro nomi sono Roberto De Feo e Paolo Strippoli, due giovani registi che con la loro arte e simpatia sono arrivati a raggiungere un traguardo che in pochi possono vantare-difatti l’ultima notte del festival di Taormina, i due sono stati premiati per la miglior regiaportandosi a casa l’ambito Toro d’Oro.

Roberto De Feo e Paolo Strippoli, alla prima di ” A Classic Horror Story” . © Alessia Orsa

Il cast, è già noto al pubblico: Matilda Anna Ingrid Lutz, Francesco Russo, Peppino Mazzotta, Will Merrick (II), Yuliia Sobol.

La bellissima Matilda, protagonista della fortunata pellicola, interpreta la giovane e sfortunata Elisa che è in viaggio con un gruppo formato da un medico, una giovane coppia e l’organizzatore della spedizione.

Il film è ambientato in Calabria (terra dell’antica Magna Grecia), ma girato interamente in Puglia. Tornando alla trama, lo sfortunato gruppo, durante la guida, per non colpire la carcassa di un animale morto, perde il controllo del mezzo e si schianta contro un albero; da lì in poi il film si farà più cupo e il telespettatore percepisce ansia e paura per il gruppo.

Cari lettori mi fermo qui, non voglio dilungarmi troppo: dovrete attendere il 14 e toccherà a voi giudicare il film o semplicemente gustarvi la pellicola.

Musica

Un punto fondamentale di questo horror, è la musica: in fondo quest’ultima dà un tocco in più alle opere cinematografiche.

Il film si apre e si chiude con la voce di Gino Paoli  nella canzone Il cielo in una stanza, una delle canzoni più belle del panorama musicale italiano. Durante tutta la durata della pellicola, la musica si fa inquietante creando tensione e ansia nel telespettatore: i due registi hanno giocato bene le loro carte anche musicalmente.

Tematiche

Il film oltre ad incarnare il classico horror, è riuscito a ritrarre bene anche la nostra società attuale. I due temi principali sono quello della mafia e della pornografia del dolore. Il primo è un morbo che soffoca la nostra terra, in cui l’omertà è legge; il film è riuscito in modo ironico a “schiaffeggiare” questo morbo, mostrandoci come essa sia il vero horror.

I due registi durante la conferenza stampa hanno dichiarato che loro stessi hanno voluto trattare il tema della mafia e non Netflix. Il film si pone quasi come una presa in giro verso la ndrangheta e gli stessi De Feo e Strippoli hanno ammesso di essere stati costretti  nominare la Calabria per ragioni «folkloristiche», ma in fondo l’Italia in generale viene associata all’estero con la mafia. Insomma, i soliti cliché, che, anzichè sconfiggere la mafia, ne fanno una «glorificazione» che la rende ancora più grande.

“A Classic Horror Story”: locandina. Fonte: Netflix

Altro tema centrale è la pornografia del dolore, che è andata a fortificarsi con l’avvento dei social. I due registi sono riusciti in modo sublime e con sarcasmo a descrivere questa tematica che oramai attanaglia tutti noi. Per chi non lo sapesse, la pornografia del dolore è quella tendenza di trarre godimento dal dolore altrui e rimanere inermi, ma pronti a documentare il tutto con il proprio cellulare, pronti a condividerlo nelle proprie storie e bacheche.

Forse i due registi hanno voluto dire che ormai è la nostra società ad essere diventata “un classico horror” e non solo le opere cinematografiche e letterarie di questo genere. Un horror che va a rompere la patina di un mondo che vive di immagine, rappresentazione e in cui l’empatia pian piano viene dimenticata.

 

                                                                                                                  Alessia Orsa