Arrestato a Malpensa truffatore ricercato in tutto il mondo

La polizia di Milano ha arrestato all’aeroporto di Malpensa un uomo italo-australiano di quarantatré anni, ricercato a livello internazionale da oltre tre anni, subito dopo il suo arrivo su un volo proveniente da Singapore. L’uomo sfuggito alla giustizia per un lungo periodo, si trovava sotto il mirino delle autorità di diversi paesi, che avevano emesso un mandato di arresto internazionale per il suo coinvolgimento in attività criminali di rilevante portata.

Le accuse

Il mandato di arresto, emesso da una corte distrettuale del North Carolina, accusava l’uomo di far parte di un’organizzazione criminale transnazionale dedita alla frode telematica, al riciclaggio di denaro e alla compromissione di sistemi elettronici.

Secondo le indagini, l’uomo avrebbe avuto un ruolo fondamentale in una rete che ha sfruttato sofisticate tecniche informatiche per compiere attacchi mirati a danneggiare sistemi di pagamento e reti bancarie. E sarebbe riuscito così a generare profitti illeciti per un ammontare che si aggira intorno ai 31 milioni di dollari, ovvero circa 28,5 milioni di euro.

Il momento dell’arresto

Le autorità statunitensi, in collaborazione con quelle europee, avevano intensificato le ricerche in tutto il mondo per rintracciare il fuggitivo. Fondamentale l’aiuto di una cooperazione internazionale che ha permesso di seguire le sue tracce fino al momento dell’arresto. L’operazione ha avuto luogo in un momento particolarmente delicato,  il sospettato stava cercando di rientrare in Europa, probabilmente per sfuggire ulteriori indagini o per pianificare nuove attività illecite.

Al momento del suo arresto, l’uomo, oltre a essere in possesso di una documentazione che confermava la sua identità e i legami con il crimine transnazionale, aveva con sé diverse migliaia di euro in contante. ( Un fatto che ha sollevato ulteriori sospetti circa la provenienza illecita dei fondi.)

Inoltre, gli agenti hanno trovato alcuni dispositivi informatici, che potrebbero contenere prove fondamentali per il proseguimento delle indagini, carte di credito che non erano registrate a suo nome e due orologi di straordinario valore, il cui possesso potrebbe essere legato a guadagni illeciti derivanti dalle attività criminali di cui è accusato.

Attualmente, il quarantatreenne si trova recluso nel carcere di Busto Arsizio, a disposizione delle autorità italiane. È in attesa che vengano completate tutte le formalità legate al suo processo di estradizione verso gli Stati Uniti, dove dovrà rispondere delle accuse mosse nei suoi confronti. Le forze dell’ordine italiane stanno collaborando strettamente con gli investigatori statunitensi per assicurarsi che l’estradizione avvenga senza intoppi e che il sospettato venga messo nelle mani della giustizia americana per affrontare il suo processo.

Ruolo decisivo: la sinergia tra le agenzie investigative

Questa operazione di polizia non rappresenta un caso isolato, ma fa parte di una strategia più ampia di collaborazione internazionale tra le forze dell’ordine, in particolare per quanto riguarda la lotta contro il crimine informatico. Già lo scorso luglio, grazie a questa stessa rete di cooperazione, un altro cyber-criminale latitante  era stato arrestato in Italia. Questo evidenzia quanto sia fondamentale la sinergia tra le agenzie investigative, con la Polizia di Stato italiana e l’FBI che hanno intensificato le loro attività congiunte per smantellare organizzazioni criminali globali.

fonte : Flickr

Il successo di queste operazioni è frutto di una cooperazione strutturata che si è ulteriormente rafforzata negli ultimi anni. Il personale specializzato delle due agenzie è ormai accreditato presso le rispettive sedi centrali, lavorando a stretto contatto per contrastare i crimini informatici e le frodi finanziarie che attraversano i confini nazionali. Grazie a questo scambio di informazioni, competenze e risorse, le indagini possono essere più rapide ed efficaci. E permettono alle forze dell’ordine di intervenire con tempestività in situazioni di alta complessità, come quella in cui si trovava il quarantatreenne arrestato.

L’arresto dell’uomo rappresenta una vittoria significativa per le forze dell’ordine, non solo perché interrompe il flusso di denaro illecito, ma anche perché dimostra la crescente capacità delle autorità di collaborare a livello internazionale per combattere i crimini informatici. I quali ,oggi, rappresentano una delle minacce più gravi per l’economia globale. Dunque il sospettato affronterà l’estradizione verso gli Stati Uniti, dove risponderà alle accuse in tribunale.

Caterina Martino

Francia, un poliziotto ha ucciso un 17enne. Parigi in rivolta

Nahel era un adolescente che lavorava come pizza-boy e giocava a rugby; frequentava un college vicino alla sua residenza, con l’obiettivo di diventare elettricista.

Non è solo un tema statunitense quello che ha portato migliaia di francesi in piazza per contestare le forze dell’ordine, dopo l’uccisione del 17enne di origini nord-africane Nahel M. La tragedia è avvenuta mercoledì mattina verso le 8 e 15, a Nanterre, un sobborgo ad ovest di Parigi. Il giovane è stato colpito da un proiettile all’altezza del cuore, sparato da un poliziotto di 38 anni, durante un controllo mentre era alla guida.

La prima versione fornita dai poliziotti parla di un colpo partito per legittima difesa, visto che Nahel stava per travolgerli con la Mercedes gialla di cui era alla guida. Questa versione è stata smentita da un video circolato molto in questi giorni, nel quale si vedono i due poliziotti impegnati in una discussione apparentemente animata con il 17enne, (visto che uno dei due gli punta un’arma da fuoco da distanza ravvicinata) e dal quale appare palese che i due non fossero nella traiettoria della macchina.

La contestazione per l’omicidio si è tramutata in violenza, in molte città francesi

Ieri pomeriggio a Nanterre si è svolta una marcia pacifica con a capo la madre di Nahel, con l’obiettivo di ottenere giustizia. Tuttavia, questo episodio ha riportato a galla il difficile e conflittuale rapporto che c’è tra le forze dell’ordine francesi e gli abitanti delle periferie, che si sentono segretati dai prosperi centri urbani del Paese. L’avvocato della madre di Nahel, Yassine Bouzrou, ai microfoni della BBC ha denunciato la presenza di un sistema giudiziario e di una legge che protegge i poliziotti e che crea una cultura di impunità. A proposito di questa legge si è pronunciato il vice segretario generale del sindacato di Unsad-police, Thierry Clair, il quale ha sottolineato che sarà un’indagine a stabilire se l’uso dell’arma da fuoco sia stato legittimo o meno:

In alcuni casi, le forze dell’ordine sono legittimate all’uso delle armi. Una scriminante è il principio di proporzionalità tra il pericolo reale e la reazione delle forze dell’ordine. La fattispecie che ha portato all’incidente, ovvero un fermo di un veicolo con il conducente che si rifiuta di collaborare con gli agenti e che parte con il mezzo, rientrerebbe tra le situazioni in cui l’uso delle armi è legittimo.

Nel frattempo, il poliziotto che ha premuto il grilletto è stato accusato di omicidio volontario e posto in detenzione provvisoria nella capitale. La scorsa notte, molte città francesi sono piombate nel caos con un totale di 667 arresti, 307 dei quali si è verificato nella regione di Parigi, dove è avvenuta la tregedia.

L’Onu: la Francia affronti il razzismo nelle forze dell’ordine

Sulla questione si è pronunciata Ravina Shamdasani, portavoce dell’ufficio dell’alto commissario delle nazioni unite per i diritti umani, che durante la regolare conferenza stampa delle Nazioni Unite a Ginevra ha sottolineato l’importanza di questo momento perchè concede l’opportunità di affrontare seriamente il problema del razzismo e della discriminazione razziale tra le forze dell’ordine. Nel frattempo, il Presidente della Repubblica francese Macron ha affermato di essere pronto ad adottare misure di polizia “senza taboo” per contrastare gli attuali disordini civili.

Giuseppe Calì

Aggressione della polizia ad una donna, la Procura di Milano apre le indagini

Si è verificata un’aggressione da parte di tre poliziotti nella città di Milano, nei confronti di una donna transgender di origine brasiliana. Un residente in zona Bocconi ha filmato la scena in cui si vedono gli agenti di polizia attaccare la donna con dei manganelli.

La vicenda

Il tutto sarebbe iniziato nei pressi di una scuola in via Giacosa, alcuni genitori avrebbero segnalato la presenza di una donna molesta, che si denudava in mezzo alla strada, urlando con fare minaccioso frasi senza senso.

Gli agenti di polizia sono intervenuti ma la donna avrebbe finto di svenire, per poi aggredire uno di loro con un calcio ed infine avrebbe tentato la fuga. Come si evince dal video, diventato virale, ma che mostra solo una parte della vicenda, gli agenti l’hanno colpita alla testa con un manganello, presa a calci e spruzzato sul volto dello spray al peperoncino – nonostante fosse disarmata e non opponesse resistenza – una volta immobilizzata, è stata ammanettata.

La risposta di Beppe Sala

In molti hanno chiesto all’attuale sindaco di Milano, Beppe Sala in che modo sarebbe intervenuto.

“Per potere formalmente intervenire è necessario che la polizia locale faccia una relazione, nelle more di questa relazione i vigili in questione sono stati messi in servizi interni”. Ha altresì definito quanto accaduto “un fatto veramente grave”

Vladimir Luxuria, prima parlamentare trans in Italia. Fonte: Il Giornale d’Italia

“Sono riuscito a vedere quel video una sola volta perché c’è una persona seduta a terra e inerme, che non stava minacciando nessuno, presa a calci, colpita, trascinata e immobilizzata non da bulli di quartiere, ma da uomini che indossano la divisa della polizia municipale a Milano. Queste persone non meritano la divisa che indossano e mi auguro vengano immediatamente spogliate di quella divisa che offendono”

Luxuria ha invitato anche a “riflettere sul clima di odio che fomenta una certa politica che, in maniera ossessiva, parla di minaccia dell’ideologia gender. Queste sono purtroppo le conseguenze di un clima di transfobia e violenza da condannare senza se e senza ma”.

Anche la deputata di “Alleanza Verdi Sinistra” Ilaria Cucchi si dice pronta a far luce sull’accaduto

 “Intendo andare fino in fondo su questa vicenda, finché non saranno chiarite tutte le dinamiche e sul caso presenterò una interrogazione”

Fabrizio Marrazzo, portavoce Partito Gay LGBT+, Solidale, Ambientalista, Liberale.

Fonte: Il Riformista

“Inaccettabile l’aggressione della polizia ad una donna trans a Milano, oggi in zona Bocconi, come vediamo nelle riprese la donna era inerte e la polizia la manganellava senza motivo. Chiediamo al Ministro Piantedosi una immediata verifica dei fatti e la sospensione immediata degli agenti che hanno aggredito. Quanto accaduto ad una settimana dalla giornata mondiale contro l’omobistransfobia, mostra l’urgenza di una legge che ci tuteli e punisca con aggravante anche le forze dell’ordine che si macchiano di tali reati”

Non tutti hanno mostrato vicinanza agli agenti di polizia, eccezion fatta per il deputato di Fratelli d’Italia Stefano Maullu

“Desidero esprimere piena solidarietà ai vigili che hanno fatto il loro dovere, evitando che quella persona potesse dare seguito alle minacce ai bambini di una scuola milanese”

Ultimi sviluppi

A seguito di accertamenti, la Procura di Milano ha smentito la Polizia Locale – la donna non avrebbe infastidito i bambini, si trattava solo di schiamazzi – apre un’indagine contro ignoti per lesioni aggravate da abuso di funzione pubblica.

Gabriella Pino

La Polizia fa dei controlli in una scuola di Piazza Armerina, a causa di un dibattito sulla cannabis

Nell’istituto Majorana-Cascino di Piazza Armerina (provincia di Enna), si stava svolgendo un dibattito sulla legalizzazione della marjuana, tenuto da Meglio Legale, un organizzazione che ha come obiettivo la legalizzazione della cannabis e la decriminalizzazione dell’uso delle altre sostanze”, per mezzo di “lotte politiche e iniziative civili per superare l’approccio repressivo sulla gestione di questo fenomeno, e per ottenere un cambiamento culturale e normativocome espresso dal loro sito.

Gli alunni seguivano il dibattito nelle proprie aule, tramite un collegamento da remoto, con il relatore Pierluigi Gagliardi, quando, circa alle ore 9.40 dei poliziotti vestiti in abiti civili sono entrati nell’istituto chiedendo di poter parlare con la preside.

La dirigente, Lidia Gangi, non trovandosi in loco ha avuto modo di chiarire telefonicamente con l’ispettore, il quale chiedeva conferma dell’autorizzazione del dibattito, avendo ricevuto una segnalazione proveniente da Enna. Tuttavia, nonostante le delucidazioni, i poliziotti hanno identificato i quattro rappresentanti, due dei quali minorenni, che seguivano l’incontro in una sala separata.

“L’assemblea congiunta  è stata richiesta dai rappresentanti di classe sulla base di programmazione con la consulta provinciale e ha visto la partecipazione, attraverso piattaforme meet, degli alunni collegati dalle singole classi e del rappresentante dell’associazione ‘Meglio Legale’, Pierluigi Gagliardi, che ha presentato agli studenti un quadro normativo chiarendo subito che l’obiettivo dell’associazione è quello di argomentare tesi circa l’auspicato utilizzo legale della cannabis per contrastare i fenomeni di criminalità connessi con lo spaccio clandestino“. Ha dichiarato la dirigente.

Nessuna volontà di incentivare il consumo e tutto svolto nelle regole, ma le forze dell’ordine hanno identificato i rappresentanti, senza apparente motivazione.

 

La questura smentisce

pattuglia di polizia fonte: Il fatto quotidiano

Non c’è stata formale identificazione” afferma la Questura di Enna, dando la sua versione dell’accaduto.
Nel resto del comunicato si legge: “Gli agenti in abiti civili hanno preso contatti con i responsabili dell’istituto superiore, e l’assemblea non è stata interrotta e/o ritardata – e poi ancora – Qualsiasi attività condotta presso l’istituto scolastico comunque non avrà alcun seguito“.

Dunque, secondo la Questura parte di quanto riportato non sarebbe accaduto o non, quantomeno, nelle modalità raccontate.

 

Per Meglio legale si tratta di un atto intimidatorio

Fonte: Informazione.it

Antonella Soldocoordinatrice di Meglio Legale e responsabile dell’organizzazione di incontri di informazione nelle scuole superiori e nelle università, esprime preoccupazione ma anche la volontà di andare in fondo alla vicenda:

“Il tema della legalizzazione della cannabis è all’ordine del giorno nel dibattito pubblico e istituzionale, se n’è discusso anche nelle aule parlamentari. Le assemblee di istituto sono un diritto garantito degli studenti, offrono la possibilità di approfondire temi d’interesse generale: l’irruzione si configura come un pericoloso atto intimidatorio nei confronti di ragazzi – molti dei quali minori – che nella serenità delle aule scolastiche si sono visti arrivare gli agenti di polizia. Non si capisce quale possa essere l’imputazione che ha spinto la questura di Enna a mandare il controllo. Andremo fino in fondo per capire cosa è successo”

Nell’ultimo anno, sono cento gli incontri tenuti dall’organizzazione per informare la cittadinanza sull’impatto che la legalizzazione avrebbe per la ricerca, per l’economia, per la giustizia, la salute pubblica, la sicurezza, la lotta alla mafia e ovviamente per le libertà individuali.
Tutte tematiche che riguardano la cosa pubblica e le scuole, che sono il luogo perfetto in cui formare i cittadini di domani che eserciteranno il diritto di voto (in modo consapevole).

Il fatto che questa vicenda si sia verificata in un plesso scolastico potrebbe far scaturire una riflessione, che ci porterebbe a quesiti preoccupanti: con questo esecutivo, è in pericolo la libertà di opinione?

Un accanimento verificatosi anche durante l’ultima fiera della canapa

fiera della canapa nel 2019 fonte: La nuova ecologia

Non è la prima volta che l’attuale governo cerca di ostacolare manifestazioni legate al dibattito sulla legalizzazione della cannabis. L’ultima edizione di Canapa Mundi (la fiera internazionale della canapa) svoltasi a Roma , è stata oggetto di un dispiegamento dalle forze dell’ordine invasivo con un evidente eccesso di mezzi e risorse impiegate. Si sono anche verificati sequestri di merce nei confronti di specifiche aziende (Radici Farm), nonostante l’analisi dei campioni verificatasi il giorno precedente avesse dato un risultato negativo.

Si tratta di un atteggiamento evidentemente discriminatorio verso un’industria che ha 12mila impiegati e che difficilmente si verificherebbe in altri settori.

 

 

Giuseppe Calì

La Sapienza, caricati dalla polizia gli studenti in protesta: le risposte delle istituzioni

Martedì, mentre a Montecitorio si votava la fiducia al governo di nuova formazione con a capo Giorgia Meloni, nei pressi dell’Università La Sapienza di Roma, degli studenti sono stati caricati e manganellati dalla polizia durante una protesta.

Le ragioni della manifestazione riconducevano ad un convegno organizzato da Azione Universitaria (sigla degli studenti di destra) presso la facoltà di Scienze Politiche, che ha visto la partecipazione di alcuni esponenti di Fratelli d’Italia (quale il deputato Fabio Roscani) ed il giornalista Daniele Capezzone. Il tema del convegno era intitolato al “Capitalismo, il profilo nascosto del sistema” ed aveva ricevuto la regolare autorizzazione da parte dell’Università.

La manifestazione e l’intervento delle forze armate

La sera prima, alcuni studenti appartenenti ai collettivi studenteschi hanno annunciato che si sarebbe tenuta una manifestazione per esprimere il proprio dissenso nei confronti del convegno che, secondo quanto lamentato, non sarebbe stata un’occasione di dibattito in quanto carente del contraddittorio. Tra i relatori, oltre ai diversi esponenti di Azione Universitaria, due docenti rispettivamente di Sociologia e di Politica Economica. Inoltre, l’accaduto si è svolto in piena campagna elettorale: infatti, alla Sapienza si voterà nei giorni tra il 7 e l’11 novembre.

Alla manifestazione è stata registrata la presenza di una cinquantina di giovani, alcuni dei quali hanno esposto uno striscione che recitava “Fuori i fascisti dalla Sapienza”. Sarebbe anche stato riportato il tentativo di alcuni dei partecipanti di accedere all’evento, ma le forze dell’ordine avrebbero provveduto al contenimento con delle cariche di alleggerimento. Tuttavia, su questo punto – riporta il Fatto Quotidianola Facoltà un quarto d’ora prima del convegno sarebbe stata letteralmente blindata e le porte d’accesso sarebbero state chiuse anche attraverso le inferriate esterne, impedendo l’accesso dei manifestanti.

Un manifestante, identificato dalla polizia, avrebbe brandito un’asta contro gli agenti ed al momento la sua posizione rimane sotto esame.

(Immagini dello scontro registrate durante la protesta. Fonte: ansa.it)

La risposta di Sapienza non si è fatta attendere. Cancelli sbarrati, cordone di polizia, cariche e fermi, questa la risposta alla mobilitazione degli studenti nella giornata in cui viene organizzato un convegno alla presenza di rappresentanti del governo con una contestazione degli studenti.

Questo quanto affermato dal Fronte della Gioventù Comunista. E continua:

L’atteggiamento dell’amministrazione è a dir poco vergognoso: in un’università in cui mancano spazi, con tasse sempre più alte e barriere economiche per gli studenti degli strati popolari, Sapienza pensa ad organizzare convegni con esponenti di governo, pro-vita e antiabortisti. Un’università che manganella gli studenti e srotola il tappeto rosso ai reazionari è un’università che si schiera apertamente a favore della repressione e della reazione. È evidente che per l’amministrazione attuale, che non si è risparmiata neanche di fare i complimenti a Giorgia Meloni per la sua elezione, queste siano le priorità. Inammissibile e vergognoso: Sapienza condanni immediatamente ciò che è successo.

Le parole delle istituzioni

A commentare l’accaduto anche la rettrice Antonella Polimeni:

L’Università deve essere un luogo in cui si studia, si cresce, in cui bisogna incontrarsi e confrontarsi, ma non scontrarsi fisicamente. Condanniamo ogni forma di violenza e garantiamo, ad ogni individuo che agisca secondo i Principi costituzionali, il diritto a manifestare liberamente le proprie opinioni nel rispetto della pluralità delle idee.

Il Dipartimento di Scienze Politiche della Sapienza, in un comunicato, ha invece condannato l’utilizzo della forza pubblica all’interno dell’Università, sostenendo che dovrebbe essere limitata alle sole situazioni eccezionali ed auspicando la valorizzazione del dialogo come mezzo di risoluzione dei conflitti.

La Flc Cgil, organizzazione della Cgil che opera nel settore dell’istruzione, ha ritenuto inaccettabile la reazione della polizia ed ha richiesto chiarimenti circa l’accaduto a tutte le istituzioni. Secondo quanto affermato dalla rettrice, l’intervento delle Forze dell’Ordine è stato deciso e coordinato dal Dirigente del servizio predisposto dalla Questura di Roma.

E ritornando alla situazione in Parlamento, anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni è stata chiamata a rispondere degli avvenimenti di martedì, con pesanti critiche da parte del centrosinistra, tra cui la senatrice Ilaria Cucchi e il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, che ha commentato le immagini “da brividi”: «vedere manganelli e cariche contro gli studenti che dalle immagini appaiono indifesi mi preoccupa da cittadino e da professore universitario».

(La Presidente del Consiglio espone il discorso programmatico alle Camere. Fonte: ansa.it)

La Premier, che appena poche ore prima aveva sottolineato, all’interno del proprio discorso programmatico, l’importanza dell’entusiasmo e del coraggio dei giovani per risollevare il Paese, ha risposto direttamente alle critiche della senatrice Cucchi:

Io vengo dalla militanza giovanile, ho organizzato tantissime manifestazioni, e in tutta la mia vita non ho mai organizzato una manifestazione per impedire a qualcun altro di dire quello che voleva dire. Mai. Io ho organizzato manifestazioni per dire quello che io volevo dire. Quelli non erano manifestanti pacifici, erano manifestanti che facevano un picchetto per impedire che ragazzi che non pensano come loro potessero dire la loro.

Ad ogni modo, la Presidente non si è espressa nello specifico sull’intervento della polizia contro gli studenti.

A Roma dilagano le occupazioni

In seguito agli avvenimenti di martedì, le proteste sono dilagate sotto forma di occupazioni: dapprima il Liceo classico Albertelli che, oltre a condannare le cariche della polizia contro gli studenti, intende mandare un segnale a un «governo che si insedia con premesse pessime: Valditara, complice del taglio di 10 miliardi su scuola e università della Riforma Gelmini, come Ministro dell’Istruzione e l’aggiunta del concetto di “Merito” al Ministero sono punti di partenza sconcertanti».

Ieri il movimento Cambiare Rotta ha occupato il Dipartimento di Scienze politiche, dove gli studenti hanno inneggiato, tra le altre cose, anche alle dimissioni della rettrice Polimeni.

 

Quanto avvenuto negli ultimi giorni non può che suscitare perplessità in capo all’intera comunità studentesca, che adesso si ritrova spaccata dalle opinioni e strumentalizzazioni politiche della vicenda. Far venir meno uno dei più importanti pilastri del mondo studentesco, ovverosia che gli studenti indifesi non dovrebbero mai essere sfiorati dalle forze dell’ordine in qualsiasi contesto, significa togliere solidità alla base di interessi comuni che ci caratterizza, in quanto studenti, a prescindere dal colore politico. Sarebbe tuttavia necessario un impegno ad uno svolgimento del conflitto sociale – che di per sé non rappresenta una minaccia ai nostri valori democratici – ispirato al pluralismo delle idee (che è e rimarrà sempre un principio costituzionale indispensabile) ed al rispetto reciproco, in modo tale da favorire il soddisfacimento di quelle esigenze cui ciascun studente dovrebbe, individualmente e collettivamente, collaborare a raggiungere per sé e per gli altri.

Valeria Bonaccorso

In Francia proteste contro la nuova legge sulla sicurezza. Si riaccende la questione del razzismo della polizia

Negli ultimi giorni la Francia è stata sotto i riflettori. Manifestazioni e proteste contro la nuova proposta di legge sulla sicurezza, presentata dal partito di Macron, hanno messo a soqquadro strade e piazze riaprendo vecchie ferite, quelle causate dalla violenza e dal razzismo della polizia.

Che cosa prevede la legge contestata

Ad essere messo in questione in particolare l’articolo 24 che considera reato, punibile con 45.000 euro di ammenda e un anno di carcere, la diffusione di immagini di poliziotti in servizio che possano danneggiare la loro integrità fisica e psicologica. L’ intento del governo sarebbe quello di proteggere la polizia, divenuta spesso vittima di odio e di minacce sui social network.

Si tratta di una norma assolutamente non innocua che, secondo molti critici, rischia di ostacolare la libertà di stampa. Il sindacato nazionale dei giornalisti ha dichiarato con un post su Twitter:

Affermiamo che la violazione del diritto di informazione dei cittadini e della stampa è sproporzionata e che la legislazione esistente è ampiamente sufficiente per proteggere le forze dell’ordine da possibili attacchi a seguito della diffusione di immagini”.

Il timore più grande è che questa legge possa impedire la denuncia degli atti violenti e prevaricatori perpetrati spesso dagli organi della polizia. Fortemente sentito è dunque il rischio che queste azioni illegali, passando sotto silenzio, dilaghino sempre di più.

Contestati sono anche l’articolo 20, che aumenta la videosorveglianza e l’articolo 21, che legalizza l’uso dei droni per il controllo dell’ordine pubblico. Tutte le norme sembrano rientrare in una politica repressiva, giustificata, a detta di Macron, dalla necessità di tutelare la polizia contro il pericolo di insorgenza sociale, particolarmente elevato a causa della crisi pandemica.

Lo sgombro dei migranti e il pestaggio di Michel Zecler

La tensione, già tangibile, è stata portata all’esasperazione da due avvenimenti: lo sgombro dei migranti e il pestaggio di Michel Zecler.

Il 23 novembre dei profughi, circa un centinaio, accampatisi a Place de la Republique, a Parigi, per chiedere un alloggio, sono stati mandati via violentemente. Ad attestarlo vi è un video che, tra le tante cose, mostra un poliziotto fare lo sgambetto ad un migrante in fuga. Accusato il prefetto Didier Lallement, già criticato per alcuni eccessi durante le proteste dei gilet gialli.

Michel zecler – Fonte: ma7.sk

Il 21 novembre, il produttore discografico proprietario della società Black Gold Studios, Michel Zecler, è stato arrestato. Gli agenti della polizia hanno dichiarato di essere stati aggrediti e insultati dopo averlo fermato perché non indossava la mascherina. Un video, registrato dalle telecamere di videosorveglianza e diffuso qualche giorno dopo dal sito di informazione Loopsider, ha smentito le parole dei poliziotti: Michel Zecler è stato vittima di azioni brutali. Come mostrato dal filmato, l’uomo è stato picchiato con calci, botte e manganellate per 15 minuti nel suo studio di registrazione e poi portato in carcere. Ma non è tutto. Si tratta non solo di un caso di violenza ma anche di razzismo. Gli agenti della polizia si sono lasciati andare a pesanti insulti:

Sporco negro”.

Le proteste e gli scontri

 Di fronte a questi avvenimenti, il malcontento dell’opinione pubblica, già forte a causa della legge sulla sicurezza, non poteva non esplodere in manifestazioni e proteste.

A Parigi, come riportato dal Ministero degli Interni, 46000 persone hanno partecipato alla Marcia per la libertà, il corteo che ha avuto come centro Piazza della Bastiglia.  Secondo il giornale Le Monde la manifestazione è stata in gran parte pacifica, fatta eccezione per qualche episodio: alcuni dimostranti hanno dato fuoco a un chiosco, ad una caffetteria e alla facciata della Banque de France. In molti casi la polizia è stata costretta a ricorrere all’uso dei lacrimogeni.

Le proteste hanno avuto luogo anche a Strasburgo, Marsiglia, Lione e Bordeaux. In particolare, a Bordeaux sono stati incendiati diversi arredi urbani, mentre a Lione è stato segnalato il ferimento di un poliziotto e di alcuni manifestanti.

Il ministro degli Interni Gérald Darmanin ha condannato le violenze contro la polizia definendole inaccettabili. Duro anche il commento di Marine Le Pen, leader di Rassemblement national: “I francesi ne hanno abbastanza di queste immagini di saccheggi permanenti”.

La risposta del governo

Il governo ha tentato di correre ai ripari compiendo un passo indietro. Christophe Castaner, capogruppo all’Assemblea Nazionale di En Marche, il partito del presidente Emmanuel Macron, ha dichiarato che l’articolo 24, sebbene non venga eliminato, così come richiesto dai manifestanti, verrà tuttavia riscritto. L’ obiettivo da seguire, a detta di Castaner, è quello di coniugare il rafforzamento della sicurezza delle forze dell’ordine e la difesa del diritto fondamentale alla libera informazione.

Cristophe Castaner – Fonte: www.lejdd.fr

Più radicale la proposta dell’ex presidente Hollande: “Se oggi c’è una cosa da fare per salvare l’onore non è mantenere questo testo, ma ritirarlo”.

Il razzismo della polizia

La manovra del governo, sebbene temporaneamente possa allentare la tensione, tuttavia non risolve la grave questione sulla quale gli avvenimenti degli ultimi giorni fanno riflettere: il razzismo della polizia.

Proteste contro la morte di George Floyd – Fonte: www.ibtimes.co.uk

Qualche mese fa le piazze gremite urlavano a gran voce: “Black Lives Matter” in occasione dell’uccisione di George Floyd, afroamericano morto soffocato per mano dell’agente Derek Chauvin. Oggi anche la Francia ha il suo George. Il caso di Michel Zecler prova che il razzismo della polizia non è un fenomeno diffuso soltanto negli Stati Uniti, ma anche in Europa.

Tra l’altro, in Francia non è la prima volta che accade un caso del genere: risale al 2016 la morte di Adama Traorè, giovane che aveva tentato di fuggire ad un controllo di identità. Purtroppo, la Francia non è la sola. Nel 2015, Mitch Henriquez, un turista proveniente da Aruba, durante una rissa nata a un concerto a L’Aia, Paesi Bassi, venne immobilizzato a terra da un poliziotto e morì per asfissia. Ad Anderlecht durante il lockdown, Adil, diciannovenne di origini marocchine, è stato travolto da un’auto della polizia dopo aver tentato di sfuggire a un controllo di routine. Si indaga per omicidio colposo.

Molti gli avvenimenti che provano l’esistenza di un fenomeno di vasta portata, definito con il termine racial profiling, con cui si indicano tutte quelle azioni della polizia basate, non sul comportamento criminale, piuttosto sull’etnia o sulla nazionalità della persona. Uno studio del 2009 del Centre National de la Recherche Scientifique e Open Society Justice Initiative ha riportato che nelle stazioni di Parigi persone di origine africana vengono fermate per i controlli più frequentemente rispetto alle altre persone. Questo avviene anche in Belgio, dove i giovani di origine marocchina sono controllati dalla polizia tre volte di più del resto della popolazione. Preoccupanti anche i dati del report del 2018 “Being Black in the EU” dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali: tra gli intervistati, tutti persone di origine africana residenti nell’UE, il 24% nell’ultimo anno era stato sottoposto a controlli e, tra questi, il 44% aveva percepito il controllo come motivato da fattori razziali.

Chiara Vita

Non solo il caso Floyd. La police brutality e il sistema che protegge gli omicidi razziali in USA

In America la polizia usa metodi brutali: il caso di George Floyd soffocato con un ginocchio sul collo

L’America è il paese con il più alto tasso di carcerazioni al mondo, è anche possibile riscontrare tendenze estremamente repressive da parte delle forze dell’ordine statunitense, che vengono chiamate police brutality. La State Police[1] si è macchiata di innumerevoli casi di violenza, sia fisica che psicologica. La maggior parte della violenza è riservata alle comunità afroamericane e ispaniche della nazione. Una società ancora profondamente divisa a causa della discriminazione razziale e a pagarne le conseguenze sono le minoranze etniche. Negli USA le discriminazioni tra “neri” e “bianchi” è accentuata proprio dai comportamenti repressivi tenuti dalle forze dell’ordine. Sfruttano la loro posizione di potere – supportati dalla Constitution of the United States[2] che progressivamente rilascia sempre più libertà di agire alla Polizia – ha fatto insorgere dei veri e propri casi mediatici. Il governo Americano ha sempre portato avanti la scelta politica bipartisan[3] contro la repressione della criminalità. Il fenomeno è, oramai da anni, diventato un problema sociale. Il corporatismo e la mancanza di accountability [4] per gli agenti che commettono illegalità ha permesso il dilagarsi delle pratiche di violenza. La dimensione del fenomeno è preoccupante, secondo Fatal Encounters, nel 2018 la polizia statunitense ha ucciso 1810 persone. Ma la cosa che lascia più sconcerto è che nella maggior parte dei casi non vengono fatte delle indagini, ma si traducono in brevi sospensioni o in condanne per i poliziotti. Il rapporto annuale, intitolato “Crime in the United States”, presenta la voce “justifiable homicides[5] che indica tutti gli omicidi commessi dagli agenti per “legittima difesa”. In contrapposizione a questa politica omertosa sono nati i siti come FE, che svolgono un’analisi accurata delle vittime per mano della polizia di stato, dove i casi vengono suddivisi per razza (distinzione che non viene svolta nei rapporti ufficiali) e i dati sono: 649 bianchi e 1.040 fanno parte delle minoranze etniche e 630 di origini ignote. Da quanto appena letto, si può evincere che il sistema protegge queste tendenze omicide.

Il caso della polizia di Minneapolis

 Per quel che riguarda caso Floyd, secondo la ricostruzione svolta dai testimoni, gli agenti sono arrivati sul posto dopo essere stati avvisati della presenza di un uomo che sembrava sotto effetti di stupefacenti. L’uomo ha opposto resistenza e i poliziotti, cercando di ammanettarlo, lo hanno bloccato premendo sul collo con il ginocchio. Nel video fatto dai passanti, si sente l’uomo per terra dire Per favore, non riesco a respirare. Quando arriva l’ambulanza è troppo tardi, Floyd George muore poche ore dopo in ospedale. Medaria Arradondo, il capo della polizia di Minneapolis ha affermato: «Abbiamo chiaramente messo in atto pratiche che servono a mettere in custodia una persona.» aggiungendo che chiarire cos’è successo e come sono state applicate le pratiche «è parte dell’indagine completa che faremo». Lo stesso Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump ha commentato la vicenda dicendo «sarà fatta giustizia!» e chiedendo al Dipartimento di Giustizia e all’FBI di venire a capo dell’indagine il prima possibile.

Manifestazioni e scontri dopo la morte di Floyd

Alla notizia della morte dell’uomo, migliaia di persone sono scese in piazza per chiedere giustizia. Oramai da due giorni continuano le proteste, la maggior parte dei manifestanti si ritrova davanti al commissariato di polizia dove lavoravano i 4 agenti licenziati e indagati per la morte di Floyd George. La manifestazione però fin da subito è diventata violenta, con lanci di oggetti, saccheggi e roghi. La polizia ha riposto con l’uso dei lacrimogeni autorizzati dal capo della polizia. Il governatore Tim Walz su twitter ha commentato dicendo «La situazione è estremamente pericolosa, per tutti i residenti è consigliabile lasciare la zona».Le proteste sono state svolte anche a Los Angeles dal movimento Black Lives Mattermovimento attivista internazionale, originato all’interno della comunità afroamericana, impegnato nella lotta contro il razzismo – che ha bloccato il traffico sull’autostrada 101. Quando una pattuglia di polizia è arrivata sul posto è stata circondata ed è stato frantumato un vetro della vettura. La stessa cosa è avvenuta con un’altra volante, dove però un uomo è rimasto ferito nello scontro ed è stato portato via in barella.

Non è un caso isolato

Il caso dell’uomo afroamericano si aggiunge ad una lunga lista di violenze praticate dagli agenti.  Il primo caso mediatico è stato quello di Micheal Brown, un ragazzo di colore ucciso a colpi di pistola, anche se disarmato. Un’altra vittima è Eric Garner, morto in circostante molte simili a Floyd, appunto per soffocamento nel 2014, per un presunto contrabbando di sigarette.

Paola Caravelli

https://www.repubblica.it/esteri/2020/05/28/news/afroamericano_ucciso_secondo_giorno_di_proteste_a_minneapolis_trump_faremo_giustizia_-257798271/ (28/05/2020)

https://www.nessunotocchicaino.it/notizia/usa-nel-2018-la-polizia-ha-ucciso-1810-persone-40300138 (28/05/2020)

https://lospiegone.com/2019/12/13/la-police-brutality-negli-stati-uniti/ (28/05/2020)

https://www.tgcom24.mediaset.it/mondo/video-shock-dagli-usa-fermato-da-agenti-muore-soffocato_18752415-202002a.shtml (28/05/2020)

 

[1]  Corpi di polizia nei vari stati federali degli Stati Uniti d’America.

[2] Costituzione degli Stati Uniti d’America.

[3]  Linguaggio della politica per indicare una scelta, una posizione o un’opinione che accomuna due schieramenti contrapposti.

[4] La responsabilità, da parte degli amministratori che impiegano risorse finanziarie pubbliche, di rendicontarne l’uso sia sul piano della regolarità dei conti sia su quello dell’efficacia della gestione.

[5] Omicidi giustificati.

Sistema carcerario in crisi. Movimenti sovversivi arrivano fino a Gazzi

L’inaspettata diffusione del coronavirus ha portato il governo a prendere delle misure restrittive anche per gli ambienti delle carceri dove, tra le altre, la sospensione dei colloqui predisposta per evitare contagi ha causato rivolte in molti penitenziari italiani.  Da nord a sud il sistema carcerario, dunque, sembrerebbe in crisi: primi episodi di ribellione violenta sono stati registrati a Pavia e a Modena, ma l’ondata sovversiva ha coinvolto ben 22 istituti penitenziari della penisola causando morti, occupazioni, sequestri ed evasioni. Il clima di sommossa arriva in maniera singolare anche a Messina dove ad incitare la protesta sono stati i parenti dei detenuti all’esterno della casa circondariale di Gazzi.

La rivolta di Pavia– I due poliziotti presi in ostaggio sono stati liberati nella notte di domenica: uno dei due è il comandante della polizia penitenziaria della struttura Torre del Gallo. I carcerati sono scesi dai tetti e dai camminamenti dove si erano asserragliati dopo una trattativa con il procuratore aggiunto pavese Mario Venditti. La protesta, nata sull’onda dello stop ai colloqui “a vista” per il coronavirus, ha dato spazio anche a lamentele su questioni che riguardano il trattamento carcerario.

Modena – E’ qui che si è registrata la rivolta più violenta, dove sono morti ben 6 detenuti. Il motivo dei decessi è legato però a overdose e psicofarmaci. Durante la rivolta, infatti, si è verificato un assalto all’infermeria da cui sono stati prelevati diversi farmaci come sostanze oppioidi e benzodiazepine che hanno provocato il decesso accertato di tre dei detenuti di Modena. Altri tre detenuti sono morti nei penitenziari di Verona, Alessandria  e Parma ma provenienti comunque dal carcere di Modena. Il settimo invece è deceduto nel carcere San Benedetto del Tronto.

Foggia – Continuano le ricerche di 23 evasi ancora in circolazione tra cui persone legate alla mafia garganica e un condannato per omicidio, Cristoforo Aghilar, il 36enne che il 28 ottobre scorso ha ucciso ad Orta Nova Filomena Bruno, 53 anni, mamma della sua ex fidanzata. Ieri infatti, approfittando dei disordini, 77 detenuti sono riusciti a fuggire ma 54 sono stati già catturati, tra cui due persone che hanno scelto di costituirsi. Al momento per tutti l’accusa è di evasione ma successivamente sarà analizzata la posizione di ogni singolo detenuto.

La rivolta di Milano– Anche nel carcere di San Vittore, a Milano, un gruppo di detenuti era salito sul tetto della struttura gridando “Libertà, libertà”. Nel carcere è poi entrata la polizia penitenziaria in assetto antisommossa. A dar vita alla protesta, i detenuti de ‘La Nave’, il reparto modello riservato a chi soffre di forme di dipendenza. Persone che hanno scelto di seguire la strade del recupero. Due i raggi del carcere devastati prima che la protesta rientrasse. Sul posto sono intervenuti anche i vigili del fuoco.

La rivolta a Roma– A Rebibbia la protesta si è spostata anche fuori dal carcere, dove circa venti donne hanno bloccato via Tiburtina all’altezza dell’istituto penitenziario. Le forze dell’ordine hanno circondato il carcere. La rabbia è esplosa anche nel complesso di Regina Coeli. In diversi bracci sono stati segnalati roghi e fumo. Immediato l’intervento dei vigili del fuoco.

Bologna – “I detenuti si sono ormai impossessati del carcere e il personale è fuori, con il supporto delle altre Forze dell’ordine”, ha fatto sapere il sindacato Sappe sulla situazione del carcere bolognese della Dozza. Nel carcere di Villa Andreino alla Spezia la direttrice Maria Cristina Biggi e alcuni operatori sono “asserragliati all’interno per cercare di riportare la situazione alla calma”  ha raccontato un operatore, mentre alcuni detenuti sono saliti sui cornicioni. Intorno alla struttura si sono dispiegate decine di auto delle forze dell’ordine per questioni di sicurezza e per evitare eventuali tentativi di evasione.

Messina – Caos ieri davanti al carcere di Gazzi. La protesta è iniziata dentro le celle con il rumore delle pentole sbattute dai detenuti contro le inferriate per poi estendersi al di fuori. La differenza è che a Messina si è verificata una manifestazione fortunatamente pacifica terminata grazie alla supervisione delle forze dell’ordine. Protagoniste in questo caso sono state le donne che hanno coinvolto anche i loro figli originando un corteo partito da Via delle Corse per poi stazionarsi davanti l’entrata pedonale del penitenziario.

Hanno sospeso i colloqui senza avvisarci – ha spiegato la moglie di un detenuto– non è giusto agire in questo modo. C’è gente che è venuta dalla provincia e si è ritrovata la porta sbarrata con la sola possibilità di lasciare i pacchi per i propri cari. Pretendiamo rispetto“.

Alla protesta si sono aggiunti anche attimi di tensione tra i manifestanti e gli automobilisti in seguito alla chiusura del traffico in via Consolare Valeria.

protesta gazzi

Al momento le visite sono state proibite fino al 22 Marzo e oltre all’impossibilità di vedere i parenti cresce la preoccupazione per i rischi di contagio tra gli stessi detenuti.A tal proposito, la Protezione Civile si sta giù muovendo e nei prossimi giorni verranno distribuite 100mila mascherine negli istituti penitenziari mentre saranno montate 80 tende di pre-triage per lo screening del Covid-19.

«E’ nostro dovere tutelare la salute di chi lavora e vive nelle carceri ma deve essere chiaro che ogni protesta attraverso la violenza è solo da condannare e non porterà ad alcun buon risultato», ha spiegato il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che mercoledì terrà in aula al Senato una informativa urgente sulla situazione.

Antonio Gullì

 

Tra sicurezza e rischio. Arriva il Taser in Italia

Saranno undici le città d’Italia in cui partirà la fase di sperimentazione del Taser e trenta i dispositivi da acquistare. Questi i numeri iniziali per dare avvio a una nuova fase per le forze dell’ordine italiane che disporranno della comunemente conosciuta pistola elettrica.

Ieri è arrivata la firma del decreto che ha messo fine ad un iter legislativo durato 4 anni. Anche l’Italia, dunque, farà parte di quella schiera di paesi, 107 per la precisione, dove l’arma è utilizzata delle forze dell’ordine in alternativa alle armi da fuoco.

Milano, Napoli, Torino, Bologna, Firenze, Palermo, Catania, Padova, Caserta, Reggio Emilia e Brindisi, saranno le prime città dotate dell’arma elettrica. La fase sperimentale seguirà a una preliminare e necessaria fase di formazione di donne e gli uomini delle forze dell’ordine coinvolti nella prima fase di utilizzo.

 “È una misura di dissuasione non letale – ha spiegato il ministro degli interni Salvini – che può risultare più efficace e soprattutto può ridurre i rischi per l’incolumità personale degli agenti che si trovano in situazioni borderline. Credo che la pistola elettrica sia un valido supporto, come dimostra l’esperienza di molti paesi avanzati, tra cui gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Francia e la Svizzera”

Il dissuasore elettrico, in realtà, meno di un mese fa, era già arrivato alla gendarmeria di Città del Vaticano anticipando il resto del territorio italiano.

Il Taser è un’arma propria non letale che deve il suo nome all’acronimo di “Thomas A. Swift’s Electric Rifle” dal libro pubblicato a New York nel 1911 che narrava di un’avventura imperialista (e razzista) in cui il protagonista Tom Swift sviluppa un fucile elettrico per la caccia all’avorio in Africa.

Niente di fantascientifico o troppo futuristico, insomma.

Premendo il grilletto della pistola si sparano contro l’obiettivo due piccole “freccette” – gli elettrodi – legati al corpo del Taser da due cavi elettrici isolati, lunghi solitamente non più di 8 metri. La distanza consigliabile per un tiro efficace è, infatti, dai 3 ai 7 metri. Quando il bersaglio viene colpito, si crea un circuito elettrico e la scarica inizia a fluire dalle batterie della pistola verso l’obiettivo.

La funzione del dispositivo è propriamente di deterrente: andrà mostrato senza esser impugnato per far desistere il soggetto dalla condotta in atto. Se il tentativo fallisce si spara il colpo. Il dissuasore elettrico è in grado di stordire la persona colpita, immobilizzandola per alcuni secondi, senza provocare danni letali. O almeno, nella maggior parte dei casi.

Le Nazioni Unite inseriscono il Taser tra gli strumenti di tortura. Secondo Amnesty International l’uso di queste armi ha provocato la morte di centinaia di persone degli Stati Uniti (500 morti tra il 2001 e il 2012) e ne ha chiesto il ritiro.

Si tratta di uno strumento che richiede molta più cautela di quanto la sua definizione di non letalità lasci presupporre. Il beneficio derivante da un minor utilizzo delle armi da fuoco è, infatti, controbilanciato da alcuni elementi negativi non trascurabili: i potenziali rischi di abuso, la sofferenza provocata dalla scarica elettrica alla quale è associato, la perdita di controllo del sistema muscolare. Senza tralasciare le ulteriori conseguenze di tipo fisico dal momento che la persona colpita dalla scossa elettrica normalmente rovina a terra e quindi ciò può provocare lesioni alla testa o a altre parti del corpo. Nei casi più gravi, infine, la morte per arresto cardiaco o conseguenze, per esempio, sulla salute del feto nel caso di donne incinte.

Proprio per limitare i rischi, stando a quanto trapelato dal Capo della Polizia Gabrielli, per le forze dell’ordine italiane si prenderà in esame un modello “personalizzato” di arma, caratterizzato da un amperaggio ridotto, con scariche ancora più corte rispetto ai cinque secondi dei modelli classici, e predisposte in modo da cessare automaticamente senza bisogno dell’intervento manuale.

Martina Galletta