Il piacere autentico: la riscoperta della semplicità

Il vero significato del piacere

Ogni giorno, veniamo sommersi da migliaia di stimoli. Stimoli innescati dalle pubblicità, dai giornali, dai film e dalle serie tv che guardiamo, e, soprattutto, dai social media.

Davanti agli occhi ci scorrono, a ripetizione, gli stili di vita più disparati, simili o diametralmente opposti rispetto ai nostri. In risposta a quel confronto, maturiamo desideri, per lo più indotti e artificiosi, che, pur non appartenendoci, consumano le nostre energie – e il nostro denaro – nello sforzo profuso di soddisfarli.

Un appagamento, questo, destinato a non realizzarsi. Maggiore è l’esposizione a tali realtà plastiche e fittizie – interpretazioni abbellite della verità –, minore è, infatti, la possibilità effettiva di raggiungerlo.

Come bloccato in un circolo vizioso, distruttivo e senza fine, l’uomo, quindi, esaurisce e scarta, logora e abbandona, inseguendo un piacere che gli è stato promesso, ma per cui non esiste risoluzione. Un’insoddisfazione perpetua, che lo getterebbe in uno stato, altrettanto perenne, di frustrazione e infelicità.

Il piacere, però, non vive negli oggetti che acquista e conquista.

Gotthold Ephraim Lessing sosteneva:

L’attesa del piacere è essa stessa il piacere.

Una frase, divenuta poi celebre, che potrebbe, quasi con banalità, permetterci di svelare l’arcano.

Ciò che otteniamo non ci rende felice. Allora, il piacere che percepiamo non risiede nell’acquisizione, quanto più nell’indugio. In quel delizioso crogiolare che ci sorprende al pensiero di possedere.

Una consapevolezza che l’umanità sembra aver perso, guidata da una mentalità capitalistica e consumistica, forgiata all’insegna del “tutto e subito”.

È usuale, soprattutto fra le generazioni anziane, sentir dire, in una maniera che ha per noi giovani dell’esasperante:

Si stava meglio quando si stava peggio”.

Inserita in questo contesto, il detto assume un significato diverso. Secondo i loro racconti, pur non avendo un soldo e pane da mangiare e nonostante si andasse avanti alla giornata, i nostri nonni vivevano meglio.

Il sacrificio e le batoste erano all’ordine del giorno, ma, quantomeno, conoscevano il godurioso senso di orgoglio che scaturisce da una lunga e strenua battaglia. Una lotta il cui finale è inatteso, spesso deludente, sempre meritevole di festeggiamenti.

Si disponeva di poco e si perdeva assai di più, però si era felici. Felici di una felicità quieta, non esplosiva, totalizzante ed effimera. Una felicità che mette radici, e resiste anche se scossa.

Dovremmo, in definitiva, riscoprire la pazienza. Allenarci a ricercare il bello nel percorso che ci conduce al piacere. Una meta che è, per l’appunto, lo stesso viaggio che ci porta ad essa.

 

La strada per raggiungerlo

È proprio la pazienza la chiave per contrastare il pensiero del “tutto e subito” a cui la società contemporanea ci ha abituato.

Sono soprattutto i social media ad incrementare la normalizzazione di questa “corsa alla vita”, mostrando continuamente Influencer milionari che partecipano ad eventi e collaborano con prestigiosi brand, acquistano casa e aprono aziende.

Coltivare la capacità di trarre soddisfazione dall’attesa, da ogni singolo momento, da ogni obiettivo raggiunto. Ridurre l’ansia e il confronto con quelle vite apparentemente perfette. Riconoscere che dietro una felicità artificiosa, non sofferta, si cela il segreto desiderio di ottenere subito qualcos’altro.

In questo senso la semplicità diventa un valore imprescindibile, vitale per non cadere in un vortice di perpetua insoddisfazione.

La semplicità sta nel riconoscimento dei piccoli grandi traguardi quotidiani.

In questo contesto, la gratitudine – “l’apprezzamento di ciò che è prezioso e significativo per sé stessi” – diventa un prezioso antidoto per sviluppare una felicità consapevole. Una consapevolezza che ci invita a riflettere su ogni ostacolo incontrato lungo il cammino e sulla crescita che ne è derivata.

La felicità è semplice.

La felicità sta nella consapevolezza, nella conoscenza, nello sguardo verso il mondo. Non si tratta di possedere tutto o di rincorrere mete effimere, ma di imparare a osservare ciò che ci circonda con occhi attenti e curiosi. Ogni esperienza di vita quotidiana, diventa allora occasione di apprendimento e di gioia.

È proprio attraverso la conoscenza che impariamo a scegliere con consapevolezza, a dare priorità a ciò che nutre veramente la nostra anima, piuttosto che rincorrere piaceri effimeri imposti dalla società.

Una felicità basata sulla consapevolezza di noi stessi e del mondo circostante. Una felicità che diventa dialogo.

Ma soprattutto, la felicità sta nelle relazioni umane, sincere e autentiche.

Non è chi possiede molto, ma chi è amato, che è ricco.”

Nessun bene materiale può reggere il confronto con ciò di più puro e semplice che la vita possa donarci: i sentimenti.

Ciò che nutre davvero l’anima è la profondità dei legami, la capacità di condividere emozioni, gioie e difficoltà con chi ci sta accanto.

Al contrario di quanto spesso siamo indotti a pensare, la vera felicità non è un traguardo da raggiungere in fretta, né tantomeno un oggetto da possedere. È piuttosto un viaggio lento e paziente, fatto di piccoli gesti quotidiani, momenti preziosi e soprattutto persone con cui condividerli.

 

Valeria Vella

Antonella Sauta