L’eruzione del vulcano Hunga e gli tsunami nel sud Pacifico. Cosa sappiamo sinora

4 giorni fa si è verificata una potente eruzione vulcanica nei pressi di Tonga, un piccolo arcipelago del Pacifico situato a pochi chilometri di distanza dal vulcano sottomarino Hunga Tonga-Hunga Ha’apai, provocando nel giro di pochi minuti un’onda anomala di 1,2 metri che si è abbattuta sulle coste di Nuku’alofa, capitale dell’isola maggiore Tongatapu.

L’eruzione di sabato 15 gennaio – seguita da un’altra lunedì 17 – non è un caso isolato: il vulcano era stato dichiarato attivo già lo scorso 20 dicembre, ma per gli esperti soltanto pochi giorni fa si è verificata una delle più violente attività vulcaniche registrate negli ultimi 30 anni. Un’eruzione storica che ha costretto a diramare l’allarme in un’ampia area del Pacifico, dalla vicina Nuova Zelanda a tutta la West Coast americana.
La situazione al momento è ancora critica, anche a causa di un blackout delle comunicazioni che impedisce di avere un bilancio certo di morti, feriti e dispersi. Tra le prime vittime ci sarebbero tre donne.

Le conseguenze dell’eruzione

Tonga è un arcipelago di 169 isole situato a 2.300 chilometri a nord dalla Nuova Zelanda e abitato da circa 100.000 persone. Il vulcano sottomarino si trova circa 65 chilometri a nord dell’isola principale e prima di eruttare in maniera violenta lo scorso sabato era rimasto inattivo per ben 7 anni.

Non è ancora stato possibile determinare l’entità ufficiale dell’eruzione che ha segnato il risveglio della caldera dell’Hunga-Tonga-Hunga-Ha’apai, così come non è ancora chiaro se il vulcano abbia raggiunto il culmine della sua attività.

Il fatto che l’evento vulcanico abbia provocato una fuoriuscita di cenere, vapore e gas a circa 30 chilometri nell’atmosfera indica che «è stata molto potente», ha detto Heather Handley, vulcanologa della Monash University in Australia. L’area è quindi al momento ricoperta da una grossa nuvola di ceneri vulcaniche, che mettono a rischio la qualità dell’acqua e dell’aria sul territorio e rendono i soccorsi aerei particolarmente difficoltosi: «Tonga ha bisogno di assistenza immediata per fornire ai suoi cittadini acqua potabile e cibo», ha affermato in una dichiarazione pubblicata sui social media il presidente della Camera di Tonga, Lord Fakafanua, aggiungendo inoltre che «molte aree» sono state colpite da «una sostanziale caduta di cenere vulcanica» ma «l’intera portata del danno alle vite e alle proprietà è attualmente sconosciuta».

Fuga dalle coste e blackout

Preoccupate sono anche le organizzazioni umanitarie, soprattutto per il gruppo di isole periferiche Ha’apai – più vicine al vulcano – dalle quali non si sono ancora avute notizie, fatta eccezione per un segnale di richiesta di soccorso rilevato nelle isole di Mango e Fonoi, aventi un centinaio di abitanti complessivo e un basso livello del mare.

Le immagini diffuse dai giornalisti online mostrano auto travolte dall’acqua, grandi onde che si infrangono a riva nelle zone costiere di Nuku’alofa e persone in fuga.

Un residente di Tonga racconta:

«Sembrava un’esplosione. Il terreno e la casa intera hanno iniziato a tremare. Mio fratello ha pensato che fossero delle bombe esplose lì vicino, ma abbiamo subito capito che si trattava di uno tsunami dopo aver visto l’acqua entrare da tutte le parti. Abbiamo udito le urla delle persone tutt’intorno e molte persone hanno iniziato a fuggire verso le montagne».

Anche il re di Tonga (lo Stato è una monarchia costituzionale), Tupou VI, è stato evacuato dal palazzo reale di Nuku’alofa e scortato in una villa lontana dalla costa da un convoglio della polizia.

Un blackout quasi totale di energia elettrica, linee telefoniche e servizi Internet è stato inevitabile per molte zone di Tonga, il che significa che le informazioni che si ricevono dal regno polinesiano sono scarse e continueranno ad esserlo probabilmente per altre due settimane, tempo stimato per ristabilire le comunicazioni. La causa principale sarebbe la distruzione di un cavo sottomarino nelle vicinanze del vulcano.

Gli aiuti dalla Nuova Zelanda

Dopo i gravi danni che sono stati segnalati dalla costa occidentale di Tongatapu e la successiva dichiarazione dello stato di emergenza, è attualmente in corso un’operazione di pulizia nella capitale.

Australia e Nuova Zelanda hanno inviato aerei di ricognizione per valutare la situazione e oggi, martedì 18 gennaio, i ministri hanno confermato la spedizione di due navi militari neozelandesi per fornire supporto con il trasporto di acqua fresca, provviste di emergenza e squadre di sub. La permanenza prevista è di tre giorni; questo perché il Vicecapo Missione di Tonga in Australia, Curtis Tu’ihalangingie, ha reso nota la preoccupazione che aiuti e consegne possano diffondere i contagi da Covid-19 in una nazione risparmiata dalla pandemia per tutto questo tempo:

«Non vogliamo portare un’altra ondata – uno tsunami di Covid-19», ha detto, esortando il pubblico ad aspettare che un fondo di soccorso in caso di calamità venga donato.

Tre vittime

Le prime ricognizioni effettuate nell’area sembrano escludere un bilancio catastrofico in termini di vite umane, anche se il Ministero degli Affari Esteri e del Commercio ha confermato già due decessi.

Angela Glover, vittima dello tsunami. Fonte: notizieaudaci.it

Una delle vittime è la cinquantenne britannica Angela Glover, che sarebbe stata spazzata via dallo tsunami nel tentativo di salvare i cani del suo rifugio per animali. Il corpo è stato ritrovato dal marito James, con il quale viveva a Tonga dal 2015 e co-gestiva un negozio di tatuaggi nella capitale.
In Perù, a più di 10.000 chilometri di distanza, altre due donne sono annegate sulla spiaggia di Naylamp, nella città settentrionale di Lambayeque, a causa delle onde anomale dovute all’eruzione.

Allerta nel “Ring of Fire”

L’eruzione vulcanica ha provocato onde di tsunami in molti Paesi del cosiddetto ‘’Ring of Fire’’: «la zona più sismicamente e vulcanicamente attiva al mondo», a detta dello United States Geological Survey.

In questi giorni sono scattati piani di emergenza in Paesi come il Cile, l’Australia e l’Alaska, dove gli esperti del National Weather Service di Anchorage hanno registrato il boato che sabato ha avuto origine dal vulcano. Il che significa che il suono ha viaggiato per più di 9.300 chilometri.

Le spiagge restano chiuse in molte località, dove le onde hanno distrutto le imbarcazioni dei porti turistici, dalla Nuova Zelanda al Giappone. In California, è stata colpita da inondazioni la città di Santa Cruz. Mentre le Hawaii non hanno riportato danni, soltanto la segnalazione di «piccole inondazioni» in tutte le isole.

Un parcheggio del porto di Santa Cruz allagato in seguito alle onde anomale provocate dall’eruzione del vulcano sottomarino di Tonga. Fonte: Il Post

Gaia Cautela

Il Coronavirus nel continente Americano: gli ultimi sviluppi

In Italia l’emergenza Coronavirus sembra essersi attenuata. Tuttavia i contagi continuano a crescere a dismisura negli altri paesi.
Il continente Americano è al momento quello più colpito. Oggi infatti l’Organizzazione mondiale della sanità conta quasi 6,500,000 casi.
Di seguito ecco spiegata la situazione nelle nazioni più colpite:

Gli Stati Uniti

Gli Stati Uniti sono il paese più colpito.
I dati OMS aggiornati quest’oggi rilevano un totale complessivo di 3,000,000 casi. Di questi solo 130,000 a Los Angeles.

Dati OMS
Dati OMS

Secondo un’analisi della Johns Hopkins University, nelle ultime 24 ore, si sono registrati 66.528 nuovi casi, facendone degenerare l’andamento.

Questi dati preoccupano anche il presidente Trump che per la prima volta si mostra i pubblico indossando la mascherina. In questi mesi infatti si era dimostrato diffidente nei confronti dei dispositivi di protezione personale.
Recentemente però ha visitato, poco lontano dalla Casa Bianca, l’ospedale militare Walter Reed a Bethesda nel Maryland indossando la mascherina insieme ai membri del suo staff.

Il Brasile

In Brasile si registrano 1,800,827 casi in totale. Soltanto venerdì 1.214 decessi e 45.048 contagi.

Dati OMS

Il presidente Bolsonaro si era fin da subito opposto ad ogni forma di lockdown, negando la pericolosità del virus.
Martedì scorso ha annunciato di aver contratto il virus e adesso sui social afferma di stare bene grazie alla cura fatta con idrossiclorochina. Tuttavia si dubita fortemente che egli abbia contratto il virus, e ancor più che la sua cura funzioni.
Intanto il Brasile sta vivendo una profonda crisi interna, dovuta al crollo del Pil.

Il Perù

Al contrario del Brasile, il Perù non ha minimamente sottovalutato l’emergenza e il suo presidente, Vizcarra, ha attuato fin da subito diversi provvedimenti. Il Lockdown è iniziato a marzo ma la fascia di popolazione più povera è stata aiutata, fornendo sostegno in cibo e denaro.

Dati OMS

Tuttavia non è stato abbastanza: ad oggi i casi sono più di 300.000, con una media di 8 mila al giorno.
Il sistema sanitario è crollato molto presto.

Il Cile

Anche in Cile si contano poco più di 300.000 casi.

Dati OMS

Il lockdown sta colpendo pesantemente l’economia interna, scendo crescere di molto il tasso di disoccupazione. La popolazione ha risposto scendendo in piazza a protestare e le violenze sono state affrontate dalle forze di polizia in uno scontro diretto.
Durante un discorso sulla tv nazionale il presidente Sebastián Piñera ha ammesso che il paese non è pronto ad affrontare un’emergenza simile.
Numerosi membri del governo sono stati posti in quarantena dopo essere stati in contatto con dei parlamentari risultati positivi al virus.

Il Messico

Il Messico invece conta un totale di 289,000 casi, con 7.280 nuovi casi nelle ultime 24 ore, secondo i dati del ministero della Salute.

Dati OMS

Angela Cucinotta

Lonely Planet premia Sri Lanka e Italia

L’autorevole rivista australiana di viaggi e turismo Lonely Planet, come ogni anno, propone la classifica delle migliori 10 destinazioni da raggiungere.

Lo scorso anno a piazzarsi primo nella speciale graduatoria per i turisti più impavidi era stato il paese “dalla foglia d’acero”, mentre nella lista delle città la prima classificata era stata Siviglia.

Lo scettro, quest’anno, spetta allo Sri Lanka, un paese risorto dalle ceneri dopo decenni di conflitti.

Definita l’isola perla dell’Oceano Indiano, si pregia di una vegetazione lussureggiante, spiagge da sogno affacciate sulle acque cristalline, straordinarie tradizioni locali che comprendono danze, processioni, sfilate di elefanti a cui si accompagnano le meravigliose architetture dei templi e del mondo antico.

Medaglia d’argento alla Germania, che mescola futuro e tradizione e ti permette di “scalare montagne, rintanarsi in castelli medievali, bere ottima birra e attraversare i paesi in bicicletta”.

Lo Zimbawe occupa il terzo gradino del podio, considerata “una delle destinazioni più sicure in Africa, impreziosita da un popolo ospitale, parchi nazionali, rovine archeologiche, montagne e cascate”.

La migliore città da visitare nel 2019 è invece Copenhagen, la capitale della Danimarca dal fascino senza tempo unisce la bellezza della storicità alla qualità di vita che solo le metropoli più moderne posso offrire, seguita da Shēnzhèn, in Cina e Novi Sad, in Serbia.

Tra i consigli di Lonely Planet spicca anche l’Italia, con il Piemonte in testa alla classifica delle migliori regioni davanti a “The Catskills” negli USA e al “Northern Peru”.

Per la prima volta l’Italia in testa alla classifica delle regioni, grazie al lavoro lungimirante ed efficace svolto dalla regione Piemonte in termini di ricezione turistica e valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico .

Antonio Mulone