Passeggiando con Edmondo De Amicis a Messina

Ritratto fotografico di Edmondo de Amicis

Oggi, Messina da Leggere parlerà di Edmondo De Amicis, professore e autore, tra le tante opere, del celebre libro “Cuore”, romanzo che ha caratterizzato il sentimento patriottico della prima Italia Unita.

Per omaggiare il ricordo del grande scrittore di Oneglia, paesino vicino Imperia e centro della bella Liguria, UniVersoMe ripercorrà i luoghi delle memorie di Edmondo De Amicis lasciate a Messina nel suo viaggio in Sicilia compiuto nel 1905.

Il terremoto che rase al suolo la città nel 1908 ha lasciato poco o nulla di ciò che gli occhi dell’autore videro durante quel particolare soggiorno, ma le sue annotazioni accuratamente scritte sono per tutti i messinesi un dettagliato resoconto della Messina che fu e che più non sarà.

Per poter risentire l’eco distante dei sentimenti che De Amicis provò nella nostra città bisognerà sfogliare le prime pagine del bel volumetto “Ricordi d’un viaggio in Sicilia”, edito da “Il Palindromo”. Il primo luogo letterario legato alla memoria dell’autore ligure è senz’altro lo Stretto di Messina, ritrovato dopo 40 anni trascorsi dall’ultimo soggiorno in terra peloritana, permanenza che vide un giovane De Amicis assegnato “di guarnigione” proprio a Messina negli anni ’60 del 1800, per partecipare alla guerra d’Italia contro l’Austria. Nelle prime annotazioni l’autore volge lo sguardo sullo Stretto e nota sulla sponda calabrese lo sviluppo urbano che fa delle costruzioni edilizie: “Una macchia biancastra da Villa a Reggio” – molto simile alla veduta odierna. All’epoca non c’erano i traghetti che collegavano le due sponde d’Italia, ma i piroscafi che, già allora, imbarcavano i primi vagoni  che viaggiavano sulle prime ferrovie.

La Palazzata del Minutoli in una foto antecedente al terremoto del 1908

Un altro ricordo dell’autore è quel “tramway” che collegava il centro cittadino alla punta del Faro, ferrovia che resistette quasi sino al 1940, quando il tragitto tramviario fu ridotto al contesto urbano.

Ben diversa era anche la cortina della Marina di Messina, la quale agli occhi di De Amicis era caratterizzata da: “Una schiera di edifici uniformi” – tra cui vi era anche la bella “Palazzata” rasa al suolo dal sisma e tipica del nostro porto, mai più ricostruita dopo il terremoto e sostituita da costruzioni razionaliste, tra cui il Palazzo Littorio di fronte Piazza Municipio.

Per ricordare il soggiorno Deamicissiano bisognerà, poi, volgere gli occhi al “Verde lussureggiante della vegetazione che copre l’anfiteatro dei suoi colli e dei suoi monti” – mentre, per rivivere il bellissimo ritratto antropologico delineato da De Amicis sull’indole dei messinesi di allora, sarà utile recarsi al Cimitero Monumentale di Messina, laddove riposano i tanti nomi seppelliti dalle macerie, identità di cui l’autore di Oneglia ricorda – “I caratteri interessanti delle popolazioni di confine” – le quali – “modificano i costumi propri sotto influenze di elementi forestieri”. Rispetto agli altri siciliani, i messinesi conosciuti da De Amicis in quella Messina perduta si distinguevano per un accento meno marcato rispetto ai conterranei delle altre località della Sicilia, con i quali condividevano i – “modi cerimoniosamente cortesi”. Virtù esclusive del messinese dell’epoca erano, però, la – “apertura con gli stranieri”, il lessico dialettale – “ricco di vocaboli importati” – e la presenza di “tanti biondi”, caratteristica che subito risaltò agli occhi dell’autore.

La chiesa dell’Annunziata dei Catalani

Una passeggiata letteraria per i pochi luoghi superstiti e legati alla memoria deamicissiana a Messina sarà utile per ogni messinese che vuole riscoprire la propria identità perduta, l’indole cosciente cancellata dalla successiva ripopolazione urbana, spirito molto affine a quello degli abitanti delle grandi città, depositari di una storia di mercanti, di pirati, di marinai e di porti autonomi: Messina come Genova e Barcelona, godeva e gode di un grande retaggio, la cui prova risiede proprio nelle nostre strade e nella memoria della propria tradizione. Per i meno convinti di questa affinità, sarà utile una passeggiata per la Chiesa della SS. Annunziata dei Catalani, la cui origine e i suoi simboli della facciata testimoniano con migliore eloquenza di qualunque storico la verità del grande ieri che rese Messina protagonista nel Mediterraneo e porta autentica della Sicilia.

Francesco Tamburello

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  1. Di Schemboche – The Critic: https://babel.hathitrust.org/cgi/pt?id=hvd.hnxxb5;view=1up;seq=116;size=200, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=53267636
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  3. Ph: Giulia Greco

Messina da Leggere: la Città come parco letterario

 

 

In quanto porta della Sicilia, Messina, nei suoi quasi tremila anni di storia, è stata porto per antonomasia di flussi commerciali e culturali.

Poiché l’arte, evolutasi di pari passo con il progresso della società umana, è stata, spesso, ambasciatrice e voce espressiva del patrimonio culturale delle varie etnie succedutesi come dominatrici ed anima della nostra isola, questa rubrica vuole ripercorrere e rivalutare, attraverso l’indagine nel vasto mondo della letteratura, i luoghi della nostra città che quotidianamente appaiono abituali, talvolta anonimi allo sguardo del messinese, ma che, al contrario, proprio dietro il loro silenzio, nascondono una storia narrata dalla penna dei più grandi autori della nostra cultura di tutti i tempi.

Cercheremo, in questo modo, di ripresentare Messina come “parco letterario”, secondo l’idea che fu di Stanislao Nievo, il quale nel 1992, forgiò questo termine per indicare tutti quei luoghi che hanno ispirato un autore nella produzione di opere letterarie.

Il concetto di “parco letterario” si contrappone nettamente al pensiero disfattista e pessimista che spoglia Messina di ogni bellezza ed interesse. Per dare al lettore un’idea di cosa si intende per “parco letterario”, basti pensare alla fortuna che la città di Messina può vantare quotidianamente nell’affacciarsi sullo Stretto di Messina: proprio tra i due lembi di Sicilia e Calabria separati da una striscia di mare, l’aedo Omero narrò dei due famigerati mostri Scilla e Cariddi,  famelici divoratori di navi e marinai, tra le cui grinfie passò la ciurma dell’impavido Ulisse. Quello stesso scenario ritorna nei ricordi successivi di un turista Edmondo De Amicis che, nel 1866, scrisse nel suo diario di viaggio della: “La bella Messina, privilegiata d’una delle più favorevoli situazioni geografiche del mondo, dove due mari si congiungono (…)” – tracciando dei messinesi un profilo dettagliato degno di riguardo.

La dolce penna di De Amicis, testimone della precoce ripresa della città dal terribile terremoto che la rase al suolo nel 1783, segue proprio l’apocalittica cronaca del disastro sismico riportata da un altro grande padre della letteratura europea quale Wolfgang Goethe. Di una Messina che non esiste più ci parlano, ancora, le annotazioni del professor Giovanni Pascoli, il quale nel 1898, dal balcone della propria abitazione in Piazza Risorgimento (l’odierna Piazza Don Fano), scrisse della veduta attraverso la finestra di Palazzo Sturiale: “Si vede il forte Gonzaga sui monti…dall’altra finestra il mare, su l’Aspromonte…” , tessendo gli elogi della straordinaria natura geografica di Messina e del suo porto, che definì “il più bel porto del mondo” ; e fu proprio da quella posizione che, qualche decennio prima, il filosofo Friedrich Nietzsche, dalla stiva di una nave proveniente dal continente italiano, scrisse piccoli componimenti noti come “Idilli di Messina”. Benché i poemetti del filosofo non rechino alcun riferimento alla città, il lettore potrà rivivere senz’altro l’animo di Nietzsche recitando i brevi ed eccentrici versi davanti una cortina del porto che, a causa del sisma del 1908, non presenta più i caratteri che il pensatore poté ammirare dal ponte della nave. Allo stesso modo quei ricordi dell’allora elegante porto di Messina sormontato dalla raffinata e monumentale Palazzata, permangono nei diari di altri grandi intellettuali e scrittori che visitarono la nostra città, i quali le riconobbero un carattere cosmopolita del tutto unico rispetto agli altri capoluoghi siciliani, prerogativa che non intaccò mai lo stereotipo del messinese generoso, polemico e chiacchierone, tipicamente siciliano.

L’elevata considerazione di Messina da parte dei grandi intellettuali ed artisti della nostra storia, è dimostrata dalle cronache che ricordano un Richard Wagner e signora passeggiare frequentemente presso la piazza del Teatro Vittorio Emanuele; sempre a Messina,  in una non specificata chiesa a metà degli anni ’70 del 1800, si celebrò il matrimonio tra il grande poeta catanese Mario Rapisardi e la giovane Giselda Fojanesi, unione che causò, successivamente, l’attrito tra il Rapisardi ed il più giovane Giovanni Verga, instancabile dongiovanni e corteggiatore della Fojanesi.

Ben più importante valore hanno, di certo, le numerose dediche che vari intellettuali ed artisti rivolsero alla città all’indomani del terribile sisma del 1908: tra questi vanno ricordati Hermann Hesse, Ruggero Leoncavallo, il succitato Pascoli, Salvatore Quasimodo, Gabriele D’Annunzio e tanti altri monumenti della cultura che ebbero a cuore la nostra città e dei quali la nostra rubrica approfondirà emozioni, sentimenti e ricordi tangibili dai loro lasciti letterari.

Saranno proprio queste memorie a cui la rubrica porrà attenzione, ripercorrendo meno i funerei elogi della città distrutta, quanto più soffermandosi sul ricordo felice dei luoghi tutt’ora esistenti di Messina che testimoniano, silenti, i passi, le parole, i versi e le prose custodi di un passato ormai perduto ma che, nonostante ciò, ci appartiene come eredità identitaria del vero messinese, attraverso la testimonianza e le parole degli illustri.

Francesco Tamburello