Nietzsche è ancora vivo e probabilmente ascolta Jazz

Un gigante tra passato e presente

Sebbene sia ormai morto da quasi duecento anni, Friedrich Nietzsche ha scosso le fondamenta della Filosofia contemporanea, provocando grande divisione, nel corso degli anni, tra i suoi più accaniti sostenitori e coloro che non sopportano la brutale onestà con cui la sua oscura penna sputa sentenze sulla bianca carta dei libri.

Un solo aspetto del celebre filosofo nichilista riesce a mettere d’accordo tutti: egli rappresenta un punto di non ritorno nella storia della Filosofia. Il grande successo delle sue opere è sicuramente dovuto alla grande attualità dei temi affrontati: il modo che ha l’uomo di fronteggiare il dolore, la sottile linea che separa la fede cieca dall’illusione e il contrasto tra la morale imposta dalla società e la volontà del singolo individuo sono soltanto alcune delle tematiche che Nietzsche tratta nelle sue opere.

Possiamo dunque affermare che il pensiero di Nietzsche non va relegato al semplice studio accademico, bensì va considerato come un importante chiave di lettura per l’esistenza dell’essere umano in tutte le epoche.

L’apollineo contro il dionisiaco

Il concetto su cui si basa l’intera concezione che Nietzsche ha dell’universo che ci circonda è lo scontro tra l’apollineo e il dionisiaco.

Apollo era il dio greco delle arti e dei canoni, simbolo della razionalità umana. Dioniso era un dio introdotto dai greci nei loro culti a causa di influenze dei popoli asiatici con cui si sono rapportati nel corso del tempo.

Dioniso, a differenza di Apollo, non rispetta alcun canone. Non è razionale, bensì si abbatte sugli uomini come un vento impetuoso. Li spinge ad abbandonarsi ai loro istinti più primitivi, li fa sprofondare nella tentazione e li mette in contatto con la natura.

Inutile dire che la totale irrazionalità di Dioniso non può che divorare le fragili regole imposte da Apollo agli uomini.

Per Nietzsche, dunque, il mondo è stato, è e sarà sempre Dioniso e la sofferenza umana è dovuta dalla difficoltà che l’uomo ha ad accettare il disordine.

All’inizio del secolo scorso è nato un nuovo genere musicale che come tema centrale ebbe proprio il disordine: il Jazz.

Tra ordine e caos: il Jazz

Quando la popolarità di un nuovo genere musicale chiamato Jazz (si pensa il nome derivi da un vocabolo francese che richiama una sensazione di allegria e movimento) esplose a New Orleans, intorno al 1915, Friedrich Nietzsche era già morto da quindici anni.

Ci sono, però, incredibili somiglianze tra il messaggio contenuto nella filosofia di Nietzsche e la musica Jazz.

Questo nuovo genere musicale ha da subito colpito il pubblico per l’utilizzo di svariati virtuosismi e scale musicali alternative, capaci di suscitare nell’ascoltatore un grande senso di disordine e caos. Un richiamo verso gli istinti primordiali dell’uomo, un innato senso di movimento che getterebbe nella confusione anche la più razionale delle menti.

Il Jazz fa uso di un attento studio di scale musicali e virtuosismi per veicolare verso le orecchie dell’ascoltatore quella che è la natura umana: il disordine.

Proprio lo stesso senso di disordine e spaesamento si trova all’inizio del percorso che, secondo Nietzsche, deve portare l’uomo a diventare Übermensch, ovvero oltre-uomo.

La tappa iniziale di questo arduo cammino è segnata dalla morte di Dio, ovvero dalla morte di ogni certezza metafisica. Che essa sia una cieca fede in qualsivoglia religione o un’incrollabile fede nella scienza e nel progresso, ogni convinzione che serva a portare avanti il fragile ottimismo dell’uomo nei confronti della vita è destinata a crollare di fronte alla brutale verità. L’esistenza è sofferenza. L’uomo non può fare uso di alcun costrutto razionale per consolare sé stesso.

La musica come linguaggio universale

E coloro che furono visti danzare, vennero giudicati pazzi da quelli che non potevano sentire la musica.

Nietzsche F., La gaia scienza e idilli di Messina

Con questo aforisma della Gaia scienza, una delle sue più celebri raccolte di aforismi, Nietzsche evidenzia innanzitutto la centralità della musica come linguaggio nell’esistenza umana.

Come affermato da lui stesso ne La nascita della tragedia, una delle sue prime opere, la musica è uno dei pochi mezzi di cui l’uomo dispone per «andare in concerto di fronte alla propria anima», comprendere sé stesso in modo autentico e senza alcun filtro esterno, libero dai dettami morali di una società schiava delle illusioni.

In un mondo in cui gli uomini cercano disperatamente la consolazione, tramite mezzi razionali che non hanno alcuna efficacia, la musica è un’arte comunicativa, svincolata dalla parola umana, che necessita della conoscenza preliminare di una lingua per essere compresa. Ma arriva in modo diretto all’ascoltatore, suscitando immediatamente sensazioni forti e innate nell’anima umana.

Proprio partendo dall’evoluzione nella concezione greca delle opere teatrali, Nietzsche effettua un’approfondita disamina del cambiamento del rapporto tra l’uomo e il disordine.

Mentre, in un periodo iniziale della produzione di tragedie in Grecia, l’uomo si rapportava in modo diretto e spietato col dolore, come vorrebbe il Dioniso, in un secondo momento la tragedia greca è stata appesantita da artifici scenici ed elementi narrativi come il deus ex machina. Greci hanno dunque provato ad introdurre Apollo nella loro produzione tragica, allontanandosi dalla comprensione della vita come puro caos.

Il viaggio dell’uomo: dal dolore all’accettazione

Risulta quasi immediato il passaggio della centralità del caos, come base dell’esistenza e della sofferenza, nella filosofia di Nietzsche, alla centralità del disordine e dell’apparente insensatezza nei componimenti Jazz.

L’aggettivo apparente non è usato in modo superficiale: c’è un attento studio schematico dietro la musica Jazz, proprio come c’è una parvenza di ragione nel caos della filosofia di Nietzsche.

Senza anni di teoria musicale e senza lo studio delle complicate scale che ne costituiscono le fondamenta, sarebbe impossibile comporre un pezzo Jazz.

Allo stesso modo Nietzsche individua una via di fuga dalla ripetitività della sofferenza nell’esistenza umana. Una volta constatato il tramonto di tutte le certezze (la morte di Dio), l’unico modo che ha l’uomo per andare avanti è costruire i propri valori, obbedire unicamente alla propria morale, in modo tale da diventare oltre-uomo. Tutto ciò deve avvenire secondo una ragione interna all’uomo, che apre le porte al concetto di prospettivismo: non esiste qualcosa di oggettivamente giusto, ma i concetti di buono cattivo dipendono dalla prospettiva soggettiva da cui vengono osservati.

Filosofia e musica: la cura per l’anima

Gli anni della pandemia e del lock-down hanno gettato la società nel silenzio più totale. Non si sentiva alcun veicolo circolare in strada, niente serate nei locali, nessun evento sociale che coinvolgesse grandi gruppi di persone. Il silenzio assoluto.

Noi, in quanto esseri umani, abbiamo provato un grande sconforto nel vedere una società figlia del positivismo e della razionalità collassare su sé stessa.

Tutto ciò che la ragione aveva costruito stava crollando davanti ai nostri occhi e noi non potevamo accettarlo.

Ciò che venne teorizzato da Nietzsche nel XIX secolo non fa che ripetersi ciclicamente. Le convinzioni che l’uomo costruisce tramite la ragione crollano una dopo l’altra al presentarsi di nuovi problemi, causandoci sofferenza.

Negli anni del covid-19, è stata proprio la musica ad avere un ruolo centrale nella vita della maggior parte della popolazione globale.

Nietzsche continua a spronarci a trovare il nostro equilibrio personale nel caos, e il mezzo più potente che abbiamo per farlo è sicuramente la musica.

Possiamo, dunque, concludere, alla luce della grande attualità del suo pensiero, che Nietzsche è ancora vivo e probabilmente ascolta Jazz.

Bibliografia:
Nietzsche F., Così parlò Zarathustra, Firenze, Giunti, 2021
Nietzsche F., Genealogia della morale, Trento, Rusconi, 2023
Nietzsche F., La gaia scienza, Milano, Adelphi, 1977
Nietzsche F., La nascita della tragedia, Milano, Adelphi, 1977
Nietzsche F., Tutto sarà allora Dioniso, Firenze, Giunti, 2023
Storia del Jazz: https://www.elegancecafe.it/storia-del-jazz-le-origini/?srsltid=AfmBOoo1hBV-T2HUjr8EJEswe2wLtnOsIL_4HW0Vbvl00RPX0mvD558y

 

Nietzsche e Lou: passione umana troppo umana

Dal paradosso di Zenone fino alla critica kantiana, dal mistero della caverna di Platone fino al Velo di Maya e anche più in là nel tempo: la filosofia ha incantato e meravigliato il cuore dell’uomo.

I filosofi nella loro genialità e follia non furono esenti dalle passioni dei comuni mortali, in particolare alla grande e potente forza motrice che move il sole e l’altre stelle, come disse Dante.

Uno dei tanti a cadere sotto il pesante fardello dell’amore fu il demistificatore per eccellenza, il padre di molti dei più noti concetti filosofici ed esistenziali, della volontà di potenza, dell’eterno ritorno dell’uguale, del superuomo: Friedrich Nietzsche. 

Ecco la storia di come un incontro cambiò radicalmente la sua vita e influenzò il suo lavoro.

To Rome with love

A Roma, nel 1882, su richiesta dell’amico Paul Ree, Nietzsche lo raggiunse per conoscere lei, la femme fatale di cui tanto aveva sentito parlare, Louise Von Salomè, scrittrice, psicologa e filosofa russa, definita una delle più grandi intellettuali dell’900 e ricordata per essere la donna che ha fatto perdere la testa a uomini illustri del calibro di Freud e Rilke, oltre che dello stesso Ree e Nietzsche.

Tra il 23 e 24 aprile, in piazza San Pietro, Nietzsche si trovò davanti alla giovanissima Lou Salomè, alla quale rivolgerà da subito queste parole:

 Cadendo da quali stelle ci siamo venuti incontro fin quaggiù?

Il filosofo della solitudine, l’autore dell’annuncio della morte di Dio, crollerà di fronte al fascino della brillante psicoanalista e non riuscirà a smettere di pensarla:

Quando sono completamente solo, spesso, molto spesso, pronuncio il Suo nome […]. Si dice che non sia mai stato così sereno nella mia vita come ora.

Successivamente, Nietzsche chiese alla bella Salomè per ben tre volte di sposarlo, trovando sempre un netto rifiuto da parte sua, che provava per lui un’attrazione meramente intellettuale e non fisica.

 

Nietzsche. Fonte: https://www.unidformazione.com/nietzsche-5-elementi-filosofia/

Un Nietzsche troppo umano

In seguito al suo rifiuto, venne invitata a far parte della comunità intellettuale già avviata con Ree, che prenderà il nome di “trinità”, ma il progetto è destinato a fallire e Nietzsche, distrutto e deluso per il rifiuto di Lou, si ritirò a Rapallo, dove scrisse la prima parte del Così parlò Zarathustra.

E quanto pesante è diventato anche il dovere di un amico, che adesso ancora giunge a me. Io volevo vivere solo. Ma poi il dolce uccello, Lou, è volato sulla mia strada, e io credetti che fosse un’aquila. E allora volli avere l’aquila intorno a me. Venga su, io soffro troppo per averla fatta soffrire. Lo sopporteremo meglio insieme.

Katharina Lorenz e Alexander Scheer (Friedrich Nietzsche) nel biopic “Lou von Salomé”. Fonte: iodonna.it

Molti tutt’ora arrivano a sostenere che, senza il cuore spezzato del filosofo, noi oggi non avremmo avuto il Così parlò Zarathustra e che sia la stessa Lou il superuomo a cui Nietzsche s’ispiro nella stesura del suo personaggio; e allora che la tragedia personale di Nietzsche, che segna un altro passo verso il crollo mentale avvenuto nel 1889, diventa, al contrario, una forza creatrice il cui prodotto è una delle pietre miliari del pensiero umano.

Nel 1894, mentre il filosofo si trovò in pieno declino della sua sanità fisica e mentale, fu la stessa Lou Salomè a scrivere la più accurata delle biografie di Nietzsche, risultando una tra le poche persone ad aver colto il genio e compreso lo spirito che si celava dietro quell’uomo tanto tormentato, regalandoci una visione umana troppo umana dell’uomo che l’amò sino alla follia.

 

Gaetano Aspa

Poesie dai confini del mondo. Il soggiorno a Messina di Friedrich Nietzsche

“Alla fine del mese vado alla fine del mondo: se lei sapesse dov’è!”.

Sono queste le parole del filosofo e scrittore Friedrich Nietzsche nella sua missiva dell’ 11 marzo 1882 indirizzata all’amico musicista Paul Gast, in cui annunciava il suo prossimo viaggio verso la terra alla “fine del mondo”, in Sicilia, nella nostra bellissima città di Messina.

Il filoso di Röcken, tormentato dal Föhn (l’afoso vento tedesco), aveva dall’anno precedente intrapreso un viaggio in Italia, alla ricerca di un clima più favorevole alle sue condizioni di salute.

Dopo un lungo soggiorno della durata di sei mesi sulla costa ligure, partì alla volta della città dello Stretto. Un arrivo in sordina quello di Nietzsche: salpato da Genova a bordo di un veliero, toccò le sponde messinesi il 31 marzo 1882 e, battuto dal mal di mare, venne portato in barella fino al suo albergo, nei pressi di Piazza Duomo.

Ma cosa spinse il filoso del “Superuomo” ad andare a Messina?

La citta dello Stretto in un’antica rappresentazione – Fonte: letteraemme.it

Teorie sulle motivazioni del viaggio a Messina

Sappiamo per certo che non si trattò di un colpo di testa, ma di un progetto che lo portò fino in Sicilia, insieme alla possibilità di restarci per qualche anno. Un insieme di eventi conducono a diverse ipotesi.

Ad esempio Koelher nel suo “Nietzsche. Il segreto di Zarathustra” ipotizza una possibile motivazione nella presenza a Taormina del barone Von Gloeden (fotografo tedesco), che in quegli anni stava attuando una propaganda artistica attraverso il concetto di bellezza, espressa dai giovinetti siciliani in pose antico-greche.

Un’altra valida motivazione è che Nietzsche fu spinto dall’amore per Goethe, che nella sua visita a Messina e a Taormina trovò l’ispirazione per la sua “Nausicaa”. Nietzsche aveva di certo letto il “Viaggio in Italia” del suo connazionale, al punto da rimanerne colpito. Qualche tempo prima aveva scritto all’amico Gast:

“Sempre mi aleggia intorno la Nausicaa”.

Un altro avvenimento non meno rilevante fu la presenza in Sicilia dell’ormai ex amico Richard Wagner, che aveva passato l’inverno a Palermo a comporre il Parsifal; il suo arrivo a Messina fu annunciato in pompa magna. È quindi del tutto improbabile che il filosofo non sapesse della visita del Wagner; di un eventuale incontro tra i due, però, non si sa nulla.

Wagner e Nietzsche – Fonte: messina.gazzettadelsud.it

Il mistero messinese

La permanenza in incognito di Nietzsche a Messina fu contornata da un alone di mistero talmente fitto da far arrossire gli stessi biografi del filosofo.

Una cosa è certa: Nietzsche ha amato Messina tanto quanto Messina ha amato il suo illustre ospite, come egli stesso ha raccontato agli amici Gast e Overbeck:

“I miei nuovi concittadini mi viziano e mi corrompono nel più amabile dei modi”.

In particolare, a Overbeck scrive che i messinesi sono amabili e premurosi al punto che gli sfiora l’idea che qualcuno possa averlo preceduto in Sicilia allo scopo di “comprarmi i favori di questa gente”.

Un soggiorno breve ma altamente proficuo, perché proprio nella città dello Stretto il filosofo completò gli “Idilli di Messina” e iniziò la stesura de “La Gaia Scienza”.

Solo dopo poco più di due settimane, il 20 aprile 1882, il filosofo fece rotta verso la “città eterna”, dove ad attenderlo c’erano l’amico Paul Rée e l’affascinante femme fatale Lou von Salomé (l’eterno amore di Nietzsche).

Friedrich Nietzsche – Fonte: gazzettadelsud.it

Gli “Idilli di Messina

Gli “Idilli di Messina” rappresentano un unicum all’interno della molteplice produzione filosofico-letteraria di Friedrich Nietzsche, in quanto unica opera prettamente poetica, pubblicata nel maggio 1882 sulla rivista «Internationale Monatsschrift» qualche mese dopo la sua composizione.

Una forma modificata e composta da sei di questi componimenti farà successivamente da appendice per la seconda edizione de “La Gaia Scienza” (1887).

Gli idilli nascono dall’impossibilità di rappresentare una singola immagine e al suo interno fissare gli stadi dell’incessante accadere.

“Ho la meta e il porto obliato,

Di tema e lode e pena sono immemore:

Ora io seguo ogni uccello nel volo.”

(da “Principe Vogelfrei”)

 

Le poesie seguono un percorso crescente ricco di continui rimandi alla differenza tra essere e divenire, tematiche che il filosofo affronterà in seguito. L’essere che ha la funzione di stato sincronico che può essere colto, si scontra con il divenire che non ha le sembianze di un flusso di coscienza distruttivo (tipico della filosofia nietzscheana), ma di un progetto, scelto e portato avanti, quello dell’oziosa incoerenza del divenire stesso.

Un progetto tale da portare la stabilità dell’essere nel divenire, quello stesso essere staccato da ogni continuazione della personalità. Da qui nasce l’espediente poetico, dove, tolta la devastante e prepotente filosofia nichilista, non resta che un puro gioco letterario piacevole e spensierato che traspare limpidamente nella lirica.

“E le sillabe, in questo verseggiare,

Saltellavano, oplà, l’una sull’altra,

Così che scoppiai a ridere d’un tratto

E risi per un quarto d’ora.”

(da “Giudizio d’uccello”)

 

In particolare, nel “Canto del capraio”, il testo viene modellato da versi ironici e indolenti, da cui traspaiono tutte le impressioni del soggiorno nell’estremo Meridione.

Copertina de “La Gaia Scienza” e gli “Idilli di Messina” – Fonte: maremagnum.com

 

Gaetano Aspa

 

Articolo pubblicato sull’inserto “Noi Magazine” della “Gazzetta del Sud” in data 17/02/2022

Messina attraverso gli occhi dello straniero

Siamo tutti a conoscenza delle personalità più importanti nate o vissute a Messina, da Antonello a Filippo Juvara e Tommaso Cannizzaro. Molto sappiamo anche degli scrittori e poeti contemporanei che nelle loro opere mostrano l’anima della città e dei cittadini.

Ma quanto rimane ancora conosciuto da pochi è il fatto che molte personalità del passato trascorsero del tempo nella nostra città, rimanendo incantati dall’accoglienza dei cittadini, dal cibo, dai paesaggi, tanto da parlarne nelle loro opere; o ancora che figure di rilievo vissero a Messina e qui portarono avanti i loro progetti. Scopriamone insieme alcuni!

Goethe e Nietzsche

Nei suoi Ricordi di viaggio in Italia nel 1786-1787 lo scrittore, poeta e drammaturgo tedesco racconta di essere giunto in Sicilia, trascorrendo proprio i primi giorni a Messina. La Messina che vive Goethe in quei giorni è una città “malinconica oltremodo”, che tenta di risollevarsi dopo il terremoto del 1783. Proprio il suo viaggio in Sicilia, si pensa che abbia ispirato l’autore per la creazione della sua Nausicaa. Parlando della Sicilia dice inoltre: “L’Italia senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto […] La purezza dei contorni, la morbidezza di ogni cosa, la cedevole scambievolezza delle tinte, l’unità armonica del cielo col mare e del mare con la terra… chi li ha visti una sola volta, li possederà per tutta la vita”.

 

Il terremoto del 1783 che colpì la Calabria meridionale e Messina. Fonte: MediterraneiNews.it

 

Seguendo le sue orme e incuriosito dai suoi racconti, il filosofo tedesco Nietzsche giunge a Messina nel 1882. Si racconta che il suo viaggio in mare non fu dei migliori, che sconfitto dallo scirocco fu costretto a raggiungere la terraferma su una barella. Rimase in quei giorni inosservato, prima della sua partenza, quindi poco si sa effettivamente sul suo soggiorno a Messina. Ma della città e dei suoi cittadini il filosofo scrive: “I miei nuovi concittadini mi viziano e mi corrompono nel più amabile dei modi”. Rimane colpito dalla gente e dal paesaggio tanto da scrivere “Gli idilli di Messina”, nonostante sia stato poi costretto a lasciare la città nuovamente per via dello scirocco.

 

Jeanette Villepreux

Arrivata da Parigi nel 1818, Jeanette vive a Messina per 25 anni, durante i quali approfondisce la sua passione per gli organismi marini. In particolar modo si dedica ad un quesito già studiato da Aristotele, ovvero se l’argonauta argo (un mollusco) costruisse da sé la sua conchiglia o se la occupasse successivamente.

Jeanette crea delle attrezzature, simili a delle gabbie, dapprima posizionate all’interno delle acque del mare, per poter così studiare il mollusco (successivamente le gabbie vengono disposte negli appartamenti per poter studiare più facilmente e più da vicino i suoi comportamenti).

Primi “acquari” realizzati da Jeanette Villepreux

Scopre così che la femmina dell’argonauta argo costruisce da sé la propria conchiglia. Nel 1858 l’Enciclopedia Britannica riconosce a Jeannette l’invenzione dell’acquario e la definisce “madre dell’acquariofilia”. La donna non si dedica però solo ai suoi studi e scrive una “Guida per la Sicilia” in cui mostra tutto l’affetto provato per la città: “quivi si succedono ridenti scene di apriche colline e di piagge dolcemente digradanti, e coverte di biade, di vigneti, di giardini, di ulivi, finché alla fine entro il suo seno l’accoglie il magnifico porto di Messina”.

Guida per la Sicilia di Jeanette Villepreux                                                               

Georges Simenon

Lo scrittore belga giunge a Messina nel 1934 durante i suoi sei mesi di navigazione nel Mediterraneo che lo portano a scrivere “Il Mediterraneo in barca”. Spinto dalla voglia di scoprire e analizzare “l’uomo nudo“, ovvero l’uomo com’è davvero, come vive la sua città e le sue abitudini, giunge a Messina dichiarando: “Ah, Messina! Come sarebbe bello mangiare una cassata! A quanto pare sono i gelati più buoni del mondo. E allora ci precipitiamo. Ne mangiamo una, ne mangiamo due, tre, e la notte abbiamo tutti mal di pancia.” Simenon descrive poi i vortici di Torre Faro, le correnti, unendo la mitologia alla cucina e alla tradizione. In uno scenario che è quello della vigilia della Seconda Guerra Mondiale, Simenon riesce a far risplendere quelli che sono gli animi dei cittadini, la bellezza dei paesaggi, i miti e le leggende che tanto hanno incantato l’autore.

Fonte: La Gilda dei narratori Messina (Facebook)

Messina vista dunque dagli occhi degli “stranieri”: una Messina malinconica, stanca, ma che sa sorprendere e dare speranza, che non perde mai l’occasione di mostrarsi aperta all’altro, di accoglierlo e di permettergli di essere parte integrante dell’anima del luogo anche se per pochi giorni o settimane.

Cristina Lucà

Fonti:

gazzettadelsud.it

Ricordi di viaggio in Italia di Johann Wolfgang von Goethe

Il Mediterraneo in barca di Georges Simenon

letteraemme.it

Messina da Leggere: la Città come parco letterario

 

 

In quanto porta della Sicilia, Messina, nei suoi quasi tremila anni di storia, è stata porto per antonomasia di flussi commerciali e culturali.

Poiché l’arte, evolutasi di pari passo con il progresso della società umana, è stata, spesso, ambasciatrice e voce espressiva del patrimonio culturale delle varie etnie succedutesi come dominatrici ed anima della nostra isola, questa rubrica vuole ripercorrere e rivalutare, attraverso l’indagine nel vasto mondo della letteratura, i luoghi della nostra città che quotidianamente appaiono abituali, talvolta anonimi allo sguardo del messinese, ma che, al contrario, proprio dietro il loro silenzio, nascondono una storia narrata dalla penna dei più grandi autori della nostra cultura di tutti i tempi.

Cercheremo, in questo modo, di ripresentare Messina come “parco letterario”, secondo l’idea che fu di Stanislao Nievo, il quale nel 1992, forgiò questo termine per indicare tutti quei luoghi che hanno ispirato un autore nella produzione di opere letterarie.

Il concetto di “parco letterario” si contrappone nettamente al pensiero disfattista e pessimista che spoglia Messina di ogni bellezza ed interesse. Per dare al lettore un’idea di cosa si intende per “parco letterario”, basti pensare alla fortuna che la città di Messina può vantare quotidianamente nell’affacciarsi sullo Stretto di Messina: proprio tra i due lembi di Sicilia e Calabria separati da una striscia di mare, l’aedo Omero narrò dei due famigerati mostri Scilla e Cariddi,  famelici divoratori di navi e marinai, tra le cui grinfie passò la ciurma dell’impavido Ulisse. Quello stesso scenario ritorna nei ricordi successivi di un turista Edmondo De Amicis che, nel 1866, scrisse nel suo diario di viaggio della: “La bella Messina, privilegiata d’una delle più favorevoli situazioni geografiche del mondo, dove due mari si congiungono (…)” – tracciando dei messinesi un profilo dettagliato degno di riguardo.

La dolce penna di De Amicis, testimone della precoce ripresa della città dal terribile terremoto che la rase al suolo nel 1783, segue proprio l’apocalittica cronaca del disastro sismico riportata da un altro grande padre della letteratura europea quale Wolfgang Goethe. Di una Messina che non esiste più ci parlano, ancora, le annotazioni del professor Giovanni Pascoli, il quale nel 1898, dal balcone della propria abitazione in Piazza Risorgimento (l’odierna Piazza Don Fano), scrisse della veduta attraverso la finestra di Palazzo Sturiale: “Si vede il forte Gonzaga sui monti…dall’altra finestra il mare, su l’Aspromonte…” , tessendo gli elogi della straordinaria natura geografica di Messina e del suo porto, che definì “il più bel porto del mondo” ; e fu proprio da quella posizione che, qualche decennio prima, il filosofo Friedrich Nietzsche, dalla stiva di una nave proveniente dal continente italiano, scrisse piccoli componimenti noti come “Idilli di Messina”. Benché i poemetti del filosofo non rechino alcun riferimento alla città, il lettore potrà rivivere senz’altro l’animo di Nietzsche recitando i brevi ed eccentrici versi davanti una cortina del porto che, a causa del sisma del 1908, non presenta più i caratteri che il pensatore poté ammirare dal ponte della nave. Allo stesso modo quei ricordi dell’allora elegante porto di Messina sormontato dalla raffinata e monumentale Palazzata, permangono nei diari di altri grandi intellettuali e scrittori che visitarono la nostra città, i quali le riconobbero un carattere cosmopolita del tutto unico rispetto agli altri capoluoghi siciliani, prerogativa che non intaccò mai lo stereotipo del messinese generoso, polemico e chiacchierone, tipicamente siciliano.

L’elevata considerazione di Messina da parte dei grandi intellettuali ed artisti della nostra storia, è dimostrata dalle cronache che ricordano un Richard Wagner e signora passeggiare frequentemente presso la piazza del Teatro Vittorio Emanuele; sempre a Messina,  in una non specificata chiesa a metà degli anni ’70 del 1800, si celebrò il matrimonio tra il grande poeta catanese Mario Rapisardi e la giovane Giselda Fojanesi, unione che causò, successivamente, l’attrito tra il Rapisardi ed il più giovane Giovanni Verga, instancabile dongiovanni e corteggiatore della Fojanesi.

Ben più importante valore hanno, di certo, le numerose dediche che vari intellettuali ed artisti rivolsero alla città all’indomani del terribile sisma del 1908: tra questi vanno ricordati Hermann Hesse, Ruggero Leoncavallo, il succitato Pascoli, Salvatore Quasimodo, Gabriele D’Annunzio e tanti altri monumenti della cultura che ebbero a cuore la nostra città e dei quali la nostra rubrica approfondirà emozioni, sentimenti e ricordi tangibili dai loro lasciti letterari.

Saranno proprio queste memorie a cui la rubrica porrà attenzione, ripercorrendo meno i funerei elogi della città distrutta, quanto più soffermandosi sul ricordo felice dei luoghi tutt’ora esistenti di Messina che testimoniano, silenti, i passi, le parole, i versi e le prose custodi di un passato ormai perduto ma che, nonostante ciò, ci appartiene come eredità identitaria del vero messinese, attraverso la testimonianza e le parole degli illustri.

Francesco Tamburello 

Nietzsche a Messina: un viaggio “alla fine del mondo”

Era il 31 marzo del 1882: una mattina come tante al porto di Messina, allora florido e importante approdo commerciale, a cui continuamente facevano scalo navi mercantili da tutta Italia e dal mondo. E, molto probabilmente, nessuno sapeva che quel mercantile appena arrivato da Genova trasportava con se un ospite davvero speciale. Proprio quella mattina, infatti, viene portato a terra in barella, stanco, provato da una notte insonne, dal mal di mare e dai dolorosi attacchi di emicrania di cui soffre ormai da diversi anni, uno dei personaggi più importanti e controversi della cultura europea e occidentale: Friedrich Wilhelm Nietzsche. 

Il soggiorno messinese del grande filosofo tedesco è una delle tappe forse meno conosciute della sua biografia: un po’ per la sua brevissima durata ( poco meno di un mese), e un po’ perché è scarsa la documentazione riguardante le ragioni della sua permanenza in Sicilia; tutto ciò che si sa a riguardo proviene dalla sua ricca corrispondenza privata con parenti ed amici, mentre pare che di questo viaggio temporaneo del grande pensatore, che pure all’epoca godeva già di una certa notorietà negli ambienti colti dell’epoca, non sia trapelato niente di pubblico. 

Facciamo un po’ di storia: in quel periodo, Nietzsche ha 38 anni ed ha già lasciato da alcuni anni l’insegnamento di Lingua e Letteratura greca all’Università di Basilea, per ritirarsi a vita privata nel famoso “rifugio” di Sils Maria, in Engadina. Le precarie condizioni di salute non gli consentono più di adempiere ai suoi doveri didattici: soffre infatti di violente emicranie con aura,  che oggi sappiamo essere probabilmente nient’altro che la fase prodromica di quella devastante malattia neurologica su base genetica (l’arteriopatia cerebrale ereditaria nota oggi con l’acronimo di CADASIL) che aveva già ucciso suo padre e che, di lì a qualche anno, lo porterà allo scompenso psicotico (il celebre “crollo mentale” di Torino del 1889, a seguito del quale scriverà i famosi “biglietti della follia”) e, successivamente, alla morte.

Un Nietzsche fisicamente fragile, quindi, ma intellettualmente in fermento: sono gli anni della sua piena maturazione dal periodo “wagneriano” del suo pensiero agli sviluppi nichilisti che lo renderanno, negli anni, così importante e rivoluzionario per la storia della filosofia occidentale.  Sono anni di intensa attività filosofica, punteggiati qua e là da frequenti viaggi, alcuni dei quali a scopo di cura termale, nelle vicine mete del Nord Italia (Venezia, Torino, Genova e la Liguria) e del sud della Francia. Ed è in questo contesto che si inquadra il viaggio a Messina, successivo, o forse addirittura contemporaneo, alla stesura dei suoi “Idilli di Messina”, la raccolta di poesie successiva alla sua celebre opera filosofica, “La gaia scienza”

Perché proprio Messina? Le certezze sono poche, ma le ipotesi, come al solito, si sprecano. Forse quel grande intellettuale, appassionato lettore di Goethe, era rimasto suggestionato dalla sua pittoresca descrizione della Sicilia nel suo “Viaggio in Italia” (non era forse Goethe a scrivere che “l’Italia, senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna?”). O forse intendeva incontrare il vecchio amico e compositore Richard Wagner, l’idolo della sua giovinezza filosofica, con cui da tempo aveva interrotto i rapporti, e che in quel periodo si trovava a Palermo e avrebbe in seguito raggiunto Messina, l’11 di Aprile del 1882. Non sono del tutto chiaro i motivi della partenza, ma quel che è certo è che per Nietzsche si trattava di una esperienza esaltante: all’amico e discepolo, il compositore Heinrich Koeselitz, quel “Peter Gast” che diventerà anche, dopo la sua morte, uno dei principali revisori della sua opera omnia assieme alla sorella, Nietzsche scrive: “Alla fine del mese, vado alla fine del mondo”.

A Messina Nietzsche, che pernotta nei primi tempi in un ostello vicino al Duomo, sembra trovarsi molto bene e provare persino un effimero giovamento dalle sue condizioni di salute. Dalle lettere alla famiglia e agli amici, si evince tutta la sua meraviglia riguardo la bellezza dei luoghi e l’ospitalità dei messinesi, insieme alle sue intenzioni di prolungare la permanenza fino all’estate, o anche oltre. Non si sa nulla di come impiegasse il suo tempo nell’Isola: è probabile che abbia girato a fondo la città e i dintorni, e  forse visitò anche Taormina, la città in cui Goethe partorì una delle opere che gli erano più care, il poema drammatico “Nausicaa”.

Nemmeno è noto se alla fine sia riuscito a incontrare Wagner; è verosimile infatti che l’eccelso musicista non sapesse nulla della sua presenza a Messina, mentre al contrario, la breve visita del compositore tedesco alla città dello Stretto ebbe una notevole e calorosa accoglienza da parte della stampa e del pubblico. Quel che è certo, invece, è la data della sua partenza: il 23 di Aprile del 1882, vinto dal caldo e dallo scirocco, che evidentemente non era abituato a sopportare, Nietzsche rientra da Messina per ricongiungersi, a Roma, con l’amico Paul Rée. 

Così finisce il breve viaggio “alla fine del mondo” di uno dei pilastri della storia del pensiero nella Sicilia del mito, della bellezza classica, del Mediterraneo; il suo viaggio nella calda e bella Messina della fine dell’800, del suo crepuscolo dorato prima della rovina, è forse una tappa insignificante di una delle tante peregrinazioni della sua travagliata vita; ma chissà se, come alcuni studiosi ipotizzano, alcune delle opere di questo colosso della filosofia, come “Così parlò Zarathustra” non abbiano visto la luce, o perlomeno il primo concepimento, proprio qui, sulle assolate rive dello Stretto… 

Gianpaolo Basile

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