Il “Castellaccio”: fra storia e misteri

A 150 metri sul livello del mare, a vegliare la città di Messina da un arcano nemico vi è il misterioso Castellaccio, una delle fortezze più antiche della città e luogo pregno di misteri e di storia.

La storia 

Di grande importanza strategica, in quanto punto di controllo e di avvistamento, il forte prende nome dalla sottostante vallata di Gravitelli, in passato zona impervia ed isolata.

Come racconta Giuseppe Buonfiglio Costanzo nella sua “Messina Città Nobilissima” (1606) il Castellaccio ha origini antichissime.

Per secoli fu diffusa la convinzione che fosse stato Orione in persona a edificarlo e non senza fondamento dati i reperti archeologici, risalenti all’età preellenica, ritrovati nel sito.

Il vicerè Giovanni De Vega, nel 1547, lo fece ricostruire in fascine e legname e, nello stesso secolo, l’architetto Antonio Ferramolino, autore anche del Castello del SS. Salvatore e del Forte Gonzaga, lo ridusse in forma quadrata.

Nel 1674, durante la rivolta antispagnola, il forte venne preso d’assalto dai messinesi e utilizzato come osservatorio. Da qui il suono di una cannonata preannunciava ai cittadini dei pericoli imminenti.

Durante i moti del ’48, i messinesi lo riconquistarono e mantennero fino al secolo successivo, quando anche il Castellaccio subì il terremoto che devastò Messina un ventennio dopo.

Il secondo conflitto mondiale lo danneggiò ulteriormente e i successivi interventi finirono per stravolgerne irreversibilmente l’iniziale natura architettonica.

È il caso del 1949, quando il Castellaccio divenne sede di Villa Pia e reinaugurato come “Città del Ragazzo”.

Padre Nino Trovato di fronte la Città del Ragazzo, fondata nel Forte Castellaccio – Fonte: gsud.cdn-immedia.net/2021/10/me_citta_ragazzo.jpg

Qui, “orfanelli”, ragazzi e giovani provenienti da famiglie e dai contesti più disagiati, ospitati dal responsabile del progetto, padre Nino Trovato, trovarono nel Castellaccio una casa e un lavoro.

L’edificio, come scrive l’architetto Nino Principato, fu ampiamente manomesso. Al suo interno, inoltre, venne edificata una palazzina con finestre in falso stile gotico, che mal si accordano con il carattere generale della struttura originaria, di cui, ormai, rimane ben poco.

Il castello degno di un horror

I messinesi non apprezzano particolarmente questo monumento e da decenni, complice il decadimento della struttura, credono che il luogo sia maledetto.

A conferma di ciò, il macabro scenario che fa da benvenuto ai visitatori: un pupazzo di Babbo Natale impiccato all’ingresso, simboli esoterici tracciati su porte e pavimenti e, sulla volta della cappella, un pentacolo.

Babbo Natale “appeso” all’ingresso dell’edificio – Fonte: letteraemme.it/wp-content/uploads/2017/03/castellacci012.jpg

Un inquietante presagio di attività paranormale, confermata dalle numerose segnalazioni di rituali occulti e di sconcertanti apparizioni.

Fra queste, quella del fantasma di una suora, di cui circola anche un video sul web, che ha attirato l’attenzione di un gruppo di ricercatori del paranormale, il MAP.

Ghostbusters in azione al Castellaccio – Fonte: messinatoday.it/attualita/nuove-presenze-castellaccio-indagini-map.html

Dalle loro indagini risulta una fitta documentazione, contenente registrazioni che riportano la voce disperata di una donna, sospiri e lamenti, risate e vagiti infantili.

Il 24 novembre 2020, l’emittente britannica BBC ha mandato in onda una puntata dal titolo One night in a ‘haunted’ Sicilian castle”, ambientata proprio al Forte Castellaccio.

Una serie di immagini, interviste e testimonianze raccontano del viaggio all’interno del castello, atto a decretare la veridicità della storia.

Il Castellaccio in poesia 

Il poeta, giornalista e storico messinese Pasquale Salvatore, le cui opere sono sconosciute ai più, enfatizza il valore culturale del luogo nella sua emblematica poesia “Castiddazzu”:

Cu’ carriò la petra e la quacina,

cu travagghiò pi gghisari sti mura,

facènnumi cchiù forti, d’ura in ura,

dormi, e non s’arrispigghia a la matina:

dormi, di trenta sèculi…

O Missina,

tu intantu addivintavi gran signura!

Ma poi ti vosi ‘nterra la svintura,

mentri, cu’ potti, ti mintìu ‘ncatina.

Lu foristeri ora cchiù non ti vanta;

l’aria libbera tò cchiù non cci coli.

Ed oramai di tia nuddu si scanta…

Ma, addritta e fermu, supra sta muntagna,

iò cci cantu, a cù voli e a cù non voli:

Missina cc’era, e Roma era campagna.

 

Panorama dal Castellaccio negli anni ’60 – Fonte: pinterest.it/pin/782711610222408061/

 

Valeria Vella

Fonti:

visitme.comune.messina.it/it/luoghi/castellaccio-di-messina

balarm.it/news/tra-sospiri-notturni-e-risate-di-bambini-a-messina-c-e-un-castello-degno-di-un-thriller-118998

letteraemme.it/lemittente-inglese-bbc-a-messina-in-cerca-di-fantasmi-al-forte-castellaccio/

curiosauro.it/2022/03/12/i-fantasmi-di-forte-castellaccio-a-messina/

Immagine in evidenza:

Il “Castellaccio” – Fonte: profilo facebook “Messina Attività Paranormali”

Terremoto e soccorso russo: tutta la solidarietà racchiusa in un monumento

IMG_3353Alla base del viale Boccetta, affacciato su via Vittorio Emanuele II e dunque sul mare, si trova un largo alberato. Immerso nel selvaggio traffico cittadino, offre ristoro ai pedoni grazie a qualche panchina e ai tanti alberi con la loro imponente ombra. Anche la vista non è male: a fianco vi è la grandiosa fontana del Nettuno, di fronte il porto con la sua Madonnina. Ma quello che caratterizza davvero questa piazzetta è il significato che da qualche anno le è stato attribuito. Nel 2013, infatti, ha preso il nome di Largo dei Marinai Russi; inoltre al suo interno si trovano il busto dell’Ammiraglio russo Fëdor Fëdorovič Ušakov (1745-1817) padre spirituale della marineria russa e il monumento dedicato all’opera di soccorso dei marinai russi prestato ai messinesi dopo il terremoto del 1908. Tutto ciò testimonia la grande riconoscenza che la città di Messina, dopo oltre un secolo, mostra ancora nei confronti della marineria russa, alla quale è rimasta legata da quella terribile data in cui la nostra terra fu scossa, sconvolta, sconquassata.

Era il 28 dicembre 1908. Una data che ha segnato irreparabilmente Messina e che ogni messinese (ma non solo) ricorda perfettamente. Erano, infatti, all’incirca le 5:20 di quel freddo giorno di fine anno, quando un terribile terremoto in poco meno di 40 secondi distrusse la città intera, insieme a Reggio Calabria e a decine di comuni calabresi e siciliani che affacciano sullo stretto. Un terremoto di una forza impressionante a cui si aggiunsero, poco dopo, tre enormi onde anomale altrettanto distruttive. Quando le prime luci del mattino si alzarono sulla città, lo scenario che si presentò agli occhi dei sopravvissuti era sconvolgente: il 90% degli edifici era stato raso al suolo, il mare si presentava come un cimitero di detriti, quasi metà della popolazione non rispondeva più all’appello. Intanto impazzavano gli incendi, così come le numerose scosse di assestamento.

 

La macchina dei soccorsi non si mosse subito: tra le autorità cittadine, chi era morto, chi era scappato in preda al panico e dunque era impossibile organizzarsi. Inoltre le linee ferroviarie e quelle telegrafiche erano interrotte e quindi anche chiedere aiuto era diventato impossibile. Solo nel pomeriggio una delle torpediniere che erano ancorate nel porto, la “Spica”, riuscì ad uscire in mare aperto e a raggiungere Nicotera Marina, piccolo centro del Vibonese, da cui fu mandato il primo messaggio di aiuto a Roma.

I soccorsi dello Stato Italiano, però, arriveranno solo il 30: le navi dovranno attraccare in terza fila nel porto, dopo le navi russe e quelle inglesi.

I primi ad arrivare furono proprio i russi. Le loro navi si trovavano infatti al largo delle coste siciliane in quei terribili giorni, e, una volta saputo cosa era successo, senza indugio si diressero verso Messina, dove arrivarono all’alba del 29. Si trovarono di fronte una città fantasma, con altrettanti fantasmi, i sopravvissuti, che vagavano senza rifugio e senza pace, sotto la pioggia battente di quei giorni. L’aiuto della marineria dello zar fu essenziale: migliaia di persone furono tratte ancora vive da sotto le macerie. Tant’è che ad oggi sembra essere ricordato con maggiore sollecitudine il soccorso dei marinai russi, piuttosto che quello dello Stato  Italiano, di cui si spesso lamentano i ritardi e le inefficienze.

 

 

Comunque sia, a ricordo di quel pronto e solidale intervento, oggi possiamo ammirare il Monumento dei Marinai Russi. Già nel 1909, nella prima seduta del ristabilito consiglio comunale, si deliberò di erigere un monumento alla marineria dello zar; monumento che però sarà realizzato più di un secolo dopo, peraltro ad opera di alcune organizzazioni russe che lo hanno poi donato al comune di Messina. Il blocco bronzeo, raffigurante due marinai russi intenti a salvare dalle macerie due vite, è ispirato al bozzetto realizzato nel 1911 da uno scultore italiano a San Pietroburgo, Pietro Kufferle.

L’opera, inaugurata nel giugno del 2012, non a caso è stata posta di fronte al mare, proprio dove molto probabilmente sbarcarono i marinai russi nel 1908.

Forse non si tratta di un monumento con grande valore artistico, ma sicuramente fermandoci davanti ad esso siamo indotti al ricordo e alla riflessione. Perché dietro questa raffigurazione vi è non solo una delle pagine più tristi di questa città, ma anche una meravigliosa storia di umanità e solidarietà.

Francesca Giofrè

Ph: Giulia Greco