Migranti ed Ue: Ecco l’accordo dei 28 leader

Dopo 13 ore di negoziazioni estenuanti, alle 4.41 del mattino, il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk annuncia l’intesa dei 28 leader politici europei sulla questione migranti. Il risultato è un accordo redatto in dodici punti, che dovrebbe servire ai paesi membri per gestire le nuove ondate migratorie fino alla definitiva, e ormai ampiamente preannunciata, modifica del Trattato di Dublino.

Tra i primi a esultare per il risultato del summit è stato lo stesso premier italiano Giuseppe Conte in prima linea insieme al presidente francese Macron ed al gruppo di Viségrad (alleanza che comprende Polonia, Repubblica Ceca, Ungheria e Slovacchia), per il sostegno alla distribuzione obbligatoria di tutti i migranti e per una gestione condivisa da parte di tutti i paesi membri degli stessi. Ma si tratta di una euforia che dura poco e che, altrettanto velocemente, mostra quanto questo accordo sia stato, in realtà, deludente proprio per il paese che l’ha maggiormente richiesto, l’Italia appunto. E a mostrare immediatamente il suo velato disappunto è stato proprio il Ministro dell’Interno Matteo Salvini che durante un’intervista a Radio Capital ha affermato “Non mi fido delle parole, vediamo i fatti”. 

Il vertice di Bruxelles si sblocca a notte fonda: accordo di tutti i 28 leader anche sui migranti

Le richieste fatte dal governo italiano erano sintetizzabili nella riapertura dei porti da parte degli altri paesi europei, la ridistribuzione obbligatoria di tutti i migranti richiedenti asilo – politici ed economici – illegali, e il versamento di capitali a favore del Trust Fund Africa, fondo da utilizzare per una serie di progetti Ue sul suolo africano; ma, in realtà, il risultato è stato completamente diverso: la ridistribuzione avverrà su base volontaria da parte dei paesi che intendono farlo e nei numeri da loro scelti; si useranno i centri chiusi, istituiti volontariamente dai paesi ospitanti, come luogo in cui accogliere i migranti per il periodo necessario allo svolgimento delle procedure di riconoscimento degli stessi. In sintesi, una sconfitta netta, anche se sapientemente velata, da parte della delegazione italiana. A questo va aggiunto inoltre il fatto che l’Italia sia obbligata alla costruzione di questi centri (i famosi hotspot molto criticati dallo stesso Salvini in campagna elettorale), in quanto solo i paesi che presenteranno queste strutture sul proprio territorio avranno accesso alla redistribuzione dei richiedenti asilo.

Risultati immagini per merkel migrantiAd uscirne sollevata è, invece, la cancelliera tedesca Angela Merkel che riesce a strappare agli altri leader la negoziazione sugli accordi dei movimenti secondari, ovvero l’obbligo, da parte del paese che ha compiuto la prima registrazione del migrante, di riprendere sul proprio territorio tutti quegli individui fuggiti sul territorio di un altro stato membro. Con questa decisione, infatti, placa la crisi interna al governo tedesco mossa dal Ministro Horst Seehofer del Csu, dando però, anche in questo caso, un duro colpo all’Italia che è uno degli stati interessati maggiormente da questo fenomeno. Le motivazioni di questa scelta sono state ricondotte al rischio di mandare in crisi Schengen.

Comune a tutti i leader che hanno partecipato al summit è invece la volontà di rinforzare la struttura della Guardia Costiera libica, riducendo in questo modo il numero di interventi necessari al salvataggio dei migranti in mare da parte delle autorità portuali dei paesi europei che si affacciano direttamente sul Mediterraneo.Risultati immagini per migranti

“Da oggi l’Italia non è più sola. Da questo Consiglio europeo esce un’Europa più responsabile e più solidale” ha affermato subito dopo l’uscita dal consiglio il premier Conte, ma ciò che si può comprendere da una prima analisi dell’accordo redatto è proprio quanto la situazione non sia cambiata . Si aspetta quindi di capire quando e come verrà modificato il Trattato di Dublino, sperando che la situazione riesca ad essere gestita nel migliore dei modi per evitare ulteriori e ormai, ahi noi, quotidiane morti inutili nel nostro mare.

Giorgio Muzzupappa

 

 

Bambini in gabbia. Il fallimento della presidenza Trump

I bambini non si toccano. E’ un imperativo che governa il mondo. In tutte le menti, in tutti i momenti e le epoche. Tranne laddove a prevalere è la staticità di un’ideologia, che tira dritta come un treno senza fermate e, quindi, senza passeggeri.

Il capotreno questa volta, in questa epoca, è Trump, verso un obiettivo unico che ha sempre sbandierato, senza se e senza ma: bloccare l’immigrazione dal Messico.

Alzare un muro, sarebbe il noto sogno. Nella realtà, un muro di cemento non c’è ancora, ma un muro di odio e di crudeltà si è già alzato. E una gabbia è stata già costruita. In Texas, a confine tra USA e Messico.

Una recinzione metallica, sì, dove poter rinchiudere i minori, i figli di tutti quegli immigrati clandestini che aspettano di essere processati per il loro ingresso illegale in USA.

Una procedura drammatica a cui è stato fato largo ricorso dal 19 aprile al 31 maggio, dopo l’entrata in vigore della politica di «tolleranza zero», con oltre duemila minori fermati e strappati ai propri genitori.

La legge vigente – in vigore già dalla presidenza Obama – prevede in realtà che vengano separati i bambini nel caso si sospetti che non siano figli o parenti degli adulti che li accompagnano. Il motivo originario della separazione era, dunque, quello di evitare vittime del traffico di esseri umani.

Il numero di bambini separati dalle famiglie sarebbero aumentati a causa dell’estensione del campo di azione di questa legge e della sua procedura.

Una procedura drammatica, venuta a galla dopo la diffusione negli ultimi giorni di un audio contenente le grida e i pianti dei bambini reclusi ormai da mesi in gabbie di metallo. L’indignazione ha prevalso.

Trump è stato costretto a fare marcia indietro per l’opposizione dei Repubblicani, dell’opinione mondiale, e di ben 12 Stati USA che intendono fare causa all’amministrazione.

Il presidente ha dunque firmato un decreto per tenere unite le famiglie di immigrati clandestini al confine col Messico, sottolineando però  che la linea della ‘tolleranza zero’ andrà avanti.

Il Pentagono dovrà adesso prendere tutte le misure disponibili per fornire al ministero degli interni ogni struttura esistente disponibile per ospitare e prendersi cura dei migranti.

Mentre il presidente statunitense firmava il decreto, la first lady è volata in Texas per visitare una struttura che ospita minori entrati illegalmente negli Stati Uniti e separati dai genitori.

 “Sono qui per conoscere la vostra struttura. Vorrei anche chiedervi come posso essere d’aiuto a questi bambini per riunirli alle loro famiglie nel più breve tempo possibile”, ha detto.

A far parlare, poi, anche la giacca indossata per l’occasione da Melania, avente nel retro la scritta “I don’t really care. Do U?” “Non mi importa davvero. E a te?”. Non una questione modaiola ma una frase che potrebbe essere riferita alla disapprovazione verso il suo consorte più che verso la causa.

Sbagli su sbagli, che decretano per molti il fallimento della presidenza Trump.

Una partita in parte persa ma che il presidente ancora gioca. Come se si potesse giocare con la felicità dei bambini.

Martina Galletta

Migranti, SOS minori

E’ l’argomento più trattato ultimamente, sempre all’ordine del giorno, il problema dell’emergenza migranti.

Recentissimo ma altrettanto noto è il caso Aquarius ( leggi il nostro articolo al riguardo), nave con a bordo 629 migranti ( tra cui 11 bambini e 7 donne incinte), che è stata respinta dall’Italia, causa Salvini e la chiusura dei porti, ed è successivamente approdata in Spagna, a Valencia grazie alla concessione del premier spagnolo, Pedro Sànchez.

Tempeste mediali si sono abbattute sul caso e non solo, chiunque, anche ciascuno di noi nel suo piccolo si è sentito in dovere di dire la propria sulla questione.

Ma tra tutti i dati degli sbarchi, è stato recentemente messo in evidenza quello che riguarda il numero di minori non accompagnati che sono ancora in attesa di un collocamento.

Nella giornata mondiale del rifugiato, Save The Children ha dichiarato questi numeri: in Italia 15 mila giunti soli, 380 ancora in attesa di ricollocazione, e ha lanciato l’allarme accoglienza affermando che: “In due anni solo 1 migrante su 3 ha usufruito del programma europeo di relocation, di cui 99 minori.”

Il numero è sicuramente diminuito, nel 2017 si è registrato un calo del 39% rispetto all’anno precedente, ma il problema permane.

Oltre 15.730 minori sono giunti in Italia via mare soli, senza figure adulte di riferimento, affrontando ostici e drammatici viaggi, e al loro arrivo nella nostra terra, pure a distanza di molto tempo sono ancora in attesa di essere ricollocati.

Eppure in Italia è stata attuata il 6 maggio, la legge Zampa, la quale afferma che:

I minori stranieri soli non potranno essere respinti e saranno tutelati da un sistema di protezione e di inclusione uniforme.

La norma prevede inoltre la figura del tutore volontario ed è rassicurante il numero di 2.700 cittadini che hanno già dato la loro disponibilità.

Per tale motivo, per l’urgenza che la questione richiede, Save The Children sta lottando per ottenere la piena attuazione della suddetta legge. Per rispondere al problema ospitalità e garantire condizioni di accoglienza adatte e servizi adeguati per l’inclusione sociale dei minori.

Benedetta Sisinni

Proteggi le persone e non i confini. In esclusiva Pietro Bartolo

Domenica 10 giugno il governo italiano non ha concesso l’autorizzazione alla nave Aquarius, facente parte della flotta dell’organizzazione non governativa internazionale SOS Méditerranée, di fare ingresso in un porto italiano. Da lì in poi è successo di tutto.

Le 629 persone a bordo dell’Aquarius, soccorse in sei diverse operazioni di salvataggio e trasferimento sotto il coordinamento della Guardia Costiera Italiana, sono state prima rifiutate dall’Italia e poi da Malta, rimanendo per diverse ore a metà strada fra i due paesi. Infine la Spagna si è offerta di accogliere la nave e i migranti nel porto di Valencia.

Il tutto è avvenuto in un clima singolare, in cui il ministro dell’ Interno Salvini ha scavalcato il ministro dei Trasporti ed ha mantenuto una centralità mediatica a discapito di Di Maio e Conte. Una rivendicazione della sovranità nazionale italiana oppure una mossa propagandistica in vista di future elezioni ?

Franza o Spagna purchè se magna diceva lo storico Francesco Guicciardini oltre 4 secoli fa descrivendo l’atteggiamento servile della classe politica italiana del tempo, a disposizione dell’una o dell’altra potenza pur di salvare un minimo di potere entro le mura della propria cittadella. Dopo la decisione presa dal governo spagnolo non tarda ad arrivare una risposta della Francia. Macron: “Dall’Italia cinismo e irresponsabilità”, strappo istituzionale ricucito da una telefonata dello stesso presidente poche ore fa. Insomma un clima concitato, in cui in mezzo a così tanti colpi di scena, c’è una sola certezza: la sofferenza umana.

Le persone a bordo della nave Aquarius sono solo “una goccia nel mare” di questa emergenza migratoria che da anni ormai ha investito l’Europa ed in primis l’Italia. Alcune settimane fa siamo riusciti ad intervistare un grande protagonista di questo fenomeno, il medico responsabile delle prime visite a tutti i migranti che sbarcano a Lampedusa: Pietro Bartolo.

Dott. Bartolo, lei è un medico, un ginecologo, insignito di ben due onorificenze della Repubblica Italiana. Che cosa l’ha spinta a fare il medico?

Ho deciso di studiare Medicina perché da piccolo a Lampedusa non avevamo la possibilità di curarci a pieno, talvolta vedevo persone morire perché non c’era la possibilità di arrivare in un ospedale. Non c’erano mezzi di soccorso adeguati, personale medico sufficiente, c’era un solo dottore che cercava di sopperire a tutte le mancanze. L’ho fatto perché volevo aiutare la mia gente.

Come mai proprio il Ginecologo?

Sempre da bambino mi capitava spesso di vedere delle piccole bare bianche, così chiedevo a mia madre cosa fosse successo e lei mi rispondeva che c’erano state complicanze fatali durante il parto, talvolta anche per la madre. Così decisi che dopo la laurea avrei intrapreso la specializzazione in Ginecologia ed Ostetricia. Invece di rimanere a Catania, dove sicuramente avrei avuto un futuro roseo come quello dei miei colleghi, ho deciso di tornare tra la mia gente per aiutarla.

Nel 2016 “Fuocoammare” vince L’Orso d’oro a Berlino con lei protagonista del documentario. Lo scorso settembre esce il suo libro “Lacrime di sale” che ha vinto il Premio Brancati. Si trova a suo agio nelle vesti di testimone e divulgatore del fenomeno migratorio?

Si, mi trovo bene a fare il divulgatore perché prima di tutto lo vedo come un mio dovere. Penso sia giusto farlo al fine di far cadere tutti quei pregiudizi nei confronti di queste persone. Bisogna sensibilizzare per far capire che siamo tutti uguali. Gli immigrati sono esseri umani esattamente come noi. Da due anni  vado in giro per l’Europa e lo faccio a discapito della mia famiglia, utilizzo le mie giornate libere per portare alla cronaca la mia testimonianza. Lo faccio perché ci credo e perché sono fiducioso che questa storia andrà a finire bene. Deve andare a finire bene.

Perché secondo lei è così difficile accogliere i migranti in Italia e nel resto d’Europa nel modo in cui lo fa Lampedusa?

Perché deve cambiare la società. Bisogna essere più umani e riuscire  a capire che l’altro non è un alieno, non è diverso, non è un mostro ma è una persona che ha avuto la sfortuna di nascere nel posto sbagliato del mondo ed oggi cerca di vivere una vita più dignitosa. A Lampedusa abbiamo un grande murales dove abbiamo scritto “Proteggi le persone e non i confini”.

Lei, invitato dal movimento “Liberi e uguali” ha prima accettato e poi rifiutato la candidatura alle politiche del 2018. Quale sarebbero state le sue richieste in caso di una eventuale elezione?

Con la sensibilizzazione possiamo diffondere il messaggio, ma è la politica che fa cambiare veramente le cose. Una scienza sublime quando è al servizio del popolo e non rivolta verso i propri interessi privati (la poltrona).  Sicuramente avrei chiesto l’abolizione del decreto Minniti-Orlando e della legge Bossi-Fini. Noi in quanto popolo emigrato sappiamo cosa significa essere migranti, spero quindi che questo sentimento di solidarietà e di accoglienza cresca nel nostro paese. Comunque va detto che noi siamo più bravi di altre nazioni che non fanno onore a questa Unione Europea che ha basato la fondazione su valori fondamentali quali l’accoglienza, la solidarietà, la libera circolazione ed il rispetto dei diritti umani. Oggi rimane solo un’Europa economica e manca invece l’Europa sociale.

In questi anni ha visto cose orribili che l’hanno colpita nel profondo ed oggi le danno gli incubi la notte. Ha visitato e curato, con un normalissimo stipendio, più di 300000 migranti da quando è iniziato il fenomeno migratorio. Chi glielo fa fare? È un senso di dovere professionale, oppure una volontà personale?

Mai avrei pensato di dover affrontare un fenomeno migratorio di questa portata. L’ho fatto fin dal primo momento, insieme ai miei collaboratori e insieme a tutta Lampedusa. Mi sono occupato a pieno di queste persone perché li considero come i miei lampedusani. Lo faccio perché fa parte del mio carattere, perché mi fa sentire un uomo libero…mi fa sentire un vero uomo. È giusto farlo ed è una mia responsabilità ed un mio dovere, ma dovrebbe essere dovere di tutti gli uomini aiutare chi ha bisogno. Credo fermamente che questi siano i valori fondamentali che danno un senso alla nostra vita.

Avendo intervistato il Dott. Bartolo prima dell’insediamento del nuovo governo, non abbiamo potuto rivolgergli domande sulle politiche dell’accoglienza previste nel contratto di governo. Bartolo ha però rilasciato una dichiarazione tramite Adnkronos sulla vicenda Aquarius.

Il braccio di ferro “lo facciano con l’Unione Europea, non sulle pelle di 600 povere persone, tra cui molti bambini e molte donne […]. Stiamo vedendo cose che non hanno né testa né coda, spero e mi auguro che il nuovo governo faccia qualcosa di positivo. Il premier Conte è bene che faccia il premier senza farsi influenzare da nessuno e che possa intraprendere una strada diversa”.

Alessio Gugliotta

 

Fermato il sospettato per l’omicidio di Soumayla Sacko

Era la notte del 2 Giugno quando a San Calogero, in provincia di Vibo ValentiaSoumayla Sacko, ventinovenne maliano, attivista sindacale dell’Usb (Unione sindacale di base), ed altri suoi due compagni di ventisette e trent’anni sono stati colpiti da quattro colpi di fucile mentre cercavano di recuperare delle lamiere dall’ex Fornace, una fabbrica abbandonata, per riparare parte del loro accampamento nella tendopoli di San Ferdinando.

“Si è fermata una Fiat Panda bianca vecchio modello ed è sceso un uomo con un fucile che ci ha sparato contro quattro volte…”

Quattro colpi di fucile di cui uno ha colpito alla testa Sacko che è deceduto poco dopo nonostante il trasporto all’ospedale di Reggio Calabria, dove però non è servito a nulla l’immediato intervento dei medici. L’altro colpo ha ferito alla gamba un altro dei ragazzi, mentre gli altri due non hanno colpito il bersaglio, lasciando illeso il terzo e più giovane di loro che ha così potuto osservare il “cecchino” e informare immediatamente le forze dell’ordine.

Immagine correlataOggi, dopo cinque giorni di indagini sembra essere arrivata la svolta in questo caso con l’arresto da parte dei Carabinieri di Vibo Valentia, di Antonio Pontoriero, 42enne che le autorità avevano immediatamente posto nella lista dei sospettati dopo aver ricevuto la testimonianza dei due amici del sindacalista ucciso, che oltre ad aver fornito il colore ed il modello della macchina dell’assassino, erano stati in grado di dare anche informazioni sui vestiti che l’uomo indossava (una maglia nera ed un pantalone grigio) ed un frammento del numero di targa. È bastato poco, quindi, ai Carabinieri ed al pm Luca Ciro Lotoro individuare il presunto colpevole, nella casa del quale sono stati ritrovati i vestiti pronti per essere lavati e l’automobile indicata dalle vittime. Le manette sono scattate in anticipo proprio per evitare una possibile fuga di Pontoriero che adesso sta aspettando i risultati delle analisi balistiche e dello stub per capire a quale pena potrà andare incontro.

Ma questo è solo l’ultimo di una lunga lista di casi simili che ciclicamente si ripetono nella zona della piana di Gioia Tauro, dove gli immigrati vengono sfruttati nei campi per raccogliere frutta e ortaggi a paghe che non superano l’euro e cinquanta l’ora. Sono circa 3500 quelli che abitano – sopravvivono – nella tendopoli di San Ferdinando, nata nel 2010 dalla protesta degli stessi migranti per le pessime condizioni in cui erano lasciati a vivere; ma la situazione non è cambiata e quella che doveva essere solo una “soluzione temporanea”, per molti si sta  trasformando in una solida e tremenda realtà da portare avanti.  Soumayla Sacko era uno di quelli che però non ci stava, voleva lottare per un futuro che regolarmente gli spettava (sia lui che i suoi 3 compagni erano in possesso di un valido permesso di soggiorno) dopo essere scappati dalla guerra nei loro paesi d’origine, e per questo si era avvicinato all’Usb facendosi portavoce di tutti gli altri che si trovavano nella sua stessa condizione, in una terra sotto il controllo della ‘Ndrangheta.

E dopo parecchi giorni dall’accaduto, a rompere un silenzio che aveva destato scalpore e indignazione, è intervenuto il Premier Conte che, due giorni fa in Senato, ha parlato dell’omicidio del sindacalista malianoRisultati immagini per conte al senato

“Non siamo affatto insensibili. Sacko Soumayla è stato ucciso con un colpo di fucile. Era uno tra i mille braccianti con regolare permesso di soggiorno che ogni giorno nel nostro Paese si recano al lavoro in condizioni che si collocano sotto la soglia di dignità. A loro e ai loro familiari dobbiamo tutti un commosso pensiero […] la politica deve farsi carico del dramma di queste persone e garantire percorsi di legalità, che costituiscono la stella polare del nostro programma di governo”

Ancora nulla, invece, è stato detto dal neo eletto Ministro dell’Interno Matteo Salvini, oggetto di numerose critiche a pochi giorni dalla sua affermazione di voler tagliare 5mld di euro destinati precedentemente proprio alla questione migranti.

Intanto le proteste nella tendopoli continuano giorno dopo giorno, dando luce ad una situazione, già ampiamente conosciuta, ma troppo spesso taciuta a livello nazionale. Risultati immagini per Soumayla Sacko

“Noi siamo qui per lavorare. Ma ci ammazzano come animali, ci picchiano, ci maltrattano solo perché siamo africani”

Giorgio Muzzupappa

Continuano gli sbarchi, la polemica di Salvini

Sono almeno 48 i migranti morti e 68 quelli tratti in salvo dalla Guardia costiera tunisina dopo che un barcone, con a bordo circa 180 persone, è affondato al largo della costa orientale della Tunisia. A fornire i dati è il ministero degli Interni di Tunisi, secondo il quale a bordo dell’imbarcazione viaggiavano un centinaio di tunisini e altri cittadini stranieri. Questo nella giornata in cui il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, a Catania ha detto che il nuovo governo “non terrà una linea dura, ma di buon senso”, pronosticando “più espulsioni” e meno sbarchi, per “salvare delle vite”.

La Tunisia, paese libero e democratico non manda in Italia gentiluomini, ma spesso e volentieri galeotti“, sono le parole pronunciate da Salvini. Parole che non sono state prese bene dalle autorità tunisine che hanno convocato l’ambasciatore italiano Lorenzo Fanara, per esprimergli  “la profonda sorpresa per le dichiarazioni” del neo ministro, “che non riflettono il livello di cooperazione tra i due Paesi nella lotta all’immigrazione irregolare“.

Qualcuno in Tunisia si è offeso sbagliando, perché io ho detto solo che arrivano qui anche persone non perbene“, ha aggiunto Salvini. “Io – ha precisato – non ho detto che chiunque arrivi dalla Tunisia è un galeotto, ma che quel Paese esporta anche galeotti. L’anno scorso in migliaia sono usciti dalla galera, alcuni hanno preso i barconi e sono stati fermati 22 volte nei centri di accoglienza italiani“.

Il ministro dell’interno ha quindi annunciato che la settimana prossima il governo italiano dirà no alla riforma del regolamento di Dublino e a nuove politiche di asilo. Secondo Salvini, infatti, “occorre ricontrattare in Ue” cambiando le regole.

Sulla questione migranti interviene anche il presidente francese: “Il nostro auspicio è di continuare il dialogo con l’Italia, nessun Paese può trovare una soluzione da solo, né isolarsi“, dice Emmanuel Macron sottolineando che sottolineato che “possiamo lottare contro le grandi migrazioni solo se, insieme, ci impegniamo a lottare contro le sue cause profonde come l’insufficienza dello sviluppo in Africa, il terrorismo e i traffici in Sahel e Sahar“.

Francesca Grasso