Francia e Italia discutono. Il problema? I migranti

Non è una novità che Italia e Francia si scontrino: il Ministro dell’interno francese Gérald Darmanin accusa la premier Giorgia Meloni, sostenendo che l’Italia sia alle prese con una «gravissima crisi migratoria».

Durante la messa in onda del programma Les grandes gueules dell’emittente televisiva Rmc, Darmanin ha così esposto le sue preoccupazioni:

Meloni, come Le Pen, è stata eletta dicendo “vedrete questo, vedrete quello” e poi quello che vediamo è che l’immigrazione non si ferma e sta crescendo

Il problema si pone anche in Tunisia:

La verità è che in Tunisia c’è una situazione politica che porta soprattutto molti bambini a risalire attraverso l’Italia e che l’Italia è incapace di gestire questa pressione migratoria

Il ministro dell’Interno francese Gerald Darmanin, attacca Giorga Meloni in un’intervista su Rmc. Fonte: Today

L’inizio dei problemi tra Francia e Italia

Tutto ha avuto origine lo scorso novembre, quando l’Italia si è rifiutata di accogliere i migranti a bordo della Ocean Viking, dando però per scontato che l’aiuto venisse da parte della Francia. Dopo due settimane di navigazione, la nave della Ong francese Sos Mediterranée è approdata a Tolone, nel sud della Francia.

A seguito dell’aumento di sbarchi nel suolo francese, Elisabeth Borne – Primo Ministro francese – ha dichiarato che la Francia si appresta a schierare 150 poliziotti in più al confine con l’Italia così da controllare il flusso irregolare di migranti.

Tajani annulla la visita a Parigi

Antonio Tajani – Ministro degli Esteri – era atteso a Parigi per incontrare Catherine Colonna ma l’incontro è saltato. Tajani si è così giustificato:

Non andrò a Parigi per il previsto incontro con la ministra Catherine Colonna. Le offese al governo ed all’Italia pronunciate del ministro Gérald Darmanin sono inaccettabili. Non è questo lo spirito con il quale si dovrebbero affrontare sfide europee comuni

Non si è fatta attendere la risposta della ministra degli esteri francese Catherine Colonna:

Ho parlato col mio collega Antonio Tajani al telefono. Gli ho detto che la relazione tra Italia e Francia è basata sul reciproco rispetto, tra i nostri due paesi e tra i loro dirigenti. Spero di poter accoglierlo presto a Parigi

Decreto Cutro diventa legge

E mentre Darmanin “attacca” l’operato del governo Meloni, la Camera dei Deputati ha approvato la fiducia alla conversione in legge (con 179 voti favorevoli, 111 contrari e tre astenuti) del decreto migranti detto anche decreto Cutro – chiamato così perché varato dal Consiglio dei ministri che si riunì a Cutro dopo la strage dei migranti.

Cosa prevede?

Il decreto limita l’applicazione della protezione speciale

  • non potrà essere convertita in permesso di soggiorno per ragioni lavorative;
  • potrà essere rinnovato solo per sei mesi;
  • viene esclusa la concessione per ‘gravi condizioni psicofisiche’;
  • i richiedenti asilo sono esclusi dal sistema di Accoglienza Integrazione, sarà riservato solo a chi ha già ottenuto lo status di rifugiato;

Potenziamento dei CPR (Centri di Permanenza per il Rimpatrio):

  • raddoppia il tempo di permanenza nei CPR;
  • aumenta il numero di CPR (previsto uno per regione);

Inasprite le pene per gli scafisti, con la novella al Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e la condizione giuridica dello straniero (D. Lgs. 286/1998) che puniva «promuova, diriga, organizzi, finanzi o effettui il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato», che porta la pena fino a due ai sei anni di reclusione.

Inoltre, viene previsto un nuovo reato aggravato dall’evento in caso di «morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina», con pene dai 20 ai 30 anni di reclusione.

Infine, è previsto l’arresto in flagranza, anche differito, per reati commessi durante il soggiorno in un centro di prima accoglienza.

Gabriella Pino

Immigrazione, il governo ha attivato lo “stato d’emergenza”. Che significa?

Dal giorno uno al giorno attuale di governo il tema dell’immigrazione s’è pian piano arroventato. Il “surriscaldamento” ha avuto inizio con i primi contenziosi Francia-Italia sulla gestione delle navi migranti, è proseguito con le particolari operazioni di distribuzione degli sbarchi operate dal Viminale e ha avuto il suo culmine nella triste tragedia di Cutro.

Quindi ora, dopo che ulteriori eventi “minori” hanno ricordato che nulla è stato risolto, l’amministrazione Meloni ha deciso di ufficializzare la questione come “un’emergenza”, aprendosi un fronte di nuove possibilità gestionali. Particolarmente, cosa comporterà la nuova definizione? Cos’è uno “stato d’emergenza”? E quante “emergenze” sono riconosciute tali nel panorama nazionale? Di seguito le risposte a ogni domanda.

 Immigrazione, mezzi speciali per “l’emergenza”

Riporta le informazioni Il Sole 24 Ore. Lo scorso martedì, in seno al Consiglio dei ministri, il governo ha deliberato lo stato di emergenza per l’intera Nazione a causa dell’incontrollabile incremento dei flussi di persone migranti attraverso le rotte del Mediterraneo. Almeno, questa è stata la motivazione formalmente concessa per attuare una modifica dello status quo, fondata principalmente su un dato: nel 2023 i migranti giunti in Italia sono 31.200, il +300% rispetto all’anno scorso.

La nuova definizione è stata voluta per sbloccare l’utilizzo di mezzi e poteri straordinari, utili ad affrontare la questione. L’atto amministrativo che la regola avrà valore almeno per sei mesi, oltre i quali potrà essere prorogato. L’effetto immediato della sua entrata in vigore è stata la liberazione di una tranche pari a cinque milioni di euro, subito disponibili per il contenimento della criticità.

La delibera stabilisce uno stanziamento di risorse finanziarie da destinare agli interventi urgenti. Istituisce inoltre, come fonte finanziaria da cui attingere, il Fondo per le emergenze nazionali, che può essere progressivamente incrementato nel corso della durata dello stato di emergenza. Il provvedimento può avere anche un rilievo solo locale o regionale. Quando è di tipo nazionale non può superare i dodici mesi ed è prorogabile per altri dodici mesi al massimo.

Dopo il primo stanziamento di cinque milioni, si prevede che l’esecutivo ne stanzierà altri quindici. Il totale sarà impiegato prevalentemente per creare nuovi posti d’accoglienza e favoreggiare azioni di rimpatrio.

Immigrazione
GNV Azzurra. Fonte: Giornale di Calabria

Storia delle “emergenze” in Italia, c’è un precedente sull’immigrazione

Riporta le informazioni Openpolis. In Italia al momento sono in vigore circa una ventina di provvedimenti di questo tipo. Ma, cosa più sconvolgente, dal 2013 ad oggi nel nostro Paese lo stato di emergenza è stato dichiarato ben 127 volte. In 102 casi si è trattato di danni causati da eventi meteorologici, in 8 di eventi sismici o di origine vulcanica, in 7 emergenze internazionali, in 6 di eventi ambientali e sanitari (tra cui l’emergenza Covid-19) e in 4 di emergenze non gestite direttamente dalla protezione civile.

Esiste anche un precedente in materia di migranti. Nel 2011, infatti, il governo Berlusconi aveva varato un piano di equa distribuzione nelle regioni dei profughi provenienti dal Nordafrica, fruendo della stessa base legislativa, allora leggermente diversa nella sostanza.

“Emergenze”: lo strumento normativo che le definisce

Lo stato d’emergenza nazionale è regolato dall’articolo 24 del Codice della Protezione civile sulla base di alcuni requisiti definiti nell’articolo 7:

Emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo“.

Gabriele Nostro

Banksy, bloccata la sua “opera” galleggiante

È una nave – la Louise Michel – una delle ultime opere del noto artista senza volto Banksy. Un’imbarcazione dell’ex marina francese che si batte per salvare i migranti in mare, ma che rimarrà ferma a tempo indeterminato. Infatti, è stata sottoposta a controlli e ad un fermo amministrativo a Lampedusa domenica scorsa.

La nave Louise Michel. Fonte: Wikimedia Commons. Autore: DerPetzi

Secondo le autorità italiane, l’equipaggio avrebbe violato l’obbligo di recarsi al porto di Trapani dopo il primo salvataggio, per compierne altri. Ciò, secondo la Guardia Costiera, avrebbe «rallentato il raggiungimento di un porto di sbarco per i migranti salvati nel primo intervento».

A bordo ci sono 180 persone soccorse nella traversata lungo il Mediterraneo, durante cinque operazioni differenti. A detta della ONG, non sarebbe stata fornita nessuna spiegazione ufficiale riguardo al fermo. Secondo i membri dell’equipaggio, il fermo sarebbe dovuto ad una serie di norme contenute nell’ultimo decreto del governo su «Disposizioni urgenti in materia di transito e sosta nelle acque territoriali delle navi non governative impegnate nelle operazioni di soccorso in mare».

I membri della ONG hanno espresso il loro malcontento affermando che:

«Ci impediscono di lasciare il porto e prestare soccorsi in mare. Questo è inaccettabile»

La spiegazione dettagliata della Guardia Costiera

«Le disposizioni impartite alla nave ONG, valutate le sue piccole dimensioni, erano altresì tese a evitare che la stessa prendesse a bordo un numero di persone tale da pregiudicare sia la sua sicurezza che quella delle imbarcazioni di migranti a cui avrebbe prestato soccorso».

L’arrivo della Ong, per motivi di sicurezza e di urgenza, era stato «già peraltro sollecitato dai numerosi arrivi di migranti di questi ultimi giorni».

A tale comportamento, che già di per sé complicava il delicato lavoro di coordinamento dei soccorsi, «si sommavano le continue chiamate dei mezzi aerei Ong che hanno sovraccaricato i sistemi di comunicazione del centro nazionale di coordinamento dei soccorsi, sovrapponendosi e duplicando le segnalazioni dei già presenti assetti aerei dello Stato».

Origine e significato dell’imbarcazione

La nave è stata intitolata a Louise Michel, un’anarchica francese che mira a combinare il salvataggio con i principi di femminismo, dell’antirazzismo e dell’antifascismo, ed è stata acquistata con gli introiti provenienti dalla vendita di un’opera d’arte di Banksy, che l’ha poi decorata con un estintore e personalizzata con dei graffiti.

Inaugurazione di una targa dedicata a Louise Michel a Bobigny. Fonte: Flickr. Autore: choudoudou

È stato proprio l’artista a contattare tramite mail Pia Klemp, la capitana, dove comunicava di volerla sostenere economicamente. La nave, come la Sea Watch e la Open Arms, appartiene ad organizzazioni non governative che si occupano di salvataggi in mare ed è gestita ed equipaggiata da attivisti specializzati in soccorso che provengono da tutta Europa.

I naufragi non tendono a diminuire

Proprio ieri quasi un migliaio di persone sono sbarcate sulle coste italiane, quasi tutti provenienti dalla Tunisia. D’altro canto, i morti non sembrano cessare: sono almeno 29 i corpi recuperati dalla Guardia Costiera tunisina, provocati da due barconi affondati nei giorni precedenti.  E anche per le vittime di Cutro la parola “fine” sembra ancora lontana. Ad un mese esatto dalla tragedia, il mare ha restituito il novantunesimo cadavere, ma all’appello mancano ancora dieci persone.

Luca Cesarini, capomissione di Mediterranea Saving Humans, ha così commentato gli ultimi eventi:

«Con la situazione che c’è in mare, trattenere una nave di soccorso in porto mentre donne, uomini e bambini rischiano di morire, è una cosa assurda: qui non si tratta di slogan, ma vite di vite umane che si possono e si devono salvare».

Sull’altro fronte il Ministro degli Interni Piantedosi, che in una recente intervista ha affrontato il tema dell’incremento e del record di sbarchi, affermando che: «I migranti sono attratti dall’Italia anche perché c’è un’opinione pubblica favorevole, mentre in altri Paesi sono intransigenti». Parole che sono state oggetto di polemiche soprattutto sui social.

Serena Previti

Sicilia, da oggi obbligo di mascherina all’aperto: tutte le restrizioni previste dall’ordinanza Musumeci

In Sicilia  da oggi sono in vigore nuove misure di prevenzione anti Covid per contrastare la diffusione del virus, anche nella nuova variante comunemente nota come ‘’Omicron’’. Tra queste, mascherina obbligatoria e maggiori controlli in porti e aeroporti.

Il presidente della regione Sicilia, Nello Musumeci. Fonte: ilgazzettino.it

A prevederle, un testo di 5 articoli (vedi versione integrale dell’ordinanza) firmato ieri dal presidente della regione Nello Musumeci, e adottato in seguito alla relazione dell’assessorato alla Salute. In vista delle prossime festività natalizie, l’ordinanza sarà estesa per l’intero mese di dicembre, vale a dire dal 2 dicembre fino al 31.

L’obbligo di mascherina all’aperto

Tutti i cittadini siciliani di età superiore ai 12 anni devono indossare la mascherina nei luoghi pubblici e aperti al pubblico. Ad assicurare il rispetto della norma sono le autorità addette alla pubblica sicurezza, anche mediante l’applicazione di sanzioni previste dalla legge, ove necessario.

L’obbligo di tampone per migranti e viaggiatori

Un’altra novità introdotta dall’ordinanza di Musumeci è l’estensione dell’obbligo di tampone in tutti i porti e aeroporti ai passeggeri che arrivano in Sicilia dalla Repubblica del Sudafrica, Botswana, Repubblica Araba di Egitto, Repubblica di Turchia, Hong Kong e Stato d’Israele.
Prima di quest’ultimo provvedimento, il controllo era già previsto per chi provenisse – oppure avesse soggiornato o transitato nei 14 giorni precedenti alla partenza – da Gran Bretagna, Germania, Malta, Portogallo, Spagna, Francia, Grecia, Paesi Bassi e Stati Uniti, per un totale di 15 stati esteri.

Controlli antiCovid nell’aeroporto di Palermo. Fonte: informazione.it

Per quanto riguarda i passeggeri in arrivo da Paesi per i quali il tampone obbligatorio non è previsto, essi potranno comunque fare richiesta e sottoporsi al test direttamente presso lo scalo e a titolo gratuito.
E ancora, coloro che sono giunti in Sicilia nei 10 giorni precedenti all’entrata in vigore dell’ordinanza sono tenuti a contattare il Dipartimento di prevenzione dell’Asp territorialmente competente e il proprio medico di Medicina generale per essere sottoposti a tampone molecolare. Anche i migranti che raggiungono il territorio siciliano dovranno essere sottoposti a tampone molecolare, una volta terminato il loro periodo di quarantena.

Attività dei laboratori regionali sotto monitoraggio

Dal momento che l’ordinanza punta oltretutto ad assicurare in tutte le province dell’isola un’appropriata sorveglianza epidemiologica, per farlo il Dipartimento per le attività sanitarie e osservatorio epidemiologico (Dasoe) dell’assessorato della Salute e il Dipartimento per la pianificazione strategica eseguiranno una ricognizione dei laboratori siciliani capaci di sequenziare le varianti del virus (vale a dire individuare mediante lettura dell’intero genoma virale eventuali differenze e mutazioni) e ne coordineranno l’attività. L’obbiettivo da raggiungere è l’aumento progressivo del numero di tamponi sequenziati in Sicilia.

Assembramenti natalizi e contagi

Per comprendere il motivo di simili provvedimenti a pochi giorni dall’inizio delle festività basta pensare alle storiche scene di marzo 2020, quando prima della chiusura totale del governo Conte, centinaia di persone affollavano stazioni e treni con destinazione il Sud: sono molti i giovani studenti e lavoratori che ogni anno alimentano la movimentazione tra una regione all’altra, specie durante le feste.

Dunque, nonostante il numero dei nuovi positivi in Sicilia sia rimasto stazionario negli ultimi giorni, a preoccupare i governi sono soprattutto gli assembramenti nelle vie e piazze dello shopping e l’arrivo di gente da altre regioni, elementi che potrebbero portare ad un maggiore aumento dei contagi, potenzialmente preoccupante seppur non ai livelli dello scorso anno.

Fonte: La Repubblica

Le voci dei sindaci e Musumeci

Con l’obbligo di mascherina all’aperto, la Sicilia ha scelto di adeguarsi ad altre regioni e città dove era già scattato in precedenza l’obbligo come a Torino e a Firenze, seppur in alcuni casi il dispositivo di protezione vada indossato soltanto in determinate vie e piazze particolarmente affollate.

Il presidente dell’Anci (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani), Antonio Decaro, ha fatto sapere che vari sindaci hanno richiesto al Governo di valutare l’opportunità di estendere l’obbligo a livello nazionale e fino al mese di gennaio:

“Quelli – ha spiegato – sono i giorni del Natale dove per lo shopping, per la voglia giustamente di stare insieme e di fare comunità, nelle nostre città c’è maggiore possibilità di assembramento. Se ci fosse un provvedimento nazionale, come abbiamo spiegato al Governo, sarebbe tanto di guadagnato, perché daremmo un segnale unico a tutto il Paese”.

Anche il presidente Musumeci ha detto la sua ieri:

Vogliamo passare il Natale in sicurezza, sia dal punto di vista sanitario che economico. La Sicilia non potrebbe sopportare una nuova chiusura”.

Una linea dura è stata adottata nei confronti dei ”No vax”:

“Sono convinto che nell’area “no vax” ci sia una fascia di cittadini cosiddetti non irriducibili, che per timore o insufficiente informazione, rimane diffidente. Credo che con un provvedimento drastico e restrittivo, ovviamente straordinario, potremmo recuperare questa larga fascia di indecisi. I dati dimostrano che l’80 per cento dei ricoverati negli ospedali non ha fatto vaccino”.

Gaia Cautela

Migliaia di persone al confine polacco-bielorusso: a rischio stabilità UE

Hanno ormai raggiunto quota 4mila i migranti al il confine tra la Polonia e la Bielorussia. Nei primissimi giorni di novembre erano circa 800 le persone che avevano raggiunto il punto, nella speranza è quella di spostarsi dalla Bielorussia e raggiungere vari Paesi dell’Unione Europea (Germania, Lituania, Estonia). Dietro la vicenda, già di per sé delicata, sembra esserci qualcosa di più: dietro alla casualità, pare che il governo bielorusso si stia muovendo per sfruttare la situazione nel proprio interesse. La motivazione dietro sarebbe da ricondurre a un tentativo di attacco all’Unione.

Il coinvolgimento del governo, ormai, sembrerebbe certo: sul web sono circolati molti video che mostrano i soldati bielorussi mentre scortano migliaia di profughi al confine, precisamente verso la foresta che delimita la regione polacca della Podlaskie.

Mariausz Blaszczak, il ministro della Difesa polacco, ha ordinato lo schieramento di 12mila uomini dell’esercito al confine, accusando la Biellorussia di star utilizzando i migranti come mezzo per attaccare il Paese. La risposta da Minsk non tarda ad arrivare: Varsavia viene accusata per l’atteggiamento disumano e indifferente con il quale sta trattando i rifugiati, provenienti prevalentemente dal Medio Oriente (Iraq, Siria, Afghanistan).

Sul posto si è recato anche il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki, per mostrare solidarietà a polizia, guardie e soldati che si trovano al confine. La possibilità di un eventuale dispiegamento di forze armate viene valutata anche dalla Lituania. La NATO ha espresso solidarietà nei confronti della Polonia. Nel frattempo, a subirne le conseguenze più gravi, sono i migranti.

I migranti al confine (fonte tgcom24.mediaset.it)

Migliaia di persone strumentalizzate per interessi politici

La relazione tra Polonia, più in generale Unione Europea, e Bielorussia è assai complicata. Il regime autoritario di Alexander Lukashenko, avversario politico dell’UE, starebbe tentando di mettere le due forze politiche in difficoltà. A quanto pare, però, non sarebbe solo la Bielorussia a giovare dello sfruttamento dei migranti.

Secondo Politico, un giornale americano, i partiti polacchi di maggioranza di estrema destra, starebbero accusando l’opposizione di pensare più alla tutela degli interessi dei migranti che a quella dei polacchi. Il tema dell’immigrazione è molto forte tra l’elettorato nazionale e, come succede quando l’ondata dei flussi migratori aumenta, i partiti nazionalisti di tutta Europa sono pronti a utilizzarla per accrescere il loro consenso politico.

Negli ultimi giorni, anche molti canali di informazione polacchi si sono piegati a una narrativa che dipinge gli immigrati come pericolosi. Il notiziario statale, TVP Info, ha mandato in onda un servizio dal titolo “L’opposizione appoggia i migranti e Lukashenko”, additando i partiti all’opposizione come i principali colpevoli dell’aumento dei flussi migratori. Anche il talk show televisivo polacco, Wiadomości, ha mostrato una scena di una serie tv Netflix, “Snabba cash”, in cui si vedono due stranieri intenti a sparare colpi di mitragliatrice in pieno centro. La scena è stata riportata come un fatto realmente accaduto in Svezia.

Il muro anti migranti della Polonia

Il consenso per il partito di estrema destra, Diritto e Giustizia, secondo un sondaggio, sarebbe sceso al 32,5%, di dieci punti, dalle elezioni politiche del 2019. Questo potrebbe essere un valido motivo, per il partito, per strumentalizzare la vita di migliaia di innocenti. Non è la prima volta che la Polonia rifiuta di accogliere i migranti. È successa la stessa cosa anche nel 2015. Nell’agosto del 2021, il Parlamento ha approvato la costruzione di un muro anti-migranti. Per la sua costruzione sono necessari oltre 350 milioni di euro, che lo Stato ha chiesto anche all’Unione Europea. Nonostante le continue pressioni, però, a ottobre la Commissione europea ha dichiarato che non finanzierà in alcun modo l’iniziativa.

La costruzione del muro anti migranti (fonte it.euronews.com)

La preoccupazione dei soggetti coinvolti

Ad essere preoccupati sono in molti. Il premier polacco Morawiecki, ha scritto via Twitter:

“Sigillare il confine è nel nostro interesse nazionale. Ma oggi sono in gioco la stabilità e la sicurezza dell’intera Ue”

A parlare, intanto, anche il ministro dell’Interno tedesco, Horst Seehofer, che, rivolgendosi all’Ue, afferma l’impossibilità della Polonia o della Germania di gestire la crisi da sole:

“Dobbiamo aiutare il governo polacco a proteggere la sua frontiera esterna. Questo sarebbe compito della Commissione europea, faccio appello perché agisca”.

A pronunciarsi è stato anche Charles Michel, il presidente del Consiglio europeo, che ha definito inaccettabile la strumentalizzazione da parte del governo polacco. Ursula von der Leyen fa appello agli Stati membri, affinché vengano estese le già previste sanzioni nei confronti del governo bielorusso, dopo un confronto con i primi ministri di Lettonia, Lituania e Polonia. Ma la preoccupazione maggiore è, sicuramente, per le migliaia di migranti. Il loro alto numero potrebbe creare situazioni rischiose, come i fuochi improvvisati che vengono accesi da chi cerca di scaldarsi. C’è chi chiede anche aiuto all’esercito polacco, senza però ricevere risposta. Queste persone, costrette in uno strano limbo, si preparano a sopravvivere al freddo intenso, aggrappandosi alla speranza in un futuro migliore.

Beatrice Galati

La questione dei lavoratori fantasma: Bellanova propone la regolarizzazione del lavoro nei campi durante l’emergenza Covid-19

Negli ultimi giorni l’attenzione da parte dei media è puntata su Teresa Bellanova, Ministra delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali. La politica e sindacalista, membro di Italia Viva di cui è anche coordinatrice nazionale, ha di recente riportato al centro del dibattito pubblico il problema della carenza dei braccianti agricoli, discorso sul quale, si pensa, possa prospettarsi un suo abbandono dell’esecutivo e giocarsi di conseguenza la stabilità del governo stesso.

In un periodo di forte crisi del lavoro, dovuto alle misure di lockdown imposte dalla pandemia da Covid-19, le difficoltà, o addirittura l’impossibilità, per le migliaia di lavoratori stranieri regolari, dotati dunque di regolare permesso di soggiorno, di arrivare in Italia dai loro Paesi di provenienza, possono costituire un grave danno per la già provata produzione italiana.

La questione non è nuova e già un mese fa, tra la fine di marzo e l’inizio di aprile, la Coldiretti, la maggiore associazione di rappresentanza e assistenza dell’agricoltura italiana, e l’Istituto Bruno Leoni, uno dei più importanti centri di ricerca economici, oltre che numerosi esponenti del mondo sindacale, uno fra tutti Aboubakar Soumahoro, avevano a più riprese invitato il governo a regolarizzare la posizione delle centinaia di migliaia di immigrati irregolari che, ogni anno, lavorano nei campi italiani.

La problematica però non riguarda solamente il settore dell’agricoltura: settori della nostra economia come quello dell’edilizia o dell’assistenza domestica sono svolti per la maggior parte da individui di nazionalità straniera.

In Italia ci sono più di seicentomila lavoratori “fantasma”, intendendosi come tali tutti quegli individui che prestano la propria attività lavorativa senza però essere di fatto riconosciuti non solo come attivi, ma addirittura come effettivamente esistenti sul nostro territorio. Si tratta dunque di esseri umani impossibilitati ad accedere alle cure sanitarie, non avendone diritto in quanto irregolari, e riceventi retribuzioni ben al di sotto del minimo sindacale. Soggetti abbandonati dallo Stato al giogo di un mercato sommerso al cui interno si muovono interessi e cifre sproporzionate. Fenomeni come quello del caporalato, dello sfruttamento della manodopera a basso prezzo e, letteralmente, la gestione della vita di migliaia di indigenti sono sotto il monopolio delle associazioni mafiose e, in generale, criminali.

Quella dei lavoratori invisibili è una discussione che, all’interno del mercato del lavoro, si ripropone ciclicamente e che è stata in passato già oggetto di più di sette sanatorie che hanno riconosciuto, per motivi di lavoro, il permesso di soggiorno a milioni di individui (basti pensare alla Bossi-Fini del 2002 che interessò mezzo milione di persone).

Le soluzioni prospettate per risolvere la questione sono varie e non tutte però prevedono la regolarizzazione dei lavoratori fantasma. Una delle idee più interessanti è quella portata avanti da alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle che hanno ipotizzato la possibilità di destinare alla raccolta di frutta e verdura nei campi, e in generale impiegare in quei settori lavorativi in cui si soffre la mancanza di manodopera, i beneficiari del reddito di cittadinanza. Ad oggi i percettori di questa misura assistenzialistica sono circa due milioni di persone di cui però solo un terzo in età da lavoro, quindi circa settecento mila. La misura del Reddito di Cittadinanza, pensata inizialmente come un’assistenza temporanea ai cittadini in attesa del reinserimento nel mondo del lavoro ha trovato esito positivo, a fine 2019, solo per il 2% degli aventi diritto.

È inopinabile che tale possibilità potrebbe risolvere con un’unica soluzione due questioni estremamente impellenti per un governo di centro-sinistra: la regolarizzazione dei lavoratori nei campi e il reinserimento nel mondo del lavoro dei beneficiari del reddito di cittadinanza, dovendo però necessariamente sorvolare su ulteriori problematiche relative alla libertà di scelta o di aspirazione dei diretti interessati.

Rimane in sospeso però una domanda quasi inevitabile: e gli irregolari? Quale destino spetterebbe a delle persone che già si trovano sul nostro territorio, ma sprovviste di un documento, invisibili alle istituzioni ed esistenti solo per i loro sfruttatori?

Sebbene sia difficile non riconoscere che per un corpo politico, che fonda la sua legittimazione sul consenso popolare, questo sia un periodo storico non congeniale per imbastire o anche solo ipotizzare una discussione costruttiva volta a un progetto di riforma dell’immigrazione o della cittadinanza, il problema non è assolutamente da sottovalutare.

Le vite, i diritti e la dignità delle persone, indipendentemente dalla loro storia o nazionalità, non possono certo essere lasciate nell’oblio, con la speranza che in futuro le emergenze facciano venire i nodi al pettine.

Filippo Giletto

Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa, a Messina con l’obiettivo di raccontare l’immigrazione in Europa

Si è tenuta nella giornata di ieri presso il Salone degli Specchi al Palazzo dei Leoni di Messina la presentazione del nuovo libro di Pietro Bartolo, “Le stelle di Lampedusa“. Durante l’incontro sono state mostrate molte immagini di speranza come quella che segue, ma anche molte altre foto che descrivono la crudeltà e la sofferenza che caratterizzano la tragedia dei migranti.

Pietro Bartolo, fonte: TPI

Pietro Bartolo è responsabile da trent’anni della prima accoglienza ai migranti nell’isola di Lampedusa, periodo in cui ha curato moltissimi naufraghi e ispezionato migliaia di cadaveri, diventando noto come “il medico del mare”. Autore, nel 2016, del libro tradotto in molteplici lingue “Lacrime di sale“, edito da Mondadori, che racconta su carta quella che è stata definita la più grande emergenza umanitaria del nostro tempo. Interprete nel film “Fuocoammare” di Gianfranco Rosi che ha portato sul grande schermo la tragedia dell’immigrazione, vissuta in prima persona dagli abitanti di Lampedusa. Recentemente secondo eletto al Parlamento europeo nella circoscrizione insulare con oltre 135mila preferenze, di cui 115mila ottenute soltanto in Sicilia.

Il nuovo europarlamentare, in una giornata comunque programmata prima ancora che si definissero le candidature per le elezioni europee, ha incontrato nel corso della mattinata i ragazzi dell’istituto nautico “Caio Duilio”, del liceo “La Farina”, dell’istituto “Mazzini” e del Collegio Sant’Ignazio. L’incontro si inquadra in un progetto che punta alla sensibilizzazione dei giovani, che, come dichiarato dallo stesso Bartolo nel corso dell’incontro pomeridiano aperto a tutti, si ha l’intenzione di estendere quanto più possibile in Europa.

Nel pomeriggio l’evento è stato introdotto dal contributo di Davide Dinicola, diplomato al nautico di Messina, che ha raccontato di cosa lo ha spinto ad abbandonare lo yacht di Briatore per imbarcarsi, come primo ufficiale, nella nave Mare Jonio, che dallo scorso Ottobre naviga nel Mediterraneo per un’attività di monitoraggio, testimonianza e denuncia della drammatica situazione che coinvolge i migranti.

Successivamente l’intervento di Bartolo è stato un susseguirsi di immagini e storie, la storia di persone: non cose – come ribadisce il medico – persone che hanno delle sensibilità, hanno delle ambizioni, hanno delle speranze e hanno anche dei sogni, perché anche se sono neri hanno dei sogni, come noi.

Immagini di persone come le donne che raggiungono l’isola – se la raggiungono – con ustioni su ogni parte del corpo. Ustioni che non dipendono dal calore, ma ustioni chimiche, causate dalla miscela di acqua e di benzina che si accumula sulla superficie della barca e che, come dichiara l’autore, nel 90% dei casi causano la morte di queste donne, in quella che il medico chiama la malattia del gommone. Perché solo le donne? Perché gli uomini si dispongono sui bordi dell’imbarcazione, per proteggere gli anziani e le donne, più deboli, dal mare e dal freddo, come in una famiglia. Ultimamente molti si spaventano di salire su questi gommoni fatiscenti, sanno che possono morire da un momento all’altro. Allora gli scafisti per costringerli cosa fanno? Gli sparano, tanto sono neri, non hanno neanche lo status di esseri umani quindi lo possono fare“. Da qui l’immagine di un ragazzo che è andato verso questo destino, ma ha finto di essere morto, è stato caricato sulla barca ed è arrivato sull’isola, vivo.

Immagini di persone come quella della donna che stava per partorire, ma non c’era il tempo per raggiungere l’ambulatorio o l’ospedale a Palermo (perché i medici di Lampedusa garantiscono le cure solo in un poliambulatorio, tra l’altro senza neanche una sala parto). Allora la legatura del cordone ombelicale venne fatta con un laccio di scarpe, e la donna non si lamentò neanche per un attimo. Al momento del taglio uscì il “sangue, rosso, come il nostro“. Storie e immagini come quelle della donna che partorì in nave e si strappò una ciocca di capelli per legare il cordone.

Immagini di persone, uomini, bambini e donne, come quelle che il medico trovò ammassate nella stiva di una nave – sembrava di camminare su dei cuscini morte per asfissia, chiuse lì dentro.

Pietro Bartolo parla anche dell’incidente avvenuto nel 2013 che costò la vita a 368 migranti, mostra l’immagine delle bare che sembravano non finire, molte delle quali bianche. Ci ricorda che in realtà erano 367 barepoiché in quei sacchi c’era anche una donna che aveva appena partorito, con il suo bambino ancora legato a lei dal cordone ombelicale: decidemmo che fosse più giusto stessero insieme“.

Ma ci sono anche le cose belle. Come la storia della ragazza che era stata data per morta, ma di cui il medico percepì il polso, e allora di corsa in ambulatorio per massaggiarla, per fare l’adrenalina, e così il cuore ripartì. La ragazza è tornata a distanza di molti anni nella stessa isola a ritrovare chi la salvò. Storie come quelle della bambina di 4 anni che non mangiò i biscotti e li sbriciolò per darli alla madre, che non accettò in regalo un orsacchiotto perché ormai era già grande. Storie come quelle delle migliaia di persone salvate da morte certa grazie all’intervento di chi non si è mai arreso e non vuole arrendersi neanche di fronte alle possibili multe di 5000€ previste dal decreto Sicurezza bis – ma quei pescatori, a costo di pagare mutui di 80 anni, non verrebbero mai meno al loro dovere umanitario.

L’incontro si chiude tra gli applausi e la commozione generale, tra le urla che dicono “viva i lampedusani”, con i presenti consci di aver sentito storie e visto immagini che difficilmente verrebbero mostrate altrove. Un’esperienza che sicuramente porta a riflettere, al di là di ogni orientamento politico.

Antonino Micari

Al rettorato un seminario sul tema delle disuguaglianze e migrazioni forzate

Giovedì 16 maggio 2019. Messina. Accademia dei Pericolanti – Rettorato. Ore 15:00. Ѐ stato presentato il rapporto 2018 “Il diritto di asilo”.

Al tavolo dei relatori la prof.ssa Anna Maria Anselmo, vicedirettrice COSPECS, che ha fornito le categorie utili per contestualizzare il fenomeno; si è poi proseguito con l’intervento della curatrice del rapporto, Mariacristina Molfetta, presidente del Coordinamento “Non solo Asilo”. Infine, l’evento si è concluso con la presentazione di una ricerca sul campo di Tiziana Tarsia, sociologa, e Giuliana Sanò, antropologa, e due interventi che hanno descritto iniziative di partecipazione attiva con i rifugiati, gli studenti e gli operatori sociali del settore.

Più di 160mila sono gli immigrati che dall’inizio del 2016 sono sbarcati sulle coste italiane tutti ufficialmente in cerca di protezione internazionale. La politica da tempo è divisa sulla loro accoglienza e sulla presenza dei requisiti per la concessione dello status di rifugiato. Un dibattito spesso sin troppo polemico.

Infatti negli ultimi anni l’attenzione pubblica e politica, italiana ed europea, è stata fagocitata dall’ossessione delle migrazioni. Il tema è diventato la bussola delle campagne elettorali. Il futuro dell’Europa sembra tragicamente legato alla sua capacità di gestire, o meglio, respingere le migrazioni. Questo dibattito cieco e di cortissimo respiro non permette di ragionare con maggiore consapevolezza su questioni fondamentali che segneranno veramente il nostro futuro. E in particolare, la triade cambiamento climatico, migrazioni e disuguaglianza, si presenta come una questione che avrebbe bisogno di una maggiore attenzione per discutere di politiche e comportamenti sociali ed individuali.

Il fenomeno migratorio è complesso e le cause sono interagenti. Gli studiosi sottolineano che le migrazioni sono un modo per adattarsi al cambiamento e che quindi non vanno combattute, ma regolate e rese sicure con piani ad hoc.

Nello scenario mondiale, i Paesi che accolgono il maggior numero di rifugiati si trovano in regioni in via di sviluppo. La Turchia si conferma il Paese che ospita il maggior numero di rifugiati con 2,5 milioni di persone accolte, rispetto agli 1,6 milioni dello scorso anno; la Siria è il primo paese di origine con 4,9 milioni di rifugiati.

In questo quadro si chiede alle istituzioni e si propone alla società civile una riflessione sugli strumenti legali e sulle politiche internazionali e nazionali: affinché non siano discriminanti verso le persone in difficoltà o che hanno necessità di spostarsi, ma riconoscano il diritto ad una vita dignitosa di chi fugge dai sempre più frequenti disastri di varia natura; occorre creare nuovi regimi per regolare, regolamentare e rendere sicure e ordinate le migrazioni a livello internazionale e regionale, fondati sul riconoscimento dei diritti dei migranti.

Gabriella Parasiliti Collazzo

Continua l’emergenza migranti: Il caso Malta

I 450 migranti presenti sul barcone partito, probabilmente, da Zuara sono stati trasbordati su due navi militari questa mattina.
Il ministro Salvini mantiene ferma la sua posizione e insiste perché vengano mandati a Malta o tornino in Libia, poiché come ha spiegato in un colloquio con il premier Conte:

“In Italia si arriva solo con mezzi legali. Occorre un atto di giustizia, rispetto e coraggio per contrastare i trafficanti di esseri umani e stimolare un intervento europeo. I migranti si nutrono e si curano tutti a bordo, mettendo in salvo donne incinte e bambini. Non possiamo cedere, la nostra fermezza salverà tante vite e garantirà sicurezza a tutti. Da quando siamo al governo, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, ci sono stati oltre 27.000 sbarchi in meno. Se vogliamo mantenere questi risultati positivi, non possiamo mostrare debolezze”

Il trasbordo dei 450 migranti è avvenuto questa mattina a Linosa: 176 persone sono state messe sul pattugliatore inglese “Protector” inserito nel dispositivo Frontex, e altre 266 sul “Monte Sperone” della Guardia di Finanza.
Alcune donne e bambini sono stati trasportati a Lampedusa per motivi sanitari.
Le condizioni di salute sono infatti particolarmente gravi per alcuni di loro, dopo estenuanti giorni di viaggio.

Le due navi militari sono ancora in attesa di conoscere il Pos, cioè il porto dove approdare e sbarcare. La Capitaneria di porto di Porto Empedocle sta attendendo notizie dal Centro di coordinamento di Roma.

Dopo lunghe trattative con Malta, che si era occupata coordinamento del soccorso senza però mandare navi e senza dare disponibilità per l’accoglienza sull’isola dei migranti, il governo italiano ha fatto intervenire il pattugliatore della finanza e la capitaneria per scortare il peschereccio.

Benedetta Sisinni

Migranti e il decreto legge

Venerdì 29 giugno, dopo 13 ore di colloqui, proposte e controproposte, è stato trovato l’accordo sui migranti.

L’annuncio dato dal presidente del consiglio europeo Donald Tusk, non era scontato perché l’Italia aveva delle notevoli perplessità sulle modalità di gestione di tale problematica.

MINACCIA ITALIANA:

L’Italia ha minacciato di bloccare la prima versione del testo discusso a Bruxelles durante il summit di giovedì 28 e venerdì 29 giugno. Una bozza riguardante la crescita, economia, innovazione e lavoro, saltando la questione migranti. Anche il documento preliminare di Tusk, che sul tema migranti si discuteva molto, è piaciuto poco al Premier Giuseppe Conte poiché, benchè trattasse la lotta all’immigrazione irregolare, i controlli ai confini e i rapporti con i paesi di provenienza dei migranti, non teneva sufficientemente conto dell’accoglienza e dell’integrazione.

Sui temi cruciali per trovare un accordo, vi è stato un dialogo, anche molto serrato,tra Francia e Italia, che ha permesso di correggere il tiro fino alla sottoscrizione dell’intesa.

INTESA EUROPEA:

I temi principali riguardano il controllo dei migranti con centri di sbarco al di fuori del territorio comune europeo. (gli Stati Ue possono creare degli hotspot nei propri confini)e il rifinanziamento del fondo per l’Africa, il cui apposito fondo fiduciario dovrebbe ricevere altri 500 milioni di euro. Le piattaforme di sbarco regionali non sono del tutto accantonate, il Consiglio Ue ha invitato la commissione europea a farsi carico di sondare la disponibilità di tutte le nazioni coinvolte, creando un ponte con l’Alto commissariato delle nazioni unite per i rifugiati (Unhcr) e l’organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim). Inoltre, occorre disincentivare le persone a imbarcarsi per viaggi pericolosi. Per far si che questa operazione riesca serve la cooperazione di tutti i paesi soprattutto quelli che si affacciano sulle rotte dei migranti.

 

 

 

 

 

GOVERNO ITALIANO:

Il premier Giuseppe Conte sostiene che l’italia non è più sola anche se ammette che avrebbe cambiato qualcosa. Matteo Salvini è meno ottimista: ai microfoni di Radio Capital, ha ribadito di non credere alle parole ma solo ai fatti, auspicando anche un investimento vero e mirato in Africa, fedele quindi a quell’”Aiutiamoli a casa loro”.

La bozza del decreto legge all’esame del pre consiglio dei ministri di oggi prevede che l’Italia donerà alla Libia 10 motovedette della guardia costiera e due unità navali della guardia di finanza.

Il decreto si compone di 4 articoli. Il primo stabilisce che è autorizzato, conformemente a specifiche intese con le competenti autorità libiche e nel rispetto delle vigenti disposizioni internazionali ed europee in materia di sanzioni, il ripristino in efficienza, l’adeguamento delle strutture e il trasferimento in Libia; l’articolo 1 del decreto prevede uno stanziamento di un milione e 150mila euro. Un milione e 370mila euro sono stanziati nell’articolo 2 per la manutenzione delle unità navali, per lo svolgimento di attività addestrative e di formazione del personale della guardia costiera e della marina libica, al fine di potenziarne le capacità operative nel contrasto all’immigrazione illegale e alla tratta di esseri umani.

Sul tema migranti sta rischiando di sfaldarsi la Germania di Angela Merkel. Ed è sul controllo delle frontiere che Macron, Conte e la Spagna sono arrivati ai ferri corti la scorsa settimana. Il vertice UE si è chiuso con un accordo debole, fatto di molti condizionali e poche certezze. Tanto che subito dopo la lunga trattativa, il presidente francese e il premier italiano hanno avuto uno scontro a distanza su chi dovrà aprire i nuovi centri di accoglienza per i profughi.

In tutto questo caos politico, con l’Italia che era andata a Bruxelles per chiedere maggior sostegno dopo essere stata lasciata per lungo tempo da sola, la Commissione Europea ha deciso di assegnare un bonus extra ad alcuni stati membri per far fronte alle sfide migratorie. E ha deciso di assegnarli solo a Spagna e Grecia che intascheranno 45,6 milioni di euro da dividere. Quella dell’UE non sembra una mano tesa verso l’Italia.

L’Open Arms sta andando a Barcellona per sbarcare 60 persone. Nel frattempo sono morte altre 63 persone, è una cosa inconcepibile!

Oscar Camps, fondatore ONG Open Arms, in un suo tweet scrive “è assolutamente illegale e fuori dal diritto marittimo internazionale quello che sta succedendo, spero che vengano individuate le responsabilità”.

Ieri si è registrato un nuovo naufragio al largo delle coste libiche e sono 63 i migranti che risultano dispersi. Il bilancio delle vittime aumenta, 170 morti in 48 ore. Sui social il ministro dell’interno Matteo Salvini ringrazia i Carabinieri di Palermo che hanno arrestato 17 persone per tratta di immigrati e traffico di armi. Il presidente del parlamento UE, Antonio Tajani, punta ad una soluzione europea del problema migrazione, e annucia che per risolvere ciò occorre fermare i flussi migratori in Libia, e proprio per questo nei prossimi giorni si recherà a Tripoli e nel Niger.

Selina Nicita