Il Capa è tornato: habemus Caparezza

Il Capa con il suo ritorno è riuscito a dare una scossa alla musica italiana  4.0 – Voto UVM :4/5

Dopo tre anni ritorna sulle scene musicali Caparezza, con un nuovo album autobiografico, come dichiarato dall’artista. Ci aveva lasciato con Prisoner 709 (2017) e aveva entusiasmato tutti con la sua lingua tagliente e pure Exuvia, uscito il 7 maggio, non è da meno.

L’artista non ha bisogno di presentazioni: che lo si voglia o no, Caparezza è uno degli autori più talentuosi e autentici del panorama della musica italiana. I suoi testi parlano della società circostante, le sue canzoni hanno denunciato la mafia e gli errori della politica, ma hanno parlato anche d’amore e di speranza, per un mondo che ormai vive di immagine e finzione.

Meglio depressi che stronzi del tipo «Me ne fotto», perché non dicono «Io mi interesso»?

Caparezza. Fonte: centralfloridavocalarts.com

Exuvia( 2021)

A mio agio nel caos, ecco la mia Exuvia.

Il nome “exuvia” indica la muta dell’insetto, quindi un cambiamento e una nuova maturità, senza lasciare indietro il proprio passato. Come l’insetto, pure Caparezza con il suo nuovo stile ha voluto regalarci un artista nuovo: con una metamorfosi è riuscito a incoronare il suo percorso rendendolo più maturo e di questo ci parla la traccia Exuvia. Un significato a primo impatto banale per coloro che non accettano cambiamenti e vivono dentro una bolla rivestita da mero egoismo e pregiudizi.

Ogni mio scatto è di prassi bruciato
Non dimentico le radici perché tengo alle mie radici
Ma ci ritornerò quando sarò inumato
I miei dubbi hanno dei modi barbari
Invadenti e sono troppi
Il segreto è fare come gli alberi
Prima cerchi, dopo tronchi
Chi ti spinge dopo quella soglia
Se non è la noia, sarà il tuo dolore
L’occasione buona per andare altrove, tipo fuori

L’album contiene 19 tracce, ed è stato anticipato un mese e mezzo fa con Exuvia e subito dopo La Scelta. Il disco si presenta cupo e percepiamo una sensazione di malinconia nell’ascolto. Come un vero genio incompreso, Caparezza mescola temi della politica e dell’arte, facendoci affrontare un viaggio nell’inafferrabile: solo chi presterà la massima attenzione potrà capire il disco.

Nelle canzoni troviamo le collaborazioni di altri artisti quali Matthew Marcantonio (leader dei Demob Happy) che canta il ritornello della traccia Canthology e Mishel Domenssain, una cantautrice e rapper messicana che accompagna l’artista nella traccia El Sendero.

Come già citato sopra, l’artista ha rilasciato più di un mese fa le tracce Exuvia e La Scelta. Di cosa parla La scelta? La scelta rappresenta la solitudine, un “limbo“- come dichiara l’artista- in cui si è soli e non si hanno aiuti e solo tu decidi che strada intraprendere e quella scelta, che a volte è un concetto banalizzato, è ciò che condiziona la tua vita: quindi bisogna essere prudenti e ponderare prima di agire. Caparezza in merito a questa canzone ha dichiarato:

Uno degli elementi ricorrenti del nuovo album è la stasi, il limbo, il “non luogo” senza via d’uscita. Come si viene fuori da questa impasse? Esiste un solo modo: fare una scelta, prendere una decisione. Ho immaginato di trovarmi davanti ad un bivio, due sentieri che si diramano dal bosco.

Fino a qualche mese fa nessuno si aspettava un nuovo disco di Capa: difatti l’artista non aveva rilasciato dichiarazioni o tracce sul suo profilo Instagram, ma il 31 marzo, ha sganciato all’improvviso come una bomba l’uscita della sua nuova opera e pagine social e giornali inneggiavano al ritorno di Caparezza. Diciamocelo: l’artista pugliese ha giocato bene le sue carte, cogliendoci tutti di sorpresa!  

Fonte: Copertina ufficiale Exuvia-Juloo.it

Nelle nuovi canzoni, non troviamo più il vecchio Caparezza, anche la sua voce nasale è scomparsa, ma il suo essere diretto è sempre presente (in fondo è il suo marchio di fabbrica).

Non è un’artista amato da tutti, forse per il suo modo d’essere troppo schietto o forse perché è poco attivo sui social e non rilascia mai interviste o non segue la linea commerciale che richiede la nostra società; nonostante tutto il suo nome viene ancora ricordato e rimane uno degli artisti più amati della nostra terra, è la prova vivente che non bisogna amalgamarsi alla massa per creare arte.

Non me ne frega un cazzo dell’opinione di un giornalista, non mi interessa cosa possa pensare lui della mia band!… Certo, a chi non fa piacere una cazzo di recensione positiva, però non si può dipendere dalle opinioni altrui. E la maggioranza dei giornalisti che scrivono di musica sono dei poveracci.

Fonte: fm-world.it

                                                                                                                                Alessia Orsa

 

 

Oscar 2021: i film che ci legano agli altri

Quest’anno agli Oscar domina l’introspezione.  Due film candidati come miglior pellicola narrano entrambi la storia di uomini con grandi ambizioni per loro stessi così come per la propria famiglia. Le storie di Sound of Metal e Minari raccontano di rivalsa sociale così come di accettazione: temi che, se narrati bene, parlano ad ognuno di noi.

 I due protagonisti delle pellicole, Jacob e Ruben. Fonte Goldderby.co

Sound of metal

La pellicola di Darius Marder ci racconta la storia di Ruben (Riz Ahmed), batterista del duo metal composto da lui e dalla sua ragazza. Il punto di svolta della vicenda arriva con la lenta ma inesorabile perdita dell’udito da parte del protagonista: sarà qui che Ruben dovrà cominciare ad affrontare una sfida che lo porterà a dover riconsiderare le proprie prospettive di vita da musicista.

Accolto in una piccola comunità di non udenti, dovrà piano piano affrontare ciò che altri come lui hanno dovuto imparare ad accettare: la sordità. Sarà Joe (Paul Raci), gestore del rifugio, ad insegnare questa lezione al protagonista diventando per lui una figura paterna capace di guidarlo in questo suo nuovo cammino. Cammino che, non senza gravi inciampi, porterà Ruben ad accettare questa sua nuova vita e a riscoprirsi nel rapporto con la comunità e con i suoi membri più giovani, con cui instaurerà un rapporto stretto.

Ruben insegna ai bambini del rifugio il ritmo. Fonte: lwlies.com 

Le scelte di Ruben testimoniano come alla fine l’accettazione di sé stessi e dei propri difetti (in questo caso veri e propri handicap), sia fondamentale per saper vivere e trovare una propria via serena. La sua scelta finale sta proprio a testimonianza di ciò, perché – come ci viene mostrato dal regista – il protagonista riesce negli ultimi momenti a trovare una pace interiore che solo a sprazzi si era vista nel resto del film.

Minari

Il secondo film ci porta invece sulla costa occidentale degli Stati uniti, durante gli anni Ottanta, per raccontarci la storia di David (Alan Kim), un bambino nato in America da genitori coreani, e della sua famiglia.

Lee Isaac Chung, autore del racconto, ci mostra quindi la vicenda di due coniugi, Jacob (Steven Yeun) e Monica (Han Ye-ri), emigrati dalla Corea in cerca di una vita migliore in America. Miglioramento che però stenta ad arrivare: dopo un decennio passato ai margini della società pieni di insoddisfazione, Jacob prenderà una decisione chiave per l’intera famiglia: cercare fortuna avviando un’impresa agricola.

Quello che è evidentemente un salto nel buio da parte dell’uomo metterà più volte in serio pericolo l’incolumità della sua famiglia, nonché il rapporto con la moglie, mai davvero convinta del suo progetto e preoccupata dalla decisione di mettere il proprio successo al di sopra di lei e dei suoi figli. Jacob difatti non farà mai la scelta più giusta per le persone attorno, ma preferirà sempre circondarsi di scuse poco credibili a cui la moglie darà retta solo per l’amore che la lega al compagno. Anche la salute stessa dei figli viene spesso messa in bilico dal protagonista: la malattia cardiaca di David è infatti tenuta sempre in conto da Monica, ma altrettanto non sembra fare Jacob.

La famiglia di Jacob al completo. Fonte: theartsdesk.com 

Il messaggio che vuole lascarci la storia è quindi quello di rimanere legati alla propria famiglia: metafora espressa dalla pianta aromatica che dà il nome anche alla pellicola, essendo di fatto ciò che – come una buona famiglia – cresce e prospera da sola.

Il confronto

Come si può facilmente notare, entrambe le pellicole candidate narrano una storia simile, che verte sull’accettazione delle difficoltà della vita e ci fa capire come spesso queste ultime possano essere affrontate semplicemente accettando sé stessi o instaurando un rapporto migliore con ciò che ci sta attorno, e – in molti casi – rassegnandosi all’assenza di quello che può essere un desiderio o una passione bruciante, nel nome di qualcosa di più grande che ci sta vicino.

Si prospetta quindi una lotta dal finale incerto per la vittoria della statuetta di miglior film, come anche per quella di miglior attore protagonista a cui entrambi gli interpreti delle due pellicole sono candidati.

           Matteo Mangano