Alla (ri)scoperta delle scuole superiori di Messina: Seguenza e Maurolico

La scuola è – per antonomasia – il primo luogo in cui s’impara il vivere democratico. Sin dai primi anni delle elementari ci si impara a confrontare e conoscersi fuori dalle mura domestiche, stringendo amicizie destinate a durare per la vita. Ogni scuola ha inoltre un suo nome e una sua storia, che restano necessariamente indelebili nei ricordi degli studenti. È per questo che abbiamo deciso di dedicare uno spazio della nostra rubrica alle storie – raccontate in pillole – delle scuole superiori messinesi e dei personaggi a cui sono associate. Partiamo con due celebri licei del centro: il Liceo Scientifico “G. Seguenza” e il Liceo Classico “F. Maurolico”.

Liceo Scientifico Statale “G. Seguenza”

Il Liceo Scientifico Statale “G. Seguenza” è situato all’interno di uno storico edificio progettato dall’Ing. Vincenzo Salvadore nel 1937 e propone oggi quattro indirizzi: Scientifico, Scienze Applicate, Linguistico e Artistico. Indubbiamente uno dei licei più noti di Messina, ma di cui si perde spesso di vista un aspetto importante:  il personaggio storico a cui è dedicato. Era il 18 giugno 1925 quando la struttura fu infatti intitolata a Giuseppe Seguenza.

L’edificio del Liceo Scientifico “Giuseppe Seguenza” – Fonte: normanno.com

 

Lo scienziato naturalista, nato a Messina nel 1833, fu uno dei più illustri studiosi del Regno di Napoli. Tra le sue scoperte è degna di nota quella del 1856, anno in cui, analizzando l’isola di Vulcano, la prima delle Eolie, si rese conto dei composti arsenicali presenti nei prodotti vulcanici. Si dedicò successivamente anche allo studio di fossili e, a seguito di diversi studi svolti a Messina e nell’Italia meridionale, gli fu conferita da Charles Darwin la nomina di socio corrispondente della Royal Society, un’associazione scientifica britannica, fondata nel 1660, che contò nel tempo membri – tra i tanti – come Gottfried Wilhelm von Leibniz e Stephen Hawking.

Non andrebbe dunque dimenticato il contributo dato alla scienza e tutti i cittadini dovrebbero averne memoria, così come invita a fare la targa di marmo – presente nella facciata della casa dello scienziato sul Corso Cavour -, che recita:

Qui nacque Giuseppe Seguenza, naturalista, in tutta Europa famoso, uomo di semplicità antica, recò nuova luce alla scienza, nuova gloria alla vita.

Un giovane Giuseppe Seguenza – Fonte: Gruppo Facebook “Antica Messina”

 

Istituto d’Istruzione Superiore “F. Maurolico”

Il Liceo Classico Maurolico, oggi parte dell’Istituto “F. Maurolico” in quanto accorpato al Liceo Scientifico “G. Galilei” di Spadafora, è stato fondato nell’a.s. 1861-62, col nome di “Regio Liceo“, particolare ancora visibile dalla facciata principale dell’edificio situato in Corso Cavour n.63. Il Liceo, abbellito dalla scalinata recentemente restaurata e dalla sontuosa Aula Magna interna, oltre che dalla Biblioteca – custode di vari e pregiati volumi -, ha visto formarsi tra i suoi banchi numerose personalità di rilievo politico e culturale, tra cui, lo stesso Giuseppe Seguenza! Tuttavia, altrettanto importante è la persona a cui il liceo è intitolato, ossia il matematico Francesco Maurolico.

L’edificio dell’Istituto Superiore “Francesco Maurolico”  (prima del restauro della scalinata) – Fonte: messina.gazzettadelsud.it

 

Francesco Maurolico (1494-1575) è stato un matematico, astronomo e storico messinese. Di origini greche da parte di entrambi i genitori, si appassionò subito agli studi. Presi i voti e divenuto sacerdote, è ricordato per la passione verso i corpi celestiali – tanto a denominare Maurolycus uno dei più antichi crateri della Luna nel 1651 -, nonché per i consigli e gli apporti dati a molti personaggi di spicco dell’epoca. È stato celebre per aver fornito le carte geografiche alla flotta guidata da Don Giovanni d’Austria per la Battaglia di Lepanto, oltre ad aver collaborato con  lo scultore Giovanni Angelo Montorsoli nella creazione delle fontane del Nettuno e di Orione, stilando i versi poetici latini incisi su entrambe le opere.

Durante un’epidemia di peste, decise di ritirarsi in una villa della sua famiglia sul viale Annunziata, dove passò i suoi ultimi giorni continuando gli studi che avevano costellato tutta la sua vita. Le sue spoglie riposano oggi dentro la chiesa di San Giovanni di Malta, ove è possibile accedere per ammirare il ricco sarcofago, corredato dal busto marmoreo e dallo stemma mauroliciano (raffigurante un lupo) e dalla stella Sirio.

    Francesco Maurolico – Fonte: mathematica.sns.it

 

Alla prossima!

Concludiamo dandovi appuntamento al prossimo articolo, in cui conosceremo la storia e i personaggi degli altri due celebri licei del centro: il Liceo Scientifico “Archimede” e il Liceo Classico “G. La Farina”.

 

 

Cristina Lucà, Salvatore Nucera, Mario Antonio Spiritosanto

 

Fonti:

seguenza.edu.it

maurolicomessina.edu.it

 

Immagine in evidenza:

Giuseppe Seguenza (Fonte: ortobotanico.messina.it) e Francesco Maurolico (Fonte: wikipedia.org)

… una delle più importanti spedizioni militari della storia moderna partì da Messina?

Messina, città portuale per eccellenza, per via della sua posizione privilegiata di controllo sul Mediterraneo, è sempre stata considerata una importantissima base militare, e sono dunque davvero tantissime le imprese belliche a cui è legato il suo nome; ma una è davvero importante, tanto che la troverete, in un posto di rilievo, praticamente su qualsiasi libro di storia moderna.

Proprio da Messina, infatti, partì la flotta che prese parte alla battaglia di Lepanto, considerata da alcuni storici come “l’ultima Crociata”; l’ultima volta, cioè, in cui un grande esercito formato da soldati di diverse nazionalità si riunisce in risposta all’appello papale per recarsi a combattere gli Infedeli.

È il 1571 e il bacino del Mediterraneo è una bomba a orologeria: la politica espansionistica dell’Impero Ottomano, con le sue famigerate navi corsare, minaccia la sicurezza delle città marinare e dei commerci via mare delle nazioni cristiane.

A coalizzarsi contro il nemico turco sono dunque proprio gli Stati dell’epoca che dal commercio marittimo traggono i maggiori vantaggi: la Repubblica di Venezia, che all’epoca controllava gran paete dei commerci con l’Oriente; Genova e alcune città della Toscana, mosse da simili interessi; l’Ordine di Malta, che con gli Ottomani ha qualche conto in sospeso (neanche sei anni prima i Turchi erano arrivati a un passo dal conquistare La Valletta); e infine, ovviamente, il Papato.

È proprio il Papa, Pio V, a chiamare in causa il re di Spagna, Filippo II, un re devoto ai limiti del fanatismo che si fregia del titolo di difensore della Chiesa. Il monarca risponde all’appello ponendo a capo della spedizione un suo generale di fiducia, il fratellastro, don Giovanni d’Austria, all’epoca appena ventitreenne: nasce così la Lega Santa.

Quando si tratta di scegliere un quartier generale in cui organizzare le forze, nessuno ha dubbi: spetta a Messina, per la sua posizione geografica vantaggiosa, l’onore e l’onere di accogliere le forze cristiane, e la tradizione vuole che proprio lo scienziato messinese Francesco Maurolico si sia occupato di fornire le carte nautiche per la spedizione.

Lo scontro decisivo avviene al largo di Lepanto, una isola greca, domenica 7 ottobre 1571. È una mattanza nel corso della quale migliaia di soldati di entrambe le parti perdono la vita; si conclude, dopo diverse ore, con una sofferta vittoria delle truppe cristiane, che riescono a uccidere il generale nemico, Alì Pasha. I vincitori rientrano dunque a Messina, per festeggiare l’esito dell’impresa e curare i feriti: tra essi, anche un giovanissimo Miguel de Cervantes.

Si trattò di una vittoria decisiva o di un inutile spargimento di sangue?

Il dibattito storiografico su questo interrogativo è tutt’ora accesissimo, infuocato da abbastanza ovvie implicazioni politiche e ideologiche. Quel che è certo è che, per il mondo cristiano, la battaglia di Lepanto fu celebrata come un incredibile miracolo e una vittoria della Fede, tanto che fu istituita addirittura una festa religiosa per commemorarla (quella della Madonna del Rosario). Anche a Messina è rimasta viva la memoria di questo evento nell’omonima piazza Lepanto, di fronte all’Annunziata dei Catalani, dove si trova il monumento a Don Giovanni d’Austria.

Gianpaolo Basile

… ci sono ben due Messinesi illustri sulla Luna?

La luna piena fotografata da un obiettivo telescopico

Ebbene sì: c’è chi guardando la Luna pensa all’amore, chi, come Leopardi, ci intesse sopra riflessioni sul senso della vita. Ma d’ora in avanti, cari lettori di UniVersoMe, quando volgerete lo sguardo al cielo in una bella notte di luna piena, non penserete più a nulla di tutto questo, ma alla nostra città di Messina.

Come mai? Perchè Messina ha l’onore di avere non uno, ma ben due Messinesi illustri sulla Luna. Ovviamente non di persona, ci mancherebbe: ma i loro nomi sono stati assegnati rispettivamente a un cratere lunare e a un Dorsum, una sorta di catena montuosa formata da creste lunari.

Chi sono questi due personaggi messinesi e come mai hanno ricevuto una così singolare onorificenza? 

Francesco Maurolico

Il primo, probabilmente, lo conoscete un po’ tutti: è Francesco Maurolico, matematico, scienziato, letterato, storico, erudito, in poche parole grande mente del Cinquecento messinese. Di questo incredibile personaggio, che più di ogni altro forse riuscì a incarnare l’archetipo dell’intellettuale rinascimentale a tutto tondo, ci resta una enorme quantità di scritti, molti dei quali testimoniano appunto il suo vivo interesse per l’astronomia.

Il più importante di questi, una opera massiccia intitolata “Cosmographia”, rappresenta una sorta di grande rassegna del sapere astronomico dell’epoca: la prima edizione,

Superficie lunare. In giallo, il cratere Maurolycus

datata 1543, è dedicata all’amico e letterato Pietro Bembo.

Per i suoi importanti contributi allo sviluppo di una disciplina che all’epoca era quanto mai attuale, Maurolico fu molto apprezzato tanto dai suoi contemporanei, quanto dai posteri. Nel 1615, infatti, quando l’astronomo gesuita Giovan Battista Riccioli pubblica la sua mappa della superficie lunare, non manca di onorarne la memoria attribuendo il suo nome a un cratere del diametro di 117 km, il Maurolycus, che lo conserva tutt’ora.

Una delle tavole paleontologiche di Scilla, con disegni di fossili

Il secondo personaggio invece è sicuramente meno noto, ma non meno affascinante, e, per certi versi, bizzarro: forse perchè visse e operò circa un secolo dopo Maurolico, nel Seicento, in un’epoca permeata dalle bizzarrie del barocco.

Stiamo parlando di Agostino Scilla, anche lui messinese e anche lui, come il Maurolico, genio a 360 gradi: dopo una formazione da letterato, si dedicò alla pittura, e diverse delle sue opere sono custodite al Museo Regionale di Messina.

Ma i suoi interessi non si fermano all’arte: fu anche appassionato di geologia, e instancabile collezionista di fossili. Scoprì per primo, quasi in contemporanea con il danese Niccolò Stenone, e in contrasto con le credenze dell’epoca, che i fossili sono resti di esseri viventi, gettando così le basi della moderna paleontologia.

Il Dorsum Scilla in una foto telescopica

Proprio per questo, nel 1976 gli venne dedicato un Dorsum lunare, il Dorsum Scilla, lungo circa 108 km: la Unione Astronomica Internazionale, che regola la nomenclatura delle strutture lunari, prevede infatti che ai Dorsa vengano assegnati i nomi di geologi, paleontologi e studiosi della Terra. 

Quando si parla di “portare in alto” il buon nome della città di Messina, dobbiamo dunque ricordare che c’è stato chi, come Francesco Maurolico e Agostino Scilla, è riuscito a portarlo così in alto… da raggiungere addirittura la Luna! 

Gianpaolo Basile

Image credits:

  1. Di Gregory H. Revera – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=11901243
  2. Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=697197
  3. http://www.osservatoriogalilei.com/home/index.php/rirorse/fly-me-to-the-moon/839-il-cratere-maurolycus
  4. Di Colonna, Fabio; Scilla, Agostino – http://www.biodiversitylibrary.org/pageimage/39707030, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=44716771
  5. Di Naval Research Laboratory from Clementine data – Quelle: http://solarviews.com/raw/moon/moonmap.tif, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=482921

Dalla scienza alla poesia, dalla storia alla tecnica: Francesco Maurolico, l’uomo del Rinascimento a Messina

V0003929 Francesco Maurolico.
Francesco Maurolico. Incisione di M.Bovis, copia da un perduto ritratto di Polidoro Caldara da Caravaggio.

Quando pensiamo al Rinascimento, a questo periodo storico fertile di idee che proiettò la cultura europea, fra Quattrocento e Cinquecento, ai primi albori della modernità, pensiamo innanzitutto a una sorta di graduale trasformazione culturale, alla nascita di un nuovo modello di cultura e di una nuova concezione del sapere e del sapiente. Semplificando, se il dotto medievale se ne stava ben chiuso tra le mura del suo monastero dedito alla contemplazione di una Verità vissuta come unica e immutabile, il colto intellettuale del Rinascimento si volge verso l’esterno, riscopre l’antichità classica e le sue grandezze, rinnova il suo interesse verso la matematica e le scienze naturali, guarda con occhi nuovi alla volta celeste e al Cosmo, ed inizia anche a conquistarsi un proprio ruolo nelle dinamiche politiche della città in cui vive e a cui appartiene. Anche Messina, che pure viene considerata una sorta di periferia geografica di questo cambio di paradigma culturale (che inizia nel centro Italia, a Firenze, a Roma, per poi espandersi a tutta l’Europa), ha visto l’opera di un personaggio in grado di incarnare quasi per eccellenza questa nuova visione della cultura: Francesco Maurolico.

È a Messina che Maurolico nasce, nel 1494, da una ricca e potente famiglia borghese, forse di origine greca, i Maurolì o Marulí; sarà poi egli stesso a mutare il suo cognome, latinizzandolo (o meglio grecizzandolo) in Maurolycus. Il padre Antonio, funzionario della Zecca e allievo del grande grecista bizantino Costantino Lascaris (alla cui scuola si formò anche il letterato veneziano Pietro Bembo), ne cura per primo una ricca e completa educazione che passa, come di norma per l’epoca, dall’apprendimento delle arti liberali (grammatica, retorica, dialettica, aritmetica, geometria, astronomia e musica) oltre che del latino e del greco.

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Prima edizione della Cosmographia di Francesco Maurolico, con la dedica a Bembo. Venezia, 1543.

È però all’ottica che inizialmente il Maurolico si interessa, dopo aver preso nel 1521 gli ordini sacerdotali, componendo due trattati che rimaneggerà a lungo nel corso della sua vita e che verranno pubblicati postumi, nel 1611. Nel frattempo, arrivano le sue prime opere pubblicate, come un trattato di grammatica datato 1528. In quell’anno, Maurolico riceve un mandato pubblico di insegnamento delle discipline matematiche a Messina. Inizia così un periodo importante di produzione scientifica: Maurolico studia infatti, come i suoi contemporanei, la geometria, la matematica e l’astronomia dai testi classici in latino e in greco di periodo ellenistico, come Tolomeo, Euclide e molti altri; di questi stessi testi, però, Maurolico compila compendi e ricostruzioni che non si limitano all’aspetto filologico, ma ne innovano, ampliano e rivisitano i contenuti. È in questi testi che sono contenuti i suoi più ampi contributi al pensiero matematico e scientifico dei suoi tempi: una autentica valanga di documenti, alcuni dei quali (come la monumentale Cosmographia del 1543, dedicata a Bembo) vengono pubblicati a stampa, mentre altri sono pubblicati postumi o restano tutt’ora sotto forma di manoscritto.

Negli anni ’40 del ‘500 Maurolico, ormai famoso e affermato intellettuale, tocca l’apice della sua produzione culturale. I suoi interessi molteplici non si arrestano alle matematiche e all‘astronomia, ma toccano filosofia, storiografia, storia della letteratura, ingegneria, teoria musicale… Il suo sapere non è però qualcosa di astratto e lontano dalla realtà dei suoi tempi, ma viene sempre messo al servizio della comunità, che difatti lo ricompenserà, nel corso della sua vita, con la nomina ad Abate e con lauti vitalizi. Quando nel 1535 Carlo V entra in trionfo a Messina dopo la vittoria di Tunisi, è lui, assieme al pittore Polidoro Caldara da Caravaggio, che cura gli allestimenti temporanei in suo onore; presentato di persona al cospetto dell’Imperatore, viene da lui stesso incaricato di occuparsi delle fortificazioni della città, contribuendo così alla progettazione del Forte Gonzaga; assieme al fiorentino Montorsoli concepisce la struttura delle due più belle fontane rinascimentali di Messina, quella di Orione e quella del Nettuno, e scrive di suo pugno i versi latini che le adornano; è a lui che il Senato si rivolge per scrivere un trattato di storia siciliana che permetta alla città di Messina di competere con la rivale Palermo per il ruolo di Capitale della Sicilia, il Sicanicarum rerum compendium; ed è con lui che si mettono in contatto i Gesuiti di Ignazio di Loyola quando, negli anni ’50, decidono di far nascere a Messina una istituzione di insegnamento che in seguito diventerà il nucleo dell’Università. Persino quando nel 1571 la flotta della Lega Santa è a Messina pronta a salpare verso la battaglia di Lepanto, è proprio all’ormai anziano Maurolico che i comandanti dell’armata cristiana si rivolgono per la realizzazione di carte nautiche…

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Il sepolcro di Francesco Maurolico, opera di Rinaldo Bonanno, situato nella chiesa di San Giovanni di Malta a Messina. Ph: Giulia Greco

 

 

Quando Maurolico muore, nel 1575, lascia ai posteri una produzione letteraria sconfinata. Il suo corpo è sepolto nella chiesa di San Giovanni di Malta, ma il suo sapere attraverserà i secoli: nel 1651 l’astronomo Riccioli gli dedica addirittura un cratere sulla Luna (Maurolycus); a seguito della rivolta antispagnola e dell’intervento francese (1674-1678), molti dei suoi manoscritti affascinano il primo ministro del Re Sole, Colbert, che li vuole nella sua biblioteca personale, e tutt’ora si trovano a Parigi per questo motivo. Un gruppo di ricerca internazionale guidato dall’Università di Pisa sta ad oggi curando la pubblicazione estensiva e digitalizzata delle sue opere: a prova dell’importanza che ha avuto, e continua ad avere, questa grande mente messinese, nella storia del pensiero scientifico e culturale europeo. 

Gianpaolo Basile

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Messina, signora dello Stretto: la fontana del Nettuno

Raccontare la storia di Messina è raccontare la storia del suo mare, lo Stretto, quel braccio d’acqua salata largo pochi chilometri che la separa, insieme alla Sicilia, dal resto della penisola italiana. Dal mare, nel corso dei secoli, la città ha tratto la sua linfa vitale, come città di pescatori, marinai e mercanti: dal mare provenivano le sue ricchezze e gran parte del suo potere e della sua importanza. Eppure in tempi ancora più antichi, avvolti nelle nebbie del mito, lo Stretto di Messina era considerato tutt’altro che un mare ospitale per i naviganti; e proprio le sue capricciose correnti, sovente causa di naufragi, diedero ispirazione al mito omerico (tramandato già nell’Odissea) di Scilla e Cariddi, due orrendi mostri marini che ne infestavano le coste e distruggevano le navi dei marinai.

È a questa simbologia che si ispira un monumento conosciutissimo, quasi un emblema della città di Messina: la fontana del Nettuno, immancabile omaggio della Città al suo mare. È opera del Montorsoli, artista rinascimentale collaboratore di Michelangelo ed attivo a Messina nella seconda metà del ‘500, già artefice, nel 1553, della fontana di Orione, di cui abbiamo discusso nella scorsa uscita. Anche quest’opera, conclusa nel 1557, fu commissionata dal Senato della città di Messina, e anche quest’opera vide il Montorsoli affiancato, nella concezione della struttura, dall’onnipresente abate Maurolico, che anche qui fu autore di alcune delle iscrizioni latine; ma se nella fontana di Orione il tema della mitologica origine della città era solo lo spunto per una vivace e frizzante celebrazione in stile manierista, qui la mitologia diventa allegoria della Città stessa, signora dello Stretto e vincitrice sulle insidie del mare. Anche lo stile sembra cambiare in vista di questo nuovo messaggio, e al dinamismo e alla ricchezza decorativa dell’opera precedente si contrappone qui uno stile più sobrio, misurato e solenne, con evidenti richiami michelangioleschi.

Protagonista assoluto è Nettuno, il dio del Mare, riconoscibile dal tridente, suo attributo; ha il braccio proteso in avanti, lo sguardo all’orizzonte, la posa è plastica e l’espressione ieratica ed imperturbabile; domina la struttura dall’alto del basamento su cui è posto, il cui bordo è ornato da mascheroni e conchiglie alternati. Purtroppo si tratta di una copia, realizzata da Gregorio Zappalà nel 1856 per preservare l’originale, che si trova al Museo Regionale. Sulla faccia frontale del basamento fa bella mostra di se lo stemma imperiale di Carlo V d’Asburgo, caricato del collare dell’Ordine del Toson d’Oro e fiancheggiato dalle colonne d’Ercole, mentre gli angoli del basamento sono ornati dalle code di delfino di quattro cavallucci marini, che sporgono verso la vasca sottostante.

 

La calma e la serenità olimpica di Nettuno contrastano in maniera stridente con le due statue laterali, raffiguranti Scilla e Cariddi ridotte simbolicamente in catene, che gridano disperate e si dimenano. Le sembianze mostruose delle due creature, rappresentate con corpi femminili e code di pesce, sono rese ancora più terribili dalle espressioni accentuatamente drammatiche dei volti, mentre nelle pose contorte e nei corpi muscolosi è possibile quasi intravedere l’impronta del maestro Michelangelo. Scilla, a sinistra, è riconoscibile dai volti di cani latranti che le sporgono dalla vita, così come viene descritta da Ovidio nelle Metamorfosi; è anch’essa una copia, stavolta di Letterio Subba, del 1858, dato che l’originale fu danneggiato da una cannonata durante le rivolte del 1848 ed è anch’esso al Museo Regionale.

Oggi l’intero complesso si trova in zona Boccetta, sul lungomare, di fronte al Palazzo del Governo, sede della Prefettura, ed è rivolto verso il mare; prima del terremoto del 1908 invece si trovava più a sud, sul lungomare, ed era rivolto in modo che Nettuno guardasse la città. Il messaggio simbolico è evidente: dopo aver incatenato i due mostri Scilla e Cariddi, Nettuno, dio del Mare, si rivolge alla Città offrendole i suoi frutti. Questo fece nascere però una storiella popolare circa la fontana, secondo cui la statua non raffigurava Nettuno ma un mitico pescatore gigante, “lu Gialanti pisci”, che aveva deciso di catturare i due mostri marini per scommessa con dei pescatori calabresi. La statua avrebbe dunque volto le terga alla Calabria per sbeffeggiare gli eterni rivali sull’altra sponda dello Stretto: ma questa, naturalmente, è solo una leggenda…

Gianpaolo Basile

Ph: Martina Galletta