Intervista a Giampiero Massolo, ex capo dei servizi segreti

Nel corso di Taobuk 2024 abbiamo avuto il piacere di ascoltare l’ambasciatore ed ex capo dei servizi segreti Giampiero Massolo durante l’appuntamento intitolato «La concretezza della Realpolitik contro le insidie dello scacchiere mondiale». L’incontro, che si è tenuto presso il Palazzo dei Duchi di Santo Stefano, ha avuto al suo centro una conversazione a tre in cui hanno partecipato Viviana Mazza, corrispondente negli Stati Uniti per il Corriere della Sera, e Andrea Montanari, direttore di Rai Radio 3.

Chi è Giampiero Massolo

Giampiero Massolo è attualmente presidente della società Mundys, del settore delle infrastrutture autostradali e aeroportuali. Il gruppo gestisce, fra le altre cose, lo scalo di Roma-Fiumicino (primo aeroporto italiano per traffico passeggeri) e quello di Nizza Costa Azzurra. È stato inoltre presidente di Fincantieri e dal 2017 al 2024 presidente dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI). La parte più consistente della sua carriera è però occupata dal suo ruolo di diplomatico. Dopo aver lavorato presso l’ambasciata della Santa Sede e a Mosca, dal 2007 al 2012 è stato Segretario Generale del Ministero degli affari esteri. Successivamente, dal 2012 al 2016, è stato direttore del Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza (DIS), la più alta carica di coordinamento dell’Intelligence italiana. Inoltre è stato sherpa durante il G8 dell’Aquila.

Data la notevole esperienza diplomatica e conoscenza della geopolitica, i suoi interventi sono stati ricchi di aneddoti e analisi degli equilibri internazionali. Nell’affrontare i diversi argomenti proposti da Mazza e Montanari, l’ambasciatore ha parlato soprattutto dei rapporti fra Cina e Stati Uniti, del ruolo dell’Unione Europea all’interno del quadro politico ed economico occidentale e di una nuova definizione di “Mediterraneo”. Inoltre ha discusso di altri temi che stanno spesso all’ombra delle maggiori crisi internazionali, come la crescente influenza militare ed economica Russa in Africa (specie dopo la disgregazione del gruppo Wagner) e dei fragili equilibri dell’area Indo-Pacifica.

Giampiero Massolo (centro), Viviana Mazza e Andrea Montanari al Taobuk 2024

L’intervista all’ambasciatore Massolo

Dopo l’appuntamento abbiamo avuto il piacere di fare qualche domanda all’ambasciatore Massolo, volgendo la nostra attenzione soprattutto sui due grandi fronti bellici del momento: l’Ucraina e la Striscia di Gaza.

Buonasera ambasciatore Massolo, come sa il tema di quest’anno del Taobuk è “identità”. In Occidente sono state molte le manifestazioni universitarie contro l’aggressione israeliana in Palestina. Tuttavia sembra essersi diffuso un sentimento di sfiducia contro le establishments occidentali. Viene percepito un uso di “doppi standard” nei confronti della questione israeliana e russa. Secondo lei questa visione è legittima? Se sì, rappresenta un problema di fiducia nei confronti delle istituzioni?

Va intanto detto che la reazione israeliana, legittima dal punto di vista del diritto internazionale, fa seguito a un’aggressione terroristica da parte di Hamas che ha provocato delle vittime e un trauma terribile nell’opinione pubblica israeliana. Ciascun governo parametra le proprie reazioni sulla base di ciò che la propria opinione pubblica si aspetta e sulla base degli obiettivi che persegue. L’obiettivo, che è essenziale, del primo ministro Netanyahu di annientare Hamas e mettere in sicurezza Gaza sta costando molto a Israele in termini di isolamento nella comunità internazionale e chi ha aggredito Israele ha contato anche su questo: ha contato sulla reazione della comunità internazionale, dei giovani, su questo isolamento in cui Israele è entrato.

Non so per quanto il primo ministro Netanyahu continuerà quest’iniziativa, ma so che la sua opinione pubblica è d’accordo con gli obiettivi che persegue. Lo sforzo della comunità internazionale è invece quello di evitare di pregiudicare i futuri sviluppi, ovvero il ritorno agli accordi di Abramo e di dare al Medio Oriente una sistemazione pacifica di segno occidentale e basata sulla cointeressenza su questi temi. Per quanto riguarda la “legittimità”, io trovo che l’espressione di forti opinioni pubbliche entrano nell’equazione con cui i governi portano avanti le loro decisioni. Sarebbe quindi un errore pensare che conti solo un fattore: quando fanno i loro atti di sintesi entrano in gioco una pluralità di fattori. È molto importante il ruolo delle opinioni pubbliche, ma aspettarsi che le decisioni dei governi si basino solo su queste istanze sarebbe eccessivo.

Riguardo invece al conflitto russo-ucraino, recentemente è arrivata una proposta della Russia che include un cessate al fuoco in cambio della cessione di quattro delle regioni orientali e delle aspirazioni di ingresso nella NATO dell’Ucraina. Secondo lei è una proposta credibile o è soltanto un tentativo da parte della Russia di apparire aperta al dialogo rispetto all’opinione pubblica occidentale?

Putin dice: “mi siedo al tavolo della pace se si fa come dico io”. Questo è inaccettabile sia per la resistenza degli ucraini che per l’esistenza dell’Ucraina. Ma anche per i futuri equilibri politici europei. Se gliela dessimo vinta, la Russia farebbe con ogni probabilità in tre o quattro anni nuovi tentativi di politica di potenza ed espansione. C’è però una cosa interessante in questa proposta. Putin ammette implicitamente che la sostituzione del governo ucraino con uno fantoccio di pertinenza russa, uno dei primi obiettivi, non è più perseguibile. Sarebbe poi un errore negoziare come se la situazione sul campo non esistesse. Attendiamo quindi il prossimo anno, quando il campo stesso ci dirà fino a che punto sia possibile arrivare a un tavolo.

Se domani, per assurdo, Israele cessasse le sue ostilità in Palestina e si ritirasse dai territori occupati, considerando anche l’Iran e le milizie affiliate, la situazione in Medio Oriente si stabilizzerebbe oppure no?

Io credo che questa ipotesi sia del tutto irrealistica, perché la situazione in Medio Oriente dipende da interessi contrapposti. L’interesse dell’Iran, di Hamas, di Hezbollah e degli Houthi è che un’ipotesi di questo tipo non si avveri.

Francesco D’Anna

 

Contagi da Covid sottostimati del 50%. Un dossier rivela la reale situazione

Secondo un dossier dell’intelligence, lo strumento di cui lo Stato si serve per raccogliere, custodire e diffondere ai soggetti interessati – siano essi pubblici o privati – le informazioni rilevanti per la tutela della sicurezza delle Istituzioni, dei cittadini e delle imprese, affermerebbe che i contagi da Covid in Italia sarebbero sottostimati del 50%. Stando a queste informazioni, i positivi giornalieri si aggirano nella realtà sul 40-50 % in più rispetto a quelli dichiarati in via ufficiale. Di conseguenza, la curva epidemiologica non starebbe indirizzandosi verso il basso, come attestato dai bollettini giornalieri, diramati dal ministro della Salute.

Fonte-La Repubblica: Contagi sottostimati del 50
Fonte-La Repubblica: Contagi sottostimati del 50%

Gli analisti pongono l’attenzione su due punti principali: in primo luogo sulla verosimiglianza della curva epidemiologica, la quale appunto non starebbe decrescendo, al contrario di quanto appare nelle comunicazioni ufficiali; in secondo luogo, un ulteriore elemento, mette in discussione l’attendibilità dei dati, cioè l’inserimento, nel conteggio dei tamponi, dei test antigenici (test rapidi), con la conseguente difficoltà di realizzare un adeguata analisi della situazione, impedendo un confronto con le serie storiche passate e l’adozione di misure adatte al contenimento del virus.

L’inizio di questa situazione sarebbe avvenuto poco prima di Natale. La curva, che in realtà era tornata a salire, comprovata dal fatto che i numeri dei pazienti a rischio vita negli ospedali non diminuiva, ma continuava a rimanere stabile secondo le comunicazioni ufficiali. La situazione è stata sottovalutata, nei bollettini ministeriali,  addirittura, da un picco dichiarato raggiunto il 13 novembre (+40.902 contagiati), in avanti, il numero dei positivi era andato gradualmente diminuendo (ad eccezione di un incremento improvviso intorno al 25): figurava il contrario di quella che era la reale situazione.

La causa delle sottostime, secondo l’intelligence, va rintracciata intorno alla diminuzione del numero dei tamponi. Poco prima di Natale nella settimana tra l’11 e il 17 novembre ne sono stati processati un milione e mezzo, il numero più alto registrato fino ad allora. Da novembre, il numero dei test svolti sono diminuiti progressivamente arrivando a 868mila della settimana tra il 23 e il 29 dicembre, per poi riprendere un incremento di 1.4 milioni dal 13 gennaio in poi, includendo nel conteggio anche i tamponi rapidi.

(fonte: toscana-notizie.it)

Inizialmente per determinare la situazione complessiva, venivano presi in considerazione solamente i tamponi molecolari. Solo in seguito, il Ministro della Salute ha ammesso anche gli altri. Questo è stato il punto cruciale, che secondo il dossier dell’intelligence ha complicato il quadro, determinandone il caos.

“L’introduzione dei test rapidi ha reso impossibile un confronto con le serie storiche passate. Alcune Regioni, inoltre, non fanno distinzione tra il molecolare e il rapido, è ciò ha evidenti ripercussioni sul calcolo di tutti i valori, tra cui il rapporto positivi/tamponi”.

Gli analisti sostengono che il rapporto andrebbe rivisto, eliminando l’inclusione dei rapidi, e di quelli svolti per confermare l’avvenuta guarigione, nel conteggio finale. Solo i tamponi di prima diagnosi mostrano realmente la situazione epidemiologica, e risultano attendibili per un analisi efficace. A partire da metà novembre si è assistito ad un calo di questa tipologia. Ad oggi i test di conferma sarebbero il 65% del totale: troppi per non alterare sensibilmente la rappresentazione della curva del contagio.

Eleonora Genovese

 

Silvia Romano è finalmente tornata a casa. L’abbraccio della sua Milano tra polemiche e indiscrezioni

Ieri pomeriggio Silvia Romano, la 24enne volontaria-cooperante italiana liberata sabato scorso in Somalia dopo 18 mesi di lunga e straziante prigionia, è rientrata nella sua abitazione in via Casoretto, a Milano.

Un applauso sincero e commosso l’ha accompagnata all’ingresso dell’appartamento, che mai come in questa circostanza emotiva, diventa metafora di accoglienza e rifugio da un mondo che aveva provato, attivamente, a rendere migliore.

In strada, ma anche dalle finestre attraverso una coreografia di abbracci balconati, in moltissimi hanno sentito il bisogno di dare il bentornato alla giovanissima ragazza che era rapita il 20 novembre del 2018 in Kenya.

Lungo, complesso e misterioso il meccanismo che ha portato i Servizi Segreti Italiani, in collaborazione con l’Intelligence turca, a sbloccare il rientro di Silvia a casa.

Task Force dei Servizi Segreti che ha portato non poche polemiche: l’agenzia governativa turca ha fatto trapelare dettagli della vicenda Romano, che pare fosse già monitorata da Dicembre dell’anno scorso.

L’intelligence italiana non ha nascosto la propria irritazione per l’indiscrezione, precisando che: “Silvia Romano è stata recuperata dagli uomini dei servizi italiani”.

Al netto degli strascichi spiacevoli della vicenda, adesso quello che conta davvero, è la serenità ritrovata (si spera) ed il sorriso di Silvia, o Aisha, come ha deciso di chiamarsi dopo la sua conversione all’Islam maturata lungo il periodo di prigionia.

La 24enne negli attimi emozionanti del rientro, ha indossato infatti  il vestito della tradizione femminile somala.

C’è stato, anche solo per qualche fuggevole istante, un sorriso timido e stanco fuoriuscito dalla mascherina.

Alle raffiche di domande (che ammiccavano inopportunamente persino ad un’eventuale ritorno in Africa) che le sono state rivolte dall’oceano di reporter, giornalisti e fotografi, ha opposto pacata risposta: “Rispettate questo momento, per favore”.

Gli applausi e le grida in suo nome l’hanno spinta ad affacciarsi alla finestra: la giovane ha mostrato il pollice alzato ed ha posto, teneramente, la mano sul cuore.

Un grazie silenzioso, ma sincero e forse un po’ commosso, che ha anticipato un altro sorriso, l’ultimo prima che Silvia rientrasse nella sua abitazione.

Ciò di cui Silvia adesso ha bisogno è soprattutto il silenzio e la tranquillità che scaccino le polemiche sterili, empie ed abiette riferite al pagamento di un esoso riscatto, che hanno accompagnato la sua liberazione ed anche la sua conversione all’Islam, semplice manifestazione di libertà.

“È stata una mia libera scelta, non c’è stata nessuna costrizione da parte dei rapitori”, ha ribadito con convinzione più volte agli inquirenti.

Fin troppi gli insulti beceri e privi di qualsiasi sentire umano, quelli che si sono scagliati sulla questione del presunto riscatto, e che hanno portato a valutare una tutela fissa o mobile, misure che sono poi state considerate dalla Prefettura di Milano inappropriate.

E’ triste notare che l’Italia, in questi giorni cadenzati solo da paura ed incertezza, non riesca ad unirsi nemmeno nell’abbraccio ad una ragazza, che aveva provato con coraggio romantico, a rendere migliore un mondo, che forse, non la merita, ma che ha un disperato bisogno di altre Silvia Romano.

Bentornata, Silvia!

Antonio Mulone