Violante per il SI, Ingroia per il NO-Intervista doppia in esclusiva su UniVersoMe

LUCIANO VIOLANTE

Perché è importante votare Sì?

Innanzitutto credo sia importante andare a votare. Certamente rispetto anche gli amici e i cittadini che votano No. Credo sia importante votare Sì, perché il No non ha nessuna proposta alternativa. Questa riforma raggiunge tre obiettivi molto importanti a mio avviso: la stabilità dei governi, una maggiore velocità delle decisioni politiche, un maggiore controllo sull’operato del governo. Tutte cose fondamentali per far cambiare passo all’Italia ed aprire così una strada di riforma profonda del nostro sistema istituzionale. Capisco ci sia sempre un inseguimento dell’ottimo, ma è dal 1983 che ne parliamo, penso abbiamo procastinato a sufficienza visto anche che oggi nel mondo interdipendente, la reputazione degli Stati si basa sulla loro solidità, sulla loro stabilità e sulla loro velocità.

La cosa che meno le piace di questa riforma?

Io avrei preferito che ci fosse stata una omissione riguardo la “sfiducia costruttiva”.

Ingroia ha detto che in uno scenario favorevole al Sì ci sarà un accentramento dei poteri del Premier. Lei si trova d’accordo con questa affermazione?
 No, non sono assolutamente d’accordo. Il presidente del consiglio sarà molto più controllato domani rispetto ad oggi. Per esempio il Senato potrà fare il controllo delle politiche pubbliche del governo, il controllo delle attuazione delle leggi e dello stato, il controllo della pubblica amministrazione ed il controllo delle direttive europee sul territorio. Tutte cose che oggi non fa nessuno. Mentre oggi il governo può mettere la fiducia anche al Senato, domani non potrà più metterla. Mentre il governo oggi abusa dei decreti legge, dei maxiemendamenti e della Fiducia , domani non sarà più possibile. Mentre oggi il  governo ha messo la fiducia sull’Italicum, legge che io non condivido per nulla , domani ci potrà essere la minoranza parlamentare che potrebbe votare sulle leggi elettorali e poi ricorrere alla Corte Costituzionale, cosa che adesso non si può fare. Ad oggi  i cittadini non hanno il referendum propositivo, domani l’avranno. Per me tutto questo significa maggiore controllo e maggiore tutela dei cittadini.

 

Recentemente ha dichiarato “Sì e No hanno pari dignità ma le conseguenze sono ben diverse”. Cosa pensa dei toni decisamente meno concilianti usati sia dal Premier: “Chi vota No difende la casta”; sia dal fronte del No: “Aboliamo la Schiforma”. Qual’è il senso di politicizzare un Referendum Costituzionale? 

Io sono contrario a questi toni. Non tanto perché si tratta di una materia di diritto, ma perché io rispetto le persone e rispetto chi la pensa diversamente da me. Ritengo sia sempre positivo ascoltare le opinioni dell’altro con rispetto , quindi non  posso condividere i toni offensivi che che li usino quelli del Sì o quelli del No. Questo è il mio metodo di confronto.

Che cosa pensa riguardo le affermazioni del 2013 di Antonio Ingroia da magistrato :”…io confesso che non mi sento del tutto imparziale. Anzi, mi sento partigiano, sono un partigiano della Costituzione.”?

Ritengo siano formule più adatte ad un dibattito pubblico.

antonio_ingroia_1ANTONIO INGROIA

 

Perché bisogna votare No?
Perché questa è una riforma che azzera i diritti di partecipazione dei cittadini. Mi piace dire che è un vero e proprio furto di democrazia. Il fatto che gli elettori non potranno più votare per il loro senatore, il fatto che il Senato pur ridimensionato mantenga ancora tanti poteri sia dal punto di vista al potere legislativo sia per elezione del Presidente della Repubblica, ed il fatto che possa essere tirato in ballo in altri momenti cruciali, già di per sè costituisce una ottima ragione per votare No. In più ritengo che ci sia un significativo anche uno squilibrio di potere in favore di un rafforzamento del potere esecutivo.

 

Qual è la cosa che più le piace di questa riforma?

Di questa riforma non mi piace nulla. L’unica cosa che posso condividere è l’abolizione del CNEL, poiché effettivamente è inutile e si risparmia. Ma la bilancia è troppo “sbilanciata” a favore delle ragioni per cui questa riforma è non solo inutile ma anche dannosa.

Dopo una carriera brillante e piena di soddisfazioni nella magistratura, nel 2013 ha deciso di scendere in politica e adesso di schierarsi per il No in questa campagna elettorale referendaria.  Mi chiedo chi ha più bisogno di Ingroia ?Un frammentato fronte del No o la Costituzione italiana?

Io credo che sia la Costituzione. Io sono innamorato della Costituzione, da magistrato mi sono definito “partigiano della Costituzione” e questo mi costò anche un provvedimento disciplinare ai tempi del governo Berlusconi, che poi venne ritirato. Oggi continuo questa mia battaglia ma con maggiore libertà di espressione, non facendo più il magistrato e facendo attività politica però fuori dai partiti.
Il presidente Violante dice che in nessun modo ci potrà essere nel caso in cui vincesse il Sì, un accentramento dei poteri del premier. Perché lo dice secondo lei?
Perché questa è una riforma furba poichè introduce un presidenzialismo mascherato. Dal punto di vista formale non c’è nessun ampliamento dei poteri del governo, tantè che non sono stati toccati dalle modifiche gli articoli relativi ad esso. Ad essere modificata è stata però tutta la parte relativa all’ iter legislativo, dove si sono introdotti dei potere il governo prima non aveva. Sono stati  alleggeriti un po’ i poteri di decretazione d’urgenza, però si sono introdotti alcuni meccanismi privilegiati del governo come ad esempio  il “Voto a data certa” ,e quindi c’è un vero e proprio controllo del Parlamento anche attraverso l’Italicum. È facile ora dire:”lo riformeremo”, intanto al momento è legge dello Stato e quando gli italiani voteranno il Referendum voteranno con l’Italicum quindi è meglio ragionare con il combinato disposto: Italicum e Referendum costituzionale. In questo meccanismo non solo c’è un aumento dei poteri del Governo ma anzi, c’è un innalzamento del potere di un’altra figura, che coincide con il Capo del Governo cioè il leader del partito di minoranza relativa il quale avrà, pur essendo una figura extraistituzionale ed extraparlamentare, di fatto in mano le sorti del Paese.
Alessio Gugliotta

Bulli e bullismo: quando l’ossigeno dovrebbe essere un privilegio per pochi

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Piaga sociale n° 374302: il bullismo. Non staremo qua a scrivere un papello su cosa sia il bullismo: lo sappiamo tutti. C’è una persona che si alza una mattina e decide di dare fastidio e invadere gli spazi vitali di un’altra persona, senza un motivo apparente (che io li manderei tutti nelle miniere di carbone e poi vediamo).

I bulli sono la prova che, ad un certo punto, l’evoluzione è andata a farsi fottere.

Il bullismo va dai 0 ai 100 anni. È come il gioco dell’oca: un gioco di società a cui possono giocare dai 0 ai +99 anni (c’è scritto veramente così).

E noi, che difendiamo i deboli (tipo Batman), siamo qua a studiare con voi i vari tipi di bulli e darvi qualche chicca su come difendervi.

Here, we, go…!

  1. Bulli Fisici

È forse la forma più “antica” di questo fenomeno ignobile. E no, con “antico” ahimè non intendo superato o “passato di moda” come i pantaloni a zampa di elefante. Il bullismo che si manifesta tramite la violenza fisica è paralizzante. Solitamente è collocato in una delicatissima fascia d’età che, indicativamente, va dai 6 (si, perché anche a 6 anni qualcuno riesce ad essere così maligno) ai 18 (anche se, non sarebbe errato scrivere venti o ventidue o vergognatevi). Questo tipo di bullo comincia proprio fra le mura di scuola: ti ruba la merenda perché lui è il più figo. Ti spintona perché lui è il più forte e deve dimostrarlo a tutti (che poi, diciamocelo pure, l’unica persona alla quale devono dimostrare qualcosa sono loro stessi). Ti umilia verbalmente e pubblicamente perché è lui ad avere il potere. Ma il potere di cosa? Il potere su chi? Ti esaspera, ti toglie le energie, la voglia di uscire, di vivere.

Non ci pensare nemmeno. Non perdere la speranza. Qui l’unico a dover smettere di uscire di casa, di guardarsi allo specchio, di sentirsi umano è proprio lui. E quindi vivi, reagisci, bucagli le ruote dello scooter o in alternativa contatta le autrici di questo articolo. Eh, , bullo che ci leggi, è una minaccia.

  1. Bulli Virtuali

Chiunque di noi può essere un bullo virtuale. Sono quelle ‘’persone’’, e ve lo virgoletto perché non penso si meritino questo appellativo, che si nascondono dietro una tastiera e si accaniscono contro qualcun altro, così a caso: si accaniscono contro i post, contro le foto, contro le frasi. Contro qualsiasi cosa.

Pubblichi una canzone? Fa schifo. Scrivi una frase poetica? Sei un comunista. Cambi foto del profilo? Hai i denti gialli. Pubblichi un articolo su quanto fa bene praticare una dieta equilibrata? Sei un vegano di merda perché non muori insieme a tua nonna morta (nb: se il bullo è un vegano ti darà dell’assassino come se il tuo passatempo preferito fosse soffocare cuccioli di cane nel Nilo).

Ormai sono conosciuti come haters. Insultano soprattutto i personaggi famosi (no sense). La fascia d’età, in questo caso, è molto ristretta: essenzialmente devi avere un oggetto elettronico e saperlo usare. Quindi, diciamo, vanno dai 16 ai 50 (dai 60 in poi inizia la fase ‘’devo pubblicare foto di gatti che danno il buongiorno’’). Umiliano. Creano nell’animo del bullizzato una mortificazione tale che lo stesso ha l’istinto di sparire dai social. Cancellare il proprio profilo. Non pubblicare più nulla. Pouf.

Non fatelo! Mai. Loro commentano a manetta? Insultano in chat? E voi bloccateli. Non è dare soddisfazione e, in questi casi, non vale la regola ‘’l’indifferenza è la migliore arma’’. La migliore arma è l’omicidio, ma è illegale. Segnalateli. Segnalateli 10, 20, 100 volte. Chiamate la polizia postale. Fate sparire loro, non sparite voi. E VAFFANCULO.

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3- Bulli Morali

Ah, che brutta categoria. Questi sono i peggiori. Perché, similmente a quelli virtuali, sfruttano il potere della parola (che poi perché tutti dobbiamo imparare a parlare? Quanto era bello l’analfabetismo). Solo che lo fanno alla luce del sole. Ed è peggio perché, ovviamente, non puoi spegnere il computer. Anche se potresti spegnere la luce e recidere loro la giugulare (ma anche questo, penso, sia illegale). Il loro punto di forza sta nell’attirare altre persone. Fanno branco. Iniziano a prendere in giro una persona qualsiasi, fanno ridere le pecorelle intorno a loro e continuano. E più fanno ridere, più continuano. E più persone li circondano, più si sentono forti e continuano. Spesso la vittima non è difesa da nessuno e questo, ragazzi miei, è l’errore più grande che ognuno di noi possa fare: lasciare il compagno, collega, amico solo. La ‘’presa in giro’’, anche qua, potrebbe essere su tutto: i vestiti, i capelli, gli occhiali e l’apparecchio, l’altezza, la sessualità, se ti piacciono i fumetti o no. Come le zanzare, non risparmiano nessuno. Dalle elementari, in cui troviamo 7enni (talvolta più taglienti degli adulti) che prendono in giro il compagnetto perchè ha un gioco vecchio, rotto, non di marca; al liceo, università e, perché no, ufficio dove, per quanto inizi l’età adulta, gli argomenti sono più pesanti, dove la vittima si sente dire che è una fallita o un ricchione di merda.

Ti soffocano.

Io ho incontrato il mio bullo alle medie. Anzi, i miei bulli. Ero piccolina, bassa, con gli occhiali e l’apparecchio. Non potevo usare la piastra, avevo i capelli arruffati, i vestiti me li comprava ancora la mamma. Facevano branco e mi prendevano in giro, ogni giorno, su qualunque cosa. Tornavo a casa piangendo, ogni santo giorno. Cosa feci? Diedi un pugno. E un altro, un altro, un altro. Reagii con le mani, forse un modo sbagliato per una bambina di 12 anni, ma l’unico modo che trovai per difendermi (mia madre, che venne convocata dalla preside, mi fece un applauso e poi andò a bruciare la scuola).

Abbiate una reazione, qualsiasi essa sia. Per quanto stupide, portate le pecore dalla vostra parte (puzzano di letame, ma ne vale la pena). Abbiate anche tanta pazienza: i cadaveri passano tutti sulla sponda del fiume. Sapete che fine hanno fatto i miei bulli? Beh, le ragazze sono delle racchie che lassamu peddiri, alte 1.30m e con le dentature che vanno dalla cavallina alla versione rospo viscido. I ragazzi… Beh, probabilmente stanno sotto i ponti. Mi devo informare.

Eh sì, ora, talvolta, vorrei poter fare io la bulla con loro. Ma, poveracci, ci pensa la vita tutti i giorni.

Stronzi.

  1. Bulli “Inter Nos”

Ogni famiglia è un po’ un’associazione a delinquere, all’interno della quale, spesso, le personalità più forti spiccano nei confronti di quelle più “deboli”. Il primo caso di bullismo (e forse qui sto un po’ esasperando la situazione) è quello che vede protagonisti i genitori un po’ “troppo protettivi”. Ti costringono a frequentare quel liceo perché l’ambiente è tranquillo, quella facoltà perché ti offre lavoro, il corso di yoga perché ti rigenera il corpo e la mente. Ma no dai, questo non è mica bullismo, ve lo avevo detto che stavo esasperando la situazione. Quello dei genitori, in fondo, è solo amore smisurato e incontrollato. Ma il bullismo inter nos cos’è allora? Ma dai, non ce lo hai avuto quel cugino antipatico che ad ogni pranzo di famiglia, ad ogni cena di Natale, ad ogni pomeriggio trascorso insieme ti ha torturato? Menomale.

Il bullo, che è anche un componente della tua famiglia, è altamente pericoloso: conosce di te, non solo ciò che lasci vedere agli altri, ma anche la tua più intima debolezza. E non ha paura ad usarla per sminuirti ed apparire come il gallo col canto più forte della famiglia, o semplicemente per toglierti di mezzo.

Sa che non sai nuotare? Tenterà di annegarti in mezzo al mare per poi fingersi lui la vittima della situazione. Sa che ti piace il cioccolato al latte, ti lascerà solamente quello fondente. Sa che non vai bene in matematica? Ti chiederà, davanti a tutti, quanto fa 7×8 (che crudeltà).

La cosa positiva? Il bullismo inter nos prima o poi finisce perché si cresce. E, a quel punto, puoi pure decidere di non farti vedere mai più (alleluia). Almeno solo dopo che al giorno del tuo matrimonio, il famoso cugino in questione non simuli di essere stato sequestrato (un po’ come Lapo) solo per rovinarti pure quel giorno.

Puoi vendicarti. Appostati durante le sue chiamate più intime. Registrale e mandale per posta alla sua famiglia (che poi sono tipo i tuoi zii). Inserisci un biglietto anonimo scritto con le lettere di giornale (così non potranno mai risalire a te): “Suo figlio mi ha bullizzato per una vita; ora la sua ragazza lo costringe a provare i nuovi trucchi della Kiko…”

Ah, che meraviglia il Karma.

 

Siate più furbi, sempre. Al costo di mettere in mezzo l’FBI. Chiedete aiuto. Ditelo agli adulti, agli amici, fate branco anche voi. Che voi siate dei ragazzi delle medie, del liceo, dell’università, ricordatevi: nessuno si salva da solo. L’unione fa la forza. E la vendetta è un piatto che va gustato freddo.

Come si dice? Tieniti stretti gli amici, ma ancora di più I BULLI. Voi, che non siete nullità come loro, teneteveli stretti e poi… I colli sono un ottimo posto per nascondere i cadaveri.

Elena Anna Andronico

Vanessa Munaò

 

Mistaman apre il suo tour a Messina-Intervista esclusiva per UniVersoMe

 

mistamanrealtaaumentatatourQuando si dice buona la prima. Giovedì 2 dicembre il rapper Mistaman, artista di punta dell’etichetta discografica Unlimited Struggle, ha aperto a Messina al Retronouveau il tour di promozione del nuovo album “Realtà aumentata”. Rilasciato il 4 novembre scorso, il disco rappresenta la sesta fatica dell’artista trevigiano classe ’76, che dopo più di vent’anni di carriera riesce ancora a sorprendere i suoi ascoltatori con qualcosa di attuale ma senza perderà le sue peculiarità artistiche. Scrivono su di lui: “I giochi di parole e le doppie chiavi di lettura dei suoi testi sono quanto di più tecnico il rap italiano possa offrire”. Noi di UniVersoMe siamo riusciti ad intervistarlo in esclusiva, e poichè i giochi di parole rivestono un ruolo quantomai centrale nella sua produzione, abbiamo deciso anche noi di metterli al centro della nostra intervista.

Partiamo dal titolo dell’album: “Realtà aumentata”; una visione sovrapposta alla realtà per aumentarne la comprensione. Chi  ascolta il tuo ultimo lavoro, di cosa si deve rendere conto?

Nell’album ci sono  due dimensioni: una introspettiva che tocca tasti molto personali come la musica e il mio interrogarmi nel farla; l’altra di più ampio respiro sul sociale. Il filo conduttore di tutto, ciò di cui vorrei la gente si rendesse conto, è di non dare per scontate le cose ma di andare in profondità. Questo è il concetto, è un disco contro la superficialità!

“E se la terra trema non ci resta che, fare festa come, se non c’è domani” (Non c’è domani, 2016). Quindi la soluzione a tutto è fregarsene?

È una canzone che propone una soluzione sarcastica. Il pezzo inizia come una presa di coscienza della crisi e delle cose che non vanno finché non si capisce che la soluzione a tutto è fare festa, ma è una soluzione sarcastica perché è quello che normalmente fanno le persone, quindi non va inteso letteralmente. Ci tenevo a sottolinearlo. -La soluzione a tutto è ascoltare il tuo disco?-  Macchè magari! La soluzione purtroppo, a differenza di quello che ci fanno credere le varie forze politiche, non è semplice. Credo sia necessario immergersi nella complessità delle cose e venir fuori con piccole soluzioni a piccoli problemi. Trovo che le soluzioni grandi siano quasi sempre populiste.

“So che devo smetterla di prenderla alla lettera o finisce, che il mio dj si esibisce con un frullatore, perché il traduttore non capisce che avevamo chiesto un mixer” (Lost in translation, 2016). Sei uno dei rapper più tecnici della scena italiana, ma sei sicuro che la gente ti capisca? Ti senti un’artista incompreso?

Io ho sempre cercato di non sottovalutare l’ascoltatore. Se fossi uno che si misura  con un pubblico generalista o se preferisci mainstream, mi dovrei porre fortemente il problema di essere comprensibile e addirittura cercare di dire qualcosa che quando la gente mi ascolta dice: “Merda questo la pensa come me!”. Dovrei essere comprensibile e allo stesso tempo dire delle cose condivisibili. Ad esempio nel brano “Se non ti piaccio”, io dico che dopo tutto quello che ho fatto penso di potermi permettere di avere l’arroganza di dire: “se non ti piaccio non c’è problema,ciao”. Se ascolti la mia musica  mi aspetto che tu in primis abbia voglia di approfondire. Quindi in conclusione, non voglio né sottovalutare l’ascoltatore né abbassare il livello di ciò che faccio per arrivare a più persone. In passato c’è stato un tentativo da parte mia di rendermi più comprensibile però alla fine, la mia complessità interiore si è sempre tradotta in una complessità dei testi.

img_9932“Scrivo col cuore neanche tocco penna e carta elettrodi sul petto il testo è  sull’elettrocardiogramma” (Posse Cut, 2014). Dando per certo che tu non scriva i tuoi pezzi in cardiologia, come si struttura il tuo processo creativo?

C’è un nucleo di cuore, sotto uno strato esterno di cervello. Faccio pezzi sia di tecnica pura, in cui magari dico cose che sono tutt’altro che impegnate, sia pezzi “conscious”, cosa che attinge sicuramente un po’ da quello che è lo stile di noi della Unlimited Struggle che facciamo canzoni serie e profonde. L’hip-hop ha una componente gioviale e poi una parte riflessiva, ma in realtà queste parti si compenetrano di continuo. In quest’album il brano “Irreversibile” è un pezzo contro la mentalità del consumismo fine a se stesso, che però è fatto con una tecnica estremamente fine. Purtroppo fare tante cose diverse è un autogol artisticamente parlando. L’ascoltatore si aspetta sempre la stessa cosa, e quando tu gli dai tante cose diverse è più facile deluderlo. È un caro prezzo da pagare, ma lo pago volentieri.

img_9931 “Volevi tutto subito così hai stretto i denti hai subìto, sembra che tutti provino a passare un provìno ,e che mai si destino dal proprio destìno” (A100, 2014). Cosa pensi dei rapper usciti dai talent-show?

Me la fanno spesso questa domanda sui talent. In verità qualche sera mi è capitato di stare a casa con amici e guardare questi programmi. Devo dire che sono uno spettacolo divertente da vedere e da commentare. Però a me quello che non piace è l’idea che un’artista vada a farsi giudicare e che si sottometta a quello che di fatto è un potere come quello televisivo e quello delle case discografiche. Preferirei una realtà che venisse dal basso, che sfidi il potere. Il fatto che uno per avere questi riflettori addosso debba chinare la testa e sottostare a questo circo, io lo trovo opposto al senso dell’arte. Nel ’94 quando ho iniziato eravamo opposti al mainstream, certamente da parte nostra c’era un’attitudine un po’ immatura, un po’ punk, ma l’hip-hop stesso nasce come una controcultura. Io vorrei fossimo tutti contro la commercializzazione dell’arte, non biasimo loro perché dovrebbe esserci un sistema che aiuta i giovani in Italia a fare musica. Invece, vuoi per la tassazione, vuoi per una mancanza di opportunità non viene realmente permesso ad un talento di esprimersi. Il business musicale italiano non è facile per i giovani, capisco perché vanno in questo tipo di programmi.

img_9972“È il giorno del comizio e han sempre la soluzione, se io fossi in Parlamento forse non sarei migliore, ma mangerei di meno è una questione di costituzione” (Si salvi chi può, 2014). Anche il 4 dicembre è una questione di Costituzione. Tu voti Sì o No?

Io voterò No. Ritengo che dentro questo referendum abbiano infilato un po’ di tutto. Ho paura che sia l’ennesimo specchietto per le allodole, ed è un peccato perché l’idea di velocizzare il percorso delle leggi in Parlamento è lodevole. Ma sappiamo bene che ci hanno infilato tante cose meno valide, tra cui il fatto di scegliere i senatori dalle regioni e dalle città metropolitane. La democrazia è stata già hackerata in più modi e questo a me sembra nient’altro che l’ennesimo tentativo.

Foto di: Giulia Greco

Alessio Gugliotta

Intervista con la scrittrice Noemi Villari

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Per chi ama l’avventura e la fantasia, leggere Believeland, è un tuffo in un mondo in cui le parole d’ordine sono proprio queste; ma c’è di più: credere, un’imprescindibile parola che accompagna il lettore per tutto il romanzo.

La giovane scrittrice Noemi Villari, con il suo primo libro, apre una finestra su un nuovo mondo: Believeland; creature e poteri magici si intrecciano alla vita di alcuni adolescenti, protagonisti del romanzo che coinvolgono il lettore con le loro emozioni.

La gentilissima Noemi, subito dopo la presentazione del suo libro, ha risposto ad alcune domande e ha regalato dei preziosi consigli agli appassionati di scrittura.

 

 

 

 

Parliamo degli albori di Believeland: inizi a scriverlo quando eri nella primissima fase dell’adolescenza, avevi dodici anni. L’idea che hai avuto allora è rimasta la stessa?

  • L’idea è stata elaborata diverse volte e aveva tutt’altra impostazione; del modello iniziale è rimasto il concetto del mondo fantastico di Believeland, che prima non si chiamava così: un aneddoto simpatico riguarda, per l’appunto, il nome. All’inizio l’ho chiamato Magics (che in realtà è quello delle Winx), poi Magic Village (che sa molto di villaggio turistico) ed infine quello attuale.

Le protagoniste, in un certo senso, è come se fossero cresciute con me e ho lasciato loro un’età adolescenziale perché mi piace trattare questo periodo della vita, che per me è fondamentale nella nostra esistenza: se si capisce ciò che prova un adolescente, si capisce come diventerà da grande.

A quale personaggio sei più legata?

  • Istintivamente rispondo che sono più legata ad Alessia (la ragazza del mondo reale), perché proviene dal mio stesso contesto scolastico, ovvero da un istituto d’arte, a cui tengo molto, quindi ho voluto che lei, almeno in questo aspetto, fosse identica a me. Poi, come personaggio, è stato elaborato in modo totalmente opposto al mio: lei indossa una maschera di sicurezza che nasconde la sua insicurezza e, invece, per me è al contrario.

 

Un aggettivo con cui descriveresti il tuo libro.

  • Più che un aggettivo, a me viene in mente la parola “credere”, sostanzialmente il motore che fa camminare il romanzo.

 

Hai un luogo in cui preferisci scrivere?

  • Solitamente, preferisco scrivere a letto con il pc sulle gambe e di sera; invece, la mattina preferisco prendere appunti sui quadernoni (perché mi piace scrivere a mano), ma sulla scrivania.

 

Progetti futuri: scriverai ancora?

  • Sicuramente continuerò a scrivere: ho un’idea per continuare Believeland, ma vorrei anche guardare nuovi orizzonti, per affrontare tematiche diverse.

Di certo, non voglio abbandonare questo racconto, a cui sono legata affettivamente.

 

 

Hai dei consigli per i giovani scrittori?

  • Sicuramente direi loro di seguire il primo istinto ed iniziare a scrivere partendo da ciò che sentono, per poi affidarsi alla tecnica.

Consiglierei anche di usare internet, dove ci sono molti siti che guidano alla scrittura e dove, personalmente, ho imparato tanto. Poi, apprendere dai libri che si leggono ma, soprattutto, impegnarsi per realizzare il proprio sogno.

 

 

 

Jessica Cardullo

 

MOvember… Fratelli di baffi!

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Novembre è quasi finito e con esso si conclude il MOvember, una delle iniziative più importanti dell’anno, diventata sempre più famosa e supportata da testimonial popolari.

Il nome di questo progetto, deriva dalla fusione di due parole inglesi: “moustaches” (baffi) e “November”, nato nel 2003 da un gruppo di quattro amici australiani e che, da allora, è diventato famoso in tutto il mondo.

Grazie al movember, proprio durante questo mese quasi concluso, tutti coloro i quali aderiscono all’iniziativa, i cosiddetti “Mo-bro” e “Mo-sista” (cioè “fratelli e sorelle di baffi”) s’impegnano a raccogliere fondi e a sensibilizzare la popolazione su patologie che riguardano la sfera sessuale maschile, sopratutto il carcinoma della prostata.

Si tratta dunque di un progetto che nasce con l’obiettivo di diminuire il numero di decessi a causa di queste patologie piuttosto diffuse nel mondo maschile, e si propone di far ciò spingendo uomini di tutte le età a prendere parte al movimento / evento, così da favorire la diagnosi precoce del cancro alla prostata e ai testicoli, aumentare l’efficacia dei trattamenti, suggerire dei check-up annuali ed incoraggiare gli uomini ad adottare uno stile di vita più salutare.

Partecipare al Movember è semplicissimo: basta radersi barba o baffi il 1° di novembre; poi registrarsi sul sito ufficiale e personalizzare la pagina di “Mo space” postando una foto al giorno per vedere l’evolversi della crescita dei baffi e poi, a seguire, parlare della salute maschile e diventare una specie di pubblicità ambulante per l’iniziativa.

Questo evento, non solo ha trovato sostenitori tra medici e studenti che si propongono d’informare sempre più la popolazione circa questi temi, con l’organizzazione di banchetti informativi e raccolta fondi per la ricerca; ma vanta tra i suoi fautori anche testimonial e sponsorizzazioni di marchi famosissimi che si occupano di prodotti per uomini.

Da una semplice idea di un piccolo gruppo di amici è nato così un movimento che in poco tempo ha raggiunto più parti del mondo e che, come dice il suo motto, “cambia il volto della salute degli uomini!” in maniera semplice ed accessibile a tutti; non a caso infatti il Global Journal ha inserito nel 2012 il Movember tra le cento più importanti organizzazioni non governative del mondo.

Morgana Casella

Umberto Spaticchia e il suo ‘’Null01- La storia di Downey’’: quando le menti messinesi si mettono in gioco

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A tutti i lettori chiediamo: cosa è che vi attrae di un libro? La copertina, il titolo, il nome di quell’autore famoso, il posto in classifica.

Tra le caratteristiche, secondo noi, dovrebbe essercene anche un’altra: è stato scritto da un mio concittadino. A maggior ragione se, lui o lei, è uno studente come noi. In questo caso stiamo parlando di un lui: Umberto Spaticchia, giovane di 21 anni, nerd alla mano e spiritoso.

Il suo libro, Null01- La storia di Downey, distribuito dalla Libreria Bonanzinga (anch’essa nostrana), è stato presentato presso i locali dell’istituto tecnico industriale Verona Trento e in alcune province di Messina.

Noi abbiamo avuto il piacere di averlo come ospite di Radio UniversoMe e questa è la sua intervista.

Umberto, tu hai scritto questo libro, ‘’Null01- La storia di Downey’’, che si può trovare sia in forma digitale che cartacea. Di cosa parla?

Sì, è pubblicato anche in cartaceo ed è disponibile presso la Libreria Bonanzinga. Il libro viene esposto come un secondo viaggio dantesco (niente di meno!). È un romanzo a sfondo psicologico- narrativo e parla di come una persona può reagire a seguito di uno shock, sia esso positivo o negativo. Ognuno di noi, infatti, può reagire in maniera diversa: chi inizia a soffrire di depressione, chi sviluppa doppie personalità. In questo caso, attraverso il romanzo, viene raccontata la storia di questo uomo che fa il programmatore informatico e nel tempo libero studia biologia. A un certo punto si trova in uno stadio di fermo appunto perché, essendo un informatico e non un biologo, non riesce ad andare avanti, si trova davanti a un muro: lui, infatti, studia su studi già fatti. E questo lo porta ad uno stato di depressione e stress. La sua mente, quindi, non può far altro che trovare altri piani che prendono vita sotto forma di un’ape azzurra. Questa si riferisce all’ unica guida mentale dello stato in cui si ritrova.

Quindi, sostanzialmente, un viaggio nella sua stessa mente.

In un certo senso. Il punto sta, però, nel fatto che è tutto fine a sé stesso, non coinvolge il mondo, tutto avviene nella sua testa. Intorno a questo sta il secondo viaggio dantesco: è come un Dante dei nostri giorni.

Diciamo però le cose come stanno, Umberto: un romanzo non è un vero romanzo se i personaggi non fanno all’amore almeno una volta.

Eh, diciamo che, nel mio caso, i personaggi lo fanno con il cervello!

Sappiamo che lo hai presentato in alcune province di Messina, a giorni, inoltre, lo presenterai proprio qua a Messina, presso l’istituto Verona Trento.

Sì, lo ho presentato sia a Spadafora, che nel comune di Naso dove ho trovato persone, che mi hanno ospitato, davvero squisite. La presentazione a Messina durerà circa un’ora e spero di vedere il coinvolgimento delle persone de dei ragazzi! Devo dire che, comunque, sono contento, perché ha avuto molti feedback positivi. Oltre i soliti curiosi, anche alcuni professori mi hanno i complimenti, dicendo che ho preso spunto da Kafka (che io, però, non ho mai letto!).

Toglici una curiosità, come è nato il tuo libro? Cosa ti ha ispirato?

Allora, il libro è nato da un disegno che ho fatto io stesso: sarebbe l’ape che c’è sulla copertina del libro. Quindi la storia è stata ispirata da me stesso. Poi ci sono stato un anno a scriverlo, tra alti e bassi, per cui ci sono dei momenti di allegria e dei momenti un po’ più introspettivi, legati al fatto che, ovviamente, durante questo anno, io stesso ho affrontato periodi della mia vita diversi.

Ma quindi è un po’ autobiografico?

No, vi giuro di no!

Da cosa è nata questa idea di scrivere un libro? Ad alcuni rimane per sempre questo ‘’sogno nel cassetto’’, tu, invece, ci sei riuscito!

Io sono dell’idea che tutti possono scrivere un libro e che, allo stesso tempo, non tutti possono. Perché, inutile nasconderlo, ci sono dei momenti in cui vorresti mollare tutto, perché non ci riesci, non sai più cosa devi dire: il classico blocco dello scrittore. Bisogna avere costanza, questo sicuramente, e non mollare nemmeno durante quei momenti. Bisogna essere, in ogni caso, fieri delle proprie opere.

Umberto per noi sei un grande esempio anche perché, se non sbaglio, ancora non sei laureato. Secondo te, cosa serve realmente a un ragazzo, che magari non ha terminato gli studi come te, per mettersi in gioco e realizzare qualcosa di concreto?

No, purtroppo, ancora no!

Secondo me il problema non è tanto dei ragazzi che non fanno qualcosa, il problema sta nel fatto che non c’è partecipazione. Questa è la grande pecca dei nostri cittadini. Ci sono tantissimi eventi di diverso genere in tutta la città, in svariati locali e così via: ma nessuno partecipa. Ci lamentiamo tanto ma poi, a conti fatti, il nuovo non ci interessa.

E allora grazie perché sei un grande esempio per la nostra generazione e, soprattutto, in bocca al lupo!

Grazie a voi ragazzi, siete fortissimi!

Elena Anna Andronico

 

Elezioni studentesche: proclamazione sospesa in attesa del pronunciamento del TAR

Sono state completate le procedure di scrutinio e verbalizzazione relative alle elezioni dei rappresentanti degli studenti in seno al Senato Accademico, al Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo, ai Consigli dei Dipartimenti e dei Corsi di Laurea, al Comitato Sovrintendente alle Attività Sportive Universitarie (CSASU), nonché di un rappresentante dei Dottorandi e Assegnisti di ricerca in seno al Senato Accademico e di un rappresentante degli Specializzandi in seno al Senato Accademico. La proclamazione verrà effettuata dopo che il TAR concluderà la fase cautelare, pronunciandosi sulle istanze di sospensiva avanzate dai rappresentanti delle liste che erano state escluse per irregolarità nell’autentica delle firme. Le udienze, presso il Tribunale Amministrativo di Catania, sono già state fissate per il 15 dicembre prossimo.

Animali Fantastici e dove trovarli: JK Rowling è ufficialmente tornata!

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Nana nanana nanaaa naaaa na nanana nanaaaa….

Se siete dei potterhead (come me) l’avete canticchiata ad alta voce e con l’intonazione giusta. Sì, amici miei, è la colonna sonora dell’infanzia della maggior parte di noi: Harry Potter.

Al mondo esistono due categorie di persone: chi lo ama fino alla malattia mentale e chi invece non lo sopporta propria. Io, penso si sia capito, faccio parte della prima.

Dopo 5 anni, un libro sceneggiatura di un’opera teatrale (che ha lasciato un po’ d’amaro in bocca), e tante repliche (su Italia 1 il sabato sera) dei film sui nostri maghi preferiti, finalmente, il 17 novembre, è uscito il nuovo film firmato Jk Rowling: Animali Fantastici e dove trovarli.

Come ogni film sul mondo magico di Harry Potter, sono andata a vederlo di domenica pomeriggio insieme a mia mamma e a mia cugina (potterhead come me). Ero un po’ in ansia, avevo paura fosse una grande delusione: dopotutto, spesso, le opere che vengono fatte dopo l’originale lasciano sempre l’amaro e la delusione del ‘’ non è come era una volta’’.

E invece, ragazzi e ragazze, possiamo ufficialmente esclamare ad alta voce: Jk Rowling è tornata!

Animali Fantastici e dove trovarli, è un film basato sulla storia dell’autore di uno dei libri utilizzati dagli studenti di Hogwarts. Insomma, è come se facessero il film sulla vita del mio professore di anatomia (Anastasi, ndr).

Al contrario degli altri film, tutti tratti dai rispettivi romanzi, questo era totalmente inedito: si può trovare, in libreria, il libro vero e proprio sugli animali fantastici, il libro, insomma, che hanno usato i nostri maghetti mentre andavano a scuola.

Come il mio libro di anatomia. È la, ho studiato su quello, l’ho sottolineato e martoriato ma non conosco la vita del suo autore.

Quindi, era assolutamente un salto nel buio. Nessuno sapeva come sarebbe andata. Ed è andata bene.

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Newt Scamander, futuro autore di un inutile libro di scuola, è un mago espulso dalla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts (contro il volere di Albus Silente che ha, come sempre, un debole per gli sfigatelli) che va in giro a raccogliere creature magiche.

Le infila tutte nella valigetta, prontamente camuffata con un incantesimo estensore (ma voi che ne dovete sapere, stupidi babbani). Finisce a New York, dove sa di poter trovare un esemplare raro.

Siamo in una New York durante gli anni del proibizionismo, dove c’è ancora la caccia alle streghe. Per questo, tutti i maghi e le streghe viventi, devono nascondersi, vivere nel segreto.

Ovviamente, come è solito nelle trame della Rowling, appena arriva il protagonista, per un errore banale, succede un putiferio. A Newt, infatti, scappa il suo snaso (che assomiglia ad un ornitorinco) e succede un manicomio.

Non voglio svelarvi troppo della trama. Vi dico solo che sentirete, anzi, per il piacere delle vostre orecchie, risentirete tanti termini conosciuti: auror, babbani (che in america chiamano ‘’nomag’’), Silente, Grindelwald, magono, incantesimi e bacchette.

Girato da David Yates, regista di parecchi film su Harry Potter, è un film con effetti speciali e ambientazioni sorprendenti. Tutto è, come sempre, perfetto, fino ai più piccoli particolari.

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E poi, il cast. Un cast stellare. Ci sono nomi come Colin Farrell, Dan Fogler, Allison Sudol, Katherine Waterstone. E, ancora, Johnny Depp che ha una scena lunga, si e no, 45 secondi ma, ehi, è magnifico come sempre. Ed è proprio la sua scena finale, di assoluta sospensione, che conferma quello che già si sapeva: ci saranno altri 4 film. Ed io onestamente non vedo l’ora.

Ma parliamo dell’attore protagonista: Eddie Redmayne. Ok, sarà che io l’ho visto per la prima volta nel 2006 in ‘’Symbiosis’’ e ne sono rimasta folgorata… Ma non si può. Non si può, gente. Questo tizio ha una mimica faciale, un linguaggio del corpo, un modo di porsi che è qualcosa di straordinario.

Ogni pellicola che interpreta sembra scritta su di lui. Che sia alla corte di Elisabetta, o l’agente di Marilyn Monroe, o un membro della CIA durante la seconda guerra mondiale; che sia uno studente rivoluzionario, o un grande scienziato a cui viene la SLA, o un transgender che combatte con sé stesso negli anni ’20… È sempre, sempre, meraviglioso (e poi, che gli volete dire, è un bono da paura).

Potterheads, simpatizzanti e anche chi Harry Potter lo odia (dicasi babbani): io vi dico SI. Andate a vedere questo film e non rimarrete delusi.

Il mondo di Harry è tornato nel modo più furbo: attraverso il primo dei 5 prequel che ci aspettano. Perché il sequel è pericoloso, scontato, può annoiare. Il prequel no.

E Jk lo sa, lo ha sempre saputo. Ci ha mezzi delusi con ‘’Harry Potter e il bambino maledetto’’ (che a me, per onor del vero, è piaciuto), ci ha fatto perdere ogni speranza, per poi ritornare così: attraverso il primo dei 5 film che, finalmente, ci sveleranno tutte quelle storie, tutti quei dettagli, di cui ci è stato dato solo un assaggio nella saga del maghetto.

Anche a chi non è mai piaciuto lo consiglio: perché no, magari con questo film potrebbe venirvi una curiosità tale da cambiare completamente il vostro punto di vista.

Dopotutto, in questo mondo, non si sa mai quello che può succedere.

Nana nanana nanaaa naaaa na nanana nanaaaa….

Elena Anna Andronico

 

Pesce Zebra: come può un minuscolo pesciolino aiutare l’essere umano

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Pesce Zebra, Daino Zebrato, Zebrafish, Danio Rerio: questi sono i nomi con cui viene chiamato lo stesso piccolo pesciolino d’acqua dolce, appartenente alla famiglia Cyprinidae.

Il pesce zebra è molto comune in Asia, anche se lo si ritrova in quasi tutti gli acquari del mondo poiché si adatta facilmente ai vari habitat. Negli ultimi anni è diventato il modello animale più utilizzato negli studi di sviluppo e di funzione di geni, in tossicologia, oncologia e di rigenerazione.

La ragione di questo ampio utilizzo è sia di natura genetica, il suo genoma sequenziato nel 2001, è infatti molto simile a quello umano, sia di natura pratica poiché è un pesce che si riproduce molto velocemente ed i suoi embrioni, trasparenti, facilitano l’osservazione di numerosi aspetti biologici legati allo sviluppo e differenziazione cellulare.

La particolarità, in assoluto, del pesce zebra è che il suo organismo è in grado, allo stadio larvale, di rigenerare tutti i tessuti, per questo motivo è un modello di grande interesse per la medicina rigenerativa.

Negli ultimi mesi, grazie ai ricercatori della Duke University, è stato visto che, tra i tessuti dell’animaletto, anche il tessuto nervoso detiene questa capacità di rigenerazione. Se, infatti, l’animale va incontro a una lesione al midollo spinale, nell’arco di 8 settimane questa si rigenera.

L’esatto contrario accade nell’uomo. Il midollo spinale dell’essere umano, essendo il nostro tessuto nervoso di tipo permanente e quindi perdendo la capacità di rigenerarsi, non può andare incontro a tale fenomeno. Succede quindi che, se il midollo spinale si lede, si va incontro a paralisi o, nei casi più gravi, a morte.

Ma, qual è il meccanismo biologico che avviene nel pesce zebra? Se c’è una lesione nel midollo spinale dello zebrafish, questo va incontro ad una fase di rigenerazione durante la quale si crea un ponte cellulare al di sopra di essa. Un gruppo di cellule nervose di supporto (le cellule della glia) forma proiezioni che si estendono a distanze di decine di volte la loro lunghezza: solo a questo punto nuove cellule nervose le seguono a ruota, riempiendo il “buco” della ferita.

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Tra le decine di geni di zebrafish che si sono mostrati più attivi dopo una lesione spinale, i ricercatori ne hanno identificati sette che codificano per proteine secrete dalle cellule. Una di queste, chiamata CTGF (fattore di crescita del tessuto connettivo) ha calamitato l’attenzione perché i suoi livelli sono massimi nelle cellule della glia che intervengono a far da ponte in caso di danno. Quando gli scienziati hanno eliminato geneticamente il CTGF dagli zebrafish, gli animali sono risultati incapaci di riparare alle lesioni.

La versione umana di CTGF condivide il 90% degli amminoacidi con quella degli zebrafish: quando i ricercatori hanno aggiunto il nostro fattore di crescita alle lesioni dei pesci, gli animali sono ritornati a nuotare a due settimane dal danno.

La differenza sembra essere nel modo in cui la proteina viene controllata: la semplice presenza di proteina CTGF nell’uomo non garantisce infatti la medesima capacità di rigenerazione. Gli stessi studi compiuti sui topi chiariranno forse perché, nei mammiferi, non avvenga un simile processo di guarigione e se, in qualche modo, si possa “insegnare” al nostro Dna il segreto del pesce zebra e, finalmente, trovare una cura anche per noi.

Elena Anna Andronico

Inaugurazione anno accademico. De Vincenti in esclusiva per UniVersoMe

15129589_1052405044885708_5015055417277143089_oSi è svolta in Aula Magna, alla presenza del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, prof. Claudio De Vincenti, la cerimonia di inaugurazione dell’Anno Accademico 2016/17. Il professore De Vincenti durante la manifestazione non ha mancato di riferirsi al nostro ateneo come dimostrazione di possibile connubio fra istituzioni e territorio, in particolare l’importanza del capitale umano in questa relazione. Noi di UniVersoMe siamo riusciti a sottoporre qualche domanda al Sottosegretario, su tematiche che ci riguardano da vicino come la qualità del nostro ateneo e la futuribilità del famoso “pezzo di carta”.

È l’Università di Messina un esempio esportabile ?

Bisogna dire che l’Università di Messina negli ultimi anni ha fatto dei passi avanti molto importanti. È diventato un centro universitario di eccellenza sia sul piano della ricerca sia su quello della didattica e ora sta svolgendo una funzione molto importante sul territorio, da ultimo la firma qui del Patto per Messina.

Sei mesi al G7 di Taormina. Vedremo qualcosa anche qui nella città di Messina?

La città capoluogo avrà una funzione importante come anche l’Università. Il rettore ci ha fatto una proposta molto interessante riguardo la gestione dei flussi migratori nell’ambito di una alleanza internazionale tra atenei italiani, britannici e francesi.

Dai dati Eurostat si evince come solo il 53% dei laureati italiani risulta occupato entro tre anni dalla laurea (penultimi in Europa). Il Coordinamento Nazionale Non Strutturati afferma che in Italia ci sono più di 66mila ricercatori precari. Che cosa devono aspettarsi gli studenti universitari dal Governo Renzi?

Si devono aspettare politiche di crescita che creino posti di lavoro stabili. Questo è l’obiettivo della politica economia del governo che nel mercato del lavoro si esprime con il Jobs act. Abbiamo già avuto risultati importanti, certo non ancora sufficienti per rispondere a tutte le problematiche che i giovani laureati vivono, ma ci inducono ad avere fiducia sul fatto che continuando a lavorare con i giovani, potremo risolvere questo grande problema storico nel nostro paese. Quando diciamo che ci sono 656mila nuovi posti di lavoro (di questi i tre quarti a tempo indeterminato), quando diciamo che più di un milione di contratti a tempo determinato sono stati trasformati in contratti a tempo indeterminato, ci stiamo rivolgendo ai giovani, senza dimenticare che però ancora la maggior parte di essi non ha potuto beneficiare di questa stabilizzazione nel mondo del lavoro. Fondamentale per noi è anche il campo della ricerca poiché sappiamo che questa è il motore dello sviluppo in una società moderna.

Alessio Gugliotta