L’indagine sulla Ministra del Turismo Daniela Santanchè

Daniela Santanchè negli ultimi giorni è stata al centro di accuse riguardanti le sue aziende. A farne luce un’inchiesta fatta dal programma televisivo “Report” condotto da Sigfrido Ranucci.

Carriera politica

La sua carriera politica inizia nel 1995 con Alleanza Nazionale, successivamente fonda il Movimento per l’Italia, alleato con il centrodestra.  Nel 2010 entra nel governo Berlusconi come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e nel 2013 è rieletta in Parlamento con il Popolo della Libertà. Nel 2017 entra a far parte di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni la nomina Portavoce regionale in Lombardia. Dal 2022 è a capo del Ministero del Turismo.

Anche imprenditrice

Nel 1990 nasce la “Dani Comunicazione Srl”, specializzata in pubbliche relazioni e organizzazione di eventi.

A fianco di Flavio Briatore, apre il Billionaire in Costa Smeralda e – sempre in società con quest’ultimo, Marcello Lippi e Paolo Brosio – inaugura il Twiga Beach ClubLippi e Brosio si sono poi dissociati.

Inoltre, occorre ricordare che lo stabilimento pagava allo Stato diciassette mila euro di concessioni a fronte di quattro milioni di fatturato.

È proprietaria del gruppo “Ki group” e dell’azienda editoriale Visibilia.

“Open to fallimento”

Questo, il titolo dato all’inchiesta fatta da Report, un chiaro rimando alla campagna per il turismo “Open to Meraviglia“.

Il reportage si concentra sulla gestione delle società Ki Group e Visibilia.

La Ki Group, attiva nel settore alimentare biologico, è stata acquistata nel 2006 insieme all’ex compagno Canio Mazzaro.

Secondo quanto riportato da “Report”, tra il 2018 e il 2019, avrebbe accumulato debiti nei confronti dei fornitori per un ammontare di otto milioni di euro. Questa situazione finanziaria ha creato difficoltà per l’approvazione dei bilanci. Per cercare di appianare la situazione è stata creata una nuova società: Ki Group srl, l’obiettivo era lasciare i debiti alla società madre. 

Comportamenti poco trasparenti

Questo però non ha del tutto risollevato la situazione, in quanto alcuni dipendenti sono in attesa di ricevere il TFR  – Trattamento di Fine Rapporto – e alcune aziende fornitrici tra cui la AT&B, sarebbe stata costretta a cedere in affitto all’azienda di Santanchè il marchio Verde Bio per una cifra molto vantaggiosa.

Sempre secondo “Report”, alcuni ex dipendenti hanno lamentato una scarsa trasparenza nella gestione patrimoniale della Ki Group, attraverso cui sarebbe stato pagato un appartamento a Milano per un costo annuo di cento mila euro. L’alloggio era stato registrato come «ufficio di rappresentanza». 

Visibilia Editore

È un’azienda di comunicazione quotata in Borsa fondata a metà degli anni novanta, di cui la Ministra è stata azionista principale fino a metà ottobre e Presidente fino a gennaio 2022.

Uno dei dipendenti, sotto anonimato, ha raccontato che una collega sarebbe stata inserita in cassa integrazione a zero ore, ma in realtà avrebbe continuato a lavorare.

I debiti societari di Visibilia sono arrivati all’attenzione della Procura di Milano. Lo scorso novembre, i pubblici ministeri milanesi hanno rinunciato alla richiesta di liquidazione giudiziale presentata contro Visibilia, in quanto l’azienda aveva saldato il proprio debito nei confronti dello Stato per circa 1,4 milioni di euro.

Nell’inchiesta è saltato fuori anche il nome del Presidente del Senato, Ignazio La Russa, dal momento che è stato l’avvocato dell’azienda Visibilia, oltre ad aver svolto operazioni per il fondo Negma, con sede a Dubai (stesso fondo che ha acquistato obbligazioni in Visibilia per tre milioni di euro convertendoli poi in azioni quando il titolo era basso e rivendendole a prezzo alto).

Daniela Santanchè smentisce tutto

Oltre ad aver smentito i fatti, si è detta pronta a querelare la trasmissione. Report, dal canto suo, conferma la veridicità dei fatti.

Non me l’ha chiesto Giorgia Meloni di andare in Parlamento. L’ho deciso io e risponderò puntualmente su ogni questione sollevata. Anzi devo dire che il mio partito Fratelli d’Italia me lo ha sconsigliato di presentarmi in Senato, perché teme costituisca un precedente.

Daniela Santanchè verrà ascoltata in Senato mercoledì 5 luglio.

Per Carlo Calenda – fondatore del partito Azione – queste accuse non possono non avere un seguito:

Dipendenti non pagati, TFR non erogati e cassa integrazione usata in modo fraudolento non sono accuse che possono essere lasciate cadere nel vuoto da parte di un ministro

La pensa diversamente il vicepremier, ministro e leader della Lega Matteo Salvini:

Se la politica dovesse lavorare in base alle inchieste di Report e Fatto quotidiano saremmo la Repubblica delle banane. Do massima fiducia ai colleghi in carica

Gabriella Pino

Rai, dopo INPS e INAIL arriva la trasformazione voluta dal Governo

Si prospettano grandi cambiamenti tra le mura di Palazzo Chigi, diverse le trasformazioni che vanno dal riordino di INPS (Istituto nazionale previdenza sociale) e l’INAIL (Istituto nazionale per l’assicurazione contro infortuni sul lavoro) alla nomina dei vertici Rai e sembrano incidere anche su Sanremo. Ma andiamo con ordine, così da chiarire per bene ogni punto.

Il Consiglio dei Ministri, durante una riunione molto rapida, ha deciso che sia l’Inps che l’Inail saranno commissariate. Con il decadimento, i loro presidenti verranno sostituiti da due persone che il Governo nominerà per un periodo di transizione.

Nel decreto legge approvato è prevista la revisione della governance, con l’abolizione della figura del vicepresidente e una modifica della disciplina del direttore generale, che sarà in carica per 4 anni.

Per le fondazioni lirico-sinfoniche, si prevede il divieto di ricevere incarichi, cariche e collaborazioni per coloro che hanno compiuto il 70mo anno di età.

Ed è grazie a questa norma che il Governo Meloni avrà la possibilità di nominare un nuovo amministratore delegato alla Rai

La Decisione del CDM

Giovedì quattro maggio, il Consiglio dei ministri ha deciso che Inps e Inail cambieranno regolamento interno, e nel periodo di adattamento saranno guidate da un commissario straordinario. Non ci sono state spiegazioni ufficiali sul perchè commissionare i due enti pubblici previdenziali.  Il mandato di Pasquale Tridico, presidente dell’INPS, sarebbe scaduto tra poche settimane, mentre quello del presidente di Inail, Franco Bettoni, sarebbe terminato ad ottobre.

Tuttavia, come riporta IlPost, Tridico era entrato in carica in qualità di commissario nel maggio 2019, ma solo ad aprile 2020 divenne a tutti gli effetti presidente. Per questo, Tridico avrebbe potuto chiedere che venisse rispettata la durata effettiva del suo mandato, fino ad aprile del 2024.

Ad ogni modo, la guida dell’Inps dovrebbe andare a Fratelli d’Italia, mentre l’Inail resterebbe alla Lega.

Le modifiche, soprattutto due, sono l’abolizione della carica del vicepresidente e la modifica dei poteri del presidente, il quale potrà proporre direttamente il direttore generale del relativo istituto, che resterà inoltre in carica quattro anni anziché cinque.

Le repliche

Non sono mancate le reazioni negative, di seguito alcuni commenti.

Tridico, in un’intervista al Fatto quotidiano, ha detto di averlo appreso dalla stampa: «Non ho ancora ricevuto nemmeno una chiamata di cortesia da parte del governo. Sostituire la mia carica è un segnale di una gravità istituzionale enorme che dimostra l’intento politico che c’è dietro, un attacco all’ente e alla sua autonomia, ma anche al sistema di welfare che esso rappresenta». In questo modo «si insinua il dubbio che queste istituzioni non siano indipendenti e se ne mina l’autonomia».

Nunzia Catalfo, ex ministra del Lavoro e coordinatrice del Comitato per le politiche del lavoro del Movimento 5 stelle dice: «La decisione è immotivata e costituisce un pericoloso precedente per la vita e il funzionamento di organi fondamentali dello Stato», «Durante la pandemia, la crisi più difficile che l’Italia ha vissuto dal secondo dopoguerra, i presidenti Pasquale Tridico e Franco Bettoni hanno lavorato in modo costante e proficuo con il governo».

«Il decreto legge approvato dal governo Meloni è un marchingegno costruito solo per mettere le mani subito su Rai, Inps e Inail. È una indecenza, una forzatura gravissima e senza precedenti che non può essere avallata in alcun modo». Scrive su Twitter il responsabile economico del Pd Antonio Misani.

Cosa si intende commissionare INAIL e INPS?

Il commissariamento di un ente pubblico, solitamente, avviene per motivi di urgenza che comportano un cattivo funzionamento, come problemi finanziari e gravi inefficienze nella sua gestione. In questo caso il Governo ha stabilito alcune importanti modifiche nella gestione societaria dei due istituti, rendendo necessari diversi cambi ai loro vertici e giustificando i commissariamenti.

Non è la prima volta che un governo utilizza questi metodi come espediente per nominare un presidente più vicino alle sue istanze politiche. E lo fa, in questo caso, perché non può nominare nuovi presidenti.

Diversamente da altri enti pubblici, infatti, l’Inps e l’Inail non sono sottoposti allo spoils system (il sistema che permette a un nuovo governo di cambiare alcuni funzionari pubblici, sostituendoli con persone di fiducia o con cui c’è più sintonia dal punto di vista politico).

I possibili sostituti di Fuortes alla Rai

L’amministratore delegato Rai Carlo Fuortes ha infatti rassegnato le dimissioni.

«Non ci sono più le condizioni per proseguire nel progetto editoriale di rinnovamento che avevamo intrapreso nel 2021. Non posso, pur di arrivare all’approvazione in CdA dei nuovi piani di produzione, accettare il compromesso di condividere cambiamenti  di linea editoriale e una programmazione che non considero nell’interesse della Rai».

  • Una scelta, la sua, del tutto prevedibile e adesso spiegheremo il perché. In primo luogo dobbiamo ricollegarci al decreto legge delle fondazioni lirico-sinfoniche, voluto dal governo per uno scopo preciso, ovvero modificare l’assetto del Teatro San Carlo di Napoli. Il sovrintendente effettivo, Stéphane Lissner, ha compiuto 70 anni quest’anno e dunque dovrà lasciare il suo ruolo. Pertanto l’idea del governo proporrebbe la nomina in quel ruolo di Fuortes. E in questo modo la sua sostituzione con volti vicini alla Meloni. Roberto Sergio e Giampaolo Rossi, i nomi indicati con maggiore insistenza come palpabili sostituti nei ruoli di amministratore delegato e direttore generale.

Amadeus rischia di perdere la conduzione del prossimo Festival?

Con le trasformazioni interne alla Rai, secondo La Stampa, sarebbe quasi sicura la sostituzione della conduzione dello show L’Eredità, di Flavio Insinna, con Pino Insegno, speaker ufficiale di Fratelli d’Italia.

Potrebbe poi essere a rischio il compito di direttore artistico di Amadeus, date le numerose critiche suscitate dalle esibizioni di Fedez e Rosa Chemical, nonché di Blanco (benché la Procura d’Imperia abbia chiesto l’archiviazione delle accuese a suo carico) all’ultimo Sanremo.
Ci pensa Fiorello a ironizzare, difendendolo «Amadeus, fagliela vedere! Vai lì e chiedi ‘O tutto o niente’. Tu non puoi dimezzare Amadeus: che dimezzi? È così: prendere o lasciare!».

Anche Fabio Fazio, storico conduttore di Che Tempo Che Fa, potrebbe dire addio al suo posto in Rai dopo 20 anni, per passare a Discovery, sul canale Nove. Con lo scadere del contratto a giugno, infatti, sono state sospese le trattative per il rinnovo. Intoccabili sembrano essere le posizioni di Bianca Berlinguer e Lucia Annunziata.

Quanto alla direzione dell’Intrattenimento, Stefano Coletta dovrebbe lasciarla a Marcello Ciannamea della Lega.

Bisognerà attendere la presentazione dei palinsesti Rai 2023/2024 per avere una risposta definitiva e scoprire il futuro dei programmi e dei rispettivi presentatori.

Serena Previti

Francia e Italia discutono. Il problema? I migranti

Non è una novità che Italia e Francia si scontrino: il Ministro dell’interno francese Gérald Darmanin accusa la premier Giorgia Meloni, sostenendo che l’Italia sia alle prese con una «gravissima crisi migratoria».

Durante la messa in onda del programma Les grandes gueules dell’emittente televisiva Rmc, Darmanin ha così esposto le sue preoccupazioni:

Meloni, come Le Pen, è stata eletta dicendo “vedrete questo, vedrete quello” e poi quello che vediamo è che l’immigrazione non si ferma e sta crescendo

Il problema si pone anche in Tunisia:

La verità è che in Tunisia c’è una situazione politica che porta soprattutto molti bambini a risalire attraverso l’Italia e che l’Italia è incapace di gestire questa pressione migratoria

Il ministro dell’Interno francese Gerald Darmanin, attacca Giorga Meloni in un’intervista su Rmc. Fonte: Today

L’inizio dei problemi tra Francia e Italia

Tutto ha avuto origine lo scorso novembre, quando l’Italia si è rifiutata di accogliere i migranti a bordo della Ocean Viking, dando però per scontato che l’aiuto venisse da parte della Francia. Dopo due settimane di navigazione, la nave della Ong francese Sos Mediterranée è approdata a Tolone, nel sud della Francia.

A seguito dell’aumento di sbarchi nel suolo francese, Elisabeth Borne – Primo Ministro francese – ha dichiarato che la Francia si appresta a schierare 150 poliziotti in più al confine con l’Italia così da controllare il flusso irregolare di migranti.

Tajani annulla la visita a Parigi

Antonio Tajani – Ministro degli Esteri – era atteso a Parigi per incontrare Catherine Colonna ma l’incontro è saltato. Tajani si è così giustificato:

Non andrò a Parigi per il previsto incontro con la ministra Catherine Colonna. Le offese al governo ed all’Italia pronunciate del ministro Gérald Darmanin sono inaccettabili. Non è questo lo spirito con il quale si dovrebbero affrontare sfide europee comuni

Non si è fatta attendere la risposta della ministra degli esteri francese Catherine Colonna:

Ho parlato col mio collega Antonio Tajani al telefono. Gli ho detto che la relazione tra Italia e Francia è basata sul reciproco rispetto, tra i nostri due paesi e tra i loro dirigenti. Spero di poter accoglierlo presto a Parigi

Decreto Cutro diventa legge

E mentre Darmanin “attacca” l’operato del governo Meloni, la Camera dei Deputati ha approvato la fiducia alla conversione in legge (con 179 voti favorevoli, 111 contrari e tre astenuti) del decreto migranti detto anche decreto Cutro – chiamato così perché varato dal Consiglio dei ministri che si riunì a Cutro dopo la strage dei migranti.

Cosa prevede?

Il decreto limita l’applicazione della protezione speciale

  • non potrà essere convertita in permesso di soggiorno per ragioni lavorative;
  • potrà essere rinnovato solo per sei mesi;
  • viene esclusa la concessione per ‘gravi condizioni psicofisiche’;
  • i richiedenti asilo sono esclusi dal sistema di Accoglienza Integrazione, sarà riservato solo a chi ha già ottenuto lo status di rifugiato;

Potenziamento dei CPR (Centri di Permanenza per il Rimpatrio):

  • raddoppia il tempo di permanenza nei CPR;
  • aumenta il numero di CPR (previsto uno per regione);

Inasprite le pene per gli scafisti, con la novella al Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e la condizione giuridica dello straniero (D. Lgs. 286/1998) che puniva «promuova, diriga, organizzi, finanzi o effettui il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato», che porta la pena fino a due ai sei anni di reclusione.

Inoltre, viene previsto un nuovo reato aggravato dall’evento in caso di «morte o lesioni come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina», con pene dai 20 ai 30 anni di reclusione.

Infine, è previsto l’arresto in flagranza, anche differito, per reati commessi durante il soggiorno in un centro di prima accoglienza.

Gabriella Pino

DEF: la Camera ci ripensa, adesso è tutto nelle mani del Senato

«È stato un brutto scivolone», ha esordito così la premier Giorgia Meloni, in merito al no giunto dalla Camera allo scostamento di bilancio previsto dal DEF. Mancano i numeri sufficienti per l’approvazione dopo il passaggio al Senato. In aula erano presenti solo 195 deputati e ne servivano 201 per l’approvazione. Per correre ai ripari, si è tenuta una riunione lampo del Consiglio Dei Ministri già ieri pomeriggio, dove il governo non ha modificato il DEF ma ne ha approvato una nuova relazione in cui sono stati confermati gli impegni per il «sostegno al lavoro e alle famiglie». Inoltre, la Camera ha esaminato nuovamente il documento questa mattina mentre il Senato se ne occuperà alle 14. L’ obiettivo è quello di chiudere l’iter entro e non oltre il primo maggio.

Cos’è il DEF? E perché è così importante?

Il Documento di Economia e Finanza comprende gli obiettivi di politica economica e le strategie per raggiungerli stilati dal Governo, il quale ha l’obbligo di presentarlo ogni anno entro il 10 aprile in Parlamento.  Consente di comprendere la direzione che il Governo vorrebbe imboccare per lo sviluppo del Paese.  Bisogna sottolineare che non è una legge, ma si deve tener conto di diversi aspetti come il debito pubblico, il PIL, l’inflazione e il mercato del lavoro per essere compilato al meglio. Si divide in 3 sezioni e si converte nell’atto ufficiale che indica all’Unione Europea, ai creditori e partner commerciali dell’Italia le aspettative sul breve e medio termine.

Le parole della Meloni

È stata una brutta figura, credo che tutti debbano essere richiamati alla responsabilità. Noi non ci stiamo risparmiando e nessuno si deve risparmiare. Ma francamente non credo che sia stato un segnale politico, per paradosso anzi è accaduto per un eccesso di sicurezza. Ora si deve fare una ulteriore considerazione sui parlamentari in missione ,ma non ci vedo un problema politico. Il Def sarà approvato, manterremo i nostri impegni

Questo il commento della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, in un colloquio con i giornalisti a Londra.

Gli impegni che la maggioranza aveva chiesto al Governo

Prima del passaggio alla Camera, infatti, il Senato aveva promosso la risoluzione sul Documento di economia e finanza proposta dai gruppi di maggioranza (FdI, FI, Lega, Civici d’Italia) e si era detto favorevole anche alla risoluzione sullo scostamento di bilancio. 

Nel testo troviamo la richiesta di contrastare la delocalizzazione e il reshoring. (Fenomeno economico che consiste nel rientro del paese d’origine dei servizi che in precedenza avevano portato la produzione fuori dai confini nazionali).

Tra gli obiettivi, vi era il valutare un innalzamento delle pensioni minime e di invalidità e proseguire nell’azione di riduzione del cuneo fiscale, cercando di favorire la crescita della produzione economica e individuando le più opportune misure di riduzione del carico delle imposte.

Inoltre, definire un piano di interventi per l’occupazione (in particolar modo quella femminile), rafforzare gli investimenti nell’istruzione e nell’assistenza socio-sanitaria proteggendo la maternità e potenziando i servizi territoriali alla cura dei bambini introducendo misure di carattere strutturale per il sostegno alla natalità e alla famiglia.

Ultimi risultati: la Camera dice sì

Alle 11:30 di oggi, con 221 voti a favore e 116 contrari è stata approvata la risoluzione di maggioranza che dà il via libera al Documento. Poco prima prima l’Assemblea di Montecitorio aveva votato e approvato la risoluzione di maggioranza sulla Relazione sullo scostamento di bilancio. Non sono mancati però i momenti di tensione. Durante l’intervento del capogruppo di FdI Tommaso Foti, che chiede scusa per quanto accaduto ieri, ma accusa anche le opposizioni sostenendo che  «se un ponte esiste, esiste per la maggioranza e per le opposizioni» che, a suo dire, «dovrebbero guardare alle loro assenze». Riferendosi a chi, ieri, non si era presentato senza alcuna giustificazione. A questo punto le forze di minoranza si sono ribellate, costringendo il presidente Fontana a riprendere i deputati e lo stesso Foti, chiedendogli di “rivolgersi alla presidenza”.

Adesso bisognerà aspettare il primo pomeriggio per conoscere la risposta del Senato.

Commento a caldo di Giorgetti

Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, dopo il voto sulla risoluzione al Def alla Camera, si dice soddisfatto. Di seguito il suo pensiero:

In Aula è andata bene ma fuori dall’Aula, dove si lavora e si produce, è andata ancora meglio: se vedete le previsioni del Def sulla crescita dell’Italia del 2023, che hanno criticato tutti quanti, l’Istat dice che il Pil è +1,8%

Immigrazione, il governo ha attivato lo “stato d’emergenza”. Che significa?

Dal giorno uno al giorno attuale di governo il tema dell’immigrazione s’è pian piano arroventato. Il “surriscaldamento” ha avuto inizio con i primi contenziosi Francia-Italia sulla gestione delle navi migranti, è proseguito con le particolari operazioni di distribuzione degli sbarchi operate dal Viminale e ha avuto il suo culmine nella triste tragedia di Cutro.

Quindi ora, dopo che ulteriori eventi “minori” hanno ricordato che nulla è stato risolto, l’amministrazione Meloni ha deciso di ufficializzare la questione come “un’emergenza”, aprendosi un fronte di nuove possibilità gestionali. Particolarmente, cosa comporterà la nuova definizione? Cos’è uno “stato d’emergenza”? E quante “emergenze” sono riconosciute tali nel panorama nazionale? Di seguito le risposte a ogni domanda.

 Immigrazione, mezzi speciali per “l’emergenza”

Riporta le informazioni Il Sole 24 Ore. Lo scorso martedì, in seno al Consiglio dei ministri, il governo ha deliberato lo stato di emergenza per l’intera Nazione a causa dell’incontrollabile incremento dei flussi di persone migranti attraverso le rotte del Mediterraneo. Almeno, questa è stata la motivazione formalmente concessa per attuare una modifica dello status quo, fondata principalmente su un dato: nel 2023 i migranti giunti in Italia sono 31.200, il +300% rispetto all’anno scorso.

La nuova definizione è stata voluta per sbloccare l’utilizzo di mezzi e poteri straordinari, utili ad affrontare la questione. L’atto amministrativo che la regola avrà valore almeno per sei mesi, oltre i quali potrà essere prorogato. L’effetto immediato della sua entrata in vigore è stata la liberazione di una tranche pari a cinque milioni di euro, subito disponibili per il contenimento della criticità.

La delibera stabilisce uno stanziamento di risorse finanziarie da destinare agli interventi urgenti. Istituisce inoltre, come fonte finanziaria da cui attingere, il Fondo per le emergenze nazionali, che può essere progressivamente incrementato nel corso della durata dello stato di emergenza. Il provvedimento può avere anche un rilievo solo locale o regionale. Quando è di tipo nazionale non può superare i dodici mesi ed è prorogabile per altri dodici mesi al massimo.

Dopo il primo stanziamento di cinque milioni, si prevede che l’esecutivo ne stanzierà altri quindici. Il totale sarà impiegato prevalentemente per creare nuovi posti d’accoglienza e favoreggiare azioni di rimpatrio.

Immigrazione
GNV Azzurra. Fonte: Giornale di Calabria

Storia delle “emergenze” in Italia, c’è un precedente sull’immigrazione

Riporta le informazioni Openpolis. In Italia al momento sono in vigore circa una ventina di provvedimenti di questo tipo. Ma, cosa più sconvolgente, dal 2013 ad oggi nel nostro Paese lo stato di emergenza è stato dichiarato ben 127 volte. In 102 casi si è trattato di danni causati da eventi meteorologici, in 8 di eventi sismici o di origine vulcanica, in 7 emergenze internazionali, in 6 di eventi ambientali e sanitari (tra cui l’emergenza Covid-19) e in 4 di emergenze non gestite direttamente dalla protezione civile.

Esiste anche un precedente in materia di migranti. Nel 2011, infatti, il governo Berlusconi aveva varato un piano di equa distribuzione nelle regioni dei profughi provenienti dal Nordafrica, fruendo della stessa base legislativa, allora leggermente diversa nella sostanza.

“Emergenze”: lo strumento normativo che le definisce

Lo stato d’emergenza nazionale è regolato dall’articolo 24 del Codice della Protezione civile sulla base di alcuni requisiti definiti nell’articolo 7:

Emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo“.

Gabriele Nostro

La nuova proposta di legge di Fratelli d’Italia: basta parole straniere

L’esponente di Fratelli d’Italia e attuale Vicepresidente della Camera dei deputati, Fabio Rampelli, in accordo con altri venti deputati ha presentato una proposta di legge per vietare l’uso di parole straniere negli atti e nelle intestazioni pubbliche. Rampelli aveva già presentato due proposte di legge per “costituzionalizzare” l’italiano come lingua ufficiale della Repubblica e per chiedere l’istituzione di un Consiglio superiore contro l’abuso di lingue straniere. 

Cosa ironica è che il primo a dover essere multato sarebbe proprio il Governo, in quanto la premier Giorgia Meloni ha ribattezzato il “Ministero dello Sviluppo Economico” in “Ministero delle Imprese del Made in Italy” facendo così uso di parole straniere.

Mi accorgo come tutti, anche io che sono patriota, veniamo travolti dall’uso di parole straniere quando per ciascuno di queste parole ne esisterebbero quattro-cinque diverse

Queste le parole del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, la quale aveva invitato gli ambasciatori italiani a usare la loro lingua madre il più possibile.

Fonte: HuffPost Italia Foto: Angelo Arconi

Carlo Calenda si espone così:

In Francia il divieto è già regola

Il governo francese ha vietato ai dipendenti statali l’uso di termini inglesi concernenti il mondo ludico. Il Ministero della Cultura francese ha spiegato all’Agence France Presse – Agenzia di stampa francese – che il settore dei videogiochi era colmo d’inglesismi e questo avrebbe potuto causare difficoltà comunicative da parte dei non giocatori.

Il presidente dell’Accademia della Crusca, Claudio Marazzini non si è detto d’accordo con tale proposta

La proposta di sanzionare l’uso delle parole straniere per legge, con tanto di multa, come se si fosse passati col semaforo rosso, rischia di vanificare e marginalizzare il lavoro che noi, come Crusca, conduciamo da anni allo scopo di difendere l’italiano dagli eccessi della più grossolana esterofilia, purtroppo molto frequente. L’eccesso sanzionatorio esibito nella proposta di legge rischia di gettare nel ridicolo tutto il fronte degli amanti dell’italiano

Secondo gli ultimi dati: dal 2000 ad oggi il numero di parole inglesi confluite nella lingua italiana scritta è aumentato del 773%. Quasi 9.000 sono gli anglicismi attualmente presenti nel dizionario della Treccani su circa 800.000 parole in lingua italiana.

Fonte: Accademia della Crusca

La proposta di legge in breve

Articolo 1: “La Repubblica garantisce l’uso della lingua italiana in tutti i rapporti tra la pubblica amministrazione e il cittadino in ogni sede giurisdizionale”

Articolo 2: “Gli enti pubblici e privati sono tenuti a presentare in lingua italiana qualsiasi documentazione su territorio nazionale”

Articolo 3: “L’uso di strumenti in ogni manifestazione, conferenza o riunione pubblica organizzata nel territorio italiano è obbligatorio”

Articolo 4: “Chiunque ricopra cariche all’interno delle istituzioni italiane, della pubblica amministrazione, di società a maggioranza pubblica e di fondazioni deve avere padronanza scritta e orale della lingua italiana”

Articolo 5: “Utilizzo della lingua italiana in ogni contratto di lavoro”

Articolo 6: “Uso della lingua italiana negli istituti scolastici e nelle università pubbliche italiane in tutte le offerte formative che non sono rivolte all’apprendimento di  lingue straniere”

Articolo 7:  “Introduzione di un comitato per la tutela, la promozione e la valorizzazione della lingua italiana nel territorio nazionale ed estero”

Articolo 8: “La violazione degli obblighi  comporterebbe una sanzione amministrativa di una somma da 5.000 a 100.000 euro”

Gabriella Pino

La piccola grande rivoluzione di Elly Schlein: chi è la prima segretaria donna del PD

Elly Schlein è diventata la prima segretaria donna del Partito democratico e anche la più giovane, con il 53, 8% delle preferenze contro il 46,2% di Bonaccini.  Un dato sorprendente, in quanto è la prima volta che il voto dei gazebo (dove partecipa anche chi non ha la tessera del PD) stravolge quello degli iscritti.

Inoltre, le primarie descrivevano un partito dove il Centro-nord era schierato con la Schlein e il Sud e le isole con Bonaccini. Risultato ampiamente ribaltato, in quanto la Schlein vince anche in Sicilia, dove hanno votato oltre 55mila persone, trionfando in quasi tutte le province.

Differente l’esito a Messina, dove Bonaccini  raggiunge il 51,46 % affermandosi soprattutto in periferia. Nel comune capoluogo vince al contrario la Schlein, che ottiene 1260 voti (prevalendo principalmente in centro) superando l’avversario che si ferma a 855.

Le parole dopo la vittoria

Vi sono immensamente grata perché insieme abbiamo fatto una piccola grande rivoluzione. Anche stavolta non ci hanno visto arrivare. Il popolo democratico è vivo. E’ vivo, c’è ed è pronto a rialzarsi.

Qui il discorso integrale della nuova segretaria PD.

Fonte: Palermo Today

Visibilmente emozionata ma al contempo sfoggiando tutta la sua determinatezza, esordisce: «Saremo un bellissimo problema per Giorgia Meloni». Nota a tutti come “l’anti Meloni“, dopo  il dibattito dove ha dichiarato che «no, non basta essere donne per aiutare altre donne, c’è una bella differenza tra il dirsi femminili e femministe, se decidi di non difendere i diritti delle donne, a partire da quelli sul proprio corpo». Per poi aggiungere: «Sì, sono una donna, amo un’altra donna e non sono una madre. Ma non per questo sono meno donna», facendo riferimento al famoso tormentone della leader di Fratelli d’Italia.

La Schlein ha poi ribadito alcuni punti programmatici del Partito Democratico come la scuola pubblica (come  la vicenda della preside Annalisa Savino), la sanità pubblica, il lavoro non precario e l’accoglienza dei migranti, ricordando anche l’ultimo tragico bilancio delle vittime del naufragio dello scorso fine settimana a Crotone.

Il commento del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni è stato:

Congratulazioni a Elly Schlein e complimenti al PD per la mobilitazione dei suoi elettori nel congresso. Spero che l’elezione di una giovane donna alla guida del Nazareno possa aiutare la sinistra a guardare avanti e non indietro

Il programma della Schlein del dettaglio

La nuova segretaria si dice pronta a difendere «quei poveri che il Governo colpisce e che non vuole vedere» e a combattere per le lavoratrici e i lavoratori precari sfruttati, per alzare i salari e per alzare le loro tutele, la sicurezza sul lavoro. In programma la limitazione dei contratti a tempo determinato e regolamentando più strettamente i lavoratori delle piattaforme come i riders.

Inoltre, è a favore del salario minimo, e vorrebbe abolire gli stage extracurriculari e quelli non retribuiti. Condanna anche il Jobs Act. (la riforma del lavoro voluta dal governo Renzi che introduce un serie di misure mirate a rinnovare il mercato del lavoro).

Altro punto all’ordine del giorno è l’ambiente. L’obiettivo è quello di lavorare per una vera, profonda conversione ecologica che accompagni tutta la società e tutti i settori dell’economia. Elly Schlein ha parlato di investimenti concreti nel settore delle energie rinnovabili e intende portare avanti una legge per il consumo 0 di suolo. Legando anche l’argomento tasse ad un’ ottica più green, propone di legare le imposte indirette al consumo di CO2, premiando così chi inquina meno e penalizzando chi invece produce maggiori emissioni.

Per quanto riguarda la sanità, punta a sostenere maggiormente un sistema sanitario nazionale, per cercare di porre un freno allo squilibrio tra pubblico e privato e fra Stato e Regioni.

In relazione ai rapporti fra Stato e regioni, vorrebbe discutere i servizi essenziali, ipotizzando una legge che segni in modo chiaro e univoco le competenze specifiche di Stato e Regioni. No alle trattative separate fra lo Stato e le singole regioni su temi chiave come la scuola, primo grande strumento di emancipazione sociale da difendere per il bene delle nuove generazioni.

In relazione ai diritti civili parla esplicitamente anche di una legge contro omolesbobitransfobia e contro le discriminazioni di genere.

Sul versante internazionale, in quanto sostenitrice degli aiuti all’Ucraina, insiste su una soluzione pacifica del conflitto e si impegna a rilanciare un progetto federalista europeo.

Per di più, afferma di voler varare le proposte più importanti con dei referendum e potenziando il ruolo della Conferenza programmatica annuale, per un confronto con gli elettori.

Infine, sul tanto discusso reddito di cittadinanza conferma che il reddito è un valido strumento contro la povertà, di cui propone il miglioramento secondo le indicazioni del Comitato scientifico di valutazione e ascoltando le proposte degli enti locali.

Chi è Elly Schlein

Fonte: La Stampa

Attivista, ex parlamentare e adesso deputata, Elly Schlein nasce in Svizzera da madre italiana e padre americano. La sua è una storia multiculturale che parte già dal nome, come ha spiegato in una recente intervista al Corriere della Sera:

«Elly è un soprannome. Porto i nomi delle due nonne. Purtroppo non le ho mai conosciute, e non volevo far torto a nessuna. La nonna fiorentina, Elena; e la nonna di origine lituana, Ethel». Poi ha anche spiegato l’origine del suo cognome, ebraica: «La versione originaria è Schleyen, semplificata quando il nonno emigrò a New York in cerca di fortuna.»

Prima di dedicarsi alla politica attiva in Italia ha partecipato alle due campagne che hanno portato all’elezione alla presidenza degli Stati Uniti di Barack Obama.  Nel 2013 è l’ideologa di Occupy PD e nel 2014 viene eletta al Parlamento europeo con oltre cinquantamila preferenze.

Il 20 settembre il quotidiano britannico The Guardian l’aveva definita «la stella nascente della sinistra italiana», paragonandola alla deputata Alexandria Ocasio-Cortez.

Il commento del Circolo di Cultura Omosessuale “Mario Mieli”

Il Pd riparte finalmente da una donna, bisessuale, progressista e attenta alle istanze della comunità Lgbtqia+

Ha affermato Mario Colamarino, presidente del Circolo di Cultura Omosessuale “Mario Mieli”.

Evidente come quella di Schlein sarà una leadership femminile ma soprattutto femminista. Che sia finalmente un punto di svolta per l’opposizione? Non manca la determinazione, come sembra trasparire dalle parole della stessa leader:

Lavoreremo per l’unità, il mio impegno è di essere la segretaria di tutte e di tutti, per tornare a vincere.

Serena Previti

Netanyahu rieletto: il popolo israeliano non ci sta, continuano le proteste

Siamo giunti ormai alla terza settimana consecutiva in cui il popolo israeliano scende in piazza contro il governo di Benjamin Netanyahu, Primo ministro di Israele dal 29 dicembre 2022 e precedentemente dal 2009 al 2021 e tra il 1996 e il 1999. Da quel giorno, oltre centomila manifestanti hanno riempito le strade di Tel Aviv senza sosta.

Le ragioni della protesta

Le manifestazioni sarebbero nate da un progetto di riforma del sistema giudiziario promosso dall’attuale governo. Riforma che, secondo gli oppositori, metterebbe in pericolo la democrazia del paese.

Alla tanto discussa protesta è intervenuto anche l’ex primo ministro Yair Lapid, ora leader del principale partito di opposizione, Yesh Atid: 

Quella che vedete qui oggi è una manifestazione a sostegno del paese. Persone che amano Israele sono venute qui per difendere la sua democrazia, i suoi tribunali, l’idea di convivenza e di bene comune. Ci sono persone che sono venute a manifestare per uno Stato ebraico democratico secondo i valori della Dichiarazione di Indipendenza. Non ci arrenderemo finché non vinceremo.

Il contenuto della riforma

Nel caso in cui fosse approvata, la riforma della giustizia aumenterà i poteri della Knesset (il Parlamento israeliano), fino a permettere a questo organo di  servirsi di una “clausola di annullamento” per annullare le sentenze della Corte Suprema con una maggioranza semplice di 61 voti (su 120).

Fonte: La Repubblica

Un potere del genere, secondo molti, si presterebbe ad abusi: da parte del governo, perché consentirebbe senza troppi ostacoli di approvare leggi a favore, ad esempio, degli insediamenti, o per favorire ulteriormente le mire espansionistiche israeliane in Cisgiordania; da parte dello stesso Premier Netanyahu, per bloccare eventuali processi a suo carico.

Un altro aspetto che spaventa il popolo  è che, con la riforma, si verificherebbe un indebolimento della magistratura a favore di quello esecutivo detenuto dal Governo. 

Rimosso il Ministro della Salute

Nella giornata di domenica, come chiesto dalla Corte Suprema di Israele, il Primo ministro Netanyahu ha annunciato la rimozione di Arye Dery, leader del partito ultraortodosso Shas, dall’incarico di Ministro dell’Interno e della Salute. Quest’ultimo, è stato processato per evasione fiscale un anno fa, patteggiando con sospensione della pena. 

«Si tratta di una persona che è stata condannata tre volte per reati nel corso della sua vita, che ha violato il suo dovere di servire lealmente e legalmente la collettività mentre ricopriva alte cariche pubbliche», ha dichiarato Esther Hayut, Presidente della Corte Suprema. 

Fonte: La Repubblica

Motivo per cui la Corte ha annullato la nomina con una sentenza che parla di “estrema irragionevolezza” nella scelta di conferirgli il doppio incarico di Ministro della Salute e degli Interni dopo le condanne penali a suo carico.

Non sembra essere d’accordo con questa decisione Netanyahu, il quale si è espresso a riguardo mostrando dispiacere nel rimuovere Arye Dery dal suo incarico, affermando di aver preso questa scelta con  «grande dolore e molta difficoltà». Inoltre, il Premier sembrerebbe voler trovare ad ogni costo, anche per vie legali, un modo affinché il suo alleato continui a collaborare con il governo. 

Federica Lizzio

Rave a Modena: il governo Meloni emana un decreto contro i rave e scoppia la polemica

Rave a Modena interrotto dalle forze dell’ordine per volontà del ministro dell’Interno. I raver defluiscono in modo pacifico (fonte: rainews.it)

Rave in un capannone abbandonato

Tra sabato 29 e lunedì 31 ottobre, circa 3mila, o forse 5mila, si sono radunate presso un capannone abbandonato, nella periferia di Modena, in prossimità dell’autostrada A1. Giunti lì da ogni parte d’Italia, ma anche da molti angoli di Europa, con camper e auto, hanno dato inizio al raveWitchtek 2k22” (dall’inglese “witch”, strega), in occasione della prossima notte di Halloween.

Però, proprio il 31 ottobre, è arrivato l’ordine del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, di interrompere l’evento.

Sopraggiunte le forze dell’ordine, queste sono rimaste al di fuori del capannone, iniziando le trattative con gli organizzatori. Seicento gli agenti schierati intorno al perimetro dello stabile.

«Non abbiate paura, non entriamo: la polizia non entra. Siamo qui perché la struttura è pericolosa, non per voi».

A proferire queste parole, tramite megafono, è stato il dirigente della polizia di Modena, Domenico De Iesu, che da subito ha voluto chiarire l’intento di voler metter fine all’evento senza alcuna tensione.  La preoccupazione, infatti, er innanzitutto, per l’incolumità delle migliaia di giovani.

In quel momento, aveva iniziato ad esser chiaro a tutti che la situazione si sarebbe risolta senza troppe difficoltà, come poteva, invece, accadere, considerato l’alto numero di presenti e le dinamiche di contesti analoghi. Dopo ventiquattro ore, la massa ha iniziato a defluire dall’edificio: l’azione di sgombero forzato è stata evitata.

«Abbiamo reagito nella maniera giusta, nessuno ha alzato le mani, non vogliamo lo scontro» ha detto una partecipante del rave tra coloro che hanno parlato ai microfoni dei giornalisti sopraggiunti sul luogo.

 

 

Sgombero completato in maniera pacifica

Più di 1300 le persone identificate dalla Questura di Modena a seguito dell’interruzione del rave, denunciate quattordici, riconosciute come gli organizzatori, di cui tredici italiani e un olandese.

Le operazioni di sgombero pacifico si sono concluse proprio nella serata del 31 ottobre, che avrebbe dovuto essere il culmine dei festeggiamenti. Tramite i social, gli organizzatori avevano annunciato che il rave avrebbe dovuto protrarsi fino al martedì dopo la ricorrenza.

Ieri mattina, 1 novembre, sono stati apposti i sigilli al capannone sfruttato per l’evento, abbandonato e pericolante, successivamente al completamento della messa in sicurezza dell’intera area abbandonata.

Sequestrati quattordici autocarri, strumenti musicali, mixer e casse, per un totale di oltre cento pezzi e un valore stimato di almeno 150mila euro di attrezzatura. Poi, coloro che sono stati individuati dalle forze dell’ordine sono stati sottoposti ad obbligo di “ripristino dell’ordine nei luoghi dove si sono svolti i rave”.

Tutto si è svolto, dunque, con calma, senza tensioni. “La linea del dialogo è sempre quella vincente“, ha commentato il prefetto di Modena, Alessandra Camporota, lodando il funzionario De Iesu e la sua capacità di mediazione nel tranquillizzare i raver.

Il sindaco di Modena, Gian Carlo Muzzarelli, aveva chiesto di “garantire nei tempi più rapidi possibili il ripristino della legalità, tutelando l’ordine pubblico e l’incolumità di tutte le persone, agendo senza forzature“, quindi di chiudere la situazione al più presto, ma senza forzature, ponendosi così sulla stessa linea del capo della polizia locale.

Anche lo stesso ministro Piantedosi aveva chiesto rigore, ma soprattutto tutela dell’incolumità pubblica e calma, anche se nella stessa mattina del 31 ottobre erano stati segnalati dei disagi, come la chiusura, per sicurezza, delle uscite autostradali di Carpi e Campogalliano, sull’A22, Modena Nord e Sud, sull’A1, e poi blocchi del traffico, code e disagi nella zona nord della città, coinvolta anche nell’iniziativa “SkiPass”, salone degli sport invernali.

Però, tutto si è risolto nel migliore dei modi con l’intervento della polizia.

 

 

Il disagio tra i giovani

«Veniamo qui solo per fare festa, ma non diamo fastidio a nessuno», aveva detto uno dei tantissimi raver, riassumendo le intenzioni di tutti gli altri. Le migliaia di giovani accorse a Modena si erano dati appuntamento per un momento di evasione.

Certo, non sono mancanti alcool, fumo e sostanze stupefacenti ad accompagnare i raver nelle ore di musica immersione nella musica assordante.

Ancora una volta, queste le strade intraprese per rincorrere un po’ di evasione. Ancora una volta il motivo è stato quello della ricerca dell’evasione da una realtà a tratti e soprattutto per alcuni troppo pesante.

Per questo, nonostante la discutibilità di costumi adottati durante il rave, anche dall’esterno sono arrivati commenti permeati di una sorta di comprensione per i raver: nonostante l’infrazione della legge, c’è chi sostiene che i raver non abbiano, fondamentalmente, arrecato danni a persone o cose esterne.

Alla luce di ciò, l’emanazione di un decreto appositamente contro i rave, stilato dal governo nelle ultimissime ore, è stato giudicato, anche dall’opposizione, non necessario.

Il decreto sui rave e la polemica

Fino a 10mila euro di multa e la detenzione fino a 6 anni per chi prende parte a un raduno pericoloso: queste le misure che entrano in atto con il nuovo decreto Rave” emanato dal governo Meloni, proprio in seguito all’ultimo evento di questo tipo, organizzato appunto a Modena.

Ciò ha allertato immediatamente l’opposizione politica e non solo. Il leader pentastellato, Giuseppe Conte, ha definito la manovrada Stato di polizia”, alzando i toni del malcontento.

In breve, la paura diffusa è quella che con tale decreto possano essere limitate qualsiasi tipo di manifestazione, anche quelle non potenzialmente davvero pericolose, per la mancanza di un’esaustiva chiarezza sulla definizione di sicurezza pubblica, nell’articolo 5 del decreto, che prevede: l’introduzione del reato di invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine, la salute e l’incolumità pubblica, con sanzioni sia per gli organizzatori che per i partecipanti stessi.

«Esistono una serie di reati ben più gravi di colletti bianchi puniti con pene minori e per i quali proprio il centro destra vietò le intercettazioni – tuona Conte – Creare uno nuovo reato, costruito tutto su una struttura di pericolo, modificando il codice penale, ha conseguenze enormi. Il rischio è che venga utilizzato come strumento repressivo con cui gestire il controllo sociale a ogni livello, considerato che sarebbe applicabile anche nelle scuole, università e fabbriche».

«È assolutamente inaccettabile che la vicenda del rave di Modena venga usata dal governo come pretesto per comprimere il diritto di manifestare». Così chiude il leader del M5S al riguardo.

Su questo punto, insistono il Pd e +Europa, ribadendo essere pericoloso non definire i criteri per stabilire in maniera definitiva la pericolosità degli eventi che di volta in volta verranno sottoposti a quanto previsto dal decreto, perché potrebbero subire la stesse pene previste anche i partecipanti i scioperi sindacali, manifestazioni pacifiche e perfino occupazioni scolastiche.

La pena definitiva è stata a mettere in allerta i penalisti, anche se per i soli partecipanti è prevista una riduzione della pena, e, in particolare, anche la questione delle intercettazioni telefoniche e telematiche.

Anche lo stesso ministro degli Affari esteri, Antonio Tajani, le intercettazioni, in questa particolare fattispecie, rappresenterebbero uno strumento d’indagine eccessivamente invasivo.

La premier Giorgia Meloni aveva dichiarato, in realtà, di non aver dato il via libera alle intercettazioni per questo reato, ma una pena di oltre 5 anni di reclusione, come quella prevista dal decreto in questione, ne permette di fatto il ricorso.

 

 

 

Rita Bonaccurso

 

La Sapienza, caricati dalla polizia gli studenti in protesta: le risposte delle istituzioni

Martedì, mentre a Montecitorio si votava la fiducia al governo di nuova formazione con a capo Giorgia Meloni, nei pressi dell’Università La Sapienza di Roma, degli studenti sono stati caricati e manganellati dalla polizia durante una protesta.

Le ragioni della manifestazione riconducevano ad un convegno organizzato da Azione Universitaria (sigla degli studenti di destra) presso la facoltà di Scienze Politiche, che ha visto la partecipazione di alcuni esponenti di Fratelli d’Italia (quale il deputato Fabio Roscani) ed il giornalista Daniele Capezzone. Il tema del convegno era intitolato al “Capitalismo, il profilo nascosto del sistema” ed aveva ricevuto la regolare autorizzazione da parte dell’Università.

La manifestazione e l’intervento delle forze armate

La sera prima, alcuni studenti appartenenti ai collettivi studenteschi hanno annunciato che si sarebbe tenuta una manifestazione per esprimere il proprio dissenso nei confronti del convegno che, secondo quanto lamentato, non sarebbe stata un’occasione di dibattito in quanto carente del contraddittorio. Tra i relatori, oltre ai diversi esponenti di Azione Universitaria, due docenti rispettivamente di Sociologia e di Politica Economica. Inoltre, l’accaduto si è svolto in piena campagna elettorale: infatti, alla Sapienza si voterà nei giorni tra il 7 e l’11 novembre.

Alla manifestazione è stata registrata la presenza di una cinquantina di giovani, alcuni dei quali hanno esposto uno striscione che recitava “Fuori i fascisti dalla Sapienza”. Sarebbe anche stato riportato il tentativo di alcuni dei partecipanti di accedere all’evento, ma le forze dell’ordine avrebbero provveduto al contenimento con delle cariche di alleggerimento. Tuttavia, su questo punto – riporta il Fatto Quotidianola Facoltà un quarto d’ora prima del convegno sarebbe stata letteralmente blindata e le porte d’accesso sarebbero state chiuse anche attraverso le inferriate esterne, impedendo l’accesso dei manifestanti.

Un manifestante, identificato dalla polizia, avrebbe brandito un’asta contro gli agenti ed al momento la sua posizione rimane sotto esame.

(Immagini dello scontro registrate durante la protesta. Fonte: ansa.it)

La risposta di Sapienza non si è fatta attendere. Cancelli sbarrati, cordone di polizia, cariche e fermi, questa la risposta alla mobilitazione degli studenti nella giornata in cui viene organizzato un convegno alla presenza di rappresentanti del governo con una contestazione degli studenti.

Questo quanto affermato dal Fronte della Gioventù Comunista. E continua:

L’atteggiamento dell’amministrazione è a dir poco vergognoso: in un’università in cui mancano spazi, con tasse sempre più alte e barriere economiche per gli studenti degli strati popolari, Sapienza pensa ad organizzare convegni con esponenti di governo, pro-vita e antiabortisti. Un’università che manganella gli studenti e srotola il tappeto rosso ai reazionari è un’università che si schiera apertamente a favore della repressione e della reazione. È evidente che per l’amministrazione attuale, che non si è risparmiata neanche di fare i complimenti a Giorgia Meloni per la sua elezione, queste siano le priorità. Inammissibile e vergognoso: Sapienza condanni immediatamente ciò che è successo.

Le parole delle istituzioni

A commentare l’accaduto anche la rettrice Antonella Polimeni:

L’Università deve essere un luogo in cui si studia, si cresce, in cui bisogna incontrarsi e confrontarsi, ma non scontrarsi fisicamente. Condanniamo ogni forma di violenza e garantiamo, ad ogni individuo che agisca secondo i Principi costituzionali, il diritto a manifestare liberamente le proprie opinioni nel rispetto della pluralità delle idee.

Il Dipartimento di Scienze Politiche della Sapienza, in un comunicato, ha invece condannato l’utilizzo della forza pubblica all’interno dell’Università, sostenendo che dovrebbe essere limitata alle sole situazioni eccezionali ed auspicando la valorizzazione del dialogo come mezzo di risoluzione dei conflitti.

La Flc Cgil, organizzazione della Cgil che opera nel settore dell’istruzione, ha ritenuto inaccettabile la reazione della polizia ed ha richiesto chiarimenti circa l’accaduto a tutte le istituzioni. Secondo quanto affermato dalla rettrice, l’intervento delle Forze dell’Ordine è stato deciso e coordinato dal Dirigente del servizio predisposto dalla Questura di Roma.

E ritornando alla situazione in Parlamento, anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni è stata chiamata a rispondere degli avvenimenti di martedì, con pesanti critiche da parte del centrosinistra, tra cui la senatrice Ilaria Cucchi e il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, che ha commentato le immagini “da brividi”: «vedere manganelli e cariche contro gli studenti che dalle immagini appaiono indifesi mi preoccupa da cittadino e da professore universitario».

(La Presidente del Consiglio espone il discorso programmatico alle Camere. Fonte: ansa.it)

La Premier, che appena poche ore prima aveva sottolineato, all’interno del proprio discorso programmatico, l’importanza dell’entusiasmo e del coraggio dei giovani per risollevare il Paese, ha risposto direttamente alle critiche della senatrice Cucchi:

Io vengo dalla militanza giovanile, ho organizzato tantissime manifestazioni, e in tutta la mia vita non ho mai organizzato una manifestazione per impedire a qualcun altro di dire quello che voleva dire. Mai. Io ho organizzato manifestazioni per dire quello che io volevo dire. Quelli non erano manifestanti pacifici, erano manifestanti che facevano un picchetto per impedire che ragazzi che non pensano come loro potessero dire la loro.

Ad ogni modo, la Presidente non si è espressa nello specifico sull’intervento della polizia contro gli studenti.

A Roma dilagano le occupazioni

In seguito agli avvenimenti di martedì, le proteste sono dilagate sotto forma di occupazioni: dapprima il Liceo classico Albertelli che, oltre a condannare le cariche della polizia contro gli studenti, intende mandare un segnale a un «governo che si insedia con premesse pessime: Valditara, complice del taglio di 10 miliardi su scuola e università della Riforma Gelmini, come Ministro dell’Istruzione e l’aggiunta del concetto di “Merito” al Ministero sono punti di partenza sconcertanti».

Ieri il movimento Cambiare Rotta ha occupato il Dipartimento di Scienze politiche, dove gli studenti hanno inneggiato, tra le altre cose, anche alle dimissioni della rettrice Polimeni.

 

Quanto avvenuto negli ultimi giorni non può che suscitare perplessità in capo all’intera comunità studentesca, che adesso si ritrova spaccata dalle opinioni e strumentalizzazioni politiche della vicenda. Far venir meno uno dei più importanti pilastri del mondo studentesco, ovverosia che gli studenti indifesi non dovrebbero mai essere sfiorati dalle forze dell’ordine in qualsiasi contesto, significa togliere solidità alla base di interessi comuni che ci caratterizza, in quanto studenti, a prescindere dal colore politico. Sarebbe tuttavia necessario un impegno ad uno svolgimento del conflitto sociale – che di per sé non rappresenta una minaccia ai nostri valori democratici – ispirato al pluralismo delle idee (che è e rimarrà sempre un principio costituzionale indispensabile) ed al rispetto reciproco, in modo tale da favorire il soddisfacimento di quelle esigenze cui ciascun studente dovrebbe, individualmente e collettivamente, collaborare a raggiungere per sé e per gli altri.

Valeria Bonaccorso