L’Arte di essere fragili: il libro della settimana!

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Alessandro D’Avenia ci accompagna in un viaggio alla riscoperta di un autore molto spesso etichettato come “sfigato”, non è stato facile per il prof. rinnovare questa etichetta in “tendente all’infinito”.

Ma partiamo dall’inizio: lo scrittore, un semplice professore nonché autore di Bianca come il latte rossa come il sangue, Cose che nessuno sa e Ciò che inferno non è,vuole ridare giustizia all’immagine di Giacomo Leopardi, poeta cercatore della felicità.

In questo libro Alessandro si rivolge direttamente al suo amico Giacomo chiedendogli essenzialmente due cose: cosa vuol dire essere adolescenti e cosa rimane dentro di noi di questa età della vita.

Così viene rielaborato ogni suo scritto, principalmente lo Zimbaldone, per assistere alla creazione di un’immagine di Leopardi completamente diversa da quella che a scuola i nostri vecchi professori ci hanno reso.
“Solo chi vive il suo rapimento genera rapimenti e provoca destini”

Questo rapimento è spiegato proprio come una vocazione, non si tratta semplicemente di qualcosa di mistico o straordinario, ma ciò per cui “vale la pena vivere”, quello che ci tiene in piedi e ci fa andare sempre avanti spingendoci oltre ogni nostra possibilità.

mentre comunichi il dolore, senza saperlo lo ripari. L’universo non è tenuto a essere bello, eppure lo è. E così i tuoi versi, nonostante la tenebra. In un tramonto della luna tu descrivi una delle tue albe più belle, proprio perché desiderio di luce in una notte di tenebra, e quella luce che torna è meta e ragione per il viandante, perché la bellezza non ha ragione, ma dà ragione”

Ormai viviamo in un’epoca in cui non basta avere un sogno, ma avere tutto pronto ancor prima di iniziare, quando invece a Leopardi è bastato vedere una primavera per capire cosa ci sta a fare al mondo!

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Nel 1817 aveva soli 19 anni, quando mandò una lettera a Pietro Giordani, uno degli intellettuali più famosi dell’epoca, il quali gli consigliò di dedicarsi alla prosa per vent’anni prima di passare alla poesia (e menomale che Leopardi, dal canto suo, non gli diede ascolto).

Ma qui non si vuole parlare unicamente di Leopardi ma anche degli adolescenti, i quali non hanno semplicemente domande, essi sono domande, come scrive D’Avenia, eppure non si può consegnare una risposta facile, così come insegna Leopardi è importante abbracciare la terra dei forse, accettare la vita sia con i successi che con i fallimenti, con tutte le vittorie e con tutte le sconfitte.

Non trovavo soluzioni perché non ce n’erano, ma tu, Giacomo, mi hai fatto capire che la soluzione è dentro la vita stessa e non fuori di essa: aprirsi al dolore e abitarlo, come una delle stanze del nostro cuore”.

Consigliato a chi è affamato di vita e di infinito, a chi lotta per le proprie aspirazioni e a chi è alla ricerca di un compagno in questo viaggio esistenziale.

Dalle inquietudini dell’adolescenza, si passa attraverso le prove della maturità, per poi finalmente credere in sé stessi, imparando che essere fragili non è una debolezza ma un punto fermo in un’epoca che ci vuole perfetti .

Serena Votano

Cinque categorie di Uomini e Donne: istruzioni per l’ (ill)uso

Una delle ultime sere calde di questo autunno, mi sono ritrovata con la squadra di Radio UniVersoMe a casa di uno di noi per passare una rilassante cena tra amici. Sapete come vanno queste cose: cibo, amici, buon vino e si inizia a parlare della vita.

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No, non è vero. Si inizia a parlare di sesso, di uomini e di donne (e più l’alcool sale e più le cose diventano difficili).

Cosa ne è uscito? Che gli uomini dividono le donne in categorie e lo stesso fanno le donne. Perciò non potevo non approfittarne.

Quindi, ecco a voi le 5 categorie di Uomini & Donne (no maria, io esco):

1- Scrofe/Porci: con tutto il rispetto per questa coppia di suini, a quanto pare siamo d’accordo che alcuni esseri umani ne rispecchiano le caratteristiche. I ragazzi intendono, ovviamente, quelle fisiche: ma comunque, in guerra e carestia, ci pensa il pene e così sia. Noi donne, invece, intendiamo quei ragazzi sudaticci e inquietanti che ti fissano mentre si scavano il naso. Nel nostro caso, però, essendo il nostro apparato genitale intelligente, scappiamo a gambe levate;

2- Galline/Galletti: i senza cervello. Nel descrivere le galline, uno dei ragazzi, si è esibito in una serie di versi e smorfie da ritardato mentale. Insomma, sarebbero le ragazze che ti rispondono “oh, e si mangia?” se parli di Shakespeare, o ti dicono ‘’voglio sposare un calciatore per diventare una VIPS’’ (con tanto di S finale). I galletti, invece, sono quei ragazzi che si esibiscono in ‘’alzamento della cresta’’ accompagnata da ‘’ballo del pavone storpio’’, mentre raccontano delle auto e dei soldi del papi. Poveracci.

3- Cetacei/Nerd: il contrario della categoria precedente, i brutti con il cervello. La cosa bella, però, è che se il cervello lo si sa usare può conquistare più della bellezza. O una cosa del genere. L’importante è tromb… (io, comunque, ho un debole per i nerd)

4- Carine/Carucci: questa categoria è rappresentata da quei ragazzi e ragazze che hanno un ottimo potenziale di bellezza, umorismo e intelligenza ma non lo sanno. A quanto pare quelle carine sono le ragazze che hanno un gran fondoschiena (e non lo sanno), si girano e ti sorridono e sono stupende (e non lo sanno), ti fanno arrivare il sangue al cervello e al pene (e non lo sanno). Per i ragazzi la situazione si equivale. E la non consapevolezza di quel cucciolotto fa scattare la ‘’sindrome della croce rossina’’ e tanti saluti.

5-Donna/Uomo: evviva la funcia, direte voi. Ma questa categoria è la più rara. Sono dei pokemon rari. Sono LA persona, la metà della mela, il principe azzurro o la principessa, l’anima gemella, l’esclamazione ‘’OH MIO DIO, UNA GIOIA’’. L’uomo o la donna della propria vita. E, quindi, inesistenti.

Ve lo dico io cosa bisogna fare: bere e rimanere single.

SAPEVATELO.

Elena Anna Andronico

Perché Breaking Bad è la serie perfetta

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Il termine “Breaking Bad” è un’espressione colloquiale usata nel Sud degli Stati Uniti, che viene utilizzata quando qualcuno ha preso una direzione sbagliata che lo allontana dalla retta via. Ciò potrebbe durare un giorno o tutta la vita.

Bryan Cranston

Era il lontano (forse mica tanto lontano) 2014. La mia passione per il cinema andava a farsi sempre più importante e la voglia di conoscere prodotti di qualità era sempre crescente. Durante l’estate ero stato travolto dal fenomeno nazionale di “Gomorra – La serie” che ha acceso in me l’interesse per le serie Tv. Infatti, nonostante la mia grande passione per il cinema, non mi ero mai avvicinato al mondo delle serie Tv che ho avevo sempre visto come un prodotto inferiore rispetto alla qualità cinematografica. Adesso divoro serie Tv come fossero patatine fritte. Fu proprio quell’estate del 2014 a farmi cambiare idea. Certo, Gomorra ha avuto in me un forte impatto, ma quello che davvero mi ha fatto cambiare idea è stato un prodotto americano, ideato dalla mente di Vince Gilligan. Avevo scoperto Breaking Bad, avevo scoperto il mondo delle serie Tv.

Ora, con voi devo fare una premessa importante: Breaking Bad è una serie perfetta. Piuttosto forte come affermazione ma non è detta a cuor leggero. Quando dico che questa è una serie perfetta metto da parte il fatto che sia la mia serie preferita, il giudizio è oggettivo. E non voglio neanche lanciarvi la sfida di trovargli dei difetti, sicuramente qualcuno ci sarà, ma nel complesso è un’opera d’arte del piccolo schermo. La serie è formata da 5 stagioni con 62 episodi totali, ma la sua forza sta nel fatto che è come se fosse un film di circa 60 ore. La continuità e l’armonia della sceneggiatura consente una visione fluida e senza sosta dell’intera serie. Non a caso la prima volta che l’ho vista è corrisposta anche alla mia prima esperienza con il Binge-watching, ovvero la visione di seguito di molti episodi. Forse ho esagerato a finire le 5 stagioni in 5 giorni, ma andava fatto così, credo.

Non voglio dirvi troppo della trama, potete cercarla benissimo su Google e farvi un’idea. Una cosa che voglio subito dirvi è che è una serie molto lenta. Non fraintendetemi, le cose succedono, ci sono molti colpi di scena, ma è come se vuole prendersi il suo tempo per farli accadere. È la forza di questa serie ed è quello che ha insegnato a tutte le serie Tv che sono venute dopo: l’importante in una serie Tv non sono i cliffhanger (ovvero l’interruzione brusca della narrazione attraverso un colpo di scena) ma la solidità della sceneggiatura. Quello che rende bella una serie non è il voler sapere cosa succede dopo ma farsi trascinare da quello che sta succedendo adesso. E in Breaking Bad questo è fatto perfettamente. Gli aspetti tecnici della serie sono ad altissimi livelli cinematografici e i vari registi non si sono mai tirati indietro nello sperimentare ed andare oltre le classiche inquadrature da “show per la tv”. D’altronde parliamo di una serie capace di portarsi a casa numerosi premi, tra cui sedici Emmy Award, otto Satellite Award, dodici Saturn Award, sei WGA Award, cinque TCA Award, due Golden Globe, tre Screen Actors Guild Award, un PGA Award, due DGA Award e sei Critics’ Choice Television Award.
Quando la gente vuole un consiglio su un film o su una serie Tv, la prima cosa che mi chiede è: “di cosa parla?”. La risposta che vorrebbero sentirsi dire dovrebbe essere un riassunto generale della trama e dello svolgimento della storia per capire se può essere interessante o meno. Personalmente riesco a sfuggire ad una risposta del genere perché credo che quando qualcuno mi chiede di cosa parla un film o una serie gli rispondo quali sono le tematiche trattate. Quando mi chiedono di cosa parla Breaking Bad (visto che è una serie che amo tanto e che consiglio a tutti), mi tornano in mente le parole di Bryan Cranston, il protagonista della serie, e rispondo che parla di decisioni sbagliate. Questa serie può essere immaginata come un continuo declino, ma non è un declino chiaro. All’inizio, infatti, sembra un’ascesa verso il successo. È come se ci fossero due linee direttamente proporzionali che dall’inizio alla fine della serie condizionano la trama. La prima linea è quella che porta al successo, ai soldi, ad una felicità falsa. La seconda linea è quella che porta all’autodistruzione, alla solitudine, all’insoddisfazione. Per quanto aumenta la prima, aumenta pure la seconda. È di questo che parla Breaking Bad. È solo una storia che è stata scritta, diretta e interpretata alla perfezione.

Nicola Ripepi 

Storia di un amore

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”Il 6 Maggio del 1923, in un piccolo paesino della Sicilia, Paola provò per la terza volta la sensazione ed il dolore di diventare mamma; ma per la prima volta, sentì l’emozione di stringere fra le braccia una femminuccia, con tanti capelli scuri e degli occhioni marroni. I due fratellini da mesi facevano a gara per scegliere il no me della sorellina, ma decisero soltanto quando la videro: Rosa – “ è bella proprio come il fiore”– disse uno dei due.

I genitori gestivano una piccola attività, simile ad una bottega…”

-“ Nonna, dai, arriva al punto! Io voglio sapere di Rosa e Marco!”

-“ Ma ci sto arrivando, piano piano.”

-“ Ora! Racconta quella parte, per favore!”

-“ Va bene, Chiara! Allora. Era il 1940, l’anno in cui l’Italia sarebbe entrata in guerra.. la seconda guerra mondiale, tesoro!”

-“ Lo so, anche se sono piccola! So tante cose io!”

La nonna ridacchia e ricomincia il racconto“ Rosa era una brava sarta: cuciva per sé, per le amiche e per i signori del paesino, e guadagnava qualche soldo per aiutare la famiglia. Ma non è lavorando che conobbe Marco.

Era Maggio, da poco era passato il suo compleanno; le giornate erano più lunghe e le sere più calde.

Un pomeriggio della prima metà del mese, Rosa era ad una festa: aveva addosso un abito a fantasia, tessuto con le sue mani, ed i capelli raccolti con un fermaglio.

In mezzo a tutti gli invitati, gli occhi di Rosa inciamparono in quelli di Marco; questo ragazzo alto, dai capelli corvini, stregò il cuore della giovane.

Si avvicinarono e Marco le prese la mano, invitandola a ballare: non si erano presentati, ne avevamo scambiato alcuna parola mentre danzavano, eppure, sembrava parlassero con i gesti e con gli sguardi.

Erano due sconosciuti, ma davano l’impressione di conoscersi da sempre; si sfioravano le mani così dolcemente e si guardavano intensamente.” – Chiara ascolta con attenzione la nonna : “ E poi? Poi?”

“ Poi andarono a fare una passeggiata sulla spiaggia lì vicino. L’atmosfera era magica, surreale: le loro voci si intrecciavano alle risate, contornate da quel tramonto che era un’alba d’amore.

“ Promettimi che ci vedremo domani e dopodomani e il giorno dopo ancora!” – esclamò Rosa – “ Ogni giorno, al calar di sole.” – le promise lui.

Era il 12 Maggio, quando, con uno sguardo di approvazione, le labbra di Marco sfiorarono quelle di Rosa.

Da quel momento, il tempo corse e tutto l’amore sbocciato in un caldo pomeriggio, sembrava destinato a non finire.

Ma arrivò quel maledetto 10 Giugno, in cui Rosa guardò quel tramonto da sola e ne conosceva il motivo: l’Italia era in guerra e la chiamata alle armi stava segnando la fine di quella travolgente storia d’amore.

Marco non aveva il coraggio di salutare per l’ultima volta la sua amata, ma Rosa voleva vederlo prima che partisse.

La mattina seguente, corse in stazione: le lacrime bagnavano gli occhi degli innamorati che non avrebbero mai voluto dirsi addio, non in quel momento, non in quel modo. Rosa mise nella mano di Marco un fazzoletto che aveva cucito quella notte, con sopra ricamati i loro nomi – “ Asciugati con questo e stringilo nei momenti più difficili. Io sarò con te” – lui rispose solamente: “ Aspettami”.

Un amore così grande si stava concludendo così brevemente, con un treno che si allontanava sempre più velocemente da sembrare, ormai, irraggiungibile.

-“ È finita?” – interrompe Chiara– “ Non può essere finita così, non è giusto!”

-“ Non è esattamente finita, piccola.”

-“ Cosa aspetti allora? Continua!”

-“ La guerra costrinse Rosa e la sua famiglia a trasferirsi in una città poco più lontana dal suo paese natale. I mesi e poi gli anni passarono e Rosa conobbe un bel giovane, buono e abbiente, con il quale dopo poco tempo si sposò. Dopo il matrimonio, Rosa riuscì ad aprire una sartoria, ma ogni volta che cuciva pensava a Marco: il suo cuore, sarebbe sempre appartenuto al suo primo amore.

-“ E lui dov’era? Era vivo?”

-“ Si era vivo, ma un incidente gli aveva fatto perdere la memoria ed era in cura in un ospedale di una grande città. Proprio qui, aveva conosciuto un’infermiera della quale si era innamorato e con cui si sposò. Ma c’era sempre quel fazzoletto con lui, con il nome di Rosa e lui doveva sapere.

Dopo molti anni, cominciò a ricordare il suo passato e tornò nel suo paesino d’origine dove gli amici ed i parenti gli raccontarono della sua storia con Rosa e dove lei si trovasse ora.

Doveva rivederla ad ogni costo, così si mise alla ricerca della sartoria.

 

Era il 1955, quando la porta dell’attività di Rosa si aprì; lei stava sistemando alcuni rotoli di stoffa negli scaffali e appena si girò per accogliere il cliente, il suo cuore si fermò: era Marco, il suo Marco e si stavano guardando proprio come si guardarono la prima volta.

Lui le porse il fazzoletto e le disse: “ Non ricordavo nulla, avevo solo questo e ti ho trovata”.

I due si accomodarono su delle sedie e parlarono proprio come il loro primo appuntamento : sembrava che fossero tornati indietro di quindici anni.

Dopo un’ora di chiacchiere, Marco la salutò e sull’uscio della porta le disse: “ I primi di Maggio, quasi di passaggio, ti sfiorerà l’idea di me e ricorderai di aver scordato ogni nostro momento; ma, arrivando a metà maggio, ti toccherà il pensiero delle mie labbra sulle tue ed i nostri occhi che si incontrano da lontano.”

 

Chiara abbassa lo sguardo – “ Nonna, ti ricordi ogni singola parola che ti ha detto… a metà maggio lo pensi sempre, non è vero?”

-“ Sempre, piccola mia. Il suo pensiero è nel mio cuore.”

Jessica Cardullo

Nasi all’insù: tutti in attesa della Super- Luna

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Bentornati a tutti amici della scienza! Questa settimana parliamo di un avvenimento che accadrà Lunedì 14 Novembre (tra 4 giorni, per essere pratici) e che vi spronerà a tenere i nasi all’insù.

La Luna, il nostro bellissimo satellite, in quella data sarà, infatti, piena al perigeo (ovvero il punto più vicino alla terra, al contrario dell’apogeo che è il punto più lontano dalla terra). Sembrerà incredibilmente vicina, tanto che, in modo poco scientifico, si è meritata l’appellativo di Super- Luna.

Ovviamente tutti gli anni la Luna, ad un certo punto, si trova al perigeo. La curiosità dell’evento sta nel fatto che si troverà nel pieno del plenilunio: non capitava da circa 70 anni. L’ultima volta si vide così grande nel 1948 e la prossima sarà nel 2034.

Mentre i complottisti si stanno già scatenando sul significato apocalittico del caso, noi vi diamo appuntamento in questo ordine: alle 12:24 ore italiane, la Luna si troverà alla minima distanza dalla Terra, 356.511 km. Poco meno di due ore e mezza più tardi, alle 14:52 ore italiane, il nostro satellite raggiungerà il culmine della fase di Luna piena. Dalle 18:35 ore italiane, sarà possibile per tutti ammirarla.

 

Risulterà il 14% più grande e il 30% più brillante, salvo complicazioni: nebbia, luci artificiali, nubi. E quindi vi consigliamo di passare la sera in un punto alto e scuro, lontano dai lampioni. Magari in compagnia di qualcuno. E poi, chissà…

Elena Anna Andronico

“Scrivo poesie solo per portarmi a letto le ragazze”: con questo libro si fa il pieno di Bukowski

9788807885235_quarta“Dalle Sue dita uscivano carbone e diamanti”: leggete e piangete con questo capolavoro di Bukowski

La maggior parte delle poesie che conosciamo ci ricordano di un tempo ormai passato, di un romanticismo oggi più che mai superato, di amori struggenti narrati dalla nobile penna dei grandi poeti che la storia ricorda, nulla a che vedere con quello che Charles Bukowski ci ha lasciato in questo libro e in tutti gli altri suoi capolavori di una vita vissuta intensamente e, spesso, al di fuori delle righe…

“Scrivo poesie solo per portarmi a letto le ragazze” è un libro di “poesie” anomalo. Non segue la rima, non cura il particolare, non descrive paesaggi maestosi o umidi amori sotto la pioggia d’estate, ma ci fa toccare con mano le viscere della passione di un uomo. Con estrema durezza ci catapulta in una realtà a noi distante fatta di alcol, donne e sesso, contornata da una decadenza asfissiante tipica dei bassifondi dell’America degli anni Settanta.

Il protagonista dei racconti è quasi sempre lo stesso scrittore che narra in prima persona ciò che vede, sente e vive ogni giorno, tra un bicchiere di troppo e l’amore fugace con le donne che incontra durante i suoi continui vagabondaggi. Le storie non seguono un filo logico, ma tutte hanno una volontà comune: la voglia di raccontare il vero senza veli né farse, anche ciò che può far disgustare i più deboli e storcere il naso al lettore medio. Le descrizioni degli intrecci passionali tra il suo corpo e quello delle donne con cui passa le notti sono la perfetta trasposizione su carne di ciò che rappresenta un ossimoro, intensità e dolcezza, rabbia e debolezza, piacere carnale e sentimento astratto, tutto costruito in modo da rendere ogni parola tagliente, senza smussarne gli angoli.

Fiumi di alcol attraversano le pagine di questo libro. È un testo ubriaco di sentimento, di quello grezzo che ci sporca le mani e che difficilmente si lava via. Ci invita a pensare, ci fa imprecare, ci impressiona, ma sempre insegnandoci qualcosa…

“Molta gente scrive poesie che non sente pienamente. Lo faccio anch’io, a volte. Vita dura genera verso duro e con verso duro intendo un verso vero privo di orpelli.” 

È una lettura consigliata per chi ama le storie, quelle concrete, pure e spesso anche dure da comprendere. Per chi vuole superare lo stereotipo dell’amore romantico per poter vedere con i propri occhi il vero, a volte osceno, ma pur sempre reale sentimento umano.

Giorgio Muzzupappa

Abbatti lo stereotipo- Il terrone fuori sede

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Chi non ha un amico che studia lontano dalla sua calda e amata terra natia?

Dalle regioni più vicine fino ai freddi centri trafficati del nord, lo studente meridionale si insinua nella vita universitaria dei romani, dei polentoni ( chi più ne ha, più ne metta) regalando assaggi della terronia e creando, spesso, degli stereotipi che oggi, una volta per tutte, abbatteremo.

 

Ecco a voi i quattro cliché del terrone fuori sede:

  1. Le valigie piene di cibo. Leggende narrano che, per gli aeroporti italiani, viaggino solitarie e profumate, valigie cariche di braciole, di cannoli, di arancini ( o arancine, così nessuno si arrabbia). Probabilmente qualcuna ce ne sarà in circolazione, ma demitizziamo questi racconti: la verità è che il vero terrone, rientrando a casa per le vacanze, si rimpinza di questo cibo fino a scoppiare e, tornando su, il frigo è in dieta e le valigie sono solo piene di quei maglioni pesanti che al sud nessuno mai oserebbe indossare.
  2. La nonna al telefono, prima di salutare, dice: “ Hai mangiato?”. Beh sì, lo chiedono, ma non prima di aver fatto una serie di domande che la rassicurano sulla tua incolumità. Il questionario della nonna si struttura in: “ Hai chiuso la porta a chiave?”, “ Hai spento il gas?”, “Non è che cammini in strade buie ed isolate?” ed infine “ Hai mangiato, vero? Quando torni ti faccio mangiare io!”. Mi sembra doveroso, però, precisare che la telefonata è rigorosamente in dialetto .
  3. Uscire è transitivo. Touché. Regola grammaticale completamente introdotta da noi meridionali e che, con molta, troppa difficoltà, abbandoniamo. Ed ogni volta che il povero studente fuori sede prepara, per lui e per il coinquilino, il caffè ed urla “ È uscito il caffè”, le orecchie di un polentone sanguinano. Difficile sfatare questo mito, ma i terroni imparano in fretta: “uscire” come transitivo è off-limits.
  1. Ritardatari cronici. “ Fra un PAIO di minuti sono pronto” quel “paio” meridionale che va da una decina di minuti all’ora spaccata. Il terrone soggetto a questo pregiudizio, però, ormai è puntuale come un milanese, addirittura arriva in anticipo e, asserendosi paladino della giustizia sociale, sfata ogni cliché sulla non puntualità dei terroni.N.B.: il genere femminile, chiaramente, si astiene dallo smentire il mito della non puntualità.

     

     

    Terroni fuori sede, siete vittime di altri stereotipi? Scriveteci e li sfateremo tutti ( o almeno, ci proviamo).

     

    Jessica Cardullo

     

In Guerra per Amore, un film di PIF

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A tre anni da “La mafia uccide solo d’estate”, di cui riprende protagonisti principali e tema, Pif torna dietro la cinepresa con il suo secondo film che lo vede nuovamente anche protagonista.

Seconda guerra mondiale come sfondo. Arturo Giammarresi (Pif) di origini siciliane ma trapiantato in America, è pronto a tutto pur di ottenere la mano della sua amata Flora (Miriam Leone), già promessa sposa di un altro uomo, anche ad arruolarsi con gli Americani e ad approdare di nuovo nella sua terra d’origine.

L’impresa amorosa è il filo conduttore che lega le due realtà presenti nel film: lo sbarco degli Alleati in Sicilia e la presa del potere mafioso nella medesima.

La pellicola racconta con amara ironia una realtà ancora attuale; Pif si mostra all’altezza di affrontare nuovamente tale realtà e tali tematiche conducendo un film con una buona regia, lineare, senza eccessi particolari e senza errori.

Poco presente la linea comica che contraddistingueva invece l’opera precedente, anche se in alcuni punti fa il suo ritorno, come nell’esilarante lotta tra Duce e Madonnina. Buona la recitazione anche se è il protagonista stesso a presentare alle volte piccole sbavature. Ciò che stupisce è la fotografia e l’ottima ricostruzione delle ambientazioni.

Nel complesso è un film che seppur leggero fa riflettere su temi oltremodo importanti e sempre presenti nel nostro paese. Ne è assolutamente consigliata la visione!

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                                                                                                                              Benedetta Sisinni

Moonlight: un film da non perdere

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Negli ultimi anni l’industria cinematografica e televisiva ha avuto come tema ricorrente la questione di genere e la comunità LGBT. Pochi film però sono stati così delicatamente incisivi e toccanti come “Moonlight”, film di apertura dei festival di Telluride e Roma di quest’anno, è stato proiettato anche al NYFF, al TIFF e al BFI di Londra.

Seconda opera di Berry Jenkins racconta la vita di un ragazzino di colore nei bassifondi di Miami e l’accettazione della sua sessualità.

Strutturato in tre capitoli, per tre fasce di età, denominati col nome con cui Chiron si fa chiamare o viene chiamato. Da piccolo Chiron attira l’attenzione di uno spacciatore (interpretato da Mahershala Ali il cui nome non vi dirà nulla ma che avete visto in molti film e tv series fra cui House of cards nei panni di Remy Danton, l’avvocato che diventa capo dello staff di Underwood) che , insieme alla moglie (la cantante Janelle Monae) lo accoglie in casa, e sopperisce alla figura paterna.

I bulli che lo perseguitano fin da piccolo lo faranno diventare un’ altra persona da adulto. O forse sarà una semplice corazza. Chiron è una persona taciturna, quasi muto, sensibilissimo e timido. Il mare dietro quello sguardo profondissimo. La spiaggia e il mare: i luoghi in cui è libero di essere se stesso.

E’ un film necessario per l’America dopo la strage di Orlando e per gli spettatori di tutto il mondo, perché racconta la battaglia interiore ed esteriore di un ragazzo di colore , sessualità e bullismo. Delicato e prorompente, non scade mai nel cliché. Jenkins ha una visione unica e mai vista fino ad ora , permette agli spettatori di riflettere sulle ferite visibili ed invisibili dell’altro, argomento che probabilmente non aveva mai sfiorato la loro mente.

Insomma è un’opera da non perdere.

Arianna De Arcangelis

Cinefilia per idioti: i Film Romantici

 

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Tutti lo abbiamo fatto almeno una volta. E non mi riferisco al mettersi le dita nel naso in pubblico o al parlare male di qualcuno. Mi riferisco al fantasticare sulle le vite degli altri, quelle vite che cinicamente critichiamo ogni giorno al bar o su post svergognati ma che in, realtà, sogniamo da sempre. Tutti, insomma, subiamo il fascino delle tipiche storie d’amore a lieto fine. C’è chi si ostina a dare ancora la colpa ai cartoni Disney; io dico che è insito in un ognuno di noi quel sentimento di speranza che ci fa scegliere quel film, quella sera, “perché oggi m’annoio” per finire con un sorriso ebete o nel peggiore delle ipotesi, con una montagna di fazzoletti pieni di muco. Credo sia giunta l’ora però di essere onesti con noi stessi, che anche i film romantici a cui siamo più affezionati presentano dei cliché che si ripetono in loop, quasi come la melodia di un carillon rotto.

Le nostre protagoniste ( perché si ammettiamolo sono quasi sempre delle donne con evidenti problemi psicologici e relazionali) sono ovviamente inconsapevolmente bellissime, o semplicemente hanno bisogno di togliere solo un paio di occhiali da vista e sciogliere i capelli in rallenty, per non passare inosservata il giorno dopo a scuola/lavoro. Avete notato che difficilmente questo tipo di film sono ambientati all’università? forse perché, qui, sarebbe difficile immaginare un lieto fine anche nella fantasia? Come nelle favole, la protagonista ha quello che possiamo definire “un aiutante”, o meglio ancora, un’amica/o fuori dal comune ( solitamente cinico e con gusti d’abbigliamento discutibili).

Come ogni essere umano più o meno intelligente anche questo personaggio sarà costretto a rivalutare le proprie lucenti prospettive di “mangiatrice di uomini” o “piacione” per quelle che sono delle regole non scritte ma, sempre valide, che muovono il sole e l’altre stelle, potrà innamorarsi solo e soltanto dell’amico/a dell’anima gemella del/la protagonista. ATTENZIONE: esistono casi in cui le nostre care commedie romantiche riescono a stupirci con trame alternativamente scontate. Come quando il vero amore della protagonista le è sempre stato “davanti agli occhi” ma doveva attirare l’attenzione di mezza scuola per rendersene conto. Inutile fingere, sapete benissimo di chi sto parlando: del suo migliore amico.

Esemplare che suscita tenerezza fin da subito nello spettatore, perchè, chi non vorrebbe qualcuno che ci ami in modo segretamente incondizionato?Per tutto il film non faremo che dare della stupida alla protagonista, Perché ” che scema come fa a non accorgersi che è lui quello giusto!” ma ei quello che critichiamo negli altri è quello che non sopportiamo in noi stessi. Ciononostante l’obiettivo ultimo di ogni ragazza non sarà quello di realizzarsi come donna ( professionalmente o spiritualmente) ma quello di essere notata dal più bello, anche involontariamente, perché essere sfigata o racchia nei film non ti salverà dal trovare il vero amore.

Ed è dopo questa affermazione che mi preme chiedervi, siete ancora sicuri di voler vivere in film? Non rispondetevi subito però, ancora non ho finito. Se la protagonista o il protagonista sta con qualcuno all’inizio del film, il regista, la cui mission è quella di fare innamorare i due, crea catastrofi e spargimenti di sangue affinché possano stare insieme. Vietato lasciarsi come delle persone normali ( ma chi è che si lascia in modo normale?) Lui o lei prima dovranno soffrire, come quando sei costretto a trattenere la pipì per ore, perché tu la fai solo nel tuo bagno o perché altrimenti ti sentono, affinché poi la cose vadano come dovevano andare. PS: La scelta del regista di far vedere o intendere al protagonista che il proprio partner li tradisca è un optional.

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Prima degli intrighi e dei tradimenti ( sopracitato) i protagonisti devono trovarsi, e questo genere ci pone due alternative sempreverdi: Dall’odio nasce l’amore o amore a prima (s)vista. La teoria “l’odio non è altro che l’altra faccia dell’amore” diviene terreno fertile per questo genere di film. Prima di arrivare ad un lieto fine smielato, per non rendere tutto estremamente scontato ( e quindi renderlo oltremodo scontato), i due protagonisti proveranno davvero poca simpatia l’uno per l’altro, punzecchiatosi per tutto il film, una sera in riva al mare apriranno il loro cuore l’un l’altro e si innamoreranno. Certo, potrebbe accedere anche a bordo piscina, davanti casa, su un prato sotto le stelle, il punto è che succede. Ed anche se questo aspetto potrebbe sembrare possibile nella realtà, nessun ragazzo pagherà la banda e canterà ” i love you baby” scendendo le scale davanti tutta la scuola ( vedi 10 cose che odio di te).

Ma avete presente quando ad un concerto voltate la testa e in mezzo a tutte quelle persone lui è li, li che vi guarda ed entrambi provate qualcosa? NELLA REALTA’ NON ACCADRA’ MAI, o se dovesse accadere io vi consiglio sempre di girarvi per vedere se c’è qualcuno di più interessante di voi alle vostre spalle, perché magari quello sguardo languido non è per voi( cioè quasi sempre). Ma nei film accade spesso e volentieri che l’amore nasca da subito, con un solo sguardo. ( Questo perché l’aspetto fisico non è tutto nella vita, bambine). Ovviamente non diranno mai che dopo tre giorni dalla fine del film i protagonisti si lasciano. Perché sognare è bello. E noi siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni. Più del metabolismo lento e della cellulite, una maledizione che colpisce tutte le ragazze è quella convinzione innata di poter cambiare le cose, le persone

Dentro ognuna di noi nasce, cresce e corre una piccola anima da crocerossina che ci impedisce di vedere le cose per come stanno. Non capite? E’ lapalissiano,colpa dei film che ci fanno credere che solo con il nostro amore incondizionato e la nostra dedizione potremmo cambiare lo stronzetto di turno. ( come se tutti i cattivi ragazzi fossero come Dylan e tutte le ragazze come Branda di Beverly Hills 90210). Ragazze, fingere di non essere gelose o ignorare il fatto che sia andato a letto con molte ragazze prima di voi non è la soluzione. Ne realmente possibile, a meno che non siate malate terminali ( vedi i passi dell’amore) e quindi non avete tempo da perdere in queste elucubrazioni mentali. (Perciò siate ingegnose: usate le malattie a vostro vantaggio. Anche un raffreddore.)

Dopo essersi incontrati, amati e lasciati tutto si conclude con un colpo di scena del tutto scontato: lasciare qualcuno all’altare per chi sia ama davvero (per prendere una decisione seria aspetti fino all’attimo prima di sposarti, “perché non si sa mai”), scoprire che è uscito con voi solo per una scommessa, ma alla fine, vi ama davvero ( questa cosa, lui, mica poteva dirla prima. La deve scoprire lei origliando discorsi fatti con altri), scoprire che in realtà amavate quel ragazzo sfigato che vi è sempre stato vicino, e non il belloccio su cui volevate fare colpo per tutto il film. Una mia spassionata considerazione? Questi film non ci insegnano nulla, se non di continuare a fantasticare e perciò vivere infelici. Smettete di vederli.

 

Elisia Lo Schiavo