Superfetazione: rarità della gravidanza

Il termine superfetazione deriva dal latino superfetare (“concepire di nuovo”), il suo reale significato è quello di una “fecondazione in più” o “fecondazione ulteriore”.  Il termine viene utilizzato per indicare come dopo la fecondazione di un ovulo e la conseguente formazione di un feto all’interno dell’utero, si verifichi eccezionalmente un altro ciclo e la fecondazione di un altro ovulo. Se la seconda fecondazione avviene durante lo stesso ciclo mestruale, parliamo di superfecondazione.

Cosa s’intende per superfetazione

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La superfetazione è un processo poco conosciuto che accade con maggior frequenza negli animali, ma è possibile che avvenga anche nella specie umana (anche se rarissimo come evento). Si tratta del concepimento di un secondo feto quando è già iniziata la gestazione. Questo processo implica due feti in gestazione nella stessa donna ma con diverse epoche gestazionali.
Nonostante l’arresto dell’ovulazione con la gravidanza, in casi eccezionali questo può non avvenire. Quindi, se la donna continua ad ovulare dopo essere rimasta incinta, uno di questi ovuli può essere fecondato.

Come avviene il ciclo riproduttivo femminile

www.liceoalighieri.edu.it

Il ciclo riproduttivo femminile si compone di quattro fasi:

  • la Fase mestruale o mestruazione: è determinata dal calo della produzione di estrogeni e progesterone da parte delle ovaie che provoca lo sfaldamento dell’endometrio. Il diminuito livello degli estrogeni e del progesterone determina una costrizione delle arterie uterine e le cellule, prive di ossigeno, cominciano a morire sviluppando il flusso mestruale;
  • la Fase preovulatoria costituisce il periodo compreso fra la fine della fase mestruale e l’ovulazione. Intorno al 6° giorno, un singolo follicolo, in una delle due ovaie, supera in dimensione gli altri e diventa follicolo maturo che si accresce finché è pronto per l’ovulazione, formando una sorta di protuberanza sulla superficie dell’ovaio;
  • la Fase ovulatoria, che avviene di solito al 14° giorno, consiste nella rottura del follicolo maturo e la conseguente espulsione di un ovocita secondario nella tuba uterina;
  • la Fase postovulatoria rappresenta il periodo che intercorre fra l’ovulazione e l’inizio della mestruazione successiva.

A seguito dell’ovulazione, il follicolo maturo collassa e le restanti cellule follicolari si ingrossano e vanno a formare il corpo luteo (fase luteinica).
Se avviene la fecondazione il corpo luteo persiste oltre le due settimane e continuerà a secernere progesterone, necessario per accogliere l’embrione nelle prime fasi della gravidanza.

La fecondazione consiste nella fusione dei nuclei dei due gameti (spermatozoo e ovulo) per formare lo zigote.

www.periodofertile.it

Cause di superfetazione

Gli specialisti credono che le cause della superfetazione siano ormonali, in seguito a specifici trattamenti, come la fecondazione assistita. Nella maggior parte dei casi questo si deve alla stimolazione delle ovaie.

Il medico, concretizza la presenza di superfetazione durante l’ecografia di routine, evidenziando le differenze tra i due feti. Una gravidanza di gemelli normale, è diversa da una gravidanza come questa, quando ci sono almeno due settimane di differenza tra i feti.

Gli specialisti trattano il caso come una gravidanza multipla fino al momento del parto. Generalmente viene pianificata una data per far nascere i bambini, aspettando che il feto più piccolo sia ben sviluppato. Dato che i due bambini sono stati concepiti in diversi cicli mestruali, ancora si discute se siano gemelli o meno.

it.quora.com

Caso clinico

Si crede che il numero sia aumentato per via del continuo aumento di procedimenti di riproduzione assistita Ma questi casi, più frequenti da una decina d’anni, sono stati riscontrati anche nella mitologia greca.

Tra i casi più recenti, citiamo quello verificatosi nel Regno Unito. La storia di R.R. può risultare assurda ma è vera: in attesa della sua bimba Rosalie, quando in grembo già cresceva suo figlio, Noah. Tutto inizia da una semplice ecografia di routine, durante la quale viene riscontrata la presenza di due feti. Non due gemelli come ci si aspetterebbe ma due bimbi concepiti a distanza di tempo l’uno dall’altro, esattamente 21 giorni dopo il primo concepimento.

Asma Khalil, professore di ostetricia e portavoce del Royal College of Obstetricians and Gynecologists, in merito al caso riferisce:

Il fenomeno è incredibilmente raro; tanto da risultare impossibile assegnare una cifra precisa su quanti casi si verificano in un anno ma, facendo una stima approssimativa, possiamo arrivare a uno o due.

Nel mondo umano, i casi noti in letteratura scientifica di superfetazione sono all’incirca 10, dal 1960 ad oggi. Il motivo che spiega il perché alcune donne sperimentano la superfetazione e altre no, non è ancora chiaro alla scienza.

Perchè è un’evenienza così rara

invitra.it

È raro perché una volta che una donna rimane incinta, l’ulteriore ovulazione – quando le cellule uova vengono rilasciate dalle ovaie – viene soppressa, quindi, è molto improbabile che le uova vengano rilasciate, per non parlare di un ovulo che viene fecondato e di un’ulteriore gravidanza in corso.

Conclusioni

Ad oggi i casi riscontrati nel mondo sono davvero pochi, ma la clinica s’impegna ogni giorno di più per approfondire l’argomento e le possibili correlazioni con l’ambiente riproduttivo della donna.

www.cure-naturali.it

 

Alice Pantano

Sitografia

www.treccani.it

www.nostrofiglio.it

www.msdmanuals.com

quimamme.corriere.it

www.ilfattoquotidiano.it

 

 

Intervista a Monica Calcagni in occasione della Giornata Mondiale dell’Endometriosi: la conoscenza come arma di prevenzione

Leggendo il libro edito da Sperling&Kupfer ”Cose da donne che anche gli uomini dovrebbero sapere” di Monica Calcagni, una frase in particolare ha attratto la mia attenzione: ”Voglio raccontare la medicina per come la conosco e la vivo io, esprimermi in merito alle cose da donne come diretta interessata, e aprire una breccia nel muro che separa medico e paziente”.
Condividendo a pieno il pensiero e seguendo la dottoressa da tempo sui social, in collaborazione con UniVersoMe ho invitato la dottoressa per discutere su delle tematiche che molto mi stanno a cuore, al fine di far conoscere a ragazzi e genitori patologie come l’endometriosi e sensibilizzare gli adolescenti e le famiglie al dialogo interpersonale su ”questioni” che ancora oggi risentono di quel fantomatico velo ”storico” di castità.

  1. Chi è Monica Calcagni
  2. Perché è stata istituita la giornata mondiale dell’endometriosi? E soprattutto, di cosa si tratta?
  3. Fin da bambine ci sentiamo ripetere che è normale avere mestruazioni dolorose. E’ veramente così? 
  4. L’ endometriosi è una patologia congenita o si sviluppa a seguito di un evento scatenante? Quali fattori possono attivare il campanello di allarme nei genitori o nel soggetto stesso?
  5. Secondo la sua esperienza, pensa che l’endometriosi sia una patologia così comune? Generalmente, quale terapia viene somministrata?
  6. L’endometriosi è una patologia prettamente femminile?
  7. Nell’approccio interpersonale, cosa consiglia di non dire a chi ha l’endometriosi? 
  8. Perché secondo lei le patologie legate all’apparato riproduttore non sono soggette al dialogo familiare e scolastico?
  9. Da professionista e madre, cosa sente di dire ai ragazzi e ai genitori che ci seguono? 
  10. Conclusioni

Chi è Monica Calcagni

Monica Calcagni è una dottoressa laureata in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Roma ”Tor Vergata” e specializzata in Ginecologia e Ostetricia presso la medesima. Oltre a svolgere il lavoro per cui ha studiato, è anche una nota influencer che, con i suoi contenuti, ha debuttato sui social come ”ginfluencer”, raggiungendo oltre 250K persone su Instagram fino a 1MLN su TikTok. E se con i social ha raggiunto la popolarità tra i ragazzi, con la pubblicazione del suo libro è riuscita ad entrare nelle case degli italiani. Il suo curriculum è vasto e meritevole di nota, ma oggi preferiamo concentrarci su una patologia poco discussa e che rappresenta ancora un tabù, l’endometriosi. Oscura e non sempre silenziosa, affligge solo in Italia il 10-15% di donne in età fertile e oltre il 40% delle donne che hanno difficoltà a concepire.

 

Dottoressa Monica Calcagni

 

Dottoressa, perché è stata istituita la Giornata Mondiale dell’Endometriosi? E soprattutto, di cosa si tratta?

La Giornata Mondiale dell’Endometriosi è stata istituita al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica su questa patologia che può essere fortemente invalidante e che in Italia colpisce quasi tre milioni di donne. Probabilmente i numeri sono molto più alti, perché la diagnosi può arrivare anche dopo 8-10 anni.
Si tratta di una malattia infiammatoria pelvica che fino a qualche anno fa si pensava fosse dovuta alla localizzazione extra uterina dell’endometrio, il rivestimento interno dell’utero. Studi recenti hanno invece dimostrato che si tratta di un tessuto simile all’endometrio e, pertanto, si comporta più o meno come tale.
La sua localizzazione può avvenire a livello di organi pelvici, come utero e ovaie, ma anche di organi ben più distanti, come l’intestino.
Da non troppo tempo è stata inserita nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza), per cui si può avere un’esenzione per poter effettuare un percorso diagnostico-terapeutico. Durante la giornata mondiale dell’endometriosi fioriscono una serie di iniziative finalizzate a sensibilizzare non solo le donne, ma anche gli uomini su questa importante patologia.

Fin da bambine ci sentiamo ripetere che è normale avere mestruazioni dolorose, quasi come se la cultura del dolore prevaricasse su quella della conoscenza. Mi rivolgo a lei, è veramente così? E’ normale avere dolori mestruali talvolta invalidanti e debilitanti?

Veniamo da un’educazione per cui la donna deve soffrire ‘’partorirai con dolore e con dolore avrai le mestruazioni’’. Qualsiasi ragazzina, io stessa quando avevo dolori mestruali, venivo tranquillizzata con la frase ‘’Abbiamo sofferto tutte, prima o poi passerà, aspetta di partorire’’ ma, in realtà, non è così.
Il dolore mestruale non è una cosa normale o che dobbiamo tollerare, piuttosto deve spingere a fare degli accertamenti. Nonostante questo, non significa che dolore mestruale voglia dire necessariamente endometriosi che è, invece, una patologia a volte silenziosa.
Il messaggio che io vorrei arrivasse non è finalizzato soltanto alle ragazze ma anche ai genitori. Non chiudete gli occhi, non evitate di portarle dal ginecologo perché avete paura che così possano essere autorizzate a fare qualcosa che voi non volete facciano. Piuttosto, pensate alla loro salute e fate in modo che possano vivere il rapporto con le mestruazioni in serenità e non come un dramma.

L’endometriosi è una malattia attorno alla quale ruotano svariate teorie. Ma facciamo un po’ di chiarezza. Dottoressa, l’endometriosi è una patologia congenita o si sviluppa a seguito di un evento scatenante? Quali fattori possono attivare il campanello di allarme nei genitori o nel soggetto stesso?

Sull’endometriosi si sa ancora molto poco. E’ recente lo studio che dimostra come la causa dell’endometriosi sia su base genica. Infatti, la probabilità di manifestare la malattia è dovuta alla mutazione di un gene che, inoltre, è stato rintracciato famiglie in cui c’era più di qualche caso di endometriosi. In commercio è possibile trovare un tampone salivare, l’ Endotest, che permette la diagnosi con un buon grado di affidabilità.
Tuttavia, non significa che l’unica causa sia la genetica. Un po’ come in tutte le malattie da una parte ci vuole la predisposizione, dall’altra degli agenti esterni come lo stile di vita, lo stress, lo smog, alterazioni ormonali che possono indurre la manifestazione  della malattia.
Il sospetto si ha quando i dolori mestruali sono invalidanti, quando si ha difficoltà ad avere una gravidanza o quando si soffre di stitichezza. Potenzialmente si potrebbe avere una localizzazione endometriosica a livello dell’intestino e invece non avere sintomi ginecologici. Quindi, fate i controlli a prescindere, perchè la maggior parte delle volte la scoperta dell’endometriosi è puramente casuale.

 

Fonte: wikiversity.org

Mi piace ricordare ai nostri lettori che fin dalla più tenera età ha coltivato il desiderio di essere medico delle mamme e, crescendo, delle donne. Secondo la sua esperienza, pensa che l’endometriosi sia una patologia così comune? Generalmente, quale terapia viene somministrata?

La diagnosi di endometriosi non è semplice. Spesso non si vede con l’ecografia o con risonanza magnetica, a meno che il tessuto non sia localizzato sulle ovaie o sul corpo uterino. L’unico esame che ci dà una diagnosi certa è la laparoscopia, una tecnica chirurgica.
Reputo che l’endometriosi sia una patologia più frequente di quanto si pensi. Sappiamo che colpisce il 10% delle donne in età fertile e quasi tre milioni di donne in Italia, ma bisogna considerare che c’è una grande fetta di donne a cui non viene diagnosticata perché sono asintomatiche e riescono ad avere gravidanze senza problemi.
Nella mia vita professionale ho diagnosticato tante endometriosi e di tante altre c’è il sospetto.
Purtroppo, ad oggi, non disponiamo di terapie che la curano, ma esistono quelle che permettono la gestione dei sintomi, come le terapie ormonali o l’utilizzo di dispositivi intrauterini.
Nelle donne asintomatiche, inoltre, è possibile somministrare anti-infiammatori che permettono di spegnere i focolai di flogosi.

L’endometriosi è una patologia prettamente femminile?

Gli ultimi dati ci dicono che l’endometriosi non è soltanto una patologia femminile ma può colpire anche gli uomini. E’ stato osservato il caso di un uomo con dolore addominale. La massa è stata asportata e, in seguito all’esame istologico, si è visto essere tessuto endometriale. Ci sono degli studi in corso atti a capire quali sono i sintomi che potrebbero manifestare gli uomini con endometriosi, così da trovare terapie finalizzate alla loro gestione. Ancora però bisogna fare molta strada, perchè purtroppo di questa patologia si conosce molto poco.

Nell’approccio interpersonale, cosa consiglia di non dire a chi ha l’endometriosi? Cosa vuole dire alle coppie?

‘’Avrai difficoltà ad avere bambini’’ o ‘’non diventerai mai madre’’.
Esistono quattro stadi dell’endometriosi, da quello più ‘’lieve’’ fino a quelli devastanti, che colpiscono non solo l’apparato riproduttore, ma anche l’intestino o organi lontani dalla pelvi. Questi ultimi portano a fare degli interventi chirurgici anche demolitivi, ma non vale per tutte le donne.
Quindi state tranquille, avere l’endometriosi non vuol dire avere un bollino rosso in fronte che etichetta come sterili o che implica l’intervento con certezza.
Molte donne hanno gravidanze senza alcuna difficoltà, alcune riescono ad avere una gravidanza a seguito di un percorso terapeutico. Altre, purtroppo, non riusciranno a realizzare il loro sogno.
Ai compagni consiglio di supportare le compagne soprattutto dal punto di vista emotivo e psicologico.

Perché secondo lei le patologie legate all’apparato riproduttore non sono soggette al dialogo familiare e scolastico?

E’ un problema di cultura. Si pensa che l’educazione sessuale sia equiparata all’ educazione pornografica, ma si tratta di due cose completamente diverse. Molte volte chi come me parla di sessualità e salute sessuale viene cancellato dai social, ma non ci arrendiamo! Speriamo pian piano che questa cosa venga superata, perché sensibilizzare alla sessualità significa anche prevenzione e conoscenza di patologie importarti come l’endometriosi che, molte volte, viene diagnosticata tardivamente perché appunto non si sospetta di avere.

Da professionista e madre, cosa sente di dire ai ragazzi e ai genitori che ci seguono?

Cari genitori, quello che mi sento di dire è di rispondere in maniera coerente a tutto quello che vi chiedono i ragazzi. Se su alcuni argomenti non siete preparati o non sapete come affrontarli, ammettete la vostra ignoranza e cercate insieme le informazioni. Sono certa che lo apprezzeranno.
Cercate di non sottovalutare i sintomi che vostri figli vi manifestano, non cercate di gestirli con il fai da te e con i rimedi della nonna. Piuttosto, andate da un professionista.
La stessa cosa fate con i vostri ragazzi, perché pian piano stiamo riuscendo a sensibilizzare i genitori sulle patologie femminili, ma ancora c’è un grandissimo tabù sui maschi che troppo poco vanno a fare la visita andrologica.

Conclusioni

“La libertà deriva dalla consapevolezza, la consapevolezza deriva dalla conoscenza, la conoscenza deriva dall’informazione, dallo studio e dalla lettura senza pregiudizi”.

Stefano Nasetti

Redattori UVM

 

Francesca Umina

Mulieres Salernitanae: le prime medichesse d’Italia

Intorno al IX secolo, dall’unione della tradizione greco-latina con quella araba ed ebraica, nasce in Italia la prima istituzione medica d’Europa: la Scuola medica salernitana. Considerata come l’antesignana delle moderne Università di medicina, la Scuola di Salerno introdusse fondamentali innovazioni nella pratica dell’arte medica. Essa si basava infatti su un approccio empirico e rivolgeva particolare attenzione alla cultura della prevenzione. Una delle più grandi novità di questa Scuola fu sicuramente la sua apertura nei confronti delle donne. Per la prima volta queste venivano ammesse non solo agli studi, ma anche alla pratica medica. Questo gruppo di dotte “medichesse” passò alla storia col nome di Mulieres Salernitanae.

Indice dei contenuti

  1. Chi erano le Mulieres
  2. La leggendaria Trotula
  3. I trattati sulla ginecologia e sulla cosmesi
  4. Conclusione

Chi erano le Mulieres

Nella storia della medicina la figura della donna non fu mai di secondaria importanza. Basti pensare al ruolo delle levatrici già in epoca greca. Esse infatti erano tenute ad accompagnare la gestante durante il travaglio, ma anche a conoscere le “medicine” con cui intervenire nei casi di patologia femminile. Ciò nonostante, le donne rimasero per lungo tempo per lo più escluse dall’ambito accademico. Soltanto con le Mulieres Salernitanae si raggiungerà un riconoscimento ufficiale del ruolo femminile anche all’interno di una importante istituzione medico-sanitaria come fu la Scuola salernitana.
Le Mulieres erano solitamente donne di buona famiglia, le quali potevano permettersi quindi studi ”universitari”. Fra di esse figurano i nomi di Abella Salernitana (autrice dei trattati Sulla natura del seme umano e Sulla bile nera), Mercuriade, Costanza Calenda, Rebecca Guarna (autrice delle opere Sulle febbri, Sulle orine e Sull’embrione) e Francesca Romana (molto stimata come chirurgo).

 

Raffigurazione della Scuola medica salernitana. Fonte: salernonews24.com

La leggendaria Trotula

Fra tutte spicca maggiormente il leggendario nome di Trotula, nata a Salerno dall’antica e nobile famiglia de Ruggero. Rodolfo Malacorona, nobile normanno che aveva compiuto studi di medicina in Francia, giunse in visita a Salerno nel 1059. Riferendosi a Trotula, egli disse che “non trovò alcuno che fosse in grado di tenergli testa nella scienza medica tranne una nobildonna assai colta”. Chiamata anche sanatrix Salernitana, Trotula fu considerata nel Medioevo una delle maggiori autorità nell’ambito dei disturbi e delle malattie femminili, nonché della cosmesi. Le sue due opere principali furono infatti il De mulierum passionibus ante, in et post partum (‘Le malattie delle donne prima, durante e dopo il parto’) e il De ornatu mulierum (‘Sulla cosmetica delle donne’).

Ritratto di Trotula. Fonte: elle.com

I trattati sulla ginecologia e sulla cosmesi

Il primo di questi trattati fu di fondamentale importanza per l’affermazione dell’ostetricia, della ginecologia e della puericultura come scienze mediche. Fu inoltre una delle prime opere medievali a trattare questi argomenti direttamente da una prospettiva femminile. Trotula era dotata di approfondite conoscenze sulla fisiologia femminile, sicuramente maggiori di quelle dei suoi colleghi maschi. Spesso questi ultimi non si occupavano delle donne giacché la loro diversa anatomia e fisiologia rendeva complessa la diagnosi ai meno esperti. Inoltre, generalmente la donna del medioevo in virtù del pudore, non era sempre ben disposta a farsi visitare da un uomo. Si evince così l’importanza che l’ingresso delle donne ha avuto nell’evoluzione della pratica medica. In questo passo del trattato, la medichessa fornisce la propria interpretazione della mestruazione:

Dunque, poiché le donne non hanno calore sufficiente a prosciugare l’eccedenza di umori cattivi che si formano quotidianamente in loro […], allora la natura stessa, in mancanza del calore, ha assegnato loro una forma speciale di purificazione, cioè le mestruazioni, che la gente comune chiama “i fiori”. Infatti come gli alberi senza fiori non producono frutti, così le donne senza i propri fiori sono private della facoltà di concepire.

Il secondo trattato fornisce invece consigli di cosmesi, insegnando alle donne a preservare, migliorare ed accrescere la propria bellezza, nonché come curare le malattie della pelle. Trotula intuì come la cura dell’estetica non fosse soltanto un vezzo, ma anche un modo per garantire il proprio benessere psicologico, e per questo trattò per la prima volta la cosmesi come una scienza. I consigli di bellezza riguardano i primi “rossetti”, ma sono presenti anche ricette di tinture per capelli, riferimenti all’importanza dei massaggi e tecniche per la depilazione; la maggior parte di questi consigli provengono dall’esperienza del mondo arabo. Di seguito un passo dal De ornatu mulierum:

Se poi una donna vorrà truccarsi le labbra, le strofini con corteccia di radici di noce, coprendosi i denti e le gengive con del cotone; poi lo intinga in un colore artificiale e con esso si unga le labbra e l’interno delle gengive.

Frontespizio dell’De ornatu mulierum. Fonte:namarteformazione.blogspot.com

Conclusioni

Pur essendo ammesse alla pratica dell’arte medica e alla stesura di trattati scientifici, le Mulieres Salernitanae non furono però mai ammesse realmente all’insegnamento presso la Scuola Salernitana in qualità di magistrae. Esse, tuttavia, godevano di una tale stima popolare da essere considerate, di fatto, allo stesso livello dei colleghi maschili. Le Mulieres rappresentano un momento cardine per la storia della medicina occidentale. Hanno spianato la via, nei secoli a seguire, a tante altre “scienziate” di talento come la catanese Virdimura nel XIV secolo, fino ad arrivare a veri e propri capisaldi della scienza medica moderna come il premio Nobel Rita Levi-Montalcini.

 

Bibliografia:

Dagli studenti per gli studenti: donazione del sangue cordonale

Il sangue contenuto nel cordone ombelicale (SCO) e raccolto al momento del parto, rappresenta una preziosa sorgente di cellule staminali emopoietiche capaci di generare le cellule del sangue (globuli rossi, globuli bianchi e piastrine). Può essere utilizzato, come il midollo osseo e le cellule staminali del sangue periferico, per effettuare il trapianto in pazienti affetti da molte malattie ematologiche (leucemie, linfomi) e da malattie genetiche quali ad esempio l’anemia mediterranea o Morbo di Cooley.

Elenco dei contenuti

Cos’è il sangue cordonale?

Il cordone ombelicale è l’anello di congiunzione tra la placenta e il prodotto del concepimento. E’ costituito da tre vasi ombelicali(una vena e due arterie), che permettono lo scambio di sangue tra la placenta della madre e il feto durante la gravidanza, al fine di garantire al piccolo l’ossigeno e le sostanze necessarie al suo sviluppo. 
Alla nascita, il cordone ombelicale non è più necessario. Per tale motivo viene bloccato (clampato) con una pinza sterile  per evitare la fuoriuscita di sangue e, subito dopo, tagliato. Non contiene nervi, di conseguenza la recisione non è dolorosa né per il bambino né per la madre.

Perchè è importante donarlo?

La donazione del sangue cordonale è importante perché aumenta le possibilità di cura delle persone affette da patologie trattabili solo attraverso un trapianto di cellule staminali emopoietiche. Può contribuire non solo a curare le malattie tumorali del sangue come la leucemia e i linfomi, ma anche le patologie non tumorali, come la talassemia, l’aplasia midollare e le immunodeficienze congenite.

www.improntalaquila.com

Come prepararsi?

Il percorso preparatorio prevede:

  • il colloquio della futura mamma con il personale qualificato dei reparti di Ostetricia e Ginecologia, per verificare che sussistano tutte le condizioni di salute necessarie alla donazione
  •  la firma del Consenso Informato

La donazione è totalmente volontaria, anonima e non retribuita. La scelta di non partecipare o ritirarsi da questo programma non richiederà giustificazioni da parte della paziente né comporterà discriminazioni da parte dei sanitari. Inoltre, non influenzerà in alcun modo le cure necessarie alla diade madre-bambino.
In caso di donazione solidaristica, successivamente alla raccolta, il consenso non potrà essere ritirato e non sarà possibile avanzare alcun diritto sull’unità di sangue cordonale. Nell’ipotesi  in cui dovessero sopraggiungere esigenze di un utilizzo clinico intrafamiliare e disponibilità dell’unità  donata, quest’ultima sarà messa a disposizione, dietro richiesta di un sanitario e riscontro di compatibilità, senza costo alcuno.
La futura mamma ha diritto ad una copia del Consenso Informato. Il materiale biologico donato e tutti i dati relativi alla donazione si intendono utilizzabili esclusivamente per quanto sottoscritto nel Consenso Informato.

www.ilgiardinodilucaeviola.org

Criteri per poter donare e Consenso Informato

Per donare il sangue cordonale è necessario essere in buone condizioni di salute e compilare un questionario anamnestico.  In Italia il Consenso Informato alla donazione allogenica contiene informazioni relative a:

  • Dati anagrafici della donatrice;
  • Modalità di raccolta e conservazione del sangue cordonale;
  • Modalità di utilizzo del sangue cordonale per trapianto;
  • Possibilità di esercitare la facoltà di ritiro alla donazione fino al momento della raccolta;
  • Consenso all’eventuale uso per ricerca nel caso in cui non possa essere utilizzato per trapianto;
  • Richiamo della donatrice a 6 mesi dal parto, per eseguire un prelievo ematico di controllo e valutare lo stato di salute del bambino

Criteri di esclusione

Come per le donazioni di sangue, esistono condizioni cliniche e comportamenti a rischio che precludono la donazione del sangue cordonale. Le principali condizioni cliniche che precludono la donazione riguardano l’esistenza di patologie a carico dei genitori e/o famigliari quali:

  • Malattie autoimmuni;
  • Malattie cardiovascolari;
  • Malattie organiche del sistema nervoso centrale;
  • Neoplasie;
  • Malattie della coagulazione;
  • Crisi di svenimenti e/o convulsioni;
  • Malattie gastrointestinali, epatiche, urogenitali, ematologiche, immunologiche, renali, metaboliche o respiratorie gravi o croniche e/o recidivanti;
  • Diabete insulinodipendente.
  • Malattie infettive (quali AIDS, epatite)

Altri criteri di esclusione sono di natura ostetrico/neonatale e vengono valutati dal personale medico ostetrico durante la gestazione e al momento del parto quali:

  • Febbre in travaglio (febbre >38°C);
  • Rottura delle membrane da oltre 12 ore;
  • Età gestazionale inferiore alle 37 settimane;
  • Distress fetale;
  • Parto vaginale operativo;
  • Malformazioni congenite del neonato;
  • Liquido amniotico tinto;
  • Tampone vaginale assente o positivo per streptococco β-emolitico.

Escludono inoltre la donazione criteri laboratoristici legati alla modalità di raccolta, che possono esporre l’unità a contaminazione microbica o alla formazione di aggregati capaci di innescare la cascata coagulativa, valori volumetrici o cellulari del campione raccolto non adeguati, eventi avversi nel sistema di trasporto, di manipolazione o di congelamento.

www.orizzontescuola.it

Come avviene la raccolta?

Il SCO, può essere raccolto esclusivamente in parti spontanei a termine non complicati e nei parti cesarei di elezione. La raccolta richiede pochi minuti e viene effettuata senza modificare le modalità di espletamento del parto. La procedura di raccolta non comporta rischi e prevede il recupero del sangue rimasto nel cordone in un’apposita sacca.
La sacca e tutti i materiali utilizzati sono sterili e validati per l’uso specifico. Il sistema prevede che, per ogni donazione, sia possibile raccogliere una quantità di sangue che va da 70 a 200 ml. Se la raccolta non può essere utile ai fini del trapianto, può comunque rappresentare un’importante risorsa per altre finalità cliniche (colliri, concentrati piastrinici, gel piastrinico) o per la ricerca, in conformità alle norme vigenti in materia.

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Conservazione

L’unità viene trasferita presso la Banca di Raccolta e sottoposta ad una serie di controlli ed esami al fine di definire le caratteristiche del sangue e stabilirne l’idoneità alla conservazione e all’uso terapeutico. Vengono bancate esclusivamente le unità cordonali che rispondono ai requisiti di qualità e sicurezza definiti dalle leggi vigenti. Tutti gli esami infettivologici devono risultare negativi e il numero minimo di cellule deve essere rispettato così rendere utilizzabile il campione a scopo trapiantologico.
Se valutato idoneo, il SCO viene congelato e conservato in azoto liquido a –196°C all’interno di , contenitori di stoccaggio costantemente monitorati tramite un sistema di registrazione e di allarme. la conservazione può avvenire in tali condizioni per oltre 20 anni dal prelievo. Tutte le procedure sono rigorosamente documentate per garantire la rintracciabilità  e la sua immediata disponibilità nel caso di richiesta da parte di un Centro che ha in cura un paziente che necessita di un trapianto di cellule staminali.

Utilizzo

Nel nostro Paese la donazione del sangue cordonale più diffusa è per trapianto allogenico non familiare.
La Banca del Sangue Cordonale detiene i dati genetici e biologici del sangue donato e li trasmette al registro nazionale IBMDRRegistro Italiano Donatori di Midollo Osseo e internazionale BMDWBone Narrow Donor World Wide. In questi due database elettronici, su richiesta del centro trapianti che ha in cura un malato, si esegue la ricerca  delle unità di sangue compatibili e, quindi, trapiantabili. Le donatrici vengono informate per iscritto del destino del sangue donato.
E’ possibile anche un’altra donazione, quella per trapianto allogenico familiare per curare un consanguineo del neonato (fratello, sorella…). La conservazione per uso autologo (cioé per un eventuale uso a favore del bambino stesso che lo ha donato), in Italia, è vietata poiché non è sostenuta da evidenze scientifiche.

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Rischi

La donazione non è dolorosa e non si sono mai registrati casi in cui donare il sangue cordonale abbia causato problemi di salute alla madre o al neonato. La donazione non sottrae al bambino in alcun modo risorse di sangue: infatti, in assenza della donazione, il sangue contenuto nel cordone reciso viene smaltito.
Al momento del parto e a distanza di 6-12 mesi verranno effettuati alla mamma dei prelievi per test infettivologici obbligatori per legge, al fine di confermare l’idoneità del sangue prelevato e contemporaneamente sarà eseguita al bambino una visita pediatrica per escludere la presenza di patologie ereditarie.

www.asp.rg.it

Conclusioni

Informarsi sulla donazione e conservazione del sangue del cordone ombellicale è fondamentale e rappresenta una reale speranza e un’importante possibilità di cura per chi è affetto da gravi malattie.
Donare fa bene al cuore.

Alice Pantano

Bibliografia

donazione-del-sangue-del-cordone-ombelicale

donare-il-sangue-cordonale/

donazione_sangue_cord_omb.pdf

www.saperidoc.it

https://www.ibmdr.galliera.it/ibmdr/info/iscrizione