Tra cura e slancio: costruire consapevolezza sessuale e affettiva

Piangere è da deboli? Amore e possesso sono due facce della stessa medaglia? È giusto fare carriera o occuparsi della famiglia? Se lo chiedono solo le donne o anche gli uomini? La donna è per sua natura legata alla casa mentre l’uomo porta il pane e i pantaloni? Il mito del controllo ha ancora ragion d’essere? Perché il secondo sesso deve nascondere le mestruazioni e il primo le emozioni? Un no può voler dire sì? Le etichette assicurano ordine o si rivelano spazi angusti? È possibile rimanere incinta al primo rapporto? I preservativi servono solo a evitare gravidanze indesiderate? L’educazione sessuale e affettiva chiarisce.

Sessualità e affettività

La sessualità rappresenta un aspetto centrale lungo tutto l’arco della vita. Considerarla come una dimensione immorale e proibita concorre a creare falsi miti, stereotipi e paure. Comprende il sesso, l’identità, i ruoli di genere, l’orientamento sessuale, l’erotismo, il piacere, l’intimità e la riproduzione. Le dimensioni biologiche e riproduttive non sono le sole su cui far luce per comprenderne la complessità. Aspetti psicologici, sociali, culturali, economici, politici e religiosi concorrono a delinearne i confini.
L’affettività indica l’insieme di emozioni, sentimenti e stati d’animo. Identificarli e saper dare loro un nome è un aspetto fondamentale per ciascun essere umano. La conoscenza della propria vita interiore- così come del proprio corpo- rappresenta il primo passo verso la promozione della salute sessuale.

Corpo, emozioni e identità

Tradizionalmente, l’educazione sessuale si è focalizzata su rischi e aspetti preventivi, come gravidanze indesiderate e infezioni sessualmente trasmesse. Pur riconoscendone l’importanza, un approccio che predica l’astinenza e proclama il pericolo non risulta funzionale. Nelle sue linee guida sulla Comprehensive Sexuality Education, l’UNESCO sottolinea la necessità di fornire conoscenze accurate e adeguate all’età sul corpo e le sue potenzialità. Integra aspetti cognitivi, emotivi, fisici e sociali per mettere al centro un’idea positiva legata al benessere e al consenso. Per sviluppare una vita affettiva e sessuale che sia soddisfacente, libera da stereotipi e false credenze. E paure. Per maturare atteggiamenti responsabili e rispettosi. L’educazione diventa così uno strumento per costruire la propria identità, prendersi cura della salute- propria e altrui- e gestire e riconoscere le emozioni.

L’educazione sessuale e affettiva è un diritto. E in quanto tale va rispettato. Eppure, i dati riportati dal Global Education Monitoring Report-GEM (UNESCO, 2023) raccontano un’altra storia. Delle 50 nazioni valutate, solo il 20% dispone di una normativa sull’educazione sessuale. Appena il 39% ha definito una strategia chiara.

Il quadro italiano

La situazione italiana è controversa. Le attività di educazione sessuale e affettiva rientrano nell’ambito dell’autonomia decisionale delle singole istituzioni scolastiche. Nel maggio 2025, il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha presentato un ddl in materia di consenso informato in ambito scolastico. L’intervento deriverebbe dalla necessità di informare le famiglie sulle attività che abbiano ad oggetto tematiche inerenti alla sessualità. Il testo richiama l’articolo 30 della Costituzione, che stabilisce il dovere e diritto dei genitori di istruire ed educare i figli.

Ma che ne è della Convenzione sui diritti dell’infanzia dell’ONU (1989), che tutela il diritto dei minori a ricevere le informazioni necessarie per la propria salute e il proprio benessere? Che ne è del testo Standard per l’Educazione Sessuale in Europa (2010)? E della Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia nel 2013, per il contrasto alla violenza di genere attraverso la sensibilizzazione della collettività? Sembra che le priorità siano altre. Come la lotta alla cosiddetta ideologia gender.

Paura del cambiamento

Mettere in discussione ciò che abbiamo sempre considerato normale fa paura. Un’educazione sessuale olistica scandalizza chi vede qualcosa di diverso e minaccioso per l’immagine che si è costruito di sé. Tuttavia, “c’è sempre possibilità di capire le cose. Le cose che capiamo, non scandalizzano […]. Una credenza che sia stata conquistata con l’uso della ragione e con un esatto esame della realtà è abbastanza elastica da non scandalizzarsi mai. Se è ricevuta senza analisi, accettata per tradizione, pigrizia, educazione passiva, è conformismo.” (Moravia, in Comizi d’Amore, Pasolini 1964)

Perché è necessaria?

Viviamo seguendo i binari tracciati dalla tradizione e dall’educazione a noi impartita. Le rappresentazioni che costruiamo sin dalla prima infanzia circa la sessualità e l’affettività plasmano il rapporto con noi stessi e con l’altro. Tra le fonti cui attingiamo, prima tra tutti è la famiglia. Le modalità relazionali dei genitori offrono un modello concreto, insegnano come funziona – o non funziona – una relazione. Quali sono i ruoli di genere. In che misura esprimere emozioni e bisogni. Quando eludono certe domande, i genitori insegnano qualcosa. Il silenzio può comunicare disagio. Chiarire le curiosità del bambino in maniera adeguata all’età, mostra che la sessualità è un tema naturale. Contribuisce a sviluppare un atteggiamento sano verso il proprio corpo.

 

Barbara Kruger, Untitled (We Dont’t Need Another Hero), 1987. © Barbara Kruger Per gentile concessione della Mary Boone Gallery, New York

 

Inoltre, una nuova fonte ha fatto capolino: internet. I giovani sono esposti a contenuti che contribuiscono a creare immagini distorte e disfunzionali. Possiamo negare di dover fare i conti con questo cambiamento. Ma ne stiamo già pagando le conseguenze. Adescamento online, revenge porn, bodyshaming, incel, chat su Telegram e Facebook. Tutto questo rende l’intervento dei professionisti  indispensabile.

Decostruire norme e stereotipi

Educare significa sovvertire le norme che contribuiscono a perpetuare la violenza. Il problema è strutturale. Urge un rinnovamento radicale che parta proprio delle più giovani generazioni. Come? Attraverso la decostruzione di stereotipi di genere, il rovesciamento delle dinamiche di potere e delle aspettative sociali legate al ruolo. Siamo figli del nostro tempo. Nipoti di un’epoca in cui il delitto d’onore e il matrimonio riparatore erano riconosciuti dalla legge. Solo nel 1996 lo stupro, da reato contro la moralità pubblica, venne riconosciuto come reato contro la persona.

C’è chi crede che i problemi sessuali vadano considerati nella loro giusta misura, cioè di riproduzione ed esaltazione della famiglia. Ma la sfida dell’educazione consiste nel trovare un equilibrio tra cura e slancio. Educare significa da un lato accogliere, contenere, avere cura dell’altro, dall’altro incoraggiare e invitare a venire fuori (Zamengo, 2017). Solo così l’educazione sessuale e affettiva diventa una risorsa.

 

 

Federica Virecci Fana

 

 

 

Fonti:

Save the Children

Commissione Nazionale Italiana per l’UNESCO

Prevenire la violenza di genere: il ruolo dell’educazione sessuale olistica (CSE) come strumento di contrasto, Bovini e Demozzi

R. Caso, Educare alla sessualità e all’affettività nella scuola media. L’esperienza di Giovanna Righini Ricci, insegnante e scrittrice (2017). Pedagogia più Didattica.

Pluralismi: al via la quinta edizione con Cinema e Spettacolo

Il 6 Marzo avrà inizio la quinta edizione di Pluralismi – Riflessioni su corpi, politiche e rappresentazioni di genere, il ciclo di seminari sul genere promosso dall’Università di Messina.

L’inaugurazione si terrà nella sede centrale di Piazza Pugliatti (Rettorato), nell’Aula Cannizzaro alle ore 15:30.

L’apertura della nuova edizione

Il primo incontro di “Pluralismi” si aprirà con i saluti della Magnifica Rettrice dell’Università di Messina Giovanna Spatari, della Presidente del Comitato Unico di Garanzia Vittoria Calabrò, della Consulente di Fiducia Mariella Crisafulli e del direttore del Dipartimento COSPECS Carmelo Maria Porto.

A seguire, l’incontro sarà coordinato da Milena Meo, Sociologa politica e delegata per le questioni di genere (Dipartimento COSPECS), con l’introduzione di Antonia Cava, Sociologa della Comunicazione e coordinatrice CDS Magistrale in Servizio Sociale e Ricerca Sociale. Inoltre, è previsto l’intervento di Ninni Panzera, direttore artistico Messina Opera Film Festival.

Grazie alla collaborazione con il Festival Internazionale Corto di Sera, saranno proiettati alcuni cortometraggi tematici.

A concludere il primo incontro  sarà Maria Andaloro, ideatrice di Posto Occupato, campagna di sensibilizzazione sociale, virale e gratuita contro la violenza sulle donne.

 

Fonte: pluralismi.unime.it
Fonte: pluralismi.unime.it

 

Il programma di Pluralismi 2025

Il programma di Pluralismi 2025 riprende la suddivisione utilizzata negli anni precedenti in due tipologie di eventi: Seminari e Dialoghi.

I Seminari, dedicati a temi di approfondimento,  si terranno:

  • il 20 marzo con ospite Marica Spalletta, sociologa della comunicazione (Università Unilink Roma), protagonista dell’incontro Stereotipi di genere e dinamiche di potere nella serialità crime italiana. Il caso Mare Fuori;
  • il 20 maggio con ospite Cecilia Robustelli, linguista (Università di Modena e Reggio Emilia), per il seminario Gender e lingua italiana.

I Dialoghi, incentrati sulla presentazione di libri, si svolgeranno:

  • il 26 marzo con ospite Rita El Khayat per Lo schiaffo (Ed. Mediter Italia);
  •  il 3 Aprile con Edoardo Lombardi Vallauri per Le guerre per la lingua (Ed.Einaudi).

Novità dell’edizione 2025 sarà la Mostra di immagini e parole, dal titolo Ecce Mulier – Saperi, società, immagini, che si terrà presso il Dipartimento COSPECS da Aprile a Maggio.

La conclusione degli eventi è prevista per il 20 Maggio.

 

Fonte: pluralismi.unime.it
Fonte: pluralismi.unime.it

 

Rosanna Bonfiglio

 

Fonte: https://pluralismi.unime.it/

 

 

 

 

Giornata internazionale contro la violenza sulle donne e la proposta del movimento “Non una di meno”

Oggi è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
Le ricorrenze di questo tipo sono utili per grandi manifestazioni, dibattiti, servono per rendere ancora più noto alla comunità che un movimento, un insieme di persone, sempre più forte e cospicuo, c’è.

A livello internazionale oggi si discute molto dopo le denunce contro Harvey Weinstein ma le violenze e gli abusi non esistono solo sui “divani dei produttori” e nel mondo del cinema.
Ci sono in qualunque luogo di lavoro e nella privacy delle case: è ora che “i riflettori” si accendano definitivamente anche su questi luoghi.
Un movimento femminista italiano esiste: donne giovani, preparate e disposte al dialogo intergenerazionale e fra generi. Sì GENERI.
Il movimento “Non una di meno” ha prodotto, a seguito di una serie di assemblee svoltesi in tutta Italia: “Abbiamo un piano. Piano femminista contro la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere.” un documento che si apre con una considerazione sulla lingua italiana e l’utilizzo dei generi maschile e femminile.


I lettori che non sono a conoscenza di queste evoluzioni sociali si dovranno sforzare un po’ per adottare questo nuovo punto di vista che inizialmente sembrerà distante ma in realtà è molto più razionale e ragionevole degli schemi sociali e linguistici a cui siamo abituati.

“Il linguaggio non è solo un’istituzione sociale o uno strumento di comunicazione, ma anche un elemento centrale nella costruzione delle identità, individuali e collettive.
La lingua italiana è una lingua sessuata, che già dalla sua grammatica riproduce e istituisce un rigido binarismo di genere (tra nomi, pronomi e aggettivi che cambiano a seconda se maschili o femminili) e una specifica gerarchia, in cui predomina il maschile, presentato come universale e neutro.
In questo Piano abbiamo scelto di svelare la non neutralità del maschile utilizzando non solo il femminile, ma anche la@ per segnalare l’irriducibilità e la molteplicità delle nostre differenze. Consapevoli che le lingue mutano e si evolvono, proviamo a rendere il nostro linguaggio inclusivo per avere nuove parole per raccontarci e per modificare i nostri immaginari.”

Pluralismo di visioni, generazioni, luoghi fisici e quindi cultura ed esperienze.
Sono 12 capitoli articolati in proposte per superare violenze, discriminazioni in tutti gli ambiti della quotidianità, partendo dal linguaggio passando per la scuola, il lavoro e il diritto alla salute (reddito di autodeterminazione per le donne che decidono di uscire dalla violenza; investimenti sulla formazione e su percorsi di educazione nelle scuole e nelle università che mettano in discussione e superino il “binarismo di genere” e gli stereotipi di genere; eliminazione dell’obiezione di coscienza per l’interruzione volontaria di gravidanza negli ospedali pubblici; finanziamenti ai consultori per garantire l’accesso alla contraccezione, all’informazione e alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili; banca dati per monitorare le differenze di retribuzione salariale; banca dati sulle molestie nei posti di lavoro).

“Quando affermiamo che la violenza è sistemica, intendiamo dire che le sue forme di espressione sono molteplici e trasversali: toccano infatti tutti gli ambiti delle nostre vite intrecciandosi continuamente tra di loro.”.


In allegato trovate il Piano, sono 57 pagine che si leggono d’un fiato.
https://nonunadimeno.files.wordpress.com/2017/11/abbiamo_un_piano.pdf

Per gli interessati oggi alle ore 17 alla Galleria Vittorio Emanuele ci sarà un sit-in con vari interventi organizzato dalla sezione Messina di Non una di meno.
Lunedì 27 novembre alle ore 9.30 presso l’aula “L. Campagna” del Dipartimento di Scienze Politiche e Giuridiche, verrà presentato il volume “La violenza contro le donne nella storia. Contesti, linguaggi, politiche del diritto (secoli XV-XXI)” confronto organizzato dal gruppo delle Storiche delle istituzioni politiche dell’Università di Messina in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, ricordando Antonella Cocchiara.

“Girls just wanna have fun-damental rights”.

 

Arianna De Arcangelis