Ma 2020, ci sei o ci fai?

Sapete, questo è il mio primo editoriale. E un po’ come per tutte le prime volte, l’ansia e il voler fare bene ci portano spesso ad assumere colori e forme che sul momento potrebbero non rispecchiare ciò che vogliamo dire (o magari rispecchiarlo troppo bene). Mi sono domandata di cosa mai avrei potuto parlarvi e le idee (almeno quelle) pullulavano nella mia testa; alcune le appuntavo dove prima capitava, altre speravo mi rimanessero in mente, aggrappate ai neuroni con unghie e denti. A volte è capitato e a volte no.
Poi avevo finalmente deciso, ah ma la vita è imprevedibile… ti capitano cose e cambi idea, nonostante tutti i tuoi appunti e le tue bozze. E allora perché non parlare di questo? Dell’imprevedibilità.

In fondo, se non vogliamo definirlo “catastrofico”, almeno imprevedibile possiamo dirlo a questo 2020.

Buoni propositi

Ogni anno che termina speriamo che il nuovo sia migliore, riponiamo tante aspettative in un qualcosa che di certo non ci dà nulla. Eppure siamo lì a fare il conto alla rovescia, con i calici in mano, sintonizzati su RAI 1 con gli immancabili Albano e Romina che cantano “Felicità” e tutti convinti cominciamo:

10, 9, 8

Apriamo il pandoro, ci alziamo tutti in piedi.

7, 6, 5

Ci prepariamo a fare gli auguri su whatsapp a chi, per un motivo o per un altro, non è con noi allo scoccare della mezzanotte.

4, 3, 2

Scartiamo lo spumante.

1

Baci, abbracci, urla e fuochi d’artificio. E poi?

Per un anno che comincia con la minaccia di una Terza Guerra Mondiale, beh, altro che botti di capodanno!

Eppure si è aperto così: Trump -o chi per lui- uccide il generale Soilemani e ne “firma” con orgoglio l’assassinio sui social, mentre l’Iran promette vendetta.

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Fortunatamente –si spera per sempre- dopo qualche screzio senza ulteriori vittime, sembrano essersi apparentemente calmate le acque.

Ma sì, 2020, l’importante è che ci sia la salute.

Insomma, largo ai buoni propositi: quest’anno studio per tempo, non mi ridurrò all’ultimo. Farò quel viaggio che rimando da tempo. Poi la laurea: “Ah devo chiedere la tesi”, “ma il tailleur meglio rosso o nero?”.

Quanto tempo passiamo ad organizzare la nostra vita, quando in realtà è lei che organizza noi? È Lei che ci detta i tempi, le condizioni in cui viviamo spesso ci limitano e ci indirizzano. Facciamo programmi, sì, ma poi arriva il guastafeste di turno.

Come quando stai per uscire e a casa arrivano quei parenti che non sapevi nemmeno di avere. Come quando hai un giorno libero e vuoi andare al mare, ma tuoni e tempesta te lo impediscono. Come quando non ti iscrivi ad un esame perché ti servirebbe qualche giorno in più e poi scopri che li posticipano di una settimana (qui oltre al danno anche la beffa). Come quando vuoi partire, vuoi esplorare e scoprire, hai i biglietti della semifinale di Coppa per Juventus-Milan, ma un virus dalla Cina, giusto per qualche peccato di gola, arriva e ti catapulta in una prigione. Prigione d’oro (per i più fortunati), per carità, protetti dalle nostre abitazioni e con l’unico problema di dover scegliere cosa dover guardare su Netflix, ma pur sempre prigione. Protetti sì, ma limitati.

Wuhan in emergenza coronavirus. Fonte: ilmessaggero.it

Si ferma la vita, la frenesia, si fermano gli orologi e cominci a dare un senso nuovo al termine di “quotidianità”. Riscopri cose perse, probabilmente sì, ma a che prezzo?

In fondo questo fantomatico Coronavirus è in Cina, non arriverà mai qui. Eppure.

Repubblica – 23 febbraio 2020

Ma come, 2020, non c’era la salute?

Ora capisco il detto “Anno bisesto, anno funesto”. Come se già 365 giorni di sfiga non bastassero e ne servisse uno in più.

Cominci allora a sperare nel futuro (che poi è lo stesso principio dei buoni propositi). “No, ma questo periodo passerà. Ora trovano il vaccino” (a meno che non siate no-vax, in quel caso la tragedia è un’altra).

E quant’è bella la speranza? Io penso sinceramente che sia un po’ il motore di tutto.

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Non è un’utopia e chi lo pensa, pensa male. Perché utopico sarebbe auspicare in un mondo che rispecchi il nostro modo di pensare, fatto da persone che vedono allo stesso modo nostro, pur avendo occhi diversi. Questa è illusione. Ma dobbiamo essere convinti e consapevoli che l’imprevedibile può succedere, dire il contrario sarebbe negare l’assurdo presente, che, nonostante fosse stato già preannunciato dai Simpson, non era sicuramente immaginabile. Lo ha detto anche mio nonno, che di storia ne ha vissuta.

I Simpson – Fonte: repubblica.it

Potreste dirmi: “Chi di speranza vive, disperato muore” , verissimo! Bisogna anche darsi da fare.

Ma secondo me è chi uccide la speranza, che uccide l’uomo.

In fondo l’imprevedibilità è anche dietro l’angolo del futuro e se riusciamo ad affrontarlo è perché speriamo sia migliore. Che poi il futuro è un po’ uno scudo.
Quanti prima di un esame – dai più credenti ai più atei – invocano miracoli, recitano incantesimi e promettono: “la prossima volta studierò di più e non mi ridurrò all’ultimo”.
“Non rimandare al domani quello che puoi fare oggi”, “Meglio un uovo oggi, che una gallina domani”.
Ma chi li ha inventati questi proverbi? Chi mi conosce sa che io no di certo.
Il punto è che sono tutti veri per carità e tutti consiglieremmo questo a persone a noi care, ma quanto lo facciamo noi? Quanto affrontiamo le cose?
Oh beh, se non studi oggi 40 pagine (continuo con questo esempio che per noi universitari è caro ed odiato, ma ahimè, tanto comprensibile), domani ne avrai 80. Quindi che fai? Ma ovviamente nulla, rimandi. Mica è un tuo problema oggi! Ma il domani è presente. Il futuro è convenzione.

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Conoscete la legge di Murphy? «Se qualcosa può andar male, lo farà.»

Ad una prima analisi potremmo dire che si abbina perfettamente al 2020, eppure l’intento della stessa è quello di analizzare in chiave ironica tutto il negativo che il presente ci propina.

È tutto un grande assioma, ma in fondo è quello che cercavo di dire prima con l’imprevedibilità. Per quanto sia improbabile che un evento si verifichi, entro un numero elevato di occasioni, questo finirà per verificarsi con molta probabilità. Improbabile non vuol dire impossibile (non lo dico io, ma la Scienza).

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Capite perché – non la sto chiamando- dico che questo 2020 si può sempre risollevare? E se vi piacciono le figure geometriche potrebbe chiudersi il cerchio così come si è aperto: a novembre ci saranno le elezioni presidenziali in America, Trump vuole il secondo mandato… few words to the wise.

2020, io da buona ottimista, ripongo ancora fiducia in te.

Lungi da me, infatti, voler tirare le somme a poco più di metà anno, questo lo farò un minuto prima della mezzanotte del 31 dicembre; un minuto dopo avrò invece tutti i buoni propositi per il 2021.

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Claudia Di Mento

L’energia del futuro: in esclusiva per UVM il Prof. Aldo Di Carlo dalla conferenza “Innovative Materials for Future”

Durante l’evento Innovative Materials for Energy, promosso dalla Prof.ssa Giovanna D’Angelo del dipartimento MIFT dell’Università di Messina, si cerca di rispondere alla domanda “qual è l’energia del futuro?” Nella conferenza del 20/11 i relatori: la Prof.ssa Giulia Grancini ed il Prof. Aldo Di Carlo hanno mostrato un resoconto dei materiali e delle tecnologie più innovative che ci permettono di compiere un salto concreto nel futuro.

La Prof.ssa Grancini, docente del dipartimento di Chimica dell’Università di Pavia, ricorda le motivazioni che spingono la ricerca in questo campo, ovvero la necessità di trovare soluzioni alternative all’utilizzo dei combustibili fossili, considerando che i livelli di CO2 atmosferici sono fra i più alti nella storia (>400ppm nel 2019) e ciò è dovuto per oltre l’80% all’attività dell’uomo. Discute quindi le sue ricerche sull’energia solare di nuova generazione, per le quali è vincitrice del premio internazionale USERN 2019. Spiega che i moduli fotovoltaici convertono l’energia solare in energia elettrica senza alcun impatto ambientale. I suoi studi vertono in particolar modo intorno alla stabilizzazione della perovskite che, grazie al suo basso costo, alla facile processabilità e all’alta efficienza (raggiungendo picchi del 23%) si propone di rivoluzionare il campo del fotovoltaico, soppiantando il più costoso e meno efficiente silicone che ha dominato per anni questo mercato.

Minerale di perovskite

Risposte concrete, quindi, ma anche nuove sfide da affrontare, delle quali abbiamo avuto la possibilità di parlare con il Prof. Aldo Di Carlo, direttore del Polo solare organico della Regione Lazio (Chose), a Roma, e coordinatore del Laboratorio per l’energia solare avanzata, a Mosca.  

Professore, quali novità dobbiamo aspettarci nei prossimi anni dall’industria energetica?  

L’utilizzo di energia si sposterà sempre più verso il rinnovabile. Invece, sul lungo termine, un campo di studio emergente che suscita interesse è quello che si occupa della fusione tra energia e informazione. Questi due termini, apparentemente estranei e difatti per lungo tempo distanti, stanno convergendo verso il concetto di smart: smart energy, smart city. Avere informazione significa ridurre entropia e utilizzare meglio e con più efficienza l’energia. 

Quanto al rinnovabile, come può essere gestito in futuro lo stoccaggio dell’energia elettrica, elemento essenziale per l’accumulo di energia ottenuta da fonti rinnovabili? 

L’immagazzinamento dell’energia è un problema importante, perché le attuali soluzioni sono parziali e lo storage elettrochimico limitato non riesce a rispondere a tutte le esigenze. Tuttavia si stanno sviluppando grandi progetti: lo stoccaggio industriale attraverso l’idrogeno è fra i più promettenti.  

Inoltre l’energia rinnovabile è pervasiva: con una migliore efficienza energetica (come la si ottiene col perovskite) e una introduzione capillare del rinnovabile, anche una centralizzazione dello stoccaggio potrebbe essere qualcosa di cui fare a meno. Sicuramente è un progetto a lungo termine, ma ancora una volta la chiave potrebbe essere la digital energy, ovvero l’integrazione di energia e informazione: è questo il concetto emergente che diventerà veramente importante. 

La Digital Energy promette massima efficienza grazie alla gestione dei dati

In una società dominata dalla logica del profitto, con le agenzie dei combustibili fossili che non vogliono abbandonare questo mercato e adeguarsi alle policies del rinnovabile, considerata anche la sempre più stringente minaccia del global warming, come possiamo favorire la transizione all’utilizzo del rinnovabile? 

Il cambiamento climatico antropogenico è un dato di fatto di cui si sta acquisendo sempre più coscienza. Noi osserviamo una cosa: il mondo dell’informazione (ICT) si muove velocemente e tende a produrre efficienza. Invece le modifiche nel campo energetico avvengono con tempi biblici. Nel momento in cui Energia entrerà in ICT, il cambiamento diventerà veloce e potrà avvenire la transizione di cui parli. Ad ogni modo le società stanno già facendo forti investimenti per non perdere terreno nel campo delle rinnovabili, ma tale transizione sarà graduale soprattutto perché ancora non abbiamo delle densità di energia tali da rendere il rinnovabile indipendente dalle altre forme di energia. Per accelerare questo processo è necessario un breakthrough che deve venire dai giovani. 

Proprio riguardo i giovani, cosa si sente di dire alla nuova generazione di scienziati che si affacciano per la prima volta al mondo della ricerca per motivarli?  

Il futuro del mondo dipende dai giovani: solo da loro possono giungere nuove soluzioni. D’altronde Galois apportò la sua innovazione alla matematica ancora adolescente. Sono loro che fanno la differenza, e in questo momento storico serve un disruptive breakthrough che dipende solo dai giovani sia per la coscienza che hanno sviluppato (vedasi il fenomeno Greta) sia per la creatività e l’innovazione che possono apportare alle attuali tecnologie. 

Mattia Porcino

Giovani e futuro: politiche giovanili, sviluppo del territorio e rinascimento del sistema universitario

Giorno 7 Marzo 2019 alle ore 10:00 si terrà, presso i locali dell’Accademia Peloritana dei Pericolanti dell’Università degli Studi di Messina, il convegno “Giovani e futuro: politiche giovanili, sviluppo del territorio e rinascimento del sistema universitario”.

Ad introdurre i lavori sarà Andrea Celi, Senatore Accademico dell’Ateneo Peloritano; seguiranno i saluti istituzionali del Magnifico Rettore, Prof. Salvatore Cuzzocrea e del Direttore del dipartimento di Giurisprudenza, Prof. Francesco Astone. 

I relatori del convegno saranno Calogero Leanza, dottore in Giurisprudenza, Davide Blandina, associato del gruppo “Giovani Imprenditori” e Dario Milone, team leader del gruppo “SIC – Stretto in Carena”.

Modererà gli interventi Vittorio Tumeo, giovane giornalista e studente del dipartimento di Giurisprudenza.

“Fleming”: un messinese nella lotta all’antibiotico-resistenza

Paolo Pino, 23enne messinese doc, ex archimedino, Dottore in Ingegneria industriale presso UNIME e specializzando in Ingegneria dei materiali presso il Politecnico di Torino, è l’ideatore di Fleming, una nuova piattaforma che ha tutte le carte in regola per diventare uno strumento indispensabile per il mondo sajnitario del futuro. Noi di UniVersoMe lo abbiamo intervistato, spinti a capire quanto Fleming potrà essere utile.

Paolo, puoi spiegarci cos’è “Fleming”?

“Partiamo da alcuni dati allarmanti: gli antibiotici stanno perdendo di efficacia a un ritmo esponenziale. Questo costa al mondo 700 mila vite ogni anno, ed entro il 2050 potrebbero diventare 10 milioni.
Fleming vuole essere uno strumento moderno nel contrasto di questa minaccia. Si tratta di una piattaforma informatica in grado di assistere tutti gli attori in gioco a diversi livelli. Si parte dagli ospedali, dando ai medici gli strumenti per coordinarsi e monitorare in tempo reale l’evoluzione della popolazione batterica locale, delle resistenze, delle malattie e del consumo di antibiotici, ottimizzando tempi e risultati delle terapie.

A questo punto, i dati dai singoli presidi confluiscono in un processo avanzato di trattamento dei dati in grado di ricostruire una mappa dettagliata del fenomeno e di distribuire informazione a governi e industrie farmaceutiche, consentendo loro di orientare al meglio interventi e risorse cruciali. Con Fleming pensiamo di poter raggiungere un livello di flessibilità e scalabilità del tutto nuovo, e di farlo mentre tutte le parti in gioco ne traggono vantaggio.”

La questione della resistenza agli antibiotici sarà tra le emergenze del 21° secolo, questa idea sembra essere la risposta alle necessità di un’era in cui la digitalizzazione può davvero fare la differenza tra la vita e la morte. Come e quando nasce questo progetto?

“L’idea è nata in occasione della European Innovation Academy, una scuola internazionale dedicata all’imprenditoria e all’innovazione durante la quale team di studenti da tutto il mondo lavorano per tre settimane allo sviluppo accelerato di nuove idee, sotto la guida di mentori ed esperti che vengono da Google, da Berkley, dalla Silicon Valley, e così via. Quando ho scoperto che avrei avuto un’opportunità così grande, mi sono detto che avrei dovuto sfruttarla per fare qualcosa di buono. Per la mia tesi al Politecnico sto studiando delle nanotecnologie che possano assistere – e in futuro, magari, sostituire – gli antibiotici nell’eradicazione dei batteri resistenti. E così ho proposto Fleming, e un team fantastico si è formato intorno a questa idea. La squadra è composta da due ingegneri informatici, Callum e Marina, che vengono dall’Australia e dalla Macedonia, da Aniket, un bioingegnere della Virginia Commonwealth University, e da Mallory, un’economista texana. Siamo molto affiatati e sin da subito ho messo in chiaro una cosa fondamentale: si dice arancino e non arancina.

Paolo nell’atto di “sicilianizzare” il team.

Sicilianizzare il team fa di te un vero “buddace in missione”, complimenti! Tornando a Fleming, perché sarà utile soprattutto ai medici di domani?

“I medici di domani vivranno in un mondo a iperdigitalizzato, in cui Big Data, intelligenze artificiali e tecnologie avanzate acquisiranno un ruolo centrale nell’evoluzione delle civiltà. In questa prospettiva, i medici capaci di cogliere la portata e le potenzialità di questi strumenti saranno gli artefici di un contributo rivoluzionario alla salute dell’uomo. Gli studenti che conosciamo hanno sempre dimostrato una spiccatissima sensibilità e una grande apertura nei confronti di questi temi, quindi siamo molto fiduciosi.”

Da studente di medicina posso confermarti quanto dici. Quali sono i prossimi step di evoluzione e promozione di questa piattaforma?

“Qui alla scuola ci ripetono sempre: “Build, measure, learn, repeat”: ci aspetta un susseguirsi di fasi di progettazione, sperimentazione e miglioramento del prodotto, da condurre sulla base di una continua interlocuzione con gli utenti finali. Abbiamo avuto un primo feedback positivo all’ospedale Regina Margherita, qui a Torino, e una clinica in Brasile ha mostrato interesse per l’idea, ma ovviamente c’è ancora molto lavoro da fare.”

Come possiamo noi, oggi, contribuire alla crescita di Fleming?

“Attualmente sarebbe per noi di grandissimo aiuto poter lavorare con medici e studenti per raccogliere suggerimenti e opinioni e per testare i prototipi. Un’iniziativa del genere non può prescindere dalla collaborazione con gli esperti del settore.
In più abbiamo una piccola pagina su internet che è la nostra prima interfaccia con il pubblico, e attraverso la quale raccogliamo i contatti degli interessati per coinvolgerli ed informarli sugli sviluppi.”

Il mio sogno è che Messina possa essere tra i pionieri del progetto!
Per finire, Antonio, consentimi di ringraziare te e UniVersoMe per il tempo e l’attenzione dedicateci. Non solo questo ci entusiasma e ci incoraggia, ma mi fa anche sentire il calore di casa. Grazie a nome mio e di tutto il team Fleming.

Grazie a te Paolo, e a tutti gli altri ragazzi che, come te, rappresentano un vanto per la città e il Sud Italia in generale. Ci aiutate a credere più fortemente nei nostri sogni, nelle nostre capacità, nella nostra “identità meridionale”, troppo spesso denigrata da pregiudizi che la fanno vacillare. Abbiamo bisogno di voi.

Antonio Nuccio