Poesie dai confini del mondo. Il soggiorno a Messina di Friedrich Nietzsche

“Alla fine del mese vado alla fine del mondo: se lei sapesse dov’è!”.

Sono queste le parole del filosofo e scrittore Friedrich Nietzsche nella sua missiva dell’ 11 marzo 1882 indirizzata all’amico musicista Paul Gast, in cui annunciava il suo prossimo viaggio verso la terra alla “fine del mondo”, in Sicilia, nella nostra bellissima città di Messina.

Il filoso di Röcken, tormentato dal Föhn (l’afoso vento tedesco), aveva dall’anno precedente intrapreso un viaggio in Italia, alla ricerca di un clima più favorevole alle sue condizioni di salute.

Dopo un lungo soggiorno della durata di sei mesi sulla costa ligure, partì alla volta della città dello Stretto. Un arrivo in sordina quello di Nietzsche: salpato da Genova a bordo di un veliero, toccò le sponde messinesi il 31 marzo 1882 e, battuto dal mal di mare, venne portato in barella fino al suo albergo, nei pressi di Piazza Duomo.

Ma cosa spinse il filoso del “Superuomo” ad andare a Messina?

La citta dello Stretto in un’antica rappresentazione – Fonte: letteraemme.it

Teorie sulle motivazioni del viaggio a Messina

Sappiamo per certo che non si trattò di un colpo di testa, ma di un progetto che lo portò fino in Sicilia, insieme alla possibilità di restarci per qualche anno. Un insieme di eventi conducono a diverse ipotesi.

Ad esempio Koelher nel suo “Nietzsche. Il segreto di Zarathustra” ipotizza una possibile motivazione nella presenza a Taormina del barone Von Gloeden (fotografo tedesco), che in quegli anni stava attuando una propaganda artistica attraverso il concetto di bellezza, espressa dai giovinetti siciliani in pose antico-greche.

Un’altra valida motivazione è che Nietzsche fu spinto dall’amore per Goethe, che nella sua visita a Messina e a Taormina trovò l’ispirazione per la sua “Nausicaa”. Nietzsche aveva di certo letto il “Viaggio in Italia” del suo connazionale, al punto da rimanerne colpito. Qualche tempo prima aveva scritto all’amico Gast:

“Sempre mi aleggia intorno la Nausicaa”.

Un altro avvenimento non meno rilevante fu la presenza in Sicilia dell’ormai ex amico Richard Wagner, che aveva passato l’inverno a Palermo a comporre il Parsifal; il suo arrivo a Messina fu annunciato in pompa magna. È quindi del tutto improbabile che il filosofo non sapesse della visita del Wagner; di un eventuale incontro tra i due, però, non si sa nulla.

Wagner e Nietzsche – Fonte: messina.gazzettadelsud.it

Il mistero messinese

La permanenza in incognito di Nietzsche a Messina fu contornata da un alone di mistero talmente fitto da far arrossire gli stessi biografi del filosofo.

Una cosa è certa: Nietzsche ha amato Messina tanto quanto Messina ha amato il suo illustre ospite, come egli stesso ha raccontato agli amici Gast e Overbeck:

“I miei nuovi concittadini mi viziano e mi corrompono nel più amabile dei modi”.

In particolare, a Overbeck scrive che i messinesi sono amabili e premurosi al punto che gli sfiora l’idea che qualcuno possa averlo preceduto in Sicilia allo scopo di “comprarmi i favori di questa gente”.

Un soggiorno breve ma altamente proficuo, perché proprio nella città dello Stretto il filosofo completò gli “Idilli di Messina” e iniziò la stesura de “La Gaia Scienza”.

Solo dopo poco più di due settimane, il 20 aprile 1882, il filosofo fece rotta verso la “città eterna”, dove ad attenderlo c’erano l’amico Paul Rée e l’affascinante femme fatale Lou von Salomé (l’eterno amore di Nietzsche).

Friedrich Nietzsche – Fonte: gazzettadelsud.it

Gli “Idilli di Messina

Gli “Idilli di Messina” rappresentano un unicum all’interno della molteplice produzione filosofico-letteraria di Friedrich Nietzsche, in quanto unica opera prettamente poetica, pubblicata nel maggio 1882 sulla rivista «Internationale Monatsschrift» qualche mese dopo la sua composizione.

Una forma modificata e composta da sei di questi componimenti farà successivamente da appendice per la seconda edizione de “La Gaia Scienza” (1887).

Gli idilli nascono dall’impossibilità di rappresentare una singola immagine e al suo interno fissare gli stadi dell’incessante accadere.

“Ho la meta e il porto obliato,

Di tema e lode e pena sono immemore:

Ora io seguo ogni uccello nel volo.”

(da “Principe Vogelfrei”)

 

Le poesie seguono un percorso crescente ricco di continui rimandi alla differenza tra essere e divenire, tematiche che il filosofo affronterà in seguito. L’essere che ha la funzione di stato sincronico che può essere colto, si scontra con il divenire che non ha le sembianze di un flusso di coscienza distruttivo (tipico della filosofia nietzscheana), ma di un progetto, scelto e portato avanti, quello dell’oziosa incoerenza del divenire stesso.

Un progetto tale da portare la stabilità dell’essere nel divenire, quello stesso essere staccato da ogni continuazione della personalità. Da qui nasce l’espediente poetico, dove, tolta la devastante e prepotente filosofia nichilista, non resta che un puro gioco letterario piacevole e spensierato che traspare limpidamente nella lirica.

“E le sillabe, in questo verseggiare,

Saltellavano, oplà, l’una sull’altra,

Così che scoppiai a ridere d’un tratto

E risi per un quarto d’ora.”

(da “Giudizio d’uccello”)

 

In particolare, nel “Canto del capraio”, il testo viene modellato da versi ironici e indolenti, da cui traspaiono tutte le impressioni del soggiorno nell’estremo Meridione.

Copertina de “La Gaia Scienza” e gli “Idilli di Messina” – Fonte: maremagnum.com

 

Gaetano Aspa

 

Articolo pubblicato sull’inserto “Noi Magazine” della “Gazzetta del Sud” in data 17/02/2022

Le applicazioni di CRISPR Cas9, Nobel per la Chimica 2020

Il Nobel per la Chimica quest’anno è stato “vinto a parimerito” dalla chimica americana Jennifer A. Doudna e dalla biochimica francese Emmanuelle Charpentier. 

Il metodo di modificazione del DNA da loro scoperto è attualmente, nelle sue nuove varianti, il più preciso conosciuto. Le applicazioni di CRISPR Cas9 provengono da scienziati di tutto il mondo, per esperimenti che spaziano dalla medicina, all’agroalimentare e alle energie pulite. 

Qualche esempio in ambito zootecnico-alimentare 

Partendo dall’ambito non medico, grazie alle applicazioni di CRISPR Cas9 è possibile realizzare degli OGM con una precisione ed efficienza mai viste prima: 

  • Mais geneticamente modificato per produrre delle colle (evitando l’uso di idrocarburi o altre sostanze particolarmente tossiche per l’uomo e per l’ambiente)
  • La pianta erbacea Setaria viridis modificata per produrre biocarburante (che fa si che si che la CO2 prodotta sia stata prima sottratta all’ambiente, dalla fotosintesi delle piante modificate)
  • La Camelina sativa modificata per produrre notevoli quantità di omega3, noti protettori cardiovascolari (1)
  • Produzione di alimenti con più alto valore nutritivo per riuscire a nutrire più persone, risparmiando risorse in termini di acqua, disboscamento ed energia, aiutando i Paesi poveri con alimenti “supernutrienti”. Un esempio è il golden rice, un riso ricco di Beta carotene, vitamina essenziale per la vista (2) 
Crediti immagine: Wikipedia

Prima per realizzare simili modifiche occorrevano anni e milioni di dollari. Ad esempio bisognava infettare le piante con virus o batteri vettori che comunque avevano poca efficienza, dovuta ai precedenti metodi come ZFNTALENs. 

Un esempio di una possibile futura applicazione, stavolta quasi fantascientifica, potrebbe essere il “Riportare in vita” delle specie estinte, come i Mammutprendendo il DNA dai fossili ed inserendolo in cellule dei loro più vicini discendenti, gli elefanti. (3)

Crediti immagine: Focus

Insomma, le applicazioni sono pressoché illimitate. 

In ambito medico abbiamo già diversi esempi di applicazioni di CRISPR Cas9

Nel 2018 in Europa è iniziato un trial clinico per la cura della Beta Talassemia, malattia che richiede a chi ne è affetto trasfusioni di sangue continue. Essa è causata da un difetto dell’emoglobina contenuta nei globuli rossi. 

Tramite CRISPR Cas9, prendendo le cellule staminali del sangue dei pazienti malati, è possibile correggere il loro difetto genetico (produzione dell’emoglobina anomala), quindi reinserirle nel corpo del paziente e una volta moltiplicatesi, esse andranno a produrre globuli rossi perfettamente funzionanti. (4)

Crediti immagine: genomeup

In Cina ed in altri Paesi sono in corso studi per la cura dell’HIV. Nonostante infatti venga tenuta a bada dalle terapie antiretrovirali, rimane latente nel corpo dei sieropositivi in quanto il virus riesce ad integrarsi nel DNA del soggetto malato. Con CRISPR Cas9 gli scienziati cinesi sono riusciti ad eliminare totalmente il virus dal corpo dei ratti di laboratorio infettati con HIV. 

Insomma, con CRISPR Cas9 qualunque patologia apparentemente incurabile sembra risolvibile. Infatti, tra le altre applicazioni future ci potrebbero essere: 

  • Corea di Huntington
  • Leucemia Mieloide Acuta 
  • Emofilia
  • Sarcoma di Ewing 
  • Distrofia muscolare 
  • Vari tipi di tumori (5)

E molte altre patologie, se si riconoscerà il gene difettoso e quindi si capirà cosa andare a “correggere”. 

Il problema etico 

Nel 2018, in Cina, due gemelle, Lulu e Nana, sono nate immuni all’HIV. Gli scienziati cinesi hanno modificato il loro DNA quando ancora erano degli embrioni, rimuovendo il recettore CCR5 dai loro globuli bianchi, recettore usato dal virus per infettare le cellule.  (6)

Crediti immagine: scienza fanpage

Sembra un traguardo sensazionale ma, in primis, nessuno sa quali svantaggi comporterà in queste bambine la mancanza di tale recettore. Esso è infatti importante per i segnali con cui comunicano le cellule, come le interleuchine, il TNF ecc. Mancando, potrebbe sì proibire alle bambine di ammalarsi di HIV, ma al contempo potrebbe scatenare in loro nuove patologie sconosciute. 

In secondo luogo, modificare fin dalla nascita un essere vivente perché non si ammali di una eventuale patologia, significa avvicinarsi pericolosamente al concetto di Eugenetica. A nascere e meritare la vita sarebbero solo gli individui geneticamente perfetti, facendo perdere da un lato l’eterogeneità della razza umana, importantissima sia in quanto tale, che per scongiurare un’estinzione della specie. Ad esempio, potrebbe nascere una malattia che attacca solamente gli “esseri perfetti”, che invece risparmia quelli con qualche difetto.

Senza dimenticare che le bambine non hanno chiesto di nascere con quella mutazione, che fintanto frutto del caso sarebbe “accettabile”, ma se provocata artificialmente pone un interrogativo: chi ha il diritto di decidere come dovrai nascere? 

Magari oggi si inizia dall’evitare il contagio dell’HIV, per finire un giorno, in un futuro distopico, ad avere solamente soggetti con occhi verdi, o soggetti alti più di una determinata altezza. 

Fortunatamente la comunità scientifica internazionale ha aspramente criticato tale comportamento, prendendone le distanze. 

Conclusioni

Il traguardo tecnologico raggiunto nell’editing genomico con questa scoperta ha fatto sì che il Nobel per le scienziate Jennifer A. Doudna e Emmanuelle Charpentier sia arrivato molto in fretta, più che meritatamente. Di solito, infatti, passano anche decine di anni per l’assegnazione del premio. 

Ben presto, una volta che i trial clinici già in atto e quelli futuri dimostreranno come migliorare la tecnica per evitare quei pochi effetti indesiderati, qualunque patologia genetica conosciuta sarà curabile. Con un po’ di ingegno, si potranno curare anche patologie come i tumori, magari modificando il sistema immunitario in modo che possa riconoscerli e attaccarli selettivamente (tecnica già in sperimentazione chiamata CAR-T). 

Si potranno realizzare OGM sempre più efficienti che aiuteranno sia l’umanità che la natura, cercando di risparmiare risorse o salvare specie in pericolo. 

Un grande grazie andrebbe urlato dal mondo intero a queste scienziate, donatrici di un nuovo potentissimo strumento nelle mani dell’umanità.
Starà a noi, come del resto vale per qualunque potente mezzo tecnico-scientifico, deciderne l’uso ed evitarne l’abuso.

 

Roberto Palazzolo

 

(1) https://www.lescienze.it/news/2018/01/16/news/crispr_genetica_piante_migliorate_ogm-3822923/

(2) https://www.lescienze.it/news/2020/03/17/news/il_nuovo_golden_rice_dell_era_crispr-4698594/

(3) https://www.focus.it/ambiente/animali/editing-genetico-per-creare-un-mammut-ibrido

(4) https://www.osservatoriomalattierare.it/malattie-rare/talassemia/13892-beta-talassemia-avviata-in-europa-la-prima-sperimentazione-clinica-con-crispr

(5) https://www.osservatoriomalattierare.it/malattie-rare/talassemia/13892-beta-talassemia-avviata-in-europa-la-prima-sperimentazione-clinica-con-crispr

(6) https://www.dday.it/redazione/33319/bambine-geneticamente-modificate-hiv-ricerca-mit

 

AUT AUT (1843) di Sören Kierkegaard

La vita etica e la vita estetica secondo Kierkegaard. Voto UvM: 4/5

 

 

Aut Aut, del filosofo Sören Kierkegaard, considerato il padre dell’esistenzialismo, si presenta come una lettera dal tono informale in cui un personaggio fittizio, Wilhelm, che incarna la figura del bravo lavoratore e padre di famiglia, illustra al suo amico i vantaggi della vita etica, improntata all’assunzione della responsabilità e al rispetto del dovere, su quella estetica, incentrata sulla fuga dalla noia e sulla ricerca del godimento.

«Cosa vuol dire vivere esteticamente e cosa vuol dire vivere eticamente?»

Estetica è indifferenza, essere tutto e niente, et et in base alle contingenze del momento, signore assoluto nella vita del Don Giovanni; è un continuo vestire e svestire molteplici maschere in un vorticoso carnevale in cui ci si nasconde persino a sé stessi.

 

 

Etica invece è quello stile di vita che ha il coraggio, l’energia e la serietà di porre l’assolutezza della scelta. Aut aut. O questo o quello. Non et et.

Γνῶθι σαυτόν, conosci te stesso, recita appunto il detto delfico accolto da Socrate di cui l’autore si proclama erede, esponente come lui di una filosofia che sia capace di tornare per strada, sandali ai piedi, a interrogare nuovamente non lo Spirito, la Sostanza, l’Idea eterna, ma l’individuo, il singolo uomo.

 

 

Diventa te stessopartorisci te stesso dice inveceKierkegaard perché «[…] la più ricca personalità non è nulla prima di aver scelto sé stessa […].»

Attraverso una serie di temi tipici della filosofia kierkegaardiana, tra cui spicca la disperazione e una dialettica che si gioca sui termini momento/continuità, eccezione/ regola, casualità/universalità, infinità/ finito, eterno/temporalità , il filosofo sarà in grado di ribaltare tutti i miti e i cardini del vivere estetico, primo su tutti quello dell’eroe, l’uomo al di fuori d’ogni norma, l’eccezione.

«Uno può conquistare regni e paesi senza essere un eroe, un altro invece nel signoreggiare il suo carattere può rivelarsi un eroe […] Ciò che importa è il modo in cui agisce» ed ancora «Il vero uomo eccezionale è il vero uomo comune».

Se Aut aut si distingue nettamente da altre opere filosofiche coeve, è perché il problema che tratta è di urgenza esistenziale e non esclusivamente speculativa.

A Kierkegaard non interessa costruire un sistema.

Il suo pensiero, ancor prima di quello di Nietzsche, è reazione antihegeliana per eccellenza in quanto si pone intenzionalmente il più lontano possibile dalla pura e astratta teoresi, dalla ricerca metafisica del principio infinito e più prossimo alla vita concreta, all’esistenza determinata dell’individuo in quanto persona.

Non a caso la scrittura stessa non ha niente della classica prosa scientifico-filosofica.

Aut aut è invece una lettera ricca di metafore ed esempi di vita quotidiana e non, un’opera scorrevole che non suona ostica nemmeno ad un lettore della contemporaneità se non su alcuni punti.

Che dire infatti dell’esaltazione del matrimonio come necessaria tappa in cui si attua l’ideale del vivere etico? E della condanna di qualsiasi altro tipo di legame o sentimento amoroso che non si inquadri nei rigidi contorni di questo?

Appare invece di una democraticità quasi moderna la concezione etica che valorizza ogni uomo in quanto dotato di un particolare talento e capace di realizzare sé stesso attraverso il lavoro – «L’etica […] dice: ogni uomo ha un mestiere» – in opposizione alla visione aristocratica dell’esteta che gioca sul contrasto svilente individuo eccezionale/massa.

Spicca inoltre per bellezza e poesia la rappresentazione della donna come ancora di salvezza, come colei che è capace di riconciliare l’uomo al finito, alla temporalità e alla vita vera.

Angelica Rocca

Inaugurazione anno accademico Accademia Peloritana: ospite d’onore il Professor Massimo Cacciari

Mercoledì 27 marzo, alle ore 17, nell’Aula Magna del Rettorato, si svolgerà la Cerimonia di inaugurazione del 290° Anno Accademico dell’Accademia Peloritana dei Pericolanti.
Prima celebrazione in assoluto organizzata dall’Accademia per dare inizio alle proprie attività.
Per l’occasione, ospite d’onore della manifestazione sarà il prof. Massimo Cacciari, il quale terrà una Lectio inauguralis intitolata “L’Europa necessaria”.

Il professor Cacciari , tra i più rilevanti e influenti filosofi europei, è ordinario di Estetica presso l’Università IUAV di Venezia a partire dal 1985,  è stato Direttore del Dipartimento di Filosofia dell’Accademia di Architettura di Lugano (1998-2005). Nel 2002 ha fondato la Facoltà di Filosofia presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, presso il quale – dal 2012 – è professore emerito di Filosofia.
Particolarmente florida è la sua attività politica: è stato parlamentare della Repubblica durante la VII e l’VIII Legislatura (1976-1983) e Sindaco di Venezia per due mandati (1993-2000 e 2005-2010).
Numerosi e prestigiosi sono invece i riconoscimenti a lui conferiti , tra questi: il Premio Hannah Arendt per la filosofia politica (1999), il Premio dell’Accademia di Darmstadt (2002), la Medaglia d’oro del Circulo de bellas Artes di Madrid (2005), la Medaglia d’oro “Pio Manzù” del Presidente della Repubblica Italiana (2008), il Premio De Sanctis per la saggistica (2009), le Lauree honoris causain Architettura dell’Università di Genova (2002), in Scienze politiche dell’Università di Bucarest (2007) e in Filologia, Letteratura e Tradizione Classicadell’Alma Mater Studiorm – Università di Bologna (2014).

Il pensiero filosofico del professor Cacciari è caratterizzato da una straordinaria capacità di muoversi in ambiti disciplinari diversi, dalla Letteratura all’Arte, alla Musica, alla Teologia, e di scandagliare i diversi periodi storici della millenaria civiltà europea, dalle origini greche e romane, profondamente permeate dalle tre religioni del Libro, al Medioevo latino, prima grande sintesi di cultura europea, fino alla Modernità e all’età contemporanea, è inoltre appassionato studioso del pensiero tedesco e mitteleuropeo del Novecento, per la comprensione del quale ha dato un contributo di fondamentale importanza, Massimo Cacciari ha fatto più in generale dell’Europa, delle sue molteplici matrici culturali e del suo destino, il tema costante della sua interrogazione.

Premio Nobel per la Fisica 2007 ospite dell’Ateneo: intervista ad Albert Fert

 

Stamattina l’Università di Messina ha avuto l’onore di poter ospitare il Premio Nobel per la Fisica 2007 Albert Fert. Presso l’Aula Magna del Rettorato ha tenuto una Lectio magistralis, intitolata “Il percorso dalle scienze teoriche all’innovazione ” nell’ambito del convegno “Spintronics and Robotic at Unime”. Subito dopo è stato nominato Socio onorario dall’Accademia Peloritana dei Pericolanti.

Il premio gli fu insignito in seguito alle sue ricerche nell’ambito del rapporto tra campi elettromagnetici e resistenze elettriche. Fu così che scoprì la “magnetoresistenza gigante”, il fenomeno fisico che è alla base del funzionamento degli attuali hard disk e che ha permesso al mondo dell’informatica e dell’ingegneria di passare dai mastodontici calcolatori agli attuali micro dispositivi, dai laptop agli smartphone, dalla Playstation all’iPod. Inoltre, la magnetoresistenza gigante, è alla base della spintronica, una nuova branca della fisica che sarà capace, prima di quanto si immagini, di diminuire ulteriormente le dimensioni dei dispositivi ed aumentare esponenzialmente la quantità e velocità delle informazioni.

Noi di UniVersoMe, prima della lectio magistralis, abbiamo avuto l’opportunità di fare qualche domanda con il Prof. Fert che, seppur i tempi fossero molto ristretti, si è mostrato disponibilissimo e di una simpatia contagiosa.

A volte noi studenti universitari temiamo l’ambito della ricerca, lo immaginiamo come qualcosa di troppo difficile, di accessibile solo a pochi. Cosa consiglia ai giovani che vogliono diventare ricercatori? E quali sono le qualità che un buon ricercatore dovrebbe possedere per fare la differenza?

In realtà la ricerca è più facile di quello che pensate. Anche durante un PhD potrete scoprire come semplici esperimenti ed i relativi risultati possono alla fine risolvere qualche problema e conducono a nuove strade e così via. E’ sufficiente condurre esperimenti in modo accurato e dare fiducia alla propria immaginazione. L’immaginazione è la chiave di tutto, non devi seguire una sola via, ma vederne altre dove andare.

Immagini di poter tornare indietro nel tempo e di incontrare se stesso: cosa direbbe al ventenne Albert Fert? Quali consigli?

Beh cosa potrei dirgli…<<Albert, non sei fortemente motivato per la ricerca, ma riuscirai meglio di quanto pensi!>> (ride). Non credo gli direi <<vincerai il premio Nobel!>>, ma gli consiglierei di credere di più nelle sue capacità.

Il rapporto tra l’uomo e la scienza sta diventando sempre più conflittuale giorno dopo giorno: per esempio in Italia imperversa il dibattito sull’utilità dei vaccini, in quanto gran parte dei cittadini non ha fiducia nella medicina. Secondo lei ciò costituisce un problema? Se sì, come i ricercatori possono fronteggiarlo? 

Questo rientra in un problema più generale, che è quello delle fake news. Ora, con la possibilità di una comunicazione massiva, è facile propagare idee piuttosto strane di scienza, politica, praticamente qualsiasi ambito. Se prima, per poter diffondere una notizia, bisognava sottoporla al vaglio di vari controlli sull’attendibilità, ora chiunque può dire ciò che vuole e raggiungere un gran numero di persone. Riportare un controllo su ciò che viene propagato non è un problema solo dei ricercatori, ma di tutta la società.

Leggendo la sua biografia mi ha molto colpito la varietà dei suoi interessi nati nel periodo degli studi a Parigi: l’arte, la musica jazz, la filosofia, il cinema, la letteratura…

Si si, è stato un bel periodo! (ride)

Quanto l’ambiente della Scuola Normale Superiore e quello di Parigi ha influenzato la sua vita da uomo e da ricercatore?

I miei sei anni alla Ecole Normale Supérieure, tra i 19 ed i 24 anni, sono stati molto intensi. La ricchezza della mia vita nel campus era data da un contatto costante con studenti che studiavano di tante altre discipline, dalle scienze alla filosofia appunto. Inoltre Parigi ci offriva tanti stimoli con i suoi musei, il cinema, i jazz club. Mi sono formato a 360 gradi.

Antonio Nuccio

Messina da Leggere: la Città come parco letterario

 

 

In quanto porta della Sicilia, Messina, nei suoi quasi tremila anni di storia, è stata porto per antonomasia di flussi commerciali e culturali.

Poiché l’arte, evolutasi di pari passo con il progresso della società umana, è stata, spesso, ambasciatrice e voce espressiva del patrimonio culturale delle varie etnie succedutesi come dominatrici ed anima della nostra isola, questa rubrica vuole ripercorrere e rivalutare, attraverso l’indagine nel vasto mondo della letteratura, i luoghi della nostra città che quotidianamente appaiono abituali, talvolta anonimi allo sguardo del messinese, ma che, al contrario, proprio dietro il loro silenzio, nascondono una storia narrata dalla penna dei più grandi autori della nostra cultura di tutti i tempi.

Cercheremo, in questo modo, di ripresentare Messina come “parco letterario”, secondo l’idea che fu di Stanislao Nievo, il quale nel 1992, forgiò questo termine per indicare tutti quei luoghi che hanno ispirato un autore nella produzione di opere letterarie.

Il concetto di “parco letterario” si contrappone nettamente al pensiero disfattista e pessimista che spoglia Messina di ogni bellezza ed interesse. Per dare al lettore un’idea di cosa si intende per “parco letterario”, basti pensare alla fortuna che la città di Messina può vantare quotidianamente nell’affacciarsi sullo Stretto di Messina: proprio tra i due lembi di Sicilia e Calabria separati da una striscia di mare, l’aedo Omero narrò dei due famigerati mostri Scilla e Cariddi,  famelici divoratori di navi e marinai, tra le cui grinfie passò la ciurma dell’impavido Ulisse. Quello stesso scenario ritorna nei ricordi successivi di un turista Edmondo De Amicis che, nel 1866, scrisse nel suo diario di viaggio della: “La bella Messina, privilegiata d’una delle più favorevoli situazioni geografiche del mondo, dove due mari si congiungono (…)” – tracciando dei messinesi un profilo dettagliato degno di riguardo.

La dolce penna di De Amicis, testimone della precoce ripresa della città dal terribile terremoto che la rase al suolo nel 1783, segue proprio l’apocalittica cronaca del disastro sismico riportata da un altro grande padre della letteratura europea quale Wolfgang Goethe. Di una Messina che non esiste più ci parlano, ancora, le annotazioni del professor Giovanni Pascoli, il quale nel 1898, dal balcone della propria abitazione in Piazza Risorgimento (l’odierna Piazza Don Fano), scrisse della veduta attraverso la finestra di Palazzo Sturiale: “Si vede il forte Gonzaga sui monti…dall’altra finestra il mare, su l’Aspromonte…” , tessendo gli elogi della straordinaria natura geografica di Messina e del suo porto, che definì “il più bel porto del mondo” ; e fu proprio da quella posizione che, qualche decennio prima, il filosofo Friedrich Nietzsche, dalla stiva di una nave proveniente dal continente italiano, scrisse piccoli componimenti noti come “Idilli di Messina”. Benché i poemetti del filosofo non rechino alcun riferimento alla città, il lettore potrà rivivere senz’altro l’animo di Nietzsche recitando i brevi ed eccentrici versi davanti una cortina del porto che, a causa del sisma del 1908, non presenta più i caratteri che il pensatore poté ammirare dal ponte della nave. Allo stesso modo quei ricordi dell’allora elegante porto di Messina sormontato dalla raffinata e monumentale Palazzata, permangono nei diari di altri grandi intellettuali e scrittori che visitarono la nostra città, i quali le riconobbero un carattere cosmopolita del tutto unico rispetto agli altri capoluoghi siciliani, prerogativa che non intaccò mai lo stereotipo del messinese generoso, polemico e chiacchierone, tipicamente siciliano.

L’elevata considerazione di Messina da parte dei grandi intellettuali ed artisti della nostra storia, è dimostrata dalle cronache che ricordano un Richard Wagner e signora passeggiare frequentemente presso la piazza del Teatro Vittorio Emanuele; sempre a Messina,  in una non specificata chiesa a metà degli anni ’70 del 1800, si celebrò il matrimonio tra il grande poeta catanese Mario Rapisardi e la giovane Giselda Fojanesi, unione che causò, successivamente, l’attrito tra il Rapisardi ed il più giovane Giovanni Verga, instancabile dongiovanni e corteggiatore della Fojanesi.

Ben più importante valore hanno, di certo, le numerose dediche che vari intellettuali ed artisti rivolsero alla città all’indomani del terribile sisma del 1908: tra questi vanno ricordati Hermann Hesse, Ruggero Leoncavallo, il succitato Pascoli, Salvatore Quasimodo, Gabriele D’Annunzio e tanti altri monumenti della cultura che ebbero a cuore la nostra città e dei quali la nostra rubrica approfondirà emozioni, sentimenti e ricordi tangibili dai loro lasciti letterari.

Saranno proprio queste memorie a cui la rubrica porrà attenzione, ripercorrendo meno i funerei elogi della città distrutta, quanto più soffermandosi sul ricordo felice dei luoghi tutt’ora esistenti di Messina che testimoniano, silenti, i passi, le parole, i versi e le prose custodi di un passato ormai perduto ma che, nonostante ciò, ci appartiene come eredità identitaria del vero messinese, attraverso la testimonianza e le parole degli illustri.

Francesco Tamburello 

Nietzsche a Messina: un viaggio “alla fine del mondo”

Era il 31 marzo del 1882: una mattina come tante al porto di Messina, allora florido e importante approdo commerciale, a cui continuamente facevano scalo navi mercantili da tutta Italia e dal mondo. E, molto probabilmente, nessuno sapeva che quel mercantile appena arrivato da Genova trasportava con se un ospite davvero speciale. Proprio quella mattina, infatti, viene portato a terra in barella, stanco, provato da una notte insonne, dal mal di mare e dai dolorosi attacchi di emicrania di cui soffre ormai da diversi anni, uno dei personaggi più importanti e controversi della cultura europea e occidentale: Friedrich Wilhelm Nietzsche. 

Il soggiorno messinese del grande filosofo tedesco è una delle tappe forse meno conosciute della sua biografia: un po’ per la sua brevissima durata ( poco meno di un mese), e un po’ perché è scarsa la documentazione riguardante le ragioni della sua permanenza in Sicilia; tutto ciò che si sa a riguardo proviene dalla sua ricca corrispondenza privata con parenti ed amici, mentre pare che di questo viaggio temporaneo del grande pensatore, che pure all’epoca godeva già di una certa notorietà negli ambienti colti dell’epoca, non sia trapelato niente di pubblico. 

Facciamo un po’ di storia: in quel periodo, Nietzsche ha 38 anni ed ha già lasciato da alcuni anni l’insegnamento di Lingua e Letteratura greca all’Università di Basilea, per ritirarsi a vita privata nel famoso “rifugio” di Sils Maria, in Engadina. Le precarie condizioni di salute non gli consentono più di adempiere ai suoi doveri didattici: soffre infatti di violente emicranie con aura,  che oggi sappiamo essere probabilmente nient’altro che la fase prodromica di quella devastante malattia neurologica su base genetica (l’arteriopatia cerebrale ereditaria nota oggi con l’acronimo di CADASIL) che aveva già ucciso suo padre e che, di lì a qualche anno, lo porterà allo scompenso psicotico (il celebre “crollo mentale” di Torino del 1889, a seguito del quale scriverà i famosi “biglietti della follia”) e, successivamente, alla morte.

Un Nietzsche fisicamente fragile, quindi, ma intellettualmente in fermento: sono gli anni della sua piena maturazione dal periodo “wagneriano” del suo pensiero agli sviluppi nichilisti che lo renderanno, negli anni, così importante e rivoluzionario per la storia della filosofia occidentale.  Sono anni di intensa attività filosofica, punteggiati qua e là da frequenti viaggi, alcuni dei quali a scopo di cura termale, nelle vicine mete del Nord Italia (Venezia, Torino, Genova e la Liguria) e del sud della Francia. Ed è in questo contesto che si inquadra il viaggio a Messina, successivo, o forse addirittura contemporaneo, alla stesura dei suoi “Idilli di Messina”, la raccolta di poesie successiva alla sua celebre opera filosofica, “La gaia scienza”

Perché proprio Messina? Le certezze sono poche, ma le ipotesi, come al solito, si sprecano. Forse quel grande intellettuale, appassionato lettore di Goethe, era rimasto suggestionato dalla sua pittoresca descrizione della Sicilia nel suo “Viaggio in Italia” (non era forse Goethe a scrivere che “l’Italia, senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna?”). O forse intendeva incontrare il vecchio amico e compositore Richard Wagner, l’idolo della sua giovinezza filosofica, con cui da tempo aveva interrotto i rapporti, e che in quel periodo si trovava a Palermo e avrebbe in seguito raggiunto Messina, l’11 di Aprile del 1882. Non sono del tutto chiaro i motivi della partenza, ma quel che è certo è che per Nietzsche si trattava di una esperienza esaltante: all’amico e discepolo, il compositore Heinrich Koeselitz, quel “Peter Gast” che diventerà anche, dopo la sua morte, uno dei principali revisori della sua opera omnia assieme alla sorella, Nietzsche scrive: “Alla fine del mese, vado alla fine del mondo”.

A Messina Nietzsche, che pernotta nei primi tempi in un ostello vicino al Duomo, sembra trovarsi molto bene e provare persino un effimero giovamento dalle sue condizioni di salute. Dalle lettere alla famiglia e agli amici, si evince tutta la sua meraviglia riguardo la bellezza dei luoghi e l’ospitalità dei messinesi, insieme alle sue intenzioni di prolungare la permanenza fino all’estate, o anche oltre. Non si sa nulla di come impiegasse il suo tempo nell’Isola: è probabile che abbia girato a fondo la città e i dintorni, e  forse visitò anche Taormina, la città in cui Goethe partorì una delle opere che gli erano più care, il poema drammatico “Nausicaa”.

Nemmeno è noto se alla fine sia riuscito a incontrare Wagner; è verosimile infatti che l’eccelso musicista non sapesse nulla della sua presenza a Messina, mentre al contrario, la breve visita del compositore tedesco alla città dello Stretto ebbe una notevole e calorosa accoglienza da parte della stampa e del pubblico. Quel che è certo, invece, è la data della sua partenza: il 23 di Aprile del 1882, vinto dal caldo e dallo scirocco, che evidentemente non era abituato a sopportare, Nietzsche rientra da Messina per ricongiungersi, a Roma, con l’amico Paul Rée. 

Così finisce il breve viaggio “alla fine del mondo” di uno dei pilastri della storia del pensiero nella Sicilia del mito, della bellezza classica, del Mediterraneo; il suo viaggio nella calda e bella Messina della fine dell’800, del suo crepuscolo dorato prima della rovina, è forse una tappa insignificante di una delle tante peregrinazioni della sua travagliata vita; ma chissà se, come alcuni studiosi ipotizzano, alcune delle opere di questo colosso della filosofia, come “Così parlò Zarathustra” non abbiano visto la luce, o perlomeno il primo concepimento, proprio qui, sulle assolate rive dello Stretto… 

Gianpaolo Basile

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