“Saperi per la legalità: Giovanni Falcone”: al via la seconda edizione

Si rinnova per la seconda edizione il Premio  “Saperi per la legalità: Giovanni Falcone” grazie al “Protocollo d’intesa sulla sensibilizzazione e formazione del mondo accademico finalizzato alla promozione della cultura della memoria, dell’impegno e della legalità” sottoscritto da MUR, CRUI, Fondazione Falcone e CNSU.

Pubblichiamo questo articolo a pochi giorni dall’evento tenutosi al Rettorato della nostra Università in occasione del trentesimo anniversario dall’omicidio di Giovanni Falcone e di quanti con lui si trovavano.

A chi è rivolto?

Possono partecipare al bando tutti coloro i quali abbiano conseguito, tra il primo gennaio 2019 e il 23 maggio 2022, uno dei seguenti titoli:

  • titolo di laurea specialistica/magistrale presso qualsiasi Ateneo italiano;
  • titolo di dottore di ricerca presso qualsiasi Università italiana, ivi inclusi gli Istituti di alta formazione dottorale e le Scuole di studi superiori, statali e non statali legalmente riconosciute, purché beneficiarie di contributi ministeriali ai sensi della normativa vigente;
  • diploma Accademico di II livello in alta formazione artistica, musicale e coreutica presso i Conservatori statali, le Accademie di Belle Arti (statali e non statali), gli Istituti musicali ex pareggiati, le Accademie Nazionali di Danza e di Arte Drammatica, gli Istituti Superiori per le Industrie Artistiche, nonché presso ulteriori istituzioni private autorizzate dal Ministero al rilascio di titoli di alta formazione artistica, musicale e coreutica.

Come partecipare?

Per poter partecipare al concorso bisogna mandare la propria candidatura a mezzo PEC all’indirizzo email fondazionefalcone@pec.it..

Bisognerà inserire all’interno:

  • breve descrizione delle motivazioni per cui si presenta la candidatura;
  • descrizione delle eventuali esperienze del candidato nel campo dello studio o della ricerca sul fenomeno della criminalità organizzata di stampo mafioso;
  • abstract o descrizione della tesi per cui si presenta la candidatura;
  • testo completo dell’elaborato in formato PDF;
  • certificato di laurea con l’indicazione del codice di classe di laurea; votazione riportata nelle singole materie e votazione finale, ovvero
    certificato di diploma accademico di II livello con l’indicazione della denominazione del corso;
  • breve CV del candidato in formato Europass;
  • indice di tutti i documenti e titoli presentati, debitamente datato e sottoscritto.
  • copia di valido documento di identità

Bisognerà inoltre dichiarare

  • luogo e data di nascita; di godere dei diritti di elettorato politico;
  • di non avere riportato condanne penali né di avere procedimenti penali pendenti a carico, e, indicando, in caso contrario, quali condanne sono state riportate ed eventuali procedimenti pendenti;
  • di non usufruire o aver usufruito di altre borse di studio, premi, assegni o sovvenzioni di analoga natura, ad esclusione della borsa di studio attribuita per la frequenza del corso di dottorato, in relazione all’elaborato per il quale si presenta la candidatura;
  • di non aver già pubblicato l’elaborato che si presenta, in proprio ovvero attraverso case editrici.

Scadenze da ricordare

Vi ricordiamo che la domanda può essere presentata entro e non oltre il 23 giugno 2022.

Criteri di selezione

I criteri di selezione sono riassunti nella seguente tabella:

Fonte bando ufficiale.

Premi

L’annuncio dei vincitori verrà dato in occasione dell’evento “Università per la legalità” organizzato dalla Fondazione Falcone, in sinergia con il Ministero dell’Università e della Ricerca, la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, le Conferenze dei Direttori delle Istituzioni AFAM, il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari e le Conferenze dei Presidenti delle Consulte degli studenti delle Istituzioni AFAM entro il mese di novembre.

I premi sono suddivisi in 3 categorie in base ai destinatari:

  1. Tesi di laurea magistrale:
    1. Il primo classificato otterrà un assegno di 3000 euro e pubblicazione del proprio elaborato.
    2. Il secondo, terzo e quarto classificato otterranno la pubblicazione del proprio elaborato.
  2. Tesi di dottorato di ricerca:
    1. Il primo classificato otterrà un assegno di 5000 euro e pubblicazione del proprio elaborato.
    2. Il secondo, terzo e quarto classificato otterranno la pubblicazione del proprio elaborato.
  3. Tesi comparto AFAM
    1. Il primo classificato otterrà un assegno di 3000 euro e pubblicazione del proprio elaborato.
    2. Il secondo, terzo e quarto classificato otterranno la pubblicazione del proprio elaborato.

Per maggiori informazioni:

Il bando

Fondazione Falcone

Giovanni Alizzi

Unime ricorda Giovanni Falcone, a 30 anni da quel terribile 23 Maggio

“Ninetta mia, crepare di maggio
Ci vuole tanto, troppo coraggio”

Era una mattina come le altre, nell’autostrada sopra Capaci:  le macchine percorrevano le strade come sempre e il rumore degli pneumatici veniva interrotto ogni tanto da un colpo di clacson. Ad un tratto il tempo venne spezzato da una bomba. Un semplice click aveva creato una nube di polvere, il rumore dei veicoli lasciò il posto alle urla e ai pianti dei passeggeri e degli autisti; l’artefice di tale orrore si chiamava Totò Rina. Un omuncolo piccolo piccolo aveva appena tolto la vita a Giovanni Falcone, un uomo dai grandi valori, morto per il proprio lavoro e per l’amore del proprio Paese.

Murales dedicato a Falcone e Borsellino a Palermo. Dall’archivio UVM

Sono passati 30 anni da quel 23 Maggio del 1992. Dopo nemmeno due mesi, anche il suo collega Paolo Borsellino venne assassinato. In quell’anno perdemmo due grandi uomini, uccisi per mano della codardia.

“Il ricordo e la memoria di Giovanni Falcone”: l’incontro organizzato da Unime

A trent’anni esatti dalla Strage di Capaci, nella giornata del 23 Maggio 2022, presso l’aula magna del Rettorato di Messina, si è tenuta la celebrazione del ricordo di Giovanni Falcone, assassinato dall’organizzazione criminale Cosa Nostra. Nell’attentato perse la vita pure  la scorta, che era diventata ormai l’ombra del giudice, e  Francesca Morvillo,  anche ella magistrato e moglie di Falcone. L’incontro è stato organizzato dall’Università di Messina, assieme al Consiglio degli Ordini degli Avvocati e l’Ufficio Scolastico Provinciale.

Da sinistra verso destra: Domenico Santoro, il Rettore Cuzzocrea, Laura Romeo, Stello Vadalà. © Gianluca Carbone 

Dopo i saluti istituzionali del Rettore, prof. Salvatore Cuzzocrea, del Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Messina Domenico Santoro, della Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati sez. Messina Laura Romeo e del dirigente Scolastico Provinciale di Messina Stello Vadalà, ha aperto la conferenza il Prorettore Vicario, prof. Giovanni Moschella.

Gli ospiti che sono intervenuti sono stati: il Procuratore della Repubblica Maurizio de Lucia, la Studentessa Unime Noemi Munter, il componente del Consiglio Nazionale Forense Francesco Pizzuto, il Procuratore  della Repubblica di Reggio Emilia Gaetano Paci, la Studentessa Unime Simona Calabrese e Angela Nicotra dell’Ordine di Diritto Costituzionale dell’Università degli Studi di Catania. La cerimonia si è conclusa con un dibattito portato avanti dai liceali di Messina.

Il giorno in cui l’Italia capì cos’è la mafia

Ad aprire la cerimonia dedicata a Falcone è stato proprio il ricordo del Magnifico. Ci ha confessato che trenta anni fa era diretto verso Capaci, quando la sua macchina fu fermata: no ne capiva il motivo, nell’aria avvertiva confusione e notava nei volti delle persone un’espressione interrogatoria. Dopo un po’ gli giunse la notizia della strage, e in quel preciso momento comprese fino a che punto potesse arrivare la mafia, in quel momento tutta Italia intuì cosa fosse veramente.

Ha ricordato inoltre a tutti noi studenti, che questo morbo va combattuto ogni giorno e la vera libertà è scegliere, come la scorta di Falcone, che ha deciso di rischiare la propria vita, rimanendo accanto a lui e a tutta la Sicilia.  Proprio per questo, dobbiamo essere orgogliosi e grati a tutti coloro che hanno combattuto la mafia, e che continuano farlo. Falcone e Borsellino ci hanno insegnato che non dobbiamo mai voltarci indietro.

«Falcone è un punto di riferimento per tutti noi magistrati.» Queste sono state poi le parole della dott.ssa Laura Romeo, che ci ha spiegato che solo grazie a Falcone e a Borsellino l’Italia ha una Procura Nazionale, l’organo che dirige la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, fondato il 20 Gennaio del 1992. Ogni ente dell’antimafia è nato grazie ai due magistrati.

Il pubblico presente alla commemorazione nell’Aula Magna del Rettorato. © Gianluca Carbone

Parole che hanno colpito il pubblico sono state anche quelle del Dirigente Scolastico e Provveditore agli Studi di Messina, il prof. Stello Vadalà, che ha accompagnato i suoi studenti alla commemorazione in onore di Falcone.

“Pure chi salta la fila ha una mentalità mafiosa. Chi ha l’aria da prepotente, chi se la prende con i più deboli. La mafia sarà sconfitta, solo quando lo Stato stesso e i cittadini saranno la scorta “

Buttare la carta a terra, non avere rispetto per il prossimo o semplicemente saltare la fila denota un senso di prepotenza, che è intrinseco all’essere umano  ma è anche il primo credo della mafia. Le parole del professore, ci fanno capire che pure noi a volte sbagliamo, non curandoci della nostra comunità e delle persone. Parole non banali che invitano al coraggio di ricordare tutte le vittime di mafia, non solo durante i loro anniversari.

Sono stati tanti i discorsi pronunciati durante l’evento da voci che hanno ridato anima non solo alla memoria di Falcone ma anche a tutti noi. Viviamo in un Paese in cui la mafia ancora detiene un potere, anche se non come quello di una volta. Falcone e Borsellino sono stati sconfitti, ma il loro agire e il loro pensiero ancora restano e continuano a combattere quel morbo. Per una prospettiva nuova, per le generazioni sedute nei banchi scolastici perché siano testimoni loro stessi di queste memorie in modo che la mafia un giorno diventi solo una storia da film horror.

Murales dedicato a Falcone a Palermo. Dall’archivio UVM

Vorrei concludere, rivolgendo due parole direttamente al giudice che perse la vita nella strage di Capaci. Dimmi Falcone, non avevi paura assieme al tuo collega e amico Paolo Borsellino?  Vedevamo il timore nei vostri occhi, lo spavento di non rientrare più a casa, di non rivedere più la vostra amata, di non tornare al vostro lavoro. Il vostro terrore, però, lo  assopivate con la voglia di virtù e di giustizia.

Alessia Orsa

 

Ventinove 19 luglio fa, l’attentato in Via d’Amelio, la cui esplosione riecheggiò in tutto il Paese

Un’immagine d’archivio dell’attentato in via D’Amelio nel quale rimase ucciso il magistrato Paolo Borsellino nel 1992. (fonte: ansa.it)

Ventinove anniversari, ben ventinove lunghi anni e ancora sembra esser passato solo qualche giorno, dalla strage di Via D’Amelio, nella quale perse la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.

Un attentato messo in atto dalla mafia, minacciata dal lavoro del giudice, capace di colpire nei punti più sensibili.

Ogni anno, per quanto ricordare sia dolorosissimo non solo per le famiglie delle vittime, si celebra il ricordo di Borsellino, che insieme a suo fedele collega Giovanni Falcone, è stato e continua ad essere più che un uomo di Stato.

Tutti noi sappiamo ormai bene cosa successe quel 19 luglio del 1992, ma siamo altrettanto consapevoli di quanto, se pur a caro prezzo, sia necessario ricordare un evento funesto come questo.

Questa sera, alle ore 21, a Palermo, proprio nel luogo dell’attentato, si accenderà il nuovo impianto di illuminazione con i colori del tricolore italiano, proposto dal fratello del magistrato, Salvatore Borsellino, e voluto anche dal sindaco di Palermo Leoluca Orlando, dopo un’intensa giornata di commemorazioni.

Il giudice Paolo Borsellino (fonte: palermo.italiani.it)

Quel terribile giorno

51 anni, da 28 in magistratura, procuratore aggiunto nel capoluogo siciliano dopo aver diretto la procura di Marsala, quel 19 luglio 1992, Borsellino pranzò a Villagrazia con la moglie Agnese e i figli Manfredi e Lucia. Poi, si diresse con la sua scorta in via D’Amelio, dove vivevano la madre e la sorella.

Una Fiat 126 con circa cento chili di tritolo a bordo, parcheggiata press l’abitazione della madre esplose al quando il giudice si avvicinò, uccidendo anche i cinque agenti. Erano le 16.58.

Una foto dei momenti dopo la strage (fonte: ansa.it)

 

L’esplosione, nel cuore di Palermo, venne avvertita in gran parte della città e uccise il magistrato e gli agenti della scorta, tra cui, ricordiamo, Emanuela Loi, 24 anni, la prima donna poliziotto in una squadra di agenti addetta alle scorte. Unico superstite Antonino Vullo.

 

Gli agenti della scorta di Borsellino che persero la vita (fonte: ansa.it)

Tanti, troppi misteri irrisolti riguardo la strage, un sospettato e inquietante passaggio di informazioni fino agli assassini mafiosi a partire da non identificati soggetti, forse appartenenti proprio allo Stato, per cui Borsellino ha sacrificato la propria vita.

“Uno Stato che non merita fiducia perché a 29 anni di distanza ancora non si è indagato a sufficienza su molti punti rimasti oscuri, a partire dalla presenza dei servizi nella strage e su chi veramente ha ordito certe mistificazioni.”. A lasciare andare parole tanto pesanti è stato il fratello del magistrato, Salvator Borsellino.

In un certo senso a rispondere è stato il procuratore generale di Caltanissetta, Lia Sava: “le indagini sulle stragi non si sono mai fermate e non si fermano” ha assicurato. Sapere che vi sono donne e uomini che continuano o, quantomeno, provano a riprendere la strada tracciata dai due magistrati eroi, rassicura tutti noi italiani.

Oggi, tante le iniziative in programma, proprio per portare avanti l’intento di sensibilizzare i cittadini tramite il ricordo della strage. Interverranno anche, ancora una volta, i familiari delle vittime, per poi concludere con la suddetta accensione delle luci tricolori alle 21.

 

Le parole del presidente Mattarella e dell’ex procuratore generale di Palermo

Non è mancato, stamattina, l’intervento del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, le cui parole, considerando la sua personale storia di vita, toccano il cuore e la coscienza:

“L’attentato di via D’Amelio, ventinove anni or sono, venne concepito e messo in atto con brutale disumanità. Paolo Borsellino pagò con la vita la propria rettitudine e la coerenza di uomo delle Istituzioni. Con lui morirono gli agenti della scorta. La memoria di quella strage, che ha segnato così profondamente la storia repubblicana, suscita tuttora una immutata commozione, e insieme rinnova la consapevolezza della necessità dell’impegno comune per sradicare le mafie, per contrastare l’illegalità, per spezzare connivenze e complicità che favoriscono la presenza criminale.”.

Poi, ancora, le parole dell’ex procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, intervenuto nel capoluogo siciliano alla conferenza di “Antimafia Duemila”, organizzata in occasione dell’anniversario, sono parole fortissime, che si inseriscono nel contesto di sospetti assai inquietanti e condivisi da molti.

“Più trascorrono gli anni e più si comprende che la strage di via D’Amelio non è solo un caso giudiziario, ma è molto di più. È un capitolo della storia della lotta al potere in Italia, una cartina di tornasole del reale funzionamento del potere in Italia, il segreto ritratto di Dorian Gray nel volto feroce e criminale in alcuni settori della classe dirigente. E la strage di via d’Amelio è ancora tra noi, non è finita”.

Spesso si sono riaccese le luci sui i vari tentativi di depistaggio nelle indagini sulla strage, a cominciare dalla scomparsa dell’agenda rossa del magistrato: “C’è stato un perfetto coordinamento operativo tra i mafiosi che fanno esplodere l’autobomba e gli uomini dei servizi che pochi minuti dopo completano il lavoro prendendo l’agenda rossa. Era essenziale prendere quell’agenda, non bastava uccidere Borsellino – ha spiegato l’ex procuratore – perché se l’agenda rossa fosse finita nelle mani dei magistrati, sarebbe saltato tutto.

Questo “tutto” si riferisce a una sospettata e terrificante rete che avrebbe legato e continuerebbe ancora a legare, la mafia e alcuni soggetti esterni, forse nascostisi sotto il nome dello Stato. “Lo stesso Borsellino che lo aveva capito, come disse a sua moglie espressamente: ‘Sarà la mafia a uccidermi, ma quando altri lo decideranno’.” ha detto Scarpinato.

Leggere gli “appunti” di Borsellino, avrebbe significato avere le chiavi di lettura per dare un volto ai mandanti e ai registi esterni della sua uccisione, ma anche quella di Falcone.

Un filo conduttore che continuerebbe ancora oggi, secondo l’ex procuratore, che lega gli atti orribili di vari soggetti, le cui azioni hanno cambiato per sempre il volto del nostro Paese, interrompendo bruscamente e definitivamente la via della resilienza tracciata e intrapresa da Borsellino e Falcone, strappando a tutti gli italiani la più grande possibilità presentatasi finora di metter già fine una volta per tutte a questo incubo chiamato mafia.

Una foto da una delle manifestazioni per l’anniversario (fonte: ansa.it)

 

Rita Bonaccurso

 

Il ricordo di UniMe a 28 anni dalla strage di Capaci

Sabato 23 maggio, in occasione del XXVIII anniversario della strage di Capaci, l’Università degli Studi di Messina ricorderà il giudice Giovanni Falcone, la moglie e magistrato Francesca Morvillo ed i tre agenti della scorta che viaggiavano con loro: Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

Sarà possibile seguire l’evento, intitolato “23 maggio 2020. Che le cose siano così non vuole dire che debbano andare così”, in diretta sulla pagina Facebook https://www.facebook.com/messinauniversity e sul canale Rtp dalle ore 12:30.

Il programma prevede:

Saluti

 Salvatore Cuzzocrea, Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Messina

 Maria Carmela Libbrizzi, Prefetto di Messina

Interventi

Maurizio De Lucia, Procuratore della Repubblica di Messina

Michele Prestipino Giarritta, Procuratore della Repubblica di Roma

Contributi

Emanuele Crescenti, Procuratore della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto

Enrico Bellavia, Giornalista

Modera

 Nuccio Anselmo, Giornalista

“Gli uomini passano le idee restano” in memoria di Giovanni Falcone

Giovedì 23 maggio, alle ore 10:30, in occasione dell’anniversario della Strage di Capaci, l’Aula Magna del Rettorato ha ospitato la giornata in ricordo di Giovanni Falcone, organizzata dal Centro Studi sulle Mafie dell’Università di Messina.
Dopo i saluti istituzionali del Rettore Prof. Salvatore Cuzzocrea, un breve discorso di elogio per chi onora il proprio mestiere. Ha avuto inizio il dibattito, moderato dal giornalista Nuccio Anselmo, con il Dott. Maurizio De Lucia, Procuratore della Repubblica di Messina e il Dott. Emanuele Crescenti, Procuratore della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto.

Il tempo del dibattito è stato scandito da 4 video documentario che trattavano del giudice Falcone e della strage di Capaci.

La strage di Capaci fu un attentato compiuto da cosa nostra, commissionato da Totò Riina il 23 maggio 1992 nei pressi di Capaci, per uccidere il magistrato antimafia Giovanni Falcone. Gli attentatori fecero esplodere un tratto dell’autostrada A29, mentre vi transitava la scorta con a bordo il giudice, la moglie e gli agenti di Polizia, sistemati in 4 auto blindate. Oltre al giudice, morirono altre quattro persone: la moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Il sicario Giovanni Brusca azionò una carica di cinque quintali di tritolo, che era stata posizionata in una galleria scavata sotto la strada. Pochi istanti prima dello scoppio, Falcone aveva rallentato per prendere un mazzo di chiavi dal cruscotto della macchina. Lo scoppio quindi travolse in pieno solo la prima auto. I tre agenti della scorta morirono sul colpo.
La macchina di Falcone si schiantò contro il muro di cemento e detriti causati dallo scoppio. Il giudice Falcone morì durante il trasporto in ospedale a causa del trauma, causato dall’impatto. La moglie Francesca morì invece in ospedale più tardi. L’agente Costanza, che si trovava nella macchina con il giudice, rimase illeso. Gli agenti della terza automobile, feriti, ma non in pericolo di vita.

I due procuratori sono intervenuti all’incontro elogiando Falcone, parlando di quanto fosse importante come figura oltre che professionalmente, moralmente. Hanno parlato dei moltissimi progressi che sono stati fatti in Sicilia e in Italia nella lotta alla mafia, grazie al quel modo di intervenire impartito da uomini valorosi come Falcone. Si sono pronunciati su Messina e su come la mafia fosse meno violenta. Si era compreso prima delle altre associazioni a delinquere quanto i morti portassero l’attenzione dei media e delle forze dell’ordine, e questo faceva sì che fosse anche più complicato condurre le indagini. Delle parole sono state spese anche riguardo a Barcellona Pozzo di Gotto e a quanto pure lì le indagini abbiano portato a dei risvolti positivi per la giustizia con molti arresti, un approccio alla lotta alla mafia che deve essere intrapreso anche contro le ’ndrine al nord e le camorre. Infine gli ospiti si sono concentrati sui fatti e non sulle supposizioni sollevate ai tempi della strage dalle testate giornalistiche.

Alle 19:30 è stato proiettato presso il Cineauditorium Fasola il film “Il traditore”, film eccezionale sulla vita di Tommaso Buscetta, ex appartenete di cosa nostra, e collaboratore di giustizia grazie al buon rapporto che aveva instaurato col giudice Falcone. Un film di Bellocchio, che ha Buscetta come personaggio protagonista interpretato da Favino. La pellicola ha riscosso moltissimo successo, realizzata bene sopratutto per quanto riguarda le scene del maxi processo, di cui su YouTube si trovano le riprese originali, e mettendo a confronto recitazione e realtà, ci si rende conto della meravigliosa interpretazione di Favino. Viene analizzata una figura che grazie alle sue dichiarazioni fece arrestare moltissimi esponenti di cosa nostra tra cui Salvatore Riina, mandante della strage di Capaci e di altri molteplici omicidi.

Alberto Cavarra

“La mafia dei pascoli”: affinché tutto questo sangue non sia stato versato invano

21 Marzo 2019. Messina. È stato presentato alla Feltrinelli Point  “La mafia dei pascoli”, il libro di Nuccio Anselmo e Giuseppe Antoci, con la prefazione di Gian Antonio Stella, edito da Rubbettino, che ricostruisce le infiltrazioni mafiose al Parco dei Nebrodi e racconta la lunga storia di Cosa nostra barcellonese.

Il libro,di stampo autobiografico, racconta di milioni di euro guadagnati per anni in silenzio da Cosa nostra. Parla di un business “legale” e inesplorato. Boss che riuscivano inspiegabilmente ad affittare tanti ettari di terreno nel Parco dei Nebrodi, in Sicilia, terrorizzando allevatori e agricoltori onesti, li lasciavano incolti e incassavano i contributi dell’Unione Europea perfino attraverso “regolari” bonifici bancari. Un affare che si aggirerebbe, solo in Sicilia, in circa tre miliardi di euro potenziali negli ultimi 10 anni. Soldi non spesi, appalti truccati, truffe ingegnose, guadagni esorbitanti. Che nessuno vedeva o denunciava. Nessuno vedeva, sentiva o parlava. Fino a quando in quei boschi tanto magici quanto dannati non è arrivato Giuseppe Antoci, che è riuscito ad estirpare via la mafia dal Parco realizzando un protocollo di legalità che poi è diventato legge dello Stato ed oggi è applicato in tutta Italia. Cosa nostra aveva decretato la sua fine. La notte tra il 17 e il 18 maggio 2016 Antoci è stato vittima di un attentato, dal quale è uscito illeso solo grazie all’auto blindata e all’intervento armato del vice questore Daniele Manganaro e degli uomini della sua scorta. Antoci, nel libro, racconta a Nuccio Anselmo la sua esperienza, e il coraggio di tanti altri servitori dello Stato che gli hanno consentito di andare avanti nella sua battaglia. E per comprendere meglio il contesto Anselmo ha scritto anche della catena di omicidi ancora irrisolti avvenuti in quelle terre, di Cosa nostra barcellonese e dei Nebrodi, del primo grande processo contro il racket dei clan tortoriciani e delle dinamiche mafiose del territorio.

Insieme agli autori, Anselmo e Antoci, hanno dialogato: Sebastiano Caspanello, giornalista, e Carmelo Scilla, avvocato.

Gli autori hanno deciso di destinare i loro diritti sul libro all’Associazione “Quarto Savona 15”, dal nome in codice dell’auto blindata fatta saltare in aria a Capaci il 23 maggio del 1992 durante la strage che uccise Giovanni Falcone, la moglie e gli uomini della sua scorta. L’associazione “Quarto Savona 15” è nata su iniziativa di Tina Montinaro, vedova di Antonio, caposcorta del giudice. L’obiettivo è quello di mantenere viva la memoria della strage di Capaci del 1992, “trasformando il dolore in azioni concrete”.

L’associazione non ha scopi di lucro, non ha connotazioni politiche né partitiche. Ne fanno parte studenti, docenti, imprenditori, professionisti, impiegati, dipendenti pubblici, giornalisti, appartenenti alle forze dell’Ordine.

Gabriella Parasiliti Collazzo

Messina scende in piazza: IO VEDO, IO SENTO, IO PARLO

21 Marzo 2019.Si è svolta a Messina in Piazza Lo Sardo (Piazza del popolo) la XXIV° Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie organizzata da Libera “Orizzonti di Giustizia Sociale. L’iniziativa nasce dal dolore di una mamma che ha perso il figlio nella strage di Capaci e non sente pronunciare mai il suo nome. Un dolore insopportabile. Una vittima meno vittima. Una vittima di serie B. Una vittima a cui viene negato anche il diritto di essere ricordata con il proprio nome.

Così, dal 1996, ogni anno, un lungo elenco di nomi scandisce la memoria che si fa impegno quotidiano. Un lungo rosario civile recita nomi e cognomi, per farli vivere ancora una volta, per non farli morire mai. Perché nessuno muore finché vive nel cuore di chi resta. Tanti i luoghi del nostro Paese che si uniscono per un abbraccio sincero ai familiari delle oltre 900 vittime innocenti delle mafie, non dimenticando le vittime delle stragi, del terrorismo e del dovere. Un appuntamento preceduto da centinaia di iniziative promosse in Italia e in Europa, tra incontri nelle scuole, cineforum, dibattiti e convegni.

Libera sceglie l’equinozio di primavera non a caso. Ѐ fortemente metaforico. Vuole far sì che si viva in modo differente il solstizio, promuovendo e realizzando un percorso simbolico di risveglio delle coscienze e della memoria. Un percorso di preparazione che dura da diversi mesi, realizzato dalle organizzazioni del Presidio “Nino e Ida Agostino”, da associazioni come le Acli e dalle oltre 20 scuole, che hanno partecipato consapevolmente all’iniziativa e hanno dato vita ai “100 passi verso il 21 marzo” attraverso parole e striscioni narrando “Storie di memoria, Percorsi di verità”. Una giornata di impegno, partecipazione, riflessione, di lotta per il bene comune, per la dignità e la libertà delle persone.

Antonio Gallo, Presidente Provinciale delle Acli (Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani) di Messina spiega la volontà di unirsi ad un’associazione come Libera:

“Insieme alle altre associazioni che hanno aderito, noi delle Acli ci consideriamo in prima linea in questo percorso, la nostra società nasce nel 1944 da principi cristiani, infatti, il nostro punto di riferimento è la dottrina sociale della chiesa, di conseguenza è insito nel nostro DNA associativo essere paladini della legalità e di ogni forma di antimafia. Ci poniamo l’obiettivo di continuare a lavorare per la cultura della giuridicità, per fare in modo che questa straordinaria partecipazione si trasformi in un nuovo impegno di tutti i cittadini, dal Nord al Sud della Penisola.  Per la fioritura di una nuova terra. Una terra di speranza e riscatto, per una nuova primavera dell’impegno civico e sociale. Oggi partecipiamo attivamente all’iniziativa ma è solo una delle tante iniziative a cui abbiamo aderito e aderiremo. Negli anni scorsi abbiamo, infatti, partecipato a delle marce in nome di Falcone e Borsellino”.

I promotori dell’evento sottolineano che per contrastare le mafie e la corruzione occorre sì il grande impegno dell’arma, ma prima ancora, occorre diventare una comunità solidale e corresponsabile, che faccia del “noi” non solo una parola, ma un crocevia di bisogni, desideri e speranze. Non vi è la necessità di grandi opere ma dell’opera quotidiana di cittadini responsabili, capaci di tradurre la domanda di cambiamento in forza di cambiamento.

Gabriella Parasiliti Collazzo

“Prima che la notte”: il ricordo di Giuseppe Fava e Giovanni Falcone

Risultati immagini per strage di capaciIl 23 Maggio del 1992 la mafia uccide il magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i 3 uomini della sua scorta (Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro). Il 23 Maggio del 2018, in onore della Festa della Legalità, la Rai presenta “Prima che la notte”.

“Gli uomini passano, le idee restano. Restano le loro tensioni morali e continueranno a camminare sulle gambe di altri uomini. “ Giovanni Falcone

Le idee restano, ma a Palermo è rimasta una ferita aperta. Ventisei anni dopo la strage di Capaci, oggi è il giorno del ricordo, delle celebrazioni, delle iniziative per non disperdere la memoria e gli insegnamenti di chi ha combattuto la mafia, pagando con la vita. Giovanni Falcone e l’amico e collega Paolo Borsellino, nati e cresciuti a contatto diretto con la realtà di questa regione, hanno dedicato la loro vita alla battaglia contro Cosa Nostra, diventando il simbolo di una giustizia concreta che può e deve riuscire a estirpare la radice mafiosa dal nostro Paese.

L’impegno morale del Giudice Falcone e la sua morte così violenta servono più che mai a far comprendere l’importanza della lealtà, dello Stato e della Costituzione, educarci alla legalità. È proprio in onore di questo che la Rai ricorda un’altra vittima della mafia: Giuseppe Fava.

5 Gennaio 1984, da poco sono passate le 21. Pippo esce dalla redazione del giornale e sale sulla sua Renault 5. Arrivato a destinazione non fa in tempo ad aprire lo sportello della macchina che viene freddato con cinque colpi di pistola alla nuca.

Il film racconta proprio di questo giornalista scrittore, nonché direttore del quotidiano Il Giornale del Sud e del mensile I Siciliani, e il suo “pugno di carusi”, un gruppo di ragazzi senza esperienza ma pieni di voglia di raccontare.

“Dovete raccontare quello che vedete divertendovi”

Essere dove accadono le cose, mettersi in gioco e, soprattutto, mettersi in pericolo. In un’epoca in cui il giornalismo doveva farsi spazio tra le pressioni politico-economiche e la voglia di realizzare quella libertà di stampa non ancora completamente attuata, lì ci sta Pippo Fava, non il solito film sulla storia di una morte, ma la storia di una vita .

Frutto di una coproduzione Rai Fiction – IIF, prodotto da Fulvio e Paola Lucisano e scritto da Claudio Fava, Michele Gambino, Monica Zapelli e lo stesso Daniele Vicari, “Prima che la notte” è tratto dall’omonima opera letteraria di Claudio Fava e Michele Gambino (Baldini & Castoldi).

Ancora una volta, come ogni anno ormai da quel fatidico Maggio del 1992, ci ritroviamo a parlare di legalità, giustizia, lotta alla mafia, e non dobbiamo mai stancarci di farlo. Non dobbiamo mai smettere di denunciare, di andare contro la volontà di quelli che si sentono grandi, ma in realtà sono più piccoli degli insetti, non dobbiamo avere paura di farlo, perchè:

“Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola.”

 

Serena Votano

C’è chi dice NO

Gli studenti dell’Università degli Studi di Messina hanno detto NO alle mafie.

Questa mattina, grazie alla preziosa collaborazione dei professori Chiara e Moschella, si è svolto presso il Rettorato l’evento “I giovani e la lotta alla mafia. In ricordo di Giovanni Falcone.“, che ha visto da programma i saluti del Magnifico Rettore e gli interventi di diverse autorità, accompagnate dagli speech di due studenti e dalla mostra fotografica allestita dagli stessi studenti presso l’atrio del Rettorato. L’evento di per se è stato un chiaro segnale di non sottomissione nei confronti del fenomeno mafioso, e oltre alla commemorazione di una figura fondamentale come quella di Falcone, è riuscito a descrivere i connotati di una mafia che dagli anni ’60 si è impossessata dapprima della sua terra natia per poi espandersi fino ad arrivare a colpire il potere centrale e a farsi carico di azioni spregevoli e atteggiamenti che, se inizialmente venivano visti al sud come qualcosa di “normale”, hanno varcato i confini del Tevere per arrivare fin sotto le Alpi.

Ma l’evento di per se è uno specchietto per le allodole se visto sotto l’ottica pura del ricordo: ci hanno sempre abituati a vedere le cose sotto il punto di vista del “ricordare è giusto, tenere viva la memoria e non permettere più atteggiamenti dello stesso stampo”, bypassando di fatto quello che a mio modo di vedere è il nodo fondamentale della questione, cioè l’educazione.

Troppo facile dire che Falcone, Borsellino, Livatino e tanti altri, magistrati e non, siano esempio per noi se poi a questi propositi non seguono azioni concrete che si sviluppano già in fase pre-adolescenziale. Non siamo educati fin da bambini a schierarci apertamente contro le mafie, e non parlo solo di quelli che sono i media di uso comune ma di educazione civica nel senso più puro del termine. Siamo sempre stati condizionati dalla distinzione “bravo e mafioso” e “scarso ma onesto”, precludendo la via della meritocrazia, del “bravo e onesto”, in favore della più agevole via del clientelismo e dell’interesse personalistico, in un mondo e in una terra dove la mafia si respira ogni giorno, anche oggi, dove la generazione che dovrebbe ribellarsi, in modo più o meno assordante, alle logiche del favoritismo e che rappresenterà la classe politica del domani non fa altro che scendere a compromessi e a giocar al “politico di stampo prima repubblica” in fantomatiche posizioni di potere che a dir la verità di potere ne hanno poco e sono solo il banco di prova per futuri momenti di scelta elettorale.

Combattere la mafia significa anche debellare questo malcostume, scendere in campo preparati, con l’ardore che dovrebbe contraddistinguere un cittadino interessato a sé ma anche al bene comune, ma soprattutto che dovrebbe attraverso un processo democratico scegliere da che parte stare e chi sostenere guardando esclusivamente al merito, cercando di costruire attorno a se una società fatta finalmente non di gente “brava e onesta”, ma esclusivamente “brava”, perché l’onestà dovrebbe essere terreno comune dove coltivare sogni e ambizioni e far crescere la speranza di una società migliore. Una massa di gente con coscienza e criterio, che la mafia vuole vederla SCONFITTA. Oggi gli studenti Unime, anche attraverso questa iniziativa, hanno avuto la forza e il coraggio di scegliere di intraprendere questa strada, con l’auspicio che nonostante sia particolarmente tortuosa non cambino mai idea, ma che anzi, piuttosto che camminare, possano iniziare a correre.

https://youtu.be/kQdXRxv_QcE

Salvo Bertoncini