La Banca Centrale Europea, la “mamma” delle banche d’Europa

Spesso i media parlano di politica fiscale e politica monetaria, di emissione di moneta, di finanziamento del deficit, e così via. Sapevate che il Governo non può stampare moneta? E sapevate che, in quanto membri dell’UE, il sistema monetario italiano è tutelato e vigilato da un organismo sovranazionale, chiamato Banca Centrale Europea? Vediamolo insieme.

E’ necessario fare innanzitutto una chiara distinzione tra le due forme di politica citate:

  • La politica fiscale è attuata dal Governo, e comprende interventi tramite la spesa pubblica, i trasferimenti (=a favore di famiglie e imprese per scopi sociali o produttivi, es. contributi sociali, assegni familiari, pensioni, incentivi alla produzione) e il prelievo fiscale (=imposte);
  • La politica monetaria è attuata dalla Banca Centrale, in Europa dalla Banca Centrale Europea, ed è attuata tramite l’offerta monetaria (=banalmente, lo stock di moneta inserito nel sistema economico) e il tasso d’interesse.

Cos’è la BCE?

La Banca Centrale Europea, abbreviato BCE, è la banca centrale adottata dai 19 Stati membri dell’Unione Europea che hanno aderito all’euro come moneta comune. 

La Banca Centrale Europea e le banche centrali nazionali, insieme, costituiscono l’Eurosistema, il sistema di banche centrali dell’area euro. 

Qual è l’obiettivo della BCE?

Facendo riferimento all’articolo 105 del trattato di Maastricht, che nel 1992 sancì in modo ufficiale la nascita dell’UE, dopo i primi passi mossi fin dal 1951, il principale obiettivo dell’Eurosistema è mantenere la stabilità dei prezzi, ossia salvaguardare il valore dell’euro. Infatti, l’art. 105 recita:

L’obiettivo principale del SEBC (Sistema Europeo delle Banche Centrali) è il mantenimento della stabilità dei prezzi.

La BCE è libera di svolgere le proprie funzioni?

La BCE è un’istituzione politicamente indipendente, e con ciò si concilia il raggiungimento dell’obiettivo del mantenimento della stabilità dei prezzi. Nel caso vi sia una dipendenza politica da parte della banca centrale, più precisamente una “dominanza fiscale” sulla politica monetaria, i governi potrebbero ricorrere al finanziamento monetario del disavanzo (= combattere il disavanzo di bilancio – uscite > entrate – con l’emissione di nuova moneta) con maggiore frequenza e questo potrebbe causare un alto livello d’inflazione. 

L’indipendenza politica è sancita dall’articolo 104 del trattato di Maastricht e dall’articolo 7 dello statuto del SEBC.  

Riportando l’art. 104:

È vietata la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, da parte della BCE…alle amministrazioni statali […] o a imprese pubbliche degli Stati membri, così come l’acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della BCE o delle Banche centrali nazionali.

Nessun governo o ente pubblico può, quindi, influenzare la BCE o le Banche Centrali Nazionali che fanno parte dell’Eurosistema e convincerle a modificare il proprio comportamento in modo da favorirle nell’attuazione della politica monetaria. 

Ad ogni modo, l’indipendenza per la BCE comporta anche degli oneri (=costi), in termini di necessità di trasparenza e in riferimento anche all’enorme peso delle responsabilità delle proprie azioni e strategie.

Cos’è il SEBC?

Il Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC) è composto dal governatore della BCE e dai governatori delle banche centrali di tutti i paesi membri dell’UE. L’Eurosistema, invece, è parte del Sistema Europeo delle Banche Centrali, poiché è formato dal governatore della BCE e dai governatori delle Banche Centrali dei paesi che hanno adottato l’euro come moneta legale (attualmente 19 paesi).

Nonostante il SEBC sia un sistema più ampio, l’Eurosistema è quello fondamentale e importante ai fini della politica monetaria.

Per raggiungere l’obiettivo del mantenimento della stabilità dei prezzi, l’Eurosistema formula le proprie decisioni di politica monetaria su due approcci analitici complementari detti “due pilastri”: l’analisi monetaria e l’analisi economica.

L’implementazione delle decisioni relativa alla politica monetaria avviene attraverso gli strumenti di cui si avvale l’eurosistema. Questi strumenti sono:

  • operazioni di mercato aperto  (=acquisto/vendita titoli di Stato);
  • operazioni su iniziativa della controparte (standing facilities) (finalizzate a iniettare o assorbire liquidità nel mercato monetario);
  • riserva obbligatoria (percentuale dei depositi bancari per legge tenuta sotto forma di contanti o di attività facilmente liquidabili).

 

Quali sono gli organi direttivi della BCE?

Gli organi decisionali della BCE sono il Consiglio direttivo, il Comitato esecutivo e il Consiglio Generale. Nel dettaglio:

  • Il Consiglio direttivo stabilisce la politica monetaria dell’Eurozona e fissa i tassi d’interesse applicabili ai prestiti erogati alle varie banche;
  • il Comitato esecutivo attua la politica monetaria, gestisce affari, riunioni del Consiglio direttivo ed esercita i poteri delegati da questi ultimi;
  • il Consiglio generale ha funzioni consultive e di coordinamento e preparatorie per un eventuale allargamento dell’Eurozona.

Vi è poi il Presidente della BCE, che rappresenta la banca nelle riunioni interne ed internazionali. Attualmente, ricopre la carica Christine Lagarde prendendo il posto dal 1° novembre 2019 di Mario Draghi. Lagarde era precedentemente ministra dell’Economia, dell’Industria e dell’Impiego in Francia, poi direttrice del Fondo monetario internazionale.

La BCE è quindi la madre delle banche nazionali appartenenti all’Eurozona, che vigila sul loro operato e fornisce gli strumenti finanziari con le opportune cautele e misure di regolamentazione. La moneta non si distribuisce senza un chiaro criterio, ma questo è un’altra analisi che spiegheremo presto.

 

Contenuto realizzato in collaborazione con Starting Finance Club Messina

Marco Amato

Rossana Arcano

Mutualizzazione del debito ed eurobond: ecco tutte le differenze, vantaggi e svantaggi di questi strumenti

 

Spesso si è parlato di mutualizzazione del debito, termine ormai largamente utilizzato dai media, soprattutto nell’attuale crisi Covid-19.

Cos’è realmente?

La mutualizzazione del debito è la condivisione del debito tra più soggetti, che ne diventano contemporaneamente garanti.

Questo termine è stato accostato alla comparsa degli eurobond, ridenominati, in merito alla crisi Coronavirus, coronabond.

Cosa sono gli eurobond?

Sono un’emissione di obbligazioni denominate in euro, attraverso cui tutti gli Stati dell’Eurozona diventano responsabili del debito congiuntamente. Predisposti come mezzi in grado di conferire liquidità ai Paesi più in difficoltà che avvertono maggiore rischio, verrebbero sostenuti soprattutto dai Paesi maggiormente solidi dal punto di vista economico-finanziario.

Sono un nuovo strumento?

La risposta è no. Infatti, già nel pieno della crisi dei debiti sovrani (2010-2012 circa), il Presidente dell’Eurogruppo e capo del governo del Lussemburgo, Jean-Claude Juncker, e il ministro dell’Economia del governo Berlusconi, Giulio Tremonti, proposero questi eurobond come assicurazione contro il comune dissesto in atto nell’Eurozona. Tale proposta fu poi abbandonata, date le criticità sorte soprattutto a causa dell’opposizione dei Paesi del Nord Europa (con a capo Germania e Olanda), che lo ritenevano un azzardo morale a vantaggio unico del Sud Europa.

Il principale vantaggio.

Il vantaggio per i Paesi più deboli finanziariamente, ad esempio l’Italia, sarebbe quello di indebitarsi ad un costo molto minore, poiché il tasso d’interesse applicato a tali obbligazioni sarebbe una media dei tassi applicati, generalmente, ai bond emessi singolarmente dagli Stati. In caso di uno shock (=evento inaspettato e non prevedibile, che influenza positivamente-negativamente il sistema economico), uno strumento come gli eurobond garantisce un sistema di trasferimenti indiretto che migliora la condizione degli stati più in difficoltà.

L’altra faccia della medaglia: svantaggi.

È chiaro che, per un grande vantaggio per gli Stati maggiormente rischiosi, vi sono alcuni svantaggi per gli stati più “virtuosi”. Innanzitutto, lo svantaggio principale, dato da questo meccanismo di “trasferimento indiretto” dai Paesi in surplus ai Paesi in deficit, è che gli Stati più virtuosi si troveranno a pagare un tasso d’interesse maggiore rispetto a quanto accadrebbe con un’emissione individuale.

Un altro grande svantaggio è dato dal fatto che un meccanismo del genere possa far sviluppare un comportamento da free rider ad alcuni Stati membri (= chi attua un comportamento opportunistico per fruire pienamente di un bene/servizio prodotto collettivamente, senza contribuire in modo efficiente alla sua costituzione).

Le obbligazioni sono garantite collettivamente dagli Stati membri dell’Eurozona, e ciò significa che se l’Italia non riuscisse a restituire quanto preso in prestito tramite gli Eurobond, la porzione italiana mancata sarebbe restituita da tutti gli altri Stati membri. Questa possibilità è ciò che più spaventa alcuni Stati e ha, storicamente, rappresentato un freno importante per la realizzazione di uno strumento del genere.

Ponendolo in un’ottica più semplice: se io so che qualcuno provvederà a restituire quanto ho preso in prestito quando io non riuscirò a farlo, non ho incentivo a progredire per avere un’economia più sostenibile  e virtuosa rispetto ad altri, ci sarebbe qualcuno che fungerebbe da cuscinetto alla mia inadempienza.

Covid-19 ed eurobond: utilizzati o no?

In contrasto all’attuale crisi Covid non sono stati utilizzati veri e propri eurobond, che comportano una totale mutualizzazione del debito. In realtà, le diverse istituzioni europee emettono dei bond garantiti dai Paesi europei, basti pensare al fondo SURE o al MES, ma senza prevedere una totale mutualizzazione del debito.

Nonostante ciò, hanno permesso ai Paesi più deboli economicamente di indebitarsi ad un costo meno elevato.

Perciò, la risposta finale al quesito è: no, non sono stati impiegati in prima linea né eurobond, né coronabond per fronteggiare il Covid-19, perché ciò che manca è il pagamento solidale del debito (se uno non paga, pagano gli altri). Le insicurezze sono molte, e i Paesi hanno preferito orientare la loro azione a diversi mezzi di finanziamento.

 

Contenuto realizzato in collaborazione con Starting Finance Club Messina

Marco Amato
Rossana Arcano

Sospensione del Patto di Stabilità: decisione storica per l’UE

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E’ di ieri la notizia storica della sospensione del patto di stabilità. Il via libera dato dall’UE, viene ufficializzato dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der  Leyer attraverso il suo profilo Twitter.

I governi potranno così pompare nell’economia tutta la liquidità di cui hanno bisogno per fronteggiare la crisi legata al coronavirus.

Per capirci meglio, il patto di stabilità è un accordo internazionale, stipulato e sottoscritto nel 1997 dai paesi membri dell’Unione europea, inerente al controllo delle rispettive politiche di bilancio pubbliche, al fine di mantenere fermi i requisiti di adesione all’Unione economica e monetaria dell’Unione europea (Eurozona) ovvero rafforzare il percorso d’integrazione monetaria intrapreso nel 1992 con la sottoscrizione del trattato di Maastricht. (Wikipedia)

Dunque una data storica per l’Europa, che si ritrova a fronteggiare una pandemia che di giorno in giorno miete sempre più vittime, stabilendo il triste primato di oltre la metà dei contagi nel mondo solo nel “vecchio continente”. Ragion per cui, l’emergenza sanitaria – che ricordiamo sta portando al collasso tutti gli ospedali del nostro paese e non solo – ha inevitabilmente delle ripercussioni anche in ambito economico.

“Abbiamo promesso che faremo di tutto per sostenere gli europei e le imprese europee per fronteggiare la crisi – ha spiegato von der Leyen – ieri abbiamo messo in atto le regole sugli aiuti di Stato più flessibili di sempre per aiutare le persone e le aziende. Oggi attiviamo la clausola per allentare le regole di bilancio, consentendo ai governi di pompare euro nell’economia. Il blocco della nostra vita pubblica è necessario per contenere il virus, ma rallenta pesantemente la nostra economia”, ha poi aggiunto la tedesca.

 

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Quest’ultima non esclude la possibilità di emettere dei coronabond, ossia delle obbligazioni emesse dai singoli Stati nazionali ma garantite da tutti i paesi dell’Unione Europea, allo scopo di finanziare le spese legate al contenimento del virus sia in campo sanitario sia per far fronte alle ricadute economiche delle misure di contenimento. In pratica, significherebbe emettere almeno 500 miliardi di titoli garantiti dalla Bei, la Banca Europea per gli Investimenti, o da altre istituzioni ad hoc (ma non la Bce), allo scopo appunto di combattere il virus nei Paesi più colpiti (in primis l’Italia), e in quelli che lo saranno nelle prossime settimane, soprattutto Francia e Germania, investendo in strutture sanitarie, nuovi ospedali, miglioramento di quelli esistenti, reparti di terapia intensiva, assunzioni di medici e infermieri. (QuiFinanza)

 

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L’attuale Commissario europeo per l’economia, Paolo Gentiloni, asserisce che la possibilità di attivare l’”escape clause” del Patto di Stabilità potrebbe non bastare, con molte resistenze specie tra i Paesi nordici, che rifuggono da qualsiasi mutualizzazione (aiuto reciproco) per il debito. Non a caso viene usata più spesso la formula “coronabond”, dato che parlare di “Eurobond” ad alcuni Paesi equivale a sventolare il drappo rosso davanti a un toro. Il presidente del Parlamento Europeo David Sassoli  ha detto esplicitamente che l’opzione Mes è tra le possibilità sul tavolo. Si vedrà se le ultime resistenze cadranno.

Non si è fatto attendere il commento del Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che sintetizza:

Con una emergenza di questa portata l’Italia ha la necessità di spendere tutto il denaro necessario per poter garantire la tutela dei propri cittadini. […] (La sospensione del Patto di stabilità) ci permetterà di fare tutti gli interventi necessari per sostenere la nostra sanità, le nostre aziende, le nostre famiglie. Siamo in una fase di emergenza e per uscirne abbiamo bisogno di strumenti straordinari.
Dobbiamo far ripartire l’Italia.

Santoro Mangeruca