Inside Out 2: sequel che ricorda la complessità delle emozioni

Inside Out 2
Pixar nella sua migliore forma, con Inside Out 2 ripropone la tematica delle emozioni e manda un messaggio più completo e coerente del primo film. – Voto UVM: 4/5

 

Inside Out 2 è un film d’animazione del 2024 diretto da Kelsey Mann, che segna il suo debutto alla regia. E’ il 28° lungometraggio d’animazione realizzato dalla collaborazione tra Disney e Pixar ed è il sequel del film uscito nel 2015.

Trama di Inside Out 2

In Inside Out 2 Riley ha 13 anni e fino a quel momento, le sue emozioni basilari (Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto), nonostante qualche difficoltà riscontrata (basta guardare gli eventi del primo film), sono riuscite a gestire bene la personalità della ragazzina dal loro Quartier Generale al suo interno. Hanno anche creato una nuova sezione della sua mente chiamata “Senso di Sé”. Lì vengono custoditi i ricordi e i sentimenti che costituiscono la personalità fondamentale di Riley. Per di più Gioia ha inventato un meccanismo che lancia qualsiasi ricordo negativo nel retro della mente di Riley.

Ma l’inizio dell’adolescenza di Riley ha portato anche all’inserimento di nuove emozioni (Ansia, Invidia, Ennui, Imbarazzo e Nostalgia) all’interno del Quartier Generale. All’inizio sembrano amichevoli, ma poi Ansia getta il Senso di Sé nel retro della mente di Riley e, assieme alle nuove emozioni, liquideranno quelle “vecchie” e assumeranno il controllo del Quartier Generale. Questo porterà ad uno scombussolamento nella personalità di Riley, tanto da portarla ad assumere comportamenti insoliti nel momento in cui prende parte al week-end dove si terranno i provini per entrare nella squadra di Hockey. Con le amiche di sempre si comporterà diversamente e cercherà di apparire in un altro modo per farsi accettare dalle altre ragazze della squadra.

Gioia, assieme alle mozioni protagoniste del primo film, cercherà in tutti i modi di recuperare il “Senso di Sé” e riprendere il controllo della personalità di Riley, in modo da farla tornare ad essere la persona che è sempre stata.

Inside Out 2
Ansia, la nuova emozione attorno alla quale gira il film sequel – Fonte: Disney Pixar’s Inside Out 2

Il metodo della Pixar

La collaborazione tra Disney e Pixar ha segnato la storia dell’animazione, partendo da un punto di vista tecnico con l’adozione dello stile della computer grafica e ispirando poi altre case di produzione a realizzare film simili (per esempio Dreamworks con film come Shrek o Illumination come Cattivissimo Me o Super Mario Bros – Il Film). La differenza tra le varie case di produzione sta nel modus operandi adottato per la narrazione delle storie.

Pixar ha sempre realizzato dei film d’animazione capaci sia di divertire che di emozionare. Tratta, con un linguaggio semplice e a tratti anche delicato, tematiche ricorrenti. In questo modo possono arrivanre sia ad un pubblico di bambini e ragazzini, per educarli agli argomenti trattati, che ad adulti, per far avere loro degli spunti di riflessione e le risposte che cercavano (talvolta facendo anche commuovere).

La Pixar è tornata ad essere quella di un tempo?

Ultimamente la Pixar ha avuto delle difficoltà e non ha osato più di tanto, ha deciso dunque di puntare sui cavalli forti e tirare fuori un sequel di uno dei loro film migliori: “Inside Out”. Questa mossa può essere rischiosa e può portare a peccare sull’originalità, ma a volte tirare fuori dal cilindro i vecchi metodi e raccontare nuove storie su personaggi apprezzati dal pubblico è una buona occasione, se sfruttata. Ebbene, dopo anni, “Inside Out” ritorna con un sequel tutt’altro che forzato e risultando addirittura migliore del primo film.

Con “Inside Out 2”, Pixar ha dimostrato di essere in grado di fare del suo meglio ma è ancora presto per dire che è tornata come quella di una volta, perché lo si vedrà col tempo. Ma almeno, “Inside Out 2” può essere un buon punto di partenza (anzi di ripartenza)

Inside Out 2
Nuove Emozioni al comando di Riley – Fonte: Disney-Pixar’s Inside Out 2

Un sequel all’altezza del primo, anzi addirittura superiore 

Nonostante la Pixar sia rimasta nella zona di comfort e non abbia osato più di tanto, ha azzeccato senza ombra di dubbio la strategia vincente per il successo di questo sequel. Saranno anche passati nove anni, ma in realtà sembra che non sia passato neanche un giorno da Inside Out. Con una regia molto semplice e con delle sequenze coloratissime, hanno adottato un linguaggio semplificato alla portata di tutti, al di là dell’età, e ha trattato nel miglior modo possibile la tematica delle emozioni e la complessità che si ha con esse. Il nuovo film ripropone lo stesso messaggio riscontrato nel prequel, ma rappresentato come un’espansione di esso. Questo lo ha fatto rimanere coerente con il primo film e il messaggio è stato reso ancora più completo e realistico.

“Inside Out 2” ricorda la complessità delle emozioni ed invita ad accettare sia quelle positive che negative

Inside Out 2 invita tutti ad accettare tutte le sfumature all’interno di sé stessi e ad abbracciare sia il positivo che il negativo presenti. Non è un male provare certe emozioni, anzi vuole far capire che è assolutamente normale e l’accettazione è il primo passo importante per un equilibrio interiore sano e ben consolidato.

Tra gag divertenti e risate assicurate, tutti i personaggi hanno il loro spazio e giocano un ruolo fondamentale nel film. In più, la ciliegina sulla torta è stata aver realizzato magnificamente un paio di scene commoventi, arrivate al momento giusto e con l’intento di colpire la parte emotiva dello spettatore e portarlo ad un’attenta riflessione, al di là dell’età e dell’esperienza di cui dispone.

L’intento del film è stato raggiunto con successo trattando ancora più delicatamente un argomento piuttosto ricorrente negli ultimi anni: la gestione dell’ansia.

Inside Out 2
Incontro tra Ansia e le altre emozioni -Fonte: Disney Pixar’s Inside Out 2

L’ansia 

Tra le nuove emozioni introdotte, c’è stata Ansia. Un appunto va fatto al doppiaggio, e a Pilar Fogliati, un’artista in gamba che si sta mettendo in gioco in vari ambiti e si sta dimostrando un’artista completa e poliedrica. Ha avuto uno spazio leggermente maggiore e contestualizzato dall’altro scopo che avevano in mente, incastrandosi perfettamente a quello principale.

L’idea di rappresentarla come un’antagonista è stata geniale ed utile allo scopo, ovvero trattare con delicatezza un argomento molto ricorrente e di cui spesso si fa fatica a parlarne. Tutti soffrono d’ansia almeno una volta e si fa fatica ad accettarla, perché la si vede come una nemica.

“Inside Out 2” vuole anche invitare il pubblico all’accettazione dell’ansia ed è assolutamente normale provarla e il fatto di provare un attacco di panico non rende deboli, anzi è l’esatto opposto. E’ un argomento molto delicato e si fa fatica a parlarne, ma l’accettazione di esso è il primo passo.

Lo scontro tra Gioia e Ansia è la metafora del messaggio che vuole trasmettere il film e rappresenta due facce della stessa medaglia. Sono entrambe complementari e devono esserci entrambe, per raggiungere l’equilibrio interiore.

L’ansia può essere un’amica o una nemica, ma qui sta la chiave di tutto. E’ un argomento toccante e nel film è stata rappresentata in tutte le sfumature, con un linguaggio semplice e delicato. Riuscendo a far riflettere ogni spettatore, al di là del fatto che l’abbia vissuta sulla propria pelle oppure no.

 

Giorgio Maria Aloi

WALL•E: dieci anni di modernità

Ci sono momenti nella vita in cui si ha voglia di tornare bambini e non solo nel periodo natalizio. Questa mia “voglia di ringiovanire” è stata agevolata dal servizio di streaming più famoso in Italia (quello che inizia per N, per intenderci), che ha inserito nel suo vasto catalogo una piccola perla della Pixar e della Disney: WALL•E.

Ammetto che non lo avevo ancora visto, ma volevo assolutamente farlo, ed ho colto l’occasione. La mia recensione, quindi, non sarà un’analisi tecnica su un film che ha ormai 10 anni, del quale hanno parlato tantissime testate e critici ai tempi; ma l’opinione di una ragazza di 30 anni (mi piace definirmi ragazza ancora, perché no) che lo ha visto per la prima volta, con un bagaglio di esperienze sicuramente diverso rispetto a una “me” più giovincella.

La regia e la fotografia, oltre che l’animazione, sono veramente ben studiate e costruite; le ho apprezzate davvero tanto, ma il mio commento sarà “più di pancia”.

Il futuro distopico che il film ci sbatte letteralmente in faccia è qualcosa di devastante, catastrofico. Cumuli di spazzatura e città fantasma. Eppure i primi 10 minuti di film sono un concentrato di tenerezza e simpatia. Ci viene presentato questo robottino-compattatore, unico superstite del pianeta Terra, insieme a un piccolo insetto. Un robot particolare WALL•E, curioso, indagatore, che prova anche paura, sensibile, che discerne tra le cose che possono essere ancora utili o gli piacciono. Come una videocassetta con il musical Hello Dolly, che lui ama molto ed allo stesso tempo lo mette di fronte la realtà della sua solitudine concreta.

Questa condizione, però, cambia quando sbarca sul pianeta EVE.

Lei è molto più “moderna” di lui, ma il nostro simpatico e dolce robot cercherà in tutti i modi comunicare con lei e farà di tutto per aiutarla. E’ molto carina questa contrapposizione tra ipertecnologia e oggetti in disuso. Lo stesso WALL•E, per quanto automa, è un “oggetto” vecchio, ma è unico e ricco di personalità.

Questo amore tra “macchine” che, diversamente dal solito, non sono affatto antropomorfe, è di una delicatezza disarmante. Tutto quello che succede nel film dimostra quanto le macchine siano più umane degli uomini stessi. Gli umani, quelli che il pianeta lo hanno distrutto e abbandonato e, peggio ancora, rintronati dalla tecnologia, hanno rovinato loro stessi.

Dieci anni e i temi sono sempre attuali: la natura e il pianeta annientato dalla scelleratezza dell’essere umano, una compagnia multimilionaria che decide sulle sorti dell’intera popolazione, i soldi e il potere. Forse questa cosa dovrebbe farci un po’ riflettere.

Quello che deve farci ancora di più riflettere sono i sentimenti e le azioni positive nel lungometraggio: il coraggio, non solo dei robot, l’amicizia, l’altruismo, insomma tutte quelle cose di cui i film Disney sono colmi solitamente.

Non mi sento, però, di classificare WALL•E come un classico d’animazione qualunque, sarebbe un peccato. Mi ha colpito, mi ha toccato il cuore sin dai primi minuti, anche se per i primi 30 minuti non c’è nemmeno una parola; ma i gesti valgono più di mille parole, si dice. E sono contentissima di averlo visto da “adulta”, perché si colgono molte cose. Consiglio, quindi, a chi non lo ha visto di farlo e a chi lo ha visto, dieci anni fa, di rifarlo, perché lo scoprirete più moderno e attuale di quanto potreste immaginare.

 

https://www.youtube.com/watch?v=Z0D5UQr08Co

Saveria Serena Foti

Taormina Film Fest 2016: Finding Dory, risate e magia

FINDING_DORY_-_Key_Art Un tuffo in un’avventura con la pesciolina più simpatica che tutto ci fa provare fuorché “star zitti e nuotare”.

 

Quante tonalità di blu ha l’oceano?

Dopo 13 anni dall’uscita in sala de “Alla ricerca di Nemo” e grazie all’eccellenza della Pixar abbiamo una risposta: infinite.

Finalmente il personaggio non protagonista , forse uno dei migliori creati dalla casa di produzione californiana, ha il suo film : Dory.

E per la premiere europea quale sala a cielo aperto migliore del Teatro antico di Taormina!

 

Eccoci davanti ad una pesciolina blu affetta da perdita di memoria a breve termine con degli occhioni languidi che viene aiutata dai genitori Jenny (Diane Keaton) e Charlie (Eugene Levy) a dire agli sconosciuti il suo nome e il morbo da cui è affetta.

Con questo flashback inizia il nostro viaggio insieme a Dory, alla ricerca della sua famiglia che la porterà al Parco Oceanografico della California dove la calda voce di Sigourney Weaver ripete “rescue rehabilitation and reintegration”.

Le risate sono assicurate, tutte naturali come le lacrimucce, Dory è un personaggio eccezionale, profondo che si avvicina a tutti noi umani, ai bimbi in primis.

 

Si aggiungono nuovi personaggi quali lo squalo balena Destiny (Kaitilin Olson) , la belunga Bailey (Ty Burrell il Phil di Modern Family) che non sa usare l’ecolocalizzazione , i due leoni marini (Idris Elba) ed Hank (Ed O’Neill il Jay Pritchett di Modern Family) il polipo scorbutico dal cuore (anzi tre) d’oro sono tutti divertentissimi , dalla battuta pronta e mai scontata.

Come tutti i prodotti Pixar è per un pubblico senza età.

 

Al centro c’è la ricerca delle origini, gli affetti , la famiglia che non è solamente quella costituita sul legame di sangue.

Anche sociale-ambientale: siamo catapultati nel mondo del centro di riabilitazione e ci rendiamo conto che i pesci dovrebbero stare nel mare, il personaggio di Hank ne è il simbolo. Dobbiamo rispettare gli animali e gli oceani, proteggere l’ambiente in cui viviamo non il contrario. Non sono un intrattenimento.

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Dory è un personaggio apparentemente semplice, è la metafora del non desistere davanti le avversità anche quando queste sono delle patologie.

Dory è la forza di volontà. Si trasforma in un motto “Cosa farebbe Dory?”.

 

Per questo scendendo gli scalini del teatro antico non potevo smettere di canticchiare (stonata come Ellen De Generes) “Just keep swimming just keep swimmin. What do we do? We swim swim” con gli occhi lucidi di una persona consapevole di aver visto un cartone animato che ha alzato il livello di questo genere ancora più in alto.

Insomma grazie Ellen De Generes per aver insistito per 13 anni con la sua ironia per realizzare un sequel del premio Oscar “Alla ricerca di Nemo” e per essere la perfetta doppiatrice di Dory.

 

Dal 14 settembre andate tutti “Alla ricerca di Dory”!

 

Arianna De Arcangelis