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Tag: #dialogo

Papa Leone XIV: un pontificato tra pace, riforma e ombre irrisolte

Posted on 12 Maggio 202512 Maggio 2025 by Marco Prestipino
Papa Leone XIV: un pontificato tra pace, riforma e ombre irrisolte

CITTÀ DEL VATICANO – “Dio ci vuole bene, vi ama tutti e il male non prevarrà. Siamo tutti nelle sue mani. Pertanto, senza paura, uniti, mano nella mano, andiamo avanti”. Con queste parole, cariche di tenerezza e determinazione, Papa Leone XIV – al secolo Robert Francis Prevost – ha salutato il mondo dal balcone centrale di San Pietro, subito dopo l’“Habemus Papam”. È stata una proclamazione segnata dal richiamo alla pace e alla speranza, ma anche dal peso delle responsabilità spirituali e storiche che la figura del Pontefice porta con sé.

“La pace sia con voi”: il cuore del messaggio

Nel suo primo discorso da Papa, Leone XIV ha richiamato il saluto del Cristo Risorto: “La pace sia con voi”. Ha parlato di una “pace disarmata e disarmante, umile e perseverante”, una pace che nasce da Dio, non dalle strategie umane. Un messaggio universale in un’epoca di guerre, disuguaglianze e paura. Un messaggio politico e strategico, in antitesi alle politiche di riarmo.  Una corsa agli armamenti così simile a quella che ha preceduto e causato la Prima Guerra.

Indulgenza plenaria per l’inizio del pontificato

Nel solco della tradizione, Leone XIV ha concesso l’indulgenza plenaria a tutti i fedeli che, con cuore pentito e devoto, partecipano spiritualmente o fisicamente ai momenti ufficiali di inizio del pontificato. Un gesto che ribadisce il legame tra il nuovo Papa e il popolo cristiano, sotto il segno della misericordia divina.

Un nome, tre significati: Leone Magno, Leone X e Leone XIII

La scelta del nome pontificale unisce tre figure fondamentali. Leone Magno, il Papa che nel 452 d.C. affrontò Attila, il “flagello di Dio”, disarmandolo solo con la parola e la fede. Leone X, che nel 1521 scomunicò Martin Lutero, monaco agostiniano come Prevost stesso, al centro della Riforma. E Leone XIII, autore della Rerum Novarum, madre della dottrina sociale della Chiesa. Il nome, dunque, è sintesi di forza, giustizia e impegno sociale.

Il pontificato: da carica romana a potere universale

L’ufficio del pontefice ha origine nella Roma repubblicana, dove era un ruolo religioso pagano di grande prestigio. Solo in epoca cristiana esso divenne sinonimo del Vescovo di Roma. La pretesa di un primato universale del Papa su tutti i vescovi emerse nel 280 d.C. con Papa Caio, che rivendicò una posizione gerarchicamente superiore, anticipando di fatto il modello di Chiesa centralizzata che si affermerà nei secoli successivi. Leone XIV eredita oggi quel potere antico, chiamato però a reinterpretarlo con spirito di servizio e ascolto.

La missione in Perù e l’impegno sociale

Prevost ha trascorso oltre un decennio in missione in Perù, tra Chulucanas e Trujillo (1985–1998), come priore, formatore e vicario giudiziale. In questi anni si è distinto per l’attenzione ai poveri e alla formazione del clero. Tornato negli USA, ha guidato l’Ordine Agostiniano come priore generale (2001–2013) e nel 2014 è stato nominato vescovo di Chiclayo da Papa Francesco.

Le critiche sulla gestione degli abusi

Non mancano le ombre. Le Ong SNAP e Bishop Accountability accusano Leone XIV di aver mantenuto il riserbo su casi di abusi, senza pubblicare nomi o procedere a indagini canoniche durante il suo episcopato a Chiclayo e la guida del Dicastero per i Vescovi. Secondo Anne Barrett Doyle, “sotto la sua guida, nessun vescovo complice è stato rimosso”. Il 21 luglio 2022, un’indagine sul Sodalicio è stata chiusa e inviata a Roma, ma riaperta solo dal suo successore, mons. Cornejo.

Un motto per la comunione: “In Illo Uno Unum”

Il suo motto episcopale, tratto da Sant’Agostino, è “In Illo Uno Unum” – “In Colui che è Uno, siamo uno”. È un invito all’unità nella diversità, una Chiesa universale come comunione di fratelli in Cristo, non come struttura di potere.

Un pontificato tra storia e futuro

Papa Leone XIV si affaccia sulla scena mondiale con la volontà di essere ponte tra passato e futuro. Forte di una tradizione millenaria ma consapevole delle nuove sfide: l’intelligenza artificiale, le migrazioni, la guerra, le ferite ancora aperte degli abusi. La storia ricorda che Lutero era un agostiniano; oggi, un agostiniano guida la Chiesa cattolica romana. È l’ora del dialogo, della riforma e della verità.

Marco Prestipino

Posted in AttualitàTagged #abusi, #dialogo, #ecumenismo, #Leone Magno, #leoneXIV, #Lutero, #Papa, #papato, #peru, #vaticano, elezione, Roma

Le parole sono importanti. Davvero

Posted on 25 Giugno 201814 Settembre 2024 by Redazione Eventi

Le parole sono importanti.
Lo diceva Nanni Moretti in “Palombella rossa” e sì: le parole sono veramente importanti.
Quello a cui stiamo assistendo nelle ultime settimane nel nostro paese sembra surreale, non solo per usi ed abusi del linguaggio ma per provenienza: dalle “istituzioni”.
Matteo Salvini è il ministro dell’interno e vicepresidente del consiglio ed è l’emblema assoluto dell’abuso dei verba.
Dalla questione Aquarius e le aberranti affermazioni, passando per quelle su Giulio Regeni e per ultimo l’attacco a Roberto Saviano c’è stata una escalation di toni e termini.
Da un soggetto che ricopre una carica istituzionale tutto ciò è inaccettabile.

È demagogia di basso rango, per il fine ultimo dell’ acclamazione del popolo (soprattutto quello dei social) la cui rabbia, xenofobia e insofferenza aumentano di giorno in giorno.
“I rom italiani purtroppo te li devi tenere a casa” è una frase che può sembrare settoriale ma nasconde dietro di sé una logica perversa “fai parte di una minoranza che non tollero ma purtroppo sei italiano quindi devi stare qui” ma ciò non toglie che ti possa ridurre all’osso i diritti.
È bastata una semplice frase per abbattere una protezione della comunità, per autorizzare comportamenti negativi da parte degli intolleranti.
Categorizzare, selezionare individui sulla base di caratteristiche fisiche, etniche, religiose, i luoghi comuni che i migranti sono tutti stupratori e ladri, che le studentesse straniere siano in cerca di “facili divertimenti” e promuovere l’intangibilità delle forze dell’ordine sono terreno fertile per derive nazionaliste, totalitarie ed autoritarie.

 

https://youtu.be/so51Q8w1xlE

 

Ed è il contrasto tra la rabbia di alcuni e l’apatia di altri che a me ricorda un sermone del pastore Martin Niemöller e che per ora è ricominciato a girare molto sui social :

“ Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c’era rimasto nessuno a protestare”

Parafrasata poi in “Yellow triangle” di Hue and Cry:

“Quando vennero per gli ebrei e i neri, distolsi gli occhi
Quando vennero per gli scrittori e i pensatori e i radicali e i dimostranti, distolsi gli occhi
Quando vennero per gli omosessuali, per le minoranze, gli utopisti, i ballerini, distolsi gli occhi
E poi quando vennero per me mi voltai e mi guardai intorno, non era rimasto più nessuno.”

 

 

Così iniziano tutti i regimi autoritari e la comunicazione è l’arma principale.
Basta con le frasi fatte, il lupo è qui ed è necessario fare i conti con la realtà e questa retorica povera di termini e sostanza.
E chi si trova in una posizione di visibilità, non parlo solo dei politici, ma anche dei giornalisti, professori, conduttori, i quali le distorcono, ne abusano, sviando la capacità dell’auditorium di seguire il filo logico del discorso e quindi di comprendere e controbattere.
Hanno il grande privilegio e potere di dialogare con gli altri e in questo caos la condotta migliore sarebbe in favore di quella eguaglianza sociale per cui si è tanto combattuto. Raccontare gli esseri umani avendone rispetto. Non è con l’insulto o le urla che si costruisce un futuro dignitoso.
E questo va ovviamente ricondotto ad entrambi i dialoganti.

Basta andare su un video di Youtube della Boldrini o la Kyenge per leggere le peggiori nefandezza, palate di odio, violenza, parole e frasi disgustose. Le peggiori voglie delle persone sono messe lì in piazza davanti a tutti, youtube, twitter, facebook.
Le parole spiazzano per il delirio rancoroso e la facilità con cui l’essere umano cade nella cattiveria, nella necessità del dire o fare del male.
Il web ha snaturato un dibattito in una competizione a chi prende più consenso, per affermazioni prive di contenuto e dovuta conoscenza.
Accade il contrario di ciò che urlava Moretti in “Sogni d’oro” : “Non parlo delle cose che non conosco!”.
Frase che si dovrebbero ripetere diversi soggetti della nostra classe politica, quelli che si vantano di essere uguali a noi e spesso peggiori di noi. Una volta augurare il male altrui era fortemente criticato dal sistema di valori nostrano, oggi alcuni dei soggetti di riferimento promuovono il desiderio del male altrui.

https://www.youtube.com/watch?v=TklpVzeFhgo

L’umanità è complessa, siamo entità complesse e solo conoscendo possiamo difenderci.
La parola è l’essenziale, comprendere quelle dette da altri e usare sapientemente le proprie. Lo studio non è solo preparazione al mondo lavorativo, leggere un libro non è solo un diletto. La cultura è necessaria.
La realtà è un compromesso con l’altro. La nostra realtà si incontrerà quotidianamente con quella di qualcun altro e ai negoziati non ci si può trovare impreparati.
Il lupo affamato e rabbioso è qui e bisogno affrontarlo.
Le parole sono importanti, pensiamole bene, scegliamole con responsabilità e usiamole con coraggio perché sono ciò di cui abbiamo veramente bisogno in questo momento storico.

 

 

Arianna De Arcangelis

 

 

 

Posted in Redazione UniVersoMeTagged #dialogo, Editoriale, italia, moretti, parole, salvini, universome, uvm

“Il vertice non si farà”. Troncato il dialogo Trump – Kim

Posted on 25 Maggio 201825 Maggio 2018 by Redazione Attualità
“Il vertice non si farà”. Troncato il dialogo Trump – Kim

 

“Per il bene di entrambe le parti, ma a svantaggio del mondo, il meeting di Singapore non si svolgerà”. Donald Trump, ha declinato così l’invito nordcoreano per il summit previsto per il 12 giugno.

In una lettera al dittatore Kim Jong-un, resa pubblica dalla Casa Bianca, il presidente USA sembrerebbe rimasto alquanto offeso dalle ultime dichiarazioni del vice ministro degli Esteri di Pyongyang, Choe Son Hui, tanto da mandare in fumo l’atteso incontro di giugno a Singapore.

Alle minacce del vice presidente Usa Mike Pence – il quale aveva avvertito Kim che avrebbe potuto “fare la fine della Libia” e sarebbe stato un grave errore sfidare Trump – la ministra nordcoreana avrebbe risposto con altrettante provocazioni definendo Pence ignorante e stupido e proponendosi di spingere Kim a far saltare il summit.

“Non imploreremo gli Usa per il dialogo, né ci prenderemo il disturbo di persuaderli, se non vogliono sedersi con noi”, aveva concluso.

Eppure di passi avanti sembrava ce ne fossero stati, anche se per molti sembrerebbero far parte dello “show” di facciata della Corea del Nord.

In primis, la liberazione dei tre cittadini americani da mesi prigionieri nei campi di lavoro del regime. Con l’arrivo degli ostaggi in patria, lo stesso Trump aveva sottolineato come Kim in quella vicenda si fosse comportato in maniera eccellente.

E poi, soprattutto, la chiusura del sito nucleare di test nucleari Punggye-ri, avvenuta proprio qualche ora fa. Una cerimonia svoltasi in pompa magna, alla presenza di giornali e tv di tutti i continenti, che rappresenterebbe un punto fermo verso il complesso cammino per denuclearizzare la penisola, il punto focale della discussione tra USA e Corea del Nord.

Il sito dei test nucleari di Punggye-ri è stato distrutto da una serie di cariche esplosive

Un’operazione d’immagine, appunto, come riporta il giornale sudcoreano Daily NK, perché il governo nordcoreano si starebbe adoperando per mettere al riparo le proprie armi nucleari. E’, almeno, quanto sembra suggerire la recente decisione di nominare Chagang – provincia a confine con la Cina – “zona rivoluzionaria speciale del Songun” e, quindi, come zona militare strategica.

Nelle stesse ore in cui si stava smantellando il sito nucleare, dunque, il presidente Trump scriveva

“Lei parla delle vostre capacità nucleari, ma le nostre sono così imponenti e potenti che io prego Dio affinché non debbano mai essere usate”.

Parole che ogni volta che vengono pronunciate fanno riaffiorare sensazioni già assaggiate, vecchie, e che hanno fatto tremare il mondo per mezzo secolo. Scosse che dall’ultimo insediamento alla Casa Bianca, sembrano essere aumentate in frequenza.

Da minaccia a commozione, poi, è un attimo. Si legge nel passaggio successivo della lettera:

 “Sentivo che tra lei e me stava nascendo un dialogo meraviglioso. Un giorno, spero davvero di incontrarla.”

Anche nel tweet di @realdonaldtrump, il presidente sembrerebbe molto triste.

Paradosso dei paradossi, la perdita di possibilità di intaolare una discussione con la Corea del Nord, sarebbe per lo stesso Trump boicottatore, la fine di una grande opportunità per il mondo per una pace duratura.

“Quest’occasione persa è davvero un momento triste nella storia”, conclude il tycoon prima di congedarsi amorevolmente con “Sincerely yours” dal dittatore.

Alla fine dei conti, tutto sembrerebbe sviare l’attenzione dalle vere intenzioni. L’espediente del rendere pubblico, sembrerebbe ad oggi, un’ arma a doppio taglio, un triste paradosso: mostrare per occultare meglio.

Alla fine dei conti, della coerenza neanche l’ombra. Né a Ovest né ad Est.

Martina Galletta

 

Posted in AttualitàTagged #cina, #coreadelnord, #dialogo, #kim, #kimjongun, #nucleare, #singapore, corea, mondo, pace, trump, usa
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