Covid-19, primo studio: su quali superfici e per quanto tempo sopravvive il virus

Siamo in piena pandemia da Coronavirus. Ridurre al minimo gli spostamenti, distanziamento sociale, igiene personale accurata, disinfezione quotidiana di superfici: sono solo alcuni degli accorgimenti che in questo periodo è consigliabile (se non obbligatorio) seguire.

Disturbo ossessivo compulsivo per l’igiene o pericolo reale?

È sicuramente possibile che un soggetto infetto possa depositare, inconsapevolmente, il virus toccando oggetti vari dopo aver tossito o starnutito nella propria mano, o non schermando correttamente un colpo di tosse o starnuto (per questo motivo viene indicato di starnutire o tossire nel proprio gomito). Sappiamo infatti, che i virus possono sopravvivere su determinate superfici per un tempo indeterminato.

Quanto tempo resiste il Coronavirus?

Se prima la durata della sopravvivenza del virus sulle superfici non era certa, adesso emergono i risultati del primo studio. Questa ricerca conferma come sia considerevole la trasmissione del virus attraverso vie “indirette” (attraverso le nostre mani toccando superfici infette e poi portandole, senza renderci conto, alla bocca, negli occhi o nel naso).

Il lavoro, pubblicato sulla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine, spiega come il virus potrebbe sopravvivere su varie superfici da alcune ore fino a tre giorni. La particolarità di questo studio è di aver valutato, oltre alla permanenza del microrganismo, anche la sua capacità di infettare col passare delle ore.

I ricercatori, attraverso particolari tecniche, hanno simulato la diffusione del virus da parte dell’uomo su varie superfici.  Sono state analizzate quattro diverse tipologie di materiali: plastica, acciaio inossidabile, rame e cartone. Successivamente è stato verificato anche come la capacità infettiva dalla deposizione, cambi nel tempo. Gli esperimenti sono stati condotti in condizioni di temperatura ambiente, ovvero 21-23°C e 40% di umidità relativa.

In base ai risultati ottenuti sembra che il SARS-CoV-2 sia molto stabile sulla plastica e sull’acciaio inossidabile rispetto al cartone e al rame. Per quanto riguarda i primi due tipi di materiale è stato rilevato che il virus permane per 72 ore sulla plastica e 48 ore sull’acciaio inossidabile. Sembra invece che non gradisca molto il rame e il cartone, dove resiste rispettivamente per non più di 4 ore e 24 ore.

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Ma la possibilità di infettare resta costante per tutte queste ore?

A prima vista questi dati possono spaventarci, però lo studio ha dimostrato che, nonostante il SARS-CoV-2 rimanga vitale su queste superfici per un periodo così lungo, la sua carica virale precipita nel tempo, ovvero si riduce la sua capacità di infettare. Nel caso della plastica e dell’acciaio inossidabile, dopo rispettivamente 6 e 7 ore, si ha il dimezzamento della capacità infettiva.

I dati ottenuti sono molto simili a quelli riscontrati in altri studi effettuati sul SARS-CoV-1 (il ceppo che causò SARS nel 2003). Quest’ultimo permane più tempo sul rame (8 ore) e meno sul cartone (8 ore). Per quanto riguarda gli altri due tipi di materiali i due ceppi presentano una permanenza e un dimezzamento della carica virale pressoché uguale.

Come possiamo proteggerci?

L’utilizzo di disinfettanti a base di alcol o candeggina rimane sempre un sistema valido in grado di ridurre al minimo la possibilità di contrarre l’infezione. Da non dimenticare però che tra le prime raccomandazioni nel prevenire la diffusione del Coronavirus c’è il lavaggio accurato delle mani (ne avevamo già parlato in un articolo precedente).

Questi dati non fanno altro che confermare che un’adeguata igiene personale e delle superfici è fondamentale per prevenire la contaminazione. La fonte principale rimane sempre il contatto interumano, ma non è da trascurare un contagio attraverso superfici infette. Il rischio di contrarlo con questa seconda modalità si riduce dopo alcune ore, ma si azzera completamente solo dopo due o tre giorni.

Non solo contro il Coronavirus, ma sempre, lavarsi le mani serve!

Georgiana Florea

Nuova ordinanza De Luca: i quattro punti per l’attraversamento dello Stretto

Che mi arrestino pure ma non permetterò più sbarchi incontrollati!

Questa è stata la dichiarazione del sindaco di Messina Cateno De Luca in diretta nazionale, nella trasmissione pomeriggio 5.

Il caso messinese è arrivato sotto i riflettori dopo il braccio di ferro fatto dal primo cittadino con i provvedimenti del governo nazionale in materia di spostamenti della popolazione.

Dopo una prima colluttazione avvenuta giorni fa con il prefetto, De Luca torna all’attacco, pronto a difendere il territorio cittadino e siciliano da un possibile incremento dei contagi che, sfortunatamente, il nostro sistema sanitario non reggerebbe.

Giornale di Sicilia

Dopo aver ordinato numerosi controlli al porto della nostra città e schierato la polizia municipale a vigilare l’area è giunto a emanare un’ordinanza in materia.

Si tratta della numero 333 del 24 marzo 2020.

L’ordinanza si apre con alcune considerazioni.

Afferma che nonostante i divieti disposti continuano a registrarsi cospicui spostamenti navali e ferroviari. Infatti nei controlli effettuati in data 23 marzo, su 23 veicoli, 6 di questi, per un totale di 10 persone risultavano non possedere una motivazione valida allo spostamento.

Chiarite le motivazioni, espone in quattro punti la nuova organizzazione in materia di spostamenti.

Il primo punto stabilisce l’obbligo, per il trasporto navale e ferroviario, di creare una banca dati nella quale dovranno essere inseriti i nominativi dei passeggeri, le ragioni dello spostamento, il luogo da raggiungere e l’indirizzo dove si intende trascorrere l’autoisolamento.

Nel secondo punto si afferma che è l’attività di prenotazione del titolo di viaggio dovrà essere fatta almeno 24 ore prima della partenza prevista. Il lasso di tempo serve a verificare i dati del viaggiatore (per la banca dati del primo punto) e per stabilire se dispone di valida motivazione per lo spostamento.

Il terzo punto dispone la necessità di condividere i dati raccolti con:

– alla Presidenza della Regione Siciliana

– il Comune di Messina

– il Comune di destinazione finale del viaggiatore

La finalità è quella di effettuare un monitoraggio efficace.

Il quarto punto invece riguarda i pendolari dello stretto, cioè quei viaggiatori in possesso di valide motivazioni per lo spostamento. A queste persone sarà attribuito un codice identificativo, dopo la registrazione iniziale, in modo da consentire il passaggio quotidiano sul territorio.

L’ordinanza si conclude rinnovando la presenza di controlli della polizia municipale nell’area del porto, in modo da garantire maggiore vigilanza e sicurezza.

 

Angela Cucinotta

Perché la diffusione di Covid-19 è correlata all’inquinamento?

Il rispetto dell’ambiente è un principio che viene insegnato ai bambini dai primi anni di scuola per sensibilizzarli al più grande problema della nostra umanità: l’inquinamento. Da sempre l’uomo ha modificato la natura per adattarla ai suoi bisogni, ma, dal settecento con la prima rivoluzione industriale, questi processi si sono intensificati. Sono così emerse nuove patologie che prima erano poco note. Basti pensare alle neoplasie polmonari, alla maggiore suscettibilità alle infezioni respiratorie, ma anche ad allergie, pneumoconiosi, intossicazioni alimentari da metalli e tante altre.

Quali sono le fonti principali del danno ecologico?

Ciò che ci preoccupa maggiormente è l’inquinamento atmosferico, le cui cause principali sono il traffico veicolare e le emissioni industriali. Fra gli inquinanti più rappresentati nell’aria abbiamo il monossido di carbonio, i nitriti, il benzene, gli idrocarburi policiclici aromatici ed altri. Tutte sostanze riconosciute come cancerogeni certi o probabili dalla IARC (International Agency Research on Cancer). L’inquinante più temibile è però rappresentato dal particolato, formato da particelle aereo-disperse che trasportano componenti organiche e non e le veicolano nelle vie aeree. Distinguiamo essenzialmente, a seconda della dimensione, PM10 con diametro inferiore a 10 micron e PM2,5 con diametro inferiore a 2,5 micron, ma ne esistono anche di più piccole (PM1, PM0,1). Più sono piccole maggiore è la loro capacità di infiltrarsi nelle vie respiratorie e causare un danno.

Cosa sta succedendo in questo periodo?

Negli ultimi giorni hanno fatto scalpore le immagini da satellite prima della Cina ed ora del nostro paese. Queste dimostrano come, già nei primi tempi di “lockdown” per l’emergenza Coronavirus l’inquinamento sopra le nostre teste sia fortemente diminuito. Nell’immagine sopra si può osservare il confronto della situazione in Italia a metà gennaio (sinistra) con quella dei nostri giorni (dati rilevati dal satellite Sentinel-5P dell’Agenzia Spaziale Europea, ESA). Purtroppo ciò non è l’unico legame che l’inquinamento ha con l’attuale epidemia di COVID-19. Un’analisi congiunta delle Università di Bologna e Bari ha correlato i livelli elevati di PM10 ad un aumento della diffusione dell’infezione. Secondo quanto riportato, il particolato fungerebbe da carrier per il virus. Ecco perché nella pianura padana, dove le attività industriali e lo smog sono cospicui, il virus si sarebbe diffuso così velocemente. Un’espansione, almeno all’inizio parzialmente limitata al nord Italia, per la geografia del territorio che appare chiuso dalle Alpi ai confini.

Un vecchio studio cinese ci aveva avvisato

Andando indietro nel tempo, al novembre 2003, si può trovare uno studio ecologico cinese che aveva rapportato la qualità dell’aria all’epidemia di SARS. Le città che pagarono un maggior prezzo in termini di mortalità furono quelle in cui l’indice di inquinamento atmosferico (API) era più elevato. Anche per loro la spiegazione principale era legata al maggior trasporto del virus PM10-mediato. Ovviamente c’è anche una plausibilità biologica: l’esposizione ad una dose maggiore di inquinanti atmosferici compromette la funzionalità polmonare (come fa il fumo di sigaretta del resto) così da poter causare dei quadri clinici di polmonite più gravi. Inoltre l’inquinamento ostacola l’attività di un particolare tipo di cellule, ovvero i macrofagi alveolari, che rappresentano l’ultima barriera di protezione del nostro sistema respiratorio dai patogeni che penetrano fino a livello alveolare.

L’analisi ecologica cinese fu condotta in 5 regioni con almeno 100 casi di SARS: Guangdong, Shanxi, Hebei, Beijing e Tianjin. Queste furono distinte in base all’API tra i mesi di aprile e maggio 2003 in regioni a basso, moderato ed alto indice di inquinamento e si è valutata la mortalità per SARS nei tre gruppi nello stesso periodo. I risultati, sintetizzati nel grafico cartesiano sopra, furono i seguenti:

  • Su 1546 pazienti analizzati residenti in regioni a basso API, 63 sono morti per SARS con una percentuale di fatalità del 4,08%;
  • Tra 3590 pazienti provenienti dalle regioni ad indice moderato, ne sono decedute 269 (mortalità del 7,49%);
  • 17 morti su 191 pazienti nelle zone ad alto API, con l’8,90% di mortalità.

Da ciò possiamo dedurre una buona correlazione tra la qualità dell’aria ed il diffondersi di epidemie virali. Anche per questo la tutela dell’ambiente in cui viviamo deve essere quindi un argomento primario. Tutti i paesi sviluppati del mondo devono porre attenzione senza appoggiarsi alla politica dello slogan e favorendo l’avvento delle rinnovabili come unica fonte energetica. Gli obiettivi 20-20-20 prevedevano: riduzione del 20% delle emissioni di CO2, riduzione del 20% della richiesta di energia ed aumento del 20% delle fonti rinnovabili entro il 2020. Il 2020 è arrivato e dobbiamo fare un passo in più. Il pianeta si ribella e noi ora ne siamo vittime, ma bisogna ricordare che ne siamo stati anche i carnefici.

Antonio Mandolfo

Bibliografia

https://www.ilsole24ore.com/art/l-inquinamento-particolato-ha-agevolato-diffusione-coronavirus-ADCbb0D

https://www.focus.it/scienza/salute/coronavirus-covid-19-smog-inquinamento-lombardia

https://ehjournal.biomedcentral.com/articles/10.1186/1476-069X-2-15

 

 

 

 

 

 

 

Coronavirus: calo dei contagi al nord e si riduce l’esodo al sud. I numeri dei rientri in Sicilia

Quella che si è appena aperta sarà una settimana cruciale nella lotta al virus che sta mettendo in ginocchio il mondo. L’ultimo report diffuso dalla Protezione civile sull’emergenza corona-virus appare come una speranza flebile ma dal valore simbolico ed emotivo enorme, soprattutto per il Nord d’Italia. Al Sud, invece, il numero dei contagi sembra andare in tutt’altra direzione.

Il dato nazionale dei nuovi contagi è 3.957, comunque tanti, ma meno rispetto ai 4.921 casi del giorno prima. Cala lievemente anche il numero dei nuovi decessi: nella giornata di domenica 142 in meno rispetto al giorno precedente.

L’importante rallentamento di decessi e contagi si registra soprattutto in Lombardia – regione in prima linea nella lotta al virus – è un dato che, se confermato dai prossimi bollettini, dovrebbe portare tra una settimana anche a un primo ma decisivo decongestionamento delle terapie intensive lombarde, vere e proprie trincee di guerra presiedute da medici ed infermieri, eroi del quotidiano.

Il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli negativo tra l’altro al tampone effettuatogli, parla di dati in controtendenza ma prega di  non abbassare la guardia.

Il presidente del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli definisce il dato “in lieve deflessione” ma invita severamente a “non farsi prendere da facili entusiasmi” né “a sopravvalutare questa tendenza” perchè questa  settimana sarà  assolutamente cruciale.

L’impatto concreto delle severe misure, dunque, lo potremo valutare solo a fine mese, non da un giorno all’altro, anche perchè se al nord il virus potrebbe allentare la presa, al sud sembra essere appena iniziata la lotta al virus, con una consistente accelerazione dei contagi.

L’annuncio del premier Giuseppe Conte sull’ulteriore stretta alle attività produttive ritenute non di primaria importanza ed il nuovo decreto che blocca tutti gli spostamenti dal comune dove si risiede hanno arginato i rientri ma, di fatto, l’esodo al sud non sembra essersi esaurito del tutto.

Nonostante le misure disposte sia dall’Esecutivo che dalla Regione Sicilia, gli sbarchi di questi giorni nelle città dello Stretto confermerebbero l’inarrestabilità del flusso dal nord d’Italia e dall’estero, anche se – comunque- si è registrato un calo consistente dei rientri.

 

Le code createsi agli imbarchi che ieri sera hanno allarmato la popolazione sarebbero dovute solo ai severi controlli e al termoscanner effettuato sui passeggeri.

Di seguito vi riportiamo i numeri contenuti nel report diffuso dal Gruppo Caronte & Tourist – l’azienda che gestisce il transito sullo Stretto in merito alla situazione di questi giorni agli imbarchi per la Sicilia.

Domenica sono partiti da Villa San Giovanni verso la Sicilia 551 passeggeri, in netto calo rispetto ai 739 del giorno prima, ai 729 di venerdì e ai 923 di giovedì.

Sono state 239 le auto imbarcate, secondo i dati di Caronte & Tourist. Il giorno prima, sabato, le auto erano state 319 per 739 passeggeri.

A tutti i viaggiatori è stata misurata la temperatura.

In poco più di una settimana, dal 13 marzo a ieri, sono stati 12.265 i siciliani rientrati su 3.869 auto. Ma nello stesso periodo sono partiti per Villa San Giovanni 8.877 passeggeri su 2.407 auto.

La situazione resta comunque poco serena al sud dove negli ultimi giorni l’effetto dei “contagi da rientro” delle scorse settimane sta, tra l’altro, esponenzialmente aumentando.  

“Siamo arrivati al massimo delle misure di prevenzione del contagio in termini di attività sociali e lavorative”, ha spiegato Ranieri Guerra dell’OMS che aggiunge, “è importante frenare il contagio inter-familiare, l’altro grande motore di diffusione del virus”.

L’appello è rivolto in particolare ai 23.000 positivi che si trovano in isolamento domiciliare: “occorre limitare i contatti esterni per interrompere la catena di trasmissione”, ha osservato Guerra.

Bisogna tenere duro, è questo l’appello lanciato dalle nostre autorità.

Mai come in questo momento sono necessari buon senso e responsabilità, solo così si potrà abbattere questo nemico invisibile.

Antonio Mulone

Martina Galletta

L’insostenibile fragilità dell’essere

Se per alcuni #andràtuttobene, per altri è già andato tutto male. Il Sars-Cov-2 monopolizza l’attenzione di tutto il mondo, non si parla d’altro perché non si può parlare d’altro, non ci si riesce. E’ entrato nelle nostre vite partendo dall’essere un lontano focolaio in una città cinese all’essere il protagonista della pandemia del ventunesimo secolo. 

Giorgio De Chirico – Piazza d’Italia

Castelli di sabbia

Queste giornate di quarantena rivoluzionano i concetti di tempo, ora dilatato e fin troppo governabile, e di distanza, da un metro l’uno dall’altro al blocco aereo.

Un’evenienza simile non l’avevamo mai vissuta, e nemmeno i nostri genitori. L’esperienza più simile a questa possiamo averla letta al più in qualche libro di fantascienza, vista in un film post-apocalittico, giocata in un videogame.

L’idea di quel mondo,  l’unico che abbiamo potuto vivere fino all’inizio della pandemia, si sgretola come un castello di sabbia sotto i colpi della realtà. Lo avevamo costruito immaginandolo sotto controllo: non potevamo immaginarlo diversamente. 

Lo abbiamo posto sul binario dritto e ad unica direzione del progresso, proiettato al futuro, pieno di cuscinetti che avrebbero attutito le cadute, impedito le situazioni più esasperate. Certo, sapevamo delle guerre ancora in corso, della crisi economica, del riscaldamento globale, delle previsioni negative per il futuro: eravamo più o meno coscienti di queste realtà, lontane, non tangibili, ripetute; erano lì ed in qualche modo avremmo risolto. Ancora niente aveva fatto crollare il nostro castello.

Giorgio De Chirico – Il trovatore

Mani, cuore, polmoni

E’ stata la cosa paradossalmente più naturale a farci scoprire qual è il vero comune denominatore dell’uomo e delle strutture sociali che ha creato: la fragilità.

Il virus ci ricorda che abbiamo un corpo e che dipendiamo da quello. Ce ne dimentichiamo continuamente finché non ci ammaliamo: siamo fatti di carne, di ossa, di liquidi. Per respirare abbiamo bisogno di polmoni, ma non quei polmoni che vediamo nelle immagini, bensì quelli che puoi toccare, che possono riempirsi di ossigeno o toglierci il respiro. Siamo fatti di mani che si toccano, di una bocca ed un naso che possono contagiare mortalmente con un bacio. In un mondo in cui il silenzio è una patologia, sommersi da notizie, drogati di stimoli, diamo per scontato di essere vivi perché c’è un cuore che batte ed un respiro più o meno costante.

Lo senti il movimento dell’aria che entra nel torace? Senti come si muove? Abbiamo bisogno di questo, niente di astratto. Eppure, anche se non ci pensiamo, abbiamo un timer di circa due minuti di vita rimanente, ogni volta che respiriamo si resetta.

Fare i conti con la fragilità dell’essere al mondo non è facile. In realtà non ne facciamo esperienza vera finché non siamo interessati in prima persona. Si tratta, in questo momento, solo di un rapporto molto più vicino, un rapporto obbligato che dobbiamo saper instaurare per rispettare restrizioni da quarantena e saper bilanciare per non impazzire. Un rapporto con l’essere che, parafrasando il titolo del noto romanzo di Milan Kundera, può risultare insostenibile.

Miti da sfatare

Oltre la fragilità individuale stiamo osservando la fragilità collettiva, di tutto quel mondo che credevamo indistruttibile, monolitico; quel mondo che sarebbe cambiato solo per non far cambiare nulla. Eppure le borse crollano, le aziende chiudono, si prevede un periodo di recessione economica globale. Nel frattempo i Governi si muovono scoordinati, impacciati, in maniera asincrona, i contagi aumentano, le vittime pure.

L’Unione Europea non ha saputo mostrarsi compatta contro la pandemia, lusso che non poteva concedersi vista la crisi d’identità che l’attanaglia ormai da qualche anno. Qualora non dovesse riuscire ad essere il cemento tra i vari Paesi, metterebbe a rischio la sua esistenza e la tenuta della democrazia nei singoli Stati. Per quanto possa sembrare al lettore un pensiero già sentito e risentito, ora bisogna coglierne il rischio concreto.

Il Sistema Sanitario Nazionale italiano è l’unico castello di sabbia ad aver dimostrato di poter reagire efficacemente, ma lotta oltre il proprio limite. Da tempo eravamo a conoscenza dell’inadeguatezza delle strutture, della carenza del personale, dei fondi insufficienti; oggi gran parte dei pazienti muoiono senza essere mai entrati in terapia intensiva per mancanza di posti.

Credevamo, forse, che per quanto fosse fragile, questo castello avrebbe continuato a reggere? O forse lo avremmo piacevolmente buttato giù noi in favore di una privatizzazione della sanità?

La fragilità con cui oggi facciamo i conti è quindi sia individuale sia collettiva.

Giorgio De Chirico – Ettore e Andromaca

Be fragile, be strong

Per quanto riguarda la prima fragilità, quella individuale, il periodo di isolamento può essere sfruttato in modo terapeutico. La noia è neurologicamente salutare. Finora abbiamo vissuto sovrastimolati da una moltitudine non fisiologica di input esterni che inducono in noi una condizione nota come hyperarousal (iperveglia). Una quantità di stimoli tale da poterli vivere solo in modo passivo, ai quali non seguono output di rielaborazione, di idee, di creatività. Sapersi fermare è utile a saper camminare, sia in senso letterale sia in senso figurato.

Imparare a stare con se stessi, a sopportare i propri pensieri, le proprie contraddizioni, a rivalutare le proprie scelte: è questo che la solitudine ci offre. Saper stare soli è prerogativa fondamentale del saper stare insieme. Mi rendo conto di quanto questo possa suonare moralistico, ma chi lo scrive lo fa per convincere se stesso ad iniziare a farlo.

La seconda fragilità, quella collettiva, sarà la risultante dei vari lavori interiori che i suoi componenti riusciranno a compiere. Quando il mondo vincerà la pandemia – perché sì, vinceremo – niente sarà più lo stesso. Si tratterà di un vero e proprio dopo guerra: lo scenario economico è catastrofico, quello umano imprevedibile. In base a quanto ed al modo in cui lo Stato e le Organizzazioni Internazionali riusciranno a far fronte a questa crisi post-critica potremo vedere minacciata la tenuta dei Governi.

Con uno sguardo più ottimistico, però, possiamo ipotizzare una straordinaria sincronizzazione emotiva di massa, medicina all’individualismo improduttivo dei tempi moderni.

Potremo riscoprire progetti e sogni comuni. Una sanità che sia pubblica ed efficiente, un’attenzione cruciale all’ambiente, un’economia al passo con il mondo, una politica dai toni adeguati e dai contenuti rilevanti. La nostra fragilità è la chiave di lettura del momento per il futuro. Accettiamola.

Antonio Nuccio

 

Conte:”la crisi piú difficile dal dopoguerra”

Nella drammatica giornata di ieri , il premier Conte si é nuovamente espresso attraverso una diretta facebook dopo le ore 23, per annunciare nuove misure restrittive contro il covid-19. Le misure  momentaneamente sono previste dal 23 marzo fino al 3 aprile. La cruciale decisione annunciata in tarda serata dal premier, risulta necesseria a seguito dei dati  critici sul piano dei contagi e dei morti.

Sotto l’azione sempre piú insistente da parte di regioni, sindacati e dall’opposizione, il premier dà il via ad ulteriori restrizioni estese a tutto il territorio italiano.

Questa é la sfida piú difficile dal dopoguerra” premette. Per poi annunciare:

chiuderanno tutte le attivitá produttive non cruciali. Ma resteranno aperti supermercati alimentari, farmacie e parafarmacie. Saranno garantiti i servizi essenziali: bancari, postali, assicurativi, finanziari e i trasporti”.

A premere su questa drastica decisione sono state soprattutto le spinte da parte delle regioni. I rispettivi governatori della Lombardia e del Piemonte Attilio fontana e  Alberto Cirio in precedenza si erano giá espressi, firmando delle ordinanze per ulteriori misure restrittive.

Il presidente del Piemonte Cirio ha dichiarato: “chiudiamo tutto quello che é possibile chiudere con i poteri delle regioni.” Nel caso della Lombardia chiusi uffici pubblici,studi professionali,cantieri e attivitá all’aperto.

Il resoconto dei dati sui contagiati di coronavirus in Italia risulta essere negativo. Si registra un ammonto totale di 42.681 casi positivi e un numero di vittime  attualmente pari a 4.825. É fondamentale -pertanto – la decisione del premier Giuseppe Conte della scorsa notte di procedere alla chiusura totale delle attivitá non essenziali.

Le nuove disposizioni del covid-19

Le nuove disposizioni  prevedono l‘apertura dei negozi alimentari, discount , ipermercati  senza limiti di orario, rispettando le misure precauzionali del metro di distanza e indossando le apposite mascherine con guanti monouso poiché devono essere garantiti  normalmente i generi alimentari per il fabbisogno quotidiano dei cittadini.

Non sono previsti cambiamenti sulla produzione, sul trasporto e l’acquisto di medicinali. Farmacie e parafarmacie, dunque, resteranno aperte.

Edicole e tabbacai continueranno ad essere aperti, ma con l’obbligo di accesso ad una sola persona per  volta.

Blocco totale per il gioco del lotto,gratta e vinci  e le rispettive  attivitá svolte online.

Per quanto riguarda i trasporti non rientrano nello stop i trasporti ferroviari di persone e merci, quello di passeggeri in aeree urbane , i taxi, il trasporto di merci su gomma, quello marittimo e aereo.

Tra i servizi considerati essenziali rientrano anche le coltivazioni agricole; industrie alimentari; fabbricazione di spago, carta funi e reti; fabbricazione di carta; fabbricazione di strumenti e forniture mediche e dentistiche; fornitura di energia elettrica ; raccolta e trattamento dei rifiuti; Servizi postali; Servizi veterinari.

Resteranno attive le imprese produttrici di gomma; le raffinerie di petrolio indispensabili per il funzionamento dei trasporti.

Consapevole dell’ulteriore sforzo che viene chiesto ai cittadini, il premier invita a mantenere la calma. Bisogna evitare gli accaparammenti e rispettare le norme dettate.

Uno sforzo necessario per il bene futuro dei cittadini accompagnato da misure ancora piú stringenti per combattere un nemico apparentemente invisibile.

Conte continua dichirando:

Mai come ora la nostra comunitá deve stringersi forte come una catena a protezione del bene piú importante,la vita. Se dovesse cedere un solo anello di questa catena saremo esposti a pericoli piú grandi per tutti”.

Adesso piú che mai i cittadini sono chiamati a rispettare le nuove misure. Solo attraverso impegno quotidiano, coscienza sociale e rispetto per il prossimo, inizieremo a vedere i primi passi verso l’abbattimento del virus che sta piegando il mondo. Uniti ce la faremo.

Eleonora  Genovese

Sospensione del Patto di Stabilità: decisione storica per l’UE

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E’ di ieri la notizia storica della sospensione del patto di stabilità. Il via libera dato dall’UE, viene ufficializzato dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der  Leyer attraverso il suo profilo Twitter.

I governi potranno così pompare nell’economia tutta la liquidità di cui hanno bisogno per fronteggiare la crisi legata al coronavirus.

Per capirci meglio, il patto di stabilità è un accordo internazionale, stipulato e sottoscritto nel 1997 dai paesi membri dell’Unione europea, inerente al controllo delle rispettive politiche di bilancio pubbliche, al fine di mantenere fermi i requisiti di adesione all’Unione economica e monetaria dell’Unione europea (Eurozona) ovvero rafforzare il percorso d’integrazione monetaria intrapreso nel 1992 con la sottoscrizione del trattato di Maastricht. (Wikipedia)

Dunque una data storica per l’Europa, che si ritrova a fronteggiare una pandemia che di giorno in giorno miete sempre più vittime, stabilendo il triste primato di oltre la metà dei contagi nel mondo solo nel “vecchio continente”. Ragion per cui, l’emergenza sanitaria – che ricordiamo sta portando al collasso tutti gli ospedali del nostro paese e non solo – ha inevitabilmente delle ripercussioni anche in ambito economico.

“Abbiamo promesso che faremo di tutto per sostenere gli europei e le imprese europee per fronteggiare la crisi – ha spiegato von der Leyen – ieri abbiamo messo in atto le regole sugli aiuti di Stato più flessibili di sempre per aiutare le persone e le aziende. Oggi attiviamo la clausola per allentare le regole di bilancio, consentendo ai governi di pompare euro nell’economia. Il blocco della nostra vita pubblica è necessario per contenere il virus, ma rallenta pesantemente la nostra economia”, ha poi aggiunto la tedesca.

 

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Quest’ultima non esclude la possibilità di emettere dei coronabond, ossia delle obbligazioni emesse dai singoli Stati nazionali ma garantite da tutti i paesi dell’Unione Europea, allo scopo di finanziare le spese legate al contenimento del virus sia in campo sanitario sia per far fronte alle ricadute economiche delle misure di contenimento. In pratica, significherebbe emettere almeno 500 miliardi di titoli garantiti dalla Bei, la Banca Europea per gli Investimenti, o da altre istituzioni ad hoc (ma non la Bce), allo scopo appunto di combattere il virus nei Paesi più colpiti (in primis l’Italia), e in quelli che lo saranno nelle prossime settimane, soprattutto Francia e Germania, investendo in strutture sanitarie, nuovi ospedali, miglioramento di quelli esistenti, reparti di terapia intensiva, assunzioni di medici e infermieri. (QuiFinanza)

 

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L’attuale Commissario europeo per l’economia, Paolo Gentiloni, asserisce che la possibilità di attivare l’”escape clause” del Patto di Stabilità potrebbe non bastare, con molte resistenze specie tra i Paesi nordici, che rifuggono da qualsiasi mutualizzazione (aiuto reciproco) per il debito. Non a caso viene usata più spesso la formula “coronabond”, dato che parlare di “Eurobond” ad alcuni Paesi equivale a sventolare il drappo rosso davanti a un toro. Il presidente del Parlamento Europeo David Sassoli  ha detto esplicitamente che l’opzione Mes è tra le possibilità sul tavolo. Si vedrà se le ultime resistenze cadranno.

Non si è fatto attendere il commento del Ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che sintetizza:

Con una emergenza di questa portata l’Italia ha la necessità di spendere tutto il denaro necessario per poter garantire la tutela dei propri cittadini. […] (La sospensione del Patto di stabilità) ci permetterà di fare tutti gli interventi necessari per sostenere la nostra sanità, le nostre aziende, le nostre famiglie. Siamo in una fase di emergenza e per uscirne abbiamo bisogno di strumenti straordinari.
Dobbiamo far ripartire l’Italia.

Santoro Mangeruca

Covid-19: il rischio per bambini e donne in gravidanza

In uno scenario mondiale in cui la pandemia di COVID-19 desta preoccupazioni e miete nuove vittime sono molte le questioni lasciate irrisolte. Tra queste, la convinzione speranzosa che la SARS-CoV2 non colpisca i pazienti di età pediatrica. Ma, è proprio così? 

La malattia da COVID-19 (o malattia respiratoria acuta da SARS-CoV2) è una condizione patologia su base infettiva eziologicamente associata al virus SARS-Cov2, che comporta da un punto di vista clinico:

  1. Un quadro asintomatico;
  2. Un quadro sintomatico con febbre, tosse secca, astenia, mialgie, congestione nasale, vomito, diarrea. Nei casi più severi: polmonite, sindrome respiratoria acuta grave, insufficienza renale.

La COVID-19, che ha reso l’Italia il Paese con il maggior numero di contagi dopo la Cina, colpisce meno frequentemente i pazienti di età pediatrica. Tale caratteristica accomuna il SARS-CoV2 con il SARS-CoV (responsabile della SARS, nel contesto della quale non furono registrati morti tra bambini ed adulti di età posta al di sotto dei 24 anni). Il più grande studio cinese nell’ambito di COVID-19, pubblicato su JAMA l’11 febbraio, riportava determinate cifre significative: dei 44.672 casi confermati all’identificazione del genoma virale sul tampone, solo meno dell’1% era associato a pazienti di età al di sotto dei 10 anni. Attualmente in Italia tra i contagiati:

  • meno dello 0,5% presenta un’età compresa tra 0 e 9 anni;
  • meno dell’1% presenta un’età compresa tra 10 e 19 anni.

Il minor numero di contagi in età pediatrica può essere associato:

  1. A fattori esterni: la popolazione di età pediatrica, rapportata alla popolazione adulta, è meno esposta a luoghi che potrebbero favorire la rapida diffusione del virus quali treni, aerei, stazioni, aeroporti;
  2. A fattori intrinseci al sistema immunitario. Secondo studi recenti la popolazione pediatrica presenta una resistenza intrinseca al SARS-CoV2 per una maggior espressione della risposta immunitaria innata e per una minor espressione dei recettori indicati con l’acronimo di ACE2 (Angiotensin-converting enzyme 2),  evenienza che deriva da uno studio condotto nel 2006 sui topi. Il SARS-CoV2 lega tale recettore per invadere sia gli elementi cellulari polmonari che altri distretti (cuore, mucosa del cavo orale, mucosa del distretto gastrointestinale, distretto epatobiliare).

I bambini rappresentano vettori per la trasmissione dell’infezione?

I pazienti di età pediatrica possono comunque infettarsi, risultando dei vettori per la trasmissione dell’infezione, motivo per il quale uno dei provvedimenti, precocemente messo in atto dal governo cinese e successivamente italiano, comprende la chiusura delle scuole. I pazienti di età pediatrica possono di fatto ammalarsi, anche se meno frequentemente rispetto ai pazienti di età adulta, presentando nella maggior parte dei casi sintomi lievi e/o moderati. 

La COVID-19 si manifesta con gli stessi sintomi nei pazienti adulti e pediatrici?

Secondo i dati raccolti dal Children Hospital di Wuhan, l’infezione sintomatica da COVID-19, comprende:

  1. Tosse (65% dei casi);
  2. Febbre (60% dei casi);
  3. Diarrea (15% dei casi);
  4. Scolo mucoso in retrofaringe (15% dei casi);
  5. Rantoli (15% dei casi);
  6. Distress respiratorio (5% dei casi);
  7.  Linfopenia  (35% dei casi);
  8. La TC del torace mostra immagini simili a quelle rilevabili in età adulta: aree di addensamento a livello subpleurico, con caratteristiche a vetro smerigliato, oppure aree di addensamento caratterizzate da alone infiammatorio circostante; la quasi totalità dei casi presenta, tuttavia, un quadro radiologico lieve.

COVID-19 e gravidanza: che rischio corre il feto?

Nelle scorse settimane un neonato londinese è risultato positivo al virus dopo essere nato da madre con polmonite COVID-19. Sono noti anche altri casi in Cina, tra cui Xiao Xiao, la neonata guarita spontaneamente dopo soli 17 giorni di vita.
Uno studio recentemente pubblicato su The Lancet ha esaminato nove donne incinte tra i 26 e i 40 anni con polmonite da SARS-CoV-2; sono stati analizzati:
–  Campioni di liquido amniotico;
– Sangue cordonale;
– Latte materno;
Successivamente sono stati eseguiti tamponi faringei sui neonati, tutti risultati negativi, concludendo che non c’è evidenza di infezione intrauterina attraverso la placenta, o tramite latte materno. Bisogna aggiungere, tuttavia, che le nove donne hanno subito un parto cesareo al terzo trimestre e che la limitata casistica non ha consentito di effettuare ulteriori studi.
Ad oggi, un’eventuale infezione neonatale da SARS-CoV-2 potrebbe essere acquisita per via respiratoria dalla madre nel post partum, basti pensare alla vicinanza tra il viso della madre e quello del bimbo durante l’allattamento.
Caterina Andaloro
Bibliografia
1.Epidemia COVID-19. Istituto superiore di sanità, Roma.
integrata-COVID-19_09-marzo-2020.pdf [accesso in data 11/03/2020]
2. Lee P-I et al., Are children less susceptible to COVID-19? Journal of Microbiology,
Immunology and Infection. 2020. https://doi.org/10.1016/j.jmii.2020.02.011.
3. Xia W et al. Clinical and CT features in pediatric patients with COVID‐19 infection:
Different points from adults. Pediatric Pulmonology. 2020;1–6.
4. General Office of the National Health Commission of China. Diagnosis and
Treatment Protocol for 2019‐nCoV. 5th ed. Beijing, China: National Health
Commission of China;

Il reale numero dei contagiati è maggiore, bisogna rifare i calcoli

Andrà tutto bene
quicomo.it

Sono trascorse più di quattro settimane dalla diagnosi di positività al SARS-CoV-2 del primo italiano, successivamente definito “paziente uno”. È stata quindi immediatamente attivata una task force allo scopo di risalire all’identità di un potenziale “paziente zero” che avesse importato il virus in territorio italiano. Le ultime evidenze ci orientano verso la Germania: dalle parole dell’infettivologo M. Galli il virus potrebbe originare da un iniziale contagio in territorio tedesco avvenuto tra il 25 e il 26 Gennaio. L’ipotesi più verosimile è che il virus sia quindi in circolazione da molto più tempo rispetto a quanto ci dicano i dati.

Nel frattempo, nonostante tutte le misure straordinarie per limitare il contagio, il numero di soggetti con diagnosi di Covid-19 è aumentato sia in Italia che nel resto dell’Europa e del mondo. Al momento abbiamo superato i 200.000 casi totali con una letalità compresa tra l’1 e il 10% a seconda della regione geografica presa in considerazione.

Le direttive dell’OMS per la conferma di un caso positivo

L’Organizzazione Mondiale della Sanità prevede l’esecuzione di un tampone per confermare la diagnosi dei casi sospetti. Il test consiste nel prelievo di materiale a livello nasale e orofaringeo e la successiva analisi alla ricerca degli acidi nucleici del SARS-COV-2. Si tratta di un esame impegnativo che difficilmente può essere proposto in larghissima scala, specie nell’ipotesi di effettuarlo a tappeto in Paesi con decine di milioni di abitanti.

Alcuni studi suggeriscono di dare importanza anche al quadro radiologico dei casi sospetti, che permetterebbe di fare diagnosi in un numero addirittura superiore di soggetti se paragonato al tampone. La metodica tuttavia rimane al momento di solo supporto alla diagnosi, che è confermata dal tampone come da direttive OMS.

L’approccio è diverso da parte delle nazioni: l’esempio della Corea del Sud

Fin dall’inizio della pandemia i Paesi hanno organizzato il lavoro di diagnosi e controllo dei contagi in modo non uniforme. Interessante l’approccio della Corea del Sud che trae un’importante esperienza dalla MERS, un’altra epidemia fronteggiata fino a pochi anni fa causata da un Coronavirus. In questo Paese i tamponi si fanno addirittura in auto con l’obiettivo di raggiungere quanti più soggetti possibili, anche se asintomatici. Sono state messe in atto persino misure che hanno generato qualche perplessità in materia di privacy come l’applicazione Corona 100m che, incrociando i dati GPS, della videosorveglianza e le transazioni, localizza i casi positivi e permette di monitorarne gli spostamenti. Ad oggi in Corea sono stati effettuati oltre 280.000 tamponi di cui soltanto circa il 3% (8.320) sono risultati positivi.

In Corea del Sud il test si effettua anche in auto
Focus – In Corea del Sud si effettuano i tamponi anche in auto

In Italia si procede in modo diverso

Nel nostro Paese l’approccio è stato fin’ora differente. Il tampone è previsto, soprattutto nelle aree più colpite dove la richiesta è altissima, principalmente per i soggetti che presentano un quadro respiratorio grave, associato ad altri elementi diagnostici caratteristici dell’infezione. Questo approccio, almeno per il momento, esclude gran parte dei soggetti asintomatici o paucisintomatici dalla possibilità di ricevere il tampone.

In Italia sono stati infatti effettuati meno di 150.000 tamponi di cui oltre il 20% (31.506) è risultato positivo. Ciò significa che nel nostro Paese si fanno meno tamponi per unità di popolazione, molti dei quali risultano positivi dato che coinvolgono più spesso soggetti già sintomatici, quindi con un decorso clinico potenzialmente peggiore.

I limiti del tampone orofaringeo

Il classico tampone orofaringeo sembrerebbe presentare dei limiti, ancora non perfettamente quantificabili. In uno studio cinese effettuato su circa 200 pazienti sono state valutate varie sedi biologiche dove effettuare la ricerca del virus. L’espettorato e il tampone nasale e orofaringeo non sempre fanno diagnosi con certezza, ma perdono alcuni casi potenzialmente positivi (fino a 3 su 10, ma il numero di dati analizzati è comunque basso e quindi poco significativo).

Percentuali varie sedi di prelievo per tampone

Questa limitazione della sensibilità della metodica può essere superata facendo più tamponi in tempi diversi. Altrimenti, in casi selezionati, è possibile effettuare, attraverso una tecnica che prende il nome di lavaggio broncoalveolare, un’analisi del materiale presente a livello dei piccoli bronchi e degli alveoli, con una corretta diagnosi nella quasi totalità dei casi.

Quella che vediamo è solo la punta dell’iceberg, ma c’è del buono

La saturazione del Sistema Sanitario nelle zone italiane più colpite, associata alle modeste limitazioni del tampone, determina il fatto che gran parte dei soggetti asintomatici o paucisintomatici non riceveranno una diagnosi. L’OMS ci suggerisce che per ogni persona che richiede l’ospedalizzazione ci siano quattro soggetti asintomatici. Sulla base di questo rapporto è possibile ipotizzare che quella che vediamo sia solo la punta dell’iceberg e i soggetti infetti siano molti di più di quanto ci dicano i numeri.

Uno studio della fondazione GIMBE ipotizza che ad oggi in Italia possano esserci fino a 100.000 contagiati, di cui circa 70.000 casi non identificati.

Questa può essere letta, in parte, come una buona notizia: infatti permetterebbe di rivalutare il tasso di letalità dell’infezione in Italia. Questo valore fa molto preoccupare dato che raggiunge livelli molto alti (fino al 10%) in alcune zone del nostro Paese. La letalità si calcola mettendo in rapporto i decessi legati alla malattia e i casi identificati della malattia stessa (confermati quindi dal tampone). Se il numero effettivo dei contagiati, com’è verosimile credere, è notevolmente più alto, allora il tasso di letalità sarebbe più basso e in linea con quello di altri Paesi.

Anche se il Coronavirus così può fare meno paura, gli effetti di un rapido aumento delle ospedalizzazioni rimangono devastanti per il Sistema Sanitario, già allo stremo prima dell’emergenza. Soltanto evitando i contatti tra le persone e quindi isolando gli asintomatici potremo ridurre i contagi e tornare, al più presto, ad apprezzare il valore della normalità.

Antonino Micari

#iorestoacasa: Guida di sopravvivenza pt.2

Ormai da diversi giorni ci troviamo in una situazione che nessuno di noi aveva mai vissuto: bloccati in casa dobbiamo intrattenerci in più modi possibili, e noi di UniVersoMe cercheremo di darvi quante più alternative in questo periodo di quarantena.

C’è chi preferisce leggere un buon libro, chi guardarsi un film e chi divorare puntate su puntate di svariate serie tv o rispolverare qualche gioco tavolo.

Ma c’è anche chi preferisce intrattenersi tramite i videogiochi ,sia con un ottimo single player immergendosi in atmosfere dalle più disparate sfumature (fantasy, gotico, steampunk); sia con dei titoli multiplayer per restare in contatto con più amici possibili e passare delle ore in compagnia cercando di dimenticarsi per un po’ il forzato isolamento casalingo.

Ecco alcuni nostri consigli a riguardo, giorno per giorno!

Lunedì

God of War (2018): l’ultima monumentale fatica di Santa Monica Studio è stata reinventare uno dei franchise più importanti di sempre esclusivi di casa Sony.

Impresa non facile dato il più che incerto God of War : Ascension che aveva lasciato ben più di una preoccupazione per il futuro della serie; preoccupazione che è stata totalmente spazzata via con quello che da molti viene ritenuto il capolavoro per eccellenza di questa generazione video ludica tanto da vincere il premio come miglior gioco dell’anno nel 2018 (ps4).

Una narrazione in crescendo e con climax continui, la grafica mozzafiato, l’ambientazione open map viva e pulsante che permea mitologia scandinava da tutti i pori e un gameplay compatto ma mai monotono rendono l’esperienza del giocatore unica e soddisfacente in ogni suo aspetto. Alla fine, avremo l’ansia e la voglia di poter giocare al prossimo capitolo date dai due sbalorditivi e perfettamente calzanti cliffhanger (finali in sospeso).

Kratos e Atreus – Fonte: NerdPlanet

Martedì

Rainbow Six Siege (2015): l’ormai quinquennale titolo di casa Ubisoft non smette mai di sorprendere.

Sparatutto tattico 5vs5 (quasi esclusivamente online), si ritrova ad essere oggi uno dei titoli multiplayer più gettonati in assoluto, grazie al suo alto tasso di competitività, a uno shooting (sistema di sparo) fluido e soprattutto al suo essere un unicum nel mondo degli shooter.

 

Gli operatori di Rainbow in azione – Fonte: Tom’s Hardware

Mercoledì

Sekiro: Shadows Die Twice (2019) : From Software divenuta famosa nel 2011 grazie a Dark Souls, dopo la saga dei suddetti souls e l’ottimo Blooborne, decide di osare e cambiare notevolmente il suo modo di creare un gioco.

Sekiro a differenza degli altri progetti di casa From, prettamente strutturati sul più classico dei giochi di ruolo, è stato concepito come gioco action non più basato su un personaggio totalmente personalizzabile e con struttura parametrica (  parametri intesi come forza, vita, stamina ecc…) bensì su un personaggio predefinito.

Attraverso un gameplay ricco e variegato, l’ambientazione del feudalesimo giapponese condita con la solita vena fantasy che contraddistingue questa software house regala al giocatore una sfida molto impegnativa, ma quanto mai appagante per chi riesce a superare i vari ostacoli che il gioco pone sul suo cammino.

Lupo contro uno dei boss – Fonte: VideoGamer Italia

Giovedì

Call of Duty Modern Warfare (2019): il reboot di uno dei capitoli della serie sparatutto più famosa di sempre fatto ad opera di Activision e Infinity Ward.

Il classico gameplay della serie, dinamico e frenetico condito con la più recente modalità battle royale Warzone, fornisce divertimento costante anche al giocatore più casual.

Soldato degli alleati – Fonte: GameIndustry.it

Venerdì

The Last of Us remastered (2014): Uno dei capisaldi di sempre del videogioco, ad opera di Naughty Dog, originariamente rilasciato per ps3 nel 2013.

Costruita con la più classica delle cornici dell’ apocalisse zombie, la storia di quest’opera riesce a demolire tutti i clichè relativi a questo tipo di contesto per far sublimare i rapporti tra i personaggi e le loro varie caratterizzazioni.

Accompagnano il tutto una grafica di tutto rispetto nonostante sia un gioco della vecchia generazione e un gameplay leggermente statico ma più che funzionale per tutto il corso del gioco.

 

Ellie e Joel – Fonte: Games-EvoSmart

Sabato

Read Dead Redemption 2 (2018): Il gioco che ha cambiato per sempre e in modo radicale il concetto di open world, il tutto creato dalla Rockstar Games.

Dopo l’enorme successo del primo capitolo uscito su ps3 nel 2010 non era facile replicarlo, ma Rockstar Games è riuscita nell’impresa di surclassarlo.

E ci sono riusciti grazie ad un mondo western riprodotto fedelmente in ogni suo aspetto, a personaggi la cui profondità farebbe invidia a quelli di serie tv e film, a un gameplay perfettamente sviluppato in ogni suo aspetto, dalle sparatorie alla caccia e soprattutto a una storia e una narrazione che tengono col fiato sospeso: fino al gran finale che colpisce con veemenza l’emotività del giocatore.

 

Arthur Morgan nel mondo di gioco – Fonte: Want

Domenica

Monster Hunter World (2018): una delle serie di punta della Capcom mancava su console fissa da diversi anni, ed è tornata col botto, migliore di quanto sia mai stata.

Il gameplay più variegato di sempre unito all’imponenza e alla cura nei minimi dettagli dei mostri da cacciare invogliano sempre di più il giocatore a esplorare sia le varie aree di gioco, sia sé stesso per capire al meglio quali strategie e quale equipaggiamento sia più adatto a sé stesso e alla missione da affrontare.

 

I cacciatori contro un mostro – Fonte: Red-Bull

Insomma, con questa puntata della nostra guida abbiamo accontentato anche gli amanti dei videogiochi.

Stay tuned, a breve per le altre parti con le varie forme di intrattenimento!

                                                                                                                                                                                                                                                      Giuseppe Catanzaro