Il bene genera bene. Arriva la Croce rossa cinese: “Siamo qui a ricambiare l’aiuto italiano”

Un team di esperti formato da nove medici, 6 uomini e 3 donne, guidati dal vicepresidente della Croce Rossa cinese, Yang Huichuan, e dal professore di rianimazione cardiopolmonare, Liang Zongan è arrivato ieri in tarda serata – intorno alle 22:30 – all’aeroporto di Fiumicino direttamente dalla Cina.

“È stata una notte ricca di emozioni…” raccontano.

Rianimatori, pediatri, infermieri e figure che hanno gestito l’emergenza Coronavirus in Cina tutti per prestare soccorso in Italia. Oltre trentuno tonnellate di materiale sanitario sono arrivati con un volo ad hoc – un Airbus A350 – dalla Cina a Roma.

Il volo della compagnia China Eastern Airlines ha scaricato 9 bancali con ventilatori, materiali respiratori, elettrocardiografi, decine di migliaia di mascherine, sangue, plasma e altri dispositivi sanitari inviati dalla Croce Rossa cinese a quella italiana.

Per la prima volta l’Italia è un paese ricevente e non donante” sottolinea Francesco Rocca, Presidente della Croce Rossa Italiana e della Federazione Internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa durante la conferenza stampa di presentazione della task force cinese svoltasi questa mattina.

Il Movimento internazionale della Croce Rossa ha dimostrato l’importanza di fare rete. Grazie alla generosa donazione della consorella cinese, infatti, si ha la prima concreta risposta alle necessità dei nostri ospedali e degli operatori sanitari che, in questo momento, sono in grande sofferenza.

“Non risolviamo tutto con questo cargo ma, certamente, si tratta di una risposta concreta e rapida, attivata nel giro di 48 ore. Molto importante la presenza del team di esperti che potranno portare le loro conoscenze ai nostri sanitari, al fine di confrontarsi per un obiettivo comune: sconfiggere il virus.”- ha continuato il presidente della CRI.

Presenti alla conferenza stampa anche il ministro degli Esteri Luigi di Maio e il presidente della Croce rossa cinese, Yang Huichuan che ha descritto durante la conferenza stampa di questa mattina cosa ha spinto la croce rossa cinese a supportare l’Italia.

 “Non portiamo solo materiali tecnici, ma anche sentimenti e amicizia, oltre che know how. Poco tempo fa abbiamo ricevuto dall’Italia aiuto e sostegno quando l’emergenza è scoppiata in Cina. Adesso siamo qui per ricambiare la sua solidarietà.” afferma il presidente della Croce Rossa Cinese internazionale.

Oltre la donazione della CRI cinese, adesso le commesse italiane di merci saranno messe in priorità tra le aziende cinesi ed in questo modo si potrà sopperire velocemente a una richiesta che oggi non è solo italiana.

All’Italia da parte della Cina, dunque, sarà riservata una priorità.

“Questo è quello che noi definiamo solidarietà e sono sicuro che ne arriverà altra. Non siamo soli, ci sono persone nel mondo che vogliono aiutare l’Italia”. Commenta il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio.

Il bene genera bene, questo è quello in cui l’Italia ha sempre creduto.

Un paese forse economicamente poco acuto, politicamente non stabile, ma emotivamente sempre in prima linea. Esponente massimo di beneficienza e solidarietà, oggi il bel paese raccoglie i frutti del suo altruismo, in un momento dove più che mai sembra difficile rialzarsi da soli e tornare alla normalità.

Carmen Caratozzolo

Martina Galletta 

La Cina pronta ad aiutare l’Italia: in arrivo team di medici specializzati e materiale tecnico

Importanti novità che fanno ben sperare sul fronte degli aiuti.

Il governo cinese, in seguito al colloquio telefonico tra il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ed il ministro Luigi Di Maio, si impegna concretamente nella battaglia contro il Coronavirus nella quale sarà fondamentale lavorare in sinergia al fine sconfiggere o quantomeno tamponare questa emergenza sanitaria.

La Cina, nei prossimi giorni, fornirà all’Italia 1000 ventilatori polmonari, 100mila mascherine di ultima tecnologia e 20 mila tute protettive.

La fornitura prevede anche l’invio di 50 mila tamponi per effettuare nuovi test che ci faranno capire se le nuove restrizioni imposte negli ultimi giorni dal Presidente del Consiglio Conte avranno rallentato l’avanzare del virus.

Altro dato assolutamente rivelante nell’asse collaborativo Cina-Italia nato nelle ultime ore è l’arrivo di medici altamente specializzati del Chinese Center for Disease Control and Prevention che per primi hanno affrontato il picco dell’emergenza Coronavirus.

Ficcanti e significative in tal senso sono state le parole espresse nelle ultime ore dal leader del Movimento 5 Stelle Di Maio:

“In futuro ci ricorderemo di tutti i Paesi che ci sono stati vicini in questo momento”.

Il Governo Italiano, conscio della contestuale emergenza economico-finanziaria venutasi a sviluppare, ha poi comunicato nella giornata di oggi lo stanziamento di 25 miliardi di euro.
Lo ha annunciato Conte: “Abbiamo stanziato una somma straordinaria da non utilizzare subito ma da  per far fronte a tutte le difficoltà di questa emergenza. Siamo lieti del clima che si sta definendo a livello europeo”.

“Obiettivo prioritario è tutelare la salute dei cittadini ma non dimenticare gli altri interessi in gioco”, ha concluso il Presidente del Consiglio dei Ministri in chiaro riferimento ai danni che il tessuto economico e finanziario stanno subendo.

Il governo si è inoltre reso disponibile a potenziare la macchina organizzativa sanitaria, dunque l’acquisizione e la distribuzione delle forniture per la terapia intensiva e le protezioni individuali, mediante la nomina di una persona (un commissario) che possa coordinare al meglio le direttive imposte dall’emergenza.

 

L’Italia condividerà informazioni con l’UE affinché aumenti l’efficacia del contrasto alla diffusione del virus, procedendo verso un’azione sinergica che possa migliorare i nostri sistemi sanitari nazionali.

“Lavoreremo in coordinamento, manderemo i nostri scienziati per creare una task force europea per promuovere la ricerca e combattere questo virus ignoto”, ha spiegato il premier.

Mai come oggi la parola d’ordine dovrà essere unione, di intenti e di forze, solo così nelle prossime settimane si potrà con concretezza opporre resistenza al nemico comune preservando la salute pubblica, che mai come oggi, è stata messa in pericolo.

Antonio Mulone

Studio italiano all’Oms: Coronavirus in circolo già da Ottobre

A distanza di circa dieci giorni dalla prima diagnosi di Coronavirus in Italia, si contano oltre 2000 contagiati, dislocati su tutto il territorio nazionale.
Di fronte alla crescita esponenziale dei contagi, vacilla l’ipotesi dell’esistenza di un vero e proprio “paziente zero” e ci si chiede a quando risalga effettivamente l’inizio della diffusione del virus, in Cina e nel nostro Paese.

L’inizio e l’evoluzione del contagio

L’epidemia di SARS-CoV-2 è unica nella storia delle malattie infettive umane non solo perché è causata da un nuovo virus, ma anche per la disponibilità immediata di dati epidemiologici e genomici, che sono presenti su piattaforme accessibili a tutti.

Proprio grazie all’elaborazione di questi dati, un gruppo di ricercatori italiani del Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche dell’Ospedale Sacco di Milano e del Centro di Ricerca di Epidemiologia e Sorveglianza Molecolare delle Infezioni dell’Università Statale del capoluogo lombardo ha ricostruito la filogenesi del virus lavorando sulle “variazioni del genoma virale”. 

Il loro lavoro, che verrà pubblicato sul Journal of Medical Virology, ha consentito di stabilire il periodo in cui il virus ha cominciato a circolare e di ricostruire la diffusione dell’infezione nei primi mesi dell’epidemia in Cina.

Gli autori hanno condotto un’ indagine epidemiologico-molecolare, basandosi sull’analisi di 52 genomi completi del Coronavirus SARS-Cov-2 depositati nelle banche internazionali di dati genetici fino al 30 gennaio 2020.

I risultati di questo studio mostrano che il Coronavirus sarebbe presente in Cina già da metà ottobre, diverse settimane in anticipo rispetto ai primi casi di polmonite virale. La sua diffusione avrebbe registrato una vera e propria accelerazione nel mese di dicembre.

Un’analisi matematica

E’ stato possibile ricostruire l’andamento del contagio analizzando parametri epidemiologici fondamentali.
Uno di questi è il numero riproduttivo di base (R con zero) che indica il numero di persone che, in media, ogni individuo infetto contagia a sua volta. La situazione ideale si ha quando R0 è inferiore a 1: se ogni infetto non contagia almeno un’altra persona, la diffusione si arresta da sola. Se, al contrario, R0 è maggiore di 1, anche di poco, siamo in presenza di un principio di epidemia. 

Da questa analisi è emerso che da un numero riproduttivo inferiore a 1, a dicembre il virus è passato a 2.6, oggi tra 2.2 e 2.9. Secondo i ricercatori, le cause dell’aumento di questo parametro potrebbero risiedere nei cambiamenti genomici che hanno permesso al virus di trasmettersi in modo più efficace da uomo a uomo oppure nelle caratteristiche della popolazione colpita.

I primi casi anomali

Quando si cerca di risalire al periodo in cui un nuovo virus può aver iniziato a circolare in una popolazione, un campanello d’allarme è rappresentato dalla comparsa localizzata e simultanea di un numero anomalo di casi delle manifestazioni patologiche che il virus può causare.

In Cina, per esempio, a destare i primi sospetti sulla presenza di un nuovo patogeno è stata la registrazione di molti casi di polmonite virale nel giro di pochi giorni.

Similmente, in Italia, si è scoperto che nell’ultima settimana di dicembre, nell’ospedale di Piacenza, a pochi km da Codogno e Casalpusterlengo, i primi focolai italiani, si sono avuti oltre 40 casi di polmonite, un picco assolutamente anomalo. Tuttavia, i sintomi dei pazienti sono stati confusi e curati come quelli delle influenze di stagione o di polmoniti comuni. La maggioranza è guarita, ma nel sangue sono rimaste le tracce degli anticorpi contro il Covid-19, a dimostrazione del fatto di essere stati già infettati.

Sulla base di questi accertamenti, si deduce che il virus è presente in Italia da molto prima della diagnosi del “paziente uno” e abbia avuto un’iniziale diffusione silente.

Come evolverà l’epidemia in Italia

Secondo un’analisi tecnica della diffusione del nuovo Coronavirus in Italia, realizzata dal biologo Enrico Bucci e da due fisici, Enzo Marinari e Giorgio Parisi, l’epidemia si troverebbe ancora nella sua fase iniziale. Considerando soltanto i casi gravi (in terapia intensiva ed i decessi) dal 24 febbraio al 1 marzo, i tre esperti hanno dimostrato che il tempo in cui i casi raddoppiano è di 2,4 giorni. La rapida crescita del numero dei casi critici, dei pazienti ospedalizzati e dei positivi al nuovo Coronavirus registrata negli ultimi giorni, potrebbe rallentare entro una o due settimane.

Grafico tratto dall’analisi di Enrico M. Bucci insieme a Enzo Marinari e Giorgio Parisi

L’evoluzione della situazione del nostro Paese dipenderà da quanto si dimostreranno efficaci le misure di contenimento adottate, dal rispetto da parte di ciascuno delle ordinanze istituzionali e delle regole di igiene.

Negli ultimi giorni si è aperta una faglia tra chi accetta quanto viene disposto dalle istituzioni e chi grida alla «psicosi collettiva». In realtà, proprio l’analisi matematica dell’andamento di questa epidemia, ci aiuta a capire che le misure restrittive messe in atto non sono affatto «esagerate».
Nel momento in cui queste misure venissero allentate o disattese è probabile che i valori di R0 tornerebbero ad innalzarsi nuovamente e il contagio ricomincerebbe a diffondersi.

I prossimi giorni saranno quindi cruciali per capire se si andrà verso una crescita incontrollata di casi oppure se saranno rilevati i primi segni di un rallentamento.

Federica Nuccio

 

Un cane è risultato debolmente positivo al Covid-19

È dall’inizio dell’epidemia da coronavirus che si ipotizzano contagi tra esseri umani e animali domestici, ma tutto ciò fino ad ora era stato categoricamente smentito. Oggi, però, il Governo di Hong Kong ha ufficializzato il primo caso di cane domestico positivo al coronavirus.

Il cane appartiene ad una donna di 60 anni, positiva anche lei alla malattia, dunque entrambi sono stati messi in quarantena. Dal cane sono stati raccolti campioni orali, nasali e rettali per il test del virus COVID-19, ed è stato visto che i campioni nasali e orali risultavano positivi al coronavirus, anche se in maniera debole.

In ogni caso, secondo quanto scritto sul comunicato ufficiale, al momento non c’è ancora certezza assoluta sulla malattia dell’animale. Continuerà ad essere monitorato per raccogliere ulteriori campioni per il test e per confermare se è davvero stato infettato dal virus o è solo il risultato delle contaminazioni ambientali della bocca e del muso del cane. Nel frattempo l’animale resterà in isolamento fino a quando risulterà negativo.

Il cucciolo non ha sintomi rilevanti, ed è l’unico esemplare in quarantena presso la struttura di mantenimento degli animali di Hong Kong. Al momento non c’è nessuna prova concreta che possa far pensare che animali come gatti e cani possano trasmettere il virus all’uomo ma, in via del tutto precauzionale, il ministero di Hong Kong ha dichiarato che gli animali domestici di persone infette devono anch’essi restare in quarantena per 14 giorni.

Il Governo di Hong Kong, inoltre, ricorda e consiglia ai proprietari di animali domestici di mantenere una buona igiene e lavarsi molto accuratamente le mani con sapone o disinfettante alcolico dopo essere entrati in contatto con essi. In caso di cambiamenti nella salute dell’animale ritenuti strani è bene rivolgersi nell’immediato ai veterinari.

Come sappiamo, in Cina è un’usanza comune mangiare la carne di cane. A Shenzhen, una importante città cinese, si starebbe elaborando una legge per vietare ai residenti di consumare questo tipo di carne così da migliorare il profilo di sicurezza alimentare, anch’essa minata dal Coronavirus. Se questa legge dovesse essere approvata sarebbe la prima volta nella storia del Paese.

Così facendo, anche l’annuale Yulin Dog Meat Festivaluno dei più controversi festival del cibo in Cina, che prevede cani brutalmente uccisi, scuoiati e mangiati dalle persone del posto verrebbe sospeso. Come detto ad oggi non c’è nulla che possa far pensare che gli animali domestici possano trasmettere il virus all’uomo, ma nell’incertezza generale, si sta ben pensando di prendere determinate precauzioni.

Secondo la proposta di legge ci sarà una lista bianca con su scritto i nove tipi di bestiame adatti al consumo: maiali, mucche, pecore, asini, conigli, galline, anatre, oche e piccioni. Tutto il resto verrà inserito in una lista nera, comprese carni considerate prelibatezze per molti cittadini, come il serpente e la rana. Sono previste multe tra i 250 e i 3000 euro per i trasgressori, mentre per i ristoranti che le servono fino a 6.500 euro di multa.

Oltre alla carne di cane, nei giorni scorsi è stato bandito il consumo di animali selvatici come i pipistrelli, da cui si pensa sia partita l’infezione. Non è la prima volta che vengono indicati come probabili serbatoi di virus pericolosi, poiché era già successo con la SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome) e l’ebola, ma non se ne è mai avuto la certezza assoluta.

Roberto Cali’

Epidemia coronavirus. Il ritorno dalla Cina di una messinese

Confermata ieri sera la notizia del i primi due casi di contagio in Italia di coronavirus. Sono una coppia proveniente dalla regione di Wuhan, atterrata nei giorni scorsi a Milano e poi spostatasi in comitiva a Roma. Da ieri i due sono in regime di quarantena allo Spallanzati.

9.692 casi confermati con un bilancio di 213 morti, ma nessun decesso è stato segnalato al di fuori della Cina. Il colpevole di questa epidemia si chiama 2019-nCoV, un virus ad RNA appartenente alla famiglia dei Coronavirus, la cui trasmissione avviene per via aerea come una banale influenza. Una volta che il patogeno ha infettato l’uomo, la malattia presenta un periodo di incubazione che varia dai 2 ai 10 giorni. L’infezione comporta febbre, tosse e respiro corto; tendenzialmente si risolve in osservazione ospedaliera con una terapia sintomatica, tuttavia, in alcuni casi, porta a complicanze quali polmonite grave, insufficienza renale acuta e leucopenia. Al netto degli allarmismi, stando ai report ufficiali, la mortalità non supera il 3% dei casi.

A raccontarci in esclusiva il viaggio di rientro a Messina dalla Cina è una nostra concittadina, Oriana Misitano.

Dopo essermi diplomata al liceo linguistico Archimede di Messina, ho deciso di continuare il mio percorso accademico a Napoli per frequentare l’Università l’Orientale, le lingue che ho scelto sono state inglese e cinese. Dopo essermi laureata nel 2018 ho trascorso un semestre di studio in Cina. Parto a marzo per Hangzhou, nella provincia dello Zhejiang, e torno a luglio. Ho fatto questo corso e mi sono innamorata ancora di più della Cina, tanto che ho deciso di fare domanda per una borsa di studio, nella stessa università. Oggi studio ad Hangzhou, in un corso magistrale interamente in lingua cinese. Non sono rimasta delusa della mia scelta.

Oriana di ritorno da Hangzhou, Cina

Dopodichè?

Mi trovavo benissimo, fino a poco tempo fa. Dopodichè è uscita la notizia, a Dicembre, dei primi casi di coronavirus a Wuhan. (circa 760km dalla mia città). Pian piano il virus si è diffuso in varie città e al momento ci sono circa 170 morti. Ho delle statistiche cinesi che aggiorno ogni secondo, posso darti in tempo reale il numero dei morti, contagiati, dei curati, delle persone sospette. Scannerizzo il QR code attraverso l’applicazione di WeChat (come noi in italia usiamo Whatsapp, in Cina usiamo WeChat) che aggiorna in tempo reale la situazione. I pallini rossi sono i casi confermati, quelli viola sono quelli sospetti, in alto c’è scritto il numero delle persone curate.

Quali sono le misure precauzionali imposte?

La città di Wuhan, da dove è partito il virus, è in quarantena. Le persone non possono uscire da casa e nemmeno dalla città. Sono rimasti circa 50 italiani bloccati lì. Il governo italiano vuole andare a prenderli ma, a quanto pare, la Cina non è disposta ad accettare questo spostamento di persone. Nel caso in cui fossero disposti ad acconsentire il tutto, le persone verrebbero tenute in quarantena almeno due settimane. Ad Hangzhou, e in generale in Cina, ci dicono di uscire il meno possibile, di non frequentare posti affollati come autobus, aeroporti, stazioni, pub, e uscire con una mascherina (impermeabile al di fuori e dentro traspirante) perché questo è un virus che si contagia con la saliva.

Come vivete il livello di allarmismo che si è generato in Cina?

In Cina la situazione non ce la mostrano come la mostrano fuori. Io mi sentivo costantemente con i miei genitori che erano allarmati viste le notizie che danno in tv in Italia. In Cina sono tutti abbastanza tranquilli. Prima di decidere se partire o meno ho sentito alcuni miei amici cinesi, che mi tranquillizzavano molto. Dicevano di stare tranquilla e che l’importante era rimanere in camera e non uscire. Ma vivere in camera per non so quanti mesi, perchè la situazione sta degenerando, non mi sembrava il caso. Negli ultimi giorni trascorsi in Cina sono uscita, le strade erano deserte. Loro rimangono in casa, bevendo acqua calda che per loro è il rimedio per tutti i mali, aspettando che si risolva tutto come fu nel 2003 per la SARS. Ora in Cina è vacanza, le università sono chiuse e dovrebbero riaprire al 20 Febbraio, ma posticiperanno l’apertura del semestre a data da destinarsi. Io ho comprato un biglietto per l’Italia solo andata, aspettando notizie positive per prenotare il ritorno.

Cosa succede quando qualcuno contrae il virus?

I sintomi sono quelli di una normale influenza: tosse, raffreddore, febbre. Ci hanno detto di andare in ospedale al minimo sintomo per fare degli accertamenti. Poi, ovviamente, lavarsi sempre le mani e usare disinfettanti.

Pensi che il governo cinese sia sincero in merito al fenomeno?

Sì, penso che il governo cinese sia abbastanza sincero nei confronti della situazione, avendo messo in allerta il mondo. Noi stranieri eravamo molto preoccupati perché il governo cinese tende a nascondere tutto ai cittadini. Tende a mostrare solo le notizie positive. Quando sono arrivate le notizie dei primi contagi nei paesi come Giappone, Corea, Thailandia, hanno dovuto trasmettere la notizia. Il fatto che la Cina abbia trasmesso la notizia vuol dire che la situazione è abbastanza seria. Hanno chiuso parecchi locali, autobus, aeroporti, hanno cancellato tanti voli. Io per esempio dovevo andare in Thailandia a Febbraio ma hanno cancellato il volo. Noi eravamo molto spaventati, ma i cinesi vivono in modo tranquillo. Inoltre, le persone morte erano tutte persone anziane che soffrivano di altre patologie respiratorie che aggiunte al virus ne hanno causato la morte.

Hai avuto difficoltà per tornare in Italia?

Non ho avuto difficoltà a tornare in Italia, ho deciso di partire il prima possibile per paura che chiudessero gli aeroporti. Quindi ci sono riuscita in tempo. Parlando con altri miei amici stranieri siamo ”contenti” che sia successo in Cina, perché secondo noi è un Paese che ha tutti i mezzi per risolvere la situazione. Ovviamente è una cosa che prenderà tempo. Questo è un periodo di vacanza, i cinesi viaggiano e tutti in questo periodo si spostano dalla città dove lavorano per tornare a casa. Aspettano queste vacanze tutto l’anno, lavorano sodo per mettere dei soldi da parte per viaggiare in questo periodo. Ci sarà un ritorno di tutte queste persone, anche se negli aeroporti c’è molto controllo. Io ad esempio prima di tornare a Messina ho fatto i dovuti controlli. In Cina ho fatto un sacco di passaggi in più prima di salire sull’aereo, tutto monitorato da schermi e luci a infrarossi. A Roma non ci hanno fatto scendere subito dall’aereo ma sono saliti dei medici vestiti con le tute bianche, che con il termometro hanno misurato la temperatura a tutti. Nel mio volo non c’era nessuno con la temperatura superiore al dovuto, ma, nel caso in cui ci fosse stata, avrebbero fatto ulteriori controlli. So che le persone sono molto preoccupate, infatti non muoiono dalla voglia di vedermi. La gente si allontana dalle persone dai tratti orientali per paura. Magari quelle persone non tornano in Cina da tempo, o hanno il passaporto italiano, questa è una cosa che mi rattrista un po’. 

                                                                                                                                                                                        Cristina Geraci

NB: Tutte le foto presenti nell’articolo sono state scattate da Oriana

Coronavirus cinese: vera epidemia o allarmismo?

Nonostante le speranze e i desideri espressi allo scattare del nuovo anno poche settimane fa, sembra che il 2020 non sia iniziato col verso giusto. Giungono infatti allarmanti notizie dalla Cina sulla diffusione di un nuovo virus che minaccia di provocare un’altra epidemia di polmonite. Al momento non sono noti dati certi riguardanti le vittime della malattia, né si sa quanti siano stati contagiati.

Il virus è simile a quello della SARS (sindrome respiratoria acuta grave), una forma atipica di polmonite apparsa per la prima volta nel novembre 2002 nella provincia del Guangdong in Cina. La malattia, identificata per la prima volta dal medico italiano Carlo Urbani, era risultata mortale in circa il 15% dei casi.

Il timore dei governi è che, con i flussi migratori ed i quotidiani scambi di merci tra Paesi, la malattia possa propagarsi molto velocemente, arrivando ad avere un impatto su scala globale.
Sono stati segnalati anche alcuni casi oltreoceano, di persone provenienti dalla Cina che hanno manifestato segni di febbre e compromissione respiratoria.
È infatti di poche ore fa la notizia di una cantante italiana, rientrata da un viaggio in oriente, ricoverata per sospetto contagio da parte del virus incriminato.
Ma di cosa si tratta esattamente?

I coronavirus

Questo nuovo virus, per adesso è stato intitolato “2019‐nCoV”, appartiene alla famiglia dei coronavirus, virus costituiti da RNA, così chiamati per la loro forma a corona.
I coronavirus si attaccano alla membrana cellulare delle cellule bersaglio grazie a delle proteine di ancoraggio e rilasciano al loro interno l’RNA virale che intacca i ribosomi, organelli cellulari importanti per la sintesi proteica.
Il virus si replica e forma i virioni che sono poi rilasciati per esocitosi, andando a infettare altre cellule.
Dal punto di vista clinico, se alcune volte la sintomatologia di un soggetto infetto può essere indistinguibile da un semplice raffreddore, sembra che questa famiglia sia anche responsabile di circa il 20% delle polmoniti virali.

Dov’è iniziato tutto

Secondo le fonti ufficiali, il contagio sarebbe iniziato a Wuhan, capoluogo della provincia dello Hubei, popolosa città della Cina centrale, in un mercato ittico.
Come spesso accade, all’interno di questi centri di commercio vengono venduti anche animali vivi o selvaggina abbattuta, non sottoposta a controlli sanitari. Il rischio in questi casi è che gli animali siano portatori asintomatici di patogeni che una volta a contatto con l’uomo possono infettarlo.
Similmente alla SARS isolata nello Zibetto, anche questo coronavirus riconosce come iniziale serbatoio un ospite animale:
i pipistrelli ed i serpenti, come dimostrato da uno studio di ricercatori cinesi appena pubblicato.

Il salto di specie

Una volta penetrato il corpo umano, il virus ha subito un’ulteriore mutazione, diventando qualcosa di completamente nuovo. È stato infatti visto che il virus ha acquisito la capacità di trasmettersi da uomo a uomo, un problema non da poco, considerando l’alta densità demografica della Cina.
Non c’è da stupirsi infatti che l’epicentro del contagio sia stato isolato dal resto del Paese (e del mondo) e che la sua popolazione sia stata messa in quarantena.

Precauzioni e rischi

La natura sconosciuta di questo virus, la sua rapidità di diffusione e la pericolosità per la salute hanno fatto presto a scatenare il panico tra la popolazione mondiale, a causa del rimbalzare delle notizie sui social. Come accennato, il Governo cinese ha attuato delle misure imponenti per evitare che l’infezione si allarghi a macchia d’olio, arrivando a chiudere centri culturali e monumenti storici. Nonostante le voci di un fantomatico vaccino, gli esperti smentiscono un suo sviluppo in tempo utile e guardano al futuro con prudenza.

Il timore più grande è dovuto alla mancata condivisione di informazioni da parte della Cina circa l’effettiva gravità della situazione, visti i precedenti con la gestione della SARS.
Al momento non sembra esserci alcun allarme pandemia, nonostante continuino ad arrivare segnalazioni di nuovi casi.
Se dovesse presentarsi il problema, tuttavia, i nostri medici si dicono pronti ad affrontarlo con tutte le armi a loro disposizione.

                                                                                                      Maria Elisa Nasso

Tutti i cinesi sono uguali…ma da oggi qualcuno è meno uguale degli altri

La settimana scorsa He Jiankui, ricercatore presso l’Università di Scienza e Tecnologia di Shenzen, ha dichiarato riuscita la nascita di due gemelle, Lulu e Nana, i cui embrioni, fecondati in vitro, prima di essere impiantati sono stati modificati geneticamente al fine di conferire immunità dal virus dell’immunodeficienza umana (HIV), responsabile dell’AIDS.

La notizia si è diffusa rapidamente in ambito mediatico ed è stata accolta con diffidenza sia dal pubblico che dagli esperti, presentando grosse ambiguità sia dal punto di vista etico che dal punto di vista della sicurezza a lungo termine, configurandosi più come un esperimento su degli esseri umani piuttosto che una rivoluzionaria esperienza scientifica.

Nonostante il fatto che l’esperimento non sia stato confermato da nessuna fonte indipendente, l’università dove ha avuto luogo si è prontamente dissociata dal lavoro di He, mentre la Commissione Sanitaria Nazionale cinese ha avviato un’indagine per verificare quanto effettivamente fatto dal ricercatore.

In particolar modo, per rendere le due gemelle resistenti all’HIV, lo scienziato ha attenzionato il gene che codifica per la proteina CCR5, un recettore che si localizza a livello della superficie esterna dei globuli bianchi, normalmente implicata nel buon funzionamento del sistema immunitario e che viene utilizzato dal virus per infettare le cellule e quindi determinare, nel tempo, la malattia.

A questo gene è associata una mutazione (CCR5-Δ32), presente, in omozigosi, in circa l’1% della popolazione di discendenza europea. Questa mutazione eliminerebbe parte della struttura del recettore e lo renderebbe non funzionante e incapace di interagire con HIV, rendendo pertanto il soggetto immune all’infezione. Il ricercatore avrebbe provveduto a effettuare una modifica di questo gene eliminando un tratto dello stesso ispirandosi al modello CCR5-Δ32, rendendo quindi le due gemelline teoricamente resistenti all’attacco del virus.

La tecnica utilizzata prende il nome di CRISPR/Cas9, e si basa su un sistema preso in prestito dai batteri che permette agli stessi di difendersi da attacchi da parte di virus, rappresentando quindi una sorta di sistema immunitario adattivo. I ricercatori, negli anni, hanno perfezionato sempre più la tecnica che è stata applicata su cellule di svariate specie, embrioni umani compresi. Essa permetterebbe di catturare una porzione di DNA tagliandola in uno specifico punto ed, eventualmente, sostituirla con una sequenza desiderata. Diamo il consiglio di vedere questo video che racconta graficamente il meccanismo attraverso il quale si verificano le modifiche, sicuri che sia molto più esplicativo di un racconto scritto.

He non si è fermato qui e lo scorso 28 Novembre, in un’aula stracolma di giornalisti e scienziati all’Università di Hong-Kong, ha rivelato che sarebbe in corso un’altra potenziale gravidanza il cui embrione è stato modificato geneticamente. Nell’occasione ha presentato l’esperimento utilizzando una serie di diapositive, dichiarandosi fiero di quanto fatto e precisando di essersi mosso indipendentemente dall’università e di essere conscio che il suo lavoro al momento non è stato sottoposto a peer-review (verifica di altri esperti del settore, prima della pubblicazione, sull’idoneità e correttezza di quanto fatto in laboratorio).

Approfondendo le implicazioni di tale sperimentazione sull’uomo, è innanzitutto utile analizzare perché la comunità scientifica ha giudicato folle e immorale il tentativo di He.

Le ragioni del rifiuto di utilizzare tali tecniche sulle linee germinative umane hanno innanzitutto basi scientifiche. Esistono infatti rischi legati a modifiche non volute in tratti errati del genoma, o al cosiddetto mosaicismo (ovvero può accadere che tutte le cellule bersaglio non presentino la stessa modifica).
Lo studio condotto da He e i suoi collaboratori è stato demonizzato anche perché incurante di possibili esiti imprevisti degli esperimenti; alcuni scienziati hanno sottolineato che la modifica del gene codificante per CCR5, proposta da He per “immunizzare” dal HIV, potrebbe ad esempio correlare con patologie cardiovascolari, motivo in più per non sperimentare tale modifica prima di avere la certezza dell’assenza di effetti collaterali.

Tuttavia, le ragioni ancor più limitative sono ragioni etiche.

Mettendo da parte il fatto che plasmare un essere umano allo stato di embrione, modificarne la natura prima ancora del suo sviluppo, costituisce una rivoluzione forse più culturale che scientifica, mettendo da parte anche gli aspetti religiosi, esistono motivazioni concrete per frenare, oggi, questi tentativi.

Il consenso è certamente un tema delicato che la bioetica si trova costretta ad affrontare ed abbraccia tematiche estremamente attuali quali l’eutanasia, l’aborto e nondimeno l’ingegneria genetica. Il problema di fondo della sperimentazione sull’uomo dell’editing genomico, dichiarato tra gli altri dal NIH, National Institute of Health, organo statunitense che si occupa di ricerca sulla salute, è che modifiche del genoma si trasmetterebbero alle generazioni future senza alcun loro consenso, con implicazioni etiche ed evolutive sulla razza umana estremamente profonde. Inoltre, non avendo la certezza dell’assenza di effetti imprevisti, è eticamente impossibile approvare a priori qualsiasi intervento sull’uomo. Almeno finché le tecniche non verranno perfezionate.

A tal proposito Werner Neuhausser, medico e ricercatore all’Università di Harvard nell’ambito delle cellule staminali, ha tutt’altro che condannato il lavoro di He, giudicandolo un passo sbagliato ma sulla giusta strada. Lo scienziato ha sottolineato che “il fatto che il primo caso di editing genomico sull’uomo sia risultato come un passo falso non deve assolutamente portarci a ignorare tali sviluppi, e la mancanza di trasparenza è stata la principale ragione di agitazione di fronte a tale sperimentazione”.

Questo tipo di tecnologia ha infatti un potenziale sorprendente. L’editing genomico potrebbe essere utilizzato ad esempio per preservare la salute di bambini condannati, a causa di mutazioni del DNA, a sviluppare tumori o patologie come la fibrosi cistica, l’emofilia o la distrofia muscolare di Duchenne. Non a caso Neuhausser sta lavorando ad Harvard anche per prevenire l’Alzheimer intervenendo su un gene, quello dell’ApoE, strettamente associato a tale demenza.
La sguardo dello scienziato volge ad un futuro in cui “le persone andranno nelle cliniche, saranno sottoposte a esami del genoma e avranno i bambini più sani che si possano avere”, un futuro in cui le stesse tecniche utilizzate da He, ma perfezionate, permetteranno di preservare le generazioni future anche dalle malattie più banali. Per far questo si stanno già sperimentando versioni di CRISPR modificate che permettono il base editing, ovvero la modifica di singole basi nei singoli filamenti di DNA.

È giusto opporsi a tentativi azzardati che violano l’integrità di una vita che nasce. È tuttavia certo che il tentativo di He, pur irresponsabile e incurante delle regole infrante, non deve ostacolare o rallentare gli scienziati nella ricerca di un progresso scientifico che può dare un contributo rivoluzionario alla medicina e al mondo, in un futuro forse non troppo lontano.

Antonino Micari, Davide Arrigo

Comincia il conflitto economico. La vendetta del made in USA e la Cina bullizzata

È guerra commerciale tra Cina e Usa. Un botta e risposta, attacco e contrattacco, iniziato proprio oggi, nelle prime ore del 6 luglio 2018. Una data che sembra solo l’inizio di un escalation al rialzo. Tra import ed export, i colossi industriali mondiali hanno alzato un muro di dazi ed il gioco delle parti avrebbe affidato a occidente la parte del cattivo, il “bullo”, e ad est la vittima bullizzata.

O meglio sarebbe stata la Cina stessa a volersi prendere questo ruolo, non scevra di colpe. In maniera del tutto insolita ma non priva di significato, Pechino ha infatti rinunciato a «sparare il primo colpo», non ha voluto far scattare i dazi alla sua mezzanotte, dove il fuso orario avrebbe dato alla Cina la possibilità di muoversi per prima; il governo ha ordinato di aspettare fino a mezzogiorno ora locale, la mezzanotte di Washington (le 6 del mattino in Europa). Una mossa che starebbe a dimostrare la riluttanza di Xi Jinping a impegnarsi in un conflitto commerciale.

Proprio al contrario di Donald Trump, che questa guerra sembra volerla con tutte le sue forze, convinto di poter piegare la Cina, senza però – siamo abituati ai paradossi del tycoon- compromettere «la grande relazione personale» che lega i due colossi dell’economia mondiale.

Washington, accusa la Cina di furto di know-how americano (ed europeo) in preparazione del suo piano Made in China 2025 per la supremazia tecnologica soprattutto per quanto riguarda l’hi-tech.

«La situazione dell’interscambio tra i nostri due Paesi non è più sostenibile. Gli Stati Uniti non possono più tollerare il furto di tecnologia e proprietà intellettuali da parte della Cina», ha detto Trump.

Dazi del 25% su 818 prodotti cinesi – meno dei 1300 annunciati – per un controvalore di 34 miliardi di dollari. Dai veicoli elettrici ai torni industriali impiegati dalle fabbriche negli Stati Uniti. Sono graziati gli smartphone, per non danneggiare la Apple, che conta sulle catene di montaggio cinesi per assemblare i suoi gadget.

Il contrattacco è arrivato, poi, dalla Cina che ha già preparato una lista di altri 700 prodotti per colpire proprio quella fetta di repubblicani che stanno con Donald: campo agricolo-alimentare, automobilistico e del petrolio grezzo,

Il presidente americano, non curante delle dichiarazioni della Repubblica Popolare, avverte che nel mirino ci sono già altri 300 miliardi di beni da colpire, l’intero export di beni e servizi da parte della Cina verso gli Stati Uniti.

Il Ministero del Commercio di Pechino ha definito l’atteggiamento americano un vero e proprio «Bullismo economico» che può mettere a rischio la catena industriale globalizzata e la ripresa mondiale.

Intanto, alla stampa cinese è stato ordinato di tenere bassi i toni: in una velina ministeriale si specifica che «Bisogna prepararsi a un conflitto prolungato»: non si dovranno rilanciare gli attacchi verbali di Trump, non far scadere il confronto nella volgarità su Twitter e bisognerà riprendere le dichiarazioni rassicuranti delle autorità di Pechino per sostenere la Borsa.

Un conflitto dell’interscambio che molti prospettano come lungo e “di trincea”. L’amministratore delegato della Dell, la nota multinazionale americana dei computer e sistemi informatici, ha già parlato di «MAD», Mutual assured destruction.

Sì, quella stessa distruzione assicurata di cui si parlava negli anni della Guerra Fredda.

Che a questo punto potremmo dire che non si sia mai conclusa.

Martina Galletta

4 Giugno 1989: 29° anniversario della protesta di piazza Tienanmen

Risultati immagini per tienanmenAccadeva proprio oggi, nella notte tra il 3 e 4 giugno 1989,  la protesta di piazza Tienanmen, nota anche come Primavera democratica cinese, e denominata in Cina “incidente di piazza Tienanmen” o “incidente del 4 giugno”. Questo evento si consumò in una serie di dimostrazioni di massa, che ebbero luogo principalmente in piazza Tienanmen a Pechino.

Nel 1989 due eventi fecero esplodere la protesta studentesca: in aprile la morte dell’esponente riformista Hu YaoBang, costretto anni prima dai conservatori a dimettersi dalla carica di primo ministro per aver appoggiato i movimenti democratici; in maggio la visita a Pechino del presidente russo Gorbačëv, ritenuto il simbolo della democratizzazione dei regimi comunisti.

La visita dell’ultimo segretario generale del PCUS, costituiva per gli studenti l’occasione per rendere visibili le loro richieste al mondo intero. Così, quasi un milione di universitari di Pechino si riversò nella Piazza Tienanmen, davanti alla Città Proibita (l’antica residenza degli imperatori), per chiedere l’abolizione di ogni forma di dispotismo e una maggiore libertà politica. Alle manifestazioni nella piazza, che durarono quaranta giorni, si unirono via via operai, impiegati, giornalisti, imprenditori.

Il 13 maggio 1989, al rifiuto del governo di qualsiasi forma di dialogo, un gruppo di studenti, davanti alle telecamere, proclamò uno sciopero della fame e innalzò nella piazza un’enorme monumento ispirato alla Statua della Libertà statunitense. Una settimana dopo i dirigenti comunisti, sempre più preoccupati per l’estendersi delle proteste ad altre città della Cina, proclamarono la legge marziale e nella Piazza Tienanmen comparvero i carri armati. La dura presa di posizione del regime, tuttavia, non fermò la protesta.

Fu così che si arrivò al tragico  4 giugno 1989,  dove i militari accerchiarono con mezzi blindati la piazza, aprendo il fuoco contro i dimostranti provocando un massacro: molti furono schiacciati dai cingolati, altri furono gravemente feriti durante i violenti scontri con l’esercito.

I dati sulle vittime sono controversi, ma comunque ben diversi da quelli forniti dai dirigenti cinesi: il governo dichiarò la morte di 200 civili e 100 soldati, cifra successivamente ridotta a una decina; la Croce Rossa cinese parlò di 2600 morti e 30.000 feriti, mentre le stime più alte fanno salire a 12.000 il numero delle vittime.

Il governo non solo non ha mai fornito una versione ufficiale, ma censura ogni approfondimento sulla strage e ne proibisce la commemorazione. Simbolo della rivolta rimane l’ormai famoso Rivoltoso Sconosciuto o Tank man, un coraggioso studente che la mattina del 5 giugno 1989 cercò di bloccare l’avanzata di una fila di carri armati, spostandosi a seconda della loro traiettoria.

Diverse ipotesi sono state avanzate sull’identità del ragazzo, ma nessuna è stata mai provata e lo stesso regime non ha mai fornito informazioni sull’accaduto; alcuni ritengono che il ragazzo abbia passato anni nei campi di rieducazione, altri dicono che sia stato ucciso dopo poche ore o giorni. L’unica certezza rimane il suo gesto che, in tutto l’Occidente, è diventato l’emblema della rivolta popolare contro l’autoritarismo del governo cinese e la lotta per la libertà e la dignità della persona.

Santoro Mangeruca