Hotspot Bisconte: il Prefetto annulla l’ordinanza di chiusura. Ecco cos’era successo e gli sviluppi delle ultime ore

Intorno alle 21 della serata di mercoledì 15 luglio un gruppo di migranti ha tentato la fuga dall’hotspot di Bisconte. In totale sarebbero fuggiti 24 ospiti e alcuni agenti sarebbero stati feriti.
Dopo questi fatti il sindaco Cateno De Luca ha deciso di effettuare controlli e successivamente procedere all’ordinanza di chiusura della struttura, la quale però è stata da poco annullata dal Prefetto Maria Carmela Librizzi.

Le origini dell’hotspot

L’apertura dell’hotspot di Bisconte, all’interno dell’ex caserma Gasparro, risale ai primi mesi del 2017. Il sindaco della città era ancora Accorinti e la decisione di apertura di un hotspot avvenne “dall’alto”, nell’ambito della politica e gestione sull’accoglienza migranti.

L’amministrazione Accorinti si era dichiarata contraria: era stato sottolineato come la città non avrebbe potuto reggere la gestione di una simile struttura ed anche i residenti dell’area limitrofa avevano dimostrato la loro contrarietà, protestando per la decisione presa.

Alla fine però l’hospot venne adibito.

La reazione del sindaco De Luca

Il sindaco De Luca ha prontamente reagito alla notizia dei disordini verificatisi nei giorni scorsi. Giovedì 16 luglio ha annunciato che la struttura è stata

realizzata in violazione delle norme urbanistiche e mette in pericolo la pubblica e privata incolumità non garantendo la permanenza in sicurezza dei migranti dentro la stessa struttura” e cheDalle relazioni tecniche degli uffici comunali è emerso che non esiste nessuna concessione per adibire l’area a centro per identificare e registrare i migranti. Essendo ad ogni modo una sistemazione temporanea, doveva essere dismessa dopo due anni, nel settembre del 2019

Lo stesso pomeriggio ha stabilito i termini per la chiusura: la disposizione amministrativa prevedeva lo sgombero dell’area in questione entro i successivi 5 giorni. In seguito la struttura dovrebbe essere demolita.

Con l’ordinanza numero 220 del 18 luglio 2020 ordina quindi la chiusura dell’hotspot in località Bisconte e all’Autorità Aministrativa competente di dare esecuzione all’ordinanza. Inoltre chiede ai Dipartimenti comunali di procedere con le necessarie verifiche in merito al carattere abusivo della struttura.

Pagina Facebook De Luca Sindaco di Messina

Lo scontro di De Luca con i 5 Stelle

I parlamentari Francesco D’Uva e Grazia D’Angelo, messinesi e del Movimento 5 Stelle, hanno ritenuto l’atteggiamento di De Luca come un’eccessiva spettacolarizzazione.

In merito all’ordinanza e ai fatti concreti i due parlamentari si sono così espressi:

Abbiamo avuto modo di confrontarci con il Viminale che ci ha confermato la volontà di risolvere al più presto la situazione riguardante il centro migranti di Bisconte

Hanno poi aggiunto che tutti i provvedimenti non presi dal Ministero dell’Interno sono privi di valore.

De Luca non tarda a rispondere, puntando direttamente alla Ministra degli Interni Luciana Lamorgese, dichiarando di aspettare una sua visita, proprio come accaduto per Lampedusa.

La Ministra Lamorgese si è confrontata con il Prefetto di Messina Maria Carmela Librizzi e ha comunicato di star verificando la situazione per prendere eventualmente dei provvedimenti decisivi.

Gli sviluppi delle ultime ore

L’ordinanza di chiusura dell’hotspot di Bisconte è stata annullata dal Prefetto Librizzi. Tutto ciò che concerne il tema immigrazione infatti è una materia riservata ala competenza esclusiva dello Stato e pertanto il sindaco De Luca non dispone dei poteri necessari per compiere un tale atto.

La prefetta Librizzi ha anche dichiarato che il Ministero dell’interno e la Prefettura stanno lavorando congiuntamente per “una rivalutazione dei requisiti di adeguatezza dell’hotspot“.

Angela Cucinotta

Coronavirus, quarantena almeno fino al 18 Aprile: le prime proiezioni

Un nuovo Dpcm dovrebbe estendere le misure restrittive almeno fino al 18 aprile, chiaramente in relazione all’andamento dei contagi ed alle indicazioni dei virologi, dovrebbe scattare una graduale riapertura delle attività in cui non vi sono assembramenti di persone. Per un ipotetico ritorno alla normalità, poi, si dovrà aspettare almeno la fine di maggio. 

Ad oggi appare inevitabile il prolungamento delle misure restrittive, a dirlo il presidente del Consiglio Superiore di Sanità Franco Locatelli:

non siamo in una fase marcatamente declinante ma in una fase, sia pure incoraggiante, di contenimento; dovremo immaginare alcuni mesi nei quali adottare disposizioni attente per evitare una ripresa della curva epidemica.

Una fase fondamentale nell’ottica di un allentamento della stretta imposta dall’esecutivo riguarderà, nelle prossime settimane, il calo dei casi nell’indice di contagiosità.
Prima di allentare la morsa all’intero paese, il dato numerico riportato dall’indice dovrà scendere sotto l’uno, ossia un soggetto positivo che infetti meno di una persona.

L’assoluta rilevanza di questo parametro è confermata anche dalle parole del presidente del Consiglio Giuseppe Conte: «Bisogna ragionare in termini di proporzionalità», ha evidenziato a proposito della riapertura delle attività attualmente sospese a causa dell’emergenza Coronavirus.

Sul tema caldissimo in termini socio-economici della chiusura prolungata delle attività commerciali, il premier ha risposto che questa è stata l’ultima e più drastica delle misure e, dunque, sarà anche la prima ad essere sciolta. Per le scuole e le università, invece si potranno apportare modifiche e migliorare il sistema al fine di far perdere agli studenti l’anno scolastico o gli esami universitari.

Ad una possibile apertura dell’Italia prima della fine della pandemia, Conte ha replicato:

Quando il comitato scientifico dirà che la curva inizia a scendere potremo studiare delle misure di rallentamento. Però dovrà essere molto graduale.

Il rischio, che l’Italia non può di certo permettersi, di una riapertura non calibrata e ponderata potrebbe determinare un drastico nuovo aumento dei casi, vanificando i risultati raggiunti con estremi sacrifici.

L’idea più razionale pare quella di una riapertura parziale di alcune fabbriche probabilmente quelle che operano in contesto di “vicinanza lavorativa” alla filiera agroalimentare e sanitaria, e quella meccanica e logistica.

Le progressive misure di ripartenza potrebbero interessare anche alcuni negozi, mentre tutte le attività caratterizzate dalla concentrazione di persone in spazi chiusi (bar, ristoranti, locali per il divertimento, cinema, teatri, stadi) andrebbero automaticamente in coda.

La graduale riapertura verrà monitorata  da un’intensa attività di controlli da parte delle forze dell’ordine, per verificare che le persone non escano più di quanto necessario.

Nella giornata di sabato i soggetti sottoposti a controlli sono stati 203.011, gli “irregolari” sono stati 4.942.

Cittadini che, nonostante i divieti, hanno ignorato tutte le misure di contenimento spostandosi dalla propria abitazione.  Cinquanta di questi sono usciti di casa nonostante fossero in quarantena, perché risultati positivi al Covid-19, adesso rischiano di essere processati per epidemia colposa.

Le settimane che seguiranno saranno sicuramente quelle decisive nella prospettiva di una vittoria che, in questo momento appare ancora lontana, ma raggiungibile se l’Italia tutta si dimostrerà coesa, determinata, responsabile e consapevole.

Occorre che i cittadini investano le ultime energie emotive rimaste, affinché il nemico invisibile e beffardo che ha sconvolto la vita e le abitudini radicate di miliardi di persone possa essere finalmente abbattuto.

Antonio Mulone

 

Alla scoperta di un meraviglioso luogo di Messina: peccato che sia chiuso

©Alessio Gugliotta – Galleria INPS, esterno, 2020

La provocazione insita nel titolo di questo breve articolo nasce spontaneamente, sul finire delle vacanze natalizie, più precisamente il 4 gennaio. Apprendo la notizia della riapertura straordinaria della celebre Galleria INPS-INA, situata tra il Municipio della città e il Duomo, isolato n.318. L’occasione è tra le più meritevoli: si è svolta l’iniziativa benefica, promossa dalla Direzione provinciale INPS e dall’Assessore alle Politiche sociali del Comune di Messina, Alessandra Calafiore, a favore di bambini e ragazzi in situazioni di disagio. L’evento ha visto la partecipazione della banda della Brigata meccanizzata “Aosta”, del Conservatorio “Arcangelo Corelli” e del Coro “Note colorate”.

©Alessio Gugliotta – Galleria INPS, interno, 2020

Desideroso di conoscere una parte inaccessibile della mia città, chiamo un amico per scattare qualche foto e mi reco sul posto, forse spinto anche dal mio ruolo di direttore della rubrica “Cultura locale”, all’interno di UniVersoMe. Ciò che immediatamente mi colpisce è lo stato di abbandono nel quale versa la Galleria, che denuncia una certa aria di “temporaneità”. Mi spiego meglio: nessuna parte di essa, dal soffitto a vetri ampiamente danneggiato, alle due facciate interne, fino al pavimento dissestato, lascia intendere che questo spazio sarà nuovamente aperto al pubblico.

Consapevole di non conoscere affatto la storia della Galleria, un po’ perché l’ho sempre vista chiusa, un po’ per noncuranza, decido di informarmi a riguardo una volta tornato a casa. L’architetto Gino Peressutti, progettista dell’opera, non è certo il cosiddetto primo che passa: al suo operato dobbiamo infatti la realizzazione di Cinecittà a Roma. Ma né i nobili natali, né la centralissima posizione, né tantomeno l’ormai consumata bellezza dell’opera, sono stai sufficienti a mantenerla aperta. Oserei aggiungere – se me lo permettete – a mantenerla in vita. Perché, e questo possiamo affermarlo con certezza, nelle intenzioni di qualsiasi architetto non c’è sicuramente la perenne chiusura della propria opera, sottratta alla fruizione da pesanti catene e lucchetti.

Ma in mezzo a tanta disillusione, una speranza: un accordo per la ristrutturazione e messa in sicurezza, siglato da INPS, ordine Architetti e Fondazione Architetti nel Mediterraneo. Poco importa se la data risale al 28 settembre 2018, quando gli unici lavori tangibili – ahimè – consistono nell’incauta sovrapposizione di uno strato di intonaco su una delle due facciate interne (quella di competenza privata).

©Alessio Gugliotta – Galleria INPS, interno, 2020

Preoccupato dal fatto che Peressutti possa non stare riposando in pace, mi chiedo: come è possibile che un’opera di tale importanza, rimanga costantemente chiusa e in bella vista, sotto gli occhi di cittadini, istituzioni e parti in causa? Riuscirà l’accordo siglato, seppur con qualche ritardo, a restituirci questo “nobile sottopassaggio”?

Memore degli anni in cui, da giovane liceale, osservavo una buia ed abbandonata Galleria Vittorio Emanuele, sono fiducioso in un come risposta, nonostante le dovute differenze. Pertanto mi auguro di raccontare, in un nuovo articolo, una storia diversa da quella di oggi, magari – e sopratutto – con un titolo diverso.

Emanuele Chiara

 

Questo articolo è già stato pubblicato come inserto sulla Gazzetta del Sud. Il nostro giornale lo ripropone su autorizzazione dell’autore.

L’articolo su Noi Magazine, Gazzetta Del Sud – pubblicata giorno 16/01/2020

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